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1 Ambiti e limiti della tutela multilivello dei diritti fondamentali in alcuni recenti indirizzi della Corte di giustizia europea Silvio Gambino Il testo, incentrato sulle dinamiche evolutive del processo di integrazione europea alla luce del riconoscimento del valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, prende in esame le problematiche relative al rapporto fra primato del diritto dell’Unione e diritto costituzionale nazionale, evidenziando opportunità e limiti dei diritti di cittadinanza europea alla luce delle innovative disposizioni sancite nell’art. 53 della Carta. Queste disposizioni, prevedendo forme di protezione dei diritti e delle libertà secondo lo standard di protezione più elevato pro individuo quale previsto nelle costituzioni nazionali, nel diritto dell’Unione e nella CEDU (multilevel contitutionalism), lasciano aperta la questione concernente la pretesa primauté generalizzata del diritto dell’Unione sul diritto costituzionale nazionale riguardo agli stessi principi e diritti fondamentali, come dimostrano alcuni noti casi giurisprudenziali in materia di rapporti fra libertà economiche al livello europeo e corrispondenti libertà/diritti costituzionali nazionali, così come in materia di mandato di arresto europeo. 1. Premesse A partire dal trattato di Lisbona (firmato nel 2007), e precisamente dal nuovo Trattato sull’Unione (TUE) che ne è derivato (in vigore dal 2009), alla “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” è riconosciuta la stessa forza normativa dei trattati. Rispetto alla natura di mero documento politicoa, per come si connotava fin dalla sua originaria formulazione (nel 2000), la Carta è ora pienamente giuridicizzata, potendosi proporre – con enfasi indubbiamente eccessiva – come un vero e proprio Bill of rights dell’Unione destinato a far ripensare e rafforzare lo stesso sviluppo futuro del processo di integrazione europeo (oggi attraversato da forti criticità a causa degli effetti della crisi economico-finanziaria su molti Paesi membri dell’Unione). Prescindendo in questa sede dalla riflessione sull’impatto della crisi in tema di effettività dei diritti fondamentali, non necessariamente solo sociali, deve sottolinearsi come, con la Carta, è stata positivizzata la tutela europea dei diritti, delle libertà e dei princìpi ivi sanciti, la cui garanzia non è ora più fondata sulla (sostanzialmente

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Ambiti e limiti della tutela multilivello dei diritti fondamentali in alcuni recenti indirizzi della Corte di giustizia europea

Silvio Gambino

Il testo, incentrato sulle dinamiche evolutive del processo di integrazione europea alla luce del riconoscimento del valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, prende in esame le problematiche relative al rapporto fra primato del diritto dell’Unione e diritto costituzionale nazionale, evidenziando opportunità e limiti dei diritti di cittadinanza europea alla luce delle innovative disposizioni sancite nell’art. 53 della Carta. Queste disposizioni, prevedendo forme di protezione dei diritti e delle libertà secondo lo standard di protezione più elevato pro individuo quale previsto nelle costituzioni nazionali, nel diritto dell’Unione e nella CEDU (multilevel contitutionalism), lasciano aperta la questione concernente la pretesa primauté generalizzata del diritto dell’Unione sul diritto costituzionale nazionale riguardo agli stessi principi e diritti fondamentali, come dimostrano alcuni noti casi giurisprudenziali in materia di rapporti fra libertà economiche al livello europeo e corrispondenti libertà/diritti costituzionali nazionali, così come in materia di mandato di arresto europeo.

1. Premesse

A partire dal trattato di Lisbona (firmato nel 2007), e precisamente dal

nuovo Trattato sull’Unione (TUE) che ne è derivato (in vigore dal 2009), alla “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” è riconosciuta la stessa forza normativa dei trattati. Rispetto alla natura di mero documento politicoa, per come si connotava fin dalla sua originaria formulazione (nel 2000), la Carta è ora pienamente giuridicizzata, potendosi proporre – con enfasi indubbiamente eccessiva – come un vero e proprio Bill of rights dell’Unione destinato a far ripensare e rafforzare lo stesso sviluppo futuro del processo di integrazione europeo (oggi attraversato da forti criticità a causa degli effetti della crisi economico-finanziaria su molti Paesi membri dell’Unione). Prescindendo in questa sede dalla riflessione sull’impatto della crisi in tema di effettività dei diritti fondamentali, non necessariamente solo sociali, deve sottolinearsi come, con la Carta, è stata positivizzata la tutela europea dei diritti, delle libertà e dei princìpi ivi sanciti, la cui garanzia non è ora più fondata sulla (sostanzialmente

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indeterminata) nozione delle ‘tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione’, come avveniva nella fase originaria di creazione pretoria dei diritti fondamentali ad opera della Corte di giustizia europea1.

Con tale riconoscimento, pertanto, ha avuto inizio una fase costituente (di tipo materiale) che potrà concludersi (nel tempo che si renderà politicamente necessario) con l’affermazione di un embrionale costituzionalismo europeo, qualora (e se) i popoli europei si determineranno in tal senso. Una simile ‘nuova tappa’ nel processo di integrazione europea, tuttavia, potrà validamente procedere se l’insieme dei soggetti e delle istanze europee (che sono abitualmente inquadrate nella governance europea) saprà porre in essere nuove e più efficaci politiche idonee alla realizzazione degli obiettivi accolti nei nuovi trattati, al contempo offrendo convincenti argomenti per superare il crescente antieuropeismo osservabile in parti significative delle società e delle forze politiche europee.

Nel quadro del più ampio obiettivo di creare una unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa e di promuoverne il progresso economico e sociale, si ricorda a tal fine come, nel Preambolo del TUE e nel Titolo IX del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), vengano definite finalità e obiettivi per lo sviluppo di strategie coordinate a favore dell’occupazione (e per la promozione di una forza lavoro competente, qualificata e adattabile), nonché di mercati del lavoro in grado di rispondere ai mutamenti economici. Tali obiettivi sono finalizzati in particolare alla realizzazione dello sviluppo sostenibile dell’Europa, alla promozione della coesione sociale, economica e territoriale e al contrasto delle esclusioni sociali e delle discriminazioni, secondo quanto prevedono in modo più specifico gli artt. 2 e 3 del TUE. La stessa strategia viene prevista ai fini dell’attuazione degli obiettivi accolti nel Titolo X del TFUE (“Politica sociale”), con specifico riguardo alla necessità di tenere presente nell’esercizio delle competenze europee i diritti sociali fondamentali per

1 G. Zagrebelsky, Diritti e Costituzione nell’Unione Europea, Roma-Bari, 2005; S.

Panunzio, I diritti fondamentali e le Corti in Europa, Napoli, 2005; M. Cartabia (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007; Id. (a cura di), Dieci casi sui diritti in Europa, Bologna, 2011; V. Onida, I diritti fondamentali nel Trattato di Lisbona, e T. Groppi, I diritti fondamentali in Europa e la giurisprudenza multilivello, (ambedue) in E. Paciotti (a cura di), I diritti fondamentali in Europa, Roma, 2011; C. Salazar, A Lisbon story: la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea da un tormentato passato… a un incerto presente?, in www.gruppodipisa.it; S. Gambino, Diritti fondamentali e Unione europea. Una prospettiva costituzionale-comparatistica, Milano, 2009.

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come definiti nei documenti ivi richiamati (art. 151) 2 e di promuovere il dialogo sociale, tenendo conto della diversità delle prassi nazionali in materia di relazioni contrattuali. Il processo di integrazione europea, in tal modo, si fonda (in modo più significativo di quanto non avvenisse nella fase originaria di sviluppo di tale processo) anche sugli effetti (legittimanti) prodotti dall’applicazione dei diritti fondamentali accolti nella Carta, identificati mediante una loro unificazione intorno ai valori fondamentali della dignità, della libertà, dell’uguaglianza, della solidarietà, della cittadinanza e della giustizia. Tali valori corrispondono, se non proprio ai cataloghi (ben più articolati) dei diritti fondamentali garantiti nelle costituzioni nazionali, alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri dell’Unione, più efficacemente colte se inquadrate come un consolidato ‘patrimonio costituzionale europeo’3.

2. Libertà e diritti fondamentali fra origini pretorie, positivizzazione nei trattati UE e tutela multilivello

Quanto ai contenuti della Carta viene ora espressamente sancito che

l’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi in essa sanciti. Gli stessi sono interpretati in conformità alle cd. clausole orizzontali disciplinate nelle disposizioni generali del Titolo VII della Carta e tenendo nel debito conto le ‘spiegazioni’ elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della stessa (art. 52.7 Carta). Pur in assenza di un’espressa competenza dell’Unione in materia di diritti e di libertà – oltre a quanto previsto all’art. 52.2 della Carta e oltre a tutte le specifiche situazioni giuridiche soggettive riconosciute nei trattati e garantite nella loro concreta natura di «contropartita d(e)i precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle Istituzioni comunitarie»4 –, si riafferma, pertanto, che l’ambito di applicazione della Carta rimane strettamente limitato a quanto stabilito nelle sue clausole orizzontali e in particolare nell’art. 51.1, nonché nelle disposizioni di disciplina di specifici diritti previsti

2 “Carta sociale europea”, firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e “Carta comunitaria dei

diritti sociali fondamentali dei lavoratori”, del 1989. 3 A. Pizzorusso, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002.

4 Come viene sancito nella sentenza della Corte di giustizia del 5 Febbraio 1963 – N.V. Algemene Transport - En Expeditie Onderneming Van Gend En Loos e l’amministrazione Olandese delle imposte - causa 26/62.

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nell’ambito dei trattati, che sono garantiti alle condizioni e nei limiti dagli stessi definiti (nell’art. 52.2)5.

La prassi, tuttavia, non sempre pare orientata a seguire in senso stretto la lettura sancita nell’art. 51.1 della Carta, evidenziandosi nello sviluppo della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) «incursioni (o escursioni) al di là di tali confini, estendendo la validità della Carta ad ambiti non interessati dal diritto dell’Unione», e sottolineando, in tale ottica, come «i confini fra la Carta dei diritti dell’Unione europea e le costituzioni nazionali sono in via di definizione»6.

Le zone grigie sono numerose e i principi per orientarsi negli ambiti in cui meno nitida è la separazione di competenza ancora attendono di essere compiutamente elaborati (facendosene derivare la convinzione secondo la quale) […] quello dell’interpretazione dell’art. 51.1 è pertanto un terreno di lavoro tanto per i giudici europei, quanto per le Corti costituzionali nazionali, in vista di una più precisa articolazione dell’idea del ‘collegamento di una certa consistenza’ fra diritto nazionale e diritto dell’Unione, che la Corte di Giustizia ha enunciato

7.

Cionondimeno deve sottolinearsi come l’indirizzo giurisprudenziale

della CGUE e della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte EDU) in materia di tutela dei diritti e delle libertà fondamentali abbia significativamente influenzato le Corti costituzionali dei singoli paesi europei, fra cui sicuramente quella italiana, provocando significativi revirement giurisprudenziali. Gli ambiti nei quali è dato osservare tale cambio di passo nella giurisprudenza delle Corti costituzionali nazionali, a seguito dell’impatto con la giurisprudenza della Corte EDU e con quella della CGUE8, riguardano tanto i diritti che le libertà economiche (come, ad

5 Con particolare riguardo all’attuazione delle finalità del mercato comune europeo, in

particolare, si ricordano le libertà fondamentali alla base del diritto CEE e ora dell’UE: l’art. 49 sulla libertà di stabilimento, l’art. 45 sulla libera di circolazione dei lavoratori, l’art. 56 sulla libera circolazione dei servizi.

6 M. Cartabia, L’ora dei diritti fondamentali nell’Unione Europea, in Id. (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007, p. 42.

7 Ibid. Nella stessa ottica cfr. anche M. Cartabia, La tutela multilivello dei diritti

fondamentali. Evoluzione della giurisprudenza costituzionale italiana dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, Relazione all’incontro trilaterale tra le Corti costituzionali italiana, portoghese e spagnola, Santiago de Compostela, 16-18 ottobre 2014 (paper, p. 5).

8 Ibid.

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esempio, le nuove misure da applicare agli indennizzi per i beni assoggettati a vincoli di inedificabilità e ad espropriazioni ora da commisurare al valore del bene espropriato). Tale nuova tendenza interpretativa, che muove dai diritti fondamentali verso le libertà, per come accolta nelle due sentenze gemelle della Corte costituzionale (nn. 348 e 349 del 2007) prevede l’estensione di tale nuovo criterio di misurazione degli indennizzi anche ad altre ipotesi oggetto del sindacato costituzionale (sent. n. 181 del 2011).

Un secondo ambito di questa nuova giurisprudenza costituzionale, nella quale risulta parimenti centrale l’influenza del Giudice europeo su quello nazionale e sullo stesso legislatore statale, riguarda la questione della retroattività delle leggi in materie diverse da quella penale e i relativi limiti9.

Sul punto il Giudice delle leggi italiano conviene con la Corte EDU nell’assumere che il legislatore possa emanare norme con efficacia retroattiva, anche di interpretazione autentica, «purché (tuttavia) la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti ‘motivi imperativi di interesse generale’, ai sensi della CEDU (sent. n. 170 del 2013), sottolineandosi come spetti alla Corte di accertare che tale legge non comporti lesioni ai principi costituzionali, quali il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario»10.

Un terzo ambito dove il dialogo fra le Corti europee e quelle costituzionali è risultato particolarmente influente è quello del processo penale, con specifico riguardo all’effettività del diritto di difesa11. Ad essere influenzata/investita, in questa materia che ha visto di recente il protagonismo del Giudice di Strasburgo e di quello del Lussemburgo

9 Ibid. 10 Corte cost., sent. n. 170 del 2013. 11

A. Ruggeri, ‘Dialogo’ tra Corti europee e giudici nazionali, alla ricerca della tutela più intensa dei diritti fondamentali (con specifico riguardo alla materia penale e processuale), in www.dirittifondamentali.it (11.11.2013). In tema anche S. Gambino, Livello di protezione dei diritti fondamentali (fra diritto dell’Unione, convenzioni internazionali, costituzioni degli Stati membri) e dialogo fra le Corti. Effetti politici nel costituzionalismo interno ed europeo, in www.federalismi.it, n. 13/2014

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rispetto al Giudice costituzionale nazionale, è stata in particolare la giurisprudenza in tema di processo penale in contumacia. Quest’ultimo indirizzo, che la CGUE ha invocato al momento di pronunciarsi sulle ragioni negative all’accordo di adesione dell’Unione alla CEDU (nel Parere 2/13 del 18 dicembre 201)12, quando (anche citando la giurisprudenza Melloni) il Giudice dell’Unione ha ribadito il proprio criterio interpretativo sottolineando con forza che «l’applicazione di standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali non deve compromettere il livello di tutela previsto dalla Carta, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione13.

L’indirizzo giurisprudenziale seguito nel caso Melloni, se, da una parte, ha fatto sollevare più di un dubbio circa l’efficacia della protezione multilivello assicurata all’imputato secondo il criterio dello standard più elevato pro individuo garantito dall’art. 53 della Carta, ha comunque comportato un effetto sui nuovi indirizzi del legislatore italiano. Si può ricordare, in proposito, come le reazioni prodotte nell’ordinamento interno dalla vicenda oggetto del caso Melloni hanno prodotto un nuovo indirizzo legislativo nella riforma del processo penale in contumacia (legge n. 67/2014), sulla cui base il processo penale può essere ora celebrato in assenza dell’imputato, ma alla sola condizione che quest’ultimo ne sia a conoscenza e comunque nel quadro di un rafforzamento delle misure a favore del diritto di difesa dell’imputato.

Quanto al dialogo giurisprudenziale e al relativo apporto alla integrazione fra l’ordinamento interno e quello dell’Unione, il livello di protezione deve corrispondere a quello più elevato pro individuo garantito («nel rispettivo ambito di applicazione») dalle disposizioni dell’art. 53 della Carta (che riprendono in modo pressoché letterale le previsioni dell’art. 53 della CEDU).

L’art. 53 della Carta – per come si vedrà con riguardo più specifico allo stesso favor della giurisprudenza dell’Unione per la protezione delle libertà economiche sancite nei trattati rispetto alle protezioni accordate ai diritti economici e sindacali dei lavoratori nell’ambito delle costituzioni nazionali14 – solleva pertanto importanti interrogativi sulla portata del primato del diritto dell’Unione e sulla centrale questione dei relativi confini

12 Parere emesso dalla CGUE (seduta Plenaria, 18 dicembre 2014), ai sensi dell’art.

218.11 TFUE, su cui cfr. L.S. Rossi, Il Parere 2/13 della CGUE sull’adesione dell’UE alla CEDU. Scontro fra Corti?, in www.sidi-isil.org/sidilblog/?p=1228.

13 Sentenza Melloni, EU:C :2013:107, punto 60 (punto 188 e 191 del Parere 2/13. 14

N.L., UE. Le sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-396/11, Radu e C-399/11, Melloni, in www.osservatoriosullefonti.it.

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e limiti, in unum con le determinazioni in materia di standard di protezione ora positivizzate nella Carta europea dei diritti e sulla stessa tesi della necessità della dottrina dei controlimiti, che pure continua ad essere ritenuta fondamentale nell’ottica positivizzata nell’art. 53 della Carta e nel rispetto delle previsioni dell’art. 4.2 del TUE. Si tratta, appunto, della questione sollevata (in particolare, ma non solo) dalla sentenza Melloni15; omologa (anche se la materia, in questo caso, riguarda l’ambito economico) è anche la questione posta (fra l’altro) dalle note sentenze Viking, Laval e Rüffert in tema di rapporti, al livello europeo, fra libertà economiche e diritti sociali previsti nelle costituzioni nazionali16.

Quanto all’estensione dell’ambito materiale dei diritti sanciti nella Carta (e in altre specifiche disposizioni dei trattati dell’Unione), rileva la disposizione di cui all’art. 6 TUE, che statuisce l’adesione dell’Unione alla CEDU, sancendo, al contempo, che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto primario dell’Unione, in quanto principi generali (che sono da rispettarsi e da promuoversi, nello spirito dell’art. 51.1 della Carta).

Unitamente al patrimonio costituzionale europeo, ricostruito in via pretoria nel corso del primo ventennio di vita delle istituzioni comunitarie (a partire dalla nota triade di sentenze, Stauder 17 , Internationale 18 e Nold19), tali previsioni concorrono a definire un acquis communautaire al cui consolidamento l’Unione assegna la finalità di garantire «uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri» (art. 67, TFUE). In questo modo, l’Unione – nel confermare «il proprio attaccamento ai principi della libertà, della democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché dello stato di diritto» (come si afferma solennemente nel Preambolo del TUE) – esprime la determinazione a segnare «una nuova tappa» nel processo di integrazione europea intrapreso con l’istituzione delle Comunità europee,

15 CGUE, sent. del 26 febbraio 2013, CC-399/11, in tema di rapporti fra ordinamento

dell’Unione e ordinamenti nazionali in materia di mandato di arresto europeo. 16 Fra gli altri, di recente, cfr. anche R. Conti, Dalla Fransson alla Siragusa. Prove

tecniche di definizione dei ‘confini’ fra diritto UE e diritti nazionali dopo Corte giust. 6 marzo, causa C-206/13 Cruciano Siragusa, in www.consultaonline.

17 CGCE, 12 novenbre 1969, Stauder c. città di Ulm (C-29/69) 18 CGCE, 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft, (C-11/70) 19 CGCE, 14 maggio 1974, Nold, (causa 4/73)

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nel quadro del pieno rispetto da parte dell’Unione dell’uguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e della loro «identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale» (art. 4, TUE)20.

Quanto al suo ambito di applicazione, la Carta stabilisce che le relative disposizioni «si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Pertanto, i suddetti soggetti rispettano i diritti, osservano i principi e ne promuovono l’applicazione secondo le rispettive competenze e nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati» (art. 51). Rispetto a tale previsione della Carta, che è centrale nell’ordinamento dei rapporti fra fonte primaria europea e fonti costituzionali nazionali, la Corte costituzionale italiana (sent. 80/2011) ha ribadito il suo indirizzo in materia, secondo cui, con ogni evidenza, deve escludersi che la Carta:

costituisce uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dell’Unione europea, come, del resto, ha reiteratamente affermato la Corte di giustizia, sia prima (tra le più recenti, ordinanza 17 marzo 2009, C-217/08, Mariano) che dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (sentenza 5 ottobre 2010, C-400/10 PPU, McB; ordinanza 12 novembre 2010, C-399/10, Krasimir e altri). Presupposto di applicabilità della Carta di Nizza è, dunque, che la fattispecie sottoposta all’esame del giudice sia disciplinata dal diritto europeo – in quanto inerente ad atti dell’Unione, ad atti e comportamenti nazionali che danno attuazione al diritto dell’Unione, ovvero alle giustificazioni addotte da uno Stato membro per una misura nazionale altrimenti incompatibile con il diritto dell’Unione – e non già da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto21.

20

G. Guarino, La sentenza del Bundesverfassungsgericht del 30 giugno 2009. Sulla costituzionalità del Trattato di Lisbona e i suoi effetti sulla costruzione dell’Unione europea, in www.astrid-online.it; L.S. Rossi, Integrazione europea al capolinea?, in www.affariinternazionali.it; A. Cantaro, Democrazia e identità costituzionale nel Lissabon Urteil. L’integrazione protetta, in Teoria e diritto dello Stato, 2010; B. Guastaferro, Il rispetto delle identità nazionali nel Trattato di Lisbona tra riserva di competenze statali e ‘controlimiti europeizzati’, in www.forumcostituzionale.it; M. Raveraira, L’ordinamento dell’Unione europea, le identità costituzionali nazionali e i diritti fondamentali. Quale tutela dei diritti sociali dopo il Trattato di Lisbona ?, in Rivista del diritto della sicurezza sociale, 2011, n. 2; M.-C. Ponthoreau, Identité constitutionnelle et clause européenne d’identité nazionale. L’Europa à l’épreuve des identités constitutionnelles nationales, in D.P.C.E., 2007, IV; S. Gambino, Identità costituzionali nazionali e primauté euro-unitaria, in Quad. cost., 2013, n. 2.

21 Corte cost., sent. n. 80/2011, cons. in dir. 5.5.

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Nella Carta, inoltre, si prevede che le sue disposizioni, quando

sanciscono ‘princìpi’, devono essere osservate negli atti legislativi ed esecutivi dell’Unione e degli Stati membri in sede di attuazione dell’ordinamento dell’Unione (sempre nel rispetto dei limiti delle competenze conferite all’Unione nei trattati). Davanti a un giudice nazionale esse possono essere solo invocate come parametri ai fini dell’interpretazione e del controllo di legalità di tali atti. La differenziata natura delle disposizioni contenenti ‘princìpi’ e ‘diritti’ è stata (ed è tuttora) ampiamente dibattuta in dottrina, paventandosi talora – con peculiare riferimento (a) alla giustiziabilità dei diritti sociali, (b) ai parametri finanziari posti a garanzia della stabilità economica e, infine, (c) all’assenza di una ‘politica dei diritti’ espressamente positivizzata nei trattati – un rischio di ‘scopertura’ dell’Unione nei confronti di una delle famiglie di diritti che, unitamente ai diritti di partecipazione politica, costituiscono una delle tradizioni costituzionali più avanzate del costituzionalismo contemporaneo, un ‘patrimonio costituzionale’ condiviso (con modalità più o meno intense) dagli Stati membri dell’Unione.

Rispetto a tale quadro, se ci interroghiamo sull’esercizio delle funzioni giurisdizionali da parte del giudice nazionale rispetto al parametro europeo dei valori, obiettivi, princìpi e diritti fondamentali dell’Unione, la risposta che appare maggiormente plausibile (alla luce degli artt. 51, 52 e 53 della Carta) porta a ritenere che gli stessi possano costituire sia materia di ‘rinvio pregiudiziale’, sia parametro ai fini dell’interpretazione degli atti sottoposti alla sua cognizione (dovere di interpretazione conforme). È appunto in tale ambito che si dischiudono significative questioni poste dall’intersezione fra la disciplina dell’Unione in tema di diritti e principi fondamentali (si pensi, fra le tante, alla materia del biodiritto o a quella della famiglia) e quella costituzionale di ogni singolo Paese membro dell’Unione, di norma garantita dal principio della rigidità costituzionale e da quello connesso di controllo giurisdizionale della costituzionalità delle leggi. Da una parte, ritroviamo la CGUE, così posta a presidio del rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati europei. Dall’altra, i giudici degli Stati membri, chiamati ad assicurare una tutela giurisdizionale effettiva negli ambiti disciplinati dal diritto dell’Unione europea. Nell’ambito delle cosiddette ‘clausole orizzontali’, ritroviamo sancito, parimenti, che deve tenersi conto delle legislazioni e delle prassi nazionali.

Risolutiva della questione appare pertanto la disposizione della Carta relativa al «livello di protezione» dei diritti (art. 53 della Carta), secondo

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cui nessuna disposizione della stessa può essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali riconosciuti, nel rispettivo ambito di applicazione, oltre che dal diritto dell’Unione, dal diritto internazionale, dalle convenzioni internazionali delle quali l’UE o tutti gli Stati membri sono parti, in particolare la CEDU, e dalle Costituzioni nazionali.

Nulla quaestio, pertanto, circa l’individuazione della portata e del livello di protezione dei diritti fondamentali dell’Unione. Essi sono da individuare e proteggere secondo lo standard più elevato pro individuo e con preferenza per le garanzie costituzionali assicurate da ogni singolo Paese membro dell’Unione, e naturalmente con preferenza del parametro europeo (ad es., in presenza dei cd. diritti nuovi), nonché della CEDU e relativa giurisprudenza del Giudice di Strasburgo.

L’espansione del ruolo del giudice nazionale (ordinario), in tale quadro evolutivo, pare trovare un suo spazio particolare negli interstizi di questa pluralità di ordinamenti giuridici (ma soprattutto nella relazione fra i due ordinamenti – quello nazionale e quello dell’Unione – che vengono colti dal Giudice delle leggi «come sistemi giuridici autonomi e distinti, ancorché coordinati secondo la ripartizione di competenze stabilita e garantita dal Trattato»22. Ogni volta che la norma da utilizzarsi per la risoluzione della singola controversia sia da valutare con riferimento al sospetto di una lesione dei principi e diritti fondamentali della Carta costituzionale, la procedura (qualora la questione di costituzionalità non sia direttamente risolvibile dallo stesso giudice del caso) è quella del ricorso alla Corte costituzionale, la quale – nell’auspicio di un superamento complessivo del suo attuale orientamento giurisprudenziale in riferimento ai casi di ‘doppia pregiudizialità comunitaria e costituzionale’23 – dovrebbe entrare nel merito della questione sottopostale, a prescindere dalla questione se la norma dell’Unione sia o meno priva di effetti diretti. Tuttavia, se la stessa norma da utilizzarsi come parametro non ricade espressamente nei parametri costituzionali e nella giurisprudenza costituzionale già disponibile, pare aprirsi più di un varco a questo stesso giudice o di adire la CGUE, mediante il rinvio pregiudiziale; o di procedere direttamente alla risoluzione della controversia con un’interpretazione

22 Corte cost., sent. n. 183/1973, cons. dir. 7. 23 M. Cartabia, Considerazioni sulla posizione del giudice comune di fronte a casi di

doppia pregiudizialità comunitaria e costituzionale, in Foro it., 1997, p. 222; A. Barbera, Corte costituzionale e giudici di fronte ai ‘vincoli comunitari’: una ridefinizione dei confini?, in Quaderni costituzionali, 2007, n. 2.

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conforme alle disposizioni dei trattati e relativa giurisprudenza. L’orizzonte che si apre, come si può cogliere, appare indubbiamente nuovo; è l’orizzonte di un controllo diffuso della costituzionalità al livello (di ordinamento) europeo, che naturalmente include – aggiungendovisi – quello a livello interno. In un simile quadro, inoltre, non pare del tutto astratto temere, come è stato bene sottolineato, un possibile rischio di elusione del controllo di costituzionalità, a seguito degli spazi riconosciuti al giudice ordinario nella sua funzione di jus dicere24.

Così, se già in presenza di una Carta dei diritti solo politicamente proclamata, ma senza formale vigenza giuridica, la CGUE aveva saputo appoggiarsi ad un “blocco di comunitarietà”, che aveva già in precedenza elaborato per assicurare tutela giurisdizionale alle pretese giuridiche soggettive sottoposte alla sua giurisdizione (soprattutto in materia di libertà economiche e di circolazione dei beni, dei capitali e delle persone, in breve, a sostegno delle libertà riguardate dalla loro funzionalità al mercato comune europeo, secondo quanto ora prevede l’art. 26 TFUE), può ora ben assumersi che il riconoscimento del valore giuridico della Carta potrà porsi come presupposto di una giurisprudenza ulteriormente espansiva nella protezione dei diritti fondamentali europei, non limitata alle classiche libertà economiche, ma aperta anche a quelle sociali (e probabilmente anche a quelle di partecipazione politica)25, come, nel fondo, il Giudice dell’Unione ha già iniziato a fare nel caso Schmidberger, con riguardo specifico al bilanciamento fra la libertà di espressione e di riunione e la libertà di circolazione dei beni. Si tratterà di analizzare se lo stesso bilanciamento fra beni costituzionalmente comparabili possa estendersi, senza conseguenze giuridicamente problematiche, alla questione della comparazione fra libertà economiche europee e diritti sociali garantiti dagli ordinamenti costituzionali nazionali.

L’apertura di nuovi spazi interpretativi per il Giudice dell’Unione, consentiti da parametri (ora positivizzati) nella stessa materia dei diritti fondamentali, impone pertanto un’attenta riflessione sulle prospettive

24 A. Barbera, Le tre Corti e la tutela multilivello dei diritti, in P. Bilancia, E. De Marco,

La tutela multilivello dei diritti, Milano, 2005, p. 95; Id., Corte costituzionale e giudici, cit. Sul punto cfr. anche L. Moccia, Diritto europeo, ordinamento aperto e formazione del giurista, in La cittadinanza europea, 1/2012, pp. 31 ss., specie pp. 33-35, e 35-36.

25 Sul punto cfr. anche A. Guazzarotti, Il ruolo dei diritti sociali (e dei giudici) nella ‘costituzionalizzazione’ dell’Unione europea, in DPCE, 2014, nonché il nostro Diritti sociali, Carta dei diritti fondamentali e integrazione europea, in La cittadinanza europea, 2008, 1.

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racchiuse nel cd. ‘dialogo fra le Corti’, con specifico riguardo – oltre che alle opportunità consentite da un sistema costituzionale a più livelli – alle tematiche dell’effettività della protezione dei diritti fondamentali, secondo un criterio ermeneutico atto a non porsi come elusivo dei contenuti di garanzia più elevati pro individuo, e almeno di non farlo secondo un criterio interpretativo che resti condizionato, di volta in volta, alla fattispecie fattuale oggetto della specifica questione pregiudiziale sollevata dal giudice nazionale, ma si estenda fino a conseguire le garanzie più elevate previste nelle (stesse) costituzioni nazionali26.

In tale innovata cornice, appare pressoché inevitabile assistere alla concorrenza e alla competizione con il livello delle garanzie accordate a

26

A. Pizzorusso, R. Romboli, A. Ruggeri, A. Saitta, G. Silvestri (a cura di), Riflessi della Carta europea dei diritti sulla giustizia e la giurisprudenza costituzionale: Italia e Spagna a confronto, Milano, 2003; M. Cartabia, B. De Witte, P. Pérez Tremps (a cura di), Constitución europea y Constituciones nacionales, Valencia, 2005; M. Pedrazza Gorlero (a cura di), Corti costituzionali e Corti europee dopo il Trattato di Lisbona, Napoli, 2010; A. Schillaci, Cooperazione tra ordinamenti e parametro di giudizio. Modelli teorici ed esperienze costituzionali, Roma, 2011; E. Falletti, V. Piccone (a cura di), L’integrazione attraverso i diritti. L’Europa dopo Lisbona, Roma, 2010; G. Campanelli, F. Dal Canto, E. Malfatti, S. Panizza, P. Passaglia, A. Pertici (a cura di), Le garanzie giurisdizionali. Il ruolo delle giurisprudenze nell’evoluzione degli ordinamenti. Scritti degli allievi di Roberto Romboli, Torino, 2010; L. Cappuccio, E. Lamarque (a cura di), Dove va il sistema italiano accentrato di controllo di costituzionalità? Ragionando intorno al libro di Víctor Ferreres Comella, Napoli, 2013; F. Vecchio, Primazia del diritto europeo e salvaguardia delle identità costituzionali. Effetti asimmetrici dell’europeizzazione dei controlimiti, Torino, 2012; M. Fragola (a cura di), La cooperazione fra Corti in Europa nella tutela dei diritti dell’uomo, Napoli, 2012; A. Randazzo, La CEDU. Nel sistema costituzionale italiano, Milano, 2012; E. Malfatti, (con la collaborazione di T. Giovannetti, N. Pignatelli), I “livelli” di tutela dei diritti fondamentali nella dimensione europea, Torino, 2013; F. Balaguer Callejon, Il Trattato di Lisbona sul lettino dell’analista. Riflessioni su statualità e dimensione costituzionale dell’Unione europea, in A. Lucarelli, A. Patroni Griffi (a cura di), Dal Trattato costituzionale al Trattato di Lisbona. Nuovi studi sulla Costituzione europea, Napoli, 2009; N. ZANON (a cura di), Le Corti dell’integrazione europea e la Corte costituzionale italiana, Napoli, 2006; T. Giovannetti, L’Europa dei diritti. La funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Torino, 2009; V. Sciarabba, Tra fonti e Corti. Diritti e principi fondamentali in Europa: profili costituzionali e comparati degli sviluppi sovranazionali, Padova, 2008; G. Martinico, L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di Giustizia e il diritto costituzionale europeo, Napoli, 2009; O. Pollicino, V. Sciarabba, La Corte di Giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti dell’uomo quali Corti costituzionali, in L. Mezzetti (a cura di), Sistemi e modelli di giustizia costituzionale, T. II, Padova, 2011; D. Tega, I diritti in crisi. Tra Corti nazionali e Corte europea di Strasburgo, Milano, 2012; L. Trucco, Carta dei diritti fondamentali e costituzionalizzazione dell’Unione europea. Un’analisi delle strategie argomentative e delle tecniche decisorie a Lussemburgo, Torino, 2013.

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livello nazionale sulla base delle relative disposizioni costituzionali e delle interpretazioni evolutive assicurate dalle Corti costituzionali nazionali: nell’ordinamento italiano particolarmente evidente almeno fino al mutamento giurisprudenziale segnato dalla sentenza n. 356 del 1996, con riguardo al vincolo dell’interpretazione conforme a Costituzione (im)posto dal Giudice delle leggi.

Così richiamati i termini della positivizzazione in tema di diritti fondamentali da parte del diritto dell’Unione, potremmo ancora insistere nel chiederci se possano veramente ritenersi superate quelle preoccupazioni espresse da alcune corti costituzionali europee e da una parte della stessa dottrina, che possono riassumersi nell’interrogativo sulla persistente vigenza delle risalenti categorie dogmatiche alla base dei processi di legittimazione costituzionale e con esse sulla ragionevole fondatezza della pretesa, da parte della CGUE, ad una primazia generalizzata del diritto dell’Unione che non si arresti di fronte alle problematiche di riconoscimento e di protezione dei principi e dei diritti fondamentali per come garantiti delle costituzioni nazionali.

Con riguardo a tale interrogativo, tuttavia, sarebbe indubbiamente eccessivo (anche solo) ipotizzare che la disciplina al livello europeo dei diritti fondamentali (e con essa il centrale apporto della giurisprudenza della CGUE) sia posta in polemica ovvero, perfino, come superamento della disciplina costituzionale nazionale. Sotto tale profilo, infatti, sia pure in via generale, non può che convenirsi con quella dottrina che legge il ‘sistema costituzionale a più livelli’ (appunto) come un “sistema di sistemi”, dal quale il sistema dei diritti e delle libertà non potrà che trarre positivi vantaggi nella misura in cui il soggetto potrà avvalersi, per la soddisfazione del suo bisogno, delle variegate protezioni accordate dalle diverse Carte (nazionali ed europee) (ai sensi dell’art. 53, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione)27.

27

Nell’approfondita riflessione in materia svolta da A. Ruggeri, cfr. almeno, fra i molti contributi dedicati al tema, L’interpretazione conforme e la ricerca del ‘sistema dei sistemi’ come problema, in www.rivistaaic.it, 2014, n. 2; Rapporti tra Corte costituzionale e Corti europee, bilanciamenti interordinamentali e “controlimiti mobili, a garanzia dei diritti fondamentali, in www.rivistaaic.it, 1/2011; Prospettiva prescrittiva e prospettiva descrittiva nello studio dei rapporti tra Corte costituzionale e Corte EDU (oscillazioni e aporie di una costruzione giurisprudenziale e modi del suo possibile rifacimento, al servizio dei diritti fondamentali), in www.rivistaaic.it, 3/2012; Trattato costituzionale, europeizzazione dei “controlimiti” e tecniche di risoluzione delle antinomie tra diritto comunitario e diritto interno, in www.forumcostituzionale.it; Salvaguardia dei diritti fondamentali ed equilibri istituzionali in un ordinamento “intercostituzionale”, in www.rivistaaic.it, 4/2013;

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3. Integrazione europea e controlimiti Tuttavia, pur potendosi convenire sulla ragionevolezza di un simile

impianto argomentativo e sui relativi postulati teorico-dogmatici – e pur sottolineandosi come il ‘costituzionalismo’, inteso come processo di formazione di un ordinamento costituzionale (come scrittura di un testo costituzionale) e il ‘processo di integrazione europea’ non possono essere allineati lungo un medesimo asse concettuale, anche solo in via discorsiva – rimane pur sempre aperto (tuttora senza risposte convincenti) l’interrogativo sulla diversità (non tanto e non solo delle diverse legittimazioni che ne sono alla base, che pure è un problema che si pone in particolare con riguardo alle tesi che guardano al fenomeno europeo come ad un ordinamento costituzionale consuetudinario, statu nascenti) di modelli culturali e valoriali alla base del costituzionalismo dei singoli Paesi membri dell’Unione (e in particolare dell’Italia per quanto ora ci interessa sottolineare) e del diritto europeo.

Rispetto a tali preoccupazioni, uno spazio tuttora meritevole di riflessione è occupato dalla cd. ‘teoria dei controlimiti’: quel risalente orientamento giurisprudenziale, prima, e dottrinario, in seguito, riferito all’attività di alcune corti costituzionali, soprattutto (ma non solo) di quella italiana e di quella tedesca, nel quale si nega28 ogni presunta primazia al

‘Dialogo’ tra le Corti e tecniche decisorie, a tutela dei diritti fondamentali, in www.diritticomparati.it.

28 Nella giurisprudenza costituzionale tedesca almeno fino alla sentenza Solange II, e in quella italiana in forma reiterata, fino alla più recente giurisprudenza che ha visto la Corte costituzionale determinarsi nel senso del ricorso al rinvio pregiudiziale. Quanto alla richiamata sentenza del Tribunale costituzionale federale tedesco, cfr. BVerfGE 73, 339, Solange II, del 22 ottobre 1986: «Se si considera il livello ormai raggiunto dalla giurisprudenza della CGCE non ci si può più attardare sulla considerazione secondo cui, in materia di rapporti normativi fra diritto comunitario e costituzioni degli stati membri, possa prodursi un abbassamento dello standard dei diritti fondamentali nel diritto comunitario ad un livello tale per cui non possa più parlarsi di una protezione giuridica appropriata dei diritti fondamentali nel senso della Legge fondamentale … Considerata tale evoluzione si deve osservare quanto segue: fintanto che le Comunità europee, e soprattutto la giurisprudenza della CGCE, garantiranno in via generale una protezione efficace dei diritti fondamentali contro il potere sovrano delle Comunità, secondo modalità che possano essere considerate come sostanzialmente eguali alla protezione dei diritti fondamentali assunta come inderogabili dalla LF, e fintanto che le stesse garantiranno … il contenuto sostanziale dei diritti fondamentali, la Corte costituzionale federale non eserciterà il proprio sindacato sull’applicabilità del diritto comunitario derivato invocato come fondamento del comportamento di tribunali e di autorità tedesche nell’ambito della sovranità della RFT e, di

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diritto dell’Unione nella materia dei principi e diritti fondamentali garantiti dalle costituzioni nazionali, costituendo tali materie il ‘nucleo duro’ del costituzionalismo nazionale, una vera e propria ‘clausola di eternità’ che solo i popoli possono rinnovare con l’esercizio del potere costituente29.

Argomenti importanti per tale nuova apertura di orizzonti, come si ricorderà, erano già presenti nelle disposizioni del (non ratificato) Trattato costituzionale (artt. I-5 e I-6), lette anche nella loro successione. Due disposizioni – queste ultime – che riepilogavano e sancivano i rapporti fra i due ordinamenti e che portavano ad assumere che, nella dinamica dei rapporti fra primato del diritto dell’Unione e ‘controlimiti’ nazionali, non dovesse più cogliersi una tensione oppositiva quanto piuttosto una necessaria coesistenza (diremmo ‘mite’, richiamando non invano un’autorevole dottrina). Nella formulazione dei ‘nuovi’ trattati ritroviamo ora (art. 4, commi 2 e 3) le previsioni sull’eguaglianza degli Stati di fronte ai trattati e sul rispetto delle identità nazionali (tanto politiche che costituzionali), e quelle sulla mutua assistenza e sulla ‘leale cooperazione’ fra l’Unione e gli Stati membri.

Nei ‘nuovi’ trattati, inoltre, viene superata la previsione presente nell’art. I-6 del (non ratificato) Trattato costituzionale, secondo la quale «La Costituzione e il diritto adottato dalle istituzioni dell’Unione nell’esercizio delle competenze a questa attribuite prevalgono sul diritto degli Stati membri». Nella Dichiarazione n. 17 annessa al Trattato di Lisbona, relativa al ‘primato’, viene ora sottolineato che, per giurisprudenza costante della CGUE, i trattati e il diritto adottato dall’Unione sulla base dei trattati prevalgano sul diritto degli Stati membri alle condizioni stabilite dalla summenzionata giurisprudenza. A tal proposito, conviene richiamare per intero il Parere del Servizio giuridico del Consiglio del 22 giugno 2007 «Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia si evince che la preminenza del diritto comunitario è un principio fondamentale del diritto comunitario stesso. Secondo la Corte, tale

conseguenza, essa non controllerà più tale diritto derivato con riferimento ai diritti fondamentali della LF … (387)» (corsivo aggiunto).

29 Nell’ampia bibliografia sul punto, fra gli altri, cfr. anche A. Celotto e T. Groppi,

Diritto UE e diritto nazionale: primauté vs controlimiti, in Riv. it. dir. pub. comp., 2004; A. Celotto, Primauté e controlimiti nel Trattato di Lisbona, in Scritti sul processo costituente europeo, Napoli, 2009; S. Gambino, La Carta e le Corti costituzionali. ‘Controlimiti’ e ‘protezione equivalente’, in Politica del diritto, 2006, n. 3.

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principio è insito nella natura specifica della Comunità europea» 30. Una Dichiarazione – come si può osservare – che richiama e conferma un orientamento pacifico in dottrina quanto al diritto primario e a quello derivato dell’Unione, lasciando aperte le sole questioni poste dalla giurisprudenza in materia di ‘controlimiti’ circa la discussa prevalenza generalizzata del diritto dell’Unione sugli stessi principi e i diritti fondamentali nazionali.

La sovranità nazionale e con essa le garanzie apprestate a tutela dei diritti fondamentali non dovrebbe più consentire valutazioni preoccupate circa il processo di ulteriore integrazione, dal momento che il singolo soggetto si vede ora protetto, nella logica garantistica del constitutionalism multilevel, che assegna alle istituzioni europee, e soprattutto alla CGUE, il compito di assicurare la massima garanzia a tali diritti, in unum con il vincolo all’interpretazione nel senso più favorevole ai diritti dell’uomo e alle libertà fondamentali, ora espressamente sancito nell’art. 53 della Carta dei diritti dell’Unione.

Tutto al contrario di assumere una (pretesa) natura ‘velleitaria’, i ‘controlimiti’ opponibili dalle corti costituzionali alla primazia generalizzata del diritto dell’Unione, nella stessa materia dei principi e dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, ritrovano un nuovo e più ampio orizzonte, dinamizzato dalla nuova ottica dell’integrazione, ora arricchita da una Carta dei diritti fondamentali idonea, molto più di quanto non lo fosse la primitiva giurisprudenza della Corte di Giustizia, a farsi garante di un ulteriore (e più efficace) livello di garanzia dei diritti, secondo gli standard più elevati (art. 53 della Carta) riconosciuti agli stessi dalle costituzioni nazionali, dalle carte internazionali e soprattutto dalla CEDU.

Benché in forme meno esplicite di quanto sarebbe stato possibile alla luce delle disposizioni (della bozza) del previgente trattato UE (qualora adottate), in tale ottica, il nuovo diritto dell’Unione dovrebbe confermare alcuni convincenti orientamenti interpretativi circa la (dibattuta questione della) protezione dei diritti con riguardo alle pretese di primazia da parte dei due ordinamenti. Innanzitutto, come viene sottolineato, il criterio che dovrà guidare l’interprete nell’indagine relativa ai rapporti fra i ‘nuovi’ trattati e le costituzioni nazionali rimane quello della «suddivisione dei rispettivi ambiti di operatività in base ad un principio di competenza, rimanendo ciascun ordinamento fondato e orientato su una propria Carta

30

Documento 11197/07 (JUR 260): “Parere del Servizio giuridico del Consiglio del 22 giugno 2007”.

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costituzionale»31. Nell’ipotesi di sovrapposizione fra discipline dei diversi ordinamenti, i trattati godono di supremazia e prevalenza sulle costituzioni nazionali. Tale supremazia, tuttavia, allorché tocca l’ambito dei princìpi e dei diritti fondamentali per come accolti e disciplinati nei singoli ordinamenti costituzionali nazionali, lascia l’ultima parola alle costituzioni nazionali e per esse ai relativi giudici costituzionali, in una sorta di ‘primato invertito’, la cui garanzia viene ora affidata in prima battuta allo stesso giudice dell’Unione.

È appunto in questa ottica che trova conferma quella lettura secondo la quale i ‘contro-limiti’ non si pongono più come «un rigido muro di confine fra ordinamenti», bensì come «il punto di snodo, la cerniera dei rapporti tra UE e Stati membri»32, divenendo ormai un elemento positivo e dinamico di integrazione fra gli ordinamenti, rispetto a cui i giudici dei due sistemi potranno meglio e più proficuamente ricostruire quel necessario dialogo fra le corti e quella circolazione di giurisprudenze che avrà il suo riscontro, in ogni caso, con riferimento al livello di protezione più elevato, di volta in volta al caso concreto, «in un’applicazione pro individuo dello standard di tutela comunitaria o nazionale che sia»33.

4. Le problematiche dei ‘confini’ fra diritto dell’Unione e diritto costituzionale interno: alcuni recenti indirizzi della CGUE

Con particolare riguardo alle questioni poste dall’incorporazione della

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea nei ‘nuovi’ trattati, nonché dell’adesione (dell’Unione) alla CEDU34, saranno ora proposte alcune ulteriori riflessioni in tema di positivizzazione dei diritti

31

M. Cartabia, “Unita nella diversità”: il rapporto tra la Costituzione europea e le Costituzioni nazionali, in Dir. un. eur., 2005, p. 590.

32 A. Celotto, Primauté e controlimiti … cit.

33 Ibid.

34 Parere emesso dalla CGUE (Seduta plenaria, 18 dicembre 2014), ai sensi dell’art. 218.11 TFUE, su cui cfr. L.S. Rossi, Il Parere 2/13 della CGUE sull’adesione dell’UE alla CEDU. Scontro fra Corti?, in www.sidi-isil.org/sidilblog/?p=1228, cui adde anche, almeno, M.E. Gennusa, Difesa di posizioni nel parere della Corte di giustizia sull'adesione dell'Unione alla CEDU? e A. Guazzarotti, Il parere della Corte di giustizia sull’adesione dell’Unione alla CEDU e la crisi dell’euro: due facce della stessa medaglia?, in Quaderni costituzionali, 2015, n. 1.

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fondamentali al livello dell’Unione e della relativa protezione giurisdizionale, evidenziando le questioni poste dai rapporti fra tale disciplina e i diritti fondamentali garantiti dalle costituzioni nazionali (alla luce dell’art. 53 della Carta).

Rispetto a tale riconoscimento, l’inserimento di un catalogo dei diritti fondamentali in un testo europeo di rilievo (almeno materialiter) costituzionale costituisce una condizione rilevante ai fini dello stesso sviluppo di un processo di costituzionalizzazione europeo e della costruzione a tale livello di quel legame inscindibile fra diritti e Costituzione che costituisce una delle più tradizionali affermazioni del costituzionalismo contemporaneo. L’obiettivo della realizzazione di una ‘comunità politica’ basata sulla valorizzazione dei diritti fondamentali e sulla loro effettività costituisce, in tale ottica, una ‘sfida’ di portata indubbiamente maggiore rispetto a quella fin qui realizzata dalla evoluzione dell’Unione, richiedendo riforme ordinamentali più ampie e scelte (politiche e normative) più nette da parte degli Stati membri. Il tutto in uno scenario nuovo che veda avviate a soluzione le ragioni della crisi finanziaria che da (quasi) un decennio scuote molti Paesi membri dell’Unione, condizionando significativamente l’effettività (soprattutto, ma non solo) dei diritti sociali e rischiando con essa di minare lo stesso principio democratico35.

Nella disciplina dei diritti fondamentali, come è noto, i ‘nuovi’ trattati recepiscono la raccomandazione proposta (a suo tempo) dalla Relazione finale del ‘Gruppo II – Carta’ (costituito all’interno della Convenzione sul futuro dell’Europa), volta a sottolineare l’importanza della «distinzione fra ‘diritti’ e ‘princìpi’» e finalizzata ad assicurare «la certezza del diritto nella prospettiva di una Carta giuridicamente vincolante e dotata di status costituzionale». Sulla scorta di quanto ora prevede l’art. 51.1 della Carta (europea) dei diritti fondamentali, i ‘diritti’ devono essere ‘rispettati’, mentre i ‘princìpi’ osservati e promossi nella loro applicazione secondo le rispettive competenze, potendo la loro attuazione richiedere il ricorso ad atti legislativi o esecutivi e pertanto ricadendo, sotto tale profilo, nella

35

S. Gambino, Diritti e cittadinanza (sociale) nelle costituzioni nazionali e nell’Unione, in La citt. eur., 2013, 2 e, più di recente, Crisi economica e costituzionalismo contemporaneo. Quale futuro europeo per i diritti fondamentali e per lo Stato sociale?, intervento al Congreso Internacional Perspectivas nacionales y supranacionales del Derecho constitucional en el contexto de la globalización, Catania, 6 febbraio 2015, in corso di pubblicazione in KorEuropa. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna.

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competenza degli organi giurisdizionali in sede di interpretazione. Su tale ultimo profilo, l’art. 52.5 della Carta sancisce espressamente che le relative disposizioni che contengano principi «possono essere invocate dinanzi a un giudice solo ai fini dell’interpretazione e del controllo di legalità di detti atti». È stato già osservato in dottrina come la distinzione fra ‘diritti’ e ‘princìpi’ rischi di indebolire proprio l’ambito di quei diritti (come ad es. i diritti sociali) che, per il loro concreto esercizio, richiedono un disposto legislativo e un facere amministrativo (servizi); da qui l’impressione circa la natura a dir poco aleatoria della richiamata clausola.

Benché la disposizione dell’art. 52.3 della Carta non precluda al diritto dell’Unione di concedere una protezione più estesa – quanto alla portata e ai limiti dell’interpretazione dei ‘diritti’ e dei ‘princìpi’ dell’Unione – tali previsioni fanno comunque salvi i diritti fondamentali riconosciuti nella CEDU (il cui significato e la cui portata è uguale a quella conferita loro dalla Convenzione e dalla lettura che ne fa la Corte EDU), quelli che trovano fondamento nei trattati e infine tutti gli altri diritti, individuabili per esclusione, i quali incontrano i limiti e le condizioni previste dall’art. 52.1 (secondo cui il relativo esercizio deve essere tale da rispettare «il contenuto essenziale di detti diritti e libertà»).

Nel merito specifico, tuttavia, deve sottolinearsi come risulti del tutto sfuggente la previsione di ulteriori «eventuali limitazioni» che gli stessi possano conoscere qualora queste appaiono necessarie (clausola – quest’ultima – del tutto indeterminata e per questo indubbiamente rischiosa per il contenuto dei diritti in quanto si presta ad interpretazioni ultra vires da parte del Giudice dell’Unione) e «rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui» (art. 52.1 Carta). Come si può osservare, pertanto, non mancano preoccupazioni quanto all’ambito e alla portata delle possibili limitazioni al diritto e alle libertà dell’Unione, pur così innovativamente riportate al rango di diritto (quasi-costituzionale) dell’Unione. Tali preoccupazioni risultano alimentate da ulteriori previsioni in materia da parte dei nuovi trattati, come quando questi ultimi rinviano, per la previsione di ‘limiti’, alle indeterminate ‘condizioni’ stabilite nel diritto dell’Unione e alle legislazioni e alle prassi nazionali. Una disciplina – quest’ultima – distante dalle ben più puntuali previsioni costituzionali nazionali, nella disciplina delle riserve di legge in tema di diritti. In tale ottica, in ogni caso, pare convincente quell’autorevole orientamento che, rispetto alla distinzione fra ‘diritti’ e ‘princìpi’, osserva come non saremmo molto distanti dalle problematiche già conosciute

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nell’ordinamento interno con riferimento ai princìpi fondamentali sanciti nella Costituzione36.

Il vero nodo in materia sembra posto dalla previsione delle norme in materia di garanzie giurisdizionali dei diritti al livello dell’Unione e dalla mancanza – a tale livello – di una disciplina organica dei rapporti fra questa e la giurisdizione costituzionale nazionale, da una parte, e quella della Corte europea dei diritti dell’uomo, dall’altra. Nelle more del perfezionamento delle procedure di adesione dell’Unione alla CEDU (alle quali sembra comunque aver dato un significativo colpo di freno il richiamato Parere 2/13 della CGUE), tale rapporto è definito dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, sia pure nel quadro di una gerarchizzazione fra le fonti-parametro per la risoluzione dei (possibili) conflitti che non pare (ancora) aver conseguito una stabile e definitiva sistematizzazione dogmatica (appunto di gerarchia fra fonti), proponendosi, allo stato, come una mera idoneità a risolvere i conflitti in campo, nella dinamica giurisdizionale, in una logica (prevalentemente) mediata dal bilanciamento fra beni giuridico-costituzionali meritevoli di protezione per come evidenziati negli interessi in conflitto nel singolo ‘caso giudiziario’; un bilanciamento che occorre – comunque – assicurare ricorrendo al criterio ermeneutico dello standard di garanzia più elevato pro individuo che risulti disponibile nel quadro del multilevel constitutionalism37.

36

L’art. 52.5 della Carta, nell’ottica di tale lettura, parrebbe voler “semplicemente escludere che dalla enunciazione di un principio nella ‘Carta’ (di un principio e non di un diritto) si possano ricavare conseguenze immediate e dirette circa posizioni soggettive concrete azionabili in giudizio, se non passando attraverso la interpositio legislatoris. Da un principio costituzionale (non da una norma costituzionale attributiva di diritti) un giudice non può ricavare direttamente una posizione giuridica soggettiva azionabile che non abbia alcuna altra base. La potrà ricavare interpretando le leggi, ed ecco il valore interpretativo della Costituzione, in quello che non è tanto un controllo diffuso di costituzionalità, quanto un uso della Costituzione ai fini dell’applicazione delle leggi ordinarie; oppure potrà invocare il principio ai fini del sindacato di costituzionalità sulla legge: là dove cioè una previsione legislativa appaia in contrasto con il principio. Non mi sembra si tratti di qualcosa di molto diverso da ciò che siamo abituati a pensare riguardo ai princìpi costituzionali” (così V. Onida, Armonia tra diversi e problemi aperti, La giurisprudenza costituzionale sui rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in Quad. cost., 2002, 549).

37 S. Martínez-Vares García, Tomás de la Quadra-Salcedo Janini, La tutela multinivel de

los derechos fundamentales, Relazione alla XVI Reunión trilateral de los Tribunales Constitucionales de Italia, Portugal y España (Santiago de Compostela, 16-18 ottobre 2014); M. Cartabia, La tutela multilivello dei diritti fondamentali, in XVI Reunión trilateral,

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21

In breve, così, le previsioni dei ‘nuovi’ trattati consentono di individuare alcuni primi orientamenti risultati particolarmente innovativi con riguardo alla positivizzazione dei diritti fondamentali al livello dell’Unione, ancorché in presenza di evidenti (e persistenti) lacune quanto alla disciplina della definizione delle limitazioni al loro concreto esercizio e della loro effettiva ‘giustiziabilità’, anche in ragione di una disciplina del sistema giudiziario europeo (tuttora) mal definita (se messa a confronto con le più evolute discipline previste nei sistemi giurisdizionali nazionali) e delle relative ‘vie di accesso’ riconosciute alle persone fisiche e giuridiche.

Se l’incorporazione della Carta (europea) dei diritti fondamentali nei ‘nuovi’ trattati, e dunque la ‘scrittura’ dei diritti europei in un ampio catalogo – che riepiloga (positivizzandola e rendendola visibile) la giurisprudenza europea e quella convenzionale (alla cui formazione hanno contribuito le ‘tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri’ per come lette dal Giudice dell’Unione)38 – non consente ancora di poter essere assunta quale espressione di una piena costituzionalizzazione dell’ordinamento dell’Unione, essa pare comunque incidere in modo (più che) significativo sul ‘processo di costituzionalizzazione’ (materialiter tantum) dello stesso, costituendone una mera fase embrionale39.

Non può tuttavia non sottolinearsi come in tale processo innanzi al giudice nazionale si (rap)presentino (in forma viepiù crescente) complesse problematiche interpretative poste dall’apertura dei sistemi normativi nazionali alle prospettive convenzionali ed europee dei relativi sistemi giurisdizionali di protezione. Come è stato già bene sottolineato:

cit.; I. Pernice - F. Mayer, La Costituzione integrata dell’Europa, in G. Zagrebelsky, Diritto e Costituzione nell’Unione europea, Roma-Bari, 2003; F. Sorrentino, La tutela multilivello dei diritti, in Riv. it. dir. pub. com., 2005; P. Bilancia - E. De Marco, La tutela multilivello dei diritti. Punti di crisi, problemi aperti, momenti di stabilizzazione, Milano, 2004;

38 G. Tesauro, Il ruolo della Corte di Giustizia nell’elaborazione dei princìpi generali

dell’ordinamento europeo e dei diritti fondamentali, in Aa.Vv., La Costituzione europea, Padova, 2000, 313; G. Gaja, Aspetti problematici della tutela dei diritti fondamentali nell’ordinamento comunitario, in Riv. dir. int., 1988, 574; P. Mengozzi, La tutela dei diritti dell’uomo e il rapporto di coordinamento-integrazione funzionale fra ordinamento comunitario e ordinamenti degli Stati membri nei recenti sviluppi della giurisprudenza italiana e tedesca, in Dit. com. sc. int., 1987; F. Cocozza, Diritto comune delle libertà in Europa, Torino, 1994.

39 M. Cartabia (a cura di), I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti

fondamentali nelle Corti europee, Bologna, 2007; G. Zagrebelsky, Corti europee e Corti nazionali, in http://www.luiss.it (12 gennaio 2001).

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la Costituzione, la Carta di Nizza e la CEDU, senza differenza alcuna, offrono al giudice nazionale strumenti di straordinaria forza ed efficacia che si intersecano sempre più, a dimostrazione del duplice processo di costituzionalizzazione del diritto internazionale e di internazionalizzazione dei diritti costituzionali

40.

Lo scenario nel quale si dipanano tali dinamiche, in tale ottica, sarebbe

quello di: un ordine intercostituzionale in costruzione, in progress, vale a dire un ordine in cui non v’è, non può più esservi, la sovranità indiscussa, solitaria, della Costituzione quale fons fontium, unico punto da cui l’intero sistema positivo si tiene, anche nelle sue proiezioni al piano dei rapporti tra gli ordinamenti. E ciò per la elementare ragione che la stessa Costituzione è – se così può dirsi – una ‘intercostituzione’, resa palese in questo suo tratto identificante, particolarmente espressivo, in virtù del principio dell’apertura al diritto internazionale e sovranazionale, nel suo fare ‘sistema’ coi principi fondamentali restanti; un principio che fa sì che la Costituzione accolga nel proprio seno e quodammodo metabolizzi tutte le norme di origine esterna (e, fra queste, in primo luogo quelle che danno riconoscimento e tutela ai diritti fondamentali) delle quali sia provato il carattere servente nei riguardi dei principi di libertà, eguaglianza, giustizia e, in ultima (o prima) istanza, dignità

41.

La questione – già chiaramente emersa, a metà degli anni ’70, con la

nota giurisprudenza in tema di rapporti fra libertà economiche comunitarie e (corrispondenti) garanzie costituzionali nazionali – registra una evidente accelerazione a seguito della più recente giurisprudenza della CGUE in tema di primato/supremazia del diritto dell’Unione a seguito della incorporazione della Carta di Nizza/Strasburgo nei ‘nuovi’ trattati europei,

40

R. Conti, Gerarchia fra Corte di Giustizia e Corte di Nizza/Strasburgo? Il giudice nazionale (doganiere e ariete) alla ricerca dei ‘confini’ fra le Carte dei diritti dopo la sentenza Aklagaren (Corte di Giustizia, Grande Sezione, 26 febbraio 2013, causa C-617/10), in www.diritticomparati.it.

41 A. Ruggeri, ‘Dialogo’ tra Corti europee e giudici nazionali, alla ricerca della tutela

più intensa dei diritti fondamentali (con specifico riguardo alla materia penale e processuale), in www.dirittifondamentali.it (11.11.2013).

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alla ricerca di una risposta giurisprudenziale al (dibattuto) tema dei ‘confini’ fra le carte europee dei diritti e le carte costituzionali nazionali42.

Sia pure con argomentazioni che mirano a farsi carico delle questioni interpretative specifiche sollevate dai relativi giudici nazionali (con rinvii pregiudiziali) nei casi Aklagaren (causa C-617/2010), Radu (causa C-396/2011) e Melloni (causa C-399/2011) – nelle cui decisioni è dato maggiormente cogliere il cambio di passo del Giudice dell’Unione in sede di interpretazione del primato generalizzato del diritto dell’Unione sugli stessi diritti costituzionali nazionali – a ben leggere i contenuti e l’iter argomentativo seguito – la CGUE fa propria l’interpretazione che (invero) parrebbe offrire una lettura meno radicale dei rapporti di supremazia generalizzata del diritto dell’Unione sui diritti nazionali.

Tale lettura, in particolare, con riguardo alla disposizione relativa all’inciso dell’art. 51 della Carta, ove si limita l’efficacia della Carta all’atto della sua applicazione negli ordinamenti nazionali («nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione»), non sembrerebbe aver convinto il Giudice dell’Unione con riguardo alla rappresentazione degli interessi coinvolti nella vicenda del mandato di arresto europeo (oggetto di rinvio pregiudiziale nel caso Melloni). Rispondendo ad uno dei motivi del rinvio pregiudiziale del Giudice costituzionale spagnolo43, infatti, il Giudice dell’Unione aveva modo di affermare la tesi della supremazia del diritto dell’Unione sul diritto costituzionale nazionale, assumendo come lesive del principio del primato del diritto dell’Unione altre diverse letture (così nel par. 58), sottolineando in modo inequivoco che:

secondo una giurisprudenza consolidata, infatti, in virtù del principio del primato del diritto dell’Unione, che è una caratteristica essenziale dell’ordinamento giuridico dell’Unione, il fatto che uno Stato membro invochi disposizioni di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, non può sminuire l’efficacia del diritto dell’Unione nel territorio di tale Stato44

. 42

A. Ruggeri, ‘Dialogo’, cit., passim, cui adde M. Cartabia, Considerazioni sulla posizione del giudice comune di fronte a casi di doppia pregiudizialità comunitaria e costituzionale, in Foro it., 1997, 222; A. Barbera, Corte costituzionale e giudici, cit., n. 2; Id., Le tre Corti, cit., p. 95.

43 J.M. Macías Castaño, La cuestión prejudicial europea y el Tribunal, Barcellona, 2014.; B. García Sánchez, TJCE – Sentencia de 26.02.2013, Melloni, C-399/11, in Revista de Derecho Comunitario Europeo, 46/2013, 1137-1156.

44 CGUE, causa C-399/2011, Melloni, par. 59. Nella stessa ottica, in tale decisione, la

CGUE richiama le sentenze del 17 dicembre 1970, Internationale Handelsgesellschaft, 11/70, Racc. pag. 1125, punto 3, e dell’8 settembre 2010, Winner Wetten, C-409/06,

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La questione, così, resta (astrattamente e fattualmente) posta tanto allo

studioso di diritto costituzionale quanto a quello del diritto dell’Unione. Si tratta di una questione che (era e) resta centrale nell’analisi del processo di integrazione europeo e che, in passato, come si è già ricordato, oltre che da una parte della dottrina, era stata argomentata (in modo convincente per chi scrive) da una risalente giurisprudenza costituzionale (tedesca e italiana, ma non solo) in tema di controlimiti e che l’art. 4 del TUE avrebbe dovuto garantire con una giurisprudenza dello stesso Giudice dell’Unione capace di farsi carico delle identità costituzionali nazionali, nelle quali certamente sarebbero dovute rientrare le garanzie costituzionali nazionali in materia di (inderogabilità dei) principi fondamentali e di diritti fondamentali.

La CGUE, tuttavia, non è parsa disponibile a seguire un simile percorso teorico e argomentativo, motivando l’interpretazione dell’art. 53 della Carta (oggetto del terzo motivo di rinvio pregiudiziale del Tribunale costituzionale spagnolo, nel caso Melloni) come oggetto di un necessario ‘condizionamento’ alle ragioni della non compromissione del primato, dell’unità e dell’effettività del diritto dell’Unione. A giudizio della Corte, infatti, tale disposizione della Carta:

conferma che, quando un atto di diritto dell’Unione richiede misure nazionali di attuazione, resta consentito alle autorità e ai giudici nazionali applicare gli standard nazionali di tutela dei diritti fondamentali, a patto che tale applicazione non comprometta il livello di tutela previsto dalla Carta, come interpretata dalla Corte, né il primato, l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione45. Letta nell’ottica dell’interesse (processuale e sostanziale) dell’imputato

Melloni (a non essere consegnato alle autorità penali italiane in assenza di una garanzia di tale ordinamento a consentire la revisione di un processo che aveva adottato la sentenza di condanna in absentia), la questione è appunto quella di chiedersi se, da tale prospettiva, il costituzionalismo multilivello non faccia propria una interpretazione circa il primato generalizzato del diritto dell’Unione sugli stessi diritti (e principi) costituzionali nazionali, evidenziandosi in tal modo una piena conformazione delle esigenze di garanzia penal-processualistiche (e

Racc. pag. I-8015, punto 61 (corsivo aggiunto).

45 CGUE, causa C-399/2011, Melloni, par. 60 (corsivo aggiunto).

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costituzionali) dell’ordinamento interno (nel caso specifico l’ordinamento costituzionale spagnolo) a quelle dell’integrazione europea e dunque della garanzia dei principi di fiducia e riconoscimento reciproci fatti valere dalla Corte di Giustizia (par. 63)46.

Che il primato del diritto dell’Unione costituisca un principio fondamentale di tale ordinamento è un acquis stabilmente confermato a partire dalla sentenza Costa/Enel47 e che la mancata previsione nei ‘nuovi’ trattati della disposizione sul primato del diritto comunitario (prevista nell’art. I-6 della bozza del Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, e surrogata, se così può dirsi, dalla previsione dell’art. 4 del TUE sulle identità politiche e costituzionali nazionali) non alteri «in alcun modo l’esistenza del principio stesso e la giurisprudenza della Corte di Giustizia»48 costituiscono affermazioni quanto meno opinabili (se estese all’esistenza di un principio generale di primazia idoneo anche a prevalere sui principi e sui diritti costituzionali nazionali), in ragione della chiara opzione dei ‘nuovi’ trattati in favore della positivizzazione normativa, a livello europeo, delle identità (politiche e costituzionali) nazionali, che non può (non avrebbe potuto) non accompagnarsi con un revirement della propria risalente giurisprudenza da parte della CGUE.

Cionondimeno non può sottacersi (come spazio di una problematizzazione i cui termini di fondo appaiono già ragionevolmente prefigurati) un possibile percorso suggerito alla Corte di Giustizia, nel caso Melloni, dallo stesso Avvocato Generale, quando si fa osservare che «occorre […] distinguere i casi in cui esiste, a livello di Unione, una definizione del grado di protezione che deve essere accordato a un diritto fondamentale in sede di attuazione di un’azione dell’Unione rispetto a quelli in cui detto livello di protezione non è oggetto di una definizione comune». Una possibile lettura di tale indirizzo giurisprudenziale – quello cioè del riconoscimento delle garanzie dell’Unione sulla base di uno standard più elevato rispetto a quello nazionale (che non è certo irragionevole prevedere, in ambiti normativi poco frequentati dalla positivizzazione costituzionale, come ad es. quello del biodiritto) – sembrerebbe non precludere ai giudici degli Stati membri una (possibile) soluzione dei dubbi interpretativi in materia di diritti fondamentali con il

46 CGUE, causa C-399/2011, Melloni. 47 CGUE, causa C-6/64, Costa/Enel. 48 Secondo quanto si legge nel parere del Servizio giuridico del Consiglio sul primato,

riportato nel documento 11197/07 (JUR 260): “Parere del Servizio giuridico del Consiglio del 22 giugno 2007”.

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ricorso all’interpretazione conforme al diritto dell’Unione, che lascerebbe comunque nelle loro mani la soluzione da prevedere per il dubbio circa la necessarietà di sollevare la pregiudizialità comunitaria, soprattutto nelle (più complesse) ipotesi di doppia pregiudizialità49. Si tratterebbe, in altri termini, del controllo diffuso di comunitarietà con le luci e le ombre che lo stesso prefigura, con particolare riguardo ai (non astratti e già richiamati) rischi di elusione costituzionale già evocati in dottrina50.

Se cogliamo in modo più approfondito gli interessi in gioco nella vicenda giudiziaria Melloni, alla luce dei differenziati parametri normativi, ne emerge chiaramente come la questione centrale sia appunto quella di sapere se non risulti discutibile nel merito la tesi secondo la quale l’ordinamento dell’Unione, per come interpretato dalla Corte di Giustizia, appresterebbe garanzie all’imputato maggiormente effettive rispetto a quelle che non siano assicurate dalla piena vigenza nei suoi confronti dalle disposizioni dell’ordinamento penal-processuale interno e dalle stesse garanzie costituzionali che esso assicura.

Considerata dalla prospettiva garantistica dell’ordinamento penale spagnolo, una simile valutazione non pare irragionevole. Anche se considerata dalla prospettiva dell’ordinamento italiano, la risposta potrebbe portare ad affermare la preponderanza delle garanzie penal-processuali interne (rispondendo, per l’imputato, ad uno standard più elevato) rispetto a quelle assicurate dall’ordinamento dell’Unione e in particolare rispetto alle interpretazioni delle disposizioni accolte negli artt. 47 e 48 della Carta, pur ispirate – queste ultime – alle disposizioni della CEDU (rispettivamente all’art. 13, la prima, e all’art. 6, parr. 2 e 3, la seconda).

La disciplina dell’esecuzione del mandato di arresto europeo prevista dalla novellata disposizione dell’Unione in materia (art. 4 bis, par. 1, della decisione quadro 2002/584 ), per come letta dal Giudice dell’Unione, priva gli Stati membri della «facoltà di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo»51. In tal modo, ad una disciplina di maggior favore per l’imputato, si viene ad operare una chiara sostituzione di altra disciplina che risponde a finalità in sé certamente meritevoli di apprezzamento (e pertanto ragionevoli) – come il principio di fiducia e di riconoscimento reciproco fra gli Stati membri dell’Unione – ma che comunque porta in evidenza una (discutibile) svalorizzazione delle garanzie costituzionali

49

M. Cartabia, Considerazioni sulla posizione del giudice comune, cit., p. 222 ss. 50 A. Barbera, Corte costituzionale e giudici, cit., n. 2; Id., Le tre Corti, cit., p. 95. 51 CGUE, causa C-399/2011, Melloni, par. 61.

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dell’imputato (nel caso Melloni) e con essa l’affermazione (generalizzata) di un primato/supremazia sulle stesse del diritto dell’Unione.

Le ragioni alla base di un simile indirizzo giurisprudenziale sono chiare nel contenuto argomentativo e negli esiti interpretativi; proprio per questo esse pongono un chiaro problema teorico interpretativo tuttora meritevole di riflessione non solo in termini di teoria del diritto ma anche di diritto costituzionale (e dei rapporti fra fonti del diritto interne e dell’Unione nelle materie nelle quali le corti europee hanno opposto limiti alla supremazia generalizzata del diritto dell’Unione sul diritto interno).

Le finalità perseguite dalla decisione quadro 2009/299, per come lette dal Giudice dell’Unione, sono quelle di «rimediare alle difficoltà del riconoscimento reciproco delle decisioni pronunciate in assenza dello interessato al suo processo, che derivano dall’esistenza, negli Stati membri, di differenze nella tutela dei diritti fondamentali». A tal fine, la decisione quadro procede:

ad un’armonizzazione delle condizioni di esecuzione di un mandato d’arresto europeo in caso di condanna in absentia, che riflette il consenso raggiunto dagli Stati membri nel loro insieme a proposito della portata da attribuire, secondo il diritto dell’Unione, ai diritti processuali di cui godono le persone condannate in absentia raggiunte da un mandato d’arresto europeo52. D’altra parte, come il Giudice dell’Unione del caso Melloni argomenta

conclusivamente (e in modo serrato): permettere ad uno Stato membro di valersi dell’articolo 53 della Carta per subordinare la consegna di una persona condannata in absentia alla condizione, non prevista dalla decisione quadro 2009/299, che la sentenza di condanna possa essere oggetto di revisione nello Stato membro emittente, al fine di evitare una lesione del diritto ad un processo equo e dei diritti della difesa garantiti dalla Costituzione dello Stato membro di esecuzione, comporterebbe, rimettendo in discussione l’uniformità dello standard di tutela dei diritti fondamentali definito da tale decisione quadro, una lesione dei principi di fiducia e riconoscimento reciproci che essa mira a rafforzare e pertanto un pregiudizio per l’effettività della suddetta decisione quadro53

.

52 Ibid., par. 62. 53

Ibid. par. 63 (corsivo aggiunto). Sul punto, fra gli altri, cfr. M. Iacometti, Il caso Melloni e l’interpretazione dell’art. 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea tra Corte di giustizia e Tribunale costituzionale spagnolo, in Osservatorio AIC, ottobre 2013; N.L., UE. Le sentenze della Corte di giustizia nelle cause C-396/11, Radu e

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Di qui la decisione del Giudice dell’Unione secondo cui: L’articolo 53 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve

essere interpretato nel senso che non consente a uno Stato membro di subordinare la consegna di una persona condannata in absentia alla condizione che la sentenza di condanna possa essere oggetto di revisione nello Stato membro emittente, al fine di evitare una lesione del diritto ad un processo equo e ai diritti della difesa garantiti dalla sua Costituzione54. Nella dottrina spagnola, non sono mancati interrogativi critici

relativamente alla questione di sapere se le valutazioni del Tribunal Constitucional (TC) alla base del (primo quesito) del rinvio pregiudiziale in una vicenda che, in materia di estradizione, coinvolge direttamente la materia dei diritti fondamentali, non fossero meritevoli di una maggiore riflessione sui parametri costituzionali disponibili da parte del giudice costituzionale. Questo, in particolare, fu anche il contenuto di un’argomentata opinione separata del giudice costituzionale Cruz Villalón, basata appunto sulla natura del ‘contenuto assoluto’ del diritto fondamentale alla difesa effettiva dell’imputato55 che si estende come parametro ermeneutico anche oltre i confini nazionali, nel dialogo cooperativo «con gli altri Stati che condividano con la Spagna la medesima concezione dei diritti fondamentali»56. Una valutazione – quest’ultima – che tiene in debito conto come, poco prima di adottare la sentenza Melloni, il Giudice costituzionale spagnolo (SSTC 199/2009, fj 4 e n. 183/2004, fj 3) avesse assunto la presenza fisica dell’imputato nel processo come contenuto ‘assoluto’ del diritto alla difesa e ciò sulla base del parametro di cui all’art. 24.2 della Cost. spagnola e dell’art. 6.3 della CEDU, letto

C-399/11, Melloni, in www.osservatoriosullefonti.it; S. Civello Conigliaro, S. Lo Forte, Cooperazione giudiziaria in materia penale e tutela dei diritti fondamentali nell’Unione europea. Un commento alle sentenze Radu e Melloni della Corte di Giustizia, in Dir. pen. cont., 2013, 3.

54 CGUE, causa C-399/2011, Melloni, par. 64. 55

A. Aguilar Colahorro, Riflessioni sul primo rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale costituzionale spagnolo, in Osservatorio AIC, 2014, 5 ss.

56 Cfr. l’opinione separata di Cruz Villalón alla sentenza n. 91/2000, fj 3. Sul punto, cfr.

anche, Aa.Vv., La cooperazione fra corti in Europa nella tutela dei diritti dell’uomo, a cura di M. Fragola, Napoli, 2012.

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(anche) alla luce della giurisprudenza della Corte EDU (STC n. 91/2000, fj 7).

Rispetto all’indirizzo seguito solo un anno prima (STC 199/2009), nel caso Melloni mutano i parametri di riferimento, aggiungendosi – a quelli previgenti – le previsioni della Carta come nuova fonte che prende il posto delle garanzie accordate ai principi generali come le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e con esse motivando il ricorso all’intervento interpretativo del Giudice dell’Unione, che peraltro ancora non aveva avuto modo di pronunciarsi sui contenuti interpretativi degli artt. 47 e 48 della Carta in casi omologhi a quello oggetto della causa.

Risultano parimenti meritevoli di essere richiamate, in tale quadro, le tre opzioni interpretative sollevate dal TC spagnolo nel suo rinvio pregiudiziale alla Corte dell’Unione. Rispetto a tali opzioni interpretative, ai fini di queste brevi osservazioni, pare opportuno sottolineare, innanzitutto, come le stesse prendono atto della considerazione per cui il Giudice costituzionale spagnolo non ritiene di poter disporre di parametri interpretativi dell’art. 53 conformi al diritto primario dell’Unione (Carta) e che appaiono costituzionalmente compatibili con il livello (più elevato) delle garanzie accordate dall’ordinamento nazionale (penale e costituzionale); in secondo luogo, tali opzioni consentono al Giudice costituzionale spagnolo di inserirsi nel dialogo fra le corti europee, assunto dallo stesso come maggiormente soddisfacente rispetto alla prospettiva (ritenuta forse meramente) autoreferenziale del diritto costituzionale interno, ed infine gli consentono di limitare l’interpretazione della disposizione europea data da parte del Giudice dell’Unione alla fattispecie rappresentata dalle vicende giudiziarie oggetto degli atti di quella causa, nonché dai relativi motivi del rinvio pregiudiziale sollevato. Sia pure in modo condizionato al ‘dialogo’ avviato dal TC con i suoi tre motivi sollevati nel rinvio pregiudiziale, rimane comunque prevalente, rispetto alla valutazione delle disposizioni invocate come parametro per la risoluzione dell’antinomia (nel caso Melloni), una questione di rilievo eminentemente costituzionale – quella appunto delle relazioni fra fonti nell’ambito di un sistema separato ma integrato e cooperante –. Una simile prospettiva, anche dall’ottica della dottrina spagnola:

rinvia al problema dei controlimiti e, dunque, all’eventualità di un conflitto costituzionale e, allo stesso tempo, imporrebbe una nuova analisi del significato e della portata dei principi di efficacia diretta e primato, oltre che, come ovvio, una precisazione del contenuto e della portata dei controlimiti all’efficacia del

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diritto europeo: in una parola, si giungerebbe al cuore della questione dei rapporti tra Costituzione nazionale e diritto derivato dell’Unione. In tale quadro, la sollevazione del rinvio pregiudiziale ben potrebbe essere intesa come adempimento preliminare rispetto alla verifica di una eventuale condotta ultra vires da parte dell’Unione, come affermato dal Tribunale costituzionale federale tedesco nella sentenza sul Trattato di Lisbona del 2 luglio 2010

57.

Tale questione, tuttavia, meriterebbe più adeguati approfondimenti con

riguardo ai contenuti (e alle stesse tecniche seguite) del bilanciamento fra diritti fondamentali coinvolti nel caso giudiziario di volta in volta oggetto di rinvio pregiudiziale e di corretta interpretazione dei trattati da parte del Giudice dell’Unione58.

5. Integrazione europea e dialogo fra le Corti Non potendo ora attardarci in un’analisi puntuale della giurisprudenza

europea, che aveva già portato (fin dai primi anni ’70) al riconoscimento dei diritti fondamentali dell’Unione e della stessa risalente giurisprudenza sui limiti opponibili nei rapporti fra ordinamento costituzionale interno e diritto europeo59, la riflessione può ora limitarsi al richiamo di alcuni dei più significativi indirizzi giurisprudenziali delle corti europee con (più) specifico riguardo al bilanciamento fra beni costituzionali coinvolti nel processo di integrazione europeo.

Per il tipo di bilanciamento operato fra diritti costituzionali nazionali, europei e convenzionali, anche in ragione della loro portata costituzionale oltre che europea, in tale giurisprudenza meritano particolare attenzione le sentenze Omega60 e Schmidberger61, nelle quali il Giudice dell’Unione ha già avuto modo di bilanciare diritti fondamentali coinvolti nelle rispettive vicende oggetto dei rinvii pregiudiziali sollevati (nella prima con riguardo ai rapporti fra principio di dignità e libertà economiche, e comunque con

57

A. Aguilar Colahorro, Riflessioni sul primo rinvio, cit., 6.

58 G. Gerbasi, Alla ricerca (unidirezionale o bidirezionale) dei labili confini fra competenze e fra Corti: la giurisprudenza costituzionale ceca e quella tedesca sull’accertamento della natura ultra vires degli atti dell’Unione europea, in La cittadinanza europea, 1/2014, pp. 1 ss.

59 S. Gambino, Diritti fondamentali e Unione europea. Una prospettiva costituzionale-comparatistica, Milano, 2009.

60 CGCE, 14 ottobre 2004, C-36/02, Omega. 61 CGCE, 12 giugno 2003, C-112/2000, Schmidberger.

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peculiare riguardo al limite dell’ordine pubblico previsto dall’art. 46 TCE e, nella seconda, con riguardo ai rapporti fra la libertà di espressione e di riunione e la libertà di circolazione delle merci), pervenendo, in ambedue i casi, – con generale apprezzamento della dottrina europea – alla tesi della piena compatibilità con i trattati dell’Unione delle misure nazionali di garanzia del diritto di espressione e di partecipazione politica, come deroga al diritto europeo.

Essendo chiamata a risolvere un problema di natura eminentemente costituzionale (la questione, comunque, era stata già chiaramente posta nel caso Tanja Kreil62, come relazione fra divieto costituzionale di accesso al lavoro delle donne nell’ambito delle forze armate e divieto di discriminazione in base al genere), la CGCE ha ben chiaro come la stessa fosse chiamata ad una:

necessaria conciliazione tra le esigenze di tutela dei diritti fondamentali nella Comunità con quelle derivanti da una libertà fondamentale sancita dal Trattato e, in particolare, il problema della portata rispettiva delle libertà di espressione e di riunione, garantite dagli artt. 10 e 11 della CEDU, e della libera circolazione delle merci, quando le prime sono invocate quali giustificazioni per una limitazione della seconda

63.

Nell’interpretare i trattati rispetto ai quesiti sollevati dalla competente

autorità austriaca, la Corte di Giustizia non ha dubbio di assumere come non incompatibile con le previsioni dei trattati CE (art. 30 e 34, letti in combinato disposto con l’art. 5 del medesimo Trattato) il comportamento delle autorità austriache che non avevano vietato una manifestazione promossa da associazioni ambientalistiche (nelle circostanze di cui alla causa si trattava dell’interruzione dell’autostrada del Brennero in territorio austriaco) al fine di assicurare la libertà di espressione e di riunione (garantite dagli artt. 10 e 11 della CEDU), ancorché anch’esse «soggette a talune limitazioni giustificate da obiettivi di interesse generale»64.

Nel risolvere il conflitto, la CGUE sembra seguire l’iter argomentativo seguito dalle corti costituzionali nazionali ma, nel farlo, non può che

62

CGCE, C-285/98, sent. 11 gennaio 2000, Tanja Kreil c Repubblica federale di Germania.

63 CGCE, C-112/2000, sent. 12 giugno 2003, Schmidberger InternationaleTransporte und Planzüge e Repubblica d’Austria, § 77.

64 CGCE, C-112/2000, sent. 12 giugno 2003, Schmidberger InternationaleTransporte und Planzüge e Repubblica d’Austria, § 79.

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considerare l’esigenza di una proporzionalità che tenga in considerazione la natura e la portata dei diritti in gioco nonché la considerazione secondo cui questi ultimi non debbano ambire (come nel costituzionalismo nazionale) alla natura e alle garanzie proprie delle ‘prerogative assolute’, dovendo essere considerati alla luce della loro funzione sociale. Ne consegue, secondo la valutazione della CGCE – che reitera in tal modo un indirizzo giurisprudenziale già argomentato nel caso Wachauf65 – che:

possono essere apportate restrizioni all’esercizio di tali diritti, a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito da tali restrizioni, un intervento sproporzionato e inaccettabile tale da ledere la sostanza stessa dei diritti tutelati66. Il criterio seguito risponde ad un bilanciamento tra interessi oggetto

della causa e riguardati con riferimento a tutte le circostanze della fattispecie, dunque verificando che sia stato osservato un giusto equilibro tra gli interessi in gioco. Non sembrerebbero necessarie molte argomentazioni per sottolineare come una simile tecnica di bilanciamento risulti fortemente limitata se comparata con le ricchezze argomentative offerte dalle corti costituzionali nazionali nel motivare il bilanciamento seguito, dipendendo il Giudice dell’Unione, di conseguenza, molto più dalla fattispecie fattuale che dall’assetto normativo attingibile ad una ben definita gerarchia fra le fonti normative.

Anche nella sentenza Omega, interrogandosi sulla ricevibilità della questione pregiudiziale sottoposta al suo vaglio, e più precisamente sull’applicabilità delle norme del diritto europeo relative alle libertà fondamentali nella controversia sul c.d. ‘omicidio simulato’ (mediante apparecchi di puntamento a raggi laser commercializzati dalla società Omega), il Giudice dell’Unione sottolinea come spetti ‘unicamente’ ai giudici nazionali aditi di valutare sia la necessità di una pronuncia in via pregiudiziale per statuire nel merito della causa sia la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte.

La risoluzione della questione porta il Giudice dell’Unione ad assumere che:

65 CGCE, C-5/88, sent. 13 luglio 1989, Hubert Wachauf c Repubblica Federale di

Germania 66 CGCE, C-112/2000, sent. 12 giugno 2003, Schmidberger InternationaleTransporte

und Planzüge e Repubblica d’Austria, § 80.

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il diritto comunitario non osta a che un’attività economica consistente nello sfruttamento commerciale di giochi di simulazione di omicidi sia vietata da un provvedimento nazionale adottato per motivi di salvaguardia dell’ordine pubblico perché tale attività viola la dignità umana67. A questa decisione la CGCE perviene richiamando la risalente

giurisprudenza europea in materia di diritti fondamentali, individuati come parte integrante dei principi generali del diritto, la loro conferma nell’ambito delle tradizioni costituzionali (comuni agli Stati membri) e delle indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito, e in particolare della CEDU. La dignità umana rientra senza dubbio fra le finalità perseguite dal diritto comunitario, né rileva in proposito che in Germania la dignità goda di un particolare status costituzionale, in quanto diritto fondamentale autonomo. Nell’iter argomentativo seguito dal Giudice dell’Unione, deriva così che, imponendosi il rispetto dei diritti fondamentali sia alla Comunità [Unione] che ai suoi Stati membri:

la tutela di tali diritti rappresenta un legittimo interesse che giustifica, in linea di principio, una limitazione degli obblighi imposti dal diritto comunitario, ancorché derivanti da una libertà fondamentale garantita dal Trattato quale la libera prestazione dei servizi68. Se nella giurisprudenza fin qui richiamata il bilanciamento coinvolge in

modo prevalente le corti costituzionali nazionali e il diritto dell’Unione, e comunque se in tale bilanciamento non sempre è dato cogliere il criterio ermeneutico seguito nella disciplina delle possibili restrizioni opponibili ai diritti fondamentali in quanto ‘prerogative assolute’ alla luce del diritto dell’Unione, indicazioni più chiare sembrano emergere da una giurisprudenza successiva, a partire dalla metà degli anni 2000 (Tribunale di primo grado delle Comunità europee), nelle sentenze Yusuf (T-306/01) e Kadi (T-315/01), ma anche in altre sentenze, nelle quali pare emergere, come è stato già sottolineato, una vera e propria gerarchia fra i diritti fondamentali69, ancorché discutibile negli esiti in assenza di parametri

67 C.G.C.E., C-36/02, 14 ottobre 2004, Omega Spielhallen, § 40. 68 C.G.C.E., C-36/02, 14 ottobre 2004, Omega Spielhallen, § 35. 69

A. Tancredi, La tutela dei diritti fondamentali “assoluti” in Europa: ‘it’s all balancing’, in Rag. prat., 29 dicembre 2007, 388.

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positivizzati di riferimento. Parimenti meritevoli di approfondimento in ragione dei profili problematici dell’indirizzo giurisprudenziale seguito sono le decisioni del Giudice dell’Unione in tema di rapporti fra libertà economiche dell’Unione e diritti fondamentali economici dei lavoratori garantiti costituzionalmente (su cui non possiamo ora soffermarci)70.

In una riflessione di sintesi sulle più significative linee evolutive di questa giurisprudenza nelle tappe antecedenti i ‘nuovi’ trattati dell’Unione – pertanto in una fase nella quale il criterio ermeneutico deve fare riferimento al bilanciamento fra principi, piuttosto che fra disposizioni positive di disciplina in materia di diritti –, un richiamo a parte va fatto a proposito del ruolo (espressamente richiamato dall’art. 6 del TUE) delle convenzioni internazionali quale parametro utilizzato dalla CGUE nella protezione dei diritti fondamentali e fra queste, in particolare, della CEDU, ove (nei suoi artt. 8.2, 9.2, 10.2, e 11.2) viene sancita la derogabilità della tutela dei diritti fondamentali nei soli limiti del rispetto dei princìpi di legalità e di necessarietà in una società democratica.

La questione – almeno fino alla formale conclusione del procedimento di adesione dell’Unione alla CEDU – deve essere affrontata in ragione della non astratta ipotesi che si determini una discordanza nella tutela dei diritti fra l’ordinamento comunitario e i diritti tutelati dalla CEDU, come, peraltro, si è già osservato a proposito delle stesse ‘tradizioni costituzionali comuni’, per come (fra l’altro) è dato osservare nella nota giurisprudenza Matthews c/Regno Unito della Corte EDU, nella quale si assume di poter sanzionare il rispetto dei diritti garantiti dalla CEDU con riferimento ad atti interni di attuazione del diritto comunitario (nella fattispecie del diritto britannico), pur dopo aversi fatto osservare come «gli atti delle Comunità europee non possono essere impugnati come tali davanti alla Corte, perché la Comunità in quanto tale non è parte contraente»71.

Per concludere, può così osservarsi come, allo stato, fra i sistemi giudiziari comunitari sussista un «modus operandi in forza del quale le corti costituzionali e gli organi della Corte dei diritti dell’uomo… (fanno) credito (alla Corte di giustizia) ed alla capacità di questa di assicurare una tutela soddisfacente dei diritti fondamentali»72. Cionondimeno, i problemi

70 Fra gli altri, in tema cfr. anche il nostro Diritti sociali e libertà economiche nelle

costituzioni nazionali e nel diritto europeo, in A. Ruggeri (a cura di), Crisi dello Stato nazionale, dialogo intergiurisprudenziale, tutela dei diritti fondamentali, (in corso di pubblicazione).

71 Corte EDU, Matthews c/Regno Unito, del 18 febbraio 1999. 72 Corte EDU, Matthews c/Regno Unito, del 18 febbraio 1999.

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del coordinamento e dell’armonizzazione giurisprudenziale tra tali corti rimangono aperti, includendosi in tale affermazione la stessa questione della c.d. “protezione equivalente e sufficiente” accordata dal Giudice di Strasburgo. Alcuni anni dopo la sentenza Matthews, sia pure con una decisione ampiamente discussa, in ragione dell’assunzione del parametro della Convenzione quale standard minimo comune inderogabile nella protezione dei diritti, come si ricorderà, l’affermazione del principio della ‘protezione equivalente e sufficiente’ viene ribadito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Bosphorus c. Irlanda73, con riferimento alla violazione dell’art. 1 del Protocollo integrativo della CEDU da parte di atti nazionali adottati in applicazione di norme comunitarie. Nella ricostruzione del parametro comunitario, il Giudice di Strasburgo si richiama, fra l’altro, alla nota giurisprudenza europea in tema di tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, all’art. 6 del TUE, nonché alla stessa Carta (europea) dei diritti (art. 52.3) e al TCE (del 29 ottobre 2004), oltre che alle disposizioni dell’art. 5 e 189 del TUE. Si può affermare, pertanto, che il dialogo che s’instaura ai diversi livelli tra le corti (in attesa della piena entrata nella CEDU dell’Unione) – che come è noto non è solo di tipo immediato ma anche mediato74 – fermi restando i casi (che non sono comunque pochi) di cortocircuito in cui gli ordinamenti non paiono coincidere con riguardo agli

73 Corte EDU, Bosphorus Hava Jollari Turizm ve Ticaret c. Irlanda, del 30 giugno

2005. 74 Che il dialogo fra le corti non sia solo diretto (Corte costituzionale e CGUE) ma possa

essere anche indiretto (Corte costituzionale e Corte EDU) è noto. Anche in questo caso, appare utile richiamare (per cenni) una recente decisione della Corte EDU, ripresa dalla Corte costituzionale, per rilevare il grado di effetto politico che può generarsi da tale implicito dialogo e dalla relativa cooperazione. Se anche la Corte EDU non riesce ad espungere (con efficacia erga omnes) dall’ordinamento nazionale una legge, ciò non significa che le ‘conseguenze politiche’ delle sue decisioni siano sempre modeste, come si verifica (anche se non sempre) quando riconosce il margine di apprezzamento, secondo il quale si tutela la discrezionalità delle decisioni politiche che possono assumere gli Stati membri nel caso in cui non esiste una normativa comunemente condivisa su un particolare aspetto di un diritto convenzionalmente tutelato. Non è questa, tuttavia, la sede per ripercorrere l’intera giurisprudenza sugli effetti delle decisioni della Corte EDU, ma ciò che si può qui accennare (in ragione dello spazio consentito) è che la Corte di Strasburgo, allargando le sue tecniche decisorie, riesce ad incidere profondamente su una funzione che è politicamente rilevante, quale quella di normare discrezionalmente sulla disciplina di una determinata materia. Il caso che si può utilmente richiamare a tal fine è quello rappresentato dalla nota decisione Torreggiani (Corte EDU, Torreggiani e altri c. Italia, dell’8 gennaio 2013), che rappresenta l’utilizzo da parte della Corte di Strasburgo di un tipo di decisione che riesce ad essere molto incisiva sulle conseguenze politiche della stessa.

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strumenti di garanzia e agli esiti delle decisioni, evidenzia comunque che le corti europee, nel tempo, sono riuscite ad incidere sulle scelte del legislatore (anche al fine di adeguarsi ai nuovi parametri materialmente costituzionali). Ma ciò non fa che riproporre l’interrogativo dal quale siamo partiti sui confini fra ordinamenti e sulla questione della inderogabilità del criterio di tutela più elevato pro individuo previsto nello stesso sistema eurounitario di protezione multilivello.