Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

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AMANTI E FAVORITE DEL RE SOLE E DI LUIGI XV PARTE PRIMA SOMMARIO: LUIGI XIV IL RE SOLE; IL MATRIMONIO E LE PRIME AMANTI; LA MARCHESA DI MAINTENON; LUIGI XV; L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO; IL MATRIMONIO DEL RE; MADAME DE POMPADOUR; LE ALTRE AMANTI; LA MURPHY E CASANOVA; ROMAN COUPIER E CASANOVA; LA CONTESSA DU BARRY. LUIGI XIV IL RE SOLE Era nato per essere re. Superava in altezza i suoi cortigiani e aveva una corporatura ben proporzionata. Da giovane si distingueva per la bellezza dei suoi tratti, appesantiti durante la maturità. Ciò che colpiva di più della sua persona era la voce, che aveva un suono bello e melodioso. Il modo di muoversi era confacente al suo rango. L'incedere era maestoso. Il duca di Richelieu (pronipote del Cardinale), aveva scritto che quando lo aveva visto per la prima volta: <rimasi come annichilito dalla maestà della sua persona e dallo splendore del suo fasto. Mai nulla di più maestoso aveva colpito il mio sguardo e di tutti gli uomini che avevo visto, egli mi parve il più degno di comandare: lo si sarebbe dovuto scegliere per metterlo a capo della nazione francese se la sua nascita non lo avesse già chiamato al trono. La

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AMANTI E

FAVORITE

DEL RE SOLE

E DI

LUIGI XV

PARTE PRIMA

SOMMARIO: LUIGI XIV IL RE SOLE; IL MATRIMONIO E LE PRIME AMANTI; LA MARCHESA DI

MAINTENON; LUIGI XV; L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO; IL MATRIMONIO DEL RE; MADAME DE

POMPADOUR; LE ALTRE AMANTI; LA MURPHY E CASANOVA; ROMAN COUPIER E CASANOVA;

LA CONTESSA DU BARRY.

LUIGI XIV IL RE SOLE

Era nato per essere re. Superava in altezza i suoi cortigiani e aveva una

corporatura ben proporzionata. Da giovane si distingueva per la bellezza dei suoi

tratti, appesantiti durante la maturità. Ciò che colpiva di più della sua persona era

la voce, che aveva un suono bello e melodioso. Il modo di muoversi era confacente

al suo rango. L'incedere era maestoso. Il duca di Richelieu (pronipote del

Cardinale), aveva scritto che quando lo aveva visto per la prima volta: <rimasi

come annichilito dalla maestà della sua persona e dallo splendore del suo fasto. Mai

nulla di più maestoso aveva colpito il mio sguardo e di tutti gli uomini che avevo visto,

egli mi parve il più degno di comandare: lo si sarebbe dovuto scegliere per metterlo a

capo della nazione francese se la sua nascita non lo avesse già chiamato al trono. La

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sua aura di grandezza incuteva timore, e su tutti i volti vedevo impresso il rispetto. Un

suo sguardo era un ordine, e chi era abituato ad osservare il monarca lo capiva a

volo….Aveva abituato coloro che gli stavano attorno a una sorta di adorazione;

sembrava naturale essere ai suoi piedi>.

Suscitava imbarazzo in chi si rivolgeva a lui. Un generale che gli parlava non

riusciva a esprimersi chiaramente e balbettava, uscì dall'imbarazzo dicendogli

"Sire non tremo così davanti ai vostri nemici"

Era nato anche per gli amori, più di qualsiasi altro suo suddito. I suoi primi amori

per la baronessa di Beauvais, per mademoiselle d'Argencourt furono passeggeri.

Invece, per Maria Mancini (aveva avuto anche la sorella, ambedue nipoti del

cardinale Mazzarino), si era presa una bella cotta tanto da volerla sposare. Al

cardinale la cosa non sarebbe dispiaciuta, ma vi era stato l'intervento della regina

madre Anna d'Austria (moglie di Luigi XIII), che aveva fatto valere tutto l'orgoglio

di una Asburgo (figlia, moglie e madre di re) che gli aveva detto: <Se il re fosse

capace di una cosa così indegna, col mio secondogenito mi metterei a capo di tutta la

nazione contro il re e contro di voi>. E la questione fu così definita...

IL MATRIMONIO E LE PRIME AMANTI

Raggiunti i ventidue, Luigi XIV sposò (9.6.1660), con una fastosa cerimonia, la

cugina Maria Teresa d'Austria (anch'essa di ventidue anni), figlia di Filippo IV di

Spagna (del ramo spagnolo degli Asbugo), fratello di Anna d'Austria, madre di

Luigi. Il re, sfarzosamente vestito, cavalcava a lato della carrozza (di foggia nuova,

con vetri) che trasportava la sposa.

I festeggiamenti continuarono anche dopo il matrimonio per tutto il resto dell'anno.

Il 26 Agosto in occasione della pace finalmente raggiunta tra Francia e Spagna,

auspice la regina madre, vi fu a Parigi un memorabile corteo (durato dieci-dodici

ore). La sfilata iniziava con la rappresentanza della Casa del ministro Mazzarino,

con settantadue muli carichi di bagagli, dei quali i primi ventiquattro erano bardati

di semplici coperte, quelli che seguivano avevano gualdrappe delle più belle

tappezzerie, gli ultimi erano ricoperti da velluto rosso ricamato d'oro e d'argento

con i morsi e i campanelli d'argento. Seguivano sempre in rappresentanza della

Casa del Cardinale Mazzarino ventiquattro paggi, gentiluomini e ufficiali, dodici

carrozze da sei (tirate cioè da sei cavalli, tre a tre), le guardie, ventiquattro cavalli

coperti da splendide gualdrappe e condotti a mano (belli da non poter staccare gli

occhi!). La Casa del re era preceduta da paggi in sella, seguiti dai moschettieri con

le piume ai cappelli dello stesso colore delle bandiere, dai cavalleggeri e nobili a

cavallo nei loro più sfarzosi abiti. La regina con i capelli chiari incoronati di spighe

d'argento, si intravedeva dai vetri della carrozza. Dopo la sfilata alla regina furono

consegnate, su un cuscino ricamato, le chiavi della città.

I festeggiamenti continuarono ancora nell'anno successivo e aumentarono in

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occasione del matrimonio del fratello del re (Filippo d'Orléans). Cessarono solo per

la morte del cardinale Mazzarino, ma ripresero nell'anno seguente, con una

crescente maggiore intensità (v. in Specchio, Vita a Versailles).

Il rapporto tra il re e la sposa inizialmente era stato di buona intesa e civettuolo. Il

re le mandava dei versi, la regina gli rispondeva. Poi arrivò per ambedue lo stesso

confidente (il marchese d'Angeau) e la vena poetica ebbe termine. Il re incaricò

d'Angeau di scrivere versi e portarli alla regina. Questa fece altrettanto, ma uno all'

insaputa dell'altro.

Nel frattempo il re fu preso da passione per madamigella Luise de La Valliére al

servizio della regina, e i divertimenti galanti continuarono con questa, e tutte le

feste che venivano organizzate, recite teatrali, quadriglie, caroselli, erano tutte in

onore di La Valliére. Luise che era una donna innamorata, sincera, che aveva

dolcezza di spirito e bontà d'animo, doveva però chiudere gli occhi sulle infedeltà

del re.

Questo rapporto iniziò a incrinarsi nel momento in cui all'orizzonte (1669)

appariva la marchesa di Montespan (Francoise-Athénais de Rochechouart de

Mortemart, 1640-1707), donna di rara bellezza. Il re se ne invaghì e volle averla.

tutta per sé. Ma lei era una donna capricciosa che non accettava che una

concorrente condividesse i favori del re, che a sua volta voleva averle tutte e due, e

non si era mostrato disposto a lasciare l'altra. La marchesa reagì chiedendo subito

al marito di portarla via, nelle sue terre della Guienna. Luigi non le permise la

levata di testa e la prese con sé, togliendola al marito, che però non si era mostrato

molto d'accordo su questa iniziativa. Mal gliene incolse perché il re lo mandò a

meditare alla Bastiglia e poi gli fece grazia confinandolo nel suo feudo in Guienna.

La Montespan riuscì in ogni caso ad avere il sopravvento su Luise che pur di

ricevere le visite del re, dopo avergli dato tre figli (1), dovette accettare questo

nuovo rapporto. Alla fine si ritirò in un convento di carmelitane (1674) prendendo i

voti e assumendo il nome di suor Luisa della Misericordia.

Mentre La Valliére durante tutto il periodo del rapporto con il re aveva condotto

una vita riservata, la Montespan, ostentando la sua posizione di favorita (2) e

conducendo una vita sfarzosa, divenne l'unica arbitra non solo del re ma della

Corte. Tutti gli onori e gli omaggi, a parte quelli ufficiali per la regina, erano rivolti

a lei.

Non potette a sua volta evitare di condividere il re con un'altra amante. Si trattava

di una delle sue sorelle. Molto più giovane ma anche più bella e con più spirito di

lei, uscita dal chiostro di Fontevrault di cui era badessa. A questa si aggiunse

un'altra sorella, madamigella di Thianges, definita < il più raffinato elisir di tutte le

dame di corte>.

La Corte era diventata il centro dei piaceri e del divertimento. Al centro di questi

c'erano le tre sorelle.

Fu uno scandalo che riecheggiò in tutta Europa. Lo scandalo, però, non era stato

determinato dal fatto che il re aveva preso una amante, ma perché ne aveva due (la

badessa non compariva con le sorelle)! Il re le portava nella carrozza della regina,

dappertutto. Alle frontiere, ai campi militari, talvolta alle campagne militari, con lo

spettacolo offerto al popolo di vedere non una ma due regine, mentre quella vera

rimaneva a palazzo.

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Madame de Montespan oltre ad essere capricciosa, era cattiva e altezzosa, non solo

con i cortigiani ma con lo stesso re. Era anche estremamente spiritosa e piena di

acutezza e finezza, per cui per divertire il re non risparmiava nessuno, e ciò era

pericoloso per chi era messo in ridicolo. I cortigiani evitavano persino di passare

davanti alle finestre del suo appartamento, tanto che circolava la battuta che così

<si evitava di passare per le armi>.

Madame de Montespan aveva accentrato attorno a sé non solo la corte ma tutto ciò

che coinvolgeva la corte, sia in funzione dei piaceri sia in funzione degli affari di

Stato. Ministri e generali passavano da lei ancor prima di essere ricevuti dal re. La

regina la detestava, non sopportava la sua alterigia e rimpiangeva la duchessa di La

Valliére, lamentando che: <quella puttana mi farà morire>! E non aveva tutti i torti

perché parti e gravidanze divennero di dominio pubblico. Videro la luce tre maschi,

due femmine, e altri due figli morti giovanissimi, tutti attribuiti alla Montespan

(anche se poteva esservi stato qualche scambio di maternità con una delle sorelle).

Essi in tempi successivi furono tutti legittimati (3).

Madame de Fontevrault era la più bella delle tre sorelle. L'abito monastico

certamente le dava un fascino che a nessuna di tutte le altre dame di Corte era dato

di avere, e fu anche la più brillante nella intimità col re. Eccelleva su tutte le altre

dame di Corte per la sua rara e vasta cultura, perché conosceva bene la teologia e i

padri della Chiesa, perché era versata nelle sacre Scritture, perché conosceva il

latino e greco. Infine brillava in conversazione su qualsiasi argomento e altrettanto

brillava quando scriveva.

Divideva la sua vita tra la Corte e il convento che aveva il dono di saper ben

dirigere con tale equilibrio, da farsi adorare da tutte le religiose che manteneva

legate alla regola. Nonostante fosse stata forzata a farsi monaca, la sua regola di

condotta nell'abbazia era ineccepibile. Quando si recava a Corte non usciva mai

dagli appartamenti delle sorelle, e in pubblico si presentava sempre in abiti

religiosi. La cosa appariva piuttosto singolare, per i favori che concedeva al re, ma

questo non intaccò minimamente la sua irreprensibile reputazione.

Mademoiselle de Thianges dominava le due sorelle e il re, che riusciva a divertire di

più delle altre. Finché visse, lo ebbe in suo potere e anche dopo la espulsione della

Montespan conservò tutti i suoi privilegi e distinzioni.

Giunse poi a Corte madamigella di Fontanges, che divenne l'amante ufficiale del re,

ricambiando alla Montespan ciò che questa aveva fatto a La Valliére. Non ebbe la

stessa fortuna. Non aveva infatti tanto spirito da divertire il re, che non fece a

tempo ad annoiarsi completamente in quanto la morte improvvisa, da cui fu colta

lei col figlio (1681), eliminò il problema.

Arrivarono altri amori che erano solo dei capricci, il più resistente di questi fu

quello per Madame de Soubise che durò fino alla morte di costei. Il marito, tacciato

di essere, con un termine usato in Spagna, <cornuto volontario>, sopportò

volentieri questo amore, ignorando scrupolosamente ogni cosa, ma raccogliendone i

frutti e dividendo con la moglie tutti i vantaggi che essa ne ricavava, costruendo

una rapida e prodigiosa fortuna. Egli, rintanato in una piccola casa in Place Royale,

evitava di recarsi a Corte. Abbandonò questo appartamento quando fu acquistato il

palazzo dei Guisa, che fu ingrandito e reso più sontuoso, a tal punto che gli antichi

proprietari non lo avrebbero riconosciuto. I due coniugi si arricchirono tanto che la

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vita sfarzosa, che questa ricchezza permetteva, durava ancora alla terza

generazione.

L'amore per madamigella Ludre, damigella d'onore della regina, incontrata tra le

sale di Versailles, durò un batter d' ali. E vi fu anche una damigella, questa volta

della Montespan, che ebbe una figlia non riconosciuta e fu fatta sposare a un

gentiluomo di nome La Queue.

Queste damigelle d'onore erano giovanissime, oggi diremmo fanciulle, e

incorrevano spesso in incidenti con i nobili che frequentavano la Corte. Questi

incidenti fecero giungere alla decisione di sostituirle con donne più mature.

Al monastero di Moret vi era una religiosa che era orgogliosa (forse anche un po'

troppo) di essere figlia del re, e la superiora con le altre suore se ne lamentava. Sta

di fatto che, nel momento in cui fu messa nel monastero, le era stata assegnata una

dote di ventimila scudi, e non si sapeva chi avesse elargito una tal somma. A parte

la carnagione scura, era il ritratto di Luigi XIV. La Montespan si recò un giorno a

visitarla e, volendo indurla a maggior modestia, cercò di convincerla che la sua idea

era errata. La monaca, con presenza di spirito, le rispose: <Signora, se si è presa la

briga di venire fin qui a dirmi che non sono la figlia del re, mi convince invece che lo

sono>.

L'amore della Montespan rimaneva dominante, ma il suo innamorato incominciava

ad essere stanco di lei e dei suoi capricci. Si stava verificando un avvenimento che

nel tempo avrebbe creato grande stupore e incredulità.

Quando la Montespan era alla prima maternità si era deciso che questa sarebbe

stata tenuta segreta. C'era bisogno di una persona di fiducia che si occupasse della

faccenda; questa persona, che la Montespan apprezzava per lo spirito, le grazie e i

riguardi, era madame Scarron (poi Maintenon), che una serie di fortunate

combinazioni eleverà al fianco del re.

1) Luigi di Borbone nato nel 1663 e morto a tre anni (1666); Marie Anne de Blois (1666-1739),

che sposerà il principe Louis-Armand de Conti e Luigi di Borbone conte di Vermendois nato

nel 1667 e morto a sedici anni (1683).

2) Era stata accreditata l'idea che la favorita serviva per il prestigio e lo sfarzo del re.

3) Louis-Auguste, duca del Maine (1670-1736), che sposa Luisa Benedetta d' Orléans (nipote

del gran Condé);

Louis-César, conte di Vexin, abate a s. Denis e s. Germanine des Pres (1670-1736);

Louis-Alexandre di Borbone, conte di Tolosa (1678-1737);

Louise-Francoise di Borbone, (m.lle de Nantes) (1673-1743), che sposa Luigi III di Borbone,

duca di Condé;

Louise-Marie di Borbone (m.lle de Blois) (1677-1749), che sposa Filippo II duca di Chartres,

poi duca d'Orleans, figlio del Reggente, che era fratello del re.

Altri due morirono giovanissimi, una di questi era m.lle de Fontanges.

Da notare l'intreccio di matrimoni tra figli naturali, che in ogni caso erano portatori di sangue

reale e che, oltre ad essere riconosciuti, avevano una ulteriore conferma di legittimazione con i

matrimoni nell'ambito del parentado, tra i principi del sangue.

LA MARCHESA DI MAINTENON

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Francoise d'Aubigné, poi marchesa di Maintenon (1635-1719), pur appartenendo

a famiglia nobile, aveva avuto una infanzia povera, anzi poverissima. Aveva vissuto

in prima persona il dramma delle lotte di religione tra cattolici e ugonotti. Il nonno

Agrippa d'Aubigné, strano personaggio di intellettuale estroverso, autore di scritti

politici, storici, satirici in prosa e versi e ugonotto di ferro, dovette espatriare a

Ginevra dove morì esule.

Il padre Costante era anch'egli uomo di cultura, fine politico, elegante, sapeva

suonare alla perfezione la viola e, nei pochi momenti di libertà frequentava la Corte

di Luigi XIII. Per il resto era sempre in carcere per debiti. Il carcere era diventato

l'abituale dimora sua e della famiglia, sorta da una situazione insolita.

Era in servizio nel castello de La Trompette presso Bordeaux, dov'era la prigione di

Costante, il luogotenente del duca d'Epernon, Pietro di Cardilhac. La figlia di

questo andava a trovare il prigioniero, che aveva una piacevole conversazione. A un

certo punto Giovanna, diciassettenne (Costante aveva quarantadue anni), si trova

incinta. Il governatore era cattolico, Giovanna cattolica e di famiglia cattolica, e

Costante ugonotto che equivaleva ad essere considerato peggio di un appestato.

Cardilhac, nonostante Costante gli fosse inviso, impose il matrimonio.

Francoise vedrà la luce in una squallida camera di un altro carcere, quello del

palazzo di Niort (Vandea). Passerà i suoi primi anni giocando con la figlia del

guardiano, poi i genitori andranno in Martinica, portandola con sé, ma il padre

presto morirà e la madre la riporterà in Francia all'età di dodici anni.

Francoise aveva respirato in famiglia aria protestante, imparando a leggere e

scrivere sulla Bibbia protestante sotto la guida del padre. Questa educazione le

creerà dei problemi con la madre cattolica, che la portava con sé a messa. Francoise

per protesta durante la messa rivolgeva le spalle all'altare, prendendo dei sonori

ceffoni. Mandata poi in un convento, aveva dovuto subire tutte le angherie e le

brutalità delle monache che volevano convertirla al cattolicesimo. Si era alla fine

convertita. La sua conversione però era avvenuta non con la costrizione, ma con la

persuasione.

Per convertirsi aveva voluto il confronto (strana richiesta per una ragazzina di non

ancora quindici anni!) di due personalità, un cattolico e un ugonotto, che avevano

discusso delle rispettive dottrine per ben tre giorni consecutivi. Lei aveva trovato

fiacco l'ugonotto, che aveva seguito con la Bibbia in mano, rilevando la non esatta

corrispondenza dei versetti citati con quelli scritti. Alla fine, alquanto indecisa

aveva scelto il cattolico. Anche se convertita, Francoise rimarrà per sempre con le

solide basi, ricevute durante la fanciullezza, di ugonotta puritana che detesta le

debolezze, i vizi, pronta ad accettare le punizioni, ad affrontare con grande spirito

di sacrificio tutte le avversità, che la renderanno di una dirittura morale

ineccepibile, con venature integraliste.

A questo substrato si aggiungeranno i timori, le paure, gli scrupoli di coscienza,

l'idea del peccato, la vita interiore ed esteriore che doveva essere religiosamente

regolata della morale cattolica. Tutto ciò, in ogni caso, non le farà sorgere alcuno

scrupolo nel momento in cui tradirà la fiducia e l'amicizia di chi l'aveva beneficata.

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Queste idee Francoise le aveva facilmente assorbite dal direttore spirituale e

confessore, col quale a quei tempi si instauravano rapporti che finivano per

diventare di dipendenza. Il risultato spesso era che l'uno diventava il padrone

dell'anima dell'altro che, come vittima ne subiva i condizionamenti…sotto la

minaccia dei castighi divini! Ed ecco creata una bigotta che quando sarà a contatto

col re, testardamente (e sottilmente) perseguirà l'idea di convertire il re a una vita

cristiana e <condizionerà> quello spirito libero del re, che per suo merito perderà la

gaiezza dei tempi in cui tra una comunione e l'altra si sentiva perdonato di tutti

peccati che si concedeva quotidianamente. Come scrive Voltaire <la devozione che

ella aveva ispirato al re e che l'aveva fatta sposare, divenne a poco a poco un

sentimento vero e profondo che l'età e la noia rafforzarono>.

Francoise era una donna di spirito, raffinata letterata, aveva una conversazione

dolce e insinuante a tal punto da lasciare il segno, nel senso che alla fine, con molta

discrezione, riusciva a trasmettere all'interlocutore le proprie idee.

All'età di quindici anni, era stata affidata a una zia, madame de Neuillant, ricca ma

tanto avara che all'infuori dell'asilo che le concedeva nella sua casa a Parigi (...ed

era già tanto!, non le concedeva altro! Un giorno viene portata a casa del poeta

Paolo Scarron dal quale si riuniva la buona società parigina.

Questo Scarron era una specie di poeta maledetto. La natura gli si era accanita

contro perché oltre che essere paralizzato era deforme con una testa grossa che gli

pendeva da un lato e due occhi bovini, ma aveva intelligenza e spirito vivace e

beffardo, componeva versi sarcastici con cui si burlava del prossimo e in ogni caso

riusciva ad affascinare l'uditorio. Quelli che lo frequentavano, con lui si divertivano

immensamente. In quella casa non mancavano i profumi di cucina e vi era

abbondanza di cibo e di vino che erano il prezzo pagato dai frequentatori.

Anche Francoise era diventata abituée della casa di Scarron e a un certo punto,

trovando molto precaria l'ospitalità della zia, aveva dovuto decidere tra finire in

convento o sposare Scarron. Scelse la libertà e la sicurezza che le dava il

matrimonio con Scarron. Lei aveva diciassette anni lui di quarantadue. Il

matrimonio durerà otto anni e Francoise rimarrà vedova a venticinque (1660).

Essere stata moglie di Scarron le era servito ad affinare la sua cultura, ad essere

conosciuta e apprezzata tra famiglie aristocratiche e ad aver stretto amicizie con

famiglie come quella dei d'Albret (di nobiltà feudale) e del duca di Richelieu

(amicizie, che, come dice Saint Simon, non erano su un piede di parità), che

comunque le davano da vivere in cambio di quei piccoli lavori che si facevano

<quando i campanelli non erano stati ancora introdotti>.

Presso i d'Allbret, Francoise aveva conosciuto la Montespan che per lei aveva un

debole particolare e nel momento in cui rimarrà incinta e avrà bisogno di una

persona di fiducia, ricorrerà a lei.

Infatti, quando era sorto per la Montespan il problema della prima maternità che

doveva rimanere segreta, per partorire la marchesa aveva preso un appartamento e

aveva chiamato madame Scarron la quale si fece prendere da scrupoli di coscienza,

in quanto riteneva commettere un peccato se si fosse trattato dei figli della

Montespan, favorita del re! Si sarebbe sentita invece con la coscienza tranquilla (in

ciò aiutata dal suo confessore gesuita Gobelin), se si fosse trattato dei figli del re

(sic!) e se la richiesta fosse stata fatta dal re di persona (come se la madre

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Montespan non fosse esistita!…misteri di una morale contorta!). Il re le fece la

richiesta desiderata e la Maintenon, messasi la coscienza tranquilla, accettò

l'affidamento sia del primo figlio, che di tutti quelli arrivati successivamente.

Costoro che inizialmente erano stati partoriti in gran segreto, poco alla volta furono

portati a Corte e mostrati al re, quindi da questo amati, riconosciuti e poi anche

legittimati.

In quel periodo era stata messa in vendita la proprietà dei terreni di Maintenon che

si trovava nei pressi di Versaillles. Madame Scarron, era interessata all'acquisto in

quanto era nelle sue aspirazioni avere una proprietà tutta per sé e aveva convinto la

Montespan che lì avrebbe potuto allevare i suoi figli. La Montespan a sua volta si

rivolse al re il quale, per poco che l'aveva vista, l'aveva presa in antipatia e si era

mostrato contrario all'acquisto, anzi aveva suggerito alla Montespan di licenziare e

togliersi di mezzo quella Scarron che gli era insopportabile.

L'ebbe vinta la Montespan e la proprietà di Maintenon fu acquistata. Non solo, ma

poco dopo si provvide, a spese del re a restaurare il castello che si trovava in stato

di abbandono. Il primo figlio della Montespan (il futuro duca del Maine) zoppicava

fortemente, si diceva per una caduta, forse era lussazione del femore (Voltaire

parla di deformità di un piede fin dalla nascita). Poiché tutte le cure si erano

mostrate inutili, il protomedico di corte aveva suggerito di mandarlo alle acque (!).

La Scarron, diventata madame de Maintenon, aveva accompagnato il bambino e

scriveva alla Montespan per tenerla informata. Queste lettere erano mostrate al re

che le trovava ben scritte e anche gustose.

Poco alla volta il re incominciò a perdere tutta la sua ripugnanza nei confronti della

Maintenon. Non solo. Il re si stava stancando della Montespan che diventava

sempre più insopportabile con i suoi capricci e la Maintenon la riprendeva e la

rimproverava e cercava di rabbonirla. La Montespan riferiva al re il quale

mettendo da parte la sua antipatia aveva iniziato a rivolgere alla Maintenon

qualche parola, poi a farle le prime confidenze, poi a suggerirle le cose da riferire,

poi a confidarle i suoi malumori, infine a consultarla per avere consigli.

Alla fine la Maintenon si rese così indispensabile che sostituì la Montespan che

troppo tardi si accorse di quanto l'altra fosse diventata indispensabile. La fortuna

(per non chiamare in causa la Provvidenza, dice ancora Saint Simon), che stava

preparando al più superbo dei re l'umiliazione più profonda, più pubblica, più

durevole, più inaudita, aumentò sempre più per quella donna abile ed esperta, che

le gelosie della Montespan rendevano sempre più calda, con le frequenti frecciate

che la Montespan indirizzava al re e alla Maintenon. A sua volta la Maintenon

rivolgeva al re le sue lamentele per quello che doveva sopportare dalla Montespan.

Alla fine la Maintenon la spuntò soppiantando la Montespan atteso che tra l'altro

era più giovane e più bella. Essa riuscirà a rimanere a Corte fino al 1691,

ritirandosi poi in convento dove morirà nel 1707.

Sempre la fortuna, o la Provvidenza, aveva dato ancora una mano. Giunse infatti la

grande sventura, per il re e per lo stesso Stato, della morte della regina (1684), nel

momento in cui quell'affetto era diventato più acuto, incrementato dai malumori

creati dalla Montespan e diventati insopportabili.

Sta di fatto che qualche tempo dopo (1686) la morte della regina, di notte, in una

piccola cappella annessa all'appartamento del duca di Borgogna, il re (che aveva

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quarantotto anni) e la Maintenon (che ne aveva cinquantadue) furono legati in

matrimonio segreto. Erano presenti padre La Chaise che aveva celebrato la messa,

l'arcivescovo di Parigi Harlay, il governatore di Versailles e primo valletto di turno

Bontemps che aveva servito la messa, Louvois e Montescevreuil, i quali ebbero dal

re la sua parola che non avrebbe mai dichiarato quel matrimonio.

Alla Maintenon fu assegnato l'appartamento in cima allo scalone principale, di

fronte a quello del re. Da quel momento il re, finché restò in vita, si recò da lei tutti

i giorni, sia a Versailles che in qualsiasi altro luogo dov'era alloggiata, e vi passava

il pomeriggio, prima e dopo cena fino a mezzanotte. Egli si metteva da una parte

della sala a lavorare con i suoi ministri, mentre lei dall'altra parte leggeva o

ricamava senza intromettersi. Ma tutta la vita della Corte, con ministri, generali e

la famiglia reale al completo, si svolgeva intorno a lei.

Per ben trentadue anni, incredibilmente governò stando nell'ombra, su tutta la vita

del paese. Cariche, giustizia, favori, religione, tutto passava per le sue mani, pur

non intromettendosi e non avendo mai approfittato di nulla, fino alla morte del re

(1715) al quale sopravviverà per quattro anni, dopo essersi ritirata a Saint Cyr, nel

monastero che lei aveva fondato.

L'influenza che la Maintenon aveva avuto sul re era stata in un certo senso

deleteria. Il re era diventato bigotto. Ma era stata solo la principale responsabile. A

darle man forte c'erano i religiosi gesuiti, dai quali il re era circondato che

completavano l'opera della Maintenon. Certo è che dal giorno in cui la sua

devozione era stata portata agli eccessi, il re aveva perso l'energia e la fermezza di

cui molte volte aveva dato prova, preoccupandosi di inezie di cui negli anni del suo

fulgore non si sarebbe mai occupato, come quella di inviare l'ordine di vivere in

buona armonia con la propria moglie, a chi ostentava una condotta sregolata.

Quegli ultimi anni di regno di un re che effettivamente aveva brillato come un sole,

anche per la Francia furono nefasti, tanto che la notizia della sua morte a Parigi fu

accolta con tal piacere, che quel popolo che lo aveva idolatrato si abbandonò ad una

vera e propria esplosione di gioia che sembrava fosse stato liberato da un terribile

flagello.

Uno degli atti più illiberali, ingiusti e intolleranti compiuti in questo periodo fu la

revoca dell'editto di Nantes (1685) seguita dalle persecuzioni dei protestanti, che in

cinquecentomila, tra i più industriosi, espatriarono con un grave danno economico

e finanziario per la Francia. Se è vero che in questa revoca non vi era stata l'opera

diretta della Maintenon, almeno indirettamente lei vi aveva contribuito, avendo il

re maturato l'idea che la religione cattolica dovesse essere uniformemente osservata

indistintamente da tutti i sudditi del regno.

Page 10: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

AMANTI E

FAVORITE

DEL RE

SOLE

E DI

LUIGI XV

PARTE SECONDA

LUIGI XV

Era esuberante non solo dal punto di vista sessuale, caratteristica che,

contrariamente a quanto si verifica per i comuni mortali, gli si svilupperà

ulteriormente con l'avanzare degli anni, ma era un fanatico della caccia, e fin da

giovanetto era sempre a cavallo e si sfogava con cacce forsennate.

Questa attività mentre gli irrobustiva il fisico preoccupava la Corte perché

all'epoca si riteneva che un adolescente potesse morire di fatica. Luigi era anche di

buon appetito, ma soffriva di indigestioni che destavano non poche preoccupazioni

(determinate dalla morte immatura di tutti i precedenti delfini, tanto che

nell'ordine di successione si era arrivati a lui nipote di terza generazione di Luigi

XIV). Aveva un fisico resistente che reagiva bene tutte le volte che era dato per

spacciato.

Luigi era un bell'uomo, alto, con la testa ben piantata. Non c'è stato pittore (scrive

Casanova) così abile, da rappresentare efficacemente il movimento che faceva con il

capo quando si voltava a guardare qualcuno. <Ci si sentiva portati ad amarlo lì per

Page 11: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

lì, e allora mi parve davvero di scorgere quella maestà che invano avevo cercato sul

volto del re di Sardegna. Madame de Pompadour non poteva non essersi

innamorata a prima vista di quel viso>.

Il dovere del matrimonio gli era stato inculcato anzitempo, fin da bambino, all'età

di undici anni, da quando Filippo V di Spagna (nipote di Luigi XIV) aveva

maturato la strana idea di un duplice matrimonio, il primo, tra la sua unica figlia

Infanta di tre anni e Luigi; il secondo, tra il suo primogenito, principe delle Asturie

con la figlia del Reggente (Filippo d' Orleans, figlio del fratello di Luigi XIV).

Questo duplice matrimonio era stato considerato dal duca d'Orleans

vantaggiosissimo e, per la sua famiglia, evidentemente prestigioso. Il legame

avrebbe suggellato i rapporti tra Madrid e Parigi, scongiurando definitivamente

ogni rivendicazione sul trono di Francia che poteva venire dai Borboni di Spagna.

L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO

Quando gli fu annunciato il matrimonio, il re bambino non ne voleva sapere e

scoppiò in lacrime. Ma riuscirono convincerlo e a fargli pronunciare la promessa

davanti al Consiglio. La bambina, piccola e vivace, fu mandata a Parigi dove fu

accolta con tutti gli onori, con feste, comizi, esultanza di popolo e messa solenne in

Notre Dame. Luigi la accolse al Louvre e le regalò una bambola. Egli però si

mostrava sempre imbronciato e taciturno e non le rivolgeva parola, non mostrando

alcun segno di interesse. Dovettero convincere la bambina che il mutismo del re era

prova dell'affetto che provava per lei.

Il Reggente non aveva spinto ulteriormente il giovane re verso il matrimonio, in

quanto, se questi fosse morto, nell'ordine di successione era lui che avrebbe preso la

corona, ma aveva calcolato male i tempi perché nel frattempo moriva e veniva

sostituito da Luigi di Condé duca di Borbone, detto Monsieur le Duc, il quale

vedeva le cose diversamente da lui (tra l'altro le rispettive casate dei Condé e degli

Orleans si odiavano). Costui non era troppo d'accordo sul matrimonio e riteneva

che l'Infanta dovesse essere rimandata in Spagna.

Luigi XV una mattina del 1724 (a quattordici anni) aveva confidato ai valletti che la

notte aveva avuto un male piacevole mai provato prima. Da quel momento ci si rese

conto che il giovane era pronto per il matrimonio, ma non lo era ancora la

bambina.

Luigi nel 1725 aveva avuto una delle sue indigestioni e Monsieur le Duc, che voleva

sì far sposare Luigi, ma non con l'Infanta in quanto si sarebbe dovuto attendere la

sua maturità sessuale, accelerò i tempi per rimandare la bambina in Spagna. Le si

fece credere che i genitori volessero rivederla e che presto sarebbe rientrata a

Versailles dove si era stabilita la corte. La corte spagnola si mostrò offesa e

minacciò la guerra, ma col tempo le cose si acquietarono.

Page 12: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

Per Luigi era stata approntata una lista di ben novantanove principesse idonee al

matrimonio, di queste, venticinque erano cattoliche, tre anglicane, tredici calviniste,

cinquantadue luterane e tre ortodosse.

Da una prima cernita vennero eliminate le anglicane, le calviniste, le luterane, le

ortodosse, le brutte e quelle di più modesta posizione sociale che annullava i

vantaggi della nascita; in tutto ottantadue. Per le rimanenti diciassette si riunì il

Consiglio della Corona e ne discusse in presenza del re quindicenne. Tra le

diciassette vi erano le due sorelle di Monsieur le Duc che furono scartate, perché il

re non poteva sposare una suddita e inoltre sarebbe stato conferito un rango troppo

elevato a principi del sangue. Delle altre, la principessa Elisabetta, figlia maggiore

del duca di Lorena, fu scartata per lo stesso motivo, perché la madre era una

Orleans.

La figlia del re del Portogallo, Marie-Barbe Josephe, era di salute cagionevole e la

famiglia era ritenuta alquanto stravagante. Inoltre la Spagna ne avrebbe ricevuto

offesa. La figlia dello zar di Russia, Elisabetta, fu scartata perché la madre era di

bassi natali. La figlia del principe di Galles, erede al trono d'Inghilterra e ben

disposta perché aveva visto un ritratto di Luigi e le era piaciuto, sarebbe stata un

ottimo partito, ma era luterana. Era anche poco probabile che si sarebbe

convertita, perché la sua famiglia, discendente degli Hannover, aveva fatto

rovesciare i cattolici Stuart.

Anche le principesse di Danimarca e Prussia erano state eliminate per divergenze

religiose. Rimaneva la figlia dello sfortunato re polacco Stanislao Leczynski, (il cui

regno era durato solo cinque anni) che non si trovava in buone condizioni

economiche. Si ritenne però che Maria, di aspetto modesto e carattere riservato,

sarebbe stata un'ottima moglie. L'annuncio del matrimonio suscitò uno scontento

generale, perché il re avrebbe sposato una donna di rango inferiore. Si disse che

Maria non faceva parte delle famiglie della grande nobiltà polacca, ma la sua era

solo una famiglia di semplici gentiluomini. Era stata messa anche in giro la voce che

aveva i piedi palmati e fosse epilettica. Fu fatta visitare e risultò sana. Il re

comunque nel vedere il ritratto di Maria ne era rimasto entusiasta.

Chi l'aveva avvicinata ne decantava la bontà e la dolcezza del carattere. L'unico

elemento negativo era costituito dalla differenza di età: Maria aveva ventidue anni,

il re ne aveva quindici, la qual cosa però non fu di ostacolo alla celebrazione del

matrimonio. Prima fu fatto quello per procura a Strasburgo. Nel frattempo Maria

con il corteo che l'accompagnava dalla Polonia raggiunse Froidefontaine, dove

l'attendeva Luigi che l'accolse con calore, baciandola sulle gote. Il matrimonio fu

celebrato nel castello di Fontainebleu.

IL MATRIMONIO DEL RE

Page 13: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

La sposa indossava il manto reale con i gigli di Francia e una corona di diamanti.

Alla sera il re cercò di abbreviare il cerimoniale, desideroso di ritirarsi con la sposa.

La mattina seguente si era compiaciuto nel far sapere di aver dato alla sposa sette

prove d'amore. Erano le prime di una lunga serie che in dieci anni avrebbero dato

altrettante maternità che Maria aveva accettato con rassegnazione, ma

lamentandosi dicendo: <diamine! sempre far l'amore, sempre incinta, sempre

partorire!>.

La regina oltre a non avere gli appetiti sessuali del marito, non pensava a curare né

il corpo né il modo di vestire, che era sciatto e con la cuffia che portava in ogni

occasione aveva l'aspetto di una vecchia. Luigi al settimo anno di matrimonio

incominciò ad avvertire il bisogno di una divagazione. L'occasione gli era stata data

dalla stessa regina una notte in cui il re si era presentato ubriaco, reclamando il

dovere coniugale, e la regina disgustata lo aveva respinto.

A un re non poteva mancare la fortuna in amore. Da una, di divagazioni se ne

presentarono cinque! Si trattava di cinque sorelle che il re ebbe a turno. Si diceva

però che almeno due le aveva avute contemporaneamente. Ne avrebbe potuto avere

di più belle. Non aveva che da scegliere tra le giovani e giovanissime che

frequentavano la Corte, sposate e non, tutte ai suoi piedi, pronte a concedersi.

Luigi, timido com'era, scelse la tranquillità e la sicurezza che gli davano le cinque

sorelle. Egli dava così uno scacco al bisnonno re Sole, che nella sua super attività

sessuale di sorelle ne aveva avute solo tre. Le cinque sorelle erano figlie del

marchese de Nesles e in bellezza lasciavano a desiderare. La prima fu Louise-Joulie

de Nesle, moglie del conte de Mailly, coetanea del re. Era come una vickinga: alta,

con grande bocca e voce possente, occhi vivaci e di carattere divertente. Con il

bicchiere in mano non aveva più paura di nulla. La seconda era Pauline-Félicité,

nubile, che rimase subito incinta. Le fu trovato in tutta fretta un marito e fu fatta

sposare al marchese de Ventemille, il quale, non avendo potuto dire di no, appena

espletate le formalità del matrimonio, tolse l'incomodo e se ne andò a vivere nelle

sue terre. Pauline era la più brutta delle sorelle, ma per lei Luigi ebbe una vera e

propria passione. Riusciva infatti a far uscire il re dall'apatia e lo stimolava

nell'ambizione e a fare grandi cose per il regno. In due anni gli scrisse duemila

lettere. Seppe ben sfruttare la sua posizione, facendosi regalare il castello di Choisy

le Roi, arredato sontuosamente. L'idillio non durò molto, perché Pauline morì tre

giorni dopo aver partorito un figlio, al quale fu dato il titolo di duca di Luc. La

terza, Marie Anne, era la più bella, anch'essa alta, aveva un'andatura regale e

l'incarnato, di un bel colorito, sprigionava sensualità. Era vedova del marchese di

La Tournelle.

Prima di concedersi al re, gli aveva imposto di mandar via l'altra sorella, Luise

Joulie. Poiché il re non si decideva, gli mise a disposizione la quarta sorella Diane

de Lauraguais, che gioviale, divertente, spensierata e cinica, riusciva a distrarlo

dagli affanni della guerra. Le richieste della marchesa di La Tournelle non si

limitarono a far mandare via la sorella: richiese per sé un ducato. Fu accontentata,

diventando duchessa di Chateauroux. Il feudo le venne ufficialmente assegnato per

<il legame personale e i servizi resi alla regina>. La sorella Mailly, quando dovette

abbandonare il campo, avuta la sua liquidazione (600mila livres e una pensione), se

Page 14: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

ne andò a vivere in un appartamento di Parigi e con l'assistenza di un confessore si

dedicò a una vita devota. La quinta delle sorelle era Madame de Flavancourt.

Tutta Parigi, che normalmente non si scandalizzava più di nulla, considerò la

faccenda delle sorelle come un incesto. Circolavano versi malevoli su tutte e cinque

le sorelle. Quando il re partì per le Fiandre (1744) dove combattevano le truppe

francesi, ne portò con sé due; i soldati non nascosero il loro malcontento.

Successivamente il re, trovandosi a Metz, fu colpito da un grave malessere (8

agosto) tanto che i medici, dandolo per spacciato, lo lasciarono dicendo di non poter

far nulla. I preti che avevano sostituito i medici attribuivano la malattia all'ira

divina per la vita immorale e peccaminosa del re. Al capezzale, il vescovo lo ricattò

dicendogli che non poteva dargli i sacramenti e salvargli l'anima, se non fossero

state mandate via le due sorelle. Le due sorelle se ne andarono e durante il percorso

verso Parigi la folla le voleva linciare perché ritenevano loro, <putaines du roi>, la

causa della morte del re. Un vecchio medico di provincia, ritiratosi dalla

professione, si presentò chiedendo di vedere il re. Dopo averlo visitato tra i sorrisi

ironici dei cortigiani, disse di poterlo guarire. In mancanza d'altro fu lasciato fare.

Il medico somministrò la sua pozione di emetico: dopo poche ore la febbre

scomparve, i sintomi regredirono e quattro giorni dopo il re era bell'e guarito.

Rientrato il re, la Chateauroux si ammala all'improvviso presentando gli stessi

sintomi della malattia del re. Dopo poco muore (1744). Vi sarà chi attribuirà la

morte ai peccati, chi al veleno (le morti improvvise suscitavano sempre sospetti di

avvelenamento).

Il re era triste, ma il destino benevolo gli aveva già preparato un bocciolo che stava

maturando per lui. Era bella come il sole, era nata per fare la regina, in famiglia la

chiamavano Reinette, una indovina le aveva predetto che sarebbe diventata quasi

regina. Se proprio non divenne regina, si innalzò al livello di una regina.

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MADAME

DE POMPADOUR

La più famosa non solo ai suoi tempi, ma anche nei secoli a venire. Il nome

Pompadour non porta in sé i segni dello scandalo, per essere stata una amante-

favorita (che non aveva senso in quel tempo in cui simili comportamenti erano del

tutto legittimi, e ancor meno meraviglia oggigiorno). Con la sua personalità aveva

dato lo stampo al suo secolo. Primeggia ancora col suo nome, suscitando

ammirazione per il fascino che sprigionava, per la bellezza e ancor più, per

l'intelligenza e lo spirito.

Anche se non riuscì a diventare regina, per un misto di combinazioni e coincidenze

fortunate, seguendo e assecondando il naturale talento che il destino le aveva

donato, divenne <reine à gauche> (alla sinistra del re, mentre alla destra era la

regina legittima), la regina di fatto, avendo sostituito la regina che ne portava il

titolo, sia nell'alcova che negli affari di stato (nazionali e internazionali, intrighi

compresi) che passavano tutti per le sue mani.

Aveva così ottenuto il titolo di <maitresse en titre> (amante in carica). Tutte le figlie

del re la chiamavano <notre maman putain>. Questo termine a quei tempi non era

ritenuto neanche tanto offensivo. Ce lo dimostra l'aneddoto della duchessa di

Chateauroux, che, quando non era più l'amante del re, recandosi in chiesa, nel

Page 16: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

chiedere permesso per passare, si era sentita dire da un fedele che l'aveva

riconosciuta <passate pure signora puttana> e la duchessa, di rimando e con

presenza di spirito rispose: <dal momento che mi avete riconosciuta, pregate per

me>. L'unica cosa che non veniva accettata dalla nobiltà, e ciò per spirito di casta,

era che il re dovesse avere per amante una borghese. La Corte era piena di nobili

dame e damigelle pronte a concedersi, per renderlo felice. Esse però non

suscitavano gli interessi del sovrano che, salvo alcune rare eccezioni, preferiva

approvvigionarsi dal vivaio della borghesia o, nel momento in cui più avanti negli

anni è eccitato dalle adolescenti, più abbondantemente dal popolo.

Jeanne-Antoinette Poisson, era figlia di una donna bellissima, considerata

addirittura una delle più belle di Parigi, ma altrettanto chiacchierata. Il suo nome

era Luise-Madeleine de La Motte, e nonostante il bel cognome era semplicemente

figlia di un ricco commerciante fornitore di carne e derrate all'Hotel des Invalides.

Il marito Francois Poisson figlio di un tessitore, lavorava per i fratelli Pàris che si

occupavano di forniture militari e col tempo diventarono banchieri e arrivarono a

ricoprire cariche molto alte nell'amministrazione dello Stato.

Reinette a sette anni (era nata nel 1721) fu messa in convento dalle Orsoline come

tutte le bambine delle famiglie aristocratiche. Ma non vi stette molto perché era

una bambina delicata, e, nel momento in cui si era ammalata, la madre la portò via.

Già bella da bambina diventava sempre più bella man mano che cresceva.

Fu la madre che desiderando un avvenire splendido per la figlia la portò da una

indovina, che leggendole la mano le predisse che sarebbe diventata <quasi regina> .

Questa predizione fece scatenare l'ambizione della mamma e la fantasia della

bambina. La madre aveva pensato che alla bambina bisognasse dare una

educazione adeguata. La bambina nei suoi giochi infantili giocava a considerarsi

l'amante del re.

A questo punto entra in gioco il signor Le Normant-Tournehem, amico della

mamma e probabilmente padre di Jeanne-Antoinette (e del fratello di questa, Abel)

il quale, essendo ricco, ritiene che alla bambina vada impartita una educazione

particolarmente raffinata, e a tutta la famiglia un tenore di vita più elevato, per cui

la trasferisce in un lussuoso palazzo di rue de Richelieu, mettendo a disposizione di

madame Poisson tutti i mezzi finanziari necessari per l'educazione dei due ragazzi.

Reinette ebbe il meglio di quanto potesse offrire Parigi dov'era concentrato il

meglio della Francia. Per musica e canto ebbe come maestro il grande cantante

Jèlyotte. Guibodet le insegnò portamento e danza. Il famoso drammaturgo

Crébillon le insegnò dizione e recitazione. Imparò equitazione, in cui aveva

mostrato temperamento, nonostante il fisico delicato. A diciott'anni era pronta ad

affrontare la società. C'erano però due ostacoli da superare, le sue modeste origini e

la fama poco lusinghiera della madre.

Fu fortunata ad entrare nelle simpatie di madame de Tencin, dalla quale si

riunivano gli spiriti illuminati del tempo come Voltaire e d'Alembert, dai quali

Jeanne-Antoinette aveva assorbito, ascoltandoli avidamente, le idee che essi

manifestavano.

Ma questo non bastava, occorreva che un matrimonio la portasse più su nella scala

sociale. Vi provvede ancora il signor Normant il quale aveva pensato a un suo

nipote, Guillaume Le Normant d'Etioles, figlio di suo fratello, che aveva ventitré

Page 17: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

anni. Il giovane non era bello ed era poco attraente, però nei modi era un perfetto

gentiluomo. Alla proposta dello zio oppose un netto rifiuto perché non intendeva

diventare genero di una donna su cui correvano pettegolezzi e aneddoti salaci. Lo

zio aumentò la dote di Reinette, che veniva dotata della cifra ragguardevole di

centoventimila livres, oltre a un regalo di ottantamilacinquecento livres e al

mantenimento di vitto alloggio, servitù, carrozze e cavalli. Era stato anche previsto

che in caso di separazione ciascuno dei due avrebbe avuto un vitalizio adeguato e

garantito per una vita altrettanto decorosa.

Il giovane Guillaume si lasciò convincere da tutte queste concessioni e il

matrimonio ebbe luogo nel marzo 1741. Jeanne Antoinette acquisì il cognome Le

Normant d'Etioles. Gli sposi andarono a vivere in una casa in rue saint Honoré

dove furono dati ricevimenti di cui parlava tutta Parigi. E, in tutta Parigi si parlava

di madame Le Normant d'Etioles e, non solo della sua bellezza ma del suo spirito,

del suo carattere, della sua cultura.

Incominciarono ad aprirsi i salotti esclusivi, in particolare quello di madame

Geoffrin, aperto il lunedì per la cena dei pittori, il mercoledì per la cena dei filosofi,

e a quest' ultima gli abituée erano Montesquieu, Voltaire e d'Alembert.

L'estate Jeanne-Antoinette andava a passarla nella campagna di Etioles e quì

riceveva il suo maestro Crébillon, Bernard Fontenelle (*) e il duca di Richelieu che

viveva a Corte. Per puro caso la tenuta d' Etioles era a poca distanza dal castello

reale di Choisy le roi, dove il re andava a caccia. Reinette incominciò a farsi vedere

durante queste cacce, guidando una bellissima carrozza azzurra. Questa

circostanza si ripeté per alcune volte fino a quando il re non fu incuriosito e volle

sapere chi fosse la sconosciuta, alla quale fece pervenire un trofeo di cervo che egli

stesso aveva ucciso.

Le apparizioni continuarono fin quando a Reinette non pervenne un biglietto della

Chateauroux, che la invitava a desistere dal farsi vedere sul percorso di caccia del

re. Reinette capì che doveva aspettare qualche altra occasione. Questa arrivò nel

1745 (la Chateauroux era morta nel 1744) quando a Versailles si dette un ballo in

maschera, al quale con i nobili potevano partecipare anche i borghesi. Al ballo il re

e i suoi accompagnatori arrivarono mascherati da alberelli di tasso. Jeanne-

Antoinette da Diana cacciatrice. Vi fu tra il re e Reinette un incontro fugace, lei

tolse la sua maschera per un attimo, sufficiente a far notare al re la sua bellezza, e si

dileguò tra la folla.

Tre giorni dopo la municipalità di Parigi ricambiò offrendo un ballo in onore del

delfino e della sposa all'Hotel de Ville. A questa festa partecipò Reinette e anche il

re che doveva incontrare un'altra ragazza che non si presentò all'appuntamento. Il

re era rimasto contrariato. A un certo punto intravide m.me d'Etioles, le si

avvicinò, la prese per mano, i due si appartarono per poco. Luigi la invitò a passare

la notte a Versailles, Reinette rifiutò e chiese di essere portata a casa, ma nei giorni

successivi una carrozza, apparentemente vuota, faceva la spola tra Parigi e

Versailles.

La fortuna che aveva segnato la strada di Jeanne-Antoinette aveva bisogno di una

spinta. Il re non si decideva a prenderla con sé. Egli aveva il giusto dubbio che

m.me d'Etioles avesse delle personali ambizioni. La spinta giunse da parte di un

valletto di camera, Binet, confidente di Luigi e parente di Reinette, che gli parlava

Page 18: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

spesso di lei dicendogli che era innamorata e lo rassicurava sul fatto che era una

donna molto ricca e non aveva nessun altro interesse all'infuori del sentimento che

nutriva per lui.

Nel frattempo non era mancato un intrigo. Un gesuita, consigliere del re e vescovo

di Mirepoix che era a Corte, era decisamente contrario al rapporto che si stava

instaurando tra il re e m.me d'Etioles. Per questo aveva minacciato Binet, il quale

pur non sapendo come regolarsi, aveva finito per riferire la minaccia al re. Era ciò

che ci voleva perché il re prendesse la decisione. Jeanne-Antoinette sarebbe

diventata la sua amante ufficiale.

Creata per l'occasione marchesa di Pompadour, doveva essere presentata a Corte.

Era sorta la difficoltà di trovare chi dovesse accompagnarla, come previsto

dall'etichetta, in quanto tutte le nobili dame avevano opposto un rifiuto. Alla fine

l'incarico fu assunto dalla principessa di Conti, nobile di rango, che aveva molti

debiti da saldare. Quando fece sapere di accettare, i debiti le furono

immediatamente azzerati. Un abate ignaro, in presenza della principessa, chiedeva

quale <puttana> avrebbe osato presentare un tal donna alla regina. La principessa

con molto spirito gli sussurrò ridendo: <Abate, non continuate. Sarò io>!

Il giorno della sua presentazione ufficiale, era apparsa nel salone del Consiglio a

Versailles con la freschezza dei suoi ventitré anni, in tutto il fulgore della sua

bellezza, esaltata da uno splendido vestito che non aveva eguali, che le metteva in

mostra le spalle tornite, il seno florido, la carnagione vellutata, le braccia e le mani

che nessuna delle nobili di corte poteva vantarsi di avere. I bei capelli erano ornati

da un diadema di diamanti che rendevano il suo volto radioso. Gli occhi dei

cortigiani presenti, ostili da far raggelare il sangue, erano tutti puntati su di lei. La

sala era carica di tensione. La loro prima delusione fu la sua bellezza. L'avevano

quindi seguita in tutti i movimenti per cogliere anche una minima sfumatura di

errore nelle rigide e meticolose regole dell'etichetta, che avrebbero rivelato la sua

origine borghese, ma anche in questo Reinette, ora marchesa di Pompadour, aveva

deluso le aspettative. Aveva folgorato lo stesso Luigi XV, che dopo l'inchino di lei

era riuscito solo a farfugliare qualche parola di circostanza.

Nel presentarsi davanti alla regina, mentre stava per togliere il guanto per

prenderle l'orlo del vestito da baciare, le si era rotto il braccialetto di perle che si

erano sparse sul pavimento. La regina aveva colto il gesto di umiltà aiutandola a

rialzarsi. Questo gesto e le parole che le aveva rivolto erano esattamente il contrario

della reazione negativa che i cortigiani si aspettavano.

La regina, rassegnata a trovarsi dappresso le amanti del marito, dirà poi che, visto

che accanto al re doveva essercene una, era meglio che fosse lei anziché un'altra!

*) La fama di Fontenelle non è giunta fino a noi come quella di Voltaire o di Montesqieu, pur

essendo dello stesso livello intellettivo e intellettuale. Egli era un illuminista puro, convinto

cartesiano, ateo, scettico, ironico, la sua opera l'aveva svolta nei salotti parigini con le sue

impareggiabili e raffinate conversazioni (oggi si parlerebbe di conferenze), per mezzo delle

quali a poco a poco era riuscito a educare ed evolvere i suoi ascoltatori, da una mentalità

dell'uomo medioevale e barocca, a quella nuova dell'uomo che dubita, che è spinto dalla

curiosità a indagare, che è la caratteristiche dell'uomo cartesiano, dell'uomo moderno.

Page 19: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

LE ALTRE AMANTI

Jeanne-Antoinette aveva una salute cagionevole, era malata di polmoni e aveva

dovuto ricorrere a sotterfugi per tenere nascosta la sua malattia. Avvicinandosi ai

trent'anni il corpo provato dalla vita di corte (dalle nove del mattino alle tre di

notte doveva mostrarsi viva e vitale) e dalle maternità interrotte, incominciava a

sfiorire e a dar segni di cedimento con problemi renali, cardiaci e circolatori. Sia

per questi motivi di salute che per il suo temperamento freddo i rapporti amatorii

col re erano cessati.

La Pompadour voleva riavvicinarsi ai sacramenti, ma non poteva avere l'

assoluzione perché pubblica peccatrice. A nulla era valso l'aver reso di pubblico

dominio la fine dei suoi rapporti col re, che ora erano di amicizia e di

collaborazione, nonostante si fosse dedicata a opere religiose, di pietà, a letture

edificanti, alle preghiere, circondandosi di crocifissi e altro materiale religioso e

perdonando i suoi nemici. Aveva inoltre trasferito il suo appartamento dal primo

piano al pianoterra, vicino al gabinetto del re proprio per sottolineare che i

rapporti sessuali erano cessati. Era infatti diventata sua prima consigliera, per tutti

gli affari di Stato. Per ottenere l' assoluzione occorreva il perdono del marito, che

non tardò ad arrivare, e così la Pompadour fu riammessa ai sacramenti.

Sistemata la questione religiosa, alla Pompadour viene riconosciuto il titolo di

duchessa (1752) e contemporaneamente quello di dama di palazzo, che le dà diritto

di rimanere seduta in presenza dei sovrani e di essere considerata come facente

parte della famiglia reale.

Essa pur di non avere rivali di rango - e ve n'erano di agguerrite e senza scrupoli

che avevano una gran voglia di spodestarla - aveva opportunamente chiuso gli

occhi, lasciando che il re, che si mostrava sempre più interessato a ragazze giovani,

anzi giovanissime e vergini, coltivasse tranquillamente questa sua passione, a volte

aiutandolo nelle sue imprese.

Essere amante del re era l'aspirazione di tutte le dame particolarmente dell'alta

nobiltà, che avrebbero fatto di tutto per diventarlo, arrivando a un punto tale di

sfrontatezza che una di esse, nel momento in cui aveva visto fallire il suo tentativo e

non dandosi ancora per vinta, aveva esclamato: <Va bene. Per ora mi accontento di

mio marito>.

Il massimo della sfrontatezza era stato raggiunto dalla viscontessa di Cambis,

peraltro giovanissima pupilla della Pompadour, per la quale la marchesa aveva

combinato un matrimonio.

Lei invece desiderava ardentemente sostituirsi alla sua madrina presso il re. Dopo

la celebrazione del matrimonio, la stessa notte delle nozze, mentre il marito stava

incominciando con le prime <avances>, lei gli dice chiaramente di non illudersi,

perché non sarebbe mai stata sua. Il marito, trasalendo, le chiede perché e lei di

rimando: <perché voglio essere del re>! La viscontessa riuscirà ad arrivare al re,

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ma solo per il tempo di fargli cogliere il frutto che gli aveva tenuto riservato. Per il

resto, non era riuscita a suscitare alcun altro interesse e il tanto desiderato sovrano

l'abbandona al suo destino passando ad altri amori.

AMANTI

E

FAVORITE

DEL RE

SOLE

E DI

LUIGI XV

PARTE

TERZA

LOUISE MURPHY E CASANOVA

L'attività sessuale di Luigi era diventata frenetica. Per evitare che il viavai si

svolgesse alla reggia, fu allestito un rifugio che si trovava nel Parco dei cervi, il cui

restauro fu curato dalla stessa Pompadour.

La prima a inaugurare il rifugio fu una tredicenne che aveva colpito per la sua

bellezza il fidato Lebel, il valletto di camera del re, che andava alla ricerca di belle

fanciulle per soddisfare le sue voglie. Era una ragazzina, di origine irlandese,

Louise Murphy passata per le mani di Giacomo Casanova.

Il famoso scrittore veneziano era a Parigi e una sera a un suo amico venne voglia di

andare a passare la serata a casa di una attrice. Casanova che quella sera non

Page 21: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

aveva voglia di avventure chiese per sé un canapè per riposare.

Nell'appartamento si trovava anche la sorellina dell'attrice, <una sudicia ma

graziosa mocciosetta> che, alla richiesta di un letto si era mostrata disposta a

cedere il suo per uno scudo. Si trattava di un pagliericcio su due assi. Casanova si

rifiutò di darle lo scudo perché lui aveva chiesto un letto, non un pagliericcio. Iniziò

così una conversazione durante la quale Casanova chiese alla ragazzina se dormisse

vestita.

Lei rispose di no. <Allora spogliati che voglio vedere come sei fatta>. <Sì, però non

mi fa niente>, rispose la ragazzina. Dopo aver avuto questa assicurazione la

ragazzina si spoglia e si copre con una vecchia tenda. Aveva tredici anni scrive

Casanova. Guardandola e bandendo ogni forma di pregiudizio, non mi parve né

mocciosa né stracciata, anzi, la trovai di una bellezza incantevole. <Volli vederla. Si

schermì ridendo; ma uno scudo d'argento la rese arrendevole come un agnello>.

Il lettore, prosegue Casanova, sa che l'ammirazione non può essere disgiunta da un

altro tipo di approvazione, ma la piccola era disposta a farmi fare tutto tranne ciò

che desideravo. <Mi avvertì che non me lo avrebbe permesso perché a giudizio di

sua sorella maggiore, quella cosa valeva venticinque luigi. Le dissi che avremmo

discusso un'altra volta il prezzo, e allora mi diede un generosissimo saggio della

compiacenza che mi avrebbe mostrato in futuro>.

Così mi godetti la piccola Elena (Casanova la chiama così per la bellezza),

lasciandola intatta. La ragazzina (*) dette il denaro alla sorella e rivolgendosi a lui

gli disse che ne avevano gran bisogno. Casanova assicurò che sarebbe tornato il

giorno seguente, impressionato dalla bellezza della ragazza, tale che voleva

mostrarla al suo amico (di nome Patu) perché gli confermasse che sarebbe stato

impossibile trovarne una più perfetta. Aveva infatti una pelle bianca come un giglio

e possedeva tutte le grazie che la natura e l'arte di un pittore avrebbero potuto

mettere insieme.

La bellezza del suo viso comunicava una deliziosa pace a chi la contemplava.

Tornando, Casanova non riusciva a concordare il prezzo richiesto in seicento

franchi (pari a venticinque luigi) che riteneva eccessivo, ma al momento le aveva

dato dodici franchi. Le visite si ripetevano e Casanova non si decideva ad accettare

la proposta, ma ogni volta lasciava alla ragazzina dodici franchi. Dopo tante visite,

la sorella maggiore gli fece ironicamente notare che durante tutte le visite fatte

aveva già lasciato trecento franchi, la metà del prezzo richiesto. Casanova preso

dalla bellezza della ragazza aveva richiesto a un pittore di ritrarla e questo l'aveva

ritratta in maniera perfetta, nuda, coricata sul ventre con le braccia e il collo

poggiati su un cuscino e la testa rivolta come se fosse stata sdraiata sul dorso. Sotto

il ritratto Casanova (conoscitore del greco) aveva fatto scrivere O Morphy, parola

non omerica, egli scrive, che significa <bella>.

L'amico Patu espresse il desiderio di avere una copia del ritratto, che con altre

copie finì a Versailles dove vennero mostrate al re. Il re si incuriosì e volle rendersi

conto personalmente che il ritratto corrispondesse alla persona, che volle fosse

portata in sua presenza. Fu così che Louise ripulita e resa presentabile fu portata

dal re accompagnata dalla sorella e dal pittore. Il re, tolto il ritratto dalla tasca

guardò l'una e l'altro, rimanendo impressionato dalla somiglianza. Si era quindi

seduto, aveva preso sulle gambe la ragazzina e dopo qualche carezza si era

Page 22: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

assicurato che la ragazza fosse vergine, dandole un bacio. Il re le chiese se le

sarebbe piaciuto rimanere a Versailles. Louise rispose di mettersi d'accordo con la

sorella, che fu ben felice di accettare, specie quando due giorni dopo le furono

recapitati mille luigi.

Iniziò così l'avventura di Louise detta Morphise che rimase a Versailles ospitata al

Parco dei Cervi.

La Morphise non brillava in intelligenza, ma aveva mostrato grande talento per il

resto, tanto che il re ne era rimasto preso fino al punto che Louise dopo un anno

ebbe una maternità indesiderata.

Per evitare uno scandalo Morphise fu ospitata a Fontainebleu e questo aveva creato

fermento sia nella diplomazia vaticana che nelle aspiranti amanti, specialmente da

parte della più acerrima nemica della Pompadour, madame d'Estrées, in quanto

sembrava che la piccola potesse dare il cambio alla Pompadour.

Louise dopo tre anni cadde in disgrazia presso il re, perché le era stato tramato un

intrigo. La marchesa d' Estrées (1) nemica della Pompadour, andò a trovarla al

Parco dei Cervi e le suggerì di far ridere il re chiedendogli come trattava <la

vecchia> (la Pompadour). Era il modo di far cadere chiunque in disgrazia, perché

Luigi non sopportava chi in sua presenza mancasse di rispetto a chicchessia. Louise

ingenuamente riferì. Il re la fulminò con un'occhiataccia chiedendole chi le avesse

suggerito una simile domanda. Louise raccontò tutto, ma venne ugualmente

licenziata con una dote di duecentocinquantamila livres e un ufficiale bretone di

nome d'Ayat, per marito. La bambina avuta da Morphise fu messa in convento con

un vitalizio di ottomila livres all'anno.

Per colmo di ironia Louise era stata utilizzata dal pittore Boucher come modella,

sia per un quadro in cui appariva nuda come nella descrizione di Casanova, sia per

il gruppo della Sacra famiglia in cui il volto della Madonna era rappresentato

proprio da quello di Louise. Questo quadro era finito nella camera della regina,

davanti al quale essa svolgeva le sue devozioni pregando in ginocchio.

Al Parco dei cervi Luigi, per non farsi riconoscere, si faceva passare per un

principe polacco, ospite del re, ma una ragazza, frugando nelle sue tasche, aveva

trovato una lettera, dalla quale lo aveva riconosciuto, facendo una scenata isterica

per ricattarlo. Costei, tenuta in manicomio per alcuni giorni, era stata convinta a

prendere una bella somma e a tacere per sempre.

Le avventure nel Parco dei cervi non avevano tregua. La varia umanità che era da

lì passata aveva lasciato poche tracce di sé. Molte di quelle ragazze sono rimaste

sconosciute. Anche a conoscerli erano nomi senza importanza. Tutte, nel momento

in cui i desideri del re si attutivano, erano congedate e generosamente gratificate

con centomila livres e abbandonate al loro destino, che normalmente era quello

della prostituzione.

Di paternità, per così dire, indesiderate il re ne aveva avute almeno una ventina.

Tutti questi <figli di Francia> ricevevano una buona pensione ed erano affidati a

conventi o a famiglie discrete. Man mano che morivano, e la mortalità giovanile

stranamente per questi figliastri era frequente, la pensione andava ad arricchire

quella degli altri. Tra costoro ve ne era uno, il conte du Luc, che era il ritratto del

padre e un altro che il padre aveva voluto portasse il nome dei Borbone e si

chiamasse Louis Aimé (Luigi Amato).

Page 23: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

Louis Aimé era figlio di Anne Roman-Coupier (di essa Casanova ne parla nelle

Memorie, ed era stato lui a determinarne il destino). Il piccolo Luigi Amato di

Borbone fu tolto alla madre e, messo in convento, divenne abate ma aveva le mani

bucate. Chiedeva sempre soldi che non gli venivano rifiutati. Riuscì ad averne dal

successore Luigi XVI e, dopo la morte di questo (ghigliottinato), anche da Luigi

XVIII.

*) Louise aveva quattro sorelle, tutte dedite alla prostituzione; per Louise, quando il padre

aveva saputo che era diventata amante del re, aveva esclamato: finalmente anch'io ho una

figlia perbene!

1) Secondo altra versione sarebbe stata madame Valentinois a dare quel suggerimento, rivolto

però alla regina e non alla Pompadour. La reazione del re che non permetteva certi

comportamenti irriguardosi, sarebbe stata comunque la stessa.

ROMAN COUPIER E CASANOVA

In uno dei suoi viaggi Casanova era a Grenoble dove la sera del suo arrivo si recò a

teatro. Qui, dopo aver passato in rassegna tutte le donne, fece la sua scelta

(commentando sarcasticamente: <come se tutta l'Europa non fosse che il serraglio

destinato ai miei piaceri>). I suoi occhi si posarono su una giovane signorina, molto

bella, dall'aria modesta, bruna, ben fatta, vestita semplicemente. <La ragazza, dopo

avermi fatto scivolare gli occhi addosso una sola volta, si ostinò a non guardarmi

più. La mia vanità mi fece pensare che avesse fatto così per lasciarmi piena libertà

di osservare il suo corpicino ben proporzionato>. Casanova disse al suo

accompagnatore che voleva conoscerla, ma lui gli rispose che era una giovane

onesta e non riceveva nessuno, oltretutto era molto povera; erano proprio le tre

qualità che gli facevano accrescere la voglia di conoscerla. In quei giorni quella

signorina era diventata il suo chiodo fisso, e si diceva: <lei onesta e povera, io

onesto e ricco, non vedo il motivo per disprezzare la mia amicizia>.

L'amico, barone di Valenglar, gli aveva presentato la zia della ragazza, madame

Morin, dalla quale un pomeriggio ambedue si recano in visita. Costei aveva sette

figli che furono presentati uno per uno. Poco dopo arrivò la signorina Anne che

Casanova desiderava conoscere, figlia della sorella di madame Morin la quale la

informò del desiderio che aveva avuto l'ospite di conoscerla dopo averla vista al

concerto. Lei per tutta risposta fece un bell'inchino arrossendo, volgendo

modestamente i due occhi neri, così belli, commenta Casanova <che non ricordo di

averne visti di più belli>.

Aveva intorno a diciassette anni, una pelle bianchissima, capelli neri appena velati

da un po' di cipria, una gran bella statura, denti superbi e sulla bocca un grazioso

sorriso di modestia e gentilezza. Era vestita con sobrietà senza avere quel superfluo

indizio di agiatezza. Non aveva orecchini, anelli, orologi. L'unico ornamento che

aveva era un nastro nero al collo da cui pendeva una croce d'oro. <Se non fosse

Page 24: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

stato per quella croce, non mi sarei permesso> scrive Casanova <di guardarle il

seno che non era né troppo esuberante né troppo scarso, era perfetto e la moda e

l'educazione l'avevano abituata a lasciarlo vedere per un terzo con la stessa

innocenza con cui lasciava vedere a tutti le gote su cui le rose si mescevano ai gigli>.

Casanova incominciò a corteggiare in tutti i modi la ragazza, con carezze e baci

senza però riuscire a ottenere di più. Avendo fatto l'oroscopo a una delle figlie di

madame Minon, al quale lo stesso Casanova non credeva, ma lo aveva fatto così

bene che neanche gli pareva l'avesse fatto lui, gli fu richiesto anche dalla Roman.

Dopo qualche giorno l'oroscopo era pronto. Casanova racconta che, dopo aver

scritto quello che era successo nei primi diciassette anni, cose che aveva saputo da

lei stessa e dalla zia fingendo indifferenza quando le raccontavano, aveva deciso di

predire alla ragazza che la fortuna l'aspettava a Parigi dove sarebbe diventata

amante del re. Non c'era però tempo da perdere, non doveva far trascorrere il suo

ventitreesimo anno di età (1760).

Casanova ride di questa circostanza, dicendo che quello che dava un tono profetico

al suo sproloquio era la predizione della nascita di un figlio che sarebbe stato la

fortuna della Francia. <L'idea di diventare celebre nel campo dell'astrologia,

proprio in un secolo come il mio in cui la ragione l'aveva così screditata, mi

colmava di gioia. Mi vedevo già ricevuto dai monarchi e divenuto nella vecchiaia

inaccessibile>.

L'intera famiglia si era convinta di ciò che era scritto nell'oroscopo e che la ragazza

doveva andare a Parigi. Ma non c'era la possibilità di poterlo fare per mancanza di

denaro. Secondo madame Morin occorrevano cento luigi che non avevano.

Casanova nella sua generosità chiede di allontanarsi per un po'; sale in camera,

prende un rotolo sigillato contenente cinquanta dubloni d'oro, pari a

centocinquanta luigi e, ritornato, lo consegna alla Morin che non vuole accettare.

Casanova insiste dicendo che lo riteneva un prestito e che in pegno gli bastava

avere una cambiale per centocinquanta luigi da pagarsi quando Anne fosse

divenuta ricca.

La Roman partì per Parigi. In seguito Casanova riceverà una lettera in cui gli

comunicavano che la Roman era diventata l'amante del re.

Dopo qualche tempo Casanova recatosi a Parigi, ebbe un incontro con la Roman,

amante del re, al momento incinta, che gli parlò della sua infelicità, dicendogli:

<Tutti mi credono felice e tutti invidiano la mia sorte. Ma si può essere felici

quando si è persa la stima di sé? Sono sei mesi che non rido più se non a fior di

labbra, mentre a Grenoble, anche se ero povera e quasi priva di tutto, ridevo con

un'allegria fresca e senza ritegno. Ho gioielli e trine e un palazzo superbo, carrozze

e cavalli, un bel giardino, parecchie donne a mia disposizione, una dama di

compagnia che forse mi disprezza e sebbene sia trattata da principessa dalle prime

dame di corte che vengono a farmi visita periodicamente, non passa giorno senza

che provi qualche mortificazione… Ho cento luigi al mese del mio spillatico. Li

distribuisco in elemosine, ma con economia per arrivare alla fine del mese… Amo il

re. Come non amarlo! Gentile, buono, dolce, bello, amorevole e tenero com'è. Ha

tutto quello che ci vuole per soggiogare il cuore di una donna. Non cessa mai di

domandarmi se sono contenta dei mobili, del guardaroba, di quelli che mi

attorniano e del giardino o se desidero qualche cambiamento. Io lo bacio, lo

Page 25: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

ringrazio, gli dico che tutto va per il meglio e sono felice di vederlo contento>.

Anne divenuta Anne Roman de Coupier dopo aver dato alla luce Louis Aimè, non

rimarrà a lungo con il re. Un intrigo della Pompadour stranamente gelosa di questa

relazione, le creerà il vuoto attorno. Nel 1772 Anne sposerà il marchese di

Cavannac, da cui si separerà. Morirà in Spagna nel 1808, dove aveva avuto

l'accortezza di rifugiarsi durante la Rivoluzione.

LA CONTESSA

DU BARRY

La Pompadour moriva a 43 anni (1764). Tempo prima tutta ricoperta di veli si era

recata da una indovina per conoscere il suo futuro e l'indovina le aveva

preannunciato che presto sarebbe morta, ma non tanto presto da non avere il

Page 26: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

tempo di prepararsi. Due giorni dopo la sua morte, la sua bara fu portata via dalla

chiesa della reggia di Versailles su un carro tirato da dodici cavalli. Soffiava un

vento forte e pioveva a dirotto. Luigi, incurante della pioggia e del vento aveva

seguito con lo sguardo il carro che si allontanava. L'ultimo omaggio reso al feretro

furono le lacrime che con la pioggia gli avevano bagnato il viso.

Jeanne Antoinette aveva avuto una vita breve ma intensa di piaceri, di ricchezza, di

lusso e di interessi nell'arte, con lo stile Pompadour o per le porcellane di Sévres

che lei aveva riportato in auge, in cui spiccava il famoso rosa Pompadour e negli

affari di Stato. Un esempio del suo potere può esser dato dalla firma del trattato tra

Francia e Austria. Tra questi due paesi e tra i Borboni e gli Asburgo (v. Genealogie)

non correvano buoni rapporti (anche se la mamma e la moglie di Luigi XIV erano

Asburgo) e per far firmare il trattato l'ambasciatore austriaco Kaunitz aveva

dovuto corteggiare la Pompadour. Gli accordi furono raggiunti e il trattato era

stato felicemente firmato (1755) con soddisfazione dell'imperatrice Maria Teresa,

che per la sua religiosità non accettava quel genere di compromessi. Maria Teresa

però, per gratitudine, aveva mandato in regalo alla marchesa uno scrittoio indiano

laccato d'oro con un suo ritratto miniato. Il suo imperiale orgoglio non le aveva

permesso di accompagnare il dono con un biglietto autografo di ringraziamenti,

perché <quel genere di mediatrice non trovava la sua approvazione>.

I trattati tra le case regnanti erano normalmente garantiti da matrimoni. Anche

questa volta la garanzia fu data vicendevolmente con tre matrimoni. Ai Borboni di

Francia fu mandata per il Delfino (futuro Luigi XVI), Maria Antonietta,

giovanissima figlia di Maria Teresa. A Giuseppe II, figlio di Maria Teresa fu

mandata Maria Isabella di Parma (da poco il ducato di Parma e Piacenza era stato

assegnato ai Borboni). Infine, Ferdinando di Borbone-Parma (v. Genealogie), aveva

sposato Maria Amalia, altra figlia di Maria Teresa.

La Pompadour aveva raggiunto il massimo dei titoli nobiliari, quello di duchessa,

che, come abbiamo visto, la faceva entrare a far parte della famiglia reale. Essa era

stata nella reggia di Versailles una vera regina e solo nominalmente <réine à

gauches>. Dopo quattro anni dalla sua morte (ma in questo periodo Luigi aveva

continuato a coltivare al Parco dei cervi il suo hobby preferito), il suo posto sarà

preso dalla ventiduenne bionda e affascinante Marie Jeanne Bécu che diventerà

famosa come contessa du Barry.

Le sue origini erano più umili di quelle della Pompadour. Anch'essa figlia

illegittima nata dal rapporto di un monaco, Jean Jaques (o Baptiste) Gomard de

Vaubernier, che viveva fuori dal monastero e dalla regola, con Anne Bécu, figlia di

un pasticcere.

All' età di dieci anni è messa in convento presso le monache di Saint Aure, dove

impara a leggere, scrivere, suonare il clavicembalo, declamare, cucire e

rammendare, a conoscere elementi di astronomia per l'uso dell'Almanacco

utilizzato per gli oroscopi che in quel periodo erano di moda, oltre alle belle

maniere per poter stare in salotto e saper fare la riverenza.

A quindici anni torna dalla madre, che le trova un lavoro presso un parrucchiere.

Questo tipo di lavoro in quel periodo era diventato difficile in quanto le parrucche

avevano raggiunto altezze spropositate, tanto che le donne che andavano in

carrozza, erano sottoposte al supplizio di fare il tragitto in ginocchio!

Page 27: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

Jeanne, Bécu, che abbandonato il cognome della madre si chiama ora Rancon,

aveva avuto la sua prima tresca con il giovane parrucchiere, interrotta dalla madre

che cercava per il figlio qualcosa di meglio. Licenziata, trovò lavoro come

cameriera presso la proprietaria di una casa di moda, famosa per i tessuti, A' la

Toilette.

Costei, poco dopo, la promosse sua dama di compagnia e lettrice. Questa signora

aveva due figli sposati, con i quali Jeanne aveva modo di intrattenersi. La

situazione si era anche un po' complicata in quanto la moglie tedesca di uno dei due

fratelli si era innamorata di lei, non sappiamo però con quali esiti. Sta di fatto che

in quel periodo Jeanne aveva raggiunto i diciannove anni ed era diventata una

donna semplicemente incantevole. Altezza regolare, bionda, dalle belle forme, un

viso ovale in cui spiccavano due grandi occhi di fuoco di un blu che davano al viola

dal taglio a mandorla, sopracciglia ben delineate, un sorriso che le metteva in

mostra denti bianchissimi.

A' la Toilette era frequentata dall'alta borghesia e dalla Parigi bene e frivola e

Jeanne viene notata da un nobile cinico e avventuriero, dilapidatore di danaro e

cacciatore di donne per gente ricca, Jean du Barry, detto Scaltro, che nel bene e nel

male segnerà il suo destino.

Du Barry le scrive una lettera chiedendole di diventare la padrona della sua casa e

del suo cuore e, nei giorni in cui riceveva gli amici, lei avrebbe dovuto fare gli onori

di casa… e non le sarebbero mancati abiti e diamanti!

Jeanne, che ora si chiama Beauvernier, con la madre che non è più Bécu ma

Rancon, si trasferisce dal du Barry. Ne diventa l'amante e presto non ha difficoltà a

concedere i suoi favori ai frequentatori della casa, dividendo a metà gli utili con

l'avido e squattrinato du Barry.

Pare che du Barry avesse invitato a cena Lebel, il valletto procacciatore di ninfe di

Luigi XV, il quale dopo aver visto Jeanne la descrive al suo signore. Secondo

un'altra versione meno probabile ma anche possibile (perché Luigi aveva un occhio

indagatore e anche se usava l'occhialino, riusciva a notare le bellezze a distanza),

avendola il re notata tra la folla, avrebbe incaricato Lebel di cercarla.

Luigi al primo incontro ne era rimasto colpito. Una spinta alla decisione del re di

prenderla a Versailles sarebbe arrivata dal libertino duca di Richelieu, che aveva

conosciuto Jeanne più intimamente a casa di du Barry.

Luigi XV non si stancherà mai di contemplarla. Come dirà in seguito al duca di

Richelieu <gli faceva dimenticare i suoi sessant'anni> e sarà sempre preso da

questo amore, che sarà l'ultimo. A suo dire gli aveva fatto assaporare piaceri nuovi.

Gli era stato detto (era sempre l'onnipresente duca di Richelieu) che evidentemente

non era mai stato in un bordello!

Sorge quindi il problema della presentazione a Corte. Jeanne, all'inizio segregata in

un appartamento di Versailles, deve essere innanzitutto nobilitata con un

matrimonio.

Per darle marito ha inizio una vera e propria <farsa>. Jean du Barry non può

essere utile perché già sposato. Nei pressi di Tolosa, nel castello di famiglia dei du

Barry, a Levignac, abita un fratello di Jean, Guillaume, non sposato, basso, grosso

e mal fatto, senza denari e ridotto ad andare a caccia col suo cane per avere

qualcosa da mangiare. Il matrimonio avrebbe sistemato tutta la famiglia. Si decide

Page 28: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

che Guillaume doveva sposare Jeanne. Non si perde tempo per andare dal notaio,

innanzi al quale si presentano, Jeanne che ringiovanisce la sua età di tre anni,

l'organizzatore Jean du Barry, il padrino e la madrina, nobilitati per l'occasione e

presentati come monsieur de Mange e madame de Barabin, e la madre che si

presenta come vedova di Jean-Baptiste Gomard de Vaubernier.

Il notaio prende atto che la futura sposa avrebbe provveduto personalmente alla

conduzione della vita familiare, a provvedere a tutte le spese per il mantenimento di

servitù, carrozze, cavalli, a provvedere al mantenimento dello sposo e ad allevare ed

educare i figli che sarebbero nati dal matrimonio.

Si passa quindi alla cerimonia religiosa, celebrata all'alba del primo settembre

1768, proprio dal padre-monaco (ora redivivo) di Jeanne, che facendosi passare

come elemosiniere del re celebra la messa e benedice gli sposi.

Jeanne può sfoggiare ora il titolo di contessa e lo stemma dei du Barry con il motto

<Boutez en avant> che darà la possibilità ai libellisti di sfogare tutte le loro fantasie.

Tra tutte le amanti del re, la du Barry sarà la più ferocemente dileggiata! Mai

Parigi conobbe tanti versi contro di lei ribattezzata <du Barril>

Jean, dopo la cerimonia religiosa, aveva permesso al fratello Guillaume di

abbracciare <per l'ultima volta> la sposa, non senza avergli ricordato, a scanso di

equivoci, che quello era l'ultimo favore che riceveva dalla sposa!

Regolarizzata con il matrimonio la sua posizione, si presenta ora il problema della

presentazione a Corte. L'etichetta esigeva che solo una nobile poteva essere

presentata da una nobile. Si fece ricorso alla contessa di Bearn, piena di debiti. Le

furono assegnate centomila lire e ai suoi due figli che erano uno in cavalleria, l'altro

in marina fu assicurata una promozione.

Il giorno della presentazione (una prima volta era stata rinviata per una caduta del

re da cavallo) il 21 aprile 1769, la cerimonia fu più semplice di quella della

Pompadour perché avvenne nello studio del re, alla presenza di pochi intimi

cortigiani e della famiglia reale, ma con la stretta osservanza della rigida etichetta.

Jeanne aveva i suoi capelli biondi disseminati di diamanti che davano luminosità al

suo volto. Aveva un vestito molto pesante con uno strascico lunghissimo che

avrebbe potuto darle dei problemi per le sei riverenze richieste, tre all'entrata e tre

all'uscita dalla sala, queste ultime indietreggiando. Tutte riescono benissimo.

Jeanne aveva una andatura aerea e sinuosa che faceva sognare gli uomini e

mandava in estasi il re che di fronte a tanta bellezza rimase turbato. Dopo essere

stata presentata al re, fu la volta dei componenti della famiglia reale.

Anche Jeanne che era la personificazione della bontà, aveva mostrato di avere

talento e si occuperà degli affari di Stato manovrando il cuore del re. Di norma i

suoi interventi presso il re avevano fini umanitari. Il suo regno rimarrà

incontrastato (il re però non si farà mancare altre piccole avventure), ma durerà

solo cinque anni, fino alla morte del re (1774), morto di vaiolo a sessantaquattro

anni.

Luigi non si era mai fatto vaccinare, ritenendo di averlo fatto da giovane. Pare che

avendo visto un funerale, la curiosità lo avesse spinto ad avvicinarsi alla bara. Si

trattava di una ragazza morta di vaiolo. Secondo un'altra versione, avrebbe passato

una serata con una giovane contadina il cui fratello era appena morto di vaiolo.

Il re in punto di morte aveva disposto che la du Barry fosse mandata in convento e

Page 29: Amanti e Favorite Del Re Sole Luigi XIV

Jean du Barry fosse imprigionato. Dopo un anno di convento le viene concesso di

ritornare nel suo castello di Louveciennes ma dovrà stare lontana dalla Corte.

Jeanne ha trentasette anni (siamo nel 1775), ha la sua cerchia di amici e non le

mancheranno nuovi amori. Il primo sarà il conte Henri de Seymour. Questo si

esaurirà nell'arco di dieci anni, poi arriverà il duca Louis de Brissac (1785) e infine

il duca Louis-Antoine de Rohan-Chabot.

Si sta avvicinando a grandi passi l' 89, l'anno della Rivoluzione che travolgerà

anche lei colpevole di essere stata <una prostituta favorita coperta di diamanti, del

vecchio Luigi XV>.

La sua fine sarà determinata dalla <legge sui sospetti> votata dalla Convenzione nel

1793, che considerava <sospetti, coloro che per le loro relazioni familiari o di

amicizia, il loro comportamento o ruolo pubblico, la classe sociale, sono da

considerarsi contrari al nuovo regime>.

Nel 1792 Jeanne riceverà un macabro avvertimento da parte di un gruppo di

rivoluzionari ubriachi che portano su una picca la testa tagliata al duca di Brissac,

che, lanciata da una finestra, era finita ai suoi piedi.

Jeanne aveva la passione per i diamanti e i gioielli. Per lei costituivano anche una

forma di investimento. Ne aveva accumulati una quantità spropositata dal valore

inestimabile. Saranno questi a determinare la sua rovina. Aveva infatti subito un

furto e aveva commesso l'imprudenza di farne pubblicare la lista, facendo sì che

occhi invidiosi si puntassero su di lei. I gioielli furono trovati a Londra per cui era

sorta la necessità di frequenti viaggi in quella capitale, anche per il processo contro

gli autori del furto. Questi viaggi saranno utilizzati contro di lei.

Jeanne, peccando di ingenuità, non aveva avvertito il pericolo che la sovrastava e

non aveva tenuto conto degli avvenimenti che avevano colpito persone a lei vicine

come la esecuzione sommaria di Brissac, la esecuzione del re avvenuta quando era a

Londra (21.1.1793) o dell'arresto di Jean du Barry, che sarà anch'egli giustiziato.

Rientrata da Londra aveva trovato in un personaggio losco di nome Greive, il suo

principale accusatore, che ne fa la vittima contro cui accanirsi ferocemente. Greive

aveva montato accuse così articolate che le difese, anche se molto puntuali, non

erano riuscite a smontare. Il verdetto è quello della condanna a morte.

La esecuzione è fissata per l'8.12.93. Jeanne cerca inutilmente di ritardarla

indicando altri nascondigli di gioielli e oggetti di valore che dichiara di offrire alla

Nazione. Nonostante le sue proteste le vengono ugualmente tagliati i capelli e le

viene fatta indossare la veste rossa dei condannati a morte. Durante il tragitto dalla

Conciergerie alla piazza della Rivoluzione non fa che singhiozzare chiedendo di

essere salvata. Le sue grida sono le uniche a rompere il silenzio della folla. Giunti al

patibolo, per forza il carnefice e i suoi aiutanti devono prenderla dal carro e farle

salire le scale mentre si dibatte. Quando è sul palco inutilmente cerca di avere

ancora un po' di tempo chiedendo <un momento signor carnefice>. Prima che la

mannaia si abbatta sul suo collo, il suo urlo agghiacciante da far rabbrividire

percorre tutta la piazza.

BIBLIOGRAFIA:

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André Castelot: Jeanne du Barry. Mursia

Giacomo Casanova; Storia della mia vita. I meridiani, Mondadori

Massimo Grillandi: Madame de Pompadour. Rusconi

Ivan Lantos: La vita della Marchesa di Pompadour. Peruzzo Editore

Memorie di Luigi XIV. Editrice SE

Gilles Perrault: I segreti di Luigi XV. Bietti

Saint-Réné Taillander: La Maintenon. Dall'Oglio Editore

Saint Simone: Memoires. Paris

Voltaire: Il secolo di Luigi XIV. Einaudi