AMA Onlus in Tanzania - Tutto Lions Sicilia 2014/15 · Gli edifici sono precari perché costruiti...

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AMA Onlus in Tanzania Novembre 2014 Giuliano Galbiati, il presidente di AMA Onlus e del Gruppo Missionario, è partito per la Tanzania il 9 novembre. Io l’ho raggiunto il 15. Insieme siamo andati a Kipengere e a Dakawa. Nella missione di Kipengere, 2500 metri d’altezza sulle Montagne di Livingstone, AMA Onlus ha operato dal 2006 contribuendo in modo determinante allo sviluppo del centro di salute. Qui abbiamo la gioia di essere accolti da Giulianino, il bimbo dell’orfanotrofio battezzato da Giuliano, che ci viene incontro camminando. A giugno lo avevamo lasciato con grande tristezza perché non camminava, non parlava e gli avevano diagnosticato un’idrocefalia. Ad una successiva verifica presso un ospedale specializzato di Dar Es Salaam la diagnosi si è rivelata sbagliata. Giulianino è solo in ritardo nello sviluppo. Ritardo ereditato dalla madre, che è mentalmente labile. Ad oggi il piccolo ha recuperato la deambulazione. Adesso aspettiamo con ansia lo sviluppo della parola. Le volontarie di Giussano, che lo hanno seguito con amore e che hanno sostenuto le spese del suo ricovero a Dar, non vedono l’ora di poterlo riabbracciare, coccolare e stimolare nella prossima primavera. A Kipengere siamo restati per poco tempo, essenzialmente per vedere lo stato di avanzamento delle opere finanziate da AMA. Abbiamo visto il nuovo reparto degenza uomini ancora in corso di completamento. E’ in funzione, invece, la nuova cucina con i camini fortemente voluta da Giuliano, anche a costo di qualche problema di costruzione.

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AMA Onlus in Tanzania Novembre 2014

Giuliano Galbiati, il presidente di AMA Onlus e del Gruppo Missionario, è partito per la Tanzania il 9

novembre. Io l’ho raggiunto il 15. Insieme siamo andati a Kipengere e a Dakawa. Nella missione di Kipengere, 2500 metri d’altezza sulle Montagne di Livingstone, AMA Onlus ha operato dal 2006 contribuendo in modo determinante allo sviluppo del centro di salute. Qui abbiamo la gioia di essere accolti da Giulianino, il bimbo dell’orfanotrofio battezzato da Giuliano, che ci viene incontro camminando. A giugno lo avevamo lasciato con grande tristezza perché non camminava, non parlava e gli avevano diagnosticato un’idrocefalia. Ad una successiva verifica presso un ospedale specializzato di Dar Es Salaam la diagnosi si è rivelata sbagliata. Giulianino è solo in ritardo nello sviluppo. Ritardo ereditato dalla madre, che è mentalmente labile. Ad oggi il piccolo ha recuperato la deambulazione. Adesso aspettiamo con ansia lo sviluppo della parola. Le volontarie di Giussano, che lo hanno seguito con amore e che hanno sostenuto le spese del suo ricovero a Dar, non vedono l’ora di poterlo riabbracciare, coccolare e stimolare nella prossima primavera. A Kipengere siamo restati per poco tempo, essenzialmente per vedere lo stato di avanzamento delle opere finanziate da AMA. Abbiamo visto il nuovo reparto degenza uomini ancora in corso di

completamento. E’ in funzione, invece, la nuova cucina con i camini fortemente voluta da Giuliano, anche a costo di qualche problema di costruzione.

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La nuova cucina pone le persone fuori dal percorso dei fumi ed è più sicura perché il fuoco resta confinato

nell’area del camino.

Com’era Com’è oggi Si spera che questa realizzazione serva da modello e che la popolazione locale impari ad inserire il camino

nelle proprie case. Attualmente si usa ancora accendere il fuoco al centro dell’abitazione con la conseguenza del disagio dovuto al fumo e di incidenti.

Abbiamo trascorso nella missione di Dakawa, vicino alla città Morogoro, la maggior parte del tempo. Qui ci sono infatti delle importanti opere di AMA in costruzione.

Visita alla nuova scuola elementare Mancano solo le finiture interne

Nella vicina località di Magogo, nella savana abitata dai Masai, è stato completato l’edificio (comprende tre

aule ed una piccola segreteria) che costituisce il raddoppio dell’attuale scuola elementare, sovraffollata e che prevede solo l’asilo, la prima e la seconda classe. Dobbiamo costruire un terzo edificio uguale, la casa dei maestri, il campo sportivo ed abbiamo in progetto un centro di medicina scolastico. Questo piccolo complesso, una volta completato, sarà un importante centro di aggregazione ed alfabetizzazione per una vasta zona che comprende case sparse e dove si vive di pastorizia.

Queste opere vengono finanziate grazie alle adozioni a distanza. Sono gli alunni della attuale scuola che vengono proposti in adozione ai nostri sostenitori. Padre Drazen, responsabile della missione di Dakawa, e padre Nicolas, ambedue Croati, controllano che i bambini adottati frequentino la scuola. Infatti la dispersione

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scolastica è sempre in agguato ed i bambini vengono presto avviati ad aiutare i genitori nella pastorizia o nelle faccende di casa.

� Un papà Masai accompagna il suo piccolo a scuola.

Aria di festa mentre si scattano le foto e si prendono i dati per le adozioni a distanza

Altra opera attualmente in costruzione, la più impegnativa, è l’asilo alla periferia di Dakawa sul nuovo

terreno della missione.

L’asilo di Dakawa in costruzione

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In questa fase è stata fondamentale l’opera di due volontari, amici della Val di Non: Aldo e Mario. La zona è soggetta ad allagamento durante la stagione delle piogge. Pertanto si è voluto costruire uno zoccolo in cemento armato di circa 50 cm sopra le fondazioni per evitare la penetrazione dell’acqua dentro l’edificio. Per quest’opera meno usuale si è aspettato il generoso supporto dei nostri due amici. Loro hanno preparato i ferri ed hanno insegnato ai lavoratori locali come preparare le armature, le casseforme e colare il cemento. Hanno fatto prima le travature orizzontali a terra, poi le colonne, poi la travatura orizzontale aerea. Cioè quella che posa su colonne, mentre il resto delle travi in alto (la corea) poserà sul muro.

Padre Drazen, Aldo, Mario e le maestranze locali presso lo zoccolo in costruzione

Messa in opera della prima colonna

Aldo sulla trave aerea Trave aerea completata dalle maestranze locali Quando è arrivato il tempo della nostra partenza la travatura aerea era stata costruita solo per i tre quarti. Siamo stati informati dopo che gli operai locali hanno completato la parte residua.

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Prima della nostra partenza padre Drazen e Nicolas hanno organizzato una grande festa per far conoscere alle popolazioni locali l’asilo, che, una volta terminato, sarà una infrastruttura importante per Dakawa e dintorni.

L’altare Durante la messa

Il coro ed i danzatori Gli invitati �

Le autorità Ci siamo anche noi

Il buffet In fila per il pasto

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Si è preparato l’altare, i posti per il coro e per gli invitati. La missione ha donato due mucche per il banchetto. I volontari della parrocchia si sono occupati della preparazione del cibo. Sono intervenute le popolazioni e le autorità locali, nonché il vicario del vescovo e i sacerdoti della zona. Durante la festa si è fatta una raccolta fondi per l’asilo. Insieme al denaro sono state donate alcune caprette e parecchi sacchi di cemento. Questi ultimi donati da altre parrocchie e dal vescovo.

A missione compiuta padre Drazen ci ha gentilmente accompagnati in macchina a Dar Es Salaam per prendere i rispettivi voli per l’Italia.

Ma ancora un’ultima esperienza attendeva Giuliano e me. Un prete di Renate, padre Giuseppe missionario a Dar, voleva incontrarci. E’ venuto a prenderci in albergo il pomeriggio prima della partenza (il nostro volo partiva la sera). Ha voluto portarci nell’orfanotrofio di cui era responsabile da due mesi. La struttura, che ospita 150 ragazze tra i 12 e i 18 anni circa ed include la scuola, è piena di problemi. Il terreno, sabbioso ed in declivio, ad ogni pioggia slitta a valle. Gli edifici sono precari perché costruiti senza fondazioni adeguate e senza uso di ferri. L’orto è devastato dalle scimmie. L’acqua è problematica. In particolare il pozzo di presa è stato scavato vicino agli scarichi fognari. I dormitori delle ragazze sono, per usare un eufemismo, spartani. Ma l’elenco dei problemi nell’esposizione di padre Giuseppe non suona come un lamento ma come un elenco di progetti e cose da fare. Sprizza di energia e propositi e si dichiara realizzato per aver ricevuto questo incarico mentre prima era assegnato alla tranquilla cura di una cappella da qualche parte. Vuole rivedere i criteri di accettazione delle ragazze perché vuole preferire quelle orfane di ambedue i genitori e quelle più disagiate. Vuole rivedere i criteri didattici. Chi, leggendo questo entusiasmo e questi propositi, potrebbe indovinare che padre Giuseppe ha 75 anni?

Non so definire le sensazioni che questa visita ci ha procurato. Abbiamo conosciuto ancora una realtà disagiata. Giuliano ha lasciato una donazione per conto del Gruppo Missionario. Quindi padre Giuseppe ci ha accompagnato in aeroporto. Ma così come quando era venuto a prenderci, anche adesso imbarca alcune ragazze, quante più ne può contenere la sua datata Toyota 5+2. Quando va in giro per le incombenze più varie non dimentica mai di portare con se alcune delle sue ragazze. Dà loro una opportunità di svago e di vicinanza affettiva. Non fanno così i papà con i figli?