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Alpi Cozie LE GUIDE

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Po cuneese 1

Val Troncea2

Gran Bosco di Salbertrand3

Orsiera - Rocciavrè4

Laghi di Avigliana5

Rocca di Cavour6

Orridi di Foresto e Chianocco7

Parchi della Provincia di Torino

Conca Cialancia8a

Monte Tre Denti - Freidour8b

Stagno di Oulx (Lago Borello)8c

Monte San Giorgio8d

Queyras9II parchi naturali hanno bisogno di alleati. Ancora oggi, a quasi un

secolo dall’istituzione in Italia dei primi, Gran Paradiso e Abruzzo,e a trent’anni esatti dalle prime aree protette istituite dalla Regione Piemonte.Alleati e amici, perché oggi più che in passato è evidente che laloro missione può compiersi appieno soltanto uscendo dai propriconfini. Locali e nazionali. In piena coerenza quindi conl’approvazione a fine 2003 da parte della Comunità Europea deglistrumenti di tutela della biodiversità in ambiente alpino (SIC e ZPSdella Rete Natura 2000). E dove trovare alleati migliori se non nei parchi stessi, nei “colleghi”che operano sullo stesso territorio? Di qui la necessità di lavorare instretta collaborazione, di condividere progetti e modi di agire.Di lavorare “in rete”, come hanno fatto i Parchi delle Alpi Coziecon il Progetto Interreg III Alcotra “Monviso”, un piano dicooperazione internazionale che coinvolge anche il Parcoregionale francese del Queyras.Con la guida “Alpi Cozie”, Piemonte Parchi vuole raccontare questaesperienza, trasmettendo ai lettori l’agire dei parchi e la loro nuovaprogettualità. Lo scopo e l’ambizione sono quelli di comunicare edivulgare una visione di insieme, nella quale il territorio è untutt’uno di cultura, storia, natura e paesaggio. Un territorio dove iparchi sono modelli e coinvolgono nella loro azione anche i soggettiesterni ai confini istituzionali. La guida è figlia di una impostazione aggiornata, un’evoluzione delnumero speciale dello scorso anno dedicato alle Alpi Liguri. Diversirispetto alla Rivista sono la veste grafica e il formato: una “guida” ha lo scopo primario di orientare il lettore alla fruizione consapevoledel territorio e delle sue complessità. Un servizio insomma.“Alpi Cozie” è la prima. Seguiranno a cadenza annuale altrepubblicazioni. Il Po, i Parchi del Lago Maggiore, le Alpi Lepontine,la Corona Verde di Torino. L’ambiente e la natura del Piemonte non mancano certo di spunti e opportunità.

Parchi in cerca di EuropaToni Farina

Parchi naturalidelle Alpi CozieParchi naturalidelle Alpi Cozie

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Parchi in cerca di Europa 1

Sommario 2La storia umana 4La storia geologica 8Il clima 14Il Monviso 16

I parchiPo cuneese 20Val Troncea 22Gran Bosco di Salbertrand 24Orsiera Rocciavré 26Laghi di Avigliana 28Provincia di Torino 30Rocca di Cavour 32Orridi di Foresto e Chianocco 33Queyras 34

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SUPPLEMENTO A PIEMONTE PARCHIN° 5 - Anno XXIIIEditoreREGIONE PIEMONTE - Piazza Castello, 165 - Torino

Direzione e RedazioneVia Nizza, 18 - 10125 Torino tel. 011 4323566/5761 fax 011 4325919 www.piemonteparchiweb.it E-mail: [email protected];[email protected]

Direttore responsabile: Roberto Moisio Direttore editoriale: Enrico CamanniVice Direttore: Enrico Massone Caporedattore: Emanuela Celona

Coordinamento redazionale speciale guida “Alpi Cozie”:Toni Farina

Redazione:Simonetta Avigdor - Promozione, iniziative speciali e linee editoriali Emanuela Celona - Piemonte Parchi Web e News letter Toni Farina - Aree protette, montagna, fotografia Enrico Massone - Ambiente, sacri monti, coordinamento rubricheAldo Molino - Itinerari, territorio, cultura

Segreteria amministrativa e di redazione:M. Grazia Bauducco

Staff collaboratori: Eugenia Angela - gestione abbonamenti e spedizioni Mauro Beltramone - abstract on lineGiulio Caresio - rapporti con Federparchi e aree protette Loredana Matonti - revisione naturalistica dei testi territorio Susanna Pia - archivio fotograficoMauro Pianta - rapporti con i media Laura Ruffinatto - Piemonte Parchi Web JuniorIlaria Testa - cultura locale

Hanno collaborato a questo numero:F. Andreone, G. V. Avondo, M. Boglione, L. Castagneri, D. Cat Berro, F. Ceragioli, F. Chiaretta, E. Chiolerio, D. Delleani, A. De Rossi, G. Fioraso, A. Dotta, E. Giuliano, L. Giunti, R. Janavel, F. Magrì, P. P. Massel, M. Peverada, A. Pucci, M. Rastelli, C. Rolando, E. Rollino, D. Rosselli, A. Selvaggi, R. Sindaco, I. Testa, C. Vadori, F. Valla, A. Vanzo

Fotografi:T. Farina, A. Molino, D. Rosselli, D. Alpe, L. Giunti, R. Janavel, R. Ribetto, V. Mangini, G. Mariotti, R. Borra, S. Beccio, S. Macchetta, A. Pucci, F. Andreone, O. Scarsi, M. Raffini

Disegni: E. Giuliano, M. De Maistre

Mappe: S. Chiantore

L’editore è a disposizione per gli eventuali aventi diritto perfonti iconografi che non individuate. Riproduzione ancheparziale di testi, fotografi e disegni vietata salvo autorizzazionedell’editore. Manoscritti e fotografie non richiesti non sirestituiscono e per gli stessi non è dovuto alcun compenso. Registrazione del Tribunale di Torino n 3624 del 10.2.1986Arretrati (se disponibili): euro 2 Stampa: Ilte S.p.A.Grafica e impaginazione: Satiz S.r.L. - www.satiz.itAbbonamento 2008 Conto Corrente Postale numero 20530200 intestato a: Staff Srl via Bodoni, 24 20090 Buccinasco (MI)Info abbonamenti: tel. 02 45702415 (ore 9 – 12; 14,30 - 17,30)

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Sommario

Finito di stampare in giugno 2008In copertina: Monviso visto dalla Valle Po salendo al Pian del Re (foto Toni Farina)In ultima pagina: Monviso che si specchia nel Lago Fiorenza (foto Sergio Beccio)

I progetti dei parchiInterreg Monviso 38Interreg Escartons 39Una montagna per tutti 40Il ritorno dello stambecco 41Risanamento Laghidi Avigliana 42Il rospodotto 43

I grandi itinerariIl Tour del Monviso 44Il Sentiero dei Parchi 50La Strada dell’Assietta 54

La naturaUna natura senza confini 59Il Bosco dell’Alevé 66La salamandra di Lanza 68Il carabide Carabus

cychroides 69La libellula Sympetrumvulgatum 70Berardia subacaulis 71

Abitare le Alpi CozieGli ecomusei 74Lupi e bocche di lupo 78I Valdesi, storia di unapersecuzione 82La Certosadi Montebenedetto 84Ostana, laboratorio dell’Alta Valle Po 86Murales in Val Chisone 88‘L Pertus 90

I rifugi 92Bibliografia 94

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DDal Colle della Maddalena alMoncenisio le Alpi Cozie del versanteitaliano conservano poche vestigia dellaconquista romana. A sud la Valle Sturafu aggregata alla Provenza, mentre il re-sto del territorio fino al Monginevro fuamministrato dai Cozii, dinastia alleatadi Roma, con Susa capitale. All’imboccodelle valli sorsero Cavour, Caraglio ePedona (Borgo San Dalmazzo) che lecronache dell’Alto Medioevo dicono“dalle bianche torri”. Testimonianze mi-nori - iscrizioni, are, cippi, monete - so-no sparse su gran parte del territorio, ta-lora in località in quota come Elva eCrissolo. I colli alpini erano frequen-tati, specialmente il Monginevro verso Briançon e il Colle dellaMaddalena verso la Provenza.

La storia umana Testo di Fredo Valla

Foto di Toni Farina

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Agli anni degli escartons risale la vicen-da di François de Bardonneche, Signoredi Bardonecchia e di alcune terre inValle Varaita, che nel Trecento organiz-zò una ribellione contro il Delfino.La storia di François è stata raccontata inun romanzo dallo scrittore torineseCarlo Grande (La via dei lupi – Ed.Ponte alle Grazie). Nell’ambiente appar-tato e ribelle di queste montagne trova-rono rifugio espressioni eretiche ispiratea un cristianesimo primitivo. È il casodei Valdesi, che si diffusero nelle valliPellice, Germanasca e Chisone e trova-rono terreno fertile nelle valli Po,Varaita, Maira e Grana. Nel 1532 l’influenza di Lutero e Calvinoindusse i Valdesi ad aderire alla Riforma.Nel XVI secolo il rafforzamento del par-tito ugonotto di là delle Alpi favorì i se-guaci della Riforma al di qua del crinale.Nel 1578 Lesdiguieres, capo degliUgonotti del Delfinato, scese a Chianalee occupò l’alta Valle Varaita. L’anno successivo un esercito di duemila ugo-notti e valdesi occupò Saluzzo e ilMarchesato. Ma l’assegnazione nel 1601del Marchesato al Savoia, segnò la ripre-sa delle persecuzioni. Migliaia di profu-ghi delle valli Stura, Grana, Maira e

INTRODUZIONE

Manfredo I di Saluzzo. Un inventariodella seconda metà del XII secolo (a po-co più di vent’anni dalla sua fondazio-ne) rivela la consistenza della biblioteca,comprendente codici miniati importatidalla Francia e dall’Inghilterra. Nelle valli settentrionali i Conti di Savoiasi dedicarono a proteggere San Micheledella Chiusa e l’Abbazia di San Giusto diSusa, mentre nelle terre appartenenti alDelfino crebbe l’influenza del Prioratodi Oulx che ebbe giurisdizione su un va-sto territorio transalpino. In quegli annie per molti secoli le alte valli delDelfinato del versante orientale - Susa,Chisone e Varaita - conobbero una par-ticolare amministrazione autonoma.Unite al Queyras e al Brianzonese, si or-ganizzarono in Escartons eludendo lasottomissione feudale tipica del tempo.Il passaggio della Valle di Susa alPiemonte ribaltò il fronte difensivo diExilles, dove il forte eretto nel XII secoloper proteggere la valle dalle mire savoiarde, dovette essere “girato” versola Francia. In Val Chisone il nuovo assetto politicoportò alla costruzione del Forte diFenestrelle, che per quasi 3 chilometririsale il costone del Monte Orsiera.

Fort Vauban nella Valle della Durance; sullo sfondo, gli Ecrins.Sopra, l’Abbazia di Staffarda; sullo sfondo il Monviso

In epoca tardo barbarica la Valle di Susavide le guerre tra Franchi e Longobardi.In funzione di avamposto sorse l’Abbazia di Novalesa “per assicurare lapace e per la stabilità del regno deiFranchi” come recita l’atto di fondazio-ne del 726. Altri centri monastici fioriro-no a partire dall’ottavo secolo.Tra il X e l’XI secolo le incursioni sarace-ne portarono alla decadenza Novalesa,che fu abbandonata. Il “Planctus superPedonam”, ricorda la violenza di quellerazzie: “Gli Agareni, superando le altu-re, bruciarono, distrussero i nostri ripari,minacciosi, rapaci come tigri sanguina-rie.” Dopo il Mille il rinnovamento deicentri monastici fu opera delle famigliefeudali. Tra il 1127 e il 1138 nacquel’Abbazia di Staffarda per volontà di

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INTRODUZIONE

Le lingue naturali delle Alpi Cozie sono l’occitano e il franco-provenzale. Il primo interessa il territorio compresofra la Val Maira e l’alta Val Susa. Il secondo la media Val Susa e la ValCenischia. Da notare come da questeterre delfinali venga una delle primecitazioni del nome Occitania. In unalettera del 19 settembre 1346 pubblicatain “Histoire de Dauphiné et des princesqui ont porté le nom de Dauphin”, il reggente Enrico de Villars dà conto al delfino Umberto II dei fatti accaduti in sua assenza. Fra le tante questioniriferisce della guerra tra il re di Francia eil re d’Inghilterra (siamo nella prima fase della Guerra dei cent’anni). Enrico deVillars racconta di “truppe ammassatedal Re di Francia presso Tolosa e in diverse altre parti d’Occitania”.

quella del petrolio oggi. Tutti ne aveva-no necessità, pochi lo possedevano.Il doverlo importare fu all’origine digrandi sforzi per aprire strade. L’operapiù straordinaria fu il Buco di Viso sca-vato nel 1480 nei pressi del Colle delleTraversette (2882 m; Valle Po) per fa-vorire il passaggio del sale provenien-te dallo Stagno Lavalduc nel delta delRodano. Nei secoli seguenti i valichi vi-dero il passaggio degli emigranti stagio-nali, arrotini, bastai, balie, mandriani, mi-natori, merciai, addestratori di marmotte.Nell’Ottocento le Alpi Cozie ormai incor-porate nello stato sabaudo assistetteroalle guerre per l’unità d’Italia. La parteci-pazione emotiva delle classi contadinefu limitata. Un abitante di Valmala, inValle Varaita, annotò: “L’an 1859 ai ve-duto la fioca li 21 giugno su nostra mon-tania sino alla chapella nuova e allameira di Vitorio e una fierissima guera laFrancia e Piemonte contro l’imperatoredi Austria e li anno piliato lo stato lom-bardo. Dal 1859 e dal 1860 il Re di

Sardena a batuto lo stato di Napoli e me-ta di Roma…l’a pilato e l’a comanda eincoronato Re di Italia”. Le guerre suc-cessive lasciarono segni profondi. Delledue guerre mondiali dicono le lapidi neipaesi con le migliaia di morti. Il riscattodal fascismo venne dopo l’8 settembre1943. Bande partigiane si aggregaronosulle montagne, le prime in Val Pellice esulle alture di Boves, altre si riunirono aBarge nella Valle Infernotto, fortementecooinvolta fu la Val Sangone. Dai loro rifugi alpini i partigiani impegnarono te-deschi e fascisti con sabotaggi, colpi dimano, scontri e imboscate. Nell’autunnodel ’43 i partigiani valdesi entrarono incontatto con la Resistenza valdostana.Insieme elaborarono la Dichiarazionedei Rappresentanti delle Popolazioni al-pine, la cosiddetta Carta di Chivasso, chea guerra finita ispirò l’autonomia a statu-to speciale della Valle d’Aosta, l’art. 6 del-la Costituzione per la tutela delle mino-ranze linguistiche e ancora oggi è riferi-mento per le Comunità montane.

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Varaita cercarono scampo nel Delfinato;altri raggiunsero Ginevra. Tra i fuggitivic’erano uomini colti, notai, medici, lette-rati, la classe dirigente dei paesi occitaniin quei tempi. L’abiura o l’esilio furonoimposti anche in Val Pellice, ma qui ilpopolo reagì con le armi. Guidati da fi-gure memorabili di comandanti comeGiosué Janavel, i Valdesi diedero batta-glia. Più tardi (1688-89), sulla base diqueste esperienze, Janavel, dall’esilio diGinevra, scrisse le sue “istruzioni milita-ri”, un manuale di guerriglia in monta-gna che tre secoli più tardi sarà adottatodai partigiani Garibaldini della ValleInfernotto nella lotta ai nazifascisti.Per secoli il centro dell’economia diquesti territori fu l’attività agricolo pasto-rale, integrata dai mestieri legati al pas-saggio dei valichi. Per il Monginevro, ilMoncenisio e l’Agnello passarono nonsolo eserciti e pellegrini ma merci diogni tipo. Strade furono aperte per ilcommercio del sale, la cui importanzacome materia prima fu paragonabile a

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La Sacra di San Michele e sotto la stele sulla Testa dell’Assietta

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La storia geologica

Gianfranco Fioraso

che accostate e intimamente ripiegateè possibile ritrovare e riconoscerequasi tutti gli ambienti originari e iprocessi che hanno concorso alla for-mazione dell'odierno mosaico geolo-gico. I sedimenti calcareo-dolomiticiche costituiscono gli imponenti ba-stioni della Valle Stretta e i massiccidella Grand Hoche, dello Chabertone del Roc del Boucher testimoniano lapresenza nel bacino della Tetide dipiattaforme carbonatiche formatesi inacque marine poco profonde a operadi colonie di coralli.

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INTRODUZIONE

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Più a Est, all'interno delle estese suc-cessioni di calcescisti della ZonaPiemontese, sono presenti numerosemasse di "pietre verdi" o "ofioliti", rocce di origine oceanica spesso ca-ratterizzate da un diverso grado di ricristallizzazione. Il Massiccio delloChenaillet, sopra al Colle delMonginevro, rappresenta in tal sensoun lembo di crosta oceanica perfetta-mente preservato in cui si possonoosservare splendide colate basaltichesottomarine con le caratteristichemorfologie "a cuscini". In altri settoriAA differenza di altri settori della cate-

na alpina, le Alpi Cozie emergono im-provvise dagli estesi conoidi fluvialipedemontani, lasciando intravederele proprie radici in corrispondenza dialcuni sparuti rilievi isolati come laRocca di Cavour e il piccolo speroneroccioso del Castello di Montebruno,sulla sponda sinistra del TorrentePellice. Sin dagli albori della ricercageologica questo segmento di catenaha destato l'interesse di eminenti stu-diosi che a più riprese hanno tentatodi rispondere ai numerosi interrogati-vi che le particolari rocce affiorantisuscitavano negli osservatori.La catena alpina è il risultato della col-lisione delle zolle continentali euro-pea e africana che nel corso di decinedi milioni di anni ha dato luogo a uncomplesso sistema di falde originatedalla frantumazione dei margini diplacca e delle rocce oceaniche cheformavano il bacino della Tetide. LeAlpi Cozie costituiscono il tassellocentrale della catena che ha subito lemaggiori trasformazioni metamorfi-che, nel quale la struttura e l'aspettooriginario delle rocce sono state com-pletamente modificate.In questo intreccio di scaglie tettoni-

Il Monviso avvolto dalle nebbie (foto Aldo Molino)

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ne, come nel caso dell'erta cima delMonviso costituita da ofioliti estrema-mente tenaci. Grazie all'elevata de-gradabilità, i calcescisti danno inveceluogo a paesaggi dolci, spesso coper-ti da boschi di conifere e pascoli, co-me l'esteso altopiano dell'Assietta acavallo delle valli Susa e Chisone.Fra i processi responsabili dellosmantellamento dei rilievi, l'azioneabrasiva dei ghiacciai è stata senzadubbio il fattore di maggiore impattosul paesaggio poiché ha risagomatol'originario profilo dei versanti e alcontempo ha approfondito i solchivallivi. Le morfologie glaciali sonoconservate in tutte le principali vallatealpine: frequenti sono le rocce mon-tonate, che mostrano in superficie letipiche striature prodotte dallo sfrega-mento dei ghiacciai, e le conche di so-vraescavazione presenti nei circhiglaciali attualmente occupate da laghetti e torbiere d'alta quota.

INTRODUZIONE

le scaglie di substrato oceanico sonostate invece trasformate in serpentini-ti, prasiniti ed eclogiti che costituisco-no i massicci dell'Orsiera-Rocciavré edel Monviso.La fascia più orientale dell'arco alpinoè composta da rocce in origine appar-tenenti alla zolla africana e che oraformano il Massiccio Dora-Maira, ele-mento strutturale profondamente ra-dicato nel cuore della catena alpinaoccidentale. Pur in presenza di fortitrasformazioni metamorfiche e tetto-niche, un'accurata osservazione dellerocce consente di riconoscere i carat-teri salienti degli antichi sedimenti dicopertura del margine continentale.Le successioni carbonatiche marine,ad esempio, sono ora rappresentateda lenti e livelli di marmi arricchiti dasplendide venature e pieghe che evi-denziano l'intensità delle deformazio-ni causate dalle spinte orogenetiche:emblematici sono i marmi di Rocca

Bianca, localizzati nell'alta ValGermanasca, che tra il XVI e il XVIIIsecolo hanno alimentato una fiorenteattività estrattiva fornendo il materialelapideo per la realizzazione di alcunidei più famosi palazzi del capoluogosabaudo. Sulla vetta del MonteBracco è invece possibile notare lapresenza di una scaglia di quarzitiprodotte dalla trasformazione di anti-chi sedimenti silicei: le straordinarietonalità cromatiche, variabili dal gri-gio argenteo al giallo paglierino, lanotevole resistenza e la spiccata sfal-dabilità in lastre di esiguo spessorehanno dato notorietà a questa roccia,tanto da aver meritato in passato per-sino l'attenzione di Leonardo da Vinciche alla "bargiolina" ha riservatoun'accurata descrizione contenuta inun manoscritto del "Codice G".Le rocce delle Alpi Cozie conservanoal loro interno la testimonianza dieventi tettonici avvenuti in luoghi e

profondità diverse della crosta terre-stre e in un arco temporale molto am-pio. Pur in presenza di un'apparenteimmobilità dei rilievi, le forze endo-gene che in passato hanno plasmatoil territorio alpino sono attualmentetutt'altro che sopite, come indicano iterremoti, talora di elevata intensità,che periodicamente interessano la fa-scia marginale della catena: fra tuttemerita di essere ricordata la rovinosasequenza sismica che a partire dal 2aprile 1808 e per oltre un anno ha ri-petutamente scosso il Pinerolese cau-sando gravi danni agli abitati.Le Alpi nella loro attuale configura-zione costituiscono la risultante delbilancio tra la mobilità tettonica, chetende ad accentuarne il rilievo, e l'in-sieme dei processi erosivi che agisco-no in direzione opposta e ne riequili-brano il profilo. La morfologia alpinaè stata inoltre influenzata dalla resi-stenza opposta dalle rocce all'erosio-

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Nuvole basse sulla Val Chisone

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Particolarmente pittoreschi sono ipaesaggi glaciali del Colle del Beth,alla testata del Vallone di Massello, edella conca dei Tredici Laghi, entram-bi in Val Germanasca, e le gradinateche ospitano i laghi Superiore,Fiorenza e Chiaretto sopra al Pian delRe, in alta Valle Po. La distribuzionedei sedimenti glaciali indica che nelcorso dell'ultima glaciazione, svilup-patasi tra 30.000 e 19.000 anni fa, solola fronte del Ghiacciaio della Valle diSusa raggiungeva lo sbocco in pianu-ra formando l'insieme di forme e de-positi che costituiscono l'AnfiteatroMorenico di Rivoli-Avigliana. Nellevalli Chisone, Germanasca, Pellice ePo le lingue glaciali si sono invece at-testate in posizioni più arretrate a cau-sa dello sviluppo plano-altimetricomeno favorevole dei bacini di alimen-tazione.Con la definitiva scomparsa dei ghiac-ciai, verificatasi al termine del

Pleistocene superiore, nel modella-mento dei rilievi è subentrata l'azionedella gravità responsabile del distac-co di frane che talvolta hanno radical-mente modificato il paesaggio alpino.I fenomeni gravitativi possono rag-giungere dimensioni ciclopiche comenel caso degli accumuli di Sauzed'Oulx e di San Sicario, in alta Valle diSusa, che si estendono su superfici didecine di chilometri quadrati. Questefrane, considerate fra le più imponen-ti dell'intera catena alpina, hannocoinvolto anche gli spartiacque, dan-do luogo a sdoppiamenti del profilodi cresta e sprofondamenti in corri-spondenza dei quali sono spessoospitate zone umide di elevato pregionaturalistico come la torbiera delColle Blegier. In altri casi le frane han-no sbarrato i fondovalle causando laformazione di specchi d'acqua, oraestinti, come quelli originariamentepresenti nella conca del Prà, in alta

INTRODUZIONE

Il Progetto Geositi

La Provincia di Torino ha avviato nel 2000 in collaborazione con il CNR e ilDipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Torino un progetto di studio evalorizzazione di beni geologici presenti nel proprio territorio. Lo studio ha riguardatoanche alcune zone delle Alpi Cozie come la Val Pellice, la Val Sangone e l’AnfitetroMorenico di Rivoli-Avigliana, dove sono stati individuati “geositi” di particolareimportanza e predisposti itinerari per la loroconoscenza. Di particolare interesse ilpercorso nel Vallone del Sangonetto, nel Parco Orsiera Rocciavré. Attrezzatocon punti-sosta dotati di bachecheesplicative, l’itinerario unisceaspetti divulgativi adattrattiva paesaggistica.Ideale insomma peravvicinare allamateria una vastaschiera di fruitori.

T. F.

Val Pellice, e nella piana di Oulx-Salbertrand in Valle di Susa.Alla gravità si è affiancata l'attività flu-vio-torrentizia sviluppata lungo il re-ticolato idrografico, responsabile de-gli ingenti apporti detritici che hannocolmato gli originari fondovalle gla-ciali e dato luogo ai conoidi localiz-zati allo sbocco dei bacini tributari.L'importanza del ruolo svolto da que-sti processi è testimoniata dalla fre-quenza con cui nel recente passato levallate sono state colpite da alluvionidi varia intensità. Fra gli eventi chehanno avuto il maggiore impatto sulterritorio delle Alpi Cozie si ricorda-no quelli verificatisi nel 1728, 1948,1957, 1977 e, non ultimo, quello del-l'ottobre 2000. Questi fenomeni testi-moniano l'elevata dinamicità che ca-ratterizza l'ambiente montano e so-prattutto conferma che l'evoluzionedella catena alpina è tuttora rapida-mente in atto.

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Il Roc du Gias, sul Sentiero dei Geositi in Val Sangone(Parco Orsiera Rocciavré)

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I del Nord, l’atmosfera è nel complessopiù luminosa e solare, specialmente inprossimità dei confini con il Queyras eil Briançonnais, dove il soleggiamentoannuo supera le 2000 ore, e le precipi-tazioni si aggirano sui 700 millimetri.Sarà anche per questo che le meridianesono così diffuse nelle valli Varaita eChisone, piuttosto che nelle più nuvo-lose valli di Lanzo o del Canavese?Anche il paesaggio naturale testimoniala modestia delle precipitazioni, assu-mendo caratteristiche quasi mediterra-nee d’estate negli adret più assolati. Alcontrario, l’umidità marittima e padanacondensa più facilmente sui rilievi vici-ni alla pianura pinerolese e saluzzese:dalla Valle Po alla Val Sangone in unanno si accumulano in media 1200-1500 mm di pioggia e neve fusa, il doppio di quanto si misura aPontechianale, Cesana o Bardonec-chia. Su tutta la zona gli apporti di piog-gia più cospicui sono solitamente quel-li primaverili e autunnali, mentre il mi-nimo estivo di piovosità diviene predo-minante su quello invernale in alta ValSusa, i cui prati ingialliti d’estate contra-stano con le lussureggianti faggete del-la Val Pellice, più esposte a nebbie etemporali. Piovosità moderata non si-gnifica però minore rischio di alluvioni:a metà giugno del 1957 le valli italiane

delle Alpi Cozie, insieme alle vicinefrancesi del Guil, furono tra le più fune-state da esondazioni e frane.A Clavière, nei giorni dal 13 al 16, si ac-cumularono ben 446 millimetri di piog-gia! Quanto alle temperature, aPontechianale è stato misurato un mi-nimo assoluto di -24 gradi il 30 gennaio1963, mentre nell’agosto 2003 si è sfio-rata per la prima volta la soglia dei 30gradi. La neve è più abbondante sulsettore cuneese: se a quota 1500 inValle Po si accumulano circa 3 metri emezzo di neve fresca all’anno, in altaVal Susa ci si deve accontentare di circa2 metri e mezzo. In questo settore alpi-no i ghiacciai sono pochi, piccoli e invia di estinzione.Nemmeno il Monviso, nonostante laquota elevata, riesce a ospitare grandimasse nevose e glaciali, a causa dellasfavorevole morfologia dei suoi versan-ti; sulla parete settentrionale si annida ilminuscolo Ghiacciaio Coolidge, che fe-ce parlare di sé il 6 luglio 1989 crollandoper due terzi nel sottostante canalone.Più a Nord, i ghiacciai Galambra eAgnello in Val di Susa, un tempo utiliz-zati per l’estrazione di ghiaccio destina-to a Torino, sono oggi appena visibili.Ed è molto probabile che a questi pic-coli relitti di ghiaccio non rimanganoche pochi anni di esistenza.

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INTRODUZIONE

Sole, piogge e nevi delle CozieDaniele Cat Berro

Il 30 agosto 1861 gli inglesi WilliamMathews e William Jacomb raggiunse-ro per primi la cima del Monviso, verti-ce delle Alpi Cozie. Allora ben poco siconosceva del clima di montagna, eprima di tornare a valle, come era usoall’epoca lasciarono tra le rocce som-mitali un termometro, che oggi è espo-sto al Museo nazionale della Montagnadi Torino. Ma pochi anni dopo, a costi-tuire più solide basi dell’indagine cli-matologica nella zona pensò il barna-

bita Francesco Denza, egli stesso salito-re del Monviso nel 1870 armato di ba-rometro. Il Denza si prodigò tra l’altro acostituire nuovi osservatori meteorolo-gici: Casteldelfino, Crissolo, Paesana,Saluzzo, Pinerolo… stazioni che nonsempre hanno mantenuto nel tempo lacontinuità delle misure. Tuttavia, dopoquasi un secolo e mezzo, i dati raccoltisono sufficienti a descrivere il clima diquesto lembo delle Alpi. In quest’area, a differenza delle Alpi

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Strati nuvolosi bassi in presenza di aria umida sui Laghi di Avigliana (foto Valentina Mangini)

Leggeri venti umidi da Est formano una distesa di stratocumulisulla Val Pellice attorno a 2500 metri di quota.Al di sopra, il tempo è soleggiato (foto D. Cat Berro)

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FIl Monviso, la montagna madreEnrico Camanni

Fin dai tempi antichi il Monviso è co-nosciuto e descritto, e si dice che laParamount Pictures vi si sia ispirataper il celebre marchio cinematografi-co. Alla vocazione di montagna sacra,nelle valenze estetiche e simboliche,concorre il fatto che il Monviso sem-bra sollevarsi direttamente dalla pia-nura ed è visibile da ogni dove. Inoltredal Monviso nascono le acque del Po,il grande fiume che irriga le pianure edisseta le città, attribuendo al montedoti e miti di fertilità. Basta richiamarealla mente la classica fotografia dal

ponte di Casalgrasso: il Po che scendein mezzo alle campagne e sullo sfon-do, perfettamente inquadrata tra fiu-me alberi e cielo, l’affettuosa presenzadel “Viso”. Non è la classica montagnamatrigna e crudele che sbarra l’oriz-zonte, rovesciando a valle ghiacci e devastazione. È piuttosto la monta-gna madre che protegge e dà la vita. La sagoma del Monviso ha accompa-gnato il lavoro di generazioni di con-tadini, ma anche il primo turno deglioperai delle fabbriche che se lo trova-no stagliato nel cielo rosa, nell’ora in-

INTRODUZIONE

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certa dell’alba. Per i montanari dellaValle Po il Monviso è certamente unapresenza incombente, oscura e pres-sante come la parete nord della mon-tagna, mentre dalla Val Varaita si alzacon più distacco, alto e roccioso soprai pini dell’Alevé. Per i valligiani del tar-do medioevo che convissero ai piedidel Monviso, estendendo l’ombra delmonte al Briançonnais e alle alte valli Susa e Chisone, la montagna rappresentò un simbolo di unione e cooperazione: stessi problemi, stes-se speranze, una sola repubblica.

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Foto Renzo Ribetto

Foto Toni Farina

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Parchi senza frontiere e senzaconfini. L’utopia. Che nel caso delle Alpi Cozie ha basi concrete,fatte di storia e cultura comuni. Gli Escartons, la tradizioneoccitana.Parco del Po cuneese, ai piedi del Monviso, la montagnasimbolo della Regione. Val Troncea,prezioso frammento di natura nelcuore delle montagne olimpiche.Gran Bosco di Salbertrand, uno dei più bei boschi delle Alpi. Orsiera Rocciavré, wilderness e montagna tutte da scoprire. E sul versante transalpino il Queyras, consolidato esempio di convivenza fra alpicoltura,turismo e tutela ambientale. Quindi la Rocca di Cavour, “monte-isola” nella piana diPinerolo. I Laghi di Avigliana,specchi d’acqua “recuperata” alle porte della città. Foresto e Chianocco, “magnifici Orridi”,squarci di natura nel calcare della bassa Val Susa. E per finire, i parchi gestiti dalla Provincia diTorino: Monte San Giorgio, ConcaCialancia, Monte Freidour e TreDenti, Stagno di Oulx, frammentidi paesaggio e biodiversità alpina e prealpina. Parchi da visitare e parchi promotori e attuatori diiniziative, perché al di là delle lineesulle carte, la tutela è soprattutto“fare”. Progetti, realizzazioni,elementi concreti e misurabili.Salvaguardia attiva, insomma.Tutt’altro che un semplice slogan.

I parchi,l’ambiente,i progetti

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Guardiaparco al lavoro (foto Dante Alpe)

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Nel Parco informati

Sede amministrativa e operativa in via Griselda 8 a Saluzzo; tel. 0175 46505; e-mail: [email protected]://www.parks.it/parco.po.cn/par.html;http://www.parcodelpocn.it/

AParco del Po cuneese

Dove il Po non è ancora fiume

Toni Farina

Anche i grandi fiumi nascono ruscelli,taluni in luoghi anonimi, altri in luoghieccelsi. Il Po è fra questi ultimi: difficileimmaginare un angolo più appropria-to per collocare la sorgente del padredei fiumi italiani. Un “Pian del Re” alcospetto di un Re di Pietra, il Monviso,simbolo della terra piemontese.

L’Area protettaDai 3841 metri della cima del Viso ai250 metri della pianura: è la varietà di

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I PARCHI

ambienti la cifra del Parco fluviale delPo cuneese. Dall’ambiente sobrio del-l’alta montagna, al rigoglio della bassavalle. Dalle rocce e nevai dell’orizzon-te nivale alla ricca vegetazione di ripadel fondovalle. In mezzo, le praterie,le torbiere, i laghi d’alta quota, i boschidi conifere e latifoglie, insomma l’inte-ra gamma di ecosistemi toccati da uncorso d’acqua alpino.Tutto questo in poco più di una deci-na di chilometri. Istituita nel 1990 su

una superficie di 7700 ettari, l’areaprotetta comprende la sequenza dispecchi d’acqua dove il Re di pietra èuso specchiarsi. È dai loro emissariche inizia la storia che terminerà 652Km a oriente, nel Mare Adriatico. L’inizio “ufficiale” è a 2020 m di quota,sancito da una targa su una roccia. Edè subito un ambiente prezioso, sanci-to da una Riserva naturale speciale: laTorbiera del Pian del Re. Oltre quat-trocento ettari di varietà biologica, re-litti di flora glaciale approdati qui piùdi duecentomila anni fa, ma soprattut-to un raro anfibio endemico, la sala-mandra di Lanza. Preziosità che ne-cessiterebbero di più avveduta tutela,limitando ad esempio l’eccessivo af-flusso di auto sul piano nei week-endestivi. Insomma, “un Po più rispetta-to”. La successione di altopiani e com-be lacustri ai piedi del Viso costituisceun insieme noto e apprezzato, comeconferma il gran numero di cammina-tori che ne percorre i sentieri. Più spo-radiche sono invece le presenze neitratti vallivi, dove la presenza del bo-sco aggiunge varietà naturalistica. Lafascia boscata inizia dopo Pian Melzécon la comparsa dei larici che accom-pagnano il fiume fino a Crissolo. Laconfluenza con il Lenta sancisce unacambiamento di condizione: da ru-scello a torrente. Le cascate si alterna-

no a pozze trasparenti, dove non è raro osservare il merlo acquaiolo.Intorno, la tipica vegetazione riparia-le con salici e ontani. Sul pendio al-l’envers, bella vegetazione di latifo-glie miste con prevalenza di casta-gno. Un insieme da apprezzare conocchio attento, percorrendo il sentie-ro che segue il percorso della storicaVia del Sale.Il passaggio del Ponte della Counsignàsegna un altro cambio di ambiente.La valle si apre nella conca di Paesanae il Po frena la sua corsa. Colmato granparte del dislivello che lo separa dallapianura, l’andare si fa disteso, un indu-giare tra piccole anse e laghetti, regnodelle trote e dei macro invertebrati ac-quatici. La quota è 640 metri, ma a oc-cidente i 3841 metri della piramide delViso incombono: è davvero poco l’in-tervallo che separa nel Parco del Pocuneese l’alta montagna dal piano.

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La sorgente del Po a Pian del Re (foto Toni Farina)

Il Po nella pianura cuneese (foto Renzo Ribetto)

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IParco naturale Val Troncea

Oasi di neve silenziosa

Testo e foto di Toni Farina

In alta Val Chisone, un lembo di mon-tagna protetta ai confini della monta-gna luna park. La Val Troncea segnainfatti il limite meridionale della ViaLattea, la costellazione di impianti afune che ha nel vicino Sestriere il suoluogo emblematico. Le montagne chegratificano lo storico colle con pendiiideali per lo sci sono infatti le stesseche distendono sulla Val Troncea pen-denze più adatte agli ungulati che agliumani, facendone un terreno privile-giato per le valanghe nella stagione

della neve. Grazie a queste caratteri-stiche la valle si è sottratta a funi e tra-licci e si presenta quasi come “un’ol-traggiosa” oasi di quiete invernale adue passi dalla ressa delle piste.

L’Area protettaSubito dopo Pragelato la Valle delChisone muta direzione e prende ilnome di Val Troncea. Istituito nel 1980su una superficie di 3.280 ha, il parcooccupa quasi interamente la valle. Iconfini seguono i crinali: sul lato de-

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I PARCHI

stro dal Monte Morefreddo al MonteBarifreddo; sul lato sinistro, dalBarifreddo al Monte Banchetta.L’ambiente è di media e alta monta-gna, caratterizzato da saliceti alvealisul fondovalle e conifere sui versanti,lariceti in particolare, talora misti a pi-no cembro, favorito dal clima marca-tamente continentale. Di particolarerilievo sul versante destro il bosco dipino uncinato Inverso di Laval, unprezioso evento di natura purtroppoescluso dall’area protetta. Notevole invalle la fioritura nel cuore della stagio-ne estiva, con endemismi importanticome Campanula cenisia. La fauna ètipicamente alpina, con il recente ri-torno del lupo e la reintroduzione ne-gli anni ‘80 dello stambecco. Oggi la Val Troncea è nota soprattuttoai praticanti dello sci da fondo che neapprezzano la splendida pista, battuta(condizioni di sicurezza permetten-do) fino alla Bergeria del Meys, a oltre2000 metri di quota. Le ricchezze dellaValle tuttavia non si limitano al biancodella neve e al mosaico di cromatismidella fioritura, ma hanno anche il colo-re ambrato della calcopirite cuprifera,minerale dal quale si estrae il rame. Unaricchezza non evidente, perché nasco-

sta nel sottosuolo. Manifeste sono inve-ce le testimonianze dell’intensa attivitàestrattiva che nella seconda metà del1800 dettava i ritmi dell’economia edella vita in valle. Li si incontra nelVallone del Beth e nei dintorni del colleomonimo (a 2800 m di quota): imboc-chi di gallerie, ruderi, i resti del sistemadi collegamento con teleferica per il tra-sporto del materiale sul fondovalle.L’attività si protrasse fino alla primaveradel 1904, quando dai pendii del MonteGhinivert scese un’enorme massa dineve che travolse e uccise 81 minatori.Una targa sul fondovalle, nei pressi diTroncea, ricorda il tristissimo evento.

Nel Parco informati

Sede amministrativa con centrovisita e museo: via della Pineta,fraz. Ruà, Pragelato. Tel. 0122 78849;E-mail: [email protected] Turistiche: IATPragelato, piazza Lantelme; sitoInternet: www.montagnedoc.it; e-mail: [email protected];tel. 0122 78844.

Val Troncea: con gli sci da fondo verso la Borgata Laval

In alta Val Troncea, nella zona detta Lendiniera

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B Nel Parco informati

Sede a Salbertrand, via Fransuà Fontan 1 ; tel. 0122 854720; e-mail:[email protected]://www.parks.it/parco.gran.bosco.salbertrand/index.html

Parco naturale Gran Bosco di Salbertrand

Un mantello di conifere per l’Alta ValsusaTesto e foto di Toni Farina

Serre Blanche alle Grange Randuinper verificarlo… e adagiare lo sguardosu uno splendido mantello di conife-re, che dall’angariato fondovalle sale alambire lo spartiacque, interrotto sol-tanto da ariose radure. Abete bianco,abete rosso e pino silvestre alle quoteinferiori, sostituiti più in alto da pinocembro e larice. Alberi di eccellentequalità: per il loro vigore i popola-menti di abete rosso e pino cembro diSalbertrand sono iscritti nel Libro na-zionale dei boschi da seme. L’abeterosso in particolare è presente al GranBosco con un ecotipo resistente al cli-ma secco dell’alta Val di Susa. Il cem-bro è invece protagonista nel PiccoloBosco, ovvero il settore orientale delparco, separato dal “fratello maggio-re” dal vallone del Rio delle Gorge.La ricchezza vegetale si manifesta an-che con la presenza di specie erbaceerare, quali Corthusa matthioli, unaprimulacea con poche stazioni sulversante meridionale delle Alpi, eMenyanthes trifoliata, caratteristicadelle zone umide. Nel Parco si trova auna quota eccezionale: 2350 metri,nei pressi del Col Blegier, sul crinaledivisorio fra Valsusa e Val Chisone,dove l’omonima torbiera aggiunge unprezioso tassello alla già consistentevarietà naturalistica.L’Area protetta costituisce un habitatideale per una fauna ricca e varia.Uccelli soprattutto (gran parte dellespecie alpine vi sono rappresentate),piccoli mammiferi e ungulati, fra iquali una consistente popolazione dicervi e caprioli, a suo tempo re-intro-dotti e ragione di grattacapi: abbatti-menti selettivi e catture sono stati in-fatti necessari per mantenere il giustoequilibrio tra presenza animale e fore-stale. Un nuovo e insperato aiuto in talsenso è arrivato dalla ricomparsa del

lupo, la cui presenza, accertata e con-tinua a partire dal 1997, è oggetto ditutela e di studio.Abbattimenti di animali in un parco:può apparire una contraddizione, macosì non è. Nel Gran Bosco gli inter-venti umani sono necessari a garantireun’equilibrata evoluzione. Interventinon limitati a finalità economiche main osservanza e applicazione del Pianonaturalistico che prevede tra l’altro laconservazione (e creazione) delle ra-dure, fondamentali per il manteni-mento della diversità biologica. Non èsuperfluo ribadirlo: il Gran Bosco nonè solo biomassa, ma un ecosistemacomplesso. Unico, irripetibile.

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I PARCHI

Basilica di Superga, Castello dellaVenaria Reale, Arsenale: per vedereframmenti del Gran Bosco non è ne-cessario salire le scale della romanaSegusium, ma bastano la città diTorino e il circondario, purché sianoluoghi che combinino arte, architettu-ra e storia. Perché “le Gran Bois” è an-che questo: la storia di un secolarerapporto di utilizzo e conservazione,l’un all’altro finalizzati. Condizionenon frequente nelle Alpi Occidentali,

caratterizzate piuttosto da un utilizzodissennato del patrimonio boschivo.Il risultato di questo rapporto sono700 ettari di foresta unica in Piemonte.In passato un valore soprattutto eco-nomico, oggi un importante valorenaturalistico e paesaggistico.

L’Area protettaUn atto davvero dovuto l’istituzionenel 1980 dell’Area protetta: bastano ipochi passi necessari per andare da

Il Gran Bosco visto dalle Grange Randuin

In bici nel Gran Bosco

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SSe i frati della Grande Chartreuse le giu-dicarono adeguate per erigervi un ere-mo una ragione ci sarà pur stata. Più diuna ragione: la collocazione strategicadel sito (su una importante via di transi-to) non basta infatti da sola a legittimarela scelta. Già allora, all’inizio del secoloXIII, queste montagne erano particola-ri: allo tesso tempo vicine e lontane, co-mode e disagevoli, accessibili e appar-tate. Nel Medioevo poi, le estese forestecostituivano un rifugio ideale: per mo-naci, eremiti, banditi, orsi, lupi...

L’Area protettaOsservati da Torino e dalla sua cintura, imonti del Parco naturale OrsieraRocciavré infondono un’ingannevoleimpressione di “portata di mano”. Sonomontagne “vicine” quelle dell’Orsiera,famigliari ai torinesi. Ma non per questosegnate da un ambiente scontato: è suf-ficiente sostituire l’occhio con il piedeper svelare il raggiro e apprezzarne lavera dimensione. E scoprire che i vallo-ni del Parco non sono semplici rughesull’orizzonte ma occasioni di viaggio.Inattese e impensabili. Chisone, Susa, Sangone: tre valli per treversanti. Solatio e spoglio il primo, ec-cezion fatta per l’esteso lariceto di PràCatinat. Ombreggiato, di fitti boschi ilsecondo, ideale appunto per dare rifu-gio ai frati della Grande Chartreuse.Esposto a mattino il terzo, con gli spec-chi di Avigliana a riflettere la luce delprimo sole. D’inverno il versante valsu-sino è poco più di un rapido sguardogettato dai finestrini dell’auto, in corsasull’autostrada. Altre sono le mete deituristi domenicali e nei valloni del RioGerardo, del Gravio e dell’Orsiera è so-lo brina, neve e silenzio. D’estate poi,gran parte dei visitatori si ferma nei din-torni dell’invitante Pian Cervetto, o almassimo si spinge fino ai rifugi, attirato

dal rito della polenta. Le alte quote sonoprerogativa di pochi escursionisti, spessoalemanni o fiamminghi, culturalmentepiù inclini all’esplorazione. Diversa è invece la situazione sul lato ValChisone: Pian dell’Alpe, Prà Catinat e laconca del Rifugio Selleries offrono unambiente più immediato e, soprattutto,agevolmente raggiungibile con mezzimotorizzati. La Val Sangone, infine, è peramatori, per escursionisti dal palato buo-no, che non temono le lunghe cammina-te avvolti dalla foschia. Consci che, soprala nebbia, c’è sempre il sole…E sole generoso si augurano quanti han-no in programma il Tour dell’Orsiera.Ideato dalle Guide del Parco, il tour per-mette di raccordare le tre valli con unacinque giorni da rifugio a rifugio (tutti rin-novati e accoglienti). É il sistema miglioreper conoscere gli angoli più nascosti e in-teressanti dell’area protetta. Istituito nel 1980 e ampliato nel 1985, ilParco Orsiera Rocciavré è ormai una real-tà consolidata. Gli 11.000 ettari di territo-rio tutelati ospitano una flora e una faunaricche e varie. Nel 1995 è tornato anche lostambecco, che si appresta a sostituire suiqueste montagne il mediterraneo muflo-ne, emblema suo malgrado di una passa-ta e approssimativa gestione faunistica. Edopo lo stambecco, il gipeto e il lupo. SuiMonti dell’Orsiera la catena ecologicatende a chiudersi. Per rafforzarla mancaall’appello soltanto lui, il timido e simpati-co plantigrado che a queste montagne haprestato il nome. A quando il suo ritorno?

Nel Parco informatiSede amministrativa e operativa a Bussoleno, Frazione Foresto, via San Rocco 2; tel. 0122 47064; e-mail: [email protected]://www.parco-orsiera.it/;http://www.parks.it/parco.orsiera.rocciavre/index.html

Parco naturale Orsiera Rocciavré

Montagne da lupi, orsi e… Certosini

Toni Farina

I PARCHI

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Val Chisone, Lago del Laus; in alto, la Cristalliera (foto Luca Giunti)

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colonie di svasso maggiore, che animale superfici dei laghi con le parate di cor-teggiamento a inizio primavera. Seppurnon vasta, l’Area protetta comprendehabitat diversi. In primis i due laghi, ge-melli ma difformi sotto il profilo am-bientale: il Lago Piccolo (60 ha) che ri-versa le proprie acque nel Lago Grande(90 ha), presenta infatti doti di naturalitàdecisamente maggiori, essendo circon-dato da boschi e da una discreta fascia dicanneto. Completano la componente“umida” la Palude dei Mareschi, a norddel Lago Grande, e la Torbiera di Trana,a sud del Lago Piccoloe purtroppo esterna alparco. Fa da compen-dio ambientale l’appa-rato morenico che cir-conda i laghi. Le colline a ovest delLago Piccolo sono ri-coperte da boschi dicastagno, carpino efrassino e ospitanouna fauna ricca e varia.Le colline centrali diMontecapretto, a norddel Lago Grande, sonoinvece caratterizzateda una maggiore xero-termia che favoriscespecie come la rove-rella, la robinia e il ci-

Nel Parco informatiSede del parco e centro visite sulla riva ovest del Lago Grande, in via Monte Pirchiriano, 54, Avigliana; tel. 011 9313000 - 9341405; e-mail: [email protected] http://www.parks.it/parco.laghi.avigliana/index.html Visite guidate: "Antichi Passi", tel. 338 7124386, e-mail: [email protected]

LParco naturale dei Laghi di Avigliana

Zone umide di frontiera

Testo e foto di Toni Farina

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I PARCHI

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La frontiera che separa l’intensa urba-nizzazione dell’area torinese dai primisussulti della catena alpina. Un limitenon cartografico ma evidente: a orientei satelliti della città, che preme smaniosadi imporre i suoi ritmi e le sue ansie; aoccidente, lembi di natura e religiosità: iboschi, la Sacra, i crinali che si alzanoverso Pian dell’Orso, verso l’Orsiera.

L’Area protettaUn frammento di territorio dove i ghiac-ciai hanno lasciato testimonianze benvisibili del loro transito. L'origine deiLaghi di Avigliana risale infatti alle ulti-me due grandi glaciazioni pleistoceni-che, rissiana (230.000 anni fa) e würmia-na (120.000 anni fa). A quest’ultima sideve la responsabilità diretta della for-mazione dei laghi, quattro in una faseiniziale, due dei quali dei quali ben pre-sto interrati dai detriti che scendevanodalle colline circostanti.Istituito nel 1980 su una superficie di 410ettari, il Parco naturale dei Laghi diAvigliana costituisce l’unica rilevantearea umida del Piemonte occidentale,allo sbocco di un importante corridoiodi transito per l’avifauna come la ValSusa. Sono centinaia i migratori che fre-quentano gli specchi d’acqua nei perio-do di passo. Folaghe, moriglioni, moret-te, alzavole, mestoloni e fischioni, masoprattutto una delle più significative

liegio. A partire dagli anni ’60, il crescen-te carico antropico ha fortemente pena-lizzato la salute dei due laghi, il Grandein particolare, soggetto a vent’anni discarichi incontrollati. Per rimuovere laconsistente quantità di fosforo accumu-

lata, l’ente di gestione ha avviato un’in-tensa opera di risanamento che ha sorti-to tangibili risultati (il Lago Grande è tor-nato balneabile). L’opera proseguirà neiprossimi anni con l’obiettivo di ricostituireun ambiente integro prossimo alla città.

I laghi di Avigliana visti dall’alto

In bici sul Lago Grande

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RVVista da Oriente, pare un tutt’uno conle montagne. In realtà si tratta di unsemplice inganno prospettico, svelatocon l’osservazione dagli altri punticardinali. Da questi la Rocca palesa lasua vera dimensione: di scoglio solita-rio nel mare della piana, alto 162 metrie distante 7 chilometri dai rilievi piùvicini. Una dimensione quasi unica: il fenomeno geo-morfologico dellaRocca di Cavour è infatti appannaggiopressoché esclusivo del Pinerolese.Istituito nel 1980 come parco naturale,dal 1995 la Rocca è Riserva naturaledel Parco del Po cuneese. Pur non vasta (75 ha), l’area ha ungrande interesse ambientale, geologi-co innanzitutto. La Rocca di Cavourcostituisce infatti un eccezionaleesempio di inselberg (monte-isola),ovvero un rilievo isolato, ma collegatonel sottosuolo alla più vicina catenamontuosa. La Rocca costituisce ancheun’isola di biodiversità. Unica zona dibosco nel raggio di una decina di chi-lometri, il rilievo rappresenta per l’avi-fauna una vera oasi. Lo dimostrano le

oltre 100 specie osservate, delle quali50 nidificanti. Specie non comuni co-me il picchio muraiolo e il gracchiocorallino. O come il luì, presente intutte le sue varianti grazie alla varietàdi ambienti. Versanti opposti, opposti habitat, spe-cie alpine e mediterranee a pochi pas-si le une dalle altre. Sul fresco latonord prosperano essenze montanequali mirtillo nero e giglio di SanGiovanni. Sul caldo lato sud prevaleinvece la vegetazione termofila (rove-rella, robinia). Una vera curiosità lapresenza del cappero, probabile re-taggio del castello medievale e deicommerci con la Liguria.

Riserva naturale Rocca di Cavour

Frammento di Alpi nella pianura

Testo e foto di Toni Farina

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I PARCHI

Nel Parco informati

La Riserva è affidata al Parco delPo cuneese, sede in via Griselda 8a Saluzzo; tel. 0175 46505; e-mail: [email protected]://www.parks.it/parco.po.cn/par.html;http://www.parcodelpocn.it/

Riserva naturalistica Orrididi Foresto e Chianocco

Orridi, anzi, bellissimi

Testo e foto di Toni Farina

Riserve naturali “speciali” davvero Forestoe Chianocco. Per il paesaggio e per l’am-biente naturale. Profonde incisioni origi-nate dall’azione erosiva dell’acqua, gli or-ridi hanno già nel nome un elemento direpulsione e insieme di attrattiva. Un fasci-no potente emana da queste bizzarriegeologiche. In Piemonte se ne contanoben 64 e tra questi Chianocco e Forestosono tra i più spettacolari, e soprattutto frai più ricchi di preziosismi naturali.Sopra agli abitati omonimi, non lontanel’una dall’altra, le due riserve riassumonol’ambiente a forte componente xerotermi-ca che caratterizza il versante sinistro oro-grafico della media Val di Susa. Al di là de-gli aspetti morfologici, le due aree tutela-no particolari endemismi. Il ginepro coc-colone (Juniperus oxicedrus) è la ragionprima dell’istituzione nel 1998 dellaRiserva naturale di Foresto. Questo arbu-sto tipicamente mediterraneo ha infattitrovato sulle bancatecalcaree ai lati del RioRocciamelone un climacongeniale. La Riservaoccupa una superficiedi 179 ettari, dal fondovalle al Truc SanMartino.Ancora un esclusivo in-dizio di Mediterraneo èall’origine dell’istituzio-ne nel 1980 dellaRiserva di Chianocco: il

leccio (Quercus ilex), specie arborea cheombreggia con una ventina di esemplari isoleggiati pendii ai lati del Rio Prebèc.Estesa su una superficie di 26 ettari, laRiserva comprende l’orrido e l’area sopra-stante dove, oltre al leccio, vegetano altreessenze termofile rare in Piemonte. E sesingolare è la vegetazione non da meno èla fauna, insetti e uccelli in particolare.Corvi imperiali, bianconi, falchi pellegrinie aquile: specie poco comuni, come pococomune è l’ambiente che le ospita.

Nel Parco informatiLe due Riserve sono affidate all’Ente digestione del Parco Orsiera Rocciavré.Sede a Foresto; tel. 0122 47064; e-mail: [email protected];www.parco-orsiera.itwww.parks.it/parco.orsiera.rocciavre-/index.html

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L’Orrido di Foresto

La Rocca vista da oriente

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NNelle Alpi Cozie, la Provincia di Torinogestisce direttamente quattro aree protette: tre parchi naturali (ConcaCialancia, Monte Tre Denti – Freidour,Monte San Giorgio) e una riserva natu-rale speciale (Stagno di Oulx).

L’area più alpina è Conca Cialancia. In un vallone laterale della ValGermanasca, compresa tra 1800 e 2850 metri di quota, 1000 ettari di territorio selvaggio, dalle caratteristiche tipiche dell’alta montagna. Propria-mente alpine sono la flora e la fauna,con l’importante presenza della sala-

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I PARCHI

Info

Provincia di Torino, via Bertola 34 Torino. Tel. 011 8615254- 011 8615259 - E-mail: [email protected] Internet:http://www.provincia.torino.it/territorio/sezioni/aree_prot_gev/aree_protette_prov/index_parchi

Le Aree Protette della Provincia di Torino

Testo e foto di Alessandra Pucci

mandra di Lanza, anfibio endemico del-le Alpi Cozie. Gli ultimi sussulti del cri-nale divisorio fra Val Chisone e ValSangone ospitano il Parco naturale delMonte Tre Denti – Freidour. Poco piùdi 800 ettari, a una quota compresa tra500 e 1450 metri. Nel Comune diCumiana, angoli di impensabile natura-lità a breve distanza da Torino. Marchiopaesaggistico del parco è l'inconfondi-bile profilo della cresta dei Tre Denticon l’avamposto Rocca Due Denti.Notevoli, grazie alla rete di sentieri, lepossibilità di escursioni, come notevolisono le possibilità per i climber sulla sto-

Di diversa tipologia è infine la Riservanaturale speciale dello Stagno di Oulx,o Lago Borello. Formatosi a metà ‘800quando da una torbiera nella piana diOulx vennero prelevate grandi quantitàdi materiale per la costruzione dellaGalleria del Frejus, costituisce di fattol'unica zona umida del fondovalledell’Alta Val Susa. Pur di dimensioni ri-dotte (83 ha), l’area ha forte valenza na-turalistica per la presenza di specie ani-mali e vegetali rarissime, come la grami-gna liscia, una piccola orchidea dai fioribianco-purpurei, la libellula Sympetrumvulgatum e il gambero di fiume.

rica palestra di arrampicata della RoccaSbarua. Un ambiente prealpino caratte-rizza il Parco naturale del Monte SanGiorgio. Nel Comune di Piossasco, 377ettari compresi fra i 300 metri del centroabitato e gli 837 metri della sommità delrilievo, eccezionale balcone panorami-co sulle Alpi e sulla pianura piemontese.Il particolare microclima secco e caldodella zona rende possibile la presenzadi specie mediterranee, sia animali siavegetali. Ed è proprio nella vegetazionela ricchezza naturale del Parco: oltre 400sono le specie censite, molte delle qualidi grande interesse per la loro rarità.

Laghi a Conca Cialancia

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I PARCHI

Parco regionale del Queyras

Un parco di natura, persone e coseFurio Chiaretta

Il Parco naturaleregionale del

Queyras si estendeper 65.000 ettari appe-

na oltre lo spartiacquedelle valli Pellice, Po eVaraita. Un ambiente dimontagna molto parti-colare, una "terra alta"che è rimasta a lungoquasi isolata. Da una par-te le impressionati gorgeserose dal Torrente Guilche rendevano difficilel'accesso dalla Valle del-la Durance; dall'altra lacatena alpina, con al-cuni colli (della Croce,Traversette e Agnello)che per secoli hannovisto il passaggio de-

gli abitanti dei due ver-santi delle Alpi: qui in-

fatti si parla una sola lin-gua – l’Occitano – e si è

sviluppata la stessa cultura.Molto diversa è invece l'oro-

grafia. Sul versante italiano visono lunghe valli parallele che

scendono gradualmente allapianura, mentre il Queyras è for-

mato da valloni che si ramificano,ricordando le dita di una mano. Ilpollice corrisponde all'isolato vallo-ne del Cristillan con Ceillac, poi daChâteau Ville Vieille si staccano i duevalloni dell'Aigue Blanche con Saint-Véran e dell'Aigue Agnelle conMolines e Fontgillard; quindi la Valledella Guil con Abriès e Ristolas, infinela breve Valle di Arvieux e Brunissard.I fondovalle e i paesi si trovano a quo-te piuttosto elevate, dai 1384 metri diChateau Queyras con lo scenograficoforte del XIV secolo, ai 2040 metri diSaint Veran, il comune più alto delle

Alpi, con le sue case in legno allineateper quasi un chilometro su un pendioben esposto al sole.

Otto station-villagesGli abitanti sono poco più di 2000, in8 comuni (Abriès, Aiguilles, Arvieux,Ceillac, Château Ville-Vieille,Molines, Ristolas, Saint-Veran), ma ifrancesi preferiscono dire huit sta-tion-villages: ovvero otto località tu-ristiche che hanno mantenuto le ca-ratteristiche di piccolo villaggio dimontagna. In effetti ogni paese delParco del Queyras ha saputo valoriz-zare i suggestivi centri storici, grazieal restauro attento delle grandi abita-zioni, a un sobrio arredo urbano, aun attento inserimento di nuovi edi-fici, che riprendono elementi e di-mensioni delle case di un tempo.Separati dal vecchio nucleo ci sonogli insediamenti moderni, con abita-zioni che talvolta si ispirano alle anti-che, oppure dichiarano la loro mo-dernità, senza intaccare la bellezzadel paesaggio.Ma quel che più colpisce è la calma deipaesi, l'alternarsi di negozi con gli in-gressi delle stalle, da cui si odono bela-re le pecore... Si direbbe quasi che i tu-risti siano assenti: invece ci sono, mad'inverno sciano o camminano con leracchette, in primavera fanno traversa-te scialpinistiche, in estate e autunnocamminano sulla fitta rete di sentierisegnalati. Una delle scelte del Parc duQueyras è stata proprio la valorizza-zione di un turismo per tutte le stagio-ni, con vacanze di almeno una settima-na: così è stato trasformato in vantag-gio quell'isolamento che appariva co-me un limite al suo sviluppo turistico.Il Queyras è lontano dalle grandi città,con una strada di accesso che si snoda,aerea e impressionante, sulle GorgesNelle gorges del Torrente Guil (foto Toni Farina)

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le, artigianali, turistiche e al migliora-mento del modo e del tenore di vita deisuoi abitanti, puntando al rispetto deivalori tradizionali, culturali, umani, ealla protezione dei monumenti e delletestimonianze del passato».Con questi principi, nel gennaio 1977nasce il Parco del Queyras: si tratta diobiettivi molto diversi da quelli dei no-stri parchi regionali, ma assai interes-santi. La protezione della natura vieneaffiancata alla valorizzazione di agri-coltura, allevamento, artigianato, e allosviluppo di un turismo rispettoso del-l'ambiente e strettamente legato a que-ste attività. «Nei paesi che vivono di tu-rismo, l'estetica del paesaggio è unafonte di reddito: lungi dall'essere in-compatibile con le attività della popo-lazione, la salvaguardia dell'ambientene è uno degli elementi organici (...).Lo strumento più sicuro di questa sal-vaguardia è il mantenimento dell'agri-coltura»: così scriveva Lamour nel1981, e la sua intuizione si è davverorealizzata nel parco.Oggi un migliaio di bovini e 7000 pe-core permettono la produzione di for-maggi di qualità e la valorizzazionedell'agricoltura biologica: qui sareb-be antieconomico l'utilizzo di fertilizzanti chimici e antiparassitari, mentre i

della Guil, mentre il Colle dell'Agnelloche lo collega al Piemonte è aperto so-lo d'estate. Pochi dunque possono rag-giungere il Queyras per una gita digiornata o per il week-end. Ecco allora la proposta di soggiorni diuna o due settimane, negli alberghettima soprattutto affittando case e appar-tamenti di proprietà dei queyrassini, ocostruiti da società d’interesse colletti-vo. Altre società locali hanno promos-so la realizzazione di impianti di risali-ta, piste da fondo e "itineraires-raquet-te", che richiedono meno investimenti,non danneggiano l'ambiente, utilizza-no piste forestali e si inseriscononell'"immagine" proposta dal Queyras:un parco dove la protezione della na-tura si integra con lo sviluppo econo-mico e la valorizzazione della cultura edell'architettura locale.

Concetti oggi abbastanza dif-fusi, ma che nel Queyras so-no stati elaborati già negli an-ni sessanta, quando altrovela cementificazione procede-va senza pietà.Merito anche di PhilippeLamour, un precursore della pianificazione territo-riale, che negli anni sessantaha trovato nel Queyras la suaseconda patria e il microco-smo dove sperimentare lesue intuizioni. Eletto nel1965 sindaco di Ceillac, avviala rinascita dello sperdutopaese dopo la disastrosa al-luvione del 1957; costituisceun Sindacato Intercomunalea Vocazione Multipla per svi-luppare la collaborazione fragli otto comuni del Queyras;inventa la Grande Traverséedes Alpes (GTA), l’itinerarioescursionistico di 400 km

dal Lago Lemano al Mediter-raneo, dotato di gîtes d'étape per ilpernottamento. Grazie alla GTA gliescursionisti scoprono il Queyras, do-ve nascono il Gr 58 e il Giro delMonviso, due tra i più frequentati trek-king delle Alpi occidentali. Infine pro-muove la costituzione del Parc duQueyras, uno dei primi parchi regio-nali francesi.

Un parco per la rinascita dellamontagna«L'obiettivo del Parc naturel régionaldu Queyras è di affiancare il rinnova-mento economico e sociale del territo-rio con la salvaguardia e la valorizza-zione dell'ambiente naturale e uma-no. A questo fine l'organismo di gestio-ne del parco offrirà la sua collabora-zione allo sviluppo delle attività agrico-

Nel Parco informati

Sede principale ad Arvieux, tel. 0033(0)4 92468820.Aperte tutto l'anno le case del parco a Guillestre e Ristolas, e il Musée du Soum a Saint Véran. Apertura dal 1 luglio al 31 agosto per le “Maisondu Parc” situate nelle altre località.Internet: http://www.pnr-queyras.com/;[email protected] de promotion du tourisme en

Queyras, www.queyras.com,sede ad Aiguilles, tel. 0033

(0)4 92467618.

prodotti naturali sono richiesti dai turi-sti, che li acquistano presso caseifici ealpeggi. Gli stessi prodotti sono in ven-dita alla Maison de l'artisanat, un mo-derno edificio in legno, e vetro pressoVille-Vieille, dove sono esposte anchele opere di decine di artigiani. In ognivillaggio ci sono infatti intagliatori e fa-legnami che realizzano mobili ispirati aquelli antichi e oggetti moderni, tutelatida un apposito marchio per le produ-zioni tradizionali. Ma anche ceramisti,produttori di profumi, oggetti in paglia,liquori e infusi di erbe alpine, giocatto-li... Dunque una riuscita integrazionefra artigianato, allevamento, agricolturae turismo. Fra natura, persone e cose.

I PARCHI

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Chateau Queyras (foto Toni Farina)

Nell’alta Valle del Guil; sullo sfondo il Monviso (foto Toni Farina)

Ampi spazi del Queyras (foto Furio Chiaretta)

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N 1Interreg III Alcotra MonvisoParchi naturali del massiccio del Monviso in reteAnna Gaggino, Domenico Rosselli

Nel 2000 i Parchi regionali naturali delMonviso (in Francia il Parco delQueyras, in Italia i parchi regionali delGran Bosco di Salbertrand, dell’OrsieraRocciavrè, della Val Troncea e delPo cuneese) univano le loroenergie, entrando insiemenel XXI secolo forti di una co-mune identità transfontaliera,promuovendo tramite questoInterreg una serie di studi ine-renti gli aspetti naturalistici, eco-nomici e sociali del territorio inquestione. Lo scopo principale delProgetto è stato quello di favorire lapartecipazione a un’identità europea,che qui trova le sue radici ideali nella co-mune storia e cultura della secolareesperienza degli Escartons. Fra gli obiet-tivi qualificanti la candidatura al ricono-scimento di questo territorio come MAB-Unesco. Le varie fasi del lavoro hannoavuto come base la comune volontà diagire dei soggetti partecipanti, un pre-supposto importante per fornire a unnumero più elevato possibile di operato-ri del territorio le basi di conoscenza perla valorizzazione e lo sviluppo armonicoe sostenibile delle realtà locali. I risultatidegli studi hanno confermato le peculia-rità culturali e naturalistiche del massic-cio, divulgate grazie all’edizione di alcu-ne pubblicazioni in distribuzione pressole sedi dei parchi.

Infohttp://www.parcodelpocn.it/;www.pnr-queyras.fr/

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I PROGETTI

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Infowww.escartons.eu;www.parconaturalevaltroncea.it

Interreg EscartonsQuattro secoli in comuneTesto e foto di Pierpaolo Massel

1343 – 1713: per quattro secoli le popo-lazioni, oggi italo francesi, di un’ampiaporzione delle Alpi Cozie hanno con-diviso vicende storiche, lingua e cultu-ra che hanno trovato, nella particolareforma di autogoverno rappresentatodalla “federazione” degli Escartons,l’espressione anche politico-ammini-strativa di un’identità condivisa, pre-corritrice di quella dimensione euro-pea che ancora oggi, fra mille difficoltà,stentiamo a definire.Nato nel 2006 per l’iniziativa dei parchinaturali Val Troncea, Gran Bosco diSalbertrand, Po cuneese e, per il territo-rio francese, del Parco regionale del

Queyras, l’Interreg Escartons ha comefinalità la costituzione di un progettoturistico che proprio nella tradizionestorica comune degli Escartons, trovi ilsuo elemento di caratterizzazione.La creazione di “Spazi Escartons” conplastici multimediali, la pubblicazionedi testi e DVD bilingue, anche con fina-lità didattiche, l’attivazione di un sitointernet, sono il presupposto per rin-novare l’interesse per questo ampioterritorio transfrontaliero che offre, ol-tre a pregevoli peculiarità naturalisti-che, le espressioni ancora tangibili diuna cultura e di una tradizione degnedi essere conosciute e tramandate.

La Casa degli Escartons a PragelatoFoto Domenico Rosselli

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I PROGETTI

Parchi per tutti

Interventi per l’accesso a fruitori disabiliLaura Castagneri

NNel 2005 è stato finanziato dall’UnioneEuropea attraverso il programma dicooperazione transfrontaliera INTER-REG III A – ALCOTRA il progetto “Unamontagna per tutti – turismo, disabilitàe fruizione del territorio montano”,promosso dalla Comunità MontanaVal Sangone, al quale hanno aderitodiversi enti tra i quali la Provincia diTorino e il Parco nazionale francesedella Vanoise. Il progetto, ora in fase dicompletamento, ha lo scopo di pro-muovere un turismo accessibile, rea-lizzando servizi, potenziando l’acco-glienza, sviluppando le opportunitàturistiche, culturali e sportive dei terri-tori montani in modo che possano ri-spondere alle esigenze di tutti, com-presi i soggetti sociali deboli nell’ecce-zione più ampia del termine (famigliecon bambini piccoli, anziani, disabili).Oltre a realizzare interventi di adegua-mento e abbattimento delle barrierearchitettoniche, si è cercato di dare vi-ta ad una diversa concezione del turi-smo montano e una nuova cul-tura dell’accoglien-

za, che risponda alle esigenze di tutti.Diversi parchi delle Alpi Cozie sonostati coinvolti in questo progetto, siacome partner, sia come beneficiari diinterventi realizzati dai soggetti attua-tori. Il Parco Orsiera Rocciavrè ha com-pletato un percorso con cartellonisticaidonea per la lettura tattile per non ve-denti o ipovedenti ed eliminato le bar-riere architettoniche per disabili moto-ri per raggiungere i Laghi Paradiso, do-ve è presente un centro visita.All’interno del Parco, il ConsorzioPracatinat organizza soggiorni pergruppi di persone diversamente abili.Il Parco dei Laghi di Avigliana, che giàdisponeva di aree attrezzate accessibiliai disabili (al Lago Piccolo con annessopunto di ristoro e al Lago Grande concapanno di osservazione per l’avifau-na), ha realizzato un percorso guidatoadatto anche a non vedenti o ipove-denti e pubblicato una guida sulla fau-na per la lettura tattile e in braille.Il Parco del Gran Bosco di Salbertrand,ha reso accessibile anche ai visitatorinon deambulanti l’area attrezzata dellaPinea e il sito della ghiacciaia,costruendo in loco dei servizi igieniciper disabili. Nella Riserva naturale

dello Stagno di Oulx la Provincia diTorino ha allestito un sentiero ac-

cessibile anche ai visitatori nondeambulanti e ipovedenti con

un’area panoramica di sostae cartellonistica in braille.

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Stambecco sulle Alpi Cozie

Storia di un ritornoTesto e foto di Roby Janavel

AAnimale mitico, incarnazione del dia-volo, le parti del suo corpo eranoconsiderate panacea per i più svariatimali: ecco perché lo stambecco si èestinto sull’arco alpino, con solo unaridottissima popolazione residua al-l’inizio dell’800 nel massiccio delGran Paradiso. Salvato dalle RegiePatenti dei Savoia nel 1821, dall’isti-tuzione nel 1922 del primo ParcoNazionale, il Gran Paradiso, lo stam-becco torna sulle Alpi Cozie nei primianni ’70 del secolo scorso, grazie aduna serie di reintroduzioni curatedalle province di Torino e Cuneo,dalla Comunità Montana Val Pellice,dai parchi naturali Val Troncea eOrsierà Rocciavrè e, sul versantefrancese, dal Parco regionale delQueyras. Interventi di reintroduzionedistribuiti in oltre un trentennio e nonsempre coordinati fra loro, ma a met-tere d’accordo tutti ci hanno pensatogli stambecchi: dalle prime colonieisolate, gli animali hanno iniziato aspostarsi creando dei corridoi di col-legamento fra le popolazioni in cre-scita nelle valli. Oggi, percorrendo isentieri d’alta quota dalla Val Mairaalla Val Susa, è sempre più frequentel’incontro con questo splendido ani-male, mito e simbolo delle Alpi.Nelle Alpi Cozie, sul versante italia-no, ne vivono oggi circa 700-800esemplari. Sulla catena alpina euro-pea lo stambecco è oggi presente con

oltre 35.000 esemplari, di cui la mag-gior parte è localizzata in Svizzera(oltre 15.000 esemplari). Sulle Alpiitaliane si sono costituite oltre 60 co-lonie, con una distribuzione ancoramolto frammentata. Sono però pre-senti ampie zone di territorio poten-zialmente idonee al ritorno di questoanimale simbolo delle Alpi.

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I PROGETTI

Lago Grande di Avigliana

Cronaca di un risanamentoClaudio Rolando

FFra le finalità dell’istituzione nel 1980del Parco naturale dei Laghi diAvigliana rientrava il ripristino dellecondizioni idrobiologiche dei due ba-cini. Il Lago Grande, in particolare, sitrovava in condizioni assai critiche: de-cenni di accumulo di sostanze nutrien-ti (soprattutto fosforo e azoto) ne ave-vano infatti provocato un’eccessivaeutrofizzazione (accumulo di quantitàcrescenti di energia sotto forma di so-stanza organica).Grazie ad interventi sul prelievo idrico,realizzati all’inizio degli anni ’90 su ini-ziativa congiunta del Parco e delComune di Avigliana, è migliorata sen-sibilmente la qualità del Lago Piccolo,

Si può davvero defini-re un progetto di mo-bilità compatibile – inquesto caso tra uomi-ni e rospi - quello at-tuato dai Parco natura-le dei Laghi diAvigliana nell’ambitodell’Interreg III A“AQUA”. Lo strata-gemma tecnico va sot-to il nome generico di“rospodotto”, ovveroun by-pass che permette ai rospi diraggiungere nelle tre settimane a ca-vallo dell’equinozio di primavera i si-ti di accoppiamento, senza finire

Rospodotto ai Laghi di Avigliana

Un ponte tra uomini e animaliClaudio Rolando

le cui acque sono passate dalla condi-zione di “scadente” a quella di “suffi-ciente” (dati A.R.P.A. 2006).Più problematici si sono invece rivelatigli interventi nel Lago Grande. Scartatesoluzioni costose e di difficile attuazio-ne, si è deciso di posare un semplicetubo del diametro di mezzo metro che,pescando sul fondo, preleva acquaquando il lago comincia a riversarsi nelCanale Naviglia. Basato sul principiodei vasi comunicanti, il metodo si è ri-velato efficace: in soli tre anni il lago èinfatti passato dalla condizione di iper-trofia a quella di eutrofia. La strada delrisanamento definitivo si può dire im-boccata.

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schiacciati sotto ruote dei mezzi intransito. Il primo sistema realizzatoconsisteva nel collocare una rete o unnastro di plastica dell’altezza di unatrentina di centimetri lungo il bordo amonte della strada. I rospi, incapacidi saltare, dovevano così seguirel’ostacolo fino alla discontinuità delsottopasso. Successivamente le reti ei nastri di plastica sono stati in partesostituiti con assi di legno, rivelatisipiù efficaci. Si è infine realizzato unsistema misto che alterna tratti conbarriera in cemento ad altri protettida assi o nastri di plastica. Realizzato sulla strada che unisce lefrazioni Grignetto e Bertassi, il rospo-dotto permette agli animali di raggiun-gere incolumi la zona umida deiMareschi. Gli studi condotti dal Parcostimano che l’area in questione sia uti-lizzata da 2.500 - 4.000 individui, conuna netta prevalenza di maschi.

Lago Grande di Avigliana (foto Valentina Mangini) Barriere di legno del rospodotto

Rospo comune in fase di accoppiamento (foto Olga Scarsi)

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Gli itinerari

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Due proposte classiche e unanovità. Fra le prime non potevanon rientrare il Giro delMonviso. Noto e frequentato,l’anello intorno alla montagnasimbolo delle Cozie costituisceuno degli itinerari più bellidell’arco alpino. Un itinerarioper tutti, caratterizzato dadislivelli e durata più cheaccettabili, in particolare serapportati alla grande varietà di ambienti distribuiti lungo il percorso.La varietà di ambienti è anchela cifra dell’itinerariodenominato “Il Sentiero deiParchi”. Una primizia, doveperò durata e impegno sono diben altra levatura. Un veroviaggio dalla Val di Susa allaVal Varaita, collegando fra lorotutte le aree protette interessatedall’Interreg Monviso. Ancora infase preparatoria, il percorsosarà promosso proprio a partireda questa estate. Classica è infine anche la terzaproposta. Dai passi ai pedali,dai sentieri alle strade storiche,come la Strada militaredell’Assietta. Fatica e dislivellinon per tutti, un percorso adattoa pedalatori allenati. Il lorocompenso è un insieme di ampiorizzonti e notevolitestimonianze della passataattività bellica. Paesaggio estoria in sella alla bicicletta.

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Sul Colle di Viso (foto Toni Farina)

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ITour del Monviso

Girotondo intorno al Re di Pietra

Testo e foto di Toni Farina

Incomincia molto tempo prima il girodel Viso. Nell’andirivieni sui meridianidella terra sabauda, o su una cima del-le tante montagne piemontesi, scru-tando l’orizzonte alla ricerca di certez-ze. Il Viso è un appuntamento mai di-satteso. Un riferimento geografico edesistenziale, una presenza rassicuran-te. Per questo lo si costruisce nellamente, il giro del Viso. Lo si desidera. E infine si sale a Pian del Re.

Primo giornoE si soffre a Pian del ReL’oltraggiosa presenza di automezzirende il luogo tutt’altro che “regale” e,per questo, i camminatori vi si soffer-mano poco, il tempo di preparare ilsacco e salutare il Po. Anche il padredei fiumi italiani lascia spedito la pianaalpestre: corre rapido verso valle, ver-so la non lontana pianura, dove altre etestarde saranno le insidie. I cammina-tori vanno a monte. A passi lenti e ca-denzati, barra a mezzogiorno, un oc-chio alla via e un altro al Re di Pietra.Foschie permettendo, la sua è una pre-senza costante, in alto come in basso,riflesso negli specchi liquidi collocatida Madre Natura lungo il tragitto.Primo della serie il Fiorenza, allungatoin una comba a mezz’ora dall’avvio.Secondo incontro il Chiaretto… di no-me e di fatto. Gemma turchese (retori-ca concessa) in strategica posizionenei pressi di un crocevia di sentieri, illago impone una sosta: il Viso riflessonelle acque azzurrognole è un eventoimperdibile. Ingrediente indispensabi-le la luce del mattino, il pomeriggioporta ombre sul Chiaretto…Trascurate le vie per il RifugioGiacoletti e per Pian Melzè, si prose-gue con barra fissa a mezzogiorno at-traverso il Vallone del Rio dei Quarti.Meta intermedia il gran corridoio mo-

renico compreso fra il Viso Mozzo e ilViso (intero), caos minerale dove lepiante pioniere tribolano a iniziare illoro lavoro. La mulattiera si destreggiafra massi sparsi e conduce senza ec-cessivi affanni al Colle di Viso, dove leprospettive mutano e lo sguardo si di-stende sull’altipiano delle Sagnette,con il Lago Grande in primo piano.Una sintesi perfetta: difficile davveroimmaginare un viatico migliore per latappa del giorno a venire. Ed è difficileimmaginare un luogo migliore del vici-no Rifugio Quintino Sella per trascor-rere la sera, con il Sovrano che si dis-solve nel crepuscolo. E poi la notte,quando le luci di paesi e città fanno dacontrocanto alle stelle, e il Re di Pietradisegna la sua ombra nel buio d’occi-dente.

Secondo giornoDove si va fra nobili cembriIl tempo di abbandonarsi al sonno ed èsubito alba. Arriva presto la luce suquesti spalti affacciati a oriente. Paesi ecittà sono ancora addormentati che iraggi radenti del sole già filtrano nellefinestre del rifugio addolcendo la pra-tica del risveglio. È un piacere scende-re in loro compagnia sull’altipiano ecamminare guidati dalla propria om-bra allungata sulle rive del LagoGrande.Ben altre sensazioni, e fatiche, speri-mentano gli aspiranti alla vetta delViso nello scarpinare come capre ver-so il Colle delle Sagnette, e più in alto,tra sfasciumi, terriccio e neve dura co-me granito. Senza neppure il confortodella solitudine: sono sempre in tanti acimentarsi su quelle chine instabili, at-tirati dai 3841 metri isolati nel cielo del-le Cozie. Non sono di meno a cimen-tarsi nel tour, ma ben più libero è il lo-ro incedere mattutino nella conca.

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GLI ITINERARI

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Parte da lontano il giro del Viso. Dalle colline del Monferrato e dell’Astigiano,tra filari di vigna e campanili sui crinali. Dalla pianura vercellese, tra risaie e campanili riflessi in distese di acque ferme.

Al Lago Fiorenza, salendo al Rifugio Quintino Sella

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il Vallone di Vallanta. Si cambiano an-cora una volta ambiente e direzione.Da ponente a maestrale, dal bosco allepraterie alpestri, da una miriade di tor-nanti a una linea retta. Carta canta:Vallanta è una freccia, profondamenteinfissa nel lato occidentale del massic-cio. E così si va diritti, in comoda e co-stante ascesa fra alpeggi, praterie e fi-schi di marmotta, mentre le ombre daoccidente si impadroniscono del fon-dovalle ricacciando la luce sui bastionidi Punta Caprera. Ritorna anche ilSovrano. Un “Viso” diverso, scono-sciuto alla gente del piano, ma l’animaè sempre quella: pietra e ancora pietra.Una fuga di lastre di rocce ofiolitiche,un profilo ardito, è il Viso di Vallanta.La luce del tardo pomeriggio ne evi-denzia i dettagli, mentre si muovonolenti gli ultimi passi della giornata.

Terzo giornoOltre confine, a “cercare fiori diversi”L’alba? È altrove, oltre quella barrierafredda e repulsiva. Arriva tardi il solein quest’angolo delle Cozie. E forse èun bene, perché così si risparmianofatica e sudore sulla ripida china sopra al rifugio.

Sul Colle di Vallanta, si cambia ancora.Orizzonte, montagne, Paese. Oltre con-fine, “non si trovano fiori diversi” ma di-versi spazi, inusuali per le montagnepiemontesi. E soprattutto si trova un di-verso modo di gestire il territorio, anchequesto inusuale per le Alpi nostrane.Parc regional du Queyras, eccellenteesempio di compromesso fra tutela am-bientale e turismo, dimostrazione tangi-bile di convivenza fra esigenze troppospesso ritenute inconciliabili. L’ingressoin Queyras mette di buon umore.Raggiunti i cuscini erbosi intorno al LacLestio, si va in piano al Refuge du MontViso mentre alle spalle il Viso (con l’ac-cento sulla “o”) cambia ancora volto.Da questo lato il Sovrano è più discreto,una montagna fra le tante, conscio cheil suo dominio è altrove. Un dominionon lontano: il pomeriggio a disposi-zione consentirebbe di chiudere il tourin giornata, tuttavia perché privarsi delpiacere di starsene placidamente sedutidavanti al rifugio a lasciar decantarel’acido lattico accumulato il giorno pre-cedente. E, in attesa della sera, bighello-nare nella conca, accompagnando conlo sguardo la lenta discesa del sole sul-l’orizzonte transalpino. “Bonne nuit!”

Senza pena si salgono i domestici tor-nanti verso il Passo Gallarino, mentrealle spalle si sgranano le cime alpine:Monte Rosa, Cervino, Gran Paradiso,sagome eteree che ondeggiano nel-l’aria calda dell’estate. Passo di San Chiaffredo, si cambia.Valle, orizzonte, montagne. Dalla VallePo alla Valle Varaita, da mezzogiorno aponente, dalle Marittime alle Cozie piùdefilate. Non cambia però l’ambiente,pietre e ancora pietre, e laghi, di pietraanche loro. E il Monviso? Scomparso,eclissato al di là della Punta Trento(chissà se in Trentino c’è una Punta

Cuneo?). È faticosa la discesa nelVallone delle Giargiatte, angolo sel-vaggio, fucina di primordiali sensazio-ni. Contribuiscono alla suggestione lebizzarre sagome di roccia sulla Costadelle Ali Lunghe, limite sinistro del val-lone. Sul piano del Gias Fons si ritroval’erba… e si trovano gli alberi. Fin quidi piante d’alto fusto non c’è stata “om-bra” ma ora si rimedia alla grande.Ombre di larici, ma soprattutto di no-bili cembri: si entra nell’Alevé. La di-scesa si fa piacevole: fra delizie di resi-na e stridii di nocciolaie si prosegue suun tappeto di aghi fino all’incontro con

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Salendo al Colle delle Traversette dal Pian del Re

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Quarto giorno‘L Pertus ’d Visou, le Pertuisdu Viso, il Buco di Viso…“Bonjour. Et bon retour en Italie.”E per tornare in Italie si va a levante,verso quelle creste di roccia scabra la-sciando l’orizzonte transalpino allespalle. Un primo tratto morbido poi lerocce scabre prendono il sopravven-to. È sassosa la conca sotto l’alto Colledelle Traversette, storico passaggiotra i due versanti alpini, a quasi tremi-la metri di quota. Qualcuno azzardaipotesi di antichi transiti cartaginesi,tuttavia, colonne di elefanti quassù,tra pietre e nevai perenni, ci vuol nonpoca fantasia a immaginarli. E nonpoca fantasia ebbe chi, sul finire del1400, pensò di agevolare il passaggioaprendo un pertugio un centinaio dimetri prima del colle. Il pensiero di-venne progetto e quindi ardita realiz-zazione. Quattro anni di paziente la-voro, settantacinque metri di lun-ghezza e tre di larghezza nella rocciadelle Traversette, “’L Pertus”, primo“by-pass” alpino a scopo commercia-le. Le colonne di bestie da somaavrebbero così evitato il ripido pen-dio sul lato piemontese, insidioso conneve o ghiaccio.Distinto nei secoli da alterne fortune,il Buco di Viso assolve tutt’oggi il suocompito: una vera ciliegia sulla già

ricca torta del Tour. E così aurevoiralla Francia e alle azzurre cime

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Il tour in pillole

È la grande varietà di ambienti e di spunti di interesse lacaratteristica saliente del Giro del Monviso). L’alta montagna, i pascoli, i laghi, la cembretadell’Alevè, il Pertus. Un bocconeghiotto, digeribile per grandi e piccoli, condito tra l’altro dalla possibilità di camminare senza confini su ottime e ben segnalatemulattiere. L’anello classicoproposto di tre o quattro giorni si presta a numerose varianti conallungamenti possibili in Queyras,in Val Pellice e in Valle Po.Periodo ideale ovviamente la piena estate. Due i consigli nonscontati. Logistico il primo:riservare per tempo il posto neirifugi (il boccone è ghiotto eapprezzato). Estetico il secondo:evitare il primo giorno la salita alQuintino Sella a ora troppo tarda,sarebbe un peccato perdersi il riflesso del Viso nei laghiFiorenza e Chiaretto.

GLI ITINERARI

del Delfinato. Si va nel buio, per ritro-vare in breve la luce d’oriente, una lu-ce più velata, un orizzonte più sfug-gente. I caldi e umidi vapori della“non lontana pianura” indicano il ri-torno alla terra sabauda. Ha inizio unalunga discesa: incontrata la mulattieraproveniente dal colle, si proseguecon stretti tornanti giungendo in bre-ve a una casermetta diroccata.Insieme alla ferraglia arrugginita spar-sa tra i massi, il rudere racconta di unperiodo non lontano in cui quassùnon passavano escursionisti ma co-lonne di uomini in armi. Erano anni incui le Alpi erano una fortezza da di-fendere con le unghie e con i denti, eal Monviso nessuno faceva più caso.Al contrario, in questi ultimi passi deltour al Monviso è davvero arduo nonfar caso. Il Re di Pietra ritorna prota-

gonista. Gli si rende omaggio sulla ri-pida china verso Pian Mait, ma soprat-tutto sul Piano dell'Armoine, dove ilpercorso tornato più agevole consen-te di divagare con lo sguardo. In breve il sentiero diviene una largamulattiera che va in discesa sotto altebalze rocciose. Lasciato a destra ilsentiero detto “del postino”, diretto alRifugio Giacoletti, si prosegue in am-pi tornanti verso il fondovalle. Verso ilPian del Re, ormai vicino. Finisce il viaggio. A scelta si è: stan-chi, contenti, soddisfatti, distrutti, or-gogliosi, annoiati, felici… O forse ditutto un po’. Certo è che per ognuno ilMonviso sarà d'ora in poi un compa-gno diverso. E capiterà nelle grigiegiornate d’inverno di immaginarlolassù al sole, alto sopra le nuvole e gliumani affanni.

Salendo al Colle delle Traversette dal Rifugio du Mont Viso

Sosta sul Colle Gallarino

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GLI ITINERARI

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UIl Sentiero dei Parchi

Aldo Molino

Un itinerario lungo e impegnativo madi grande respiro che dalla Valle diSusa conduce al cospetto del Monviso.Ed è proprio il Monviso a rappresenta-re l’identità visuale del sentiero. Si salefino a 3.000 metri di quota percorren-do boschi e praterie, dove l’incontrocon la fauna selvatica è un evento fre-quente ed emozionante. Le Alpi Coziesono anche un cammino nella storia:queste sono infatti montagne che han-no visto una presenza umana fra le piùcontinuative. Carlo Magno, ricordatodal Sentiero dei Franchi, discese alleChiuse; i Valdesi del “Glorioso rimpa-trio” attraversarono la Dora e risalironoda Pragelato sino al Colledell’Albergian; i francesi conobberouna cocente sconfitta nel tentativo diaggirare i piemontesi lungo il crinaledell’Assietta. Alcune ipotesi vedonoinoltre Annibale risalire la Valle dellaGuil per affacciarsi alla pianura dalColle delle Traversette, che secoli piùtardi il Marchese Ludovico di Saluzzoavrebbe fatto traforare per agevolare iltransito delle carovane cariche di sale.

Il percorsoDue sono le porte di accesso:Salbertrand in alta Valle di Susa eMattie in bassa Valle, entrambi servitidalla linea ferroviaria Torino-Bardonecchia.

É tuttavia possibile inserirsi sul percor-so in molti altri punti. Nel primo caso siparte dall’ingresso inferiore del Parco naturale del Gran Bosco diSalbertrand, da dove si sale lungo ilSentiero GTA alle Grange d’Imbert e al-la Montagne di Seu, sede del RifugioArlaud. Si attraversa quindi lo spartiac-que, aggirando verso ovest la Testadell’Assietta e raggiungendo l’omoni-mo Colle. Lasciata la GTA, si prosegue

lungo la strada militare che tocca ilGran Serin, la Ciantinplagna, e il Colledelle Finestre. Scendendo a Usseaux evalicando il Chisone si giunge a Laux,dove si incontra il percorso provenien-te da Mattie. Quest’ultimo conduce aLaux dopo aver attraversato il territo-rio tutelato dal Parco naturaleOrsiera Rocciavré, toccando il Colledell’Orsiera, Pra Catinat e Fenestrelle. Da Laux si risale nel Vallone

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Un lungo percorso sui due versanti delle Alpi, un filo rosso che unisce i parchi naturali delle Alpi Cozie

Montagne del Queyras (foto Aldo Molino)

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dell’Albergian, sul lato opposto dellaVal Chisone, seguendo la via già per-corsa nel 1689 dai Valdesi del PastoreArnaud. Si incontrano il Colle e la testa-ta del Vallone di Massello, al cui centrosono le rovine della casermetta delMoremout. Mentre la GTA scende ver-so sinistra a Balziglia, il Sentiero deiParchi si mantiene in quota guada-gnando il Colle del Pis, porta d’accessoal Parco naturale della Val Troncea.Scesi nella valle, ci si lascia alle spalle leborgate Seytes e Troncea, sede del

nuovo rifugio omonimo, si risale la ValTroncea raggiungendo le sorgenti delChisone. Il successivo passaggio delColle Clapis permette di passare inValle Lunga (Val Argentera), all’AlpePiane, dove ci si può rifocillare nel-l’omonima azienda agrituristica. Unsentiero balcone conduce quindi a si-nistra del Vallone del Gran Miol versole caserme al Colle Mayt, toccando luo-ghi segnati da duri scontri durante lalotta partigiana. Lasciato il sentiero bal-cone che si mantiene in quota aggiran-

do la Punta Ramiére, si scen-de nel Parco regionalefrancese del Queyras, alpiccolo villaggio di Le Roux.Ci dirige quindi versoValpreveyre per risalire il BoisNois sino al Col Gilly. Dopoun tratto in alto sul crinale so-pra Ristolas si scende a LaMonta, da dove inizia la lun-ga risalita della Valle dellaGuil fino al Belvedere duMont Viso. Si prosegue nellavalle verso il rifugio omonimodove ci si immette sul Giro delMonviso. Giunti al rifugio oc-corre scegliere fra due alterna-tive: a sinistra, con ripida salitasi perviene al Colle delleTraversette per scendere inValle Po al Pian del Re (alber-go), nel territorio tutelato dalParco del Po-cuneese; a de-stra (sud) si perviene invece alColle di Vallanta, dal quale siscende al Rifugio Vallanta, equindi nell’omonimo vallonein alta Val Varaita, lambendocosì il Bosco dell’Alevé. Il passaggio al gran bosco dipino cembro costituisce undegno epilogo del Sentierodei Parchi.

GLI ITINERARI

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Il “Sentiero dei Parchi”

Non un itinerario nuovo tout court, ma l’unione di tanti percorsi già individuati e segnalati.La spina dorsale è costituita dal vecchio percorso GTA e dal francese GR58, il Tour delQueyras, su cui si innestano il neonato Tour dell’Orsiera e il collaudato Giro del Monviso.Nell’individuazione del tracciato si è tenuto conto dei posti tappa già esistenti, in mododa rendere fruibile il percorso a tutti i buoni camminatori. Il “Sentiero dei Parchi” è uncammino senza frontiere, un viaggio pedestre lungo e vario attraverso i parchi.Dall’Orsiera Rocciavré (capofila del progetto) al Po cuneese, passando per il Gran Boscodi Salbertrand, la Val Troncea e il Queyras. L’inaugurazione e la fruibilità sono previsti perl’estate del 2008 quando sarà pronta la topoguida bilingue italiano-francese (in

distribuzione gratuita). Oltre alla descrizione, la guida conterràuna dettagliata cartina in scala 1:100.000. L’intero tracciato

sarà identificabile grazie all’apposito logo appostoaccanto alla segnaletica già esistente.

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In discesa da Colle Orsiera verso la Val Susa (foto Toni Farina)

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LLa dorsale che separa le valli di Susa eChisone offre due ambienti assai diver-si, separati dall’incisione del Colle delleFinestre. Il primo, a oriente del colle, hale forme del Parco Orsiera Rocciavré,una successione di rilievi scoscesi piùadatti agli zoccoli degli ungulati che alleruote della bicicletta. Il secondo, dalColle delle Finestre al Sestriere, è inveceun susseguirsi di chine morbide e arro-tondate, separate da colli di agevole ac-cesso. È qui che corre la Stradadell’Assietta: un itinerario classico per

gli estimatori della bici da montagna. Fraampi orizzonti, parchi naturali e impor-tanti testimonianze della storia sabauda.

Accesso alla StradaSi accede alla Strada dell’Assietta sia dal-la Val Chisone che dalla Val di Susa per-correndo la rotabile militare che collegala Frazione Depot di Finestrelle conMeana di Susa attraverso il Colle diFinestre. Realizzata nel 1890, nell’epocadella Triplice Alleanza, le strada aveva loscopo di permettere un rapido sposta-

mento di truppe all’interno dell’impo-nente sistema fortificato dell’Assietta.Entrambi i percorsi presentano un pri-mo tratto su asfalto seguito da un lungotratto su buon sterrato.

Dalla Val Chisone: Fenestrelle, Prà Catinat, Pian dell’AlpeA Dépot, un chilometro prima diFenestrelle, si lascia la strada principaleper salire sul lato a solatio della valle, alato della grande bastionata del forte. Incostante, ripida pendenza su fondoasfaltato, si superano con una serie ditornanti alcune borgate, oltre le quali sientra in uno splendido bosco di conife-re avvicinandosi alle mura orientalidella possente struttura.Raggiunti gli edifici degliex Sanatori Agnelli, oggiAlbergo Consorzio PràCatinat, si entra nel territoriodel Parco naturale OrsieraRocciavrè. Ancora un trat-to di ripida salita conducealla quota 1740 metri, doveuna svolta immette nellaconca di Prà Catinat.Un tratto in piano nel larice-to permette di rifiatare.Lasciata a destra la devia-zione per il RifugioSelleries, l’asfalto cedespazio allo sterrato, la ve-getazione si dirada e sipedala a lungo ai margi-ni dell’area protetta

La Strada militaredell’Assietta

In bici tra Valle di Susa e Val Chisone

Marco Boglione, Massimo Peverada, Chiara Vadori, Alberto Vanzo, Emilio Chiolerio

L’itinerario ciclistico della Stradadell’Assietta richiede un discretoallenamento. Di particolare impegno è accesso dalla Val Susa con l’ardua salitaal Colle delle Finestre. Ai meno allenatipuò essere consigliabile (e interessante)dividere in due il percorso con eventualepernottamento a Pian dell’Alpe.Da Pian dell’Alpe al Sestriere, la rotabilecorre interamente sopra i 2000 metri di quota, in un ambiente di alta montagna.Molte le possibilità di varianti all’itinerariodescritto. Interessanti anche le possibilità di ritorno al punto di partenza evitando le strade principali. Informazioni dettagliatesui siti www.bicibikers.come www.peverada.it/mtb/percorsi, curati dagli autori dell’articolo. Info anche sul sitodel Rifugio Selleries nell’apposita sezione:www.rifugioselleries.it/MTBHome.htm.

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GLI ITINERARI

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Tavola d’orientamento sul Monte Genevris

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Sul Colle delle Finestre (2176 m), sostad’obbligo prima della discesa verso Piandell’Alpe.

La Strada dell’AssiettaAl margine occidentale del ParcoOrsiera Rocciavré, l’ampia zona di pa-scolo di Pian dell’Alpe è il luogo idealeper una sosta. Poi si sale di quota, versogli arrotondati crinali che separano ledue valli. Al primo bivio si sale a destrasu sterrata seguendo le indicazioni per ilColle dell’Assietta. Da un parco all’altro:alternando tratti pianeggianti a tratti piùimpegnativi si sale ai margini del Parco naturale del Gran Bosco diSalbertrand arrivando così sotto laTesta dell’Assietta, raggiungibile su sen-

tiero in pochi minuti. Sulla cima (2567m), tavola d’orientamento e monumen-to a ricordo della nota battaglia per laGuerra di Successione d’Austria (19 lu-glio 1747). Con una prima discesa sisfiora il laghetto dell’Assietta giungendoal bivio per la Batteria del Mottas (pocodopo il bivio, variante di salita al MonteGran Costa). Superato il Col Lauson, siscende al Col Blegier (2381 m), dove siincontra la strada proveniente da Sauzed’Oulx attraverso il Gran Bosco. Una breve discesa sul lato Valsusa con-sente di osservare l’omonima torbiera,luogo tra i più interessanti del Parco.Tornati al Colle, si affronta l’impegnativasalita al Monte Genevris dove si trovanoi ruderi di baraccamenti eretti nel 1889dal III Alpini. Alcuni tornanti in discesaprecedono la deviazione per Richardete il Colle di Costa Piana (2313 m), dalquale è possibile scendere con bei per-corsi in Val Chisone. Proseguendo, sitoccano in successione il Colle Bourgete quindi il Colle Basset (discesa possibi-le a Sauze d’Oulx). Dal Colle Bassetun’ultima discesa conduce a Sestriere

con lo sguardo che spazia sull’alta ValChisone. In basso attirano lo sguardo leantiche borgate di Puy e Pequerel, con ilcaratteristico paravalanghe a V costruitonel 1716 dagli abitanti di Pequerel(l’area è soggetta a valanghe: nel 1706Puy fu sepolta da una massa nevosa cheuccise sette persone). Superato con unarampa il Forte di Serre Marie (1900 m), siva in leggera salita a collegarsi con lastrada asfaltata che sale da Balboutet alColle delle Finestre. Sguardo e andatura si distendono suPian dell’Alpe.

Dalla Val di Susa: Meana, il Vallonee il Colle delle Finestre.Balzata agli onori delle cronache (e del-le polemiche) per il transito nel 2005 delGiro d’Italia, la strada riserva 19 Km diimpegnativa salita. Con una lunga serie di tornanti (ben 33fino al Colle) si guadagna quota sul ver-sante all’envers della valle, apprezzan-do il fresco della copertura boschiva e inotevoli, ben conservati muri di soste-gno. Con un tornante successivo a unlungo traverso (bel colpo d’occhio sullaconca di Susa dominata dalRocciamelone) si cambia direzione perentrare nel Vallone delle Finestre: è lametà della salita e si scorge per la primavolta il punto di arrivo. Superato ilColletto di Meana (1452 m), si entra nelParco Orsiera Rocciavré. Cambiano il paesaggio e il fondo stra-dale: dalle latifoglie alle conifere e aipascoli, dall’asfalto allo sterrato (pur-troppo tornato alle condizioni prece-denti il giro per via del transito di mez-zi motorizzati).Superati il Torrente Arneirone e l’AlpeCasette, si giunge nella conca sotto ilcolle, nel luogo detto “Piano delTiraculo”. Gli ultimi, faticosi tornantirendono onore allo strambo toponimo.

Strade militari: motori o turismo silenzioso?La questione non è certo fresca. Più recente è invece il clamore dellecronache. Nel 2004 viene resopubblico il progetto di asfaltare ilversante Val Chisone della stradamilitare del Colle delle Finestre, al finedi permettere il passaggio del Girod’Italia. Decisione che suscitaimmediato sdegno e opposizione dicittadini e associazioni, che formano ilComitato per la Valorizzazione delColle delle Finestre. La strada viene asfaltata, ma lapressione del Comitato motiva laProvincia di Torino a occuparsi delpatrimonio storico che tali straderappresentano. Nasce un progetto peril recupero delle strade militari in quota,da attuarsi nel rispetto delle tecnichecostruttive adottate a suo tempo dalGenio Militare.Fin qui tutto bene. Più spinoso è inveceil passo successivo: la regolamentazionedel transito delle parti in quota, a fondonaturale. Attualmente la strada delColle dell’Assietta è ufficialmente chiusadal 31 ottobre al 31 maggio. La Comunità Montana Valli Chisone eGermanasca ha proposto alla Provinciadi vietare il transito dei veicoli a motoreil mercoledì e il sabato. Il Comitato, chepunta allo sviluppo di un turismo fattodi pedoni, ciclisti e cavalli, proponealmeno il divieto al transito dei veicoli amotore per i fine settimana, con lacreazione di un servizio di navette e dipunti di appoggio in quota. Al di là delle decisioni a breve, ci siaugura che il confronto avviato sial’inizio di un percorso che porti allachiusura completa. L’obiettivo è di far sìche un turismo più sostenibile prevalgasul rombo dei motori.

Federico Magrì

In sintesi

Da Finestrelle. Dislivellocomplessivo in salita: 1800 m;sviluppo: 49 km.Da Meana di Susa. Dislivellocomplessivo in salita 2100 m.Sviluppo di 45 km.

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GLI ITINERARI

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Pedalando verso la Testa dell’Assietta

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La natura

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Dodici aree protette (nove parchi e tre riserve):gli estimatori dell’ambienteben conservato trovano nelleAlpi Cozie ampi margini di soddisfazione. In tuttosono quasi 30.000 gli ettari di territorio tutelato sulversante italiano, ai qualiaggiungere i 65.000 ettaridel vasto Parco regionalefrancese del Queyras e i siti della Rete Natura 2000europea esterni ai parchi.Nonostante i vasticomprensori votati al turismo delle grandiinfrastrutture, questo settoredelle Alpi riserva ancoravasti spazi di naturalità e una notevole ricchezza di specie animali e vegetali,molte delle quali endemiche.Contribuisce a talecondizione l’estrema varietàdi ambienti. Su entrambi i versanti, il territoriocompreso fra il Massiccio del Monviso e la Val Susa si presenta come un veromosaico di situazioniecologiche, tale da fornirecopiosi spunti di interesse al ricercatore, ma anche di appagare le curiosità del fruitore neofita.

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Fioritura a Pian dell’Alpe (foto Dante Alpe)

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GAlpi Cozie, una natura senza confini Alberto Selvaggi, Roberto Sindaco, Domenico Rosselli, Toni Farina

che (7% del totale). In base ai risultati deirecenti censimenti si stima che le AlpiCozie italiane ospitino oltre 2500 speciedifferenti corrispondenti al 43% dellaflora italiana e all’ 85% di quella piemon-tese. Alle base di questa elevata diversi-tà floristica vi è una elevata diversità dihabitat. L’alternarsi di morfologie e roc-ce differenti e la notevole escursione diquota rende possibile la convivenza di

specie aventi origine ed esigenze ecologiche molto differenti.

Convivono nell’area specie al-pine, europee, mediterranee,

specie a distribuzione arti-co–alpina, come Juncusarcticus, giunta sulleAlpi ai tempi delle gla-

ciazioni e qui rimasta instazioni relitte, e specie diantica origine terziaria,ovvero appartenenti alla

flora presente sulle Alpiprima dell’arrivo delle gla-

ciazioni, come Berardia suba-caulis. Inoltre, le Alpi Cozie sono

ricche di specie endemiche che costitui-scono importanti elementi di caratteriz-zazione del territorio che le ospita. Fraqueste Campanula alpestris eCardaminopsis pedemontana, quest’ul-tima presente nella sola Val Pellice.

I boschiQuanto affermato per la flora è validoanche per la vegetazione d’alto fusto.Nella parte bassa delle vallate il paesag-

Gran parte delle specie animali e vege-tali del Vecchio Continente trova spaziovitale sulla catena alpina. Anche se for-temente antropizzate, le Alpi riservanoinfatti ampi spazi ancora liberi da signifi-cative alterazioni. Le Alpi si possono dunque definire ilforziere della biodiversità in Europa.Una condizione avvalorataanche in sede istituzionale:nel dicembre del 2003 laCommissione Europea harecepito per primi nel nostroPaese proprio i siti di ReteNatura 2000 compresi nellaRegione Biogeografia Alpina. Preliminari a tale prov-vedimento sono sta-ti gli approfonditistudi condotti sulcampo, molti deiquali effettuati nell’ambito di progetti dicooperazione internazionale.È questo il caso dell’Interreg Monvisoche ha visto all’opera ricercatori impe-gnati su un territorio comprendentegran parte delle Alpi Cozie e alcuni set-tori nell’area più meridionale delleGraie. Il risultato ha confermato la gran-de varietà di vita animale e vegetale del-l’area.

La floraLe Alpi sono l’area a maggiore biodiver-sità vegetale presente in Europa e ospi-tano circa 5500 specie di piante (43%della flora europea) di cui 350 endemi-

LA NATURA

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gio boschivo è dominato dai castagneti,un ambiente favorito dall’uomo, a cuisuccedono, procedendo verso l’alto, iboschi di faggio, talvolta con abete bian-co, quindi i lariceti o, più raramente, lepeccete. Sui versanti più caldi è presen-te il pino silvestre. Oltre il limite del bo-sco dominano popolamenti di arbustialpini come il rododendro o i mirtilli, acui succedono le praterie, nettamentedifferenziate a seconda della natura delsubstrato roccioso sottostante. Le vallidelle Alpi Cozie sono caratterizzate daun orientamento geografico rivolto pre-valentemente in senso est-ovest, condi-zione che crea una netta differenza diclima fra i due versanti principali, rivoltirispettivamente a sud e a nord. Sui ver-santi meridionali delle porzioni centrali

delle vallate più lunghe come la Val diSusa, si creano condizioni microclimati-che caratterizzate da temperature miti esiccità estiva che permettono la presen-za eccezionale di nuclei di vegetazionemediterranea. È questo il caso del leccio(Quercus ilex) presente nella Riservanaturale dell’Orrido di Chianocco.

La faunaAnche per la fauna le Alpi costituisconouna delle “zone calde” (i cosiddetti hotspots) delle biodiversità in Europa.Grazie all’elevata escursione altitudina-le, alla varietà di climi e a un’ampia gam-ma di substrati, le Cozie occupano a talriguardo una posizione di assoluto rilie-vo. Le conoscenze sulla fauna sono sta-te di recente integrate grazie ai due pro-

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Fioritura di Dianthus alpinus in Val Troncea (foto Domenico Rosselli).Sopra, gipeto in volo (foto Dante Alpe)

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getti Interreg Italia-Francia “Aqua” e“Monviso”. Gli studi condotti hannopermesso di raccogliere i dati disponibi-li e studiare sul campo un grande varie-tà di specie. La diversità specifica è risultata bassaper i vertebrati eterotermi (anfibi e retti-li, ma anche pesci), mentre si sono rive-lati ben rappresentati uccelli, mammife-ri e invertebrati. Oltre agli endemismi e amolte specie tipicamente alpine, sonoda segnalare popolazioni “relitte”, ovve-ro isolate dall’areale principale dellaspecie, a testimonianza di periodi piùfreddi (relitti glaciali, come la lucertolavivipara, zootoca vivipara) o più caldi (ilserpente mediterraneo Coronella giron-dica). Specie rare o estremamente loca-lizzate sono segnalate in tutti i gruppizoologici studiati, e in questo senso lapresenza di numerose aree protette eSiti Natura 2000 dovrebbe garantirne latutela. Un cenno a parte merita l’avifau-na. Gli uccelli sono in grado di spostarsirapidamente, occupare nuovi ambienti,abbandonarne altri se le condizioni di-vengono sfavorevoli, per questo sonoconsiderati buoni indicatori ecologici, ingrado di fornire indicazioni sullo “statodi salute” di un territorio.

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LA NATURA

Le Alpi Cozie piemontesi possono van-tare un ricco patrimonio di specie orniti-che, composto da 175 specie sul totaledelle 415 note nella regione (Boano,2007). Fra queste, ben 48 delle 53 specieconsiderate tipicamente alpine(Brichetti, 1987).

La Rete Natura 2000Consapevole del valore della diversitàbiologica, l’Unione Europea si è attivataprogettando la realizzazione di una retedi ambienti da tutelare: la Rete Natura2000. Per l’individuazione dei siti che la comporranno, nel 1992 è stata emanata la Direttiva Habitat (Direttiva92/43/CEE) con l’obiettivo di:“salvaguardare la biodiversità median-te la conservazione degli habitat natu-rali, nonché della flora e della fauna sel-vatiche nel territorio europeo degli Statimembri al quale si applica il trattato”.Insieme alla Direttiva Uccelli(79/409/CEE), la Direttiva Habitat costi-tuisce il più importante strumento nor-mativo per la conservazione delle spe-cie animali e vegetali del VecchioContinente. Attualmente Rete Natura2000 comprende due tipi di aree: leZone di Protezione Speciale, previstedalla Direttiva "Uccelli" (ZPS), e i Siti diImportanza Comunitaria (SIC). È bene rilevare che a differenza dei par-

chi naturali, istituiti ancheper promuovere lo svi-

luppo sostenibile del terri-torio, i siti di Rete Natura

2000 hanno esclusivi

Info

In Piemonte: http://www.regione.piemonte.it/parchi/retenatura2000/In Italia: http://www.minambiente.it/In Francia: http://www.natura2000.fr/Piemonte Parchi n. 142/gennaio 2005 e n. 143/febbraio 2005.

compiti di tutela dell’habitat.Nel settore alpino interessatodall’Interreg Monviso sono presentiuna ventina di siti di Rete Natura 2000,che includono gran parte dei parchi edelle riserve naturali. Esterni alle areeprotette sono 15 Siti di importanza co-munitaria: 11 in Italia e 4 in Francia.Di particolare rilievo sono i SIC dell’altaVal Susa che offrono spazi di impensabi-le naturalità in un’area stipata di infra-strutture turistiche. Aree SIC si trovanonella Valle di Bardonecchia e nei dintor-ni di Oulx (le praterie sopra Amazas,che ospitano rare orchidee osservabili aquote da Guinnes). Sono SIC anche lavasta area “Champlas – Colle Sestriere”,sul versante meridionale del Fraiteve,area di nidificazione del rarissimo re diquaglie (Crex crex), e buona parte deisottostanti valloni di Argentera, Thurase Servierettes, i primi due in elenco frale aree inseribili nel primo Piano regio-nale dei Parchi. La presenza del SIC “Oasi di Pra Barant”rimedia in parte alla maggior esigenza di tutela naturale dell’alta Val Pellice (ospita tra l’altro il Giardino botanico“B. Peyronel”). In alta Val Chisone, il vasto SIC “Val Troncea” completa sottoil profilo ecologico la missione del-l’omonimo Parco naturale (comprendeil bosco di pino uncinato di Laval). Nella parte più a sud dell’area conside-rata dall’Interreg si trovano i SIC“Grotte di Rio Martino” (tutela una delle più importanti grotte piemontesi)e “Gruppo del Monviso e Boscodell’Alevé” che comprende la splendi-da cembreta della Val Varaita. Da citare infine sul versante francese i SIC “Haute Ubaye – Massif duChambeyron, vasto comprensorio an-cora integro sotto il profilo naturalistico,e “Mont Viso”, che comprende la costi-tuenda Reserve naturel du Haute Guil.

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Picchio nero; sotto, un camoscio (foto Dante Alpe)

Galli forcelli (foto Dante Alpe)

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OOgni stagione è buona per andare inAlevé, i cembri non cambiano mai colore.Ogni stagione è buona, ma per svelarne ilmistero l’ideale è andarci d’inverno, sottouna nevicata leggera, senza vento, soltan-to una lieve brezza, che a tratti ruba un po’di neve agli aghi di cembro per lasciarlasubito al suolo. Alevé: il più esteso bosco di pino cembrodella cerchia alpina. Se ne possono co-gliere le dimensioni dal Colle dellaBicocca, a cavallo fra le valli Maira eVaraita: 850 ettari di cembreta quasi purastesi sul versante a solatio della Val Varaita,dalle pendici di Croce Campagna e Piandel Serre fino oltre il Vallone delleForciolline, sul versante sinistro orografi-co del Vallone di Vallanta.Un mistero che in realtà trova spiegazionein molteplici fattori, dalle caratteristichedella specie alla sua evoluzione. Giuntosulle Alpi dall’Asia a cavallo dell’era terzia-ria e quaternaria, con l’arretramento deighiacci il pino cembro (o cirmolo; PinuscembraL.) si ritirò sulle zone più elevate einterne della catena alpina, caratterizzateda clima continentale. La maggiorpresenza si riscontra oggi AlpiOrientali, nel Trentino AltoAdige in particolare. Il

Piemonte ospita oltre l’otto per cento del-la copertura totale, in gran parte concen-trata proprio nella media Val Varaita, doveil microclima secco e le caratteristiche delterreno hanno operato col tempo un’im-pietosa selezione delle specie arboree,consentendo la vita a quelle più adatte eresistenti. Come il cembro, appunto, alquale spiccate attitudini pioniere permet-tono di insediarsi su suoli difficili, anche aquote rilevanti. Nell’Alevè si osservanoesemplari isolati fino oltre 2800 metri diquota: veri miracoli di adattamento, “ol-traggi” al regno minerale, come gli esem-plari segnalati sulla parete nord di Cimadelle Lobbie a 2950 metri di altezza.Da Guinness insomma. Record a parte,nel cuore delle Alpi Occitane il cirmolo hariconquistato a spese di altre specie comeil larice gli spazi del tempo di Roma impe-riale, quando estesi boschi puri ricopriva-no le valli ai piedi del Viso. Atti finalizzati alla tutela si ritrovano già nellontano 1387, quando il Comune di

Casteldelfino proibiva nei pro-pri Statuti di “coupper, ex-

traire, arracher ou

romper” il legname dell’Alevé.Grazie anche all’assenza di attività antro-pica il bosco presenta oggi notevoli con-dizioni di naturalità. Oltre a essere iscrittonel Libro nazionale dei Boschi da Seme,l’Alevé è stato inserito nell’elenco dei Sitidi Importanza Comunitaria (SIC) dellaRete Natura 2000. Un atto quanto mai op-portuno, perché l’Alevé è senza dubbiouno dei boschi più belli d’Italia. Per pre-servarne il valore paesaggistico e naturali-stico, e incrementarne il grado di biodi-versità, sarebbe tuttavia tempo di interve-nire guidandone in parte l’evoluzione, an-che mediante l’estensione controllata delpascolo. Ormai da tempo il bosco non èsoggetto a interventi selvicolturali signifi-cativi, mirati ad esempio a evitare la scom-parsa delle radure, come quella pregevo-le di Pian del Chiot, sopra il Lago Secco.In ogni caso, nessun progetto di sfrutta-mento: la funzione naturalistica del boscoè fuori discussione. Come tutti i boschi se-

colari, l’Alevè non si “limita” alla funzionepaesaggistica e ambientale, ma estende lasua influenza all’umana immaginazione.Il Gran Bosco protegge. Ma è, a sua volta,protetto come si deve?“C’era una volta un cacciatore il quale eravenuto a conoscenza dell’esistenza di uncamoscio favoloso che viveva nell’Alevé. Ungiorno decise di recarsi nel bosco alla ricer-ca dell’animale. Si inoltrò fra i cembri e aun certo punto gli parve di vedere qualcosache si muoveva verso di lui. Guardò bene escorse un camoscio gigantesco, che invecedi fuggire si avvicinava minaccioso. Il cac-ciatore terrorizzato tentò di sparare, ma ilsuo fucile era scarico! Allora raccolse unapigna, inserì i pinoli nella canna e premet-te il grilletto. Seguirono un gran botto e unagrande confusione, il camoscio si dileguòsenza lasciare traccia e il cacciatore rima-se tramortito. L’anno successivo il cacciato-re ritornò nel bosco e intravide tra i piniuna sagoma familiare: era quel camosciostraordinario al quale era cresciuto un pic-colo “elvo” tra le corna…”.Della storia circolano in Valle Varaita an-che altre versioni, ma la morale noncambia: l’Alevé è vivo e tale deve rima-nere. Miglior garanzia per il suo futuro èil rispetto da parte dei giovani ed è que-sta la ragione per cui la storiella è rac-contata dagli accompagnatori naturali-stici alle scolaresche. Il rispetto peròpresuppone affetto e conoscenza, e perconoscere e apprezzare l’Alevè, persvelarne il mistero… andarci d’inverno,sotto una nevicata leggera…

Alevé, il gran bosco di pino cembro Testo e foto di Toni Farina

LA NATURA

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Un Centro visita per l’Alevé

A Casteldelfino, in ValleVaraita. Realizzato su iniziativadel Parco del Po cuneese incollaborazione con il Comunedi Casteldelfino, è attrezzatocon un grande diorama in scalanaturale del Bosco.

Info: tel. 0175 46505;[email protected]

Dal Colle della Bicocca, vista completa sull’Alevé; in alto, il Monviso

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CLLa scoperta di una nuova sala-

mandra alpina (Salamandralanzai) alla fine degli anni ’80fu uno degli eventi dimaggior interes-se per la zoolo-gia italiana. Lapresenza di sala-mandre nere in alcu-ne vallate attorno alMonviso era, di fatto, notafin dal diciannovesimo se-colo, ai tempi di LorenzoCamerano e di MicheleLessona, ma nessuno ave-va compreso quanto quel-le grosse salamandre luci-de e nere fossero distintedalle consorelle dell’arco al-pino orientale (Salamandraatra). Da allora molte ricerchesono state condotte suSalamandra lanzai,che, a buon titolo, rap-presenta un vero sim-bolo per gli endemismidelle Alpi Cozie.Nel tempo la sua presenza è stataconfermata sul versante francese,mentre in Italia, oltre che nelle testatedelle valli Po, Germanasca e Pellice,è stata trovata di recente in alta ValSangone. Si deve tener presente chesi tratta di una anfibio di alta monta-gna (al di sopra dei 1200 m), caratte-rizzato da viviparità e da un tasso diriproduzione molto ridotto (1-6 pic-

coli partoriti ogni 3 anni),nonché da una spiccatasensibilità alle alterazioniambientali. Per tali ragionila specie è oggetto di parti-colare attenzione del mon-

do della conservazione, negliultimi anni molto attento

al generale declinodegli anfibi.Purtroppo in territo-

rio italiano le popolazioni diquesto splendido anfibio si

sono sensibilmente ri-dotte per via di

sconsiderati in-terventi antro-pici. Si ricorda-

no in proposito ilavori in alveo in

alta Val Germanasca,che hanno comportatola scomparsa del 50%della popolazione disalamandre, oppure idrastici interventinella Conca del Prà(Val Pellice), trasfor-mata da luogo digrande interesse na-turalistico in un este-so ghiaieto, ostile nonsolo per la sopravvi-

venza della salamandradi Lanza, ma anche per

gran parte della restantefauna.

Con il termine “endemismo” i biologiindicano specie esclusive di un dato ter-ritorio: animali o vegetali evoluti in mi-lioni di anni e perfettamente adattati avivere in una ristretta area geografica,oppure specie relitte un tempo moltopiù diffuse. É facile immaginare comele popolazioni di specie endemiche sia-no facilmente messe a rischio da qual-siasi modificazione del limitato arealein cui vivono. Questo è ancora più veroquando il territorio è limitato a una solavalle o a pochi monti. É questo il caso diuno dei coleotteri studiati nell’ambitodel progetto Interreg Monviso: il carabi-de Carabus cychroides, strettamente lo-calizzato in poche colonie composte daun esiguo numero di individui.Quella dei carabidi è una famiglia di in-setti che conta in Italia oltre 1300 specie,la maggior parte delle quali è di abitudi-ni predatorie e carnivore a spese di altriartropodi, chiocciole o lombrichi. Il mi-

sterioso insetto, studiato prima da unapposito progetto del Parco naturaleVal Troncea e in seguito nell’ambitodell’Interreg Monviso, rappresentaun’autentica specie relitta, sopravvissu-ta alle glaciazioni del Quaternario. Essoè stato individuato per la prima voltanel 1860 sul Monte Albergian dall’ento-mologo Baudi di Selve. Egli trovò ununico esemplare e solo dopo molti an-ni, nel 1899, fu rinvenuto nel territoriodell’attuale Parco naturale dell’OrsieraRocciavré.Grazie ai nuovi studi condotti è statopossibile individuare nuovi, limitatissi-mi territori occupati da questa specie.Tali studi vanno approfonditi al fine diaccrescere le conoscenze sulla biologiadella specie, in particolare per quantoriguarda la sua capacità di ibridarsi conaltre specie simili. Ma soprattutto è ne-cessario tutelare con rigore il territoriointeressato dalla sua presenza.

Il carabide Carabus cychroidesTesto e foto di Marco Rastelli

LA NATURA

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La salamandradi LanzaTesto e foto di Franco Andreone

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O LBerardia subacaulisAlberto Selvaggi

La LibellulaSympetrum vulgatumTesto e foto di Alessandra Pucci

Ogni tanto ne facciamo una buona:quando nel 1861 si scavò la torbiera li-mitrofa all’abitato di Oulx (Alta ValSusa) nell’ambito dei cantieri dellaGalleria del Fréjus, si diede vita ad unospecchio d’acqua che si sarebbe rive-lato, negli anni a seguire, prezioso.Il Lago Borello o Stagno di Oulx, che astento sopravvive all’assedio dei con-domini sorti come funghi nel periodopre-olimpico, è il più importante sitodi odonati delle Alpi occidentali italia-ne e ospita una ricca popolazione diuna delle libellule più rare d’Italia.

Gli studiosi la chiamano Sympetrumvulgatum, gli inglesi “freccia vagan-te”, gli americani “falco delle praterie”;gli italiani, a corto di fantasia e di cu-riosità per le cose naturali, non hannoconiato alcun nome e si limitano a uti-lizzare quello scientifico.Si tratta di un Anisottero con ali di cir-ca 6 cm, che a riposo tiene disteseorizzontalmente rispetto al corpo, adifferenza di quanto fanno le cosid-dette damigelle (Zigotteri), che lechiudono sul dorso. Come tutte le libellule del genereSympetrum, femmine e giovani hannocolorazione giallastra, che scuriscecon l’età, mentre i maschi adulti di-ventano rossastri. Si osserva tra la me-tà di luglio e la metà di agosto, spessoposata in agguato su un rametto o sulfusto di una cannuccia, talvolta sul ter-reno o su rocce, soprattutto per scal-darsi; si alza in volo per cacciare zan-zare, mosche, moscerini e altri ditteri,che cattura a mezz’aria, per scacciarerivali dal proprio territorio, e anchedurante l’accoppiamento, nella classi-ca posizione a tandem. Le uova sono deposte direttamentesulla superficie di acque molto basse,a fondo fangoso: le larve, simili a pic-coli alieni non somiglianti per nullaagli adulti, predano larve di altri in-setti sul fondale o tra la vegetazioneacquatica fino all’estate successiva,quando si arrampicheranno fuori dal-l’acqua per trasformarsi in aggraziatelibellule.

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LA NATURA

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La specie è stata descritta alla fine del1700 dal botanico franceseDominique Villars, contemporaneodi Linneo e progenitore della botanica alpina insieme al piemonte-se Carlo Allioni, autore di una imponente “Histoire des plantes deDauphiné”. Il nome del genere è de-dicato al botanico e farmacista diGrenoble del XVII° secolo PierreBerard. La Berardia vegeta su suoli detritici fi-ni di calcescisti o calcari ed è adattataalle condizioni estreme di vita dell’al-ta montagna do-ve ha il suo opti-mum ecologicotra i 2000 e i2800 metri. Le foglie, rac-colte in una ro-setta basale edall’aspetto co-riaceo, sono ri-coperte da unalanugine densache le proteggeda traspirazionee raggi ultravio-letti. Il nome“subacaulis” èdovuto al fattodi essere quasidel tutto sprovvista di fusto (o caule),strategia di adattamento che le per-mette di non esporre fiori e frutti avento e freddo.La Berardia subacaulis è una specie

endemica delle Alpi sud-occidentali,ovvero vegeta in modo esclusivo inun territorio compreso in Italia tra leAlpi Liguri e le Alpi Cozie a sud diBardonecchia, e in Francia nei limi-trofi dipartimenti. Appartiene alla famiglia delleComposite (come la margherita) marappresenta un genere di originemolto antica, evolutosi in isolamento. I “parenti” attuali più prossimi dellaberardia si trovano in Africa. La spe-cie, presente sul nostro continentegià in epoca terziaria, è sopravvissuta

alle glaciazioniretrocedendo instazioni di rifu-gio presenti ai margini dellacoltre glacialeda cui, nel po-stglaciale, ha ri-colonizzato lemontagne fino aricostituire l’at-tuale areale. Nelle Alpi Coziepiemontesi laspecie si puòammirare neimesi di luglio eagosto, quandofiorisce, ad e-

sempio sopra a Bardonecchia alColle della Rho, e in Val Maira alPasso della Gardetta. É specie segna-lata nelle liste rosse italiana e regio-nale delle piante a rischio.

Berardia subacaulis (foto M. Macchetta)

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Abitare

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Il paesaggio e l’ambiente alpinosono profondamente plasmatidall’attività umana. Una regolaassoluta, alla quale non fannoeccezione le Alpi Cozie. Abitate findai primordi e segnate da transitimillenari, le valli comprese fra il Colle della Maddalena e ilMoncenisio sono quanto mairicche di testimonianze antropiche,le più varie e contrastanti. Soldati,pellegrini, monaci, mercanti,agricoltori, minatori,contrabbandieri, emigranti,camminatori, sciatori: sonodavvero molte le “categorie”umane che hanno superato nel tempo colli e crinali, rendendovuota di senso la parola confine. Segni ovunque, di svariatatipologia. Molti andati perduti,altri ben visibili, come le strade e le fortificazioni militari fra levalli di Susa e Chisone, o il Bucodi Viso, primo traforo alpino ascopo commerciale. Altri ancorarecuperati grazie all’iniziativa di un parco, come la Certosa diMontebenedetto, nel Parco OrsieraRocciavré. O che hanno integratol’attività economica con lafruizione, come le miniere di talcodella Val Germanasca.Esempi di buone pratiche, come i recuperi edilizi nel rispetto delletipologie tradizionali di Ostana, in Valle Po. O i murales chevivacizzano le abitazioni di Usseaux, in Val Chisone.Insomma, un insieme di storia e culture quanto mai vario. Da conservare e far conoscere: è questo il fine degli ecomusei e dei musei presenti nel territorio.

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Valle di Susa: prospettiva inusuale per la Sacra di San Michele e il Musinè (foto Toni Farina)

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DDal particolare legame che unisce lagente di montagna e le sue tradizionicon il territorio e l’ambiente spessoostile, nasce il progetto ecomusealeproposto dal Comune di Coazze incollaborazione con Giaveno eValgioie.Nato nel 1993 da un lavoro di ricercae catalogazione di oggetti della cultu-ra materiale da parte della ScuolaMedia di Coazze, l’Ecomuseodell’Alta Val Sangone studia e valoriz-za i luoghi e gli strumenti propri dellaquotidianità, attraverso un costantelavoro di collaborazione con la popo-lazione locale. L’obiettivo è ripercor-rere la storia della comunità, grazie apercorsi di ricerca paralleli e monote-matici. La “civiltà del pane” ripro-pone la complessa filiera dellapanificazione dalla coltivazionedei cereali al passaggio nel mulino, fi-no all’utilizzo dei forni comuni di bor-gata oggi ancora funzionanti grazieall’ecomuseo. Il “vivere quotidiano” èrappresentato tramite gli strumenti ele attività che hanno accompagnatol’uomo, dal medioevo fino alla finedell’800: l’intaglio del legno, le abita-zioni, le tradizioni, la lingua.Essendo la zona ricca di miniere ditalco e cave di pietra è stato possibile

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ABITARE

Ecomuseo delle minieree della Valle GermanascaIlaria Testa

Ecomuseo della Val SangoneIlaria Testa

Info: 0121 806987 [email protected]

valle è definita anche la “Valle Bianca”per la presenza di un’intensa attività diestrazione del talco, affiancata da altreattività minerarie legate alla grafite, alrame e a diversi minerali ferrosi.Il sito principale del progetto è costitui-to dalle miniere-museo denominatePaola e Gianna, situate nel Comune diPrali. Le gallerie del museo, attive fino al1995, si trovano a monte di un cantieredi estrazione dove lavorano ancora cir-ca cinquanta minatori: i fabbricati ester-ni e il sotterraneo sono allestiti e orga-nizzati per descrivere al pubblico la vitadel minatore. Il progetto ecomusealeintende conservare le testimonianzedel patrimonio culturale e ambientalecostituitosi con il lavoro degli abitantidella valle, presentare insiemi naturali eculturali rappresentativi del territorio epromuovere lo sviluppo economico afavore delle comunità locali.

studiare e conservare i numerosi sitiminerari presenti e attivi fino alla me-tà del secolo scorso, dalle miniere diferro e di talco a Forno di Coazze, allacava di pietra della Pradera diGiaveno fino alla leggendaria minierad’oro di borgata Merlera, nella Valledel Romarolo. Di grande pregio i per-corsi della religiosità popolare con ilrecupero di cappelle,affreschi e pilonivotivi.

LLa Val Germanasca rappresenta un ter-ritorio geograficamente omogeneo, co-stituito dal bacino idrografico del tor-rente omonimo, i cui caratteri fisici han-no permesso lo sviluppo di una societàcoesa. Pur avendo conosciuto nei seco-li il passaggio di molti popoli, la Valle hamantenuto una forte identità locale so-prattutto in relazione agli aspetti religio-si, linguistici e produttivi. Un vero eproprio ecomuseo che, entrato a farparte del Sistema della RegionePiemonte nel 2003, è stato sviluppatodalla Comunità Montana Valli Chisonee Germanasca ponendo al centro la fi-gura del contadino-minatore: questa

Info: 011 9349681info@ecomuseoaltavalsangone.itwww.ecomuseoaltavalsangone.it

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Immagine storica della Resistenza in Val Sangone

Foto Roberto Borra

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L SLa storia della Valle di Susaè scritta dalle gesta di gran-di condottieri e dal lavorodella gente comune cheha saputo adattarsi a unambiente ostile, imparan-do a sfruttare nel modopiù costruttivo le scarserisorse a disposizione, eche ha plasmato un inte-ro territorio. E proprio per salva-guardare dal degrado un’importantetestimonianza del lavoro dell’uomo edelle sue tradizioni che nasce grazie,al Parco del Gran Bosco diSalbertrand, l’idea di dare vitaall’Ecomuseo”.Ma chi era Colombano Romean? Eglirappresenta l’immagine simbolo diuno dei lavori tipici in montagna: ilminatore, mestiere duro e ingrato pie-no di pericolo e disagio. È il 1526quando, in completa solitudine, iniziaun’opera quasi incredibile: il Trou deTouilles, una galleria a 2000 metri diquota lunga 500 metri, che porterà leacque del Rio Touilles a vivificare unintero versante sopra Chiomonte eCels. Per otto anni Romean scava conmazze, cunei e picconi nelle visceredella montagna e vive con due sestieri

Situato a 2084 metri di quota, il Colledel Moncenisio mette in comunicazio-ne la Valle del Rodano e della Saonecon la Valle di Susa, la Pianura Padanae i colli del Monginevro e del Gran SanBernardo. Il Colle ha rappresentato laprincipale via di transito tra il nordEuropa e l’Italia e il bacino delMediterraneo. Eserciti, bande armate,pellegrini, crociati, gruppi sociali, mer-canti lo hanno attraversato e vi si sonoincrociati e mescolati.Il progetto dell’ecomuseo intende riva-lutare questi aspetti storici, culturali eumani legati alla particolare storia delColle del Moncenisio che più di ognialtro conserva intatto il fascino e l’emo-zione dei posti di frontiera, luoghi ditransito, di passaggio e di comunica-zione, di incontri e di scontri, di divisio-ne e di unione. Il territorio del Comunedi Moncenisio, dimenticato dai proces-

si di crescita incontrollata legati al turi-smo di massa, in questo quadro può farrivivere e conoscere l’intatta e inaltera-ta risorsa di questa “terra di confine”, lemolteplici storie che l’hanno segnata evalorizzarne il paesaggio e la natura.Il progetto vuole costituire per laComunità di Ferrera, attraverso il recu-pero della propria storia, della propriarealtà e delle proprie potenzialità, losviluppo di progettualità, l’occasioneper aprirsi verso l’esterno, verso l’altracomunità di Lanslebourg, mai comple-tamente straniera, per trovare insiemequel senso di identità necessario a rico-noscersi tutti appartenenti a un’unica“terra al confine”.

di vino e due emine di segale al meseforniti dalla comunità per cui lavora,che gli riconoscono inoltre in paga-mento cinque fiorini per ogni tesa discavo. È nel suo lavoro che si ritrova-no il rapporto con la montagna asprae dura, le condizioni di vita dei monta-nari, al limite della pura sussistenza, ela loro solitudine di fronte alla forza diuna montagna spesso nemica, ma co-munque amata.L’Ecomuseo è un viaggio di scoperta neltempo e nello spazio, ritrova antichi edi-fici, attrezzi in uso nella vita quotidiana ele conoscenze a essi collegati.

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ABITARE

Ecomuseo delle Terre al confineIlaria Testa

Info: 0122 [email protected]

Info:0122 653222 - www.ecomusei.net

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Ecomuseo Colombano RomeanIlaria Testa, Simona Molino

Il Paese di Moncenisio (foto Toni Farina)

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ovunque: colli, creste e cime di alta mon-tagna, in siti ieri definiti “strategici” e cheoggi chiamiamo “suggestivi”. Compresonel Parco Orsiera Rocciavré è anche il piùgrande complesso fortificato mai costrui-to sulle Alpi: il Forte di Finestrelle (laGrande Muraglia piemontese), che insie-me al Forte di Exilles e alla Brunetta diSusa aveva il compito di sbarrare la via aeventuali truppe francesi dirette suTorino e il Piemonte. Fino al 1713 l’AltaVal Susa e la Val Chisone facevano partedel Regno di Francia, mentre la Bassa Valdi Susa, la Val Cenischia e la Val Sangoneerano territorio dei Savoia. Sono trascorsi300 anni eppure le differenze sono mar-cate ancora oggi: il dialetto, i particolarinelle architetture, la fede religiosa, in pre-valenza Valdese anziché cattolica.

In viaggio con ArgenteraLa guida inconsapevole del gipeto forni-sce lo spunto una visitare dall’altro diqueste fortificazioni, da ovest verso est epoi a sud, lungo la cresta che segnaval’antico confine tra Savoia e Delfinato.Il sorvolo inizia al Colle dell’Assietta, al li-mite meridionale del Parco del GranBosco di Salbertrand. Guardando versoovest si scorge la Batteria Gran Costa, co-struita ai tempi della Triplice Alleanza

(1882), mentre più vicino spicca la stelladei trinceramenti dell’Assietta, risalenti al-la prima metà del 1700. Della stessa epo-ca è il Forte o meglio la batteria del GranSerin, una postazione per cannoni ripara-ta da un terrapieno con relative opere ac-cessorie (polveriera, ricoveri, magazzini),munita di fossati e feritoie per la difesa daun eventuale attacco di fanteria. Poco di-scosto dal Forte si trova un grande caser-maggio che serviva da ricovero alle trup-pe e ai servizi. Su un cucuzzolo erboso trala caserma e il Forte si notano le linee drit-te e regolari di antichi trinceramenti, e al-tre si scorgono con l’aiuto della luce ra-dente in prossimità del lago poco più bas-so. In realtà le opere più recenti si sovrap-pongono sempre a opere più antichecancellandone talvolta del tutto le tracce.Questo accade soprattutto nei luoghi chesi prestano a essere fortificati per le lorocaratteristiche naturali, quali creste, vali-chi e speroni rocciosi. Procedendo versoest si incontra la Cima delle Vallette, unmonte isolato tra due valichi ben pronun-ciati. A est si apre il Colle delle Vallette, inaltri tempi un valico importante, transita-bile con bestie da soma dove, invisibili aun esame superficiale, si possono trovaretracce delle antiche trincee a zig zag. Tuttiquesti colli e monti sono collegati da

Lupi e bocche di lupo

Le installazioni militari tra Val di Susa e Val Chisone

Elio Giuliano e Luca Giunti

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ABITARE

Il Forte di Fenestrelle (foto Toni Farina)

La stazione eliografica di Punta del Mezzodì sul crinale tra Val di Susa e Val Chisone (foto Toni Farina)

SSabato 9 febbraio 2008. Il Vallone diRochemolles, sopra Bardonecchia, è in-solitamente animato. L’occasione d’al-tronde è da non perdere: la liberazione diArgentera, un gipeto femmina curato nel-l’ambito del progetto di reintroduzione diquesti avvoltoi sulle Alpi. Appena libera-ta, Argentera si alza in volo e inizia a pla-nare verso sud-ovest. In breve scavalca ilforte sulla cima del monte Jafferau - delquale gli sciatori domenicali ignorano lastoria - , quindi scivola sopra il ForteBramafam, sentinella di Bardonecchia, erisale sul versante opposto continuando aesplorare inconsapevole forti, stradi e in-stallazioni militari varie di cui è colmoquesto angolo delle Alpi occidentali.

Un patrimonio storicoArgentera certo non lo sa, ma quelli cheper lei altro non sono che cumuli di pietratra i tanti che coprono le montagne del-l’alta Val Susa, in realtà rappresentano unnotevole patrimonio storico. Per quattrosecoli le montagne che ospitano i parchidell’Orsiera Rocciavré e del Gran Boscodi Salbertrand (e più a sud del Po cunee-se) hanno assistito alla costruzione e alladistruzione di fortificazioni. Le vicendestoriche hanno prodotto opere semprepiù importanti man mano che aumentavala potenza delle armi da fuoco, anche sela maggior parte è rappresentata da co-struzioni relativamente modeste. Muretti,terrapieni, fossati e palizzate situati un po’

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ABITARE

un’opera di ingegneria altrettanto ammi-revole dei forti, la strada militare che col-legava il Colle delle Finestre al Gran Serincon uno spettacolare percorso di cresta.Seguendola si incontra, vicino alla puntaMezzodì, una costruzione particolare: lastazione del telegrafo ottico, centro diuna rete a maglie intrecciate che permet-teva di comunicare con l’intero comples-so dei forti, dalla Val Chisone alla ValSusa.

Il tempo di uno sguardo verso il fondo-valle del Chisone all’imponente comples-so del Forte di Fenestrelle e si arriva alColle delle Finestre. Anche qui, su un rial-zo roccioso, un forte, con la facciata inmuratura rivolta verso la Val Susa. Per lafauna selvatica, i robusti muri non sonoaltro che pareti rocciose ricche di ripari eanfratti. Molti uccelli vi hanno trovato ri-fugio sicuri per nidificare. Oltre all’arma-mento leggero, l’installazione sul Colledelle Finestre possedeva due bocche dafuoco situate in torrette metalliche chepotevano essere abbassate sotto il livello

del terreno. Il Forte attuale, come si puòfacilmente desumere dall’impiego delcalcestruzzo nella costruzione, è abba-stanza recente (1891), ma sorge su unrialzo del terreno fortificato da secoli.Deboli tracce di queste fortificazioni sivedono ancora sul Colle, ma la piazzoladell’artiglieria mobile è oggi nascosta dauna moderna via crucis di dubbio gustoche ricorda l’impresa del ciclista DaniloDi Luca che scollinò per primo durante il

Giro d’Italia del 2005. Segni più evidentirimangono sulla cresta che sale verso ilMonte Pintas, collegato fin dal 1700 conun sistema ininterrotto di camminamential Colle delle Finestre, 400 metri più bas-so. Oggi questi trinceramenti molto estesisono percepibili solo con luce radenteperché il loro profilo è stato ricoperto dal-la cotica erbosa, e sulla sommità delMonte sono stati installati grandi pannelliripetitori le cui fondazioni hanno scon-volto lo stato dei luoghi. A queste opere,in epoche diverse hanno lavorato miglia-ia di uomini, reclutate in un primo tempo

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tra le milizie paesane e in seguito dalRegio Esercito. Uomini che talora hannoinciso la roccia con nomi e date nellepause di un lavoro faticoso fatto di badile,piccone e carriola!

Dal Gran Bosco all’OrsieraA est del Colle delle Finestre si entra nelcuore del Massiccio dell’OrsieraRocciavré, tutelato dall’omonimo Parconaturale. La cresta che fino a questo pun-to è lineare e non troppo aspra si spezzaora in mille conche, forcelle, valichi sepa-rati da cime rocciose. Il primo valico chesi incontra è il Colle dell’Orsiera, impor-tante via di transito tra le valli di SusaChisone al tempo in cui non esistevano imotori. Lungo tutto il valico corre un mu-ro in pietra di circa un metro di altezza espesso altrettanto, con punte e rientranzeche seguono la morfologia del terreno. Ècitato già alla fine del 1500, ma apparetroppo ben conservato se paragonato adaltre opere della stessa epoca.Probabilmente è stato ricostruito in epocapiù recente come protezione da eventua-li attacchi. Poco più a est si trova l’ampiasella pianeggiante del Colle delSabbione. Antichi documenti collocanoin questa zona una fortificazione simile aquella del Colle Orsiera della quale ogginon c’è traccia. Alcuni manufatti fannopensare a ricoveri per una piccola guarni-gione che, in caso di attacco, sfruttava ledifese naturali di un rialzo roccioso.Proseguendo ancora lungo la cresta si in-contrano una serie di punte aguzze e dicolli molto pronunciati. Tra questi il Colledella Malanotte è quello più accessibile emette in comunicazione diretta le duevalli. Anche qui, resti di alcuni ricove-ri e di un muro di dimensioni ridot-

te, edificato ammucchiando le pietre por-tate dall’azione naturale di un nevaio. Piùavanti, a est, gli aspri crinali tra le cimedell’Orsiera e del Rocciavré sono di per sésufficienti a precludere il passaggio delletruppe. Fortezze naturali, insomma.Dal Monte Robinet la cresta non segnapiù il confine tra la Val Chisone (francesefino al 1713) e la Val Susa, ma tra la ValChisone e la Val Sangone (come la ValSusa faceva parte del Ducato di Savoia).Anche per tutto il tratto in cui la crestapunta a sud verso il Lago Rouen le asperi-tà naturali sostituiscono le fortificazioni,ma, appena la cresta si abbassa per affac-ciarsi al Colle della Roussa, si ricomincia anotare l’intervento dell’uomo. Il Colledella Roussa è infatti un’ampia sella attra-versata da una comoda mulattiera che an-dava in qualche modo difesa. Un osser-vatore superficiale vi nota oggi solo lacappelletta votiva, ma in realtà poco più asud, su un rialzo, si trovano tracce di unaridotta con muri in pietra a secco e alcunetrincee. Il punto principale di difesa delcolle si trova però più in basso, verso laVal Sangone. Si tratta del Forte di SanMoritio edificato nel 1626 su una alturache domina tutto il vallone. Il corpo cen-trale con forma a stella è costituito da ter-rapieni ai quali erano appoggiati i ricove-ri. Esternamente si rinvengono i resti dimuri a secco dal caratteristico andamentoa linea spezzata.

Infine, la pianuraDai Monti della Val Sangone si apre la piana diTorino, oltre le colline moreniche di Giaveno,di Rivoli e di Avigliana. Ed è qui, con lo sguar-do adagiato sui due Laghi tutelati dall’omoni-mo Parco che termina il pacifico volo pacificosulle opere di una guerra infinita.

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Disegno Elio Giuliano

Strada militare dell’Assietta: il caratteristicoDente della Vecchia (foto Toni Farina)

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VVerso la fine del Medioevo la ChiesaCattolica era impegnata in una lotta spie-tata ai movimenti spirituali oggi raggrup-pati sotto il nome di “Prima Riforma”:Hussiti, Dolciniani, Lollardi, Catari,Valdesi… Un vero accanimento, menoefficace tuttavia laddove il potere politicoera maggiormente consolidato. I Valdesi,nati a Lione dalla predicazione di un ric-co mercante di nome Valdesius, riusciro-no ad esempio a radicarsi sulle AlpiCozie, in una zona collocata tra ilDelfinato, il Ducato di Savoia e la Franciapoco popolata e piuttosto turbolenta. Fu così che i Valdesi del posto sopravvis-sero alla persecuzione che, dopo la sco-munica del 1184, li cancellò dal restod’Europa. Nel 1532 la Chiesa Valdese aderì allaRiforma Protestante e uscì dalla clande-stinità costruendo i primi templi. La rea-zione sabauda non si fece attendere, madopo trent’anni di lotta il Duca EmanueleFiliberto fu costretto a concedere con lapace di Cavour del 1561 la libertà di cultoin alcune vallate. Nel 1655 le persecuzio-ni ripresero con le “Pasque Piemontesi”,una vera e propria operazione di “puliziaetnica” attuata in bassa Val Pellice dai mi-litari franco-piemontesi. Negli anni cheseguirono il Piemonte rappresentò pocopiù che un protettorato del Regno diFrancia e, quando nel 1685 Luigi XIV re-vocò le concessioni fatte in passato aiprotestanti, anche il giovane VittorioAmedeo II annullò la libertà di culto inVal Germanasca e Val Pellice. Ancora unavolta l’esercito intervenne con violenzamentre i francesi infierirono sui prote-stanti delle alte valli Susa e Chisone, allo-

ra sotto la loro giurisdizione. In Piemontela resistenza guidata da Giosuè Janavelcostrinse il duca a offrire ai valdesi la pos-sibilità di ritirarsi a Ginevra. Giunti inSvizzera all’inizio del 1687, gli esuli si rior-ganizzarono e il 16 agosto 1689 circa mil-le uomini ripartirono verso il Piemontecon una marcia oggi nota come il“Glorioso Rimpatrio”. Guidata dalPastore Arnaud, la colonna arrivò arrivasenza scontri a Lanslebourg, nonostanteil maltempo. Superato il Col Clapis e for-zato il passaggio del Pont Ventoux, il 26agosto 600 superstiti arrivarono in ValGermanasca trincerandosi nella fortezzanaturale della Balsiglia, resistendo all’as-sedio nemico per tutto l’inverno. Il 4 giu-gno 1690 l’alleanza franco-piemontese siruppe e i Savoia, schierati con gli statiprotestanti, cessarono le ostilità contro iValdesi.Nel 1694 l’editto “di ristabilimento” rein-tegrò nei loro beni i protestanti delle valliincluse nello stato sabaudo, mentre quel-li residenti in territorio francese si viderocostretti a scegliere fra l’esilio e l’abiura.L’ampliamento della libertà religiosa sideve a Napoleone, che nel 1801 annettéil Piemonte alla Francia. Dopo la lungaparentesi della restaurazione, sarannoinfine le “lettere patenti” di Carlo Albertoche il 17 febbraio 1848 riconosceranno idiritti civili e politici dei Valdesi. Questadata è ricordata ogni anno da falò e fiac-colate che celebrano la fine diuna persecuzioneplurisecolare.

ABITARE

I Valdesi, storia di una persecuzioneFilippo Ceragioli

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Tempio Valdese (foto Mauro Raffini)

Pont Ventoux a Salbertrand, la targa posta in occasione del trecentenario del Glorioso Rimpatrio(foto Mauro Raffini)

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LLa parte recente della storia è iniziata nel1985, percorrendo a piedi i sentieri delParco Orsiera Rocciavré per la redazio-ne del Piano d’Area. E come accade intante storie è stato il caso a guidare i no-stri passi in una conca ombreggiata a cir-ca 1200 metri di quota, sul versante al-l’envers della valle, a scoprire uno deimonumenti più importanti della ValSusa: la Certosa di Monte Benedetto.La prima parte della storia inizia peròmolti anni addietro, intorno all’anno1200, con l’arrivo dei monaci certosini.Furono loro a fondare la Certosa su ter-

reni ceduti dai Conti di Moriana. Il com-plesso comprendeva, oltre alla Chiesadi Santa Maria, la casa del priore, le celledei monaci e alcuni edifici di servizio.A valle sorgeva la Correria, abitata daiconversi, dediti al sostentamento delconvento. La Correria fu distrutta nel1473 da una frana originata da una vio-lenta alluvione (i segni sono ancora vi-sibili in corrispondenza dell’arginesfondato a monte dell’abbazia).Nel 1498 i monaci si trasferirono più avalle, alla Certosa di Banda dove rima-sero fino al 1595.

Il lungo periodo di abbandono ha fatto sìche gli edifici siano pervenuti senza parti-colari modifiche fino al secolo scorso,quando furono destinati a usi rurali: l’in-gresso fu allargato e spostato sul latonord-ovest, la chiesa divisa da un murofu usata come stalla, le celle furono ridot-te a ruderi. In tale condizione il comples-so è stato messo in vendita e acquistatodalla Famiglia Cattaneo, che lo ha sem-pre mantenuto nei limiti delle sue possi-bilità. Ma torniamo alla storia recente.Con il coraggio che a volte sorride ai neo-fiti, dopo la “scoperta” è stato ottenuto un

primo finanziamento daparte dell’Assessorato al-la Cultura della RegionePiemonte, in seguito alquale il Parco Orsiera-Rocciavré ha stipulatouna convenzione delladurata di 99 anni per l’uti-lizzo della sola chiesa.Nel 1988 sono iniziati i la-vori di restauro con il rifa-cimento della coperturain lose, la sostituzionedell’orditura in larice, ilconsolidamento sismicoe la ricucitura delle lesio-ni. Nel 1989 si sono con-solidate le fondazioniche hanno permesso lariscoperta del pavimentoin pietra e in cocciopesto

ABITARE

Monte Benedetto,una storia a lieto fineDaniela Delleani

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Per saperne di più:

Certose di Villarfocchiardo e Parco Orsiera-Roccivavrè – ed SGI, richiedibile alla sede del Parco Orsiera Rocciavré a Foresto. Tel. 0122 47064; e-mail:[email protected]

nella zona dell’altare. Il monumento èstato così riportato in sicurezza. Soltantouna decina di anni più tardi l’Ente Parcoha però trovato un ulteriore finanziamen-to per le opere di finitura: intonaci interni,pavimento galleggiante in legno, illumi-nazione interna e sistemazioni esterne,che ne hanno consentito l’apertura alpubblico e l’organizzazione di attivitàculturali. Tra il 2005 e il 2006 sono statiristrutturati i locali rustici destinandoli aforesteria, completando così un pro-getto di fruizione turistica e scientifico-culturale, che prevede anche il mante-nimento dell’attività agro-pastorale, al-la quale sono dedicati alcuni locali perla caseificazione. Nel 2007 la Regione Piemonte ha acqui-stato l’intero complesso della Certosa coni boschi e i pascoli che ne compongonola proprietà. La gestione è stata affidata alParco Orsiera-Rocciavrè che curerà ilcompletamento dei lavori di restauro del-la casa del priore. L’obiettivo è la costitu-zione di un centro studi sul monachesi-mo inserito nella rete italo-francese delleabbazie degli ordini benedettino, certosi-no e cistercense. Un vasto pubblico potrà così appro-fondire, insieme alle tematiche religio-se e storico-artistiche, i temi legati al-l’importante ruolo che questi ordinimonastici hanno avuto nella trasforma-zione e conservazione dei territori incui si sono insediati.

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Lavori di rifacimento del tetto (Foto Gabriele Mariotti)

La Certosa di Montebenedetto (Foto Toni Farina)

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che si sono succedute hanno infattiperseguito insieme alla comunità lo-cale e a progettisti qualificati una dif-fusa e condivisa politica di recuperodelle antiche costruzioni in un’otticadi qualità. Una filosofia incentrata sul-la qualità che è stata seguita anchenelle poche – visto che si è semprepreferito privilegiare il recupero delpatrimonio esistente – realizzazioni exnovo. Gli interventi hanno così riguar-dato sia il patrimonio privato chequello pubblico.

Quella di Ostana è una vicendanon comune, specie se pensia-

mo al contesto delle vallidelle Alpi occidentaliitaliane, dove il patri-

monio architettonico epaesaggistico continua spes-so a essere ancora considera-to più come un impaccio checome un’opportunità. Unavicenda in cui gli interpretiprincipali sono l’architettolocale Renato Maurino –ideatore di una originale me-todologia per il recupero –, isindaci Giaco-mo Lombardoe Marco Bovero che testarda-mente hanno voluto perse-

guire la strada della qua-lità, e naturalmente la comunità locale.Una comunità etero-genea e per questo

Da diversi anni Ostana, paese dell’altaValle Po affacciato di fronte alla pira-mide del Monviso, è diventato un im-portante punto di riferimento sul tema

del riutilizzo e della valorizzazio-ne dell’architettura alpina.

A partire dalla metàdegli anni ’80, le

diverse am-ministra-

zioni

ABITARE

Ostana, laboratoriodell’alta Valle Po

Antonio De Rossi

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interessante, formata da vecchi e nuo-vi abitanti, da emigrati che continuanoad avere in Ostana il proprio baricen-tro, da turisti che si sono affezionatidel luogo. Il riuso e la riqualificazionedel patrimonio architettonico, ma an-che la costruzione degli edifici ex no-vo in un’ottica di qualità, hanno infattideterminato una nuova identità e rico-noscibilità di questo piccolo comune,duramente colpito dai processi di spo-polamento del secondo dopoguerra.L’attenzione per la qualità ambientalee architettonica, insieme alle molteiniziative di carattere socioculturaleche si sono sviluppate, hanno infattidato vita a un iniziale fenomeno di af-flusso di nuovi abitanti e attività eco-nomiche e ricettive che lascia ben spe-rare per il prossimo futuro. E a Ostanavive con la sua famiglia anche FredoValla, regista e scrittore, una delle per-sonalità più interessanti delle valli oc-

citane. L’Amministrazione di Ostanaha messo in campo altre importantiiniziative: la costruzione di una fore-steria, l’utilizzo di tecnologie ecososte-nibili nel campo dell’energia, e spe-cialmente una collaborazione con ilDipartimento di progettazione archi-tettonica del Politecnico di Torino al fi-ne di mettere a fuoco nuovi progetti diqualità e a carattere innovativo. Traquesti, il progetto di un centro cultura-le nel cuore dell’antica Borgata diMiribrart. Qualità architettonica, identità e nuovaabitabilità, sostenibilità ambientale, offertadi un turismo pertinente rispetto ai luoghi,sono gli atouts messi a punto da Ostanaper i prossimi anni. Una filosofia che hapermesso al paese della Valle Po di diven-tare un vero e proprio “laboratorio”. Unesempio per le future politiche sulla mon-tagna. Ostana merita davvero di entrarenella rete dei “Borghi più belli d’Italia”.

Intervento di recupero (foto di Sergio Beccio)

Architetture di Ostana; sullo sfondo, il Monviso (foto Renzo Ribetto)

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IMurales in Val ChisoneGian Vittorio Avondo

ABITARE

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vita alpina. A Usseaux l’attività ha preso avvio al-l’inizio degli anni ’90 grazie all’iniziativadi alcuni operatori turistici locali, orga-nizzatori di uno stage di pittura muraleconcluso con la realizzazione dei beimurales ancora oggi visibili (per quantoormai sbiaditi) lungo il muro di conteni-mento che fiancheggia la strada. Daquel primo momento l’esperienza si è ri-petuta con cadenza annuale e nel giro dipoco tempo affreschi variopinti sonofioriti sui muri delle case del capoluogoe delle sue frazioni, tanto da diventare

Il Comune di Usseaux si trova nella par-te mediana dell’alta Valle del Chisone. Ècomposto da cinque grandi frazioni,quattro delle quali situate in favorevoleposizione sul lato a solatio. SoltantoLaux si trova sul fondovalle, ai bordi diuna conca occupata da un piccolo lago.Ricca di emergenze storiche e artistiche,la località offre molte attrattive che van-no dalle belle architetture in pietra, allefontane a vasca poligonale, agli antichiforni, al mulino ad acqua del capoluo-go, in pieno funzionamento nei week-end estivi, alle variopinte meridiane.Tipici di molti villaggi dell’alta ValChisone, i quadranti solari si rivelano aUsseaux particolarmente interessanti. Ilpiù antico è sicuramente quello di Laux:scoperto di recente sulla facciata dellachiesa parrocchiale e datato 1720, è ca-ratterizzato da un motto in francese par-ticolarmente significativo: C’est l’heurede se converter et faire penitence, un ve-ro monito ai numerosi protestanti che inquegli anni popolavano il paese.Oltre Laux si trovano belle meridiane ot-tocentesche a Pourrieres e nel capoluo-go. Ed è probabilmente in virtù di que-sta antica tradizione (risale al XVII seco-lo l’usanza di ornare i muri delle casecon affreschi variopinti finalizzati a mar-care il tempo e a ricordare agli abitanti iprincipali obblighi morali e religiosi)che in alcuni paesi del corso delChisone si è ricominciato a porre nuovointeresse nella pittura parietale, chia-mando pittori dei nostri tempi a ripro-porre, in chiave moderna, le loro elabo-razioni di quadranti solari o di scene di

essi stessi motivo di interesse e di attrazione turistica, così come accadu-to già da tempo in altre località del Piemonte (Vernante, in ValleVermenagna).Una quarantina sono oggi i murales diUsseaux. Vi sono rappresentate temati-che di vario genere tutte legate al mon-do della montagna: scene di vita conta-dina soprattutto, ma anche natura, vi-cende storiche della valle, il mondo del-le favole. Assai interessante, sulla piaz-zetta del capoluogo, una bella riprodu-zione del ciclo del pane, dalla seminadel grano alla cottura. E se il capoluogoè diventato il “Paese dipinto”, la vicinafrazione Balboutet è diventata il “Paesedelle meridiane”. A partire dal 2001, in-fatti, alcuni pittori (Andrea Calvo,Davide Morero, Gian Carlo Rigassio)hanno coinvolto proprietari di case in

un progetto teso a fare del paese un ve-ro santuario dell’arte gnomonica. Nel gi-ro di pochi anni sono state realizzateuna ventina di meridiane caratterizzateda soggetti con motti più disparati,espressi in francese o in provenzale.Va da sé che sull’onda di queste iniziati-ve anche altri comuni della Val Chisonesi sono mossi, mettendo in piedi iniziati-ve finalizzate ad abbellire le vie delleborgate. Di particolare rilievo il progettoconcepito da Roure, grazie al quale apartire dal 2000 si è iniziato a dipingere imuri con immagini riproducenti gli anti-chi mestieri o più semplicemente scenedi vita quotidiana della montagna. I mu-rales più significativi si osservano tra levecchie case di Castel del Bosco, diRoreto e di Villaretto, dove spicca la ri-produzione di un vecchio pastore trattada una fotografia di Guido Odin.

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La misura del tempo (foto Toni Farina)

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vero problema. I vasti possedimenti di ReCarlo si spingevano fino al mare e dal marearrivava il preziosissimo sale, in-dispensabile alla fabbricazionedel formaggio. Come fare? Aimontanari, si sa, non fa difet-to l’ingegno e Martino,montanaro delle Alpidel Marchese, an-che se un po’svagato, di in-gegno e ini-

ABITARE

ziativa era dotato in abbondanza. Fu una se-ra pascolando gli armenti, con la mente per-sa nella luce del tramonto, che gli arrivò, por-tata dalle brezze, l’Idea: se al Traversetto è ri-schioso passar di sopra perché non pas-sar…di sotto? Un bel “pertus” e via, il proble-ma è risolto. L’idea all’inizio gli parve assaibuffa ma, nelle lunghe sere di pascolo, finìper diventare un chiodo fisso. “Tu sei matto,pensi troppo”, commentavano amici e pa-renti. Per Martino però era una faccenda se-ria e, dopo l’ennesima notte passata a cercarle capre sparse nel bosco, decise: ne avrebbe

parlato alMarchese. La co-

sa non era facile, mail destino gli venne in

aiuto. Si era sparsa voceche Ludovico avesse inten-

zione di salire al colle per re-carsi a trovare il Conte Renato,

Signore di Provenza, e cercassequindi mulattieri e portatori esperti e

affidabili, in grado di accompagnare lui e lanumerosa corte. Occorreva approfittarne. Ilgiorno arrivò; Martino fece in modo di collo-carsi in posizione favorevole nella lunga co-lonna di uomini e bestie da soma diretta alconfine. A mezzogiorno finalmente l’ordinedi sosta: era il momento propizio: “Dove vaitu, mulattiere, torna al tuo mulo che se tiscappa sono guai!” una guardia lo bloccòbruscamente. “Mi scusi signore, ma avrei ur-gente necessità di conferire col Marchese”.Martino replicò tranquillo alzando però il to-no della voce. L’eco gli diede una mano e,

mentre le guardielo spingevano

via strattonan-dolo, la voce

imperiosadi Ludo-

vico tuonò:“Chi mi vuole?”

“Oh, nessuno mioSignore, un villico

ubriaco, probabilmen-te” risposero le guardie.

“Sentiamo, sentiamo cos’ha dachiederci”. La voce di Ludovico si

fece più bonaria. Lo stupore si sparsetra i pascoli. In verità l’aria salubre della

montagna metteva sempre Ludovico dibuon umore, quel giorno poi il cielo azzur-ro e il sole caldo aumentarono il benefico ef-fetto. Stufo di buone maniere e smancerienobiliari il Marchese insistette: “Sentiamo,sentiamo…”. E così sentì. All’inizio piuttostodistrattamente, ma poi un tarlo si fece pianpiano spazio anche nella sua mente, tant’èche nell’ultimo tratto verso il colle Martinoebbe l’onore di essergli a fianco. Passaronocinque anni nei quali l’Idea si trasformò inProgetto. Quindi, con l’accordo di Re Carlo,arrivò l’ardita realizzazione. Due anni di sca-vi nella roccia, polvere e fatica, ma alla finefu la luce d’occidente. Martino ebbe l’onoredell’ultimo colpo di piccone per il primoPertus nelle Alpi.

“’L Pertus”Toni Farina

C’ era un tempo, a dire il vero nonlontano, in cui le genti che abi-tavano da una parte e dall’altra

della catena alpina comunicavano tra loromolto più di adesso. Non esistevano telefonie fax, figuriamoci internet e altre diavolerie,eppure si sapeva sempre quel che succede-va al di là delle creste. Ci si incontrava, siscambiavano merci, si partecipava alle feste.Le Alpi, insomma, anche se alte e severe,non erano certo una barriera invalicabile. Edera così un po’ dovunque, anche nelle terredel Marchese Ludovico. Ridenti colline, unafascia di fertile pianura e, dalla parte dovetramonta il sole, una cinta di montagne im-pervie e inaccessibili. Pinnacoli, guglie, ripi-di canaloni colmi di pietre, o di ghiaccio.Unico punto di passaggio verso il regno diRe Carlo, suo potente alleato, era il ColleTraversetto, un valico non troppo difficilecol bel tempo e nella bella stagione, ma assaipericoloso in caso di pioggia o con la neve ditormenta che, appiccicandosi a ognianfratto, trasformava la salita finalein un vero patimento. In alto, in-fatti, il sentiero correva su unprecipizio intagliato nella vi-va roccia. Quanti inci-denti! Non passavamese che non occor-resse soccorrerequalche malcapita-to viandante. Nellungo inverno poi,per via della spessacoltre nevosa e del ghiaccio, sulTraversetto non si“traversava” più. Un

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I rifugiElisa Rollino

VAL DI SUSAGeat Valgravio, 1390 m, Vallone del Gravio, San Giorio di Susa (TO). Nel Parco naturale OrsieraRocciavré. Tel 011 9646364, fax 0121 82446, cell. 333 [email protected],www.rifugiovalgravio.itRaggiungibile dalla Frazione Adret lungo comodamulattiera nel bosco (1 h).

Toesca, 1710 m, Pian del Roc, Bussoleno (TO).

Nel Parco naturale Orsiera Rocciavré.Tel. 0122 49526 - 011 9359804 (gestore), 3493973067, [email protected], www.rifugiotoesca.it.Accesso dalla località Travers a Mont su agevolemulattiera (1,5 h). Rifugio certificato Ecolabel.Apertura: da metà aprile a ottobre nei finesettimana. Continuativa a luglio e agosto.

Amprimo, 1390 m, Località Pian Cervetto, Bussoleno(TO). Nel Parco naturale Orsiera Rocciavré.Tel. 0122 49353 - http://www.rifugioamprimo.it/Accesso dalla località Travers a Mont su agevolemulattiera (0,45 h). Apertura: da metà aprile a ottobrenei fine settimana. Continuativa a luglio e agosto.

Alpe Toglie, Località Toglie, Mattie (TO).Nel Parco naturale Orsiera Rocciavré.Cell. 333 4076498Raggiungibile da Mattie in auto su strada sterrata.Oppure a piedi su sentiero GTA (2,5 h).

Arlaud, 1770 m. Località Montagne Seu, Salbertrand (To).Nel Parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand.Tel. 335 401624, [email protected],www.rifugioarlaud.it. Rifugio certificato Ecolabel. Raggiungibile dalla Frazione Monfol di Oulx(area di Serre Blanche) su strada sterrata(1,5 h)o da Salbertrand su sentiero nel bosco (2 h).

Vaccarone, 2.747 m, Chiomonte (TO)Tel: 0122 33226.http://www.cmbvallesusa.it/r_giaglione.aspRaggiungibile dalla frazione Ramats di Chiomonteo dal passo del Piccolo Moncenisio attraversoil Colle Clapier. Il rifugio è incustodito.Chiavi presso la sezione CAI di Chiomonte(Tel: 0122 54694 - 54169)VAL SANGONEBalma, 1986 m, Alpe della Balma, Coazze (To).Nel Parco naturale Orsiera Rocciavré.Tel 011 9349336, www.rifugiobalma.it/new/index.htm. Aperto in modo continuativo nel mese di agosto e nei weekend da giugno a settembre.Accesso dalla frazione Molè di Coazze (3 h).

VAL CHISONESelleries, 2030 m, Loc. Alpe Selleries, Roure (TO).Nel Parco naturale Orsiera Rocciavré.Tel 0121 842664, [email protected], www.rifugioselleries.it. Raggiungibile in auto da Prà Catinat su sterrata nel periodo estivo. A piedi su sterrata o sentieroda Prà Catinat o dalla ocalità Selleiraut di Villaretto (2 h).

Troncea, 1700 m, Borgata Troncea, Pragelato(TO). Nel Parco naturale Val Troncea.Tel 320 1871591 – 328 9737689 Accessibile a piedi su strada (in inverno pista da fondo) da Traverses di Pragelato oppure, con strada libera dalla neve, da Laval. Apertura: tutti i fine settimana e festivi nel periodoinvernale, fino al mese di maggio; in modocontinuato nel periodo estivo.

VAL GERMANASCALago Verde, 2583 m, Prali (TO) Tel: 0121 806124, [email protected], www.praly.it Accesso dalla frazione Ghigo di Prali passando per la località Bout du Col (3 h). Apertura: da metà giugno a fine settembre

VAL PELLICEBarant, 2373 m. Colle del Baracun, Bobbio Pellice(TO). Tel. 360 71647; www.barant.it.Nei pressi del rifugio si trova il Giardino botanico“B.Peyronel”. Accesso da Villanova (2,5 h) o dal rifugio Barbara Lowrie (1,5 h).Aperto da metà giugno a metà settembre.

VALLE POGiacoletti, 2741 m, Crissolo (CN).Il rifugio più alto delle Alpi Cozie, nel Parcodel Po cuneese. Tel: 0175 940104,e-mail: [email protected],www.giacoletti.it/home.htmlRaggiungibile dal Pian del Re su buon sentiero (2,5 h).Apertura: Continuativamente dal 14 giugno al 21settembre. Su richiesta in altri periodi dell’anno.

Quintino Sella, 2640 m, Crissolo (CN).Nel Parco del Po cuneese.

Tel: 0175 94943, [email protected],http://www.rifugiosella.it/, Raggiungibile dal Pian del Re (2020 m s.l.m.)su buon sentiero (2,5 h).Apertura: dal 15 giugno al 30 settembre

Alpetto, 2268 m, Oncino (CN).Nel Parco del Po cuneese.Tel. 0121 90547, www.rifugioalpetto.itRaggiungibile su buoni sentieri dalle borgate MeireDacant o Sampa di Oncino (1,45 h) o da Crissoloper Meire Balmasse, il Vallone di Pra Fiorito e il Pian Radice (3,30 h). Apertura da inizio giugno a metà settembre.

VALLE VARAITAVallanta, 2.450 m, Pontechianale (CN).Tel: 0175 956025, [email protected] Raggiungibile dalla Frazione Castello (1604 m) diPontechianale risalendo il Vallone di Vallanta (2.30 h).Apertura: dal 20/06 al 30/09

Bagnour, 2017 m, Pontechianale (CN).Tel. 320 4260190; info: [email protected] da Castello di Pontechianale (1,30 h) o da Alboin di Casteldelfino (2 h) su mulattierenel Bosco dell’Alevé. Apertura: continuativo da giugno a settembre, neiweek-end e durante le festività il resto dell’anno.

VALLE DEL GUIL (QUEYRAS)Mont Viso, 2.460 m, Ristolas (Francia)Tel. (+33) 0 492468181, [email protected] dalla località Roche Écrouléesu sterrata e poi su mulattiera (2,30 h). Apertura: da metà giugno a metà settembre.

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Il Rifugio Quintino Sella

Page 49: Alpi Cozie - Piemonte Parchi · Con la guida “Alpi Cozie”, Piemonte Parchi vuole raccontare questa esperienza, trasmettendo ai lettori l’agire dei parchi e la loro nuova progettualità.

BibliografiaIlaria Testa

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I PARCHI

Po cuneeseCon la Salamandra diLanza Franco Andreone,Paolo Bergò e VincenzoMercurio ci accom-pagnano a scoprire labiologia, l’ecologia e la

conservazione di un anfibio esclusivo delleAlpi. Fusta Editore ([email protected]), 16 €.

Val TronceaDivertiamoci con il Parconaturale della ValTroncea, questo l’invito, o meglio il titolo dellapubblicazione, curata daBruno Usseglio, per far

conoscere ai più piccoli (e non solo) lemeraviglie del Parco attraverso favole, giochie tanto altro. 7 €.

Orsiera RocciavréCon le bellissime immaginidel volume Parco naturaleOrsiera Rocciavré, editocon il Centro di Documentazione Alpina,l’Ente Parco ha voluto

rendere omaggio ai suoi primi vent’annidi attività. 15 €.

Orridi di Forestoe ChianoccoLa storia e i percorsi dellaRiserva naturale diForesto è lapubblicazione, conCartina topografica

allegata che, attraverso foto e illustrazioni acolori, porta il lettore a scoprire i territoridella riserva. Alzani Editore, 6 €.

Gran Boscodi SalbertrandIl Gran Bosco è il titolocon cui RiccardoCamuso, Walter Busnellie Vittorio Milonemettono in scena le

suggestioni e lo splendido spettacolo delParco. Cammy Editore, 30 €.

Laghi di AviglianaLa Storia Naturale dei Laghidi Avigliana è stata scritta daRemo Tabasso per fornireun quadro rapido esintetico degli eventi naturali,storici e antropici che

hanno determinato l'attuale aspetto dell'areaintermorenica aviglianese. 2,07 €.

LE CAMMINATE

Le Strade dei cannoni è iltitolo della guida scritta daMarco Boglione dopo averpercorso oltre 1500 km trale fortificazioni dellemontagne della Valled’Aosta, del Piemonte e

della Liguria. Blu Editore, 18,50 €.

Grazie alla guida intitolataIntorno al MonvisoAndrea Parodi descrivecirca settanta itinerari chesi snodano intorno allamontagna, sul lato italianoe su quello francese.

Parodi Editore, www.parodiedito-re.it), 16 €.

TUTELA DELL’AMBIENTE

Le Mucche non mangianocemento è il titolo con cuiLuca Mercalli e Chiara Sassoci ricordano che il mondosostenibile va a bassavelocità. SMS Editore(www.nim-bus.it), 29 €.

FOTOGRAFIA

Valle di Susa: un viaggioraccontato come solole immagini, e duefotografi professionisticome Sergio Giobertoe Marilena Noro,possono fare.

Del Graffio Editore (011 9641007), 70 €.

STORIA, USI E COSTUMI

Con la spada e conla croce, di EnricoBertone, è il libro che citrasporta in un universodi usanze popolari e dicostumi, patrimoniocomune della gente

dell'intero arco alpino. Sagep Editore(www.sagep.it), 46,48 €.

Le Valli Valdesi. Storia,natura, itineraritestimonia, grazie allericerche di molti autori, letracce del gloriosopassato del popolovaldese e i luoghi di un

presente segnato da una vivace cultura.Kosmos Editore (011 8981456), 12 €.

NARRATIVA

La Via dei lupi è il librocon cui Carlo Grandedescrive, grazie alsusseguirsi di avventuredi un nobile medievale,François di Bardonneche,la civiltà montanara

trecentesca. Tea Editore (02 34597625), 7,50 €.

La Canzone diColombano ci arrivagrazie ad AlessandroPerissinotto che guidatodalle strofe e dagli archivisvolge un'inchiesta eplasma questo racconto.

Sellerio Editore (www.sellerio.it), 10 €.

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Gli Annali scientificidel Massiccio del Monviso

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PPer conoscere i contenuti e le finalitàdel Progetto Interreg III Alcotra“Monviso” sono disponibili quattroannali pubblicati dal giugno 2006 alnovembre 2007. Gli annali sono staticurati dal Comitato tecnicoscientifico del progetto e contengonoarticoli di carattere scientifico, storicoe culturale. Gli argomenti trattatisono stati oggetto di approfonditistudi realizzati grazie all’Interreg.L’apporto a livello di conoscenza delterritorio è significativo e pone le basiper una gestione consapevole e unaprogrammazione futura che nonpotrà limitarsi a una visionepuramente localistica, ormai superatada un “europa alpina” che giàstoricamente aveva abbattuto lefrontiere. A corredo degli annali èpresente al loro interno un portfoliofotografico dedicato in ogni numeroa uno specifico un tema specifico(uccelli, architettura, insetti, Monvisoa 360°). A chiusura del progettosono state inoltre presentate unabrochure su uomo e ambiente neiparchi promotori e un Atlante“Sguardi sul Monviso – l’uomo e labiosfera” con le schede tematichedegli argomenti trattati. Tutti gli studie il materiale prodotti con l’Interregsono infine stati raccolti in un CDche vuole rappresentare unostrumento utile di consultazione per isoggetti che a vario titolo operanosul territorio interessato.