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PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE……….………… ALLEGATO L…………………. ALLEGATO “L” Aspetti Agroforestali in Provincia di Treviso Redazione a cura di dott. Gino Bolzonello dott. Mauro D’Ambroso dott. Mario Innocente GREENPLAN ENGINEERING Studio Associato

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INDICE

PREMESSE 5

1 QUADRO PROGRAMMATICO E NORMATIVO 5

1.1 LA LEGISLAZIONE E LA PROGRAMMAZIONE IN ATTO..................................... 6

1.1.1 Il Programma Regionale di Sviluppo ..................................................................... 6

1.1.2 La Legge Regionale n° 40/2003............................................................................. 7

1.1.3 La programmazione dello Sviluppo Rurale 2007-2013 ......................................... 9

1.1.4 Il Piano Strategico della Provincia di Treviso........................................................ 10

1.1.5 Il Piano di Tutela delle Acque e il Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle

acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia.................... 11

1.2 LE POLITICHE SETTORIALI....................................................................................... 13

1.2.1 Il Piano di Sviluppo Rurale .................................................................................... 13

1.2.2 Le attività agrituristiche ......................................................................................... 15

1.2.3 Strumenti finanziari e legislativi per il settore agricolo ......................................... 18

1.3 IL DOCUMENTO PRELIMINARE DEL PTCP ............................................................ 26

2 L’ANALISI DEL CONTESTO AGRICOLO 29

2.1 LA RISORSA AMBIENTE E LE QUALITÀ DEL TERRITORIO ............................... 29

2.2 PRINCIPALI CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL’AGRICOLTURA TREVIGIANA30

2.3 LE DINAMICHE DEL SETTORE AGRICOLO............................................................ 31

2.3.1 Gli assetti aziendali ................................................................................................ 31

2.3.2 L’Agriturismo ........................................................................................................ 56

2.4 LE RISORSE IRRIGUE.................................................................................................. 61

3 LE CRITICITÀ 64

3.1 I FATTORI DI CRITICITÀ AMBIENTALE ................................................................. 64

3.1.1 Perdita di spazio rurale........................................................................................... 64

3.1.2 Semplificazione paesistica ..................................................................................... 68

3.1.3 Fragilità delle falde ................................................................................................ 69

3.1.4 Abbandono colturale .............................................................................................. 70

3.1.5 Invecchiamento della popolazione ......................................................................... 71

3.1.6 Edificazione negli ambiti rurali e presenza di destinazioni d’uso conflittuali........ 71

3.1.7 Uso delle risorse irrigue ......................................................................................... 71

3.1.8 Cave ....................................................................................................................... 75

3.1.9 Abbandono di fabbricati rurali e presenza di disordine edilizio............................. 75

3.1.10 Presenza di fabbricati impropri e inutilizzo degli stessi ......................................... 75

3.1.11 Insufficiente dotazione di naturalità negli ambiti estensivi specializzati ............... 75

3.1.12 Abbandono dei boschi privati ................................................................................ 76

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3.1.13 Carenza di infrastrutture viarie a servizio boschivo ............................................... 76

3.1.14 Bassi standard qualitativi degli assortimenti forestali ............................................ 76

3.2 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO AGRICOLO PRODUTTIVO .............................. 76

3.2.1 Ambiti omogenei a coltivazioni estensive.............................................................. 77

3.2.2 Ambiti omogenei a coltivazioni pregiate ............................................................... 77

3.2.3 Gli insediamenti zootecnici.................................................................................... 78

3.3 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO PERIURBANO.................................................... 79

3.4 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO A VALENZA NATURALISTICO-AMBIENTALE 80

3.5 LE CRITICITÀ DEL SETTORE SELVICOLTURALE................................................. 80

4 LE AZIONI 82

5 GLI SCENARI 85

5.1 GLI SCENARI PER L’AGRICOLTURA NEL CONTESTO INTERNAZIONALE..... 85

5.2 DINAMICHE ECONOMICHE PREVEDIBILI ............................................................. 87

5.3 GLI SCENARI DEL SETTORE AGRITURISTICO...................................................... 90

5.3.1 L’Agriturismo ed il Parco del Fiume Sile .............................................................. 90

5.3.2 Distretto del Prosecco ............................................................................................ 91

5.3.3 Le Malghe del Grappa............................................................................................ 92

5.3.4 Le Malghe del Cesen.............................................................................................. 93

5.3.5 Le Malghe del Cansiglio ........................................................................................ 93

5.3.6 Il Montello ............................................................................................................. 93

5.3.7 Pedemontana del Grappa e Colli Asolani............................................................... 94

5.3.8 L’area del Piave ..................................................................................................... 95

5.3.9 Periferie di centri urbani e del capoluogo di provincia .......................................... 95

6 IL SISTEMA DEL TERRITORIO RURALE 97

6.1 COMPONENTE AGRICOLA-FORESTALE................................................................. 97

6.2 COMPONENTE AMBIENTALE-PAESAGGISTICA................................................... 98

6.3 COMPONENTE PERIURBANA FRAMMENTATA.................................................... 99

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PREMESSE

Il Quadro conoscitivo del Settore Agroforestale ha preso in considerazione le variabili e gli aspetti salienti dell’economia provinciale, quali le principali caratteristiche strutturali dell’agricoltura trevigiana, i rapporti tra l’ambiente e le qualità degli agroecosistemi, l’Agriturismo, la risorsa acqua. Per poter governare i processi in atto secondo logiche economico-ambientali, in rispetto al principio di sostenibilità, l’analisi ha altresì rilevato le condizioni strutturali, normative e programmatiche legate al contesto europeo e regionale. La plurifunzionalità che l’agricoltura trevigiana è chiamata a svolgere, specialmente a livello territoriale, inoltre ha indotto all’inventarizzazione delle criticità. Alcuni aspetti saranno sviluppati in riferimento agli studi in corso, che interessano l’Uso del suolo, la Capacità d’uso del suolo, la Carta protettiva delle acque superficiali e sotterranee, la Carta dei metodi irrigui, ovvero a quelle invarianti strutturali del territorio che incidono direttamente sulle potenzialità produttive e sugli equilibri ambientali dello stesso, la cui conoscenza consente di ipotizzare in modo sufficientemente definito gli scenari futuri di un’economia agricola provinciale in continua evoluzione, soggetta ad una sempre più forte domanda di qualità delle risorse e delle produzioni. Saranno inoltre delineati i Distretti agroproduttivi, che daranno indicazioni sulle azioni di carattere ambientale e naturalistico da programmare con lo studio ambientale e faunistico. L’individuazione delle varie componenti, produttiva, naturalistico-ambientale e periurbana, che connotano l’agroecosistema, nonché la verifica delle rispettive interazioni, potranno configurare una serie di scenari specifici del contesto provinciale. Saranno indagati altresì gli ambiti interessati da produzioni di qualità, per i quali si renderà necessaria una forte azione di tutela conservativa. Il settore agroforestale sarà redatto secondo lo schema della Relazione Preliminare, integrato dalle sopracitate tematiche, al fine di perseguire gli obiettivi generali di Piano. La fase strettamente pianificatoria rivisiterà le azioni indicate, alla luce delle nuove acquisizioni, e determinerà delle Direttive generali di gestione territoriale, intese ai sensi della Legge Regionale 11/04, relativa alla redazione dei PTCP. 1 QUADRO PROGRAMMATICO E NORMATIVO La verifica delle potenzialità, delle criticità e dei possibili scenari produttivi, economici e sociali, specifici del settore agroforestale trevigiano, non può prescindere da una preliminare, breve disamina delle norme, prescrizioni e provvidenze in atto. A seguito del Documento comunitario Agenda 2000, una serie di regolamenti applicativi ha modificato in maniera sostanziale l’approccio di finanziamenti ed incentivi al settore primario, attraverso la gestione coordinata ed unitaria degli interventi dell’Unione Europea. Parallelamente, il Piano Regionale di Sviluppo 2005 ha fissato, anche per le politiche di settore e nello specifico per il primario, gli scenari e gli obiettivi strategici.

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1.1 LA LEGISLAZIONE E LA PROGRAMMAZIONE IN ATTO Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, in riferimento a quanto delineato nel Piano Strategico provinciale, mediante il Documento Preliminare ha evidenziato il quadro programmatico e ambientale entro cui devono porsi gli interventi per la tutela e la valorizzazione del patrimonio agro-forestale. Appare preliminarmente necessario delineare i principali contenuti, gli obiettivi e le priorità dei suddetti strumenti programmatori. 1.1.1 Il Programma Regionale di Sviluppo Con il Programma Regionale di Sviluppo (Legge Regionale n° 35/2001), vengono definiti gli scenari di politica territoriale basati sull’uso efficiente delle risorse e sull’organizzazione dei grandi temi sociali ed economici che caratterizzano il modello veneto. Le componenti ambientali e il settore primario sono oggetto nel PRS di puntuali riflessioni, la ricomposizione del territorio appare, assieme alla ricerca dello sviluppo sostenibile, elemento portante del primo tema, le politiche di settore, per quanto concerne il secondo tema, sono indirizzate all’innovazione istituzionale e strategica. Il territorio viene considerato quale risorsa “sociale”, in quanto direttamente funzione di qualità delle vita, quale risorsa “economica”, fattore di produzione essenziale, risorsa “ambientale”, da tutelare secondo il principio della sostenibilità. Ne deriva che l’indirizzo fondamentale del PRS è diretto alla revisione sostanziale della disciplina urbanistica, revisione attuata conformemente nel 2004, tramite la Legge Regionale n° 11, in cui le valutazioni ambientali hanno assunto un ruolo precedentemente mai sperimentato. In riferimento agli obiettivi di qualità ambientale oppure attinenti al settore agricolo, particolarmente pregnanti appaiono alcune azioni: • razionalizzare l’utilizzo della risorsa suolo; • contrastare il deterioramento delle risorse naturalistiche; • valorizzare l’uso agroambientale del territorio; • potenziare la ruralità, i prodotti tipici, per l’innalzamento della qualità della vita, -“il tempo

libero, il turismo e lo sport possano formare gli elementi di un nuovo rapporto tra cittadini e agricoltura nella pianificazione e nell’uso del territorio”1-;

• promuovere le attività legate all’agriturismo. Come espresso in modo compiuto nello stesso PRS, “il territorio agricolo, cioè utilizzato e gestito dalle imprese agricole, inteso come la matrice connettiva dell’ambiente attuale, va attentamente salvaguardato e seguito nella sua evoluzione con idonee politiche che innanzitutto esaltino e mantengano il presidio territoriale e la sicurezza idrogeologica, idraulica e ambientale sviluppata dalle attività agricole”2. Tra gli orientamenti da seguire per il governo del territorio, viene quindi considerata indifferibile la tutela dell’ambiente agricolo, anche in ragione della pregnanza paesaggistica che tale azione compendia. La specializzazione delle produzioni, in un contesto di sempre maggior concorrenza internazionale, rappresenta l’altra finalità prioritaria.

1 Punto 2.1.3 del PSR 2000. 2 Ibidem, punto 1.2.4.

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Parimenti significative appaiono le innovazioni istituzionali e strategiche in atto, in sintesi il nuovo approccio programmatico del Piano di Sviluppo Rurale per il periodo 2000-2006, che privilegia il concetto di sviluppo rurale all’incremento quantitativo delle produzioni, integrando la tutela dell’ambiente, la sicurezza e la qualità degli alimenti, la vivibilità delle aree rurali, la plurifunzionalità, l’integrazione economica con le altre attività produttive, la valorizzazione del patrimonio storico e culturale locale. In tale contesto risulta pertanto preminente3: • “Perseguire una politica della qualità, sia tramite la valorizzazione dei legami del prodotto con il

territorio e la tradizione (marchi DOP, IGP, DOC, DOCG e IGT), sia tramite la fornitura di specifiche garanzie sul processo di produzione, come nel caso dei prodotti biologici;

• Sostenere la politica di certificazione di prodotto (marchi collettivi, marchio regionale o marchi aziendali di qualità) per garantire e rendere distinguibile al consumatore il prodotto;

• Aumentare l’affidabilità delle filiere, l’efficienza dell’organizzazione logistica e dei servizi al cliente, al fine di fidelizzare i canali commerciali ed i clienti in genere”.

Le azioni di Piano finalizzate al raggiungimento di tali obiettivi sono così identificabili: • Sostegno dei processi produttivi, con potenziamento dei percorsi di filiera; • Affermazione della multifunzionalità aziendale, fonte di redditi aggiuntivi; • Sviluppo di servizi integrati nelle aree rurali; • Tutela delle risorse e del paesaggio; • Valorizzazione delle aree montane e marginali; • Promozione dello sviluppo sostenibile in agricoltura e selvicoltura; • Potenziamento delle comunità e collettività rurali. 1.1.2 La Legge Regionale n° 40/2003 Con questo provvedimento legislativo, la Regione Veneto ha inteso riconoscere e normare gli interventi in agricoltura. Le finalità sono riportate all’art. 1: “La Regione del Veneto, al fine di sostenere lo sviluppo economico e sociale del settore agricolo, di promuovere la tutela dell’ambiente e la gestione delle risorse naturali, di migliorare le condizioni di vita e di lavoro della popolazione rurale e di garantire la sicurezza e la qualità dei prodotti agricoli, disciplina gli interventi rivolti a: a) promuovere l’ammodernamento delle imprese e l’innovazione tecnologica del settore agricolo; b) favorire il ricambio generazionale del settore agricolo; c) sostenere i processi produttivi di trasformazione e commercializzazione delle produzioni agricole; d) riconoscere e promuovere la multifunzionalità e pluriattività dell’impresa agricola e lo sviluppo delle zone rurali, creando opportunità di crescita, fonti di reddito e di occupazione complementari per gli agricoltori e le loro famiglie; e) sostenere le produzioni di qualità e quelle ottenute con metodi ecocompatibili, anche mediante l’introduzione di sistemi di gestione della qualità e la certificazione dei sistemi di produzione e di trasformazione; f) favorire lo sviluppo sostenibile mediante l'integrazione delle azioni dirette alla crescita delle imprese con le azioni volte alla tutela dell'ambiente e del consumatore;

3 Ibidem, punto 3.4.1.

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g) promuovere la formazione e l’aggiornamento professionale per la sicurezza alimentare, tramite l’introduzione e l’attivazione di adeguate procedure; h) promuovere la costituzione di adeguate unità produttive, favorendone l’accorpamento; i) promuovere e sostenere il miglioramento dell’organizzazione economica e della posizione contrattuale dei produttori agricoli anche attraverso l’associazionismo e la cooperazione.” All’art. 7 si definiscono “distretti rurali i sistemi produttivi locali caratterizzati da una identità storica e territoriale omogenea derivante dall’integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali del distretto.” All’art. 8 si definiscono “distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria, nazionale e regionale oppure da produzioni tradizionali o tipiche.” All’art. 35 sono normati gli interventi nel settore agroambientale: “1. Al fine di favorire l'applicazione di metodi di produzione agricola finalizzati alla riqualificazione ambientale e alla conservazione dello spazio naturale, la Giunta regionale, d’intesa con gli enti locali e gli enti parco, prevede, nell’ambito del Piano del settore agricolo (PSAGR), un programma di interventi per la concessione agli imprenditori agricoli di aiuti diretti a sostenere la conservazione o l’introduzione di pratiche agricole che, per tipo di coltura o per metodo di produzione praticati, risultano idonee a promuovere lo sviluppo sostenibile delle zone rurali, anche riconoscendo il ruolo svolto dai contoterzisti che operano prevalentemente per il settore agricolo. 2. Il programma di cui al comma 1 può comprendere una o più delle seguenti azioni: a) la riduzione degli impatti ambientali derivanti dalla attività agricola e zootecnica oltre i limiti definiti dalla normativa comunitaria; b) il miglioramento e la valorizzazione degli elementi tipici del paesaggio rurale diversi da quelli di cui agli articoli 38 e 39; c) la tutela e la salvaguardia delle risorse naturali; d) la tutela della biodiversità degli ambienti rurali, diversa da quella di cui all’articolo 69; e) l’impianto, il ripristino e la conservazione di siepi, bande boscate e boschetti; f) la conservazione e il ripristino dei prati stabili di pianura e dei prati e pascoli montani destinati all’allevamento di bovine; f bis) la realizzazione di impianti arborei a destinazione non alimentare. 3. Gli aiuti di cui al presente articolo possono essere aggiuntivi o supplementari rispetto a quelli previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999. 3 bis. L’intervento di conservazione e ripristino dei prati stabili di pianura di cui al comma 2, lettera f), è attuato nelle aree individuate dalla Giunta regionale , sentita la competente commissione consiliare, al fine di assicurare una maggiore tutela delle risorse idriche. 4. Nelle more dell’approvazione del PSAGR, la Giunta regionale, anche sulla base di proposte degli enti locali e degli enti parco, definisce dei progetti pilota, sentita la competente commissione consiliare.” All’art. 38 è normata la conservazione del paesaggio e dei fabbricati rurali di interesse storico e archeologico: “1. Al fine di migliorare e valorizzare il patrimonio rurale e le caratteristiche tradizionali dei terreni agricoli, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, concede aiuti

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per interventi di conservazione di elementi non produttivi delle imprese agricole, quali manufatti di interesse storico o archeologico o tradizionali aspetti del paesaggio agrario. 2. Possono accedere agli aiuti previsti al comma 1 gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2. 3. Gli aiuti di cui al comma 1 possono essere concessi nella misura massima del cento per cento della spesa ritenuta ammissibile; tale spesa può comprendere un congruo compenso per il lavoro svolto dall’imprenditore agricolo, dai suoi familiari o dai lavoratori dipendenti, con un massimale annuo di 10.000,00 euro.” Gli interventi di conservazione anche degli elementi non produttivi, manufatti e aspetti del paesaggio, rappresentano un elemento innovativo di rilievo nel quadro della tutela e valorizzazione del patrimonio storico e paesaggistico rurale, specialmente nel momento in cui si riconosce un compenso all’opera di manutenzione e salvaguardia ambientale svolta specificamente dell’imprenditore agricolo. 1.1.3 La programmazione dello Sviluppo Rurale 2007-2013 La riforma della Politica Agricola Comune ha di fatto incrementato il ruolo del territorio rurale nel perseguimento degli obiettivi di tutela delle risorse, di sostegno all’occupazione e di sviluppo nelle aree marginali. Con la nuova Proposta di Regolamento e con gli “Orientamenti strategici” (luglio 2004), l’Unione Europea precisa il quadro di interventi cui dovrà fare riferimento ciascun paese. Lo sviluppo rurale viene definito da una serie di normative e misure dirette al miglioramento delle condizioni fisiche, ambientali e socio-economiche nei territori rurali, secondo le finalità e gli obiettivi che seguono: • Identificazione del ruolo multifunzionale dell'agricoltura, • Miglioramento della competitività del settore primario, • Definizione del ruolo ambientale dell’agricoltura, • Diversificazione delle attività economiche, • Conservazione del complesso patrimonio rurale. Tali obiettivi sono direttamente connessi alle misure e agli interventi definiti dalla Politica Agricola Comune (PAC) e alle relative misure di sostegno. Appare determinante l’abbandono della tendenza alla massima produttività e l’affermarsi dei principi della qualità territoriale, ambientale e sociale, nonché della sicurezza alimentare, secondo i principi ispiratori del Consiglio europeo di Göteborg (2001) e della Strategia di Lisbona, in cui si enunciò il principio della coerenza tra crescita economica e utilizzo sostenibile delle risorse naturali. Le problematiche emergenti sono così definibili: • Di carattere economico, legate alla differenza di reddito, all’invecchiamento della popolazione

attiva e al predominio dell’agricoltura nelle zone rurali; • Di carattere sociale, dovute alla scarsa occupazione, allo spopolamento, dovuto in parte alla

mancanza di servizi essenziali e alla carenza di sbocchi occupazionali extra agricoli; • Di carattere ambientale, per la presenza di fattori di degrado delle risorse, l’occupazione del

territorio, l’abbandono colturale di vasti territori marginali. Il ruolo della politica di sviluppo rurale nel periodo 2007-2013 dovrà incentrarsi su tre assi principali: • l’economia della produzione agroalimentare; • l’ambiente e l’economia rurale; • la popolazione nelle zone rurali.

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La nuova politica dovrà essere caratterizzata da un nuovo più strategico approccio alla competitività, dalla creazione di posti di lavoro, dall’innovazione nelle zone rurali e da una migliore governance nell’attuazione dei programmi. 1.1.4 Il Piano Strategico della Provincia di Treviso Il Piano Strategico Provinciale è un metodo di governo del territorio, ovvero è un “Piano/Programma” di lungo periodo, che individua problemi, dinamiche, tensioni ed opportunità, li sottopone a monitoraggio, sviluppa soluzioni complessive ad ampio raggio. Tra le dinamiche individuate, la tensione tra consumo estensivo del territorio e del tempo appare la più pregnante, in termini di interazione con il settore primario e con le componenti ambientali e paesaggistiche. Principi fondanti devono risultare, in ogni caso, la sostenibilità e la qualità. L’obiettivo principale, nonché il fine del Piano, è il riequilibrio del modello attuale di sviluppo e di società, esso può essere raggiunto attraverso specifiche direttrici di azione, tra cui alcune appaiono direttamente connesse al comparto agroforestale. Specificamente: • Fare del territorio un centro della qualità di vita e sociale; • Rafforzare le dinamiche per la formazione del capitale umano e della solidificazione di una

nuova classe imprenditrice; • Sviluppare le potenzialità del trevigiano quale territorio del turismo, dell’arte e della qualità

ambientale e di vita; • Puntare allo sviluppo ambientale quale nuovo termine della qualità della vita e della

competitività territoriale. Il Piano Strategico viene all’uopo fondato su tre componenti; significativa, per l’agroforestale, appare la prima, “Uso equilibrato del territorio”, per cui è individuato un asse strategico, l’Asse 2. – “Realizzare un sistema di gestione del territorio equo, sostenibile e innovativo”. Obiettivi dell’Asse 2 sono: • Sviluppare l'eco innovazione nel settore produttivo e in quello dell'offerta ambientale e sostenere

l'eco-development, • Innovare le politiche per un ambiente di qualità quale motore dello sviluppo e possibile marchio

del Made in Treviso; • Promuovere l'agro-alimentare come fattore di integrazione del territorio, dell'identità dei luoghi e

dello sviluppo economico; • Favorire il riassetto delle destinazioni d'uso del territorio e promuovere le tecnologie costruttive a

basso impatto. Le Azioni dell’Asse 2 che appaiono significative per l’agroforestale possono essere: • Aiutare le imprese che progettano nuove tecnologie per lo sviluppo sostenibile; • Realizzare il bilancio ecologico, valorizzare il ciclo delle acque, potenziare la tutela del suolo; • Revisionare il PTCP, con linee guida per il controllo e la pianificazione territoriale; • Creare i distretti rurali e agro-alimentari di qualità.

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1.1.5 Il Piano di Tutela delle Acque e il Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia

La tutela delle risorse idriche rappresenta una delle tematiche più pregnanti nella protezione delle risorse, sia per la loro assoluta importanza vitale, sia per le minacce di degrado qualitativo e quantitativo cui sono sottoposte. La produzione normativa è oramai copiosa, le connessioni con l’attività agricola si possono riferire, in modo diretto, ai vincoli specificamente indirizzati agli allevamenti e alla concimazione delle colture. Fonte principale, a livello europeo, è rappresentata dalla Direttiva 91/676/CEE (direttiva nitrati), che impone l’obiettivo di ridurre l’inquinamento delle acque provocato da nitrati derivanti da fonti agricole. Essa pone in capo agli stati membri obblighi relativi a: a) monitoraggio delle acque; b) designazione delle zone vulnerabili; c) formulazione di un Codice di Buona Pratica Agricola; d) predisposizione ad attuazione di programmi di azione nelle zone vulnerabili. La Direttiva nitrati è stata recepita nel nostro paese con il D. Lgs 11 Maggio 1999 n° 152 modificato dal D.LGS 18 agosto 2000, n° 258. L’articolo 19 del D.LGS n° 152/99, tra l’altro, attribuisce alle regioni i seguenti compiti: • Monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee e dello stato di eutrofizzazione; • Individuazione e designazione delle zone vulnerabili, oltre a quelle definite nell’allegato 7/A-III

del medesimo D.LGS; • Definizione e attuazione dei Programmi d’azione; • Integrazione del Codice di Buona Pratica agricola stabilendone le modalità di applicazione; • Predisposizione ed attuazione di interventi di formazione e di informazione degli agricoltori; • Elaborazione ed applicazione di strumenti di controllo e verifica dell’efficacia dei programmi di

azione. 1.1.5.1 Il Piano di Tutela delle Acque Ai fini del recepimento della direttiva 91/676/CEE e dell’attuazione delle funzioni attribuite alle regioni dal D.LGS 152/99, la Regione Veneto ha già avviato un programma di monitoraggio delle acque sotterranee, ha inoltre designato, con il Piano di Tutela della Acque adottato dalla Giunta Regionale con DGR 4453 del 29.12.2004, nuove zone vulnerabili ed ha approntato una bozza del Programma di Azione, la cui predisposizione definitiva richiede l’approvazione del Decreto Ministeriale di cui all’art. 38 del D LGS 152/99. In particolare il Programma di Azione assegna alle Amministrazioni Provinciali i compiti di controllo in materia di applicazione, e di disciplina, nonché stabilisce i criteri e le norme tecniche per la fertilizzazione azotata dei terreni agricoli ricadenti in zona vulnerabile. Nell’ambito delle competenze provinciali e in accordo con gli altri enti territoriali competenti si auspica, nelle zone definite vulnerabili, l’adozione delle seguenti linee di intervento:

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• Rafforzare le conoscenze del settore ambientale (catasto provinciale georeferenziato degli allevamenti zootecnici e degli appezzamenti oggetto di spandimento dei reflui animali, mappatura delle colture in atto, caratterizzazione del comportamento idrologico dei terreni, caratterizzazione del regime meteorologico, monitoraggio del contenuto di nitrati nel terreno), per individuare le criticità agro-ambientali sulla base di valutazioni inerenti il bilancio tra l’azoto reso disponibile dalla zootecnica e dalla concimazione minerale e la domanda agrocolturale; la stima dei carichi di nutrienti nel sistema suolo-pianta costituisce, insieme alle variabili pedologiche, idrologiche e meteorologiche, la base informativa per l’ l’applicazioni di strumenti modellistici finalizzati alla stima dei rilasci di nutrienti nelle acque superficiali e sotterranee.

• Attivare canali informativi sulle prescrizioni tecniche dettate nei manuali di buona pratica agricola, sulla corretta gestione dei processi produttivi nel rispetto delle prescrizioni dettate dai Piani d’Azione, sulla interpretazione delle analisi dei terreni e la stesura di piani di concimazione;

• Incentivare l’adesione alle misure previste nel Piano di Sviluppo Rurale e finalizzate alla tutela e miglioramento dell’ambiente e alla innovazione tecnologica orientata in particolare alle lavorazioni a basso impatto ambientale;

• Favorire la realizzazione di impianti di trattamento dei reflui zootecnici per ridurne il carico di nutrienti da realizzarsi in impianti aziendali, interaziendali o in impianti pubblici in funzione della quantità, della qualità e della distribuzione territoriale del refluo da trattare; tali trattamenti sono finalizzati principalmente al ripristino di un corretto equilibrio agricoltura-ambiente; tuttavia non è trascurabile la possibilità di contribuire alla produzione di energie rinnovabili grazie ai processi di digestione anaerobica degli effluenti zootecnici ed alla conseguente produzione di elevate quantità di biogas.

La provincia di Treviso ricade in zona vulnerabile per una superfcie pari a circa 887 kmq, ed è ricompresa nei comuni di seguito elencati: • comuni compresi interamente in zona vulnerabile: Altivole, Castelfranco Veneto, Castello di

Godego, Cimadolmo, Istrana, Loria, Maserada, Morgano, Paese, Ponzano Veneto, Resana, Riese Pio X, San Polo di Piave, Trevignano, Vedelago,.

• comuni compresi parzialmente in zona vulnerabile :Arcade, Asolo, Breda di Piave, Caerano San Marco, Carbonera, Codognè, Cordignano, Fontanelle, Fonte, Gaiarine, Godega di Sant’Urbano, Mareno di Piave, Montebelluna,. Nervesa della Battaglia, Oderzo, Ormelle, Orsago, Ponte di Piave, Povegliano, Quinto di Treviso, San Biagio di Callalta, San Fior, Santa Lucia di Piave, San Vendemiano, San Zenone degli Ezzelini, Spresiano, Treviso, Vazzola, Villorba , Volpago del Montello, Zero Branco.

Dette aree sono individuate sulla base delle caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi, della capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell’inquinante, delle condizioni climatiche e idrologiche, del tipo di ordinamento colturale e pratiche agronomiche adottate. Il recapito diretto o indiretto dei composti azotati avviene in acque attualmente oppure potenzialmente inquinate a seguito degli scarichi stessi; ne è richiesta la rigorosa tutela, in quanto costituiscono il serbatoio idrico che fornisce acqua potabile alla restante pianura veneta e consente l’irrigazione di territori molto vasti. La stessa area inoltre, ai sensi del D.Lgs 152/99, è stata definita zona vulnerabile da prodotti fitosanitari in quanto l’utilizzo al suo interno di prodotti fitosanitari autorizzati pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti (PTA – Proposte di Piano – dicembre 2004).

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1.1.5.2 Il Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia

La Laguna di Venezia è una delle aree umide naturali più estese ed importanti d’Europa e dell’intero bacino Mediterraneo. Il 4 novembre 1966 è avvenuta la più grande alluvione che Venezia ricordi. In quell’occasione la marea ha superato i 190 cm, e contemporaneamente sono state distrutte le difese della laguna verso il mare e la città di Venezia è stata completamente allagata. Lo Stato, in conseguenza a questi fatti, ha emanato una legge speciale, definendo la salvaguardia di Venezia e della sua laguna un obiettivo di preminente interesse nazionale. La Legge 171/73 e la Legge 798/84 hanno definito le competenze dello Stato, della Regione e dei Comuni in merito alla Salvaguardia fisica, ambientale e socio-economica di Venezia e della sua laguna assegnando competenze diverse alle Amministrazioni in funzione delle specifiche competenze. L’Amministrazione della Regione del Veneto ha le competenze relative al disinquinamento delle acque, al risanamento ambientale e alla gestione del Bacino Scolante. Alla luce di ciò la Regione Veneto si è dotata, sin dal 1979, di uno strumento fondamentale per la pianificazione e la programmazione delle azioni volte al disinquinamento della Laguna e del Bacino Scolante, il cosiddetto Piano Direttore “Piano per la prevenzione dell’inquinamento e il risanamento delle acque del bacino idrografico immediatamente sversante nella laguna di Venezia” (la seconda stesura è avvenuta nel 1991, approvata con P.C.R. n. 255/1991, una terza stesura è avvenuta nel 2000 “Piano Direttore 2000”, approvata con D.C.R. n. 24/2000). Il Piano Direttore 2000 è uno strumento fondamentale per la pianificazione e la programmazione delle azioni volte al disinquinamento della Laguna e del Bacino Scolante per il conseguimento degli obiettivi di riduzione dell’inquinamento nella Laguna e di qualità dell’acqua nei corpi idrici del Bacino Scolante. Il Piano Direttore ha: • l'efficacia di un Piano di Area, propria del "Piano Territoriale Regionale di Coordinamento" (PTRC) rispetto agli altri strumenti di pianificazione comunali e regionali e in particolare, ai fini dell'attuazione dell'articolo 2, primo comma, della Legge 171/1973; • integra il "Piano di Area della Laguna e dell'Area Veneziana (PALAV)", approvato nel 1995, sotto il profilo del disinquinamento, e pertanto costituisce il Piano Comprensoriale di cui alla Legge 171/1973; • si correla con il "Piano Regionale di Risanamento delle Acque" (PRRA), redatto ai sensi della Legge. 319/1976 e approvato nel 1989, del quale conferma e precisa con maggior dettaglio gli orientamenti in materia di costruzione e gestione dei sistemi fognari nell'area lagunare; • si correla inoltre con il “Piano Regionale di Tutela delle Acque” (PTA), di recente adottato con D.G.R. n. 4453 del 2004. 1.2 LE POLITICHE SETTORIALI 1.2.1 Il Piano di Sviluppo Rurale Con il Piano di Sviluppo Rurale, elaborato nell’ambito della programmazione comunitaria per il periodo 2000 – 2006, la Regione del Veneto, si prefiggeva, quale obiettivo globale, il consolidamento, la razionalizzazione e lo sviluppo delle attività rurali nel contesto economico, sociale e territoriale del Veneto. Il Piano si articola secondo tre assi prioritari di sviluppo che disegnano gli obiettivi specifici:

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Asse 1. Miglioramento della competitività e dell’efficienza del sistema agricolo, agroindustriale e forestale mediante l’ammodernamento e la razionalizzazione del sistema; Asse 2. Sostegno integrato del territorio e sviluppo delle comunità rurali; Asse 3. Multifunzionalità dell’agricoltura ed azione di salvaguardia e tutela dell’ambiente e del paesaggio rurale. 1.2.1.1 L’articolazione del PSR Strategie individuate e articolazione degli interventi di ciascun asse, dei sotto-assi e delle misure. Asse 1: Obiettivo globale: Miglioramento della competitività e dell’efficienza del sistema agricolo ed agroindustriale mediante l’ammodernamento e la razionalizzazione del sistema L’asse si articola nei seguenti sotto-assi -Sotto-asse 1 Obiettivo globale: Incremento della competitività dei sistemi produttivi agricoli Misure Misura 1:Investimenti nelle aziende agricole; · Misura 2: Insediamento dei giovani agricoltori; · Misura 4:Prepensionamento; · Misura 10: Miglioramento fondiario; -Sotto-asse 2 Obiettivo globale: Razionalizzazione e competitività produttiva e commerciale del comparto agroalimentare ed agroindustriale; Misure: · Misura 7: Miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. -Sotto-asse 3 Obiettivo globale: Consolidamento ed integrazione delle azioni di supporto alle imprese delle aree rurali; Misure: · Misura 3: Formazione; · Misura 12: Avviamento di servizi di sostituzione e di assistenza alla gestione delle aziende agricole. · Misura 22: Ingegneria finanziaria; Asse 2: Obiettivo globale: Sostegno integrato del territorio e sviluppo delle comunità rurali -Sotto-asse 1 Obiettivo globale: Diversificazione produttiva e ed economica delle aziende con famiglie pluriattive; Misure: · Misura 13: Commercializzazione di prodotti agricoli di qualità; · Misura 16: Diversificazione delle attività legate all’agricoltura; · Misura 19: Incentivazione delle attività turistiche ed artigianali.

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-Sotto-asse 2 Obiettivo globale: Mantenimento e sviluppo delle funzioni economiche, sociali ed ecologiche delle foreste nelle zone rurali; Misure: · Misura 8: Forestazione; · Misura 9: Altre misure forestali. -Sotto asse 3 Obiettivo globale: Servizi di supporto all'economia e alle collettività rurali; Misure: · Misura 14: Servizi essenziali per l’economia e la popolazione rurale; · Misura 15: Rinnovamento e miglioramento dei villaggi e protezione e tutela del patrimonio rurale; · Misura 18: Sviluppo e miglioramento delle infrastrutture rurali connesse allo sviluppo dell’agricoltura. ASSE 3: Obiettivo Globale: Multifunzionalità dell'agricoltura e salvaguardia e tutela dell'ambiente e del paesaggio rurale. -Sotto asse 1 Obiettivo Globale: Miglioramento delle condizioni ambientali, naturali e paesaggistiche dei territori agricoli Misura 5:Zone svantaggiate e zone soggette a vincoli ambientali Misura 6 Agroambiente -Sotto asse 2: Obiettivo Globale: Razionale utilizzazione e protezione delle risorse naturali nelle aree rurali Misura 17 Gestione delle risorse idriche in agricoltura 1.2.2 Le attività agrituristiche La Legge 5 marzo 2001, n. 57 in materia di orientamento e modernizzazione del settore agricolo, codifica, ampliandolo, il concetto di imprenditore agricolo, evidenziandone la multifunzionalità. La stessa all’articolo 1 riporta: L’articolo 2135 del codice civile è sostituito dal seguente: “ E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività volte alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dall’imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione , conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi, mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda

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normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. Ciò a sostanziale modifica di quanto riportato all’Articolo 2135 del Codice Civile, che definiva l’imprenditore agricolo in modo conforme al ruolo proprio del tempo (anno 1942), in un assetto rurale connotato da ridotti rapporti esterni all’azienda agricola e scarsa propensione al mercato. Contribuivano pertanto alla definizione di imprenditore agricolo essenzialmente le attività principali, ovvero la coltivazione del fondo, la silvicoltura, l’allevamento del bestiame. Venivano anche considerate, per connessione, le attività di trasformazione e di alienazione dei prodotti agricoli “quando rientrano nell’esercizio normale dell’agricoltura”. Attività “diverse” venivano quindi riconosciute, qualora “normalmente” connesse all’attività agricola, soltanto se esercitate per usuale consuetudine e, secondo la lettera dell legge, “in relazione alle dimensioni dell’impresa, alla località in cui l’impresa opera, ai mezzi di cui si avvale, al tempo in cui viene esercitata”. I limiti dell’Articolo 2135 sono d’altro canto ben evidenziati nel processo di individuazione delle attività agricole dal 1942 ad oggi. Per cui viene riconosciuta attività agricola a tutti gli effetti la coltivazione dei funghi nel 1985 ( L.N. 126 / 85 ) , l’agriturismo nel 1985 ( L. 730 / 85 ), l’attività di acquacoltura ( L. N. 102 del 1992 ), l’attività cinotecnica ( L. N. 349 del 1993 ), l’allevamento dei cavalli 1998 ( D. LGS. N. 173 del 1998 ). Stanti le incertezze giurisprudenziali di definizione dell’attività agricola si dimostrava necessaria una ridifinizione del 2135 del CC anche in relazione alle mutate situazioni dell’agricoltura in generale, degli eventi che coinvolgono l’agricoltura nelle Politiche di mercato a livello comunitario, dell’evoluzione dell’agricoltura in grado di fornire oltre che prodotti originali anche di prima lavorazione e servizi di natura ambientale e turistici, nonché culturali. Si deve inoltre evidenziare il dettato dell’Articolo 4 “Esercizio dell’attività di vendita”: 1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all’Articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in maniera prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

5. La presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell’impresa.

7. Alla vendita diretta disciplinata dal presente decreto legislativo continuano a non applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in conformità a quanto stabilito dall’articolo 4, comma 2, lettera d), del medesimo decreto legislativo n. 114 del 1998. 8. Qualora l’ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti provenienti dalle rispettive aziende nell’anno solare precedente sia superiore a lire 80 milioni per gli imprenditori individuali ovvero a Lire 2 miliardi per le società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998. In sostanza all’imprenditore agricolo si riconosce, diventa cioè “normalità”, non soltanto la funzione meramente produttiva ma anche capacità di valorizzazione nell’ambiente in cui opera, intendendo come ambiente tutte le risorse economiche-imprenditoriali-sociali-culturali che insistono sul territorio. In merito all’attività agrituristica il D. Legislativo 228 del 18 maggio 2001 all’Articolo 3 dispone: 1. Rientrano fra le attività agrituristiche di cui alla legge 5 dicembre 1985, n. 730, ancorchè svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad

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una migliore fruizione e conoscenza del territorio, nonché la degustazione di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita del vino, ai sensi della legge 27 luglio 1999, n. 268. La stagionalità dell’ospitalità agrituristica si intende riferita alla durata del soggiorno dei singoli ospiti. 2. Possono essere addetti ad attività agrituristiche, e sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale, i familiari di cui all’articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori dipendenti a tempo determinato, determinato e parziale. 3. Alle opere ed ai fabbricati destinati ad attività agrituristiche si applicano le disposizioni di cui all’articolo 9, lettera a) e all’articolo 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, nonché di cui all’articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all’utilizzo di opere provvisionali per l’accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche”. In sostanza all’imprenditore agricolo si riconoscono, cioè diventa “normalità”, non solo una funzione meramente produttiva ma anche di valorizzazione nell’ambiente in cui opera (intendendo come ambiente tutte le risorse economiche-imprenditoriali-sociali-culturali che insistono sul territorio). La legge regionale 12 dicembre 2003 n. 40 “Nuove norme per gli interventi in agricoltura”, all’Articolo 2 conferma quanto previsto dal Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 “ Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma della legge 5 marzo 2001, n. 57 “.

In particolare l’Articolo 29 Capo IV “Aiuti agli investimenti per la diversificazione delle attività agricole”, prevede al comma 1: “Al fine di promuovere azioni di diversificazione delle attività economiche e produttive delle imprese agricole, la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, concede aiuti per investimenti aziendali a carattere strutturale e dotazionale concernenti spese per la realizzazione, l’acquisizione o l’adeguamento di beni immobili, l’acquisto di macchine ed attrezzature e di strumenti e programmi informatici” e al comma 2: “Gli investimenti di cui al presente articolo non concernono la produzione, la trasformazione, la commercializzazione e la vendita di prodotti agricoli, compresi nell’allegato i del trattato istitutivo della Comunità Europea, ma sono destinati allo sviluppo di attività diverse, quali in particolare le attività artigianali o di didattica rurale. Ed infine con Decreto legislativo , il 25.03.2004, il Governo Italiano, visto l’Articolo 1 della legge 7 marzo 2003, ridefinisce la figura dell’imprenditore agricolo come segue: Articolo 1 ( imprenditore agricolo professionale) “ Ai sensi della applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale , in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del Codice Civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. …… Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all’articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257 / 1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento. ……….nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale…….. nel caso di società di capitali, quando almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale…….” In merito alla fornitura di servizi di natura didattica, divulgazione e promozione delle colture ed allevamenti agricoli, i riferimenti normativi si riferiscono alla Legge Regionale 9/97 e, specificamente per le Fattorie didattiche al DLgs. 228 del 18 maggio 2001, che abilita le aziende agrituristiche ad ospitare e svolgere attività didattiche e divulgative, prioritariamente a favore delle scuole di ogni ordine e grado e più in generale dei consumatori, allo scopo di:

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• riscoprire il valore “culturale” dell’agricoltura e del mondo rurale, valorizzando il ruolo formativo e informativo dell’agricoltore;

• creare una rete di relazioni fra produttore e giovane consumatore finalizzata alla conoscenza della produzione agricola e ad uno stile di vita sano;

• consolidare i legami dei giovani con il proprio territorio. 1.2.3 Strumenti finanziari e legislativi per il settore agricolo Breve sintesi degli strumenti finanziari per il settore agricolo, con inquadramento legislativo entro il quale il settore opera. Interventi diretti Compensazione seminativi A partire dal ’92, è stato introdotto un meccanismo di sostegno diretto ai redditi agricoli, finalizzato a ridurre l’ammontare complessivo delle spese della PAC. Si è istituito, tra gli altri, il regolamento Cee 1765/1992, che prevede compensazioni di reddito per le produzioni di cereali e proteoleaginose, da calcolare sulla base delle superfici investite e delle rese medie della zona. E’ in assoluto la fonte principale di finanziamento pubblico per l’intero comparto agricolo e quella che maggiormente incide in termini territoriali (oltre xxxxx ettari) ed economici (oltre xx mln € di contribuzione. Quadro normativo Nell’applicazione dei pagamenti previsti dal regolamento trovano applicazione le seguenti disposizioni: Normativa generale • Reg. (CE) 1258/1999 del Consiglio relativo al finanziamento della politica agricola comune

• Reg. (CE) n. 1663/95 della Commissione che stabilisce modalità di applicazione del Reg. CEE n. 729/70 per quanto riguarda la procedura di liquidazione dei conti FEAOG sezione garanzia della Commissione del 7.7.1995 e successive modifiche

• Reg. (CE) n. 2081/92 Protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli ed alimentari;

• Reg. (CE) n. 2342/1999 recante modalità di applicazione del reg. (CE) n. 1254/1999 del Consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore delle carni bovine, in relazione ai regimi di premi- Allegato 1 – Elenco delle razze bovine non a orientamento carne;

• Reg. (CE) n. 1804/1999 che completa , per le produzioni animali, il regolamento (CEE 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari

• Reg. (CE) n. 1760/2000 che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all’etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine

• Legge 24 novembre 1981 n. 689, modificata da ultimo dal D.Lgs. 30/12/1999 n. 507, concernente "Modifiche al sistema penale"

• Legge 23 dicembre 1986 n. 898 e successive modifiche (L. 29/9/2000 n. 300) concernente sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo

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• Legge 7 agosto 1990 n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, concernente norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti

• D.Lgs 196/2003 concernente la tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali

• Legge n. 119 del 30 maggio 2003, recante riforma della normativa interna di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;

• Decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, 31 luglio 2003, recante modalità di attuazione della legge n. 119/2003.

• Legge 31 maggio 1965 n. 575 (Antimafia)

• Decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998 n. 252 (Antimafia)

• Circolare n. 559 del 18.12.98 del Ministero dell’Interno (Antimafia)

• Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa”

• Decreto del Presidente della Repubblica 1 dicembre 1999 n. 503 “Regolamento recante norme per l’istituzione della carta dell’agricoltore e del pescatore e dell’anagrafe delle aziende agricole, in attuazione dell’articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173”

• Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99 "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38"

• LR n. 40/2003 e DGRV n. 3758 del 26/11/2004 concernente l’approvazione delle linee guida per l’anagrafe regionale

• Legge 25 marzo 1997 n. 77 concernente le disposizioni in materia di commercio e di camere di commercio

• Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 27 Marzo 2001 – Requisiti minimi di garanzia e di funzionamento per le attività dei centri autorizzati di assistenza agricola.

• Decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633 e sue successive modifiche concernente l'Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto

• Circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 21 dicembre 1996, n. D/617, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 10 del 20 gennaio 1997, recante disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (CE) n. 3072/95 del Consiglio;

• Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 30 agosto 2000 n. 22601 recante indicazioni sull’etichettatura obbligatoria delle carni bovine e modalità di applicazioni per fornire informazioni facoltative

Normativa specifica Normativa comunitaria • Reg. (CE) n. 1782/2003 del 29 settembre 2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno

diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/1992, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/1999, (CE) 1454/2001, (CE) n. 1868/1994, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/1971, (CE) n. 2529/2001;

• Reg. (CE) n. 21/2004 del 17 gennaio 2004 che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione degli animali delle specie ovina e caprina e che modifica il reg. (CE) n. 1782/2003 e le direttive 92/102/CEE e 64/432/CEE

• Reg. (CE) n. 583/2004 che modifica i regolamenti (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di

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sostegno a favore degli agricoltori, (CE) n. 1786/2003 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati e (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), a seguito dell'adesione della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia all'Unione europea.

• Reg. (CE) n. 864/2004 del 29 aprile 2004 che modifica il regolamento (CE) n. 1782/2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, tenendo conto dell'adesione all'Unione europea della Repubblica ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia.

• Reg. (CE) n. 865/2004 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dell'olio di oliva e delle olive da tavola e recante modifica del regolamento (CEE) n. 827/68.

• Dec. 22-3-2004 n. 2004/281 281 Decisione del Consiglio recante adattamento dell'atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica ceca, della Repubblica di Estonia, della Repubblica di Cipro, della Repubblica di Lettonia, della Repubblica di Lituania, della Repubblica di Ungheria, della Repubblica di Malta, della Repubblica di Polonia, della Repubblica di Slovenia e della Repubblica slovacca e agli adattamenti dei trattati sui quali di fonda l'Unione europea, a seguito della riforma della politica agricola comune.

• Dec. 24-11-1999 n. 2000/115 115 Decisione della Commissione relativa alle definizioni delle caratteristiche, all'elenco dei prodotti agricoli, alle eccezioni alle definizioni e alle regioni e circoscrizioni per la realizzazione delle indagini comunitarie sulla struttura delle aziende agricole.

• Reg. (CE) n. 1444/2002 della Commissione, del 24 luglio 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea L 216 del 12 agosto 2002, recante modifica della decisione 2000/115/CE relativa alle definizioni delle caratteristiche, alle eccezioni alle definizioni e alle regioni e circoscrizioni per la realizzazione delle indagini comunitarie sulla struttura delle aziende agricole

• Reg. (CE) n. 2237/2003 del 22 dicembre 2003 recante modalità di applicazione di taluni regimi di sostegno di cui al titolo IV del regolamento (CE) 1782/2003 del Consiglio, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno degli agricoltori;

• Reg. (CE) n. 795/2004 del 21 aprile 2004 recante modalità di applicazione del regime di pagamento unico di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori

• Reg. (CE) n. 796/2004 del 21 aprile 2004 recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e controllo di cui al Reg.(CE) 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e che istituisce taluni regimi di sostegno degli agricoltori

• Reg. (CE) n. 1783/2003 del 29 settembre 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 1257/1999 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del FEOGA

• Reg. (CE) n. 1784/2003 del 29 settembre 2003 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei cereali

• Reg. (CE) n. 1785/2003 del 23 settembre 2003 relativo all'organizzazione comune del mercato del riso

• Reg. (CE) n. 1786/2003 del 23 settembre 2003 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati

• Reg. (CE) n. 1787/2003 del 23 settembre 2003 che modifica il regolamento (CE) n. 1255/1999 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel

• Reg. (CE) n. 1788/2003 del 29 settembre 2003 che stabilisce un prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

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• Reg. (CE) n. 1655/2004 del 22 settembre 2004 recante norme per il passaggio dal sistema di modulazione facoltativa istitutito dall’articolo 4 del regolamento (CE) n. 1259/1999 del Consiglio al sistema di modulazione obbligatoria previsto dal regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio

• Reg. (CE) n. 1973/2004 del 29 ottobre 2004 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) 1782/2003 del Consiglio per quanto riguarda i regimi di sostegno di cui ai titoli IV e IV bis di detto regolamento e l’uso di superfici ritirate dalla produzione allo socpo di ottenere materie prime;

• Reg. (CE) n. 1794/2004 del 29 ottobre 2004 che modifica il regolamento (CE) n. 795/2004 recante modalità di applicazione del regime di pagamento unico di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori

• Reg. (CE) n. 2217/2004 del 22 dicembre 2004 recante modifica del regolamento (CE) n. 1782/2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e del regolamento (CE) n. 1788/2003 che stabilisce un prelievo nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari.

• Reg. (CE) n. 118/2005 del 26 gennaio 2005 che modifica l'allegato VIII del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio e fissa i massimali di bilancio per l'attuazione parziale o facoltativa del regime di pagamento unico e le dotazioni finanziarie annue per il regime di pagamento unico per superficie di cui al citato regolamento.

• Reg. (CE) n. 239/2005 del 11 febbraio 2005 che modifica e rettifica il regolamento (CE) n. 796/2004 recante modalità di applicazione della condizionalità, della modulazione e del sistema integrato di gestione e di controllo di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori.

• Reg. (CE) n. 382/2005 del 7 marzo 2005 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1786/2003 del Consiglio relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati

• Reg. (CE) n. 394/2005 dell’8 marzo 2005 che modifica il regolamento (CE) n. 795/2004 recante modalità di applicazione del regime di pagamento unico di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che deroga al regolamento (CE) n. 1782/2003

Normativa nazionale • Decreto ministeriale 18 febbraio 2004 recante disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (CE)

n. 1782/03 del 29 settembre 2003, del Consiglio, relativamente al titolo IV, capitolo IV, che istituisce un regime di aiuto alle superfici di frutta a guscio, e del regolamento (CE) n. 2237/03 della Commissione che reca modalità di applicazione.

• Decreto Ministeriale 20 luglio 2004 n. 1628, recante disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (CE) n. 1782 /03 relativamente all’articolo 33 ed all’articolo 40, che disciplinano rispettivamente l’ammissibilità al regime di pagamento unico e le circostanze eccezionali verificatesi prima o nel corso del periodo di riferimento, nonché del regolamento (CE) n. 795/04 della Commissione che detta modalità di applicazione;

• Decreto ministeriale 5 agosto 2004 n. 1787 recante disposizioni per l’attuazione della riforma della politica agricola comune;

• Decreto ministeriale 24 settembre 2004 n. 2026 relativo all’attuazione degli articoli 8 e 9 del decreto ministeriale 5 agosto 2004;

• Decreto ministeriale 3 novembre 2004 n. 2668 recante modifiche e integrazioni al DM n. 2026 del 24 settembre 2004;

• Decreto ministeriale 3 novembre 2004 n. 2669 recante modifiche e integrazioni al DM 5 agosto 2004;

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• Decreto ministeriale 2 dicembre 2004 n. 2961 istituzione di un comitato paritetico Ministero delle politiche agricole e forestali e Regioni e Province Autonome;

• Decreto ministeriale 9 dicembre 2004 Definizione delle modalità per la determinazione del quantitativo minimo di sementi certificate per ettaro, al fine della corresponsione dell’aiuto supplementare nel settore dei seminativi, di cui all’articolo 69 del regolamento (CE) n. 1782/2003;

• Decreto ministeriale 16 dicembre 2004 Modificazioni al decreto 20 luglio 2004 in ordine alla data di presentazione all’AGEA della documentazione relativa ai casi di forza maggiore o circostanze eccezionali conformemente al disposto dell’articolo 40 del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio;

• Decreto ministeriale 13 dicembre 2004 Attuazione dell’articolo 5 del decreto ministeriale 5 agosto 2004, recante disposizioni per l’attuazione della riforma della politica agricola comune;

• Decreto ministeriale 24 febbraio 2005 Modificazioni al decreto 20 luglio 2004 concernente la proroga della data di presentazione all’AGEA della documentazione relativa ai casi di forza maggiore o circostanze eccezionali conformemente al disposto dell’articolo 40 del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio;

• Decreto ministeriale 15 marzo 2005 Disposizioni nazionali di attuazione dei regolamenti (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003, e n. 1973/2004 della Commissione del 29 ottobre 2004, concernenti norme comuni relative ai regimi di sostegno e l’uso di superfici ritirate dalla produzione allo scopo di ottenere materie prime;

• Decreto ministeriale 15 marzo 2005 Disposizioni nazionali di attuazione dei regolamenti (CE) n. 1786/2003 del Consiglio del 23 settembre 2003, e n. 382/2005 concernenti il regime di sostegno nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dei foraggi essiccati;

• Decreto ministeriale 15 marzo 2005 Disposizioni per l’attuazione dell’articolo 99 del regolamento (CE) n. 1782/2003 concernente l’aiuto comunitario alla produzione di sementi certificate;

• Decreto ministeriale 16 marzo 2005 Disposizioni nazionali di attuazione del regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, relativamente al titolo IV, capitolo IV, che istituisce un regime di aiuto alle superfici di frutta a guscio, e del regolamento (CE) n. 1973/2004 della Commissione che reca modalità di applicazione

• Decreto ministeriale n. D/118 del 24 marzo 2005 Disposizioni nazionali di attuazione dell’articolo 42 del regolamento (CE) n. 1782/2003 concernente la gestione della riserva nazionale

• Decreto ministeriale – Dipartimento delle politiche di mercato - n. D/137 del 7 aprile 2005 Condizioni tecniche per l’accesso alla riserva nazionale per l’anno 2005 di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 24 marzo 2005

• Circolare AGEA prot. n. ACIU.2004.491 del 05 ottobre 2004, applicativa delle disposizioni in materia di attuazione della riforma della PAC

• Procedura applicativa predisposta da AGEA (nota prot. ACIU.2004.407 del 30/07/04).

• Circolare AGEA prot. ACIU.2004.507 del 11 ottobre 2004 Addendum 1 alla circolare AGEA prot. n. ACIU.2004.491 del 05/10/2004, applicativa delle disposizioni in materia di attuazione della riforma della PAC

• Circolare AGEA prot. ACIU.2004.539 del 27 ottobre 2004 Addendum 2 alla circolare AGEA prot. n. ACIU.2004.491 del 05/10/2004, applicativa delle disposizioni in materia di attuazione della riforma della PAC

• Circolare AGEA prot. ACIU.2004.584 del 18 novembre 2004 Addendum 3 alla circolare AGEA prot. n. ACIU.2004.491 del 05/10/2004, applicativa delle disposizioni in materia di attuazione della riforma della PAC

• Circolare AGEA n. 38 del 16/11/2004 procedura di correzione anomalie correggibili finalizzato all’accertamento dei titoli individuali relativi all’applicazione del reg. CE n. 1782/03

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• Circolare AGEA n. ACIU.2005.2 del 10 gennaio 2005. Circostanze eccezionali art. 40 reg. (CE) n. 1782/2003

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.7 del 13 gennaio 2005. Proroga termini per correzione anomalie e soluzione delle situazioni di contenzioso afferenti gli anni 2000, 2001 e 2002.

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.9 del 14 gennaio 2005. Ricognizione preventiva – Correzione anomalie anno 2003 - proroga termini.

• Circolare AGEA n. 3 del 28/01/2005 accertamento dei titoli individuali relativi all’applicazione del reg. CE n. 1782/03 – correttiva anomalie anni 2000, 2001 e 2002

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.0020 del 28/01/2005 applicazione della normativa comunitaria e nazionale in materia di condizionalità

• Circolare AGEA n. AROU.2005.00012 del 02/02/2005 quesiti relativi all’applicazione del regolamento (CE) n. 1782/2003 e sue modalità attuative

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.0129 del 21/03/2005 Riforma della politica agricola comune. Fissazione titoli ai sensi del Reg. (CE) n. 1782/2003

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.0130 del 21/03/2005 Disposizioni in merito all’attuazione degli articoli 8 e 9 del Decreto MIPAF del 5 agosto 2004 n. 1787 e del Decreto MIPAF del 24 settembre 2004, n. 2026

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.0140 del 25/03/2005 Reg. (CE) n. 1973/2004 – Rese rappresentative. Raccolto 2005.

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.181 dell’11 aprile 2005 Riforma della politica agricola comune – Modalità e condizioni per la fissazione e l’utilizzo dei titoli provenienti da contratti di soccida.

• Circolare AGEA n. ACIU.2005.194 del 15 aprile 2005 Riforma della politica agricola comune – Modalità e condizioni per la fissazione e l’utilizzo dei titoli provenienti da contratti di soccida – Informazioni aggiuntive.

Normativa regionale • DGRV n. 571 del 25 febbraio 2005. Recepimento del DM 5406 del 13 dicembre 2004 in materia di

condizionalità

Abbandono della produzione (vacche da latte, vigneti e frutteti) Riguarda l’applicazione di regolamenti (1442/88, 1200/90, 2525/95, 2684/95, 2200/97, 2467/97) che mirano ad indennizzare coloro che abbandonano la viticoltura in zone poco vocate, come la pianura o alla diminuzione di superfici frutticole in fasi di contrazione di certi mercati. Nella stessa voce viene considerato anche il regolamento che prevede la chiusura definitiva delle stalle da latte. Si tratta di misure straordinarie che hanno effetti irreversibili sulle scelte delle aziende che decidono di applicarli, una sorta di buonuscita per aziende mono colturali o per il cambiamento di ordinamento produttivo. • Legge n. 119 del 30 maggio 2003, recante riforma della normativa interna di applicazione del prelievo

supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;

Aiuti alle produzioni agricole e aiuti alle trasformazioni industriali Si tratta di interventi finalizzati a finanziare determinati passaggi di trasformazione dei prodotti agricoli e le strutture connesse. La quota definita come aiuto alle produzioni agricole, in realtà, ha riguardato integralmente la produzione di farine essiccate di erba medica e i relativi impianti disidratatori. La quota parte maggiora riguarda gli aiuti alle imprese che si occupano della lavorazione dell’ortofrutta (in ordine decrescente pere, pesche, pomodoro e prugne).

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Intervento sui mercati Anche in questo caso si hanno misure rivolte alle imprese industriali di trasformazione di particolari segmenti produttivi. Nello specifico si tratta dei contributi alla distillazione preventiva delle uve in eccesso ed aiuti per le fasi di stoccaggio dei formaggi a pasta dura (parmigiano reggiano e grana padano) o di invecchiamento del vino d’annata. Organizzazione Comune di Mercato per l'ortofrutta A partire dal 1997, al fine di migliorare l’organizzazione dell’offerta dei prodotti ortofrutticoli e di razionalizzare le strutture di filiera, concentrando la forza mercantile dei produttori, si sono rese disponibili risorse per le organizzazioni dei produttori che presentassero progetti con tali finalità. Anche in questo caso, gli aiuti sono rivolti alle imprese di trasformazione e solo una percentuale di essi giunge indirettamente alle aziende agricole. Interventi strutturali Documento strategico regionale per lo sviluppo rurale Investimenti aziendali e insediamento giovani Si tratta del regolamento 2328/91 che prevede un intervento contributivo per il miglioramento dell’efficienza delle strutture agrarie; riguarda interventi su: la trasformazione fondiaria, le abitazioni, i fabbricati rurali, l’acquisto di macchine, bestiame o altro. Nell’anno in esame i beneficiari di tale contributo sono stati 48 di cui 22 giovani che hanno ricevuto il premio per il nuovo insediamento. Con il Reg. CE 1257/99 e la programmazione del PSR 2000/2006 hanno beneficiato del premio per l’insediamento, in provincia di Treviso:

- anno 2001 – 150 giovani; - anno 2002 – 101 giovani; - anno 2003 – 85 giovani; - anno 2004 - 94 giovani; - anno 2005 - 56 giovani.

Investimenti per la trasformazione dei prodotti agricoli Discendono dall’applicazione del regolamento UE 951/97 (ex reg. Cee 866/90) e contribuiscono agli investimenti per il miglioramento delle condizioni di trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli. Tali risorse sono destinate prevalentemente alle strutture di trasformazione organizzate in forma cooperativa. La ricaduta sul comparto agricolo è indiretta e si manifesta nella valutazione dei prodotti conferiti dalle aziende. Zone in ritardo di sviluppo e Obiettivo 5b L’Obiettivo 5b ha previsto, nel periodo 1994/99, una serie di linee di interventi per lo sviluppo e l’adeguamento strutturale delle zone rurali; per la provincia di Bologna tali obiettivi sono stati: la valorizzazione dei prodotti agro-silvo-pastorali; la valorizzazione di specie e razze animali; le attività integrative in azienda; la razionalizzazione dell’uso delle risorse idriche e il recupero della viabilità rurale interna; l’assistenza per la gestione delle zone umide; la rinaturalizzazione; la protezione e il miglioramento delle aree marginali. In provincia la misura ha finanziato 77 interventi; anche in questo caso non si tratta di finanziamenti diretti alla singola azienda agricola.

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Misure di accompagnamento Misure agroambientali Nate con la riforma della PAC del 1992, le misure di accompagnamento si riferiscono ai regolamenti Cee 2078 e 2080 del 1992. Il primo di questi regolamenti ha come obiettivo la diffusione e la promozione di metodi di produzione agricola a minor impatto ambientale tramite incentivi per la riduzione dei principi chimici e l’applicazione delle produzioni biologiche, nonché la cura dei boschi cedui abbandonati. Con la programmazione PSR 2000/2006 e quindi con il Reg 1257/99, le domande presentate in provincia di Treviso ( per la Misura 6 del PSR che ha sostituito il vecchio 2078) sono state circa 1300 per altrettante ditte; si ricorda che l’erogazione in termini economici si aggira a circa 3,5 milioni di € l’anno ( l’impegno in ogni modo è quinquennale). Alcuni dati sulla ripartizione degli impegni agroambientali in provincia di TV: AB Biologico: sulle 350 aziende certificate Bio in provincia di TV, 100 hanno aderito alla Misura 6 con una superficie complessiva impegnata di Ha 620; AI Agricoltura Integrata: le aziende aderenti sono state 277 per una superficie impegnata di Ha 3400; SB Siepi e Boschetti : le aziende aderenti all’azione sono state nel periodo 2000/2005 circa 450, con una superficie interessata di circa 130 Ha, che può essere trasformata in circa 325 Km di siepe mantenuta; PPS Prati Stabili di pianura : con 418 aziende aderenti e 840 Ha impegnati (media di 2 ha per ditta); PP Prati Pascoli di Collina e montagna : le dite aderenti sono 180 con una superficie di 3100 Ha ( media aziendale a premio di 17,30 ha ) Prepensionamento Mira a favorire il ricambio generazionale in agricoltura Domande di prepensionamento finanziate in provincia di TV:

- anno 2000 n 1, - anno 2001 n 3, - anno 2002 n 6, - anno 2003 n 5, - anno 2004 n 5, - anno 2005 n 5.

Rimboschimenti Il regolamento 2080 prevedeva l’impianto di arboreti da legno in terreni agricoli (in particolare noce e ciliegio); tale misura non ha avuto la risposta prevista.

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Le ditte che hanno aderito a questo Reg. sono circa 290 in provincia di TV con una superficie di circa 500 Ha che comporta un’erogazione di circa 250.000,00 € all’anno per il mancato reddito di quei terreni; Indennità compensativa Il regolamento Cee 2328 del 1991 prevede interventi specifici per l’agricoltura montana e delle zone svantaggiate, indirizzate prevalentemente alle produzioni zootecniche; anche in questo caso si tratta di finanziamenti esigui e scarsamente incisivi sulla dinamica evolutiva del comparto agricolo di tali zone. La legge di orientamento Il D. Lgs del 18.05.2001 n. 228 comporta alcune variazioni negli aspetti previdenziali, fiscali e civilistici riferiti al produttore agricolo e definisce le attività complementari che lo stesso può effettuare, rimanendo nell’ambito della produzione agricola. Altre norme affrontano la problematica delle società cooperative tra produttori agricoli e gli eventuali rapporti convenzionali, che è possibile attivare tra produttore agricolo ed Ente pubblico ai fini della tutela del territorio. 1.3 IL DOCUMENTO PRELIMINARE DEL PTCP La tutela e la valorizzazione del patrimonio agroforestale Gli obiettivi generali che gli strumenti programmatori di ordine superiore hanno prefigurato, sono indirizzati al consolidamento, alla razionalizzazione e allo sviluppo sostenibile del settore agricolo regionale e provinciale. Tale percorso evolutivo deve interessare, con processi coordinati e in stretta interrelazione, l’azienda e il territorio, in quanto entità non dissociabili. La promozione dei processi produttivi, la ricerca della multifunzionalità, la tutela delle risorse e del paesaggio, la valorizzazione degli ambiti montani, delle comunità e collettività rurali sono, come già considerato, azioni prefigurate dal Piano di Sviluppo Regionale. È in tale ottica di necessaria integrazione che vanno considerate le opportunità derivanti dalla presenza, in ambito provinciale, di macrotematismi connessi direttamente al settore primario, l’agroalimentare e l’enogastronomia, le risorse naturalistiche, il sistema dei percorsi turistici, i distretti sportivo-escursionistici. Si tratta, evidentemente, di temi tra di loro largamente connessi e che possono produrre margini rilevanti di opportunità anche al primario La valorizzazione dell’uso agroambientale del suolo appare, in ogni caso, il fattore determinante da perseguire nella pianificazione, di conserva vanno incentivati gli elementi di valorizzazione delle potenzialità del territorio. Tra questi le componenti paesaggistiche, le produzioni agroalimentari di pregio, le possibilità legate allo sport, al tempo libero, al turismo, devono essere argomento di riferimento nella valorizzazione e nello sviluppo rurale. Il Piano Strategico Provinciale, nell’indirizzo dell’Asse 2 “Realizzazione di un sistema di gestione del territorio equo, sostenibile e innovativo”, prevede la necessità di “Promuovere i prodotti tipici e l’agoalimentare di qualità”.

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Tale azione, assieme al raggiungimento di un efficiente livello di sostenibilità, appare prioritaria e indifferibile. In ogni caso per la definizione e il conseguimento degli obiettivi preposti, appare necessario il riferimento alla totalità delle azioni riportate nel documento preliminare. La necessità, oramai imprescindibile, di adeguare ogni azione al principio della sostenibilità ambientale, porta a ribadire, preventivamente, l’assoluta parsimonia nell’occupazione ulteriore di suolo agricolo. Altra priorità è la limitazione degli impatti derivanti da progetti e opere da situarsi comunque negli agroecosistemi. In tali contesti il ricorso a misure di mitigazione e compensazione va comunque prescritto, anche al di fuori delle aree assoggettate a qualche grado di protezione. A tale proposito è utile qui ricordare l’esigenza, espressa nel Documento Preliminare, di pervenire ad un Bilancio Ambientale positivo (A51). Altre Azioni di carattere generale sono: • Il mantenimento e miglioramento degli assetti boschivi (A52); • Il miglioramento della qualità delle produzioni agricole (A53); • L’incentivazione delle attività di manutenzione del sottobosco (A18). Va ricordato, inoltre, che il Piano di Tutela e Risanamento dell‘Atmosfera prevede alcune azioni proprie del settore agroforestale, specificamente: • La realizzazione di barriere sempreverdi ad elevata ramificazione lungo le principali direttrici di

traffico (A56); • L’impianto di 1 albero a cittadino, privilegiando aree sensibili come parchi, scuole, asili,

ospedali, ecc.(A57). • La realizzazione di misure in adempimento agli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto,

incentivando comunque la forestazione e riforestazione, anche all‘interno di cave dimesse (A58). In sintesi si riportano le azioni di tutela e valorizzazione del patrimonio agro-forestale indicate dal Documento Preliminare del PTCP.

Numero Azioni 50 Parsimonia assoluta nell’uso di nuovo suolo, comunque impiegato per scopi assolutamente

necessari e di carattere collettivo e sociale

51 Limitazione al minimo dell’impatto determinato dalla riduzione di suolo agricolo, ricorrendo ad opere di compensazione tali da garantire un bilancio ambientale quanto più possibile positivo.

52 Mantenere e possibilmente migliorare le condizioni dei boschi in provincia, mantenendone inalterato il valore ecologico complessivo, anche utilizzando misure di compensazione derivati da altre opere.

53 Migliorare la qualità delle produzioni agricole, mantenendone inalterato il valore ecologico complessivo ed utilizzare la qualità dei prodotti agricoli come traino per altre attività quali turismo e commercio.

18 Incentivazione delle attività di manutenzione del sottobosco, coordinate tra regione, Provincia, Comuni e Comunità Montane.

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Numero Azioni 54 Tutela del territorio agricolo all’interno della pianificazione di qualsiasi livello.

55 Le aziende dovranno nei prossimi anni, cercare di proporre agricoltura certificata, favorire le specializzazioni delle produzioni tipiche, così da avere maggiore redditività.

2 Incentivazione dell’agricoltura biologica, specie nelle aree prossime a zone naturalistiche e particolarmente sensibili.

56 Si dovranno realizzare barriere sempreverdi ad elevata ramificazione lungo le principali direttrici di traffico.

57 Si dovranno incentivare iniziative di piantumazione, fino ad arrivare ad un rapporto di un albero per cittadino, privilegiando aree sensibili come parchi, scuole, asili, ospedali.

58 Si dovrà incentivare l’afforestazione all’interno di cave dimesse, che possano essere così recuperate e fornire alto valore ecologico.

59

Individuazione dell’azione 2.8 “Promozione dei prodotti tipici e dell’agroalimentare di qualità all’interno dell’Asse 2 “Realizzare un sistema di gestione del territorio equo, sostenibile ed innovativo” come da Piano Strategico Provinciale, relativamente alla valutazione del patrimonio agro-forestale.

60 Ogni attività di cava (autorizzata come tale, anche se non sottoposta a Valutazione di Impatto Ambientale) dovrà prevedere una misura di compensazione ambientale tale da mantenere il valore ecologico complessivo all’interno dell’area vasta.

61 Il progetto di cava, come da norma UNI 10975, dovrà preveder anche l’attività finale che diventerà operativa al termine dell’escavazione e tale attività dovrà risultare compatibile con l’ambiente.

62 Il Piano Strategici Provinciale, all’interno del progetto 2.3.2 “Gestione integrata dei rifiuti”, ha previsto un progetto denominato “utilizzo dei materiali da scavo e da riciclo”.

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2 L’ANALISI DEL CONTESTO AGRICOLO 2.1 LA RISORSA AMBIENTE E LE QUALITÀ DEL TERRITORIO Il territorio rurale trevigiano si connota per una varietà paesaggistica ed ambientale estremamente variata e pregevole, nonostante il degrado di alcune sue componenti. La morfologia dei luoghi, gli assetti insediativi, i contesti culturali, gli agroecosistemi sono risorse irrinunciabili e trovano espressione nelle produzioni di qualità. L’ambiente, pertanto, è la prima risorsa, la cui valutazione è definita nelle analisi specifiche. La produzione agricola ne beneficia e fa del territorio provinciale un ambito di eccellenza. La semplice elencazione dei prodotti tipici della Provincia di Treviso, porta a riconoscerne un numero significativo. Il riferimento, in questo caso, è alla pubblicazione curata dall’Amministrazione Provinciale trevigiana nel 2002, a titolo “Le produzioni tipiche della Provincia di Treviso – Cento prodotti di una terra da scoprire”, che in realtà assommano a 90, come di seguito riportato.

Vini 5 Aree DOC 1 Area IGT Treviso 1 Area IGT Veneto Complessivamente 35 Vitigni Grappa 1 Prodotto Formaggi 23 Prodotti 5 Formaggi DOP 4 Formaggi Tradizionali Avicunicoli 2 Prodotti Insaccati 3 Prodotti Prodotti Ittici 2 Prodotti Orticole 12 Prodotti 4 IGP 1 Prodotto Tradizionale Funghi e tartufi 2 Prodotti Dolci e panetteria 2 Prodotti Miele 1 prodotto Olio 1 Prodotto DOP Frutta 7 Prodotti

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La notevole diversificazione del territorio provinciale, in termini morfologici e vegetazionali, ha consentito, nel tempo, l’affermazione di produzioni agricole differenziate, locali e di nicchia, che estrinsecano qualità proprie e inconfondibili. Si consideri, al riguardo, la presenza per i vini di ben cinque aree a Denominazione di Origine Controllata, oppure la varietà dei latticini, che non comprendono, per sintesi necessaria, tutti i formaggi locali di piccole latterie, che costituiscono una vera ricchezza casearia. La localizzazione delle produzioni a marchio riconosciuto e tutelato viene evidenziata nelle carte tematiche che seguono. Si riporta in Appendice 1 l’elenco dei prodotti tipici trevigiani. 2.2 PRINCIPALI CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL’AGRICOLTURA

TREVIGIANA All’ultimo censimento dell’agricoltura, anno 2000, le aziende agricole del trevigiano risultano essere 44.812, e segnano una diminuzione di 7.006 unità rispetto al 1990, cioè al censimento precedente. La perdita di imprese appare dunque significativa, come, del resto, anche nel restante territorio veneto4. La perdita di territorio agricolo risulta altrettanto considerevole, soprattutto se il confronto diacronico viene condotto per termini temporali più ampi, riferendosi al censimento del 1929, la superficie agricola e forestale persa ammonta a quasi il 25%, come si rileva nella tabella seguente. Tabella 1. Perdita di territorio agricolo dal 1929 al 2000

Anno Superficie agroforestale ha Differenza al 2000 ha 1929 232.167 57.105 1951 229.508 54.446 1961 229.157 54.095 1971 225.116 50.084 1981 224.263 49.201 1991 184.481 9.419 2000 175.062 -

Fonte: Dati ISTAT elaborati

Se fino ai primi anni ’60 l’occupazione del territorio appare lenta, si consideri come dal 1926 al 1961 vengano persi in tutto 3.010 ha, mediamente 86 ha all’anno e nel decennio’51–’61 la perdita sia ancora inferiore, solamente 351 ha di riduzione, in media 35 ha annui, è con l’affermarsi del modello veneto di sviluppo e con il diffondersi tumultuoso degli insediamenti produttivi e della rete infrastrutturale che la perdita si fa imponente. Dal 1961 al 1991 vengono occupati ben 44.676 ha, pari al 18% del Territorio Geografico Totale, addirittura 1.489 ha all’anno. I dati strutturali denotano una lieve inversione di tendenza nella polverizzazione aziendale, la superficie media si è lievemente accresciuta, passando dai 2,75 ettari del 1990 ai 3,09 ettari (SAU) del 2000, in ogni caso le dimensioni aziendali medie si connotano comunque molto ridotte, segnalando uno scarso dinamismo complessivo del sistema. Anche l’occupazione mostra un trend in flessione, che coinvolge, del resto, l’intero ambito regionale, gli addetti si attestano, al 2003, a meno del 4%, cresce il part-time e il ricorso al noleggio, 4 La contrazione delle aziende nell’intera Regione del Veneto, nel 2000 rispetto al 1990, risulta pari a quasi 34.000 unità (circa il 15%).

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oltre il 23,85% delle aziende affida in toto le operazioni colturali a contoterzisti, evidenziando in tal modo scarsa vitalità, minima efficienza gestionale e assenza di imprenditorialità. L’età media dei conduttori è elevata, attestandosi a 59 anni (maschi 59, femmine 61), la contrazione del numero di giovani occupati nel settore è un ulteriore indice di ridotta efficienza aziendale. Si stanno però rafforzando, soprattutto nei distretti agroproduttivi più vitali e dinamici, caratterizzati da produzioni a marchio riconosciuto e certificate, nuclei di aziende condotte con standard imprenditoriali e secondo logiche di impresa. Altri comparti che dimostrano vitalità e che stanno assumendo importanza crescente sono le produzioni biologiche e disciplinate, nonché l’agriturismo. La rigidità dell’offerta di fondi agricoli, la diffusione del contoterzismo e l’invecchiamento della popolazione appaiono le principali problematiche che contraddistinguono oggi l’agricoltura trevigiana. 2.3 LE DINAMICHE DEL SETTORE AGRICOLO 2.3.1 Gli assetti aziendali • Numero e dimensione delle Aziende agricole

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 III 2005 Registrate 26.385 25.933 24.753 22.218 20.988 20.134 19.514 19.351

Attive 26.156 25.726 24.547 22.013 20.792 19.947 19.339 19.183 Iscritte 1.980 927 692 604 664 512 589 123 Cessate 1.954 1.427 1.922 3.189 1.924 1.398 1.322 202

Variazioni 37 48 50 50 30 32 113 55 Fonte: UnionCamere 2005

Dinamica del numero di aziende nel settore agricolo

0

5.000

10.000

15.000

20.000

25.000

30.000

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 III 2005

Periodo

N. a

zien

de

RegistrateAttiveIscritteCessateVariazioni

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I dati disponibili presso l’organismo di monitoraggio di UnionCamere relativi alla dinamica evolutiva delle aziende agricole in provincia di Treviso denotano un generalizzato calo del numero di unità iscritte al registro della CC.II.AA. Dal 1998 al 3° trimestre 2005 il calo è stato complessivamente del 26,66%, con un’accelerazione maggiore nel biennio 2000-2001 (-10,24%). • SAU La distribuzione della superficie agricola utile (SAU) su scala provinciale ed in termini assoluti evidenzia il maggiore utilizzo agricolo delle porzioni pianeggianti rispetto a quelle collinari, a conferma di trend consolidati.

0 - 1000

1001 - 2000

2001 - 3000

> 3000

Distribuzione SAU (ettari)

0 - 40%40% - 50%50% - 60%60% - 70%> 70%

Incidenza SAU/Superficie territoriale

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La distribuzione in termini relativi, riferita al territorio di pianura, evidenzia una tendenza alla maggiore permanenza di SAU laddove vi sono concentrazioni di investimenti, in termini di capitali agrari (superficie fondiaria, insediamenti produttivi, ecc.). Spicca in tal senso l’area di Sinistra Piave legata alla viticoltura e quella occidentale legata alla filiera zootecnico-cerealicola, come verrà meglio evidenziato in seguito. Per altro, in alcuni comuni (Altivole, Riese Pio X, Moriago della Battaglia, Ponte di Piave) la SAU assoluta supera la superficie territoriale, oppure raggiunge percentuali anomale, prossime al 100%. Tale apparente contraddizione è spiegabile con la possibilità che qualche azienda possa avere superficie agricola situata in un comune diverso da quello in cui è situata la sede. • Tipi di conduzione Il 5° censimento ISTAT dell’agricoltura ha rilevato n. 44.812 aziende in provincia. Di queste n. 43.697 (97,51%) disponevano di SAU mentre le altre ne erano prive. L’universo aziendale era rappresentato per il 97,43% da aziende a conduzione individuale. Tutte le altre forme di conduzione, del tutto marginali, erano ascrivibili:

o all’affittanza collettiva e/o comunanza (n. 86 aziende) o alle società di persone e di capitali (n. 972 aziende) o alle società cooperative (n. 19 aziende) o alle società a gestione pubblica (n. 50 aziende) o ai consorzi (n. 2 aziende) o di altro tipo (n. 23 aziende)

La distribuzione delle aziende agricole a conduzione individuale (n. 43.660 aziende), che rappresentano come detto quasi l’intero universo provinciale, in termini assoluti vede un minor peso dei comuni di limitata estensione, esistendo una scontata correlazione in tal senso. Si evidenzia tuttavia da una prima lettura: • la tendenza al maggior frazionamento del quadrante S-SO della provincia, ove prevalgono gli

ordinamenti cerealicoli-zootecnici: • la peculiarità del comune di Valdobbiadene, eccezione nel panorama di tendenziale marginalità

del territorio pedemontano, legata alla vocazione produttiva vitivinicola specializzata.

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0 - 300301 - 600601 - 900900 - 1200> 1200

Aziende a conduzione individuale (n°)

A titolo esemplificativo si riporta anche la distribuzione delle aziende gestite da società di persone e capitali, che rappresentano la seconda forma di conduzione più diffusa in provincia (n. 972 aziende).

0 - 56 - 1011 - 1617 - 2324 - 35

Società di persone e capitali (n°)

• Occupati in agricoltura

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Come detto precedentemente la struttura gestionale delle aziende agricole trevigiane vede la netta prevalenza della conduzione diretta. Il conduttore quindi rappresenta nella stragrande maggioranza dei casi anche l’apportatore di manodopera all’impresa agricola. Nella realtà la manodopera aziendale è fornita anche in parte dai familiari del conduttore.

Tipologia della forza lavoro aziendale in provincia di Treviso Legame con il conduttore

Conduttori Coniuge Familiari Parenti

Totale Famiglia

Impiegati (tempo

ind.)

Operai (tempo

ind.) Forza lavoro complessiva 44.468 18.510 13.608 7.129 83.715 497 1.026Giornate lavorate 3.195.587 996.406 787.965 334.669 5.314.627 67.886 232.219GG pro/capite 71,86 53,83 57,90 46,94 63,48 136,59 226,33Forza lavoro maschile 32.923 4.049 9.810 5.267 52.049 386 847Giornate lavorate 2.681.382 222.909 603.301 255.039 3.762.631 46.246 193.426Età media 59 57 38 46 - 46 42GG pro/capite 81,44 55,05 61,50 48,42 72,29 119,81 228,37Forza lavoro femminile 11.545 14.461 3.798 1.862 31.666 111 179Giornate lavorate 514.205 773.497 184.664 79.630 1.551.996 21.640 38.793Età media 61 56 43 47 - 39 39GG pro/capite 44,54 53,49 48,62 42,77 49,01 194,95 216,72 Fonte: ISTAT 2000

La tabella mette in evidenza alcune caratteristiche della forza lavoro aziendale in provincia di Treviso: • il generale invecchiamento dei conduttori, per altro non diversificato in modo significativo per

sesso. L’età media è leggermente inferiore per i maschi (59) rispetto alle femmine (61); • la netta propensione al part-time poiché le giornate lavorate non superano mai le 100, se non nel

caso di ricorso a manodopera esterna alla famiglia coltivatrice; • la forte diversificazione nel lavoro maschile e femminile, a conferma che la conduzione di

un’impresa agricola è ancora una prerogativa nettamente maschile. I conduttori rappresentano oltre il 74% del totale con una media di giornate lavorate procapite (81,44 gg) quasi doppia di quella femminile (44,54 gg);

• il significativo apporto dei familiari in termini di manodopera, a conferma dell’importanza del ruolo di tali coadiuvanti nell’attività agricola. Il dato appare maggiormente significativo per le conduttrici, laddove il marito assolve un carico di lavoro tendenzialmente più elevato (53,49 gg) delle stesse (44,54 gg);

• la propensione ad utilizzare manodopera maschile per le operazioni colturali (847) in misura 5 volte superiore a quella femminile (179), anche se non vi è grande scostamento in termini di giornate di lavoro procapite;

I dati censuari permettono inoltre di fare un’analisi del grado di istruzione di tale figura cardine. E’ evidente lo scarso grado di istruzione di alto livello del conduttore poiché i laureati non arrivano al 2%. I diplomati per contro si attestano solo all’11,56% mentre resta ampiamente dominante il numero di persone che hanno acquisito solo la licenza elementare (quasi il 60%). Significativa è per altro la quota di chi non possiede alcun titolo di studio (4,55%), con un peso relativo che per le femmine (7,20%) è quasi doppio che per i maschi (3,71%).

Grado d’istruzione del capo azienda in provincia di Treviso

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Capi azienda

laurea di tipo

agrario

laurea di altro tipo

diploma di tipo

agrario

diploma di altro tipo

diploma di scuola media

Diploma di scuola

elementare

nessun titolo di studio

148 675 922 4255 10072 26703 2037TOTALE 44.8120,33% 1,51% 2,06% 9,50% 22,48% 59,59% 4,55%

141 547 854 3320 8186 19795 1266Maschi 34.1090,41% 1,60% 2,50% 9,73% 24,00% 58,03% 3,71%

7 128 68 935 1886 6908 771Femmine 10.7030,07% 1,20% 0,64% 8,74% 17,62% 64,54% 7,20%

Fonte: ISTAT 2000

• Usi agricoli L’utilizzo agricolo del territorio provinciale è in prima analisi evidenziabile attraverso la distribuzione delle singole tipologie colturali. Seminativi Appare evidente il gradiente crescente di diffusione delle annuali in successione dall’area pedemontana a quella di bassa pianura, dove tali colture beneficiano, oltre che della morfologia, delle opere di bonifica idraulica, della configurazione fondiaria ed in generale di una maggiore fertilità e possibilità irrigua.

0 - 500500 - 10001000 - 15001500 - 20002000 - 2500> 2500

Superfici a seminativi (ha)

Principali colture a seminativo in provincia di Treviso (ha)

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Principali tipi di seminativo coltivato SEMINATIVI frumento

tenero Frumento

Duro orzo mais medica bietola Tabacco soia

3.140,09 1.124,68 2.561,75 52.625,34 3.023,60 1.327,46 116,36 15.223,2385.618,00 3,67% 1,31% 2,99% 61,47% 3,53% 1,55% 0,14% 17,78%

Fonte: ISTAT 2000

Tra i seminativi un peso preponderante hanno i cereali ed in particolare il mais che rappresenta quasi i 2/3 della superficie investita (61,47%), seguito dalla soia, che arriva quasi ad 1/5 (17,78%). Le altre annuali erbacee hanno un ruolo marginale. La distribuzione territoriale delle principali colture erbacee è di seguito esemplificata.

0 - 300300 - 600600 - 900900 - 1500> 1500

Superficie mais da granella (ha)

0 - 100100 - 300300 - 500500 - 900> 900

Superficie soia (ha)

0 - 2525 - 5050 - 7575 - 100> 100

Superficie medica (ha)

0 - 2525 - 5050 - 100100 - 150> 150

Superficie frumento tenero (ha)

Colture legnose

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Le colture legnose rappresentano un investimento di medio-lungo periodo (poliannuali). Al tempo stesso sono coltivazioni che garantiscono generalmente un elevato Valore Aggiunto rispetto alle erbacee annuali e quindi redditi unitari superiori. Il territorio provinciale si caratterizza per una forte diffusione di tali colture, rappresentate, per altro, quasi univocamente dalla vite. Tale coltura innesca una filiera di trasformazione articolata, altamente valorizzata da azioni di tutela, che fa della Marca un luogo di apprezzamento nazionale ed internazionale. La distribuzione territoriale denota il formarsi di aree (distretti) di produzione abbastanza ben definite, strettamente legate alle zone maggiormente vocate per caratteristiche microclimatiche e morfopedologiche, nonché tutelate in tal senso (area Pedemontana e di pianura di sinistra Piave).

0 - 150150 - 300300 - 450450 - 900> 900

Superficie colture legnose (ha)

Principali colture legnose in provincia di Treviso (ha) Principali tipi di legnose coltivate

LEGNOSE Vite olivo fruttiferi vivai legnose in serra

26.087,47 211,31 1.428,07 535,06 3,8628.342,44 92,04% 0,75% 5,04% 1,89% 0,01%

Fonte: ISTAT 2000

La distribuzione territoriale delle principali colture legnose è di seguito esemplificata.

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0 - 150150 - 300300 - 450450 - 900> 900

Superficie a vite (ha)

0 - 22 - 1010 - 20> 20

Superficie ad olivo (ha)

0 - 1010 - 2525 - 50> 50

Superficie a fruttiferi (ha)

0 - 55 - 1515 - 30> 30

Superficie a vivaio (ha)

Prati e pascoli Sono le forme di utilizzo del territorio maggiormente sostenibili in termini ambientali (consumo di risorse), confinate oramai in ambiti con agricoltura marginale (area montana) o di interesse ambientale (aree di pianura tutelate da specifici strumenti). Testimoniano in alcuni casi forme di agricoltura “arcaica” o di “sussistenza”, sopravvissute alla semplificazione dell’organizzazione poderale di campagna introdotta con la meccanizzazione colturale.

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40

0 - 150150 - 350350 - 700>700

Superficie a prato (ha)

0 - 100100 - 300300 - 500> 500

Superficie a pascolo (ha)

La distribuzione sul territorio delle superfici a prato e a pascolo può risentire della difficoltà di identificazione univoca, nonché della possibilità di inserimento nei dati aziendali di superfici a pascolo o prato (ad es. malghe e alpeggi) situate in comuni diversi dal comune di rilievo. • Regimi colturali intensivi Il concetto di intensività in agricoltura è strettamente legato all’apporto di materia ed energia al fattore produttivo suolo agrario. In tal senso sono definibili intensive quelle colture che vedono un forte apporto di manodopera, la presenza di investimenti fissi e comunque di cicli produttivi spesso poliannuali. In questa categoria possono essere ricomprese la coltura della vite, dei fruttiferi in genere (con esclusione del castagno e dell’olivo, in riferimento alle caratteristiche colturali e alla distribuzione

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sulla provincia), delle orticole in serra ed in pieno campo, nonché dei vivai in genere. Dei primi due si è già dato un quadro distributivo complessivo (vd. colture legnose). La distribuzione delle colture orticole denota una chiara concentrazione nel quadrante S-SO della provincia, laddove è riconosciuta l’area di produzione tipica (IGP) del Radicchio Rosso di Treviso e del Radicchio Variegato di Castelfranco Veneto.

Aziende.shp0 - 1010 - 3030 - 60> 60

Superficie colture orticole (ha)

• Produzioni agricole biologiche La provincia di Treviso registra una quota di coltivazioni agricole che adottano processi e tecniche produttive volti alla ricerca di un sempre minore impiego di input esogeni al sistema ambientale. Nella fattispecie si tratta di coltivazioni ascrivibili alle categorie “biologico”, “integrato” e “disciplinato” come definite dalla normativa vigente. Il significato di qualità sta appunto nel rispetto di standard ambientali e di standard di prodotto. I dati ISTAT evidenziano un’incidenza delle coltivazioni di qualità, in termini di SAU (8.267,64 ha), sul totale provinciale pari al 5,97%. Ciò dimostra che tali metodi di produzione sono ancora marginali. La distribuzione sul territorio evidenzia una maggior diffusione, in termini assoluti, nella zona E-SE della provincia, nonché nel comprensorio di Valdobbiadene.

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0 - 200200 - 500500 - 1000> 1000

Superficie colture di qualità (ha)

Superficie complessiva utilizzata per coltivazioni di qualità (SAU in ha)

TOTALE Cereali Ortive Piante industriali

Altri seminativi Vite Olivo Fruttiferi

Altre coltivazioni

legnose

Altre coltivazioni

8.267,64 793,32 180,35 478,80 108,66 6.300,93 7,25 341,70 2,00 54,63Superficie utilizzata per coltivazioni biologiche

621,39 108,59 36,39 7,12 16,29 353,59 1,65 83,92 0,00 13,847,52% 13,69% 20,18% 1,49% 14,99% 5,61% 22,76% 24,56% 0,00% 25,33%

Superficie utilizzata per coltivazioni integrate 2.573,13 529,81 51,81 395,24 87,66 1.323,66 3,30 166,29 0,00 15,3631,12% 66,78% 28,73% 82,55% 80,67% 21,01% 45,52% 48,67% 0,00% 28,12%

Superficie utilizzata per coltivazioni disciplinate 5.073,12 154,92 92,15 76,44 4,71 4.623,68 2,30 91,49 2,00 25,4361,36% 19,53% 51,10% 15,96% 4,33% 73,38% 31,72% 26,77% 100,00% 46,55%

La tabella evidenzia come si diversifica all’interno di tale categoria l’utilizzo di uno piuttosto che di un altro metodo di coltivazione. Le colture biologiche rappresentano una tipologia ancora embrionale, che vale il 7,52% del totale ed è riservata soprattutto a fruttiferi, olivo, orticole ed altre colture di nicchia. Significativa in tal senso è la scarsa incidenza relativa della vite, che invece è maggiormente orientata alla produzione di tipo integrato e ancor più disciplinato (73,38%). Le colture integrate sono rappresentate invece prevalentemente da piante industriali (soia, tabacco, ecc.) (82,55%) e da altri seminativi (80,67%). • Consumo fertilizzanti Il consumo di fertilizzanti è generalmente strettamente collegato alle produzioni agricole. Le dinamiche di aumento progressivo delle rese unitarie in campo agricolo trovano giustificazione anche nell’aumento del consumo di concimi, siano essi di sintesi che organici commerciali. La tabella che riporta i dati di monitoraggio Istat per il periodo 2001-2004 conferma tale tendenza generale. Il consumo di concimi minerali semplici è in forte crescita (+25,18), in particolare per i potassici (+56,56%), che compensano una leggera contrazione dei fosfatici (-2,55%). I concimi minerali composti subiscono un trend positivo assai più contenuto (+3,63%), mentre si assiste ad

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una parziale sostituzione tra composti ternari (-3,35%) e binari (+42,57) pur restando i primi maggiormente utilizzati. Da rilevare infine l’incremento di consumo dei concimi organici commerciali (+11,76%) e la drastica contrazione di quelli organo-minerali (-48,37%).

Fertilizzanti distribuiti in provincia di Treviso (in quintali) TIPOLOGIA 2004 2003 2002 2001 Trend periodo

Azotati 398.650 341.765 354.146 325.560 22,45%Fosfatici 12.256 15.401 19.367 12.577 -2,55%Potassici 61.722 57.342 65.613 39.423 56,56%Semplici

Totale 472.628 414.508 439.126 377.560 25,18%Binari 74.837 95.253 47.262 52.492 42,57%

Ternari 282.995 307.064 279.586 292.818 -3,35%

CONCIMI MINERALI

Composti Totale 357.832 402.317 326.848 345.310 3,63%

Azotati semplici 26.906 32.452 28.723 18.489 45,52%Composti 136.127 141.883 150.223 127.395 6,85%ORGANICI

Totale 163.033 174.335 178.946 145.884 11,76%Azotati semplici 2.071 2.724 3.690 4.843 -57,24%

Composti 45.544 60.906 57.411 87.386 -47,88%ORGANO-MINERALI Totale 47.615 63.630 61.101 92.229 -48,37%

Fonte: ISTAT

• Consumo di prodotti fitosanitari La dinamica del consumo di prodotti fitosanitari denota una progressiva trasformazione delle tecniche di coltivazione e fitoiatriche a favore di sostanze meno impattanti sull’ambiente. Complessivamente il consumo di tali prodotti ha subito un decremento di oltre il 10% nel periodo 1999-2003. I dati di dettaglio a disposizione rilevano una significativa contrazione (13-16%) nel consumo di fungicidi, insetticidi e acaricidi, mentre gli erbicidi sono in trend positivo (+6,04%). Appare per altro significativo il forte trend di crescita del consumo di prodotti di lotta biologici, in accordo con le dinamiche di trasformazione già evidenziate per le colture di qualità.

Prodotti fitosanitari distribuiti in provincia di Treviso (in kg ) Anno Fungicidi Insetticidi

e acaricidi Erbicidi Vari Biologici Totale

2003 2.539.005 199.827 629.853 37.380 5.527 3.411.5922002 2.659.367 200.409 618.952 79.767 1.183 3.559.6782001 2.654.544 273.902 735.150 87.965 1.150 3.752.7112000 2.908.008 244.270 613.452 41.521 1.285 3.808.5361999 2.930.891 240.148 594.004 40.291 992 3.806.326

Trend 1999-2003 -13,37% -16,79% 6,04% -7,22% 457,16% -10,37% Fonte: ISTAT

Il trend provinciale è per altro superiore al dato medio nazionale che vede una diminuzione complessiva dei fitosanitari del 5,4%, un calo di fungicidi (-3,2%), di insetticidi e acaricidi (-14,5%) e di vari (-18,6%), ed una crescita di erbicidi (+5,8%) e prodotti di origine biologica (+340,4%).

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• Allevamenti zootecnici La zootecnia ha nella Marca ancora un peso rilevante, anche se vi sono stati negli ultimi anni segnali di contrazione delle produzioni (carne e latte) legate a dinamiche e scelte politiche prese in ambito comunitario. Il comparto è assai strutturato e diversificato, annoverando diverse specie e tipologie di allevamento. Un sintetica distribuzione è riportata nella tabella che segue.

Specie allevate in provincia di Treviso aziende 6.590 BOVINI capi 214.745 aziende 16 BUFALINI capi 1.090 aziende 141 OVINI capi 4.027 aziende 406 CAPRINI capi 1.698 aziende 752 EQUINI capi 2.982 aziende 2.497 SUINI capi 142.831 aziende 17.378 AVICOLI capi 7.067.343 aziende 6241 CONIGLI capi 1.249.095 aziende 18 STRUZZI capi 438 aziende 344 API arnie 5.877

Selvaggina 111 Animali da pelliccia 1 Allevamenti ittici 28 Bachi da seta 3 Altri allevamenti 51 Pulcini da incubazione

aziende

47 Fonte: ISTAT 2000

Bovini L’allevamento di bovini rappresenta certamente la quota parte del comparto di maggiore interesse economico su scala provinciale. Al suo interno si diversifica in due grandi tipologie: bovini da carne e bovini da latte. La prima è strutturata su cicli di allevamento differenti in termini temporali e metodologici, con ottenimento di “prodotti” diversificati: vitello a carne bianca, vitello svezzato, vitellone da ingrasso (carne rossa). La seconda è maggiormente omogenea, rappresentata da vacche da latte. La distribuzione complessiva di bovini sul territorio, in termini assoluti, è riportata di seguito.

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0 - 10001000 - 25002500 - 50005000 - 10000> 10000

Allevamento di bovini (capi)

Appare evidente la presenza di concentrazioni territoriali in aree abbastanza ben definite. Il dato disaggregato per le tipologie su indicate conferma in parte quanto esposto. L’allevamento di vitelli con cicli produttivi inferiori all’anno (secondo la scansione di rilevamento Istat) è riconducibile sostanzialmente al ciclo del vitello a carne bianca e di quello svezzato.

0 - 150150 - 500500 - 15001500 - 3500> 3500

Allevamento vitelli < 1 anno (capi)

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0 - 300300 - 900900 - 15001500 - 3500> 3500

Allevamento vitelloni < 2 anni (capi)

La zootecnia da latte non dimostra aggregazioni territoriali ben definite. Si possono identificare comunque due poli, il primo situato in Destra Piave, dalla zona montana alla linea delle risorgive (Crespano del Grappa – Paese), il secondo in Sinistra Piave (Mareno di Piave – Mansuè).

0 - 150150 - 300300 - 500500 - 700> 700

Allevamento vacche da latte (capi)

Suini L’allevamento di suini non rappresenta, nella realtà provinciale complessiva, un dato particolarmente significativo. La distribuzione è legata a criteri contingenti di ciascuna unità

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aziendale. Gli allevamenti risultano collocati preferenzialmente nella zona periferica a Sud, ai confini della provincia.

0 - 10001000 - 35003500 - 70007000 - 10000> 10000

Allevamento di suini (capi)

Avicoli L’allevamento di avicoli, con riferimento alla metodologia di rilievo dei dati Istat, risente della presenza di numerosissime microunità produttive (oltre 17.000 aziende) legate in buona parte all’autoconsumo. I complessi di natura produttiva sono piuttosto localizzati, analogamente a quanto detto per quelli suinicoli, legati alla presenza di singole aziende di medio-grandi dimensioni (con più di 200.000 capi). La distribuzione non appare per altro seguire alcun criterio territoriale. Al suo interno si diversifica in alcune tipologie legate essenzialmente alla specie allevata. La tabella riporta il dato disaggregato e mette in luce il peso dominate del pollo da carne, che incide per oltre il 50% del totale, e quello delle galline ovaiole, che sfiorano il 40%. Le restanti tipologie hanno un peso modesto.

Allevamenti avicoli Faraone Ovaiole Oche Polli da carne Tacchini TOTALE 364.876 93.745 2.786.167 10.774 3.649.507 162.274 5,16% 1,33% 39,42% 0,15% 51,64% 2,30%

7.067.343

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0 - 2500025000 - 100000100000 - 200000200000 - 400000> 400000

Allevamento di avicoli (capi)

Conigli La coniglicoltura nel Trevigiano vanta una tradizione oramai consolidata. In particolare si assiste a concentrazioni di produzione in ambiti abbastanza ristretti, come evidenziato dalla carta di distribuzione. Spicca in tal senso il distretto incentrato nell’area di Volpago del Montello, Trevignano, Montebelluna e Altivole.

0 - 50005000 - 2000020000 - 5000050000 - 100000> 100000

Allevamento di conigli (capi)

E’ infatti ampiamente riconosciuto all’area del bacino del Piave il ruolo di “culla” della moderna coniglicoltura, in quanto in tale area si sono sperimentate le tecniche di allevamento attualmente applicate in tutte le produzioni d’Europa. Questo fermento produttivo ha portato alcuni comuni, quali Volpago del Montello e Trevignano, ad avere la più alta concentrazione al mondo di allevamenti cunicoli5. 5 Mondo Agricolo Veneto – Anno V – n. 27 del 06.08.2003 – Regione del Veneto

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Altri allevamenti In provincia si rilevano anche realtà di allevamento di nicchia (ovini, caprini, equini, struzzi) che incidono in modo assai limitato sull’intero comparto. Una tipologia degna di segnalazione è l’attività di apicoltura, ampiamente diffusa sul territorio, anche se con contingenti unitari limitati, che origina un prodotto sempre più apprezzato dal mercato locale e non solo.

0 - 2020 - 5050 - 150150 - 300> 300

Attività di apicoltura (arnie)

• Allevamenti biologici e disciplinati All’interno del settore zootecnico è possibile evidenziare anche le tipologie di allevamento che seguono i dettami tecnici dell’agricoltura biologica o specifici disciplinari di produzione. Nel panorama provinciale la loro entità è ancora limitata.

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01 - 22 - 44 - 6

Allevamenti biologici (n° aziende)

01 - 66 - 1111 - 35

Allevamenti disciplinati (n° aziende)

• Allevamenti intensivi Altra caratteristica del settore zootecnico è la presenza di unità produttive non in connessione con il fondo agricolo. Sono insediamenti che gestiscono il ciclo di produzione con criteri più simili a quelli industriali che a quelli agricoli veri e propri. La concentrazione di numerosi capi determina problematiche di gestione dei reflui zootecnici che devono essere stoccati e smaltiti secondo precise procedure stabilite dalla normativa regionale e sotto il diretto controllo provinciale.

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01 - 1011 - 2526 - 40> 40

Allevamenti intensivi (n° aziende)

• Prodotti certificati Il territorio provinciale esprime alcune valenze estremamente significative per quanto riguarda prodotti agroalimentari la cui qualità è riconosciuta e garantita dalle norme dell’Unione Europea. Si tratta di prodotti a Denominazione di Origine Controllata (DOC), che comprendono i vini, a Denominazione di Origine Protetta (DOP), che comprendono formaggi e olio, e a Indicazione Geografica Protetta (IGP), che comprendono orticole. Trattasi di nove prodotti, sotto elencati. • Formaggio Asiago DOP • Formaggio Grana Padano DOP • Formaggio Montasio DOP • Formaggio Taleggio DOP • Formaggio Provolone Valpadana DOP • Asparago Bianco di Cimadolmo IGP • Radicchio Rosso di Treviso IGP • Radicchio Variegato di Castelfranco IGP • Olio d’oliva Veneto del Grappa DOP

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Confini

Zona di produzione formaggio Asiago

Zona di produzione formaggi DOP

Grana Padano, Montasio, Taleggio, Provolone Valpadana

Confini

Zona di produzione Asparago Bianco di Cimadolmo

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Confini

Zona di produzione Radicchio Rosso di Treviso

Confini

Zona di produzione Radicchio Variegato di Castelfranco

Confini

Zona di produzione olio d'oliva Veneto del Grappa

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• Selvicoltura Oltre all’utilizzo agricolo del territorio vi è anche una significativa porzione di esso occupata da boschi (circa il 10%). Tali superfici assolvono, per loro vocazione, a molteplici ruoli: produttivo, protettivo, naturalistico-ambientale, ricreativo. Negli ultimi anni assumono sempre più importanza anche quali serbatoi di CO2 e di biodiversità. La loro distribuzione è strettamente connessa alla marginalità di alcuni territori all’utilizzo agricolo. Le zone montane, pedemontane e collinari non particolarmente vocate a colture di pregio ed alto Valore Aggiunto restano occupate da boschi.

Copertura boschiva in provincia di Treviso Tipologia boschiva Superficie (ha) %

Abieteti 4,88 0,01%Aceri-frassineti e aceri tiglieti 24,53 0,06%Arboricoltura da legno - conifere 3,54 0,01%Arboricoltura da legno - latifoglie 553,13 1,43%Betuleti e corileti 130,87 0,34%Castagneti e rovereti 3.259,30 8,43%Faggete 5.261,70 13,61%Lariceti e larici-cembreti 402,97 1,04%Orno-ostrieti e ostrio-querceti 14.696,93 38,02%Peccete 1.683,33 4,35%Piceo-faggete 1.049,40 2,71%Pinete di pino silvestre 30,23 0,08%Pinete montane 546,07 1,41%Querco-carpineti e carpineti 184,75 0,48%Robinieto misto 2.519,30 6,52%Robinieto puro 5.144,73 13,31%Saliceti e altre formazioni riparie 3.161,76 8,18%

Totale boschi 38.657,42 100%

Altre superfici

Praterie, incolti e altre formazioni erbacee naturali 3.774,78 Praterie, incolti e altre formazioni erbacee, con presenza di arbusti 1.531,14

Totale complessivo 43.963,34 Fonte: Carta forestale provinciale

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L’articolazione tipologica delle superfici è per altro assai diversificata. Dalla tabella su riportata emerge chiaramente la connotazione mesotermofila della provincia di Treviso in conseguenza della giacitura dei versanti prealpini, esposti in prevalenza a Sud, che beneficiano di un irraggiamento solare favorevole. Prevalgono infatti largamente le formazioni ad orno-ostrieto e ostrio-querceto. Molto diffuse sono anche le superfici a faggeta e a robinieto, puro e misto. Mentre nel primo caso si è in presenza di formazioni di pregio non solo strettamente selvicolturale ma anche naturalistico-ambientale, nel secondo caso si tratta di boschi relativamente giovani, destrutturati e semplificati nella composizione specifica, spesso instauratesi in seguito a fenomeni di abbandono colturale dell’agricoltura di montagna e collina. Da fonte ISTAT6 si desume che i boschi trevigiani sono in massima parte governati a ceduo (62,77%) mentre le fustaie rappresentano il 37,23%. Tra le specie prevalgono le latifoglie, che coprono il 79,70% della superficie. La maggior parte dei boschi sono di proprietà privata (79,89%), meno frequente è la proprietà di enti locali (comuni) (10,09%) e pubblici (stato, regione) (9,45%) e marginale quella di altri enti (0,55%).

0 - 200200 - 600600 - 10001000 - 2000> 2000

Superficie boschiva (ha)

6 ISTAT - Collana INFORMAZIONI – Coltivazioni Agricole e Foreste, 1997

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2.3.2 L’Agriturismo L’agriturismo è un nuovo ma collaudato prodotto agricolo che fa dell’ambiente la propria risorsa principale. Ne subisce, d’altro canto, le regole e le condizioni oggettive, inserendosi in modo obbligato in un disegno più generale di valorizzazione del territorio e di offerta turistico-ricreativa, associata ai percorsi storici, artistici, naturalistici, enogastronomici, strade del vino, nonché alla vendita diretta di prodotti aziendali. Per tale motivo la programmazione e la pianificazione del territorio rurale devono essere finalizzate alla riqualificazione paesaggistico ambientale, che rappresentano un fattore essenziale nell’offerta agrituristica. Alcune azioni prioritarie appaiono, in tal senso, il recupero di tipologie edilizie tipiche locali, la tutela dei punti panoramici, il mascheramento dei detrattori visivi e in genere un efficiente funzionamento ecosistemico del paesaggio. Si concretizza, essenzialmente, nel rapporto tra famiglia rurale e famiglia cittadina, quest’ultima composta da persone che usualmente vivono in contatto saltuario con l’ambiente naturale e desiderano fruirne almeno nei periodi di tempo libero. L’azienda agricola, di natura, è composta da molteplici componenti produttive. Tale caratteristica intrinseca ha dovuto essere recepita nelle specifiche normative di settore. La multifunzionalità ha trovato, quindi, precisa codifica, a soluzione delle problematiche gestionali interne, anche a seguito delle politiche di rinnovamento dell’agricoltura predisposte in ambito europeo. In questi ultimi anni il territorio agricolo, oltre alle finalità produttive specifiche, è chiamato a svolgere sempre più una pluralità di altre funzioni, tra cui appaiono preminenti: • La funzione protettiva • La funzione insediativa • La funzione paesaggistica • La funzione ricreativa • La funzione biologica • La funzione didattica In definitiva l’azienda agricola diventa sempre più sede di pluriattività, ovvero in grado di affiancare alla tradizionale attività di produzione di beni anche più moderne forme di produzione di servizi. A livello comunitario già Andriessen nel suo Rapporto Verde affermò che dai 2 ai 4 milioni di agricoltori, entro il 2010, avrebbero dovuto cambiare attività o comunque trovare soluzioni diverse di integrazione al reddito aziendale, essendo la Politica Agricola Comune ormai deficitaria in materia di aiuti. Diventa quindi di estrema importanza e di elevato interesse sociale creare nuovi posti di lavoro nel mondo rurale. La soluzione offerta dalle attività di vendita diretta, di trasformazione, di produzione di servizi, è favorita anche le politiche di indirizzo dell’Unione Europea. Secondo le più recenti indicazioni comunitarie, viene affermato decisamente il concetto di multifunzionalità quale elemento caratterizzante la nuova agricoltura “sur tout le territoire europèen”. Il complesso di beni e servigi, organizzati dall’agricoltore, da considerarsi quali fattori produttivi gestionali diretti, viene indirizzato a produzioni differenziate rispetto alla tradizionale produzione di alimenti e materie prime. Tutto ciò in una coesione unica di struttura e gestione ed in rapporto diretto con le risorse del territorio.

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Si può considerare infine, in riferimento alla tutela e salvaguardia del territorio, come l’agriturismo e la sua agricoltura siano meno impattanti rispetto ad altre attività agricole. L’agriturismo infatti vende anche ambiente e paesaggio, che deve risultare abbellito, curato, fruito quale risorsa per una visita rilassante e rigenerante,corroborata dalla bontà della natura e dei suoi prodotti, e dalla cortese ospitalità degli operatori. 2.3.2.1 L’offerta agrituristica nel trevigiano L’attività agrituristica della nostra provincia non appare caratterizzata, nel trevigiano, in modo univoco, ma può essere identificata secondo tipologie tra loro differenziate, in sintesi: • Azienda indirizzata a produrre materia prima per la preparazione e l’offerta enogastronomia

(pasti e bevande, spuntini, colazioni); • Azienda che offre esclusivamente ospitalità; • azienda che supporta efficacemente la fornitura di servizi di natura turistica, rispondendo in

modo positivo alla domanda, in continua espansione, di turismo rurale, talvolta fornendo, peraltro, anche prodotti extra aziendali, associati al verde, al genuino, alla campagna;

• azienda con collegamenti al mercato agrituristico saltuari (essenzialmente vendita diretta di qualche prodotto) con minimo interscambio di altre risorse locali;

L’offerta di beni e servizi agrituristici si può pertanto ricondurre a: • Ospitalità in camera od appartamento • Ospitalità in spazi aperti • Somministrazione di pasti e bevande • Somministrazione di spuntini • Somministrazione di pasti e bevande e spuntini • Somministrazione di pasti e bevande e ospitalità • Vendita di prodotti aziendali trasformati • Erogazione di servizi di natura ricreativa, prodotti no food Una più puntuale classificazione porta a distinguere le tipologie che seguono. Ospitalità in campagna Le aziende con solo servizio di pernottamento e prima colazione sono una decina e corrispondono attualmente a circa 200 posti letto. Nella quasi totalità sono aziende con presenza di attività agricola. I prodotti aziendali non sono impiegati ai fini dell’ospitalità. La connessione funzionale tra alloggio e azienda agricola dipende dalla disponibilità di superfici coperte, non più destinate alle tradizionali attività agricole a seguito dei mutati indirizzi aziendali, e che vengono utilizzate per la realizzazione di camere,. Queste nella totalità delle aziende sono dotate di bagno, arredate in modo tradizionale e decoroso, rispondono ai requisiti igienici sanitari previsti per le case di abitazione. Circa una decina di aziende dispongono anche di monolocali comprendenti soggiorno- cucina, bagno, camera. La capacità ricettiva massima in camera od appartamento è di 30 posti letto. Le aziende a prevalente interesse di servizio di ospitalità ovvero con il massimo previsto dalla LR 9 / 97 sono situate in località di primaria importanza dal punto di vista turistico. La domanda di ospitalità appare crescente, è articolata e diretta, tramite conoscenza o reperimento via Internet, pertanto non è facilmente quantificabile.

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Turismo d’affari La recettività risponde alle richieste dei grandi distretti produttivi, diffusi in tutto il territorio provinciale (mobile, scarpa, vino, agroalimentare, ecc.). Per motivi di distribuzione interna del carico lavorativo, le aziende agrituristiche offrono preferenzialmente ospitalità dal lunedì al giovedì. La distribuzione delle richieste si estende in modo uniforme nell’anno,con ovvia interruzione nei periodi estivo- feriali. Le aziende in genere sono attrezzate con accesso ad Internet, orari flessibili di ricezione, varia tipologia di colazioni, collegamento con i poli industriali e artigianali, talvolta servizio interprete, in alcuni casi di locali per riunioni di lavoro. Normalmente viene richiesta la camera singola o la camera doppia ad uso singolo.

Turismo del fine settimana e delle “settimane verdi”

In questo caso l’ospite è la coppia o famiglia composta da poche unità, 3 o 4, che chiede un paio di notti in camera doppia e la possibilità di conoscere il territorio con tutte le proprie risorse. Generalmente si ferma in azienda per conoscere le attività in essa attuate, la sua storia, la famiglia le produzioni, la cucina. Spesso, soprattutto qualora siano presenti bambini, desidera praticare attività ludiche e sportive, in azienda o nelle immediate vicinanze. L’ospite, oltre alla enogastronomia locale, chiede di fruire dei beni artistici, storici, ambientali del territorio. Partecipa alle manifestazioni folcloristiche locali e alle rassegne di prodotti tipici, mercati e sagre paesane. Prima del rientro acquista i prodotti direttamente in azienda o da altri produttori della zona.

Il limite dei 30 posti frena una sensibile richiesta, gli operatori che sono interessati a completare l’offerta con la didattica o l’area benessere non possono infatti alloggiare gruppi più numerosi, comitive, scolaresche, che vogliano trascorrere la “settimana verde” in azienda. Punto debole dell’offerta è attualmente l’attenzione verso il turismo sociale e giovanile. Ospitalità in spazi aperti (campeggio) Sono consentiti in questo caso ospiti fino ad un massimo di 30. La capacità ricettiva massima complessiva per azienda può quindi arrivare a 60 persone. Attualmente non sono attive strutture organizzate ed attrezzate per erogare questo tipo di servizio. Le aree di maggior richiesta si possono individuare nella Pedemontana, nel Montello e nell’area a sud della provincia, ovvero nelle vicinanze di Venezia. Il limite di 30 persone non consente, per ora, di organizzare una gestione remunerativa, dovendo un campeggio avere specifiche e indispensabili caratteristiche di sicurezza, di fornitura di servizi (elettricità, acqua fredda e calda, doccia, servizi igienici, ecc). È evidente un sensibile interesse, in questo tipo di offerta, da parte dell’imprenditore agricolo, nel caso possa disporre di ampi spazi in prossimità del centro aziendale o dell’aggregato abitativo, le possibilità di realizzazione dipenderanno da aggiornamenti nell’ambito amministrativo, concedendo la possibilità di ospitare un più ampio numero di persone in campeggio. Come appare dalla seguente tabella, la crescita dei posti letto in agriturismo è costante negli ultimi anni.

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Iscritti elenco provinciale

Posti letto in stanze

Posti letto in appartamento

Posti a sedere ristorazione

Aziende con attività ricreative

Aziende con vendita prodotti

31.07.1996 140 300 17 5.500 6 10 31.07.2000 189 697 206 7.549 31 35 22.12.2000 192 702 234 7.599 33 38 10.02.2003 224 1.146 357 9.607 51 45 04.11.2005 298 1.799 565 11.010 110 84

Le motivazioni di tale crescita appaiono ormai legate a fattori che sempre meno attengono al mondo rurale in senso stretto. Le tipologie degli ospiti iniziano a denotare una larga variabilità. L’agriturismo ospita anche, perché il prezzo è competitivo, famigliari che assistono un proprio caro degente in ospedale. In occasione di manifestazioni culturali o sportive l’affluenza degli ospiti aumenta e risulta collegata direttamente all’evento. Ad esempio le grandi esposizioni organizzate presso la Casa dei Carraresi da Fondazione Cassamarca hanno incrementato arrivi e presenze anche negli agriturismi. Somministrazione di pasti e bevande Risulta la forma prioritaria di attività agrituristica, da quando la Legge Quadro del 1985 offre all’imprenditore agricolo la possibilità di ospitare clienti. A tale data erano soltanto un’ottantina i posti a sedere autorizzati, oggi superano le 11.000 unità. Si tratta del comparto che ha segnato l’evoluzione massima. La ristorazione, tendenzialmente, fa propria la cucina che abitualmente veniva curata dalle massaie rurali addette alla preparazione dei pasti. Le pietanze seguono quindi la tradizione rurale, le stagioni, le produzioni ottenute in azienda. La struttura dell’azienda che somministra pasti e bevande è comparabile con un ristorante-trattoria di campagna. Infatti l’adeguamento igienico sanitario, la gestione delle operazioni di trasformazione dei prodotti è normata analogamente dai regolamenti e leggi propri anche di altri settori. Per quanto riguarda la capienza, non è prevedibile un aggiornamento dei limiti attuali di legge. Gli 80 posti massimi previsti per un numero di 160 giornate lavorative all’anno sono rispondenti alle esigenze degli operatori ed anche dei clienti, sempre più concentrati nei fine settimana. La tendenza in atto è quella di ricercare la qualità nei prodotti e nel servizio. Va evidenziata una caratteristica specifica, che ha risvolti, oltre che produttivi, anche ambientali. L’azienda che propone ristorazione spesso riproduce il modello gestionale agricolo proprio di circa 40 addietro, ovvero assume un indirizzo misto, con colture foraggere e orticole, con l’allevamento di animali da cortile, di bovini e suini, con la viticoltura e la trasformazione enologica. E’ un’azienda che produce principalmente per il fabbisogno interno ed ha pochi scambi con l’esterno per vendite dirette. Le aree più interessanti per la ristorazione sono quelle che si elevano dal piano di campagna (Montello, Pedemontana, Colli Asolani, Colli di Conegliano). Il consumatore chiede oltre al cibo come nutrimento anche il “cibo-soddisfazione”, desidera avere la possibilità di fruire, seppur in modo fugace, di uno scorcio panoramico incontaminato, di panorami verdi, vigneti, coltivi, siepi e macchie boscate. Non soltanto alimentazione ma sempre più soddisfazione, per sé , per gli amici, per la famiglia. La ristorazione agrituristica è avvantaggiata, sicuramente, dalla presenza di un bacino d’utenza esteso a tutta la provincia e agli agglomerati urbani di province limitrofe (Pordenone, Mestre, Padova,Vicenza, Feltre).la distanza non crea eccessivi problemi, si è verificato come lo spostamento

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medio degli ospiti sia di circa 30 chilometri la domenica, mentre negli altri giorni si riduce a 20 chilometri. Anche in questo comparto ci si avvantaggia delle grandi e piccole manifestazioni culturali, fieristiche, espositive, folcloristiche che si svolgono nel territorio provinciale . La ristorazione agrituristica appare, peraltro, in competizione con la ristorazione tradizionale. Non si intravedono, ad ogni modo, punti di favore rispetto a quest’ultima se non per la conduzione famigliare, la tipicità dei menù, l’uso di prodotti aziendali, il collegamento diretto con il territorio rurale. Le domande di apertura di nuovi esercizi nell’ambito della ristorazione tradizionale, non afferenti quindi al settore agrituristico, ma attinenti piuttosto al country house, alla birreria con cucina d’oltralpe, oppure locali di ispirazione regionale quali prosciutterie, spesso sono proposte in vecchi rustici, scuderie, cantine. Ciò sta a significare che il cliente tendenzialmente è portato ad apprezzare maggiormente più il prodotto se abbinato all’antico, alla storia, al tipico fabbricato rurale del luogo. Somministrazione di pasti, bevande e spuntini La maggioranza sono attrezzate come per la somministrazione dei pasti. Dispongono di volumi sufficienti e di prodotti tipici, derivanti da trasformazioni interne all’azienda, sono dotate di laboratori polifunzionali, cucine, magazzini di stoccaggio, locali di somministrazione ed accoglienza degli ospiti. Non si differenziano, in genere, dalle precedenti. Somministrazione di spuntini Per l’esclusiva somministrazione di spuntini sono attive circa venti aziende agrituristiche, concentrate soprattutto in area montana, in prossimità di luoghi di richiamo naturalistico, lungo le vie segnalate per escursioni e passeggiate. Sono aziende che dispongono di ridotte superfici attrezzate allo scopo e non hanno possibilità, dal punto di vista urbanistico, a procedere ad ampliamenti o nuove costruzioni, rientrando in zone di massima tutela ambientale o di area protetta. Oltre alla somministrazione di spuntini, che in generale consistono in insaccati di carni suine, formaggi, sottoli, sottaceti, bevande, tali aziende vendono direttamente i prodotti per esportazione. Somministrazione di pasti, bevande e ospitalità Circa il 60 % delle aziende con ospitalità ha anche il servizio di ristorazione. Ma appena il 10 % offre la mezza pensione. Questo è legato soprattutto alla scarsa disponibilità di manodopera aziendale. Vendita di prodotti aziendali trasformati Vino, insaccati, formaggi, confetture e composte di frutta. Pur nella confusione di ruoli e regimi autorizzativi l’agriturismo riesce ad avere una giusta collocazione anche nella trasformazione di prodotti che non sono ancora riconosciuti usuali nel mondo agricolo. Ad esempio il pane casereccio è riconosciuto come prodotto trasformato e riconducibile ai prodotti da forno che possono essere venduti direttamente dall’azienda agrituristica. Non è azzardato ipotizzare un crescente sviluppo in tal senso delle aziende agrituristiche, comprendendo anche il servizio di catering a domicilio o in locali allo scopo adibiti.

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Erogazione di servizi di natura ricreativa Ancora limitata la presenza di aziende che fanno uso del territorio fruibile dal punto di vista paesaggistico. Ad esempio non è presente un servizio di guida ai siti di importanza turistica, artistica, storica nell’ambito provinciale, oppure l’attività di accompagnamento e guida a vari livelli, dall’amatoriale al professionale, nel settore del trekking o del ciclismo, (percorsi d’alta quota, collegamenti in MTB e scavalco di sistemi collinari o montani). L’attività culturale o didattica è attualmente relegata a qualche incontro, episodico e generalmente in occasione di promozioni aziendali per un nuovo prodotto o marchio, soprattutto nel settore del vino o degli insaccati Sono segnalate in aumento le adesioni ai corsi formativi per Fattorie Didattiche. E’ pertanto logico stimare l’incremento e la diversificazione delle azioni didattiche nell’ambito provinciale. E’ altrettanto concreto prevedere che le stesse aziende siano collegate tra loro in itinerari o pacchetti formativi, diretti alla conoscenza di aspetti territoriali e agricoli particolari, quali l’agricoltura di montagna e di collina, le aziende specializzate di pianura; le aziende in riva ai grandi fiumi o laghi. In appendice si riportano i dati sul movimento turistico in provincia di Treviso negli ultimi cinque anni 2.4 LE RISORSE IRRIGUE L’acqua, in ogni sua accezione, è unanimemente riconosciuta quale fattore determinante la qualità della vita di qualsiasi territorio. La presenza, la penuria, l’eccesso, l’assenza, anche se temporanei, sono discriminanti decisive nella valutazione della qualità topologica, biotica e antropica locale. Nel territorio provinciale, ad una prima verifica, l’acqua pare non costituire un fattore limitante, se non per eventi eccezionali, inoltre la possibilità di fruizione, per gli usi attuali e per i prevedibili modelli di sviluppo, sembra essere assicurata. Le disponibilità sono, in genere, sempre al disopra delle richieste, spesso sono abbondanti, comunque sufficienti. In realtà anche nel nostro territorio l’acqua può essere causa di condizionamenti diretti, economici e sociali, ai comportamenti antropici, in relazione alla sua disponibilità, sia a livello quantitativo, sia qualitativo. Una valutazione preliminare porta a riscontrare come il trevigiano sia un importatore d’acqua, da Belluno attraverso il Piave, dal Trentino, Belluno e Vicenza con il Brenta, dal Friuli con il Livenza. Relativamente pochi sono i corsi d’acqua tributari esclusivi del territorio provinciale e il cui corso si localizza unicamente nel relativo territorio7. Si tratta di torrenti e fiumi, componenti di bacini idrografici maggiori, che successivamente esportano acqua alle province contermini di Padova e Venezia. Di tali sistemi, i più importanti sono il Sile, con i suoi tributari di risorgiva di destra e di sinistra, nonché il Muson, il Vallio-Meolo, e altri minori, quali lo Zero e il Lia.8 L’interrelazione territoriale è ancora più evidente per le acque sotterranee, in riferimento al grande serbatoio che si origina nel vasto ambito di ricarica di falda, posizionato nelle pianure poste a valle dei rilievi collinari e montani. La ricarica di tale preziosa riserva è effetto preminente delle dispersioni sotterranee da parte dei grandi corsi d’acqua, con bacini idrografici estesi, i cui flussi dovrebbero riuscire, contemporaneamente, a garantire una qualche portata d’acqua superficiale. 7 Tra i più rilevanti si citano: Bigonzo, Curogna, Dosson, Giavera, Lastego, Melma, Monticano, Musestre, Negrisia, Nerbon, Soligo, Storga. 8 I bacini idrografici ricadenti in Provincia di Treviso sono i seguenti: Livenza, Brian, Piave, Sile, Laguna, Brenta. Nessuno è situato esclusivamente in ambito provinciale.

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L’acqua in provincia di Treviso ha, quindi, origini diversificate, classificabili anche in riferimento agli usi che da essa vengono supportati. Tali usi sono strettamente connessi all’essenzialità della risorsa stessa e schematicamente possono essere così classificati, in riferimento alla fonte di approvvigionamento: • potabile – superficiali, sotterranee, meteoriche; • agricolo – superficiali, sotterranee, meteoriche; • energetico – superficiali; • industriale – superficiali, sotterranee; • ludico - superficiali; • naturalistico, o non uso - superficiali, sotteranee. L’acqua potabile in uso proviene in modo preponderante da pozzi, che attingono in falda, situati nel territorio provinciale. L’approvvigionamento attuale avviene anche da pozzi e sorgenti situati fuori provincia, per la massima parte nel bellunese. Per altro, alcuni pozzi del trevigiano sono a servizio di altre comunità, specialmente del veneziano. Ciò che va rimarcato è come nella fascia di ricarica più ampia, posta tra il Piave e il Brenta, la più vasta del Veneto, che interessa in modo preponderante la nostra provincia, avvenga l’alimentazione di gran parte delle falde poi utilizzate a valle, per usi acquedottistici e per usi produttivi idropotabili. L’uso colturale irriguo è strettamente pertinente al quadro agricolo, che presenta alcune specifiche caratteristiche, di eseguito riportate. Le acque superficiali rappresentano la fonte quasi esclusiva per gli usi irrigui. L’apporto dell’acqua di falda agli impieghi agricoli appare limitato e del tutto settoriale, localizzato nella bassa pianura e diretto a utilizzi particolari, anche se di significativo interesse colturale, come ad esempio nella forzatura dei radicchi invernali tipici, di Treviso e Castelfranco. La riserva d’acqua superficiale principale è costituita dal Piave, che con il proprio ampio bacino alimenta direttamente oppure indirettamente, attraverso il sistema degli impianti di produzione idroelettrica, le opere di distribuzione dei tre più estesi Consorzi di Bonifica della provincia, il Pedemontano Brentella di Pederobba, il Pedemontano Sinistra Piave e il Destra Piave. Assume importanza minore, sia pur sempre significativa, il Brenta, con la distribuzione del Consorzio Sinistra Medio Brenta, in pianura a Sud-Ovest. I fiumi minori, Muson, Soligo e Monticano, non offrono contributi significativi, anche per la limitata potenzialità, dovuta alla ridotta ampiezza del bacino idrografico. Dal Meschio viene derivata una considerevole portata irrigua, a favore del Consorzio Sinistra Piave, va rilevato, per altro, che si tratta comunque di acqua proveniente sempre dal bacino del Piave, derivata attraverso il Lago di Santa Croce e successivamente nel sistema idroelettrico della valle Lapisina. Quanto al Livenza, che scorre marginalmente nella nostra provincia, non riveste, dal punto di vista dell’approvvigionamento irriguo, importanza significativa. Va in ogni caso considerato l’approvvigionamento diretto, tramite prelievo con pompe mobili, dai corsi contigui agli appezzamenti, che risulta pratica diffusa, specialmente in bassa pianura. Si può rilevare, in sintesi, come in alta pianura occidentale, a Nord della linea delle risorgive, l’acqua presente sul territorio derivi praticamente dai bacini del Piave e del Brenta. Va evidenziato, inoltre, che parte dell’acqua derivata confluisce e alimenta direttamente il Sile, parte, come detto, rimpingua la falda e origina le risorgive che lo formano.

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In sinistra Piave la fonte rimane il Piave, che alimenta il sistema Meschio-Livenza, garantendo l’acqua superficiale a Sud di Conegliano. La rete di adduzione irrigua in destra Piave è derivata dall’antica derivazione della “Brentella”, ad uso prevalentemente domestico e zootecnico9, in località Molinetto di Pederobba. In sinistra Piave l’irrigazione generalizzata (esistevano piccoli consorzi locali di limitata ampiezza, come del resto in val Cavasia e tra gli Asolani) risale al primo dopoguerra. Attualmente il territorio trevigiano è irrigato, in sintesi, con il metodo per scorrimento superficiale e con il metodo per aspersione, come evidenziato in cartografia. La messa a coltura e la diffusione dell’irrigazione hanno creato la fitta rete di canali che hanno vitalizzato l’alta pianura, altrimenti arida e infeconda. Altra funzione sostanziale dei consorzi di bonifica è il governo dell’acqua in eccesso, attraverso la bonifica idraulica della bassa pianura, evitando l’impaludamento e permettendo la coltivazione dei terreni idromorfi. Tutto ciò ha permesso in provincia l’affermazione di coltivazioni pregiate, qualitativamente e quantitativamente.

9 Dopo le primissime derivazioni del Nasson a favore della villa di Trevignano nel 1310, e le ricorrenti richieste alla Serenissima per trarre acqua dal Piave, perché “li poveri crepano da dexasio et non hanno aqua per il bever loro”, da metà del tredicesimo secolo l’acqua del Piave disseta le campagne trevigiane (da A. Serena – Il Canale della Brentella – 1929).

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3 LE CRITICITÀ La criticità ambientale può essere definita come uno stato di malessere, di instabilità e squilibrio, di pericolo per specifiche risorse. Risulta correlata al degrado, alle pressioni, alla sensibilità delle risorse territoriali stesse. Mettendo in relazione la vulnerabilità dell’ambiente con le pressioni in atto, si può definire il livello del rischio di compromissione. 3.1 I FATTORI DI CRITICITÀ AMBIENTALE Nel territorio trevigiano, fortemente antropizzato, si rinvengono svariati fattori di criticità ambientale, di seguito evidenziati. 3.1.1 Perdita di spazio rurale Tra i conflitti d’uso presenti nel territorio rurale, la perdita di spazio destinato alla produzione agricola rappresenta certamente il più rilevante. La terra, intesa quale fattore di produzione, è componente imprescindibile nei cicli colturali; la nozione di azienda agricola “senza terra” si riferisce ad assetti aziendali del tutto particolari, allevamenti completamente separati dai cicli colturali di produzione foraggera (l’esempio più immediato può essere l’allevamento di vitelli a carne bianca, con unico alimento il latte ricostituito), oppure in ambiente confinato (serre da coltura idroponica). In ogni caso, il capitale fondiario non può essere assolutamente assente, e il sorgere di conflitti d’uso risulta sempre possibile. Si è visto, nella tabella 1, come il consumo di superficie agricola abbia segnato, nell’ultimo settantennio, un incremento notevolissimo; di fronte all’occupazione di 15.595 ettari, ciò fino dal momento del primo insediamento umano, l’accelerazione è stata impressionante, e si sono perduti oltre 57.000 ettari. Cause principali di tale trasformazione d’uso si possono identificare nel progressivo aumento delle porzioni edificate e nello sviluppo delle reti infrastrutturali. Il trend evolutivo ha segnato un deciso e apparentemente inarrestabile incremento negli anni ottanta del secolo scorso; gli effetti sull’assetto territoriale si possono valutare, visivamente, alle tavole dell’urbanizzato diacronica e dell’edificato diacronica, che raffigurano l’evoluzione negli ultimi anni. Effetto immediato di tali fenomeni è l’aumento del grado di saturazione territoriale. Le attività produttive, l’edificato residenziale, le infrastrutture hanno progressivamente occupato del suolo in massima parte ad uso agricolo. Come recentemente evidenziato, “i problemi connessi alla saturazione del territorio non risultano determinati tanto da una crescita eccessiva della popolazione - che nel giro di cinquant’anni (1951-2001) è aumentata di circa mezzo milione di persone (circa il 15%) – quanto dalla straordinaria intensificazione nel consumo di spazio pro capite indotta da un lato dalla crescita dell'apparato produttivo industriale e terziario, dall’altro dal miglioramento degli standard di vita…Si calcola che per il Veneto, se negli anni del dopoguerra si avevano tre persone per stanza, oggi si hanno tre stanze per persona.”10 La tendenza emergente, sempre per lo stesso autore, è stata quella della “Dispersione residenziale”, e la campagna appare “tarmata” dagli insediamenti residenziali e produttivi.

10 B. Anastasia – Nordest: Dal successo alla ricerca di nuove mete collettive. In “Il grigio oltre le siepi” - Nuova Dimensione, 2005.

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Gli effetti esiziali di tale “involuzione” sono evidenti a chiunque viaggi nel territorio di pianura del Veneto centrale e, specificamente, nel trevigiano. La perdita del tradizionale paesaggio di campagna (curato a fini essenzialmente colturali dagli agricoltori) ne è l’effetto più evidente. Ma ne derivano anche altre conseguenze negative: le difficoltà nel reperimento di spazi dedicati alle colture e agli allevamenti, i ricorrenti conflitti d’uso, gli ostacoli ripetuti nella localizzazione delle reti infrastrutturali. 3.1.1.1 La quantificazione La progressiva perdita di spazio agricolo, forestale e a valenza paesaggistico-naturalistica, va considerata quale causa preminente di degrado del territorio provinciale e massima fonte di criticità ambientale. Si sono riportati, al punto 2.2, alcuni dati diacronici relativi all’occupazione del territorio. Tale fenomeno, inizialmente lento (dal 1926 al 1961 3.010 ha), si fa imponente con l’affermarsi del modello veneto di sviluppo e con il diffondersi tumultuoso degli insediamenti produttivi e delle infrastrutture (dal 1961 al 1991 44.676 ha). Rispetto al 1929, nell’anno 2000 sono occupati irreversibilmente 57.105 ha11. Appare opportuno, pertanto, onde percepire l’evoluzione intercorsa successivamente a tale data, verificare l’assetto territoriale all’attualità12. A tale scopo si è visualizzata su Carta Tecnica Regionale e su ortofoto, la quantità di superficie occupata da edifici civili e produttivi e per la realizzazione di infrastrutture. Si sono determinate, per comune, le superfici di copertura degli edifici, civili e produttivi, collocati in ambito territoriale E. Si è poi ripetuta l’operazione considerando un’ipotetica area di pertinenza degli edifici stessi, stimando un’ampiezza media di tale area pari a 7 metri (valore ottenuto dalla verifica su cinque comuni campione, distribuiti nei vari ambiti territoriali, e su 100 edifici situati in zona agricola). Si sono successivamente verificate le superfici occupate dalle infrastrutture (autostrade, strade statali, provinciali e comunali, linee ferroviarie), dall’attività estrattiva di materiali (cave attive e dismesse) e dalle discariche. In tal modo, si sono stimate per singolo comune le superfici agricole ancora disponibili. Il prospetto di riferimento definito è strutturato su tali voci:

- A - Superficie totale territorio comunale; - B - Superficie urbanizzata territorio comunale; - C - Superficie in ZTO E; - D - Totale edificato in zona E al 2003; - E - Totale pertinenza edificato in zona E al 2003; - F - Totale infrastrutture; - G - Aree depresse; - H - Superficie Agricola utile disponibile.

Di seguito si espongono i risultati ottenuti.

11 Dati ISTAT elaborati. 12 I censimenti agricoli hanno cadenza decennale e il prossimo si terrà nel 2010.

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Edificato in aree agricole Le elaborazioni prodotte hanno quale base di riferimento i dati e la rappresentazione grafica dell’edificato al 1995 dell’intero territorio provinciale (CTR). L’edificato si presenta suddiviso per tipologia (edifici ad uso civile, ad uso produttivo, edifici scolastici, ospedalieri, religiosi). Con riferimento alle ortofoto dell’anno 2003, si è aggiornato l’assetto dell’edificato, civile e produttivo. Edificato civile: Valore totale 14.312.836 m2, con una media comunale di 150.661 m2. Superficie massima: Vedelago, 443.718 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 6.932 m2. 0 Edificato produttivo: Valore totale 9.204.357 m2, con una media comunale di 98.887 m2. Superficie massima: Vedelago, 369.876 m2. Superficie minima: Revine Lago, 300 m2. Totale edificato in zona E: Valore totale 23.864.433 m2, con una media comunale di 251.204 m2. Superficie massima: Vedelago, 813.595 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 23.126 m2. Pertinenze civili: Valore totale 40.598.412 m2, con una media comunale di 427.351 m2. Superficie massima: Vedelago, 1.251.445 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 20.818 m2. Pertinenze produttive: Valore totale 10.041.823 m2, con una media comunale di 105.703 m2. Superficie massima: Vedelago, 425.192 m2. Superficie minima: Revine Lago, 697m2. Totale pertinenze in zona E: Valore totale 50.716.100 m2, con una media comunale di 533.853 m2. Superficie massima: Vedelago, 1.676.636 m2. Superficie minima: Revine Lago, 31.939 m2. Infrastrutture in aree agricole Le elaborazioni prodotte hanno come base di riferimento i dati e la rappresentazione grafica del Catasto Strade13, che comprende le infrastrutture viarie e ferroviarie del territorio provinciale. Le infrastrutture viarie sono state suddivise per tipologia di sede stradale, ovvero facendo riferimento a: 13 Ufficio SITI, Provincia di Treviso

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- Autostrade; - Strade statali; - Strade provinciali; - Strade comunali; - Ferrovie.

Ogni elemento è rappresentano graficamente e viene riportata la lunghezza e la larghezza di ciascun tratto viario. Autostrade: Superficie coperta 2.488.771 m2, con una media comunale di 32.694 m2, su 18 comuni. Superficie massima: Vittorio Veneto, 633.312 m2. Superficie minima: Casier, 3.997 m2. Strade Statali Superficie coperta 2.374.241 m2, con una media comunale di 67.834 m2, su 35 comuni. Superficie massima: Treviso, 408.548 m2. Superficie minima: Paese, 11.734 m2. Strade Provinciali Superficie coperta 9.313.164 m2, con una media comunale di 98.033 m2, sui 95 comuni della Provincia. Superficie massima: Borso del Grappa, 398.833 m2. Superficie minima: San Fior, 9.495 m2. Strade Comunali Superficie coperta 40.618.264 m2, con una media comunale di 427.560 m2, sui 95 comuni della Provincia. Superficie massima: Treviso, 2.077.991 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 66.302 m2. Ferrovie Superficie coperta 1.883.246 m2, con una media comunale di 49.559 m2, su 38 comuni. Superficie massima: Castelfranco Veneto, 240.079 m2. Superficie minima: Silea, 2.538 m2. Totale infrastrutture Superficie coperta 55.546.704 m2, con una media comunale di 584.702 m2, sui 95 comuni della Provincia. Superficie massima: Treviso, 2.785.577 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 95.089 m2. Attività estrattiva e discariche. Le elaborazioni prodotte hanno come base di riferimento i dati e la rappresentazione grafica delle discariche e degli ambiti di escavazione presenti nel territorio provinciale14.

14 Dati Ufficio SITI, Provincia di Treviso

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Per quanto riguarda gli ambiti di escavazione, essi sono stati suddivisi in base al loro stato attuale, ovvero sono stati classificati in cave attive e cave estinte, considerate, naturalmente, solo nei casi di loro presenza in aree agricole. Cave attive Superficie coperta 12.129.964 m2, con una media comunale di 379.061 m2, su 32 comuni. Superficie massima: Vedelago, 1.985.501 m2. Superficie minima: Borso del Grappa, 10.086 m2. Cave estinte Superficie coperta 8.020.421 m2, con una media comunale di 195.620 m2, su 41 comuni. Superficie massima: Vedelago, 1.366.974 m2. Superficie minima: Asolo, 3.736 m2. Discariche Superficie coperta 1.081.806 m2, con una media comunale di 67.612 m2, su 16 comuni. Superficie massima: Roncade, 276.577 m2. Superficie minima: Villorba, 10.436 m2. Superficie agricola utile disponibile. La superficie delle ZTO E, al netto delle porzioni occupate dall’edificato, dalle pertinenze, dalle reti infrastrutturali e da cave e discariche, si configura quale porzione degli agroecosistemi utilizzabile per le attività agricole e forestali. Superficie disponibile 1.996.292.647 m2, con una media comunale di 21.013.607 m2. Superficie massima: Vittorio Veneto, 69.160.490 m2. Superficie minima: Portobuffolè, 3.886.568 m2. Non sussistendo omogeneità nella determinazione e localizzazione delle ZTO E tra gli strumenti urbanistici comunali, che comprendono spesso anche ZTO a valenza naturalistica, ambientale e paesaggistica, è possibile confrontare il dato ottenuto unicamente con le relative SAU (Superficie Agricola Utilizzata - Censimento agricolo dell’anno 2000), e con la superficie boscata (Carta forestale provinciale - anno 1995). 3.1.2 Semplificazione paesistica La semplificazione e l’impoverimento ambientale del territorio rurale hanno cause sicuramente differenziate, ma riconducibili, in massima parte, ai mutamenti che il settore primario ha subito. Le principali ragioni sono: • la meccanizzazione delle operazioni colturali e la disponibilità ampia di sostanze di sintesi

(concimi, antiparassitari e diserbanti), che hanno provocato l’abbandono delle sistemazioni idraulico-agrarie tradizionali;

• la specializzazione culturale (e l’identificazione di distretti produttivi omogenei); l’abbandono delle aree marginali e difficili e il conseguente ampliamento delle zone boscate;

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Si possono, peraltro, identificare anche cause concorrenti extra rurali, tra cui: • l’occupazione e la frammentazione del territorio, a motivo dell’espansione urbana, • la diffusione dell’edificato residenziale in zona rurale, • l’estensione delle reti infrastrutturali. Il tessuto colturale dell’agricoltura tradizionale rispecchiava la complessità dell’azienda agricola, che produceva in gran parte per autoconsumo e sostentamento interno. Tale complessità ambientale era dovuta alla necessaria presenza di coltivazioni diverse, seminativi, foraggiere, vite, fruttiferi, orticole e di vari allevamenti, bovini da latte e da lavoro, suini, qualche ovino, bassa corte e, presenza indispensabile, siepi o aree boscate, riserva di legname da opera e combustibile. Ne derivavano combinazioni spaziali e colturali miste, che generavano paesaggi mutevoli, in cui le specie erbacee erano sempre accostate alle specie arboree. Si costituivano così agroecosistemi eterogenei e complessi, dotati di maggior capacità omeostatica. 3.1.3 Fragilità delle falde L’uso intensivo del suolo agricolo, con elevati livelli di input energetici, crea impatti alle acque sotterranee, quali inquinamento delle falde causato dai fertilizzanti e diserbanti, specie in aree di fragilità idrogeologica con sovra smaltimento di liquami zootecnici. Il trevigiano si distingue per la presenza di estese aree a vulnerabilità significativa, come evidenziato nel paragrafo relativo al Piano di Tutela delle Acque. L’adozione della Direttiva Nitrati e del Codice di Buona Pratica Agricola appaiono strumenti indispensabili per normare la distribuzione dei liquami, in riferimento anche alla localizzazione degli allevamenti che li producono. Particolare attenzione deve essere rivolta al citato fenomeno dei sovrasmaltimenti, derivanti dall’utilizzo dei terreni più vicini e in proprietà. Va evidenziato, peraltro che il livello di criticità è diminuito negli ultimi anni, a seguito del ridimensionamento del comparto. Il Piano di Tutela delle Acque Il Piano di Tutela delle Acque diviene lo strumento operativo all’interno del territorio agricolo per recepire le indicazioni della Direttiva Nitrati e del D.lgs n. 152/99. La direttiva 91/676/CEE (Direttiva Nitrati) ha l’obiettivo di ridurre l’inquinamento delle acque provocato da nitrati derivanti da fonti agricole, in special modo nelle zone classificate vulnerabili. In queste aree, individuate sulla base delle caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi, della capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell’inquinante, delle condizioni climatiche e idrologiche, del tipo di ordinamento colturale e delle pratiche agronomiche adottate, lo scarico diretto o indiretto dei composti azotati avviene in acque già inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi; esse richiedono pertanto di essere tutelate in quanto costituiscono un serbatoio idrico che fornisce acqua potabile alla restante pianura veneta e consente l’irrigazione di territori molto vasti. Inoltre, ai sensi del D.Lgs 152/99, sono state definite le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari, all’interno delle quali l’utilizzo di antiparassitari e diserbanti, anche se autorizzati, pone in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti (PTA – Proposte di Piano – dicembre 2004).

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Il Piano Direttore 2000 Il Piano Direttore 2000, individua le strategie di intervento più opportune e convenienti per conseguire gli obiettivi di qualità delle acque nel territorio la cui rete idrica superficiale si riversa nella laguna di Venezia. Si sono evidenziati nel bacino notevoli carichi inquinanti prodotti dal comparto agricolo e zootecnico, stimati a più del 50% del carico totale sversante in laguna e dovuti a: • ordinamenti colturali caratterizzati da eccessi d’uso di fertilizzanti e antiparassitari; • scarsa diffusione delle pratiche di coltivazione ecocompatibili; • ridotto impiego di tecniche irrigue efficienti ed a basso impatto; • carenze strutturali degli insediamenti zootecnici nella gestione dei liquami e scarsa

razionalizzazione del riutilizzo in agricoltura; • scarsa diffusione delle pratiche di fitodepurazione e di rinaturalizzazione dei corsi d’acqua. Le problematiche di origine agricola riguardanti la fragilità delle falde acquifere sono quindi riconducibili, in sintesi, agli aspetti che seguono: • inquinamento da fertilizzanti • inquinamento da diserbanti e pesticidi • percolazione di reflui zootecnici Altra fonte di criticità è il consumo di risorsa acqua da falda a scopi irrigui. Il prelievo appare ridotto per il Consorzio Brentella di Pederobba (0,10 m3/sec.), più significativo per il Consorzio Pedemontano Brenta e per il Sinistra Medio Brenta, (rispettivamente 15 m3/sec. e 3 m3/sec.). Si tratta comunque di emunzioni limitate e che interessano, nei casi più rilevanti, soltanto marginalmente il territorio trevigiano. 3.1.4 Abbandono colturale Si può considerare un fenomeno specifico degli ambiti collinari e montani, causato dall’allontanamento degli operatori a causa della marginalità economica e dell’isolamento fisico e sociale. Qui l’evoluzione territoriale ha portato all’occupazione extragricola dei fondovalle (si vedano le situazioni del Solighese, della bassa Val Lapisina, dell’alta Valcavasia) con effetti paragonabili ai dissesti evidenziati per la pianura. Contemporaneamente si è verificato l’abbandono degli insediamenti disagiati e posti alle quote più elevate. L’abbandono residenziale ha coinciso qui con l’interruzione delle pratiche colturali, a causa delle difficoltà di collegamento e di comunicazione, della marginalità dei siti e dell’esiguità delle risorse agricole. Il segno evidente della mutazione è dato dall’incremento delle aree a bosco, affermatosi rapidamente al posto dei coltivi collinari. Effetto immediato è una netta diminuzione del livello di governo ambientale, con incremento dei fenomeni di dissesto idrogeologico. L’attività agricola, in questo contesto, va vista a garanzia della funzionalità e qualità dell’ambiente. Tale ruolo non è stato finora mai riconosciuto dalla collettività in modo univoco ed efficacemente retribuito, quindi si è determinato il passaggio degli addetti ad altri settori produttivi. La componente visuale, in tale contesto, ne viene compromessa. Soprattutto negli ambiti collinari, la copertura boschiva ininterrotta riduce la percezione della conformazione morfologica, mancano

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la variabilità vegetazionale e colturale, la presenza diffusa degli effetti di margine, si attenua la ricchezza coloristica e formale. 3.1.5 Invecchiamento della popolazione L’invecchiamento della popolazione attiva, evidenziato nelle dinamiche del settore agricolo, è un elemento critico di rango sensibile. È collegato in modo diretto alla diminuzione del grado di imprenditorialità del settore, in connessione al livello culturale, tecnico ed economico degli addetti. L’agricoltura attuale, sempre più avviata sulla via della specializzazione e connotata da elevati input energetici, presuppone significative capacità gestionali e conoscenze scientifiche appropriate, non sempre riscontrabili nell’attuale fascia d’età media degli addetti (59 anni per i maschi e 61 per le femmine). L’evoluzione stessa del ruolo tradizionale dell’agricoltore, che dovrebbe trasformarsi da produttore di alimenti a gestore degli equilibri e delle funzionalità ambientali, appare difficoltosa a causa della scarsa diponibilità di forze imprenditoriali giovani e capaci, potendo innescare fenomeni di mancato governo delle risorse territoriali, in modo particolare nelle aree più difficili e fragili. 3.1.6 Edificazione negli ambiti rurali e presenza di destinazioni d’uso conflittuali. Oltre alla presenza di destinazioni d’uso conflittuali, con diffusione di edifici residenziali non agricoli, anche l’edificazione prettamente rurale è caratterizzata dall’assunzione acritica di modelli edificatori impropri imposti dal mercato edilizio e da logiche speculative, quali la villetta o il piccolo edificio condominale, ripetuti con poche varianti tematiche. È altrettanto evidente la non proponibilità dei modelli del passato, tuttavia, non si sono finora affermati schemi tipologici e architettonici compatibili nella forma e nei materiali con il ruolo paesistico degli spazi rurali. La disponibilità di annessi rustici non più funzionali al fondo per i quali si chiede la variazione di destinazione d’uso, appare effetto diretto dell’abbandono colturale. Può assumere effetti critici nel caso di ampia disponibilità, facilitando l’insediamento di residenzialità non agricola. Tra gli effetti negativi si ricorda la conflittualità tra i nuovi residenti extra agricoli e le attività produttive agricole (odori, rumori, polveri, prodotti fitosanitari, ecc.). Nel caso di residenze temporanee, soprattutto in area collinare e montana, oltre alla perdita di spazio a pregio naturalistico e all’impatto paesaggistico, è la stessa presenza che crea disturbo. È noto come il “cittadino in campagna” non sopporti completamente le attività agricole (possibili emissioni, tempi e modalità di esecuzione). Lo sfalcio urgente di un prato, in previsione di assetti meteorologici favorevoli alla fienagione, può certamente interferire col riposo mattutino domenicale, ma deve avere preminenza. L’innescarsi di conflitti appare in tal caso inevitabile. Altra conflittualità rilevante deriva dalle opere infrastrutturali mancanti di contestualizzazione e che, in genere, costituiscono barriere visuali, faunistiche e d ecosistemiche. 3.1.7 Uso delle risorse irrigue Come riportato precedentemente, la fonte di approvvigionamento irriguo è riferibile, nel trevigiano, in maniera preponderante alle acque superficiali, che vengono distribuite da Consorzi di Bonifica con modalità differenziate. L’acqua superficiale rappresenta il principale serbatoio di captazione per gli usi irrigui. La sua importanza si è fatta evidente a seguito dell’impoverimento quantitativo e qualitativo, che costringe a considerare attentamente gli usi concorrenti.

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Si sta manifestando progressivamente la rarefazione di tale risorsa, a seguito dell’accrescimento della domanda, per ogni uso. Non si può fondatamente ritenere che la fonte primaria, le acque di origine meteorica, si stia rarefacendo, sono piuttosto aumentate le richieste e l’utilizzo. Quando si sono evidenziate, nella società post industriale, le istanze ambientali, ci si è resi conto che contemporaneamente non era possibile trattenere l’acqua negli invasi per la produzione energetica, regimarla per evitare eventi calamitosi di piena, derivarla per uso irriguo e per il ripascimento della rete idraulica di pianura, utilizzarla per la pesca “sportiva” e per gli usi ludici, impiegarla per usi potabili, infine averla disponibile quale fattore paesaggistico e di miglioramento e tutela naturalistica. Tutto questo senza considerare l’aspetto qualitativo, legato alla necessità di disporre di acqua pulita e capace di supportare le biocenosi fluviali. D’altra parte, la diffusa antropizzazione e l’elevato grado di condizionamento utilitaristico della nostra rete idraulica (arginature, rettifiche d’alveo, derivazioni, scarichi civili e industriali) la rendono largamente artificiale ed equiparabile piuttosto ad una struttura meccanicistica che ad un complesso di biotopi significativi. L’acqua sotterranea rappresenta una riserva essenziale per l’approvvigionamento potabile, sia in area collinare e montana (sorgenti), sia in pianura (falde). Le disponibilità di acqua sorgiva non sono mai molto cospicue, tranne che in ambiti del tutto localizzati. Tale risorsa è praticamente ininfluente nei riguardi dell’attività agricola. Significativamente più elevato è il prelievo da falda. La portata sottratta a scopi irrigui è, nel trevigiano, complessivamente marginale. Molto più consistenti e non finalizzati all’uso irriguo, sono i prelievi da pozzi artesiani a bocca libera, usuali a sud della linea delle risorgive, che prelevano acqua dotata di buone caratteristiche qualitative e la disperdono. Ciò rappresenta un fattore di criticità e, come tale, va rimosso. Gli effetti di tali emunzioni si sono fatti visibili, con l’abbassamento del livello di falda, la necessità di approfondire i pozzi e la tendenza a captazioni nell’area dell’alta pianura, cioè proprio dove si originano le portate. L’alimentazione delle falde sotterranee, in base a dati assodati, avviene, oltre che per apporti meteorici (circa un quarto del totale), per dispersione dagli alvei fluviali, nonché per infiltrazione profonda nel caso di irrigazione a scorrimento superficiale, con apporti che più o meno si equivalgono. L’irrigazione per scorrimento superficiale, in termini di potenzialità di ricarica, vale circa il doppio dell’irrigazione per aspersione. La modernizzazione dei sistemi irrigui può quindi risultare causa diretta di impoverimento delle falde. Va tenuto presente, inoltre, che il livello di falda è direttamente correlato alla portata delle risorgive poste all’unghia della fascia di ricarica, che originano il sistema dei fiumi planiziali della pianura trevigiana, tra cui spicca il Sile, senz’altro il più significativo tra i fiumi di risorgiva d’Europa. La linea dei “fontanazzi” che individua i punti di affioramento, costituisce una sequenza di siti ad altissimo valore ambientale e paesaggistico. La presenza d’acqua a temperatura costante favorisce ecosistemi di zona umida specifici, che si avvantaggiano del microclima stabile, ad elevata biodiversità, fortemente caratterizzati e diversificati rispetto ai sistemi circostanti. Ogni diminuzione di portata va a ripercuotersi sulla funzionalità ecologica di tali ambienti. Le criticità negli usi irrigui Per gran parte delle proprie portate, l’irrigazione trevigiana utilizza l’acqua del Piave. I punti di derivazione di tali flussi sono essenzialmente tre. Il primo è costituito dalla traversa Fener-Segusino, da cui il Consorzio Bretella deriva una portata assentita di 34,30 m3/sec (con punte di circa 36 m3/secondo). Il secondo è costituito dalla traversa di Nervesa, da cui il Consorzio Destra Piave deriva circa 29,50 m3/secondo.

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Il terzo è costituito dal sistema Santa Croce-Meschio, con primaria funzione energetica; dal Meschio il Consorzio Sinistra Piave deriva 17,37 m3/secondo. Il sistema è complesso e in forte sinergia con le opere idroelettriche, riceve acqua dal Piave attraverso gli scarichi della centrale di Soverzene che confluiscono nel lago di Santa Croce e di qui passano al lago Morto e al lago del Restello. In appendice 3 si riportano i dati significativi relativi ai Consorzi operanti nel trevigianol Altri prelievi, del tutto localizzati, si configurano minimi e quasi irrilevanti (da pozzi privati, da derivazioni di soccorso con pompe, da piccoli corsi d’acqua locali). Principale criticità negli usi irrigui è la disponibilità d’acqua. Le derivazioni e l’uso idroelettrico, indispensabili per le funzioni produttive e per la disponibilità di energia, rendono sempre meno sostenibile il sistema fluviale plavense. Gli altri usi concorrenti, potabile, ludico, naturalistico, ne vengono gravemente condizionati; si deve inoltre considerare il valore di trasformazione dell’acqua irrigua. Le produzioni vegetali irrigue continuano a perdere valore economico, in riferimento ad utilizzi diversificati della risorsa. Inoltre risulta sempre più difficile, socialmente, rendere accettabile la mancanza completa d’acqua in alveo durante l’estate. Il sistema irriguo trevigiano è localizzato, per la massima parte, nell’alta pianura e insiste su suoli molto permeabili. Le pratiche irrigue sono qui oramai connaturate al territorio. La disponibilità di acqua risale a qualche centinaio di anni. Inizialmente l’uso principale era quello potabile (uomini, animali domestici) ed energetico (mulini, magli, folli), l’uso irriguo era marginale e non istituzionalizzato. L’acqua irrigua appare oggi un fattore di produzione “scontato” e sempre disponibile. Anche se sottoposta ad un canone d’uso, non ne viene spesso avvertito il ruolo di risorsa indispensabile, il prezzo pagato non rappresenta certamente un fattore limitante nell’attività imprenditoriale locale15. La riduzione dei flussi idrici superficiali, che si è già evidenziata con la trasformazione del metodo irriguo e l’affermazione della rete di distribuzione a pressione, genera semplificazione del paesaggio (interramento dei fossi, eliminazione delle siepi riparie), riduzione della biodiversità e difficoltà nella costituzione di efficienti reti ecologiche. I Prelievi Elemento critico nella gestione delle risorse irrigue è costituito dai prelievi assentiti da parte dei Consorzi di Bonifica. Per i Consorzi che operano nel trevigiano i prelievi sono i seguenti Prelievi assentiti

Basso Piave 38,36 m3/sec Dese Sile 4,00 m3/sec. Destra Piave 29,50 m3/sec. Pedemontano Brentella di Perderobba 34,30 m3/sec. Pedemontano Brenta 52,00 m3/sec. Pedemontano Sinistra Piave 17,37 m3/sec. Pianura Veneta tra Livenza e Tagliamento 15,10 m3/sec. Sinistra Medio Brenta 10,00 m3/sec.

15 Il costo medio ad ettaro, nel trevigiano, va dai 24 ai 200 euro, come si può verificare nel quadro riassuntivo della caratteristiche dei Consorzi di Bonifica in appendice 3. In altri contesti regionali il costo può superare i 260 euro ad ettaro.

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Prelievi assentiti da acque superficiali

Basso Piave 38,38 m3/sec. Dese Sile 4,00 m3/sec. Destra Piave 29,50 m3/sec. Pedemontano Brentella di Perderobba 34,20 m3/sec. Pedemontano Brenta 37,00 m3/sec. Pedemontano Sinistra Piave 17,37 m3/sec. Pianura Veneta tra Livenza e Tagliamento 15,10 m3/sec. Sinistra Medio Brenta 7,00 m3/sec.

Prelievi assentiti da acque sotterranee

Basso Piave 0,00 m3/sec. Dese Sile 0,00 m3/sec. Destra Piave 0,00 m3/sec. Pedemontano Brentella di Perderobba 0,10 m3/sec. Pedemontano Brenta 15,00 m3/sec. Pedemontano Sinistra Piave 0,00 m3/sec. Pianura Veneta tra Livenza e Tagliamento 0,00 m3/sec. Sinistra Medio Brenta 3,00 m3/sec.

Nel caso dei Consorzi più estesi nel territorio trevigiano, si può osservare come i prelievi di Destra Piave, Pedemontano Sinistra Piave e Brentella di Pederobba assommino a 81,17 m3/sec. (di cui soltanto 0,10 m3/sec da falda). Il conflitto tra usi irrigui e usi concorrenti (potabile, ludico, naturalistico), appare qui in tutta la propria evidenza. Fonte di criticità potrebbe apparire, inoltre, la stagionalità dei prelievi irrigui. Va ricordato, a tale proposito, come la presenza di numerosi impianti di produzione energetica, posti lungo la rete di adduzione irrigua (n. 6 per il sistema Lago di Santa Croce – Piave – Livenza e n. 7 per il bacino del Piave) imponga la fornitura di adeguati corpi d’acqua durante tutto l’anno, riducendo di fatto la stagionalità. La qualità delle acque Per quanto riguarda la qualità delle acque sotterranee, più che per l’utilizzo irriguo è nella gestione delle risorse idropotabili che l’aspetto qualitativo assume un ruolo primario. Trattandosi della fonte principale di approvvigionamento, la tutela dalle contaminazioni dovrebbe essere assoluta. Nella realtà la falda è stata spesso oggetto di inquinamento da parte di reflui, industriali, civili e agricoli. In considerazione del lentissimo ricambio che può avere l’acquifero indifferenziato, si evidenzia come la fragilità sia elevatissima, come la necessità di salvaguardia. Di ciò si è trattato al punto 3.1.3. Lo stato delle acque superficiali appare alquanto diversificato, con tratti della rete idrica in discrete condizioni qualitative e situazioni di degrado significativo. Lo stato ecologico dei corsi d’acqua trevigiani SECA (Incrocio tra valori LIM - inquinamento da macrodescrittori, e IBE – Indice biologico esteso) e lo stato ambientale (SECA e macroinquinanti) appaiono stazionari rispetto agli scorsi anni. Come riportato nel Rapporto sullo stato dell’ambiente

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della provincia di Treviso 2004, la situazione non può essere considerata positiva per la presenza di valori medi e l’assenza di valori buoni. In ogni caso si tratta di valori non influenti sui livelli minimi qualitativi previsti per le acque irrigue. 3.1.8 Cave L’apertura di cave, soprattutto in pianura, con perdita diretta di territorio ed effetti indotti legati alla necessità di nuova viabilità e alla rottura del tessuto colturale ed organizzativo preesistente, connota la campagna trevigiana, specie nella fascia dell’alta pianura trevigiana in Destra Piave. Le criticità principali sono riferibili alla perdita di territorio agricolo (vd 3.1.1.1) e alla frammentazione degli agroecosistemi. 3.1.9 Abbandono di fabbricati rurali e presenza di disordine edilizio Un aspetto evidente di criticità ambientale è dovuto all’abbandono dei vecchi fabbricati rurali. Quasi sempre il loro pregio formale, derivante dalla ripetizione spontanea di modelli tradizionali razionalmente finalizzati all’agricoltura pre industriale, non è stato sufficiente a salvaguardarne l’uso, mediante il restauro conservativo. Assai spesso la proposizione della “villetta periurbana” (anch’essa spesso rispondente a canoni estetici discutibili, qualora non riprovevoli) può apparire, in ambito aziendale agricolo, un elemento di riscatto da una condizione sociale ritenuta inferiore. L’effetto, peraltro, è il complessivo disordine edilizio, aggravato dalla dispersione di tali interventi sul territorio. Tale tendenza porta, oltre che alla perdita di testimonianze storiche, a degrado paesaggistico, accompagnato dalla progressiva presenza di insediamenti non rurali. 3.1.10 Presenza di fabbricati impropri e inutilizzo degli stessi Il territorio rurale denota la presenza, tra gli altri, anche di insediamenti edilizi avulsi dal contesto gestionale agricolo. Sono costituiti da strutture edificate con finalità originariamente ed espressamente diverse dalla residenza. Possono ospitare attività produttive improprie al contesto rurale, in tal caso all’effetto detrattore paesaggistico assommano il disturbo e talvolta l’incompatibilità con gli ambiti colturali circostanti (emissioni). Spesso si rinvengono strutture incomplete oppure in stato di degrado perché abbandonate. L’effetto detrattore è in questo caso principalmente paesistico, qualora non debbano essere sottoposti ad interventi di bonifica per stoccaggi di sostanze e materiali residui. 3.1.11 Insufficiente dotazione di naturalità negli ambiti estensivi specializzati La presenza di interruzioni nel sistema degli ambiti naturalistici (Reti ecologiche, Core areas, Siti Natura 2000) deriva talvolta dall’espansione di colture specializzate, che in aree specifiche (DOC, DOP, IGP, IGT) producono risultati economici anche molto remunerativi. L’assetto monoculturale del territorio, oltre che la diminuzione netta di biodiversità, comporta lo sfruttamento intensivo della risorsa suolo. Si verifica in tal caso l’eliminazione di gran parte degli elementi diversificatori, ritenuti correntemente incompatibili, pur svolgendo funzioni riconosciute di protezione agronomica. La pura ricerca della massima produzione possibile sfiora talvolta il ridicolo e travalica le norme di legge (non è raro vedere arato e seminato a mais, oltre che il ciglio della viabilità secondaria e vicinale anche parte dello stesso sedime).

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Il corretto funzionamento della Rete ecologica può essere compromesso in modo grave da tali tendenze, l’individuazione delle cesure e delle zone denaturalizzate e a scarsa diversificazione appare indispensabile, soprattutto a scala locale (PAT), per assicurare la permanenza e l’efficienza dell’agroecosistema. 3.1.12 Abbandono dei boschi privati Le superfici boscate risentono di un grado di frammentazione fondiaria, per altro crescente con il progredire degli insediamenti residenziali in montagna e collina, che di fatto non consente di approntare idonee cure colturali stante l’elevato costo della manodopera in relazione al prodotto legno ritraibile. Negli ultimi anni si registra un accentuato squilibrio fra entrate e uscite nel bilancio selvicolturale, per un aumento deciso dei costi di gestione e un contestuale contenimento dei prezzi del legname, che non gode di alcuna forma di sostegno. Tale caratteristica strutturale è comune, seppure con gradi diversi di accentuazione, in buona parte del territorio italiano. Per tale ragione si assiste da diversi decenni ad un generale abbandono delle superfici forestali di privati, che non presentano alcuna cura e sono lasciate a se stesse. 3.1.13 Carenza di infrastrutture viarie a servizio boschivo La conformazione morfologica della pedemontana trevigiana comporta una generale difficoltà di gestione delle superfici boschive, accentuata anche dalle difficoltà di accesso alle parcelle forestali. La carenza di infrastrutture viarie espressamente dedicate alle utilizzazioni si ripercuote quindi inevitabilmente sulla remuneratività delle operazioni colturali e, in definitiva, sulla capacità di permanenza del selvicoltore. 3.1.14 Bassi standard qualitativi degli assortimenti forestali La configurazione strutturale del comparto forestale trevigiano vede una netta prevalenza del governo ceduo, che rappresenta poco meno dei 2/3 del totale. Tale tipo di gestione mira principalmente a massimizzare la biomassa in tempi brevi sfruttando le capacità di ricaccio delle latifoglie. Tuttavia gli assortimenti ritraibili sono limitati in qualità, quasi esclusivamente rappresentati da legna da ardere e da altri assortimenti di minore interesse (legname da paleria, pallets, ecc.), contribuendo a rendere poco remunerativo il lavoro in bosco. 3.2 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO AGRICOLO PRODUTTIVO La componente agricola, nelle varie accezioni produttive, appare, in ogni caso, strettamente connessa agli scenari paesaggistici, per la pregnanza degli elementi vegetazionali nella definizione delle componenti visuali ed ecosistemiche del territorio. La contestualizzazione delle produzioni tipiche e l’attività agrituristica, nonché le attività ricreative in campagna necessitano di identità paesaggistica e di integrità ambientale, culturale e sociale, anche se oramai residuale. Appare irrealistico lo sviluppo delle sopraccitate attività, che si possono considerare emergenti nel settore primario, in contesti a scarsa qualità paesistica ed ecologico-naturalistica, in ambiti periurbani, connotati dall’irreversibilità della frammentazione paesistica ed ambientale, in aree connotate dall’incombenza dell’insediato produttivo.

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La qualità paesaggistico-ambientale è quindi strettamente legata al sistema agricolo produttivo, considerato nell’accezione più vasta del termine, quale fornitore di beni e servizi. L’articolazione strutturale della campagna trevigiana presenta elementi di pregio rilevanti, fattori di rischio ambientale e presenza di vulnerabilità. Risulta opportuno riferire le criticità presenti a degli ipotetici ambiti omogenei, contestualizzati all’assetto agricolo-paesaggistico preminente, quali: • a colture estensive • a colture pregiate 3.2.1 Ambiti omogenei a coltivazioni estensive La semplificazione colturale, propria di ampie aree del trevigiano, si può considerare il fattore intrinseco che più ha portato alla compromissione dell’integrità e dell’identità paesaggistica. L’adozione delle pratiche agricole proprie degli ordinamenti a monocoltura e monosuccessione, la conseguente necessità di utilizzare metodi colturali tecnologici e ad alto input energetico (con largo impiego di sostanze di sintesi, concimi inorganici e pesticidi), l’estirpazione dell’arredo arboreo-arbustivo di campagna, vero tesoro paesaggistico della pianura veneta, hanno avuto, in tal senso, un ruolo determinante. La deruralizzazione degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso, non ha portato ad un incremento significativo delle dimensioni aziendali, e il tessuto poderale ha mantenuto le destinazioni colturali precedenti. Si è piuttosto affermato il part-time e, soprattutto, il ricorso al contoterzismo. Significativa, per i risvolti ambientali e paesaggistici, appare tale tendenza. Dal Censimento agricolo 2000 si rileva come 10.689 aziende agricole, su un totale di 44.812, cioè quasi il 24%, dia in affidamento completo a contoterzisti le cure colturali, quindi di fatto la conduzione. Si devono esprimere, a tale proposito, due riflessioni. Innanzitutto sul numero totale di aziende del rilievo ISTAT; i dati Unioncamere riportano attualmente 19.351 operatori iscritti, quindi meno della metà. La superficie interessata dall’affidamento completo veniva rilevata sempre al 2000, in 22.506 ettari, pari al 16,25% del totale di 138.493 ettari. Ne deriva che la tendenza investe, in linea generale, le aziende meno vitali e meno estese. La contemporanea presenza sul territorio di aziende estensive con ordinamenti a seminativo, di affidamento completo al noleggio (che indirizza di fatto alla stessa specializzazione colturale), di part-time rivolto ad “aziende marginali”, ha portato,nel tempo, all’attuale semplificazione paesistica e alla “coltura della monotonia” che predominano in vaste zone di pianura. 3.2.2 Ambiti omogenei a coltivazioni pregiate Si possono distinguere, in tale accezione, due distinte aree territoriali. È necessario fare riferimento, nel contesto, alle colture che per superficie occupata e per importanza economica risultano significative, quali le produzioni viticole a Denominazione di Origine Controllata e le orticole a Indicazione Geografica Protetta. Va notato, preliminarmente, come le produzioni di pregio siano localizzate sia in pianura, sia nell’area collinare. In zona di pianura si possono confermare, per la vite, le considerazioni già esposte riguardo le aziende a monocoltura di seminativi; il maggior tornaconto economico porta quasi inevitabilmente a saturare il territorio di vigneti e la semplificazione del paesaggio si accompagna all’impatto visivo dei sesti di impianto regolari e dei sostegni quasi universalmente minerali.

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Più vario risulta il paesaggio nella zone tipiche per le orticole IGP, che pur diffuse, non giungono mai a saturare i coltivi e svolgono piuttosto un ruolo di diversificazione ambientale. In collina, specialmente nelle aree maggiormente vocate (valdobbiadenese e felettano, soprattutto) gli impianti a vigneto sono diffusi e spesso predominanti. La necessità di esposizioni favorevoli e le difficoltà dovute alla morfologia, impediscono, peraltro, la saturazione del territorio e il vigneto diviene una componente paesaggistica che, pur evidenziando caratteristiche di artificialità (i sostegni spesso non sono in legno) si combina efficacemente nell’opera di diversificazione paesaggistica. La stessa morfologia del suolo, l’assetto insediativo meno diffuso e denso, le dimensioni degli appezzamenti e l’arredo arboreo-arbustivo sono fattori di mitigazione dell’impatto visuale. 3.2.3 Gli insediamenti zootecnici Oggi il sistema insediativo costituisce il principale fattore di criticità dell’assetto funzionale e paesaggistico del territorio di pianura trevigiana. L’articolazione insediativa si configura secondo un modello policentrico ampiamente diffuso, in cui accanto ai centri urbani si sviluppa una residenzialità del tipo “casa sparsa” che sovrapponendosi al primo tipo di urbanizzazione genera una “compenetrazione urbana”, che di fatto altera la fisionomia stessa dei paesi e tende a permeare le residuali aree agricole ancora sufficientemente integre. Tale espansione, comune in tutta la regione, ha condotto nel tempo ad una situazione ibrida e caotica nella gestione delle risorse territoriali ed eroso sensibilmente gli spazi aperti vocati all’agricoltura ed alle attività produttive ivi insediabili. La riduzione di tali spazi pone quindi notevoli problemi di ordine pianificatorio, in relazione alla loro tutela. La strutturazione ad insediamento diffuso descritta precedentemente ha un’immediata ripercussione sulle scelte di programmazione e pianificazione territoriale. L’edificazione sparsa di fatto estende vincoli di varia natura (distanze, zone di rispetto) in modo generalizzato. Ciò influisce direttamente sulla destinazione d’uso del territorio agricolo e pone limitazioni alle attività produttive del settore primario. La localizzazione degli allevamenti La localizzazione degli insediamenti produttivi a carattere zootecnico tiene conto di alcuni vincoli normativi, che disciplinano la distinzione tra quelli in connessione funzionale con il fondo agricolo, definiti come “strutture agricolo-produttive destinate ad allevamento”, e quelli privi di tale connessione funzionale, rubricati come “allevamenti zootecnico-intensivi”. Principale fonte di criticità è il mancato rispetto del criterio di reciprocità che impone pari vincoli localizzativi a insediamenti zootecnici e insediamenti residenziali, definendo distanze: • dai confini di proprietà degli insediamenti zootecnici • tra insediamenti zootecnici e limiti della zona agricola • tra insediamenti zootecnici e residenze civili sparse • tra insediamenti zootecnici e residenze civili concentrate (centri abitati) In particolare non viene sempre rispettata la reciprocità in occasione della realizzazione di nuovi insediamenti residenziali, ivi comprese le aree di espansione edilizia, che dovrebbero rispettare le distanze imposte dalle norme qualora vi siano già in essere uno o più insediamenti zootecnici.

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Vulnerabilità del sistema insediativo Il territorio trevigiano, ed in particolare alcune sue porzioni, è caratterizzato da un’attività zootecnica diffusa, in contesti in cui si collocano aggregazioni residenziali e nuclei urbani di piccole dimensioni, frammentati, diffusi e compenetrati tra loro. Una tale situazione insediativa si dimostra quindi assai vulnerabile nei confronti dell’attività zootecnica, soprattutto in un’ottica di controllo della diffusione di odori molesti, elemento che prima di ogni altro viene in contrasto con le aspettative delle popolazioni residenziali. Tale attività, soprattutto se di tipo specializzato, crea per altro anche ripercussioni indirette per aumento del traffico veicolare da e verso l’insediamento stesso, nonché aumento della rumorosità ambientale, spesso fonte di un abbassamento della qualità della vita percepibile dai cittadini residenti nei pressi dell’allevamento. Interazioni allevamenti-risorse ambientali La presenza sul territorio dell’attività zootecnica, oltre alle problematiche connesse al sistema insediativo, da origine ad altre interazioni con svariate componenti ambientali, tra le altre quella edafica e quella paesaggistica. La componente suolo può subire delle consistenti alterazioni in seguito ad una irrazionale gestione dei reflui animali: nel terreno e nelle acque superficiali e sottosuperficiali possono depositarsi, in concentrazioni elevate, composti indesiderati (metalli pesanti, composti organici, ecc.). Vanno quindi stimati i rilasci potenziali dei composti dispersi mediante lo smaltimento dei reflui zootecnici. Per altro, l’insediamento zootecnico rappresenta un elemento antropico compreso in un contesto più o meno naturale. I fabbricati e le altre strutture fisse funzionali all’attività, se non correttamente progettati ed inseriti, possono creare forme d’impatto sul paesaggio, inteso nella sua accezione più ampia. Le strutture zootecniche sono sempre pensate in funzione della razionalità d’uso interna all’allevamento e mai in rapporto all’armonizzazione con le forme naturali dominanti nelle aree agricole (siepi, filari, ecc.). Questo tipo di alterazione “visiva” è certamente mitigabile ma la percezione complessiva di un dato quadro paesistico viene comunque stabilmente compromessa. Ben più significativa risulta invece l’alterazione indotta negli assetti ecosistemici dell’area prescelta per l’insediamento. In termini energetici, la presenza dell’allevamento genera infatti elevati flussi in entrata (alimenti) ed in uscita (reflui) che non sono mai smaltibili totalmente dal sistema recettore (suolo). 3.3 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO PERIURBANO Le frange periurbane sono localizzate in tutta l’area centrale del Veneto, diffuse in modo peculiare nel territorio di pianura trevigiana. La presenza di discontinuità e di varchi del tessuto urbanizzato al limite del territorio rurale pone problematiche di assetto reciproco. Tra le principali si possono enumerare: • la rottura delle trame e delle valenze paesaggistiche, ambientali e culturali; • la riduzione dell’arredo vegetazionale e conseguente decremento del funzionamento

ecosistemico; • l’incremento delle aree interstiziali e dei reliquati, destinati più all’abbandono che alla

coltivazione; • l’aumento della fragilità ambientale, derivante dalla rottura degli assetti specifici degli

agroecosistemi preesistenti;

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Dal punto di vista paesaggistico il tutto si connota per disordine edilizio con presenza di fabbricati a destinazione produttiva, commerciale e agricola (che vengono a trovarsi casualmente in zona impropria). 3.4 LE CRITICITÀ NEL TERRITORIO A VALENZA NATURALISTICO-

AMBIENTALE I fenomeni di antropizzazione del territorio hanno interessato, fino al recente passato, quasi completamente l’intera provincia. L’insediamento storico è più che bimillenario, gli insediamenti e lo sfruttamento delle risorse si sono localizzati dappertutto16. Le aree di pregio naturalistico hanno sofferto direttamente per la perdita di territorio, dovuta anche qui agli insediamenti residenziali e produttivi, allo sfruttamento delle risorse minerarie, allo sviluppo delle reti infrastrutturali. La tutela di tali siti appare, peraltro, in crescita, si possono individuare, a tale proposito, le aree di protezione del Piano Faunistico Venatorio Provinciale e i siti della rete Natura 2000. Se ne può dedurre che, in linea di principio, la tendenza al consumo di risorse ambientali è stata invertita, e la presenza di aree protette si sta incrementando. Si può, peraltro, sostenere che tale incremento debba continuare e trovare affermazione attraverso la realizzazione completa del sistema di corridoi ecologici, sia a livello provinciale, nel presente Piano, sia a livello sottoposto, comunale, in riferimento agli obblighi derivanti dalla redazione dei Piani di Assetto Territoriale comunali e intercomunali (PAT e PATI) Altro rilevante fattore migliorativo dell’assetto ambientale, che esplica effetti positivi anche nelle aree a valenza naturalistica, è dato dalla diminuzione dell’impatto da sostanze di sintesi di uso agricolo. Come riportato in precedenza, la distribuzione di pesticidi, anche riferita all’intero Veneto, ha segnato una costante diminuzione negli ultimi anni. Va comunque ricordato che anche per questo specifico intervento colturale la tendenza alla diminuzione degli impatti deve essere incentivata opportunamente, in riferimento ai benefici in termini paesaggistici, ambientali e socioeconomici che ne possono derivare. 3.5 LE CRITICITÀ DEL SETTORE SELVICOLTURALE Il settore forestale registra una serie di criticità legate alla specifica connotazione strutturale del territorio montano e collinare maggiormente vocato alla selvicoltura. Una considerazione preliminare va essere rivolta all’inventarizzazione dei dati. Il riferimento ai dati statistici appare talvolta problematico, per scarsa univocità tra enti di rilevamento. Le discrepanze sono in massima parte dovute a differenti definizioni di “superficie forestale”. I rilievi statistici periodici non considerano bosco alcuni tipi di strutture arboreo-arbustive presenti sul territorio (siepi, boschetti, formazioni pioniere, ecc.). Inoltre, i rilievi censuari, basandosi sull’azienda, presuppongono l’esistenza di un imprenditore o di un conduttore delle superfici boschive; l’assenza in molti casi di qualsiasi forma di utilizzo induce pertanto sottostima delle superfici effettivamente ricoperte dal bosco, talvolta anche sensibile. Per altro, l’azione pianificatoria forestale riguarda quasi solamente i boschi pubblici, per i quali vige l’obbligo di dotarsi di strumenti di gestione programmata delle utilizzazioni (piani di assestamento

16 Anche in quota il territorio era sfruttato, lo testimoniano i ritrovamenti di utensili del neolitico sul Massiccio del Grappa. Cfr Berti Boccazzi – Scoperte paletnologiche e archeologiche in provincia di Treviso – 1955.

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forestale). Questi rappresentano comunque una quota minoritaria del patrimonio selvicolturale trevigiano. Di converso, per i boschi privati, si assiste al fenomeno dell’abbandono, specie in riferimento al contesto economico, sia locale, sia generale. Si evidenziano, innanzitutto, problemi strutturali, legati alla caratterizzazione della proprietà boschiva. Le superfici gestite da privati hanno subito e continuano a subire in modo accentuato fenomeni di abbandono, dovuti non solo alla frammentazione, in alcuni casi elevata17, ma anche all’assenza di politiche ed incentivi alla costituzione di consorzi forestali privati. Ciò determina una generale difficoltà di gestione in quanto le forme di utilizzazione economica del bosco necessitano di superfici d’intervento ampie ed accorpate, sulle quali sia possibile fare piani di assestamento mirati al lungo periodo. La selvicoltura trevigiana, in genere, presenta conti economici deficitari. Indipendentemente dal tipo di gestione (pubblica o privata), negli ultimi anni si assiste ad un sostanziale squilibrio fra entrate e uscite, con perdite costanti. Tale fenomeno è legato in primo luogo all’aumentare dei costi di gestione e, secondariamente, al contenimento dei prezzi del legname, prodotto che non gode di alcuna forma di sostegno, a differenza di quanto accade nel comparto agricolo. Il conto economico diventa positivo, e largamente positivo, solo laddove si tenga conto dell’incremento delle provvigioni legnose, vero e proprio “capitale naturale” (all’incirca da 1/2 ai 2/3 della crescita non vengono utilizzati), e dei rilevanti benefici pubblici, esternalità che le moderne tecniche estimative permettono di quantificare in termini monetari. Si deve ricordare, inoltre, che nel trevigiano la produzione di legname è qualitativamente piuttosto scarsa ed inadeguata alle richieste del mercato, orientato su produzioni di media o alta qualità. I maggiori problemi sono riconducibili alla frammentazione delle proprietà e alla limitata dimensione delle aziende, che, in assenza di una efficace politica associazionistica, non sono in grado di offrire lotti di prodotto adeguati alla domanda. La scarsa importanza delle produzioni forestali e la difficoltà a vendere sul mercato il legname risentono poi della mancanza di collegamento tra il prodotto grezzo (legname tondo e segati) e le attività di trasformazione. Ciò trae origine da molteplici cause: • la difficoltà delle produzioni interne di adeguarsi agli standard qualitativi e alla costanza di

fornitura richieste dalle attività industriali; • la “rigidità” economica delle risorse forestali che, a causa dei cicli di produzione molto lunghi,

non possono adeguare in tempi brevi la produzione alla domanda; • la mancanza di una politica di protezione e di sostegno delle produzioni interne. Queste si

trovano a competere con altri paesi, in particolare dell’est europeo, le cui produzioni sono caratterizzati da costi inferiori, anche per le caratteristiche del territorio che permettono utilizzazioni svolte con criteri più “industriali” (forte meccanizzazione e standardizzazione degli assortimenti) rispetto a quelle possibili nelle aree montane del nostro territorio.

17 In area montana la parcellizzazione è talvolta altissima, derivando dall’attribuzione in proprietà esclusiva ai cittadini residenti di piccole o piccolissime porzioni, “parti” del preesistente bosco pubblico comunale, ricadente nei vecchi usi civici di legnatico.

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4 LE AZIONI In riferimento alle criticità identificate, si delineano le possibili azioni da attuare.

CRITICITÀ AZIONI 3.1.1 - Perdita di spazio rurale Parsimonia assoluta nell’uso di nuovo suolo, comunque impiegato per

scopi necessari e di carattere collettivo e sociale. Incentivazione di interventi volti all’incremento della biodiversità. Limitazione al minimo dell’impatto determinato dalla riduzione di

suolo agricolo, ricorrendo ad opere di compensazione tali da garantire un bilancio ambientale quanto più possibile positivo.

Tutela del territorio agricolo all’interno della pianificazione di qualsiasi livello.

3.1.2 - Semplificazione paesistica Incentivazione di interventi volti all’incremento della biodiversità. Incentivazione di interventi volti all’incremento delle piantumazioni. Incentivazione alla permanenza degli agricoltori nelle aree marginali

e difficili. Adozione di Piani del Verde redatti secondo criteri di miglioramento

della funzionalità ecosistemica. 3.1.3 - Fragilità delle falde Monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee e dello stato di

eutrofizzazione. Definizione e attuazione dei Programmi d’azione nelle zone

classificate vulnerabili. Applicazione del Codice di Buona Pratica Agricola. Attivazione di canali informativi sulle prescrizioni tecniche dettate

nei manuali di buona pratica agricola, sulla corretta gestione dei processi produttivi nel rispetto delle prescrizioni dettate dai Piani d’Azione, sulla interpretazione delle analisi dei terreni e la stesura di piani di concimazione.

Incrementare il livello delle informazioni cogenti: catasto provinciale georeferenziato degli allevamenti zootecnici e degli appezzamenti oggetto di spandimento dei reflui animali, mappatura delle colture in atto, caratterizzazione del comportamento idrologico dei terreni, caratterizzazione del regime meteorologico, rilievo del contenuto di nitrati nel terreno.

Incentivazione all’adesione alle misure previste nel Piano di Sviluppo Rurale finalizzate alla tutela e al miglioramento dell’ambiente e a lavorazioni a basso impatto ambientale.

Incentivazione alla realizzazione di impianti di trattamento dei reflui zootecnici (aziendali, interaziendali o pubblici) con possibilità di produzione di energie rinnovabili.

3.1.4 - Abbandono colturale Incentivazione alla permanenza degli agricoltori nelle aree marginali

e difficili. Adozione di Piani del Verde redatti secondo criteri di miglioramento

della funzionalità ecosistemica. Migliorare la qualità delle produzioni agricole, mantenendone inaltera

il valore ecologico complessivo ed utilizzare la qualità dei prodoagricoli come traino per altre attività quali turismo e commercio.

3.1.5 - Invecchiamento della popolazione

Sostegni all’attività agricola dei giovani imprenditori.

Incentivi alle attività di manutenzione ambientale.

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CRITICITÀ AZIONI 3.1.6 - Edificazione negli ambiti rurali e presenza di destinazioni d’uso conflittuali.

Applicazione del credito edilizio.

Adozione di Piani del Verde redatti secondo criteri di miglioramento della funzionalità ecosistemica.

Definizione di tipologie edilizie consone. Piani di riordino edilizio urbanistico. Si dovranno realizzare barriere verdi ad elevata ramificazione lungo

le principali direttrici di traffico. 3.1.7 – Uso delle risorse irrigue Riequilibrio delle risorse idriche in riferimento ai mutati ordinamenti

colturali, al riassetto ecosistemico e alla tutela delle falde. Parsimonia assoluta nell’uso di nuovo suolo, comunque impiegato per

scopi necessari e di carattere collettivo e sociale. Creazione di fasce tampone e di siepi riparali. Tutela delle qualità delle acque. 3.1.8 - Cave Incentivare l’afforestazione all’interno di cave dimesse, che possano

essere così recuperate e fornire alto valore ecologico. Ogni attività di cava (autorizzata come tale, anche se non sottoposta a

Valutazione di Impatto Ambientale) dovrà prevedere una misura di compensazione ambientale tale da mantenere il valore ecologico complessivo all’interno dell’area vasta.

Il progetto di cava, come da norma UNI 10975, dovrà preveder anche l’attività finale che diventerà operativa al termine dell’escavazione e tale attività dovrà risultare compatibile con l’ambiente.

Adozione di Piani del Verde redatti secondo criteri di miglioramento della funzionalità ecosistemica.

3.1.9 – Abbandono di fabbricati rurali e presenza di disordine edilizio

Applicazione del credito edilizio.

Definizione di tipologie edilizie consone. Incentivazione al recupero di testimonianze storiche. Piani di riordino edilizio urbanistico. Studi di recupero e compatibilità ambientale. 3.1.10 – Presenza di fabbricati impropri e inutilizzo degli stessi

Applicazione del credito edilizio.

3.1.11 – Insufficiente dotazione di naturalità negli ambiti estensivi specializzati

Incentivazione di interventi volti all’incremento della biodiversità.

Adozione di Piani del Verde redatti secondo criteri di miglioramento della funzionalità ecosistemica.

Creazione di fasce tampone e di siepi riparali. Incentivazione dell’agricoltura biologica, specie nelle aree prossime a

zone naturalistiche e particolarmente sensibili. 3.1.12 – Abbandono dei boschi privati Incentivazione alla costituzione di associazioni e/o consorzi di

proprietari privati al fine di permettere l’adozione di forme di gestione (piani di riordino, piani di taglio) su superfici sufficientemente ampie.

Incentivazione alle cure colturali (ripuliture, sfolli, diradamenti) nei cedui giovani che non consentono una produzione legnosa idonea a compensare gli alti costi della manodopera.

Incentivazione all’adozione anche di forme semplificate di pianificazione selvicolturale per il piccolo proprietario boschivo.

Mantenimento e miglioramento delle condizioni dei boschi in provincia, mantenendone inalterato il valore ecologico complessivo.

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CRITICITÀ AZIONI 3.1.13 – Carenza di infrastrutture viarie di servizio boschivo

Potenziamento e recupero della viabilità silvopastorale in modo da consentire l’adozione delle tecniche migliori di taglio ed esbosco in funzione della caratterizzazione fisico-morfologica della superficie da utilizzare, garantendo quindi la remuneratività delle operazioni.

3.1.14 – Bassi standard qualitativi degli assortimenti forestali

Incentivazione alla conversione dei cedui in fustaia al fine di migliorare la quantità e qualità degli assortimenti legnosi ritraibili.

Incentivazione alle cure colturali (ripuliture, sfolli, diradamenti) nei cedui giovani che non consentono una produzione legnosa idonea a compensare gli alti costi della manodopera

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5 GLI SCENARI 5.1 GLI SCENARI PER L’AGRICOLTURA NEL CONTESTO INTERNAZIONALE L'evoluzione delle attività rurali non è soltanto un fenomeno spontaneo, direttamente guidato dalla "mano invisibile" del mercato, ma si può presumere che, invece, sia indotto anche dalle politiche comunitarie e internazionali che nel decennio scorso hanno interessato il mondo agricolo. Com'è noto, infatti, il futuro delle attività agricole risente fortemente delle passate versioni della PAC, come pure degli accordi GATT-WTO. Più recentemente, dopo l'impatto di Agenda 2000 si deve registrare anche quello della cosiddetta Mid-Term Review, la proposta di una ulteriore revisione a medio termine della PAC formulata nel luglio 2002. Le nuove proposte della Commissione riguardano anche lo sviluppo rurale . Con il "senno di poi" difficilmente si può smentire la tesi secondo la quale il problema originario siano state le eccedenze produttive, a loro volta un sottoprodotto del sostegno dei prezzi. Da un lato le eccedenze, dall'altro la progressiva contrazione della domanda (sia a causa dei consumi alimentari interni sia della domanda estera) ha in più riprese messo in crisi molti settori agricoli, ma soprattutto quelli dei prodotti lattiero-caseari, dei cereali, delle carni bovine e suine. In relazione a questo, numerose furono le critiche rivolte alle prime versioni della PAC, poiché le misure correttive intraprese (quote di produzione, set-aside, prepensionamento, ecc.) non sortirono completamente gli effetti sperati a priori. Com'è noto si passò così ad una revisione più profonda, se non ad una vera e propria riforma, proposta dal commissario Mac Sharry: l'idea centrale fu quella di sostituire gran parte del sostegno del prezzo con aiuti al reddito, decrescenti rispetto all'ampiezza aziendale ed in parte condizionati alla messa a riposo temporanea di parte della superficie coltivabile. Gli scopi della riforma erano sinteticamente i seguenti: 1. ridurre progressivamente i prezzi per allinearli a quelli del mercato mondiale; 2. introdurre misure di sostegno non più legate alle quantità prodotte ma basate sulla dimensione dell'azienda agricola e sulla media produttiva dell'area; 3. per le aziende agricole di grandi dimensioni, subordinare il pagamento delle misure di sostegno al set-aside, che poteva essere destinato per coltivazioni industriali, incoraggiando così la produzione di materie prime non alimentari; 4. migliorare le condizioni per il prepensionamento degli agricoltori; 5. aiutare gli agricoltori più poveri con integrazioni di reddito dirette. La revisione delle politiche agricole (anni '90), che aveva la teorica finalità di incrementare la competitività e l'efficienza dei vari comparti, non fu altro che un puro e repentino "ritorno al mercato", sancito dagli accordi GATT di quel periodo. In questo si poteva intravedere un tentativo, nemmeno velato, di attivare esogenamente la "mano invisibile" del mercato, che per la verità fino a quel momento non aveva operato pienamente. Si può discutere a lungo se ciò sia stata una virata desiderabile e condivisibile, è certo però che il ritorno al mercato non poteva che creare pressione sull'efficienza aziendale con la conseguente ricerca di economie di costo, di vantaggi localizzativi, ecc., cioè quanto si potrebbe ritrovare solo in presenza di cluster territoriali. In ultima analisi, in una prospettiva di lungo periodo si poteva, e si doveva, prevedere un peggioramento degli squilibri tra zona e zona, a causa della continua ricerca di economie di scala, che ha portato, porta e porterà verosimilmente ad una diversa distribuzione territoriale delle produzioni. Un ulteriore cambio di direzione delle politiche comunitarie è successivamente registrabile con Agenda 2000 e, più recentemente, con la Mid-Term Review della PAC (luglio 2002). Queste due fasi delle politiche comunitarie confermano, tra le altre cose, il passaggio dal concetto di sviluppo

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agricolo a quello di sviluppo rurale. In particolare, le nuove proposte sullo sviluppo rurale tentano di sostanziare i fondi disponibili con nuove misure, mettendo nel contempo ordine in una parte della PAC che poteva apparire perlomeno disordinata. Si tratta delle misure di accompagnamento, il cui ventaglio è stato allargato aggiungendo tre nuove linee di azione: 1. Qualità L'obiettivo è concretizzare la promozione della qualità, che da più parte è indicata come punto debole della PAC. La proposta si articola in: -promozione della partecipazione degli agricoltori a programmi di certificazione e di garanzia della qualità ; -sostegno alle associazioni di produttori, per attività promozionali di determinati prodotti agricoli designati nell’ambito di specifici regimi di certificazione. 2. Rispetto delle norme L'obiettivo è spingere gli operatori agricoli ad adeguarsi alle norme più rigorose del nuovo regime di cross-compliance, attivando due tipi di aiuto: -uno temporaneo e decrescente, per compensare dei maggiori costi associati all’adeguamento alle nuove norme; -uno forfetario, per contribuire ai costi di avvio dell’audit aziendale. 3. Salute e benessere degli animali Si concedono aiuti ai produttori disposti ad assumere impegni in materia di benessere degli animali che vadano oltre i requisiti obbligatori previsti dalla cross-compliance. Più in generale, al di là di queste nuove specifiche linee d'azione, è possibile dare una valutazione globale di tale nuova impostazione (Agenda 2000 e Mid-Term Review della PAC) considerando i seguenti aspetti: 1. il potenziamento del ruolo dello sviluppo rurale all’interno delle politiche comunitarie; 2. la semplificazione degli interventi; 3. il rafforzamento della sussidiarietà e del decentramento. Riguardo al primo aspetto, al di là delle considerazioni strategico-politiche e limitando l'attenzione alla sola dimensione finanziaria, il risultato finale di questa nuova impostazione potrebbe non rivelarsi così positivo come atteso a priori; tale giudizio vale nella misura in cui la politica di mercato continuerà a prevalere sulle altre politiche. Il peso delle risorse finanziarie a favore dello sviluppo rurale sarà deciso su due fronti: la contrapposizione tra settore agricolo e gli altri settori, l’efficienza della spesa. Sul secondo aspetto occorre rilevare i riflessi positivi della riduzione degli obiettivi, del numero di programmi e delle procedure finanziarie, ecc.. Lo sviluppo rurale, però, necessita non solo della riduzione della quantità di norme, ma anche di norme chiare e facilmente interpretabili. Inoltre il processo di semplificazione deve essere tale da non alterare il sistema organizzativo e procedurale pre-esistente. Tali problemi rendono opportuna la concertazione tra Commissione, Stato e Regioni. Il terzo aspetto si potrebbe risolvere in un maggior spazio d'azione a livello locale. Senza dubbio ciò rappresenta un elemento positivo per le politiche di sviluppo rurale, ma allo stesso tempo impone uno sforzo di coordinamento tra amministrazioni centrali e locali.

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5.2 DINAMICHE ECONOMICHE PREVEDIBILI Il possibile panorama futuro dell’agricoltura trevigiana, verificata sul contesto economico allargato, ipotizza una prima scansione, costituita da tre scenari, che delineano “tre agricolture": agricoltura di qualità, agricoltura intensiva e agricoltura ambientale. Tale suddivisione appare, peraltro, di carattere didascalico e prettamente ordinatorio, in realtà le interazioni possibili possono essere numerose e variabili, come sarà suffragato dalle successive valutazioni della realtà operativa Agricoltura di qualità Sarà caratterizzata dal valore intrinseco dei prodotti agricoli, dalla loro freschezza e tipicità, dalla loro esclusività e non sostituibilità. Può essere il caso, ad esempio, di alcuni prodotti vinicoli e del settore lattiero-caseario, ma anche per produzioni che, pur se per il momento hanno uno scarso peso, sono caratterizzate dall'assenza di esternalità negative e possono garantire positivi sviluppi sia per il possibile connubio con l'agriturismo sia per la crescente domanda di prodotti naturali, domanda disposta a pagare prezzi remunerativi. Questo scenario coinvolge produzioni la cui quota di mercato può aumentare solo con accorte politiche di certificazione degli standard. Infatti si rivelerà estremamente pericoloso credere che questi tipi di produzione si "autoproteggano" con la fama già acquisita, anche se tradizionalmente riconosciuta dai consumatori. In futuro, in questa tipologia di agricoltura si potrà affrontare la concorrenza se si passerà dal limitato concetto di qualità intesa come caratteristiche igienico-sanitarie a quello più vasto di qualità caratterizzata dal ricorso a tecniche collaudate e dalla produzione in uno specifico ambiente. Agricoltura intensiva Teoricamente potrebbero interessare le zone dove sono concentrate le produzioni erbacee e la gran parte dei capi degli allevamenti. Questo è il modello di agricoltura che più degli altri due risentirà della riforma della PAC e del WTO, nel senso che si tratta di produzioni con prezzi che potranno variare anche consistentemente e velocemente le convenienze alla produzione. Quindi, più che sugli standard qualitativi, la competitività futura di tali comparti è strettamente legata al grado di elasticità della produzione ed a quello di integrazione con i settori della trasformazione e della rete distributiva. All'interno di questo modello si devono ovviamente operare le opportune distinzioni fra colture e prodotti zootecnici, non solo (e ovviamente) per la diversa natura produttiva, ma anche per la diversa dinamica dei costi e del valore aggiunto. Per quanto riguarda i caratteri produttivi, nelle colture i costi si differenziano territorialmente non solo (ovviamente) per la fertilità del suolo e per il clima, ma anche per il tipo di struttura fondiaria e per i costi di opportunità dei fattori utilizzati. Problematica può essere la struttura fondiaria, soprattutto per ciò che concerne la dimensione media aziendale, che laddove non elevata impedisce il conseguimento di rilevanti economie di scala e riduce l'incentivo nonché le possibilità finanziarie per la realizzazione di investimenti di sviluppo. All'aumento di questa dimensione vi sono forti ostacoli legati alla mobilità fondiaria. Il costo opportunità dei fattori produttivi inciderà negativamente quanto maggiori saranno le occasioni d'impiego fornite da altri settori. Diverse sono le valutazioni per i prodotti zootecnici, per le quali i problemi creati dalle caratteristiche strutturali possono essere più facilmente ovviati, dato che in tali aziende la dimensione media aziendale economicamente significativa non va riferita alla superficie agraria disponibile ma al numero di capi. Per quanto concerne la produzione di latte, in un contesto caratterizzato dalla presenza delle quote comunitarie e da costi di produzione più elevati rispetto a quelli medi comunitari, sarà opportuno limitare lo smercio sui mercati locali solo per soddisfare le richieste di latte fresco o per quello impiegato in produzioni tipiche, e per il resto rivolgersi a

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mercati esterni più remunerativi. Riguardo alle produzioni di carne degli allevamenti intensivi, gli avicoli ed i suini sono da tempo caratterizzati da una bassa protezione comunitaria e perciò le imprese esistenti già operano in una piena logica di mercato, logica che costringe a contenere i costi e, più in generale, ad approntare una base produttiva efficiente. Per questi tipi di allevamenti, problemi potranno derivare dal loro non neutrale impatto ambientale. Per le carni bovine, lo scenario di questo secondo "modello" di agricoltura indica nella produzione ad elevati standard di qualità la via di uscita dalla crisi che attanaglia il settore. Si tratta di una crisi che non pare risolvibile nel breve termine a causa di molteplici fattori, tra i quali spiccano gli elevati costi di produzione rispetto ad altre carni e la stazionarietà (se non contrazione) della domanda. Dal punto di vista del valore aggiunto, il futuro delle colture intensive dipende strettamente da una maggiore integrazione con le attività di trasformazione e di distribuzione, attraverso formule di accordo che garantiscano gli sbocchi produttivi. La crescente globalizzazione dei mercati, però, tende a "distrarre l'attenzione" dalle opportunità di integrazione a livello locale; per superare questo ulteriore ostacolo la risposta potrà essere, comunque, il ricorso alla cooperazione, che in ambito locale, però, richiede necessariamente l'incremento delle capacità imprenditoriali e manageriali. Qualche problema nella dinamica del valore aggiunto per i prodotti zootecnici può essere risolto se i produttori abbineranno ai caratteri intensivi anche quelli della qualità. Agricoltura ambientale Investirà aree che vedranno crescere la loro vocazione di produzione di servizi ambientali. Solo con un'agricoltura compensata si riuscirà a mantenere in loco gli agricoltori, ma ciò contempla una visione diversa della compensazione, che non dovrà basarsi sulla logica del set-aside e della estensivizzazione (cioè aiutare chi non produce o che comunque comprime i rendimenti) ma dovrà essere erogata dall'operatore pubblico in conseguenza della domanda pubblica di servizi ambientali. La particolarità di questo scenario è che consente l'integrazione fra diverse attività economiche, e di conseguenza genera effetti reddituali indiretti anche a favore di operatori del settore primario economicamente marginale. Vale infatti la pena di sottolineare che questa tipologia di agricoltura teoricamente fornisce una possibilità aggiuntiva per la sopravvivenza e lo sviluppo di piccole aziende agricole, in quanto consente: • di integrare i loro redditi, soprattutto nelle zone svantaggiate; • di valorizzare e conservare la cultura rurale; • di collegare direttamente i produttori con i consumatori. Questo tipologia produttiva ha anche una valenza ambientale. Infatti, gli operatori rurali potrebbero opportunamente essere coinvolti con iniziative ambientali che si integrino con le attività turistiche (queste iniziative potrebbero essere, ad esempio, la manutenzione dei boschi, il mantenimento di siepi, la realizzazione di sentieri interpoderali, la predisposizione di punti di alimentazione per animali non domestici, il mantenimento delle piante arboree tipiche, la conservazione dei fabbricati rurali, ecc.). In questa particolare connotazione, le aree vocate allo sviluppo rurale-turistico-ambientale potrebbero investire parti non irrilevanti della zona collinare-pedemontana della Provincia. Si tratta di aree che, più delle altre, vedranno così accrescere la loro vocazione di produzione di servizi ambientali. L'intervento pubblico è utile per neutralizzare diseconomie che un operatore privato non è in grado di superare. I problemi che si potrebbero verificare sono innanzitutto il rischio che questa attività soppianti quella agricola quando invece dovrebbe integrarla, costituendone un'occasione di diversificazione produttiva; in secondo luogo, l'instaurarsi di un tessuto produttivo slegato dal contesto locale.

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Selvicoltura Per i prossimi anni non si ipotizzano particolari variazioni nelle superfici forestali, appare verosimile la permanenza del trend attuale di leggero ma costante aumento. Resta confermato il generale aumento delle provvigioni legnose (massa in piedi), che prosegue per altro dagli anni ’50, in conseguenza del parziale utilizzo dell’incremento annuo. Ciò ha notevolmente migliorato negli ultimi anni la stabilità e la produttività dei boschi. Stanti le caratteristiche del settore in provincia di Treviso lo scenario plausibile nei prossimi anni vede un sempre maggior peso delle funzioni del bosco alternative a quella tradizionalmente produttiva. La condizione geomorfologica, la caratterizzazione strutturale e la limitata entità della pianificazione assestamentale, concorrono infatti a rendere sempre più marginale la funzione di produzione di legname. Per altro, è possibile prevedere che i servizi ambientali e ricreativi assumeranno sempre più importanza. Si tratta di servizi che sfuggono ad una stretta logica di mercato ma che alcune valutazioni ed analisi svolte hanno dimostrato rappresentare una parte piuttosto consistente del “reddito” prodotto dalle foreste. La funzione protettiva è perfettamente in sintonia con la selvicoltura naturalistica praticata. Questa privilegia la rinnovazione naturale per garantire la perpetuazione dei boschi, non prevede il taglio raso ed in tal senso consente una stabile copertura dei pendii, con tutti i riconosciuti benefici in termini di salvaguardia idrogeologica. La funzione ricreativa assumerà sempre più importanza e non riguarderà più solamente i boschi montani, ma anche i soprassuoli boscati di pianura, a cui si richiedono sempre più “servizi” in senso ricreativo, culturale e di svago per la popolazione residente. Soprattutto per i boschi montani si prevede un aumento delle entrate collegate ad attività ricreative e sportive (raccolta funghi, diritti su percorsi sportivi, aree pic-nic, etc), che potrebbero tuttavia aumentare se la vigente legislazione affermasse in maniera più decisa i diritti della proprietà (si pensi a vari prodotti secondari del bosco dei quali i proprietari sostengono solo i costi). La funzione naturalistico-biologica permane immutata e sempre più riconosciuta. I boschi rappresentano importanti ecosistemi, non soltanto fornitori di prodotti legnosi e di altri servizi, sono ambienti indispensabili per la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali ed in tal senso rappresentano centri di biodiversità, siti di permanenza e salvaguardia di habitat particolari. Svolgono altresì un’azione tampone tra i sistemi naturali e le pressioni antropiche indotte dalla trasformazione del territorio. Assumerà infine sempre più importanza la funzione di stoccaggio di CO2 che il bosco detiene per sua stessa natura. Le foreste sono infatti l'ecosistema in grado di immagazzinare il maggior quantitativo di carbonio. Pertanto, una mirata gestione del patrimonio boschivo esistente e la realizzazione di nuovi impianti forestali possono contribuire a mitigare l'effetto serra. Il Protocollo di Kyoto, infatti, nel delineare una strategia di contenimento del Climate Change, considera espressamente i contributi delle aree forestali nella modificazione del bilancio fra emissione ed assorbimento di CO2. La capacità di un ecosistema forestale di assorbire CO2 dall’atmosfera dipende, per altro, dalle sue caratteristiche strutturali e particolarmente dall’entità della biomassa unitaria, diretta conseguenza del tipo di trattamento/governo a cui esso è soggetto. A tal fine è pertanto necessario aumentare le superfici governate a fustaia mediante l’incentivazione alla conversione dei cedui.

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5.3 GLI SCENARI DEL SETTORE AGRITURISTICO L’agriturismo attualmente si caratterizza su strutture diversificate: - aziende che tendono a produrre direttamente materie prime alimentari per la preparazione di

pasti e bevande, di spuntini, di colazioni; - aziende con propensione al mercato agrituristico ma con ridotto interscambio con altre risorse

del territorio; - aziende che privilegiano la fornitura di servizi di natura turistica seguendo la domanda di

turismo rurale; - aziende isolate senza alcun collegamento funzionale con le altre aziende e le risorse del

territorio; - Aziende unicamente pianificate su un’offerta mordi e fuggi. Le negatività emergenti sono riconducibili ai seguenti fattori: - polverizzazione aziendale; - localizzazione in ambiente rurale compromesso; - tipologia aziendale chiusa; - ridotto scambio di prodotti e conoscenze tra aziende; - mancanza di scambi operativi con gli Enti preposti alla promozione del territorio. Si possono anche individuare elementi di positività, quali: - aziende diretto coltivatrici vocate per struttura e localizzazione; - presenza di elementi di diversificazione ambientale, quali fiumi, pianura, collina, montagna,

parchi naturali, aree di interesse naturalistico, aree di interesse sportivo, siti archeologici, siti museali, città murate, ville venete, centri religiosi, siti storici;

- presenza di elementi di diversificazione produttiva, i DOC, le DOP, le IGP e i prodotti tradizionali e di nicchia

5.3.1 L’Agriturismo ed il Parco del Fiume Sile Attualmente le aziende agrituristiche collocate in territorio del Parco o nelle immediate adiacenze non sembrano rispondere alla tipologia di servizio quale la domanda vorrebbe. In area Parco (ma spesso anche nel restante territorio provinciale) l’agriturismo si configura con una tipologia standardizzata e soprattutto volta a soddisfare la richiesta di turismo commerciale o di ristorazione. Appare necessario che nel contesto a pregio naturalistico ed ambientale l’azienda agrituristica debba porsi in sintonia con la crescita di domanda ambientale ormai diffusa a tutti i livelli nella popolazione. L’agriturismo dovrà avere maggiore attenzione alla formazione degli operatori e avvalersi di collaboratori esterni esperti nelle problematiche ambientali, rivolgendosi al turismo sociale e giovanile (scolaresche in visita al parco, scolaresche in stages, educationals per la stampa ed operatori del settore naturalistico, ecc.), anche incrementando l’offerta di ospitalità. Le aziende agrituristiche attualmente esistenti non esprimono significativi livelli di collaborazione, tra loro e con le strutture ed Enti preposti alla tutela e alla valorizzazione delle risorse del Parco, né offrono proposte di itinerari di visita nell’area a Parco.

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Il numero complessivamente ridotto di agriturismi appare anche segnale di sufficiente redditività per le aziende agricole tradizionali situate locali, tanto da non risultare sensibili a diversificare la gestione aziendale in direzione dell’agriturismo. Non va dimenticato che l’area infatti è particolarmente vocata per le produzioni orticole, anche riconosciute IGP quali i radicchi di Treviso e Castelfranco. L’obiettivo primario di qualificazione deve essere diretto ad incrementare i servizi di turismo rurale legati ad una azienda agricola attiva, attraverso azioni di sensibilizzazione e divulgazione delle possibilità offerte dalla attuale normativa e dalle risorse interne ed esterne all’azienda agricola. Gli strumenti possibili riguardano esenzialmente la formazione professionale degli operatori agrituristici attualmente operativi, anche in funzione di una maggiore conoscenza delle risorse naturalistiche del territorio a parco. Appare necessaria l’implementazione di nuove attività, anche mediante incentivi di natura promozionale, soprattutto diretti alla diversificazione dell’offerta, che non si limiti alla sola somministrazione di pasti e bevande oppure di ospitalità per turismo d’affari. L’agricoltura in quest’area è diretta alle coltivazioni orticole. La redditività aziendale media consente un sufficiente reddito pro capite . Spesso l’imprenditore agricolo difficilmente abbandona un processo produttivo collaudato, riconosciuto e valorizzato, per intraprendere nuovi indirizzi produttivi, anche se promossi da Enti locali e rispettosi delle necessità aziendali. Le tendenze in atto vedono un incremento delle aziende in fase di iscrizione all’elenco degli operatori agrituristici della provincia di Treviso, dirette peraltro alla consueta somministrazione di pasti e soltanto in minima parte all’ospitalità. Attualmente non appare ancora esserci interesse per l’erogazione di attività ricreative connesse alla fruizione delle risorse ambientali dell’area. 5.3.2 Distretto del Prosecco La maggior concentrazione di aziende agrituristiche nella provincia è proprio nell’area che da Valdobbiadene giunge a Conegliano e Vittorio Veneto. E’ un’area che da alcuni decenni ha scelto di vendere direttamente la maggior parte della propria produzione di pregio. Pertanto i crescenti flussi di fruitori indirizzati al prodotto ha fatto aumentare anche l’offerta di ospitalità rurale. Le aziende agrituristiche danno alloggio, somministrano pasti, vendono prodotti trasformati. Dal punto di vista strutturale sono le aziende agrituristiche più complete e che rispondono ai canoni di agriturismo più richiesti dal cliente. Un risvolto poco positivo è nell’impostazione aziendale ancora parzialmente chiusa e finalizzata esclusivamente all’erogazione dei propri servizi interni, senza valorizzare le qualità storiche, artistiche ed ambientali dell’intero territorio collinare. Il paesaggio agrario in quest’area appare trainante per l’agriturismo. La possibilità di accedere con ottime vie di comunicazione al territorio, consente di far apprezzare le significative risorse paesaggistiche anche in una visita affrettata o in un breve fine settimana. Altri Enti promuovono istituzionalmente il territorio del Prosecco e molte aziende agrituristiche sono associate e partecipano attivamente alle iniziative che ivi si svolgono (Primavera del Prosecco, Panevin, Gran Fondo del Prosecco, Mostra Nazionale dello Spumante, Dama Castellana ed altre locali). Obiettivo primario di qualificazione è la creazione di aziende agrituristiche con possibilità di vacanza per più giorni. Necessita, a tale scopo una precisa azione di sensibilizzazione presso gli imprenditori agrituristici, nonché un adeguato livello di formazione professionale degli operatori agrituristici attualmente

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operativi, anche in funzione di una maggiore conoscenza delle problematiche di una vacanza completa. La promozione dell’offerta agrituristica, in collaborazione con il turismo tradizionale, anche nelle grandi metropoli del nord e nei paesi europei, soprattutto Austria e Germania, appare perciò altrettanto indispensabile. La tendenza in atto va al completamento dell’offerta agrituristica, con la trasformazione e vendita di prodotti agricoli quali insaccati e formaggi, oltre che alla produzione diversificata di specifiche tipologie del Prosecco, dal tranquillo al tradizionale “sur lie”, allo spumante millesimato. 5.3.3 Le Malghe del Grappa Comprendono aziende zootecniche da latte di ampie dimensioni ma di modesta e talvolta minima redditività. Il ricambio generazionale è sempre più difficile, come la continuità dell’alpeggio, anche se le malghe sono molto spesso di proprietà. Le aziende agrituristiche non offrono alloggio se non in modo limitatissimo e scarsamente organizzato. Le condizioni ambientali difficili, anche se non estreme, riferibili anche alla viabilità di accesso, riducono l’afflusso alle malghe quasi esclusivamente al periodo estivo, con conseguente scarso interesse da parte degli operatori a procedere ai miglioramenti necessari al completamento dell’offerta. Non viene quindi adeguatamente valorizzato il pregio del Massiccio, in cui gli aspetti storici, escursionistici, sportivi e, ancora in sott’ordine, naturalistici, potrebbero rendere remunerativa anche la permanenza invernale, almeno nelle strutture dotate di agevole collegamento alla rete viaria mantenuta sgombra dalla neve, come avviene comunemente in tutto l’arco alpino. Sono proprio la prossimità alla pianura e la rapidità di accesso a creare le premesse per un’attività remunerativa invernale, in considerazione del sempre più significativo interesse per passeggiate ed escursioni sulla neve, (“ciaspe”, sci alpinismo). L’accesso alle aree innevate è facilitato dalla rete di strade comunali e provinciali che si sviluppa sul versate sud del Massiccio, facilmente mantenibili, se necessario, in buono stato di sicurezza. Il Grappa richiama anche sportivi del parapendio in tutte le stagioni. A tale riguardo nessuna azienda agrituristica dispone finora di spazi aperti attrezzati per l’accoglienza di ospiti (agricampeggio). Le aziende agrituristiche presenti sono caratterizzate principalmente dall’offerta di natura gastronomica, legata alla presenza dell’allevamento da latte, ristorazione e vendita dei prodotti connessi alla lavorazione del latte (formaggio Morlacco, formaggio Bastardo, burro, ricotta fresca, ricotta affumicata). Le aziende attualmente sono fruite da un turismo mordi e fuggi diretto esclusivamente alla gastronomia e non dispongono di sufficienti superfici coperte per poter attrezzare una sala idonea agli escursionisti, oppure ad atleti e ciclisti sorpresi da improvvisi cambiamenti meteorologici. Obiettivo principale è la creazione di aziende agrituristiche con disponibilità di alloggio anche per lienti in escursione, sia a piedi sia in bici (MTB o strada). Appare necessario, inoltre, creare alcuni punti di sosta attrezzati, aperti anche nel periodo invernale, ad esempio in Col Serai e in Archeset. Entrambi questi alpeggi stanno predisponendo alloggio in camera o monolocale. Necessitano al riguardo un’efficace azione di sensibilizzazione presso gli imprenditori agrituristici attivi e la disponibilità di formazione professionale, anche in funzione di una maggiore conoscenza delle problematiche legate all’offerta di una vacanza completa. Dovrebbero essere previsti inoltre specifici incentivi (ad esempio dal Piano di Sviluppo Rurale o dalla Provincia volti alla formazione di aziende).

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Per ciò che riguarda l’aspetto strutturale dovrebbe essere prevista, in via esclusiva per le malghe attive, la possibilità di ampliamento fino al 20 % dell’abitazione da adibire alla ricettività. Tra le azioni da proporre preminente appare la promozione dell’offerta agrituristica locale. Le tendenze in atto, in un contesto imprenditoriale largamente refrattario all’innovazione e agli investimenti nel settore agrituristico e interessato a rendite di posizione e scarso interesse a rivitalizzare l’area, si notano alcune forme di interesse per la fruizione delle risorse ambientali, con viste guidate, interventi divulgativo - didattici, percorsi su itinerari storici 5.3.4 Le Malghe del Cesen Un intervento di risanamento generale in atto, su circa una decina di alpeggi, dovrebbe portare alla formazione di un pacchetto completo di ospitalità agrituristica e di servizi collegati. Il locale Consorzio Allevatori è l’ente direttamente interessato all’opera di miglioramento delle Malghe concesse in gestione per 30 anni da Veneto Agricoltura. Il comune di Valdobbiadene e la sua Amministrazione hanno espresso interesse e sensibilità per questa interessante diversificazione del turismo locale, finora legato al Prosecco in massima parte. Sono previsti itinerari e collegamenti tra malghe (ad esempio Mariech – Forconeta – Pian, Piccolin – Barbaria – Budoi, Stramare – Lavel – Barbaria). Si tratta di malghe localizzate a quota superiore ai 1.000 metri s.l.m., quindi potenzialmente assai valide dal punto di vista turistico. Permane invece scarso interesse per le aziende che si insediano a quota inferiore a Pianezze. Le potenzialità in quest’area sono piuttosto legate all’offerta di alloggio, recuperando le vecchie casere un tempo usate per ricovero durante la fienagione (Pian de Farnè). 5.3.5 Le Malghe del Cansiglio Nel territorio provinciale trevigiano del Cansiglio rientrano soltanto alcune realtà agrituristiche, Malga Coro e Malga Le Rote. Quest’ultima è posta in direzione del villaggio Cimbro, e sta ristrutturando l’intero complesso, allo scopo di renderne fruibili le superfici coperte e l’ambito adiacente. Rimane aperta tutto l’anno, anche nel periodo invernale, con fornitura di servizi legati all’ambiente naturalistico del Consiglio. Il collegamento con altre significative strutture presenti sulla piana del Cansiglio è già formalmente avviato, tra cui preminenti Veneto Agricoltura, il Villaggio Cimbro, Val Menera, il Golf Club, il Museo naturalistico, il Giardino Botanico. 5.3.6 Il Montello L’utenza prevalente che frequenta il Montello proviene in massima parte dalla zona posta a Sud del rilievo. Essendo agevolmente e rapidamente raggiungibile, diventa meta preferita, soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, di Trevigiani, Veneziani, Padovani. Le aziende agrituristiche sono ben distribuite ed accessibili, poste in prossimità delle prese. Hanno modeste dimensioni, presentano assetti colturali e tipologie di allevamento tradizionali con ordinamenti misti. Sono generalmente condotte da imprenditori agricoli a titolo professionale e coltivatori diretti. Delegano la trasformazione dell’uva, che è una delle risorse produttive locali di spicco, a strutture della cooperazione presenti in zona. I fabbricati, in genere, non dispongono di sufficienti superfici per l’attività agricola ed agrituristica. Quest’ultima infatti caratterizzandosi come produzione di servizi di natura turistica necessiterebbe di più ampie superficie per l’accoglienza degli ospiti.

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Nel 70 % delle aziende è presente l’ospitalità, organizzata in camere con bagno. La dotazione attuale appare sufficiente per i fruitori infrasettimanali (attività del terziario e commerciali) ma non per le famiglie o i gruppi che intendano trascorrere un fine settimana tranquillo immersi nel verde. La tendenza in atto è verso l’apertura di nuove strutture agrituristiche, generalmente indirizzate alla somministrazione di pasti e bevande, anche in riferimento della richiesta che proviene dalla clientela. Questa purtroppo appare una tendenza diffusa più o meno in tutta la provincia di Treviso, anche perché crea immediata e maggiore liquidità, impegna tempi più brevi a contatto col cliente e consente maggiore flessibilità nell’organizzazione aziendale generale. Ciò che sembra indispensabile per assicurare ulteriore sviluppo è l’incremento della capacità ricettiva e un maggiore impegno verso le attività ricreative. In tal senso è ancora prematuro parlare di apertura verso la risorsa storica ed ambientale del Montello. Tra gli operatori sussiste tuttora una sorta di gelosa interpretazione della offerta di servizi agrituristici. Lo scambio di conoscenze ed esperienze è difficile, pertanto tutte le aziende tendono a percorrere la medesima strada, ripetendo gli stessi errori . Il ruolo degli enti ed organizzazioni afferenti (tra cui Terranostra che riunisce 12 aziende agrituristiche sulle circa 20 presenti), di e specialmente del Consorzio per lo Sviluppo del Montello, sono rivolti, necessariamente al coordinamento delle potenzialità territoriali presenti. Intervengono anche altre realtà che fanno promozione e sensibilizzazione turistica (Consorzio Prosecco Montello e Colli Asolani, Cantina Sociale di Asolo e Montebelluna, Associazione Patata del Montello, Associazione Pollo Rustichello, Pro Loco) Obiettivo principale è quindi lo sviluppo di strutture dotate di sufficiente grado di ricettività, atte quindi ad offrire anche la possibilità di trascorrere periodi di vacanza. Necessitano perciò specifiche azioni di sensibilizzazione presso gli imprenditori agrituristici e interventi di formazione professionale degli operatori, anche in funzione della maggiore conoscenza delle problematiche legate all’erogazione di vacanze complete, in accordo con gli interventi di promozione dell’offerta agrituristica, sia sul mercato interno, sia all’estero. Tra le tendenze in atto l’orientamento a completare l’offerta agrituristica con la vendita di prodotti agricoli trasformati, quali insaccati, confetture e composte di frutta, il collegamento in itinerario tra singole aziende, la pianificazione di opere urbanistiche di interesse interaziendale (Piscina, Museo della Civiltà Contadina, Itinerari in MTB, fotografici, speleologici) In riferimento all’immagine che il Montello ha sempre avuto nell’immaginario gastronomico del Veneto centrale, la cucina agrituristica dovrà ritornare alle origini, alle produzioni tipiche locali e stagionali, alla rivisitazione delle ricette tradizionali. 5.3.7 Pedemontana del Grappa e Colli Asolani La tipologia aziendale non si diversifica qui dalle realtà di pianura. L’agriturismo si propone con maggiore diversificazione nell’offerta dei servizi rispetto ad altre realtà provinciali. Ciò è dovuto alle caratteristiche ambientali, che mostrano un susseguirsi di pianori, colline e pedemonte, con urbanizzazione più concentrata e presenza di insediamenti produttivi diffusi. L’azienda agrituristica offre, oltre alla ristorazione, anche alloggio e attività ricreative e culturali, con iniziative legate alla gastronomia locale (Pollo Rustichello, Olio d’oliva, Castagne, Insaccati, Formaggi) all’ambiente rurale e naturalistico (Visite guidate all’azienda, Itinerari didattici in aree boscate e naturalistiche) questi ultimi rivolti soprattutto alle scolaresche. Dai Colli Asolani al monte Grappa sono possibili itinerari in MTB per sportivi, principianti ed amatori. L’area necessita di maggiore aggregazione nell’offerta agrituristica e di accrescere la collaborazione con altri settori propriamente commerciali nonché con uffici ed enti che stanno promuovendo le

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risorse turistiche del territorio (Comunità Montana del Grappa, Bisicoltori di Borso, Olivicoltori, Fagiolo di Levada, Castanicoltori di Pederobba, Pollo Rustichello, Pro loco, Fondazione Canova, Gruppi sportivi ed Associazioni naturalistiche, Ville Palladiane) 5.3.8 L’area del Piave Le aziende agrituristiche sono rappresentate da pochi esempi e maggiormente concentrate in sinistra Piave. Si tratta di aziende agricole principalmente dedite alla produzione e vendita dei vini DOC del Piave, hanno perciò dimensioni e redditi tali da assicurare redditività anche senza l’introduzione di altre forme integrative al reddito quali l’agriturismo. Si tratta di aziende che dispongono mediamente di oltre 15 ha di terreno, con predominanza di vigneto e spesso con trasformazione e vendita diretta in azienda. Presentano strutture con volumetria sufficiente per gli usi agrituristici. Non attuano attività ricreative, eccettuato quanto può rientrare nella generale cultura del vino. Non si inseriscono nemmeno marginalmente all’interno degli attuali itinerari segnalati e promossi dalla Provincia (scavi archeologici ad Oderzo, Portobuffolè) E’ però crescente la propensione, da parte dei vinificatori, ad attrarre clienti e a predisporre iniziative collegate al vino per ampliare il richiamo e prolungare la permanenza dell’ospite (Visite guidate alle cantine, Calici sotto le stelle, Degustazioni guidate, Città del vino, Esposizioni di vini locali). Qualora dovessero permanere le buone performances del mercato del vino non si ritiene possa aumentare l’interesse per l’apertura di nuove attività agrituristiche. Alcune iniziative interessanti per la possibile connessione all’attività agrituristica sono relative ai progetti di navigabilità del Piave da Ponte di Piave alla foce, alla navigabilità del Livenza, ai percorsi equestri e ciclabili lungo gli argini. La navigabilità pubblica, qualora abbinata ad altri mezzi di spostamento, quale la bicicletta, permette di raggiungere gli agriturismi segnalati, anche in aperta campagna, degustarne le specialità enogastronomiche e quindi rientrare anche attraverso altri itinerari contermini. Il Piave (e allo stesso modo il Livenza) qualora posto in fruizione ludico turistica, può coinvolgere potenzialmente l’attività di numerosi imprenditori agricoli che svolgono le loro attività anche in ambito golenale. L’acqua, quale risorsa per il tempo libero, qualora possessore dotato delle necessarie infrastrutture a ridotto livello di impatto ambientale, appare un elemento preferenziale di richiamo, per servizi di ristorazione e ospitalità, soprattutto nel periodo estivo, capace nel contempo di contenere gli spostamenti verso le spiagge del litorale veneziano, ormai meta di turismo massificato. Anche per le aziende agrituristiche dell’area del Piave valgono le considerazione più oltre espresse in merito alla riqualificazione del paesaggio rurale. 5.3.9 Periferie di centri urbani e del capoluogo di provincia La presenza e la concentrazione di attività del secondario e terziario attorno ai principali centri cittadini e allo stesso capoluogo, hanno contribuito allo sviluppoa di realtà agrituristiche destinate al puro servizio commerciale, spesso non collegate direttamente con la realtà agricola aziendale, di cui diventano soltanto complementari. Le aziende agrituristiche si configurano piuttosto quali locande, con scarsa connessione con l’attività agricola. Eventi sportivi, culturali, fieristici, determinano un sensibile incremento della domanda di ospitalità. Molto spesso l’azienda agrituristica interloquisce con gli Uffici di accoglienza ed informazione turistica. Rappresenta, peraltro, la forma di agriturismo che maggiormente si rapporta alle altre iniziative sul territorio.

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Inoltre le realtà cittadine, quali Montebelluna, Castelfranco, Treviso, Conegliano, Vittorio Veneto con i rispettivi poli produttivi, costituiscono attrazione per un turismo d’affari che mediamente soggiorna 1,5 notti e chiede ogni comfort dall’azienda agrituristica, quasi alla stregua delle strutture alberghiere. Il fatto che si tratti di un agriturismo e che sia collocato in ambiente rurale è di scarsa rilevanza. L’agriturismo deve essere facilmente raggiungibile dal luogo di lavoro, confortevole, avere servizi in camera, collegamento internet, il gestore deve conoscere almeno la lingua inglese. Spesso la domanda è limitata alla notte e prima colazione. L’agriturismo di pianura, a ridosso di grossi agglomerati urbani, non può evidentemente competere dal punto di vista paesaggistico con la collina o la montagna. Pertanto si dovrà abbandonare la convinzione radicata che ogni metro quadrato di superficie aziendale debba essere funzionale alla coltivazione agrricola in senso stretto. Stante l’incremento costante dal punto di vista sociale, oltre che tecnico, dell’interesse per le problematiche relative al paesaggio agrario, le aziende di frangia urbana, per rendere piacevole ed accattivante la permanenza, dovranno piuttosto prevedere la “ristrutturazione”e il ripristino di quel contesto ambientale rurale che per chi frequenta un agriturismo è comunque termine di comparazione qualitativa. In altre parole la bontà del paesaggio espressa visivamente diventa attrazione e attesa di “prodotto ambientale” da parte del fruitore. La difficoltà insita nelle modeste dimensioni aziendali comporta, in tali casi, un’evoluzione normativa. In termini di connessione e complementarietà, attualmente è prescritto che il tempo di lavoro dedicato alle normali attività agricole sia maggiore a quelle agrituristiche. Un primo incentivo verso tale tipo di fruizione potrebbe provenire dall’Amministrazione Provinciale, che nel conteggio delle ore previste al mantenimento e ricomposizione del paesaggio terrà in dovuta considerazione l’impegno di lavoro necessario. Gli elementi paesaggistici cui rivolgere dette cure ambientali sono individuabili, ad esempio, in prati stabili, siepi alberate, piccoli stagni, macchie boscate, vecchi broli, filari di viti con tutori vivi. La familiarità con questi elementi da qualche decennio è andata dissolvendosi, in funzione della efficienza operativa delle macchine ed attrezzature agricole, per cui il paesaggio agrario ha subito un progressivo impoverimento dal punto di vista naturalistico. Riteniamo che l’azienda agrituristica di pianura possa comunque valorizzare l’ambito rurale ad essa adiacente, con la ricomposizione degli elementi pregevoli del paesaggio, il prato polifita permanente con siepi al limitare, la canaletta di irrigazione al naturale, con salici e piante riparali, l’impianto di aucupio, la fossa dell’abbeverata, fino alla riproposizione, in chiave didattico-folcloristica della trazione con animali da lavoro oppure della trebbiatura di un tempo). Il turismo equestre Le aziende agrituristiche trevigiane generalmente non dispongono di attività equestri e non prevedono locali ed attrezzare idonei a dare ospitalità a cavalli e cavalieri. In tutto il territorio provinciale le aziende agrituristiche che dispongono di aree attrezzate e maneggio riservati al turismo equestre sono in numero contenuto, soltanto quattro. Il turismo equestre è condotto da gruppi e associazioni sportive che non sono riconducibili alla figura dell’imprenditore agricolo. Il territorio provinciale, eccettuato il Montello, comunque non si presta, a detta degli esperti, allo sviluppo di questo sport. La diffusione dell’urbanizzato, degli insediamenti produttivi, delle infrastrutture viarie, gli attraversamenti di fiumi e canali, la polverizzazione delle proprietà, non consentono un tracciato consono alle aspettative di chi fa turismo equestre.

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6 IL SISTEMA DEL TERRITORIO RURALE Dopo aver analizzato il sistema del territorio rurale nelle sue dinamiche ambientali, paesaggistiche, produttive, economiche e insediative-distributive, è possibile una interpretazione sintetica, basata sulla dominanza di tali caratterizzazioni. Preliminarmente è necessaria qualche riflessione sulla principale criticità emersa. Il settore agricolo, pur rappresentando ormai un quota minoritaria degli occupati, opera in modo diffuso sul territorio e ne governa, con i propri interventi colturali, gli assetti e gli equilibri. Come evidenziato precedentemente, le aree dell’agroecosistema coprono oltre il 70% della superficie provinciale e la dinamica imprenditoriale, derivante dalle sempre mutevoli opportunità mercantili ed economiche, anche a seguito degli indirizzi ed opportunità europei e regionali, esprime necessariamente continui fabbisogni edilizi. Non appare più sostenibile, anche ad un approccio generalista, una domanda edificatoria indifferenziata in zona agricola, soprattutto in considerazione della “confusione” che ha sinora regnato tra attori agricoli e occupanti extra agricoli degli spazi rurali, con le conflittualità e la complessità di gestione territoriale (servizi, infrastrutture, reti distributive) che ne deriva. La possibilità offerta a qualsiasi proprietario di terreno agricolo di superare i limiti imposti dalla zonizzazione urbanistica, per necessità largamente fittizie e non esclusivamente per l’attuazione di precisi, razionali e remunerativi processi di sviluppo aziendale ha portato all’attuale dispersione e alla diffusione dell’edificato, specialmente in pianura. Si tratta, come esposto in un recente convegno18 di una sorta di “urbanistica spontanea, di edilizia parallela”, fuori controllo dalla zonizzazione urbanistica. Non appare più possibile permettere l’edificazione quasi indiscriminata nelle zone agricole. La nuova Legge regionale Urbanistica n° 11/04 sembra aver ristretto il novero dei soggetti abilitati a poter qui edificare, dall’applicazione futura di detta norma dipende la possibilità di contenere il fenomeno della dispersione degli edifici in area agricola e di invertire, se possibile, detta tendenza. 6.1 COMPONENTE AGRICOLA-FORESTALE Riferita alle aree coltivate e alle aree forestate (agroecosistemi ed ecosistemi boschivi), nelle rispettive costituenti territoriali e per i fattori di produzione afferenti, tra cui preminenti il lavoro e l’impresa. Nell’analisi effettuata si sono riscontrate numerose fonti di criticità, tra cui di interesse preminente si possono ricordare: • La migrazione di elementi nutritivi facilmente solubili, in modo particolare dell’azoto nitrico,

proveniente per la massima parte dalle concimazioni organiche ed inorganiche alle colture agricole. Recettori finali sono, in questo caso, le acque superficiali e di falda, con fenomeni di eutrofizzazione e di accumulo, anche superiore ai limiti di attenzione in vigore;

• La concentrazione di allevamenti che producono liquami (distretto della zootecnia intensiva da carne bianca (vitelli da latte), da carne rossa (vitelloni pesanti), suini all’ingrasso, conigli;

• La localizzazione in aree critiche (zone di ricarica degli acquiferi) di colture destinatarie di elevati apporti in azoto a immediata cessione, in primo luogo il Mais da granella e da foraggio (insilato), molto spesso per errori di dosaggio e in abbinamento a sovrasmaltimenti di liquami zootecnici;

• La conflittualità nell’uso del suolo tra impieghi colturali ed espansioni dell’edificato e di infrastrutture, molto elevata lungo tutti i margini del periurbano;

18 Convegno di Studio – “La nuova edificabilità in territorio agricolo – G. Franceschetti – Castelfranco 25.11.05

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• L’abbandono di ampie zone collinari e montane, per cessazione dell’attività agricola a causa della marginalità dei siti (isolamento, distanza, mancanza di servizi) e delle difficoltà operative (morfologia, esposizione, microclima), nonché assenza di cure selvicolturali su boschi isolati e dotati di provvigione legnosa poco remunerativa;

• L’uso non razionale dell’acqua di irrigazione, con prevalenza, in ampie zone, di metodi irrigui ad elevato impiego di acqua (scorrimento superficiale) quindi con notevole tasso di percolazione in falda (aggravio del problema lisciviazione nitrati).

Le azioni necessarie a contrastare dette fonti di criticità si riferiscono a: • Compatibilità tra impieghi agricoli e impieghi extra agricoli; • Sostenibilità nell’uso agricolo, a massima tutela delle componenti ambientali e paesaggistiche; • Redditività garantita, soprattutto negli ambiti e per le attività imprenditoriali connotate da

fragilità e nei casi in cui l’attività agricola esercita insostituibili funzioni di manutenzione e salvaguardia ambientale.

6.2 COMPONENTE AMBIENTALE-PAESAGGISTICA Riferita alle zone dotate di valenze naturalistiche, con presenza di aree protette, di siti di interesse comunitario, di ecosistemi e presenze biotiche di pregio, di boschi strutturati o in fase evolutiva verso habitat di qualità, lungo le reti ecologiche e i corridoi, nei nodi e nei gangli principali e secondari. Le fonti di criticità riscontrate sono qui ascrivibili a: • I conflitti con l’agricoltura intensiva e specializzata, che prevede l’impiego di metodi colturali

sempre più tecnologici e ad alto input energetico, con largo impiego di sostanze di sintesi e ampio ricorso alle monocolture, fenomeni diffusi nel territorio trevigiano e veneto a seguito della deruralizzazione degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso,

• L’antropizzazione crescente e l’espansione dell’edificazione, da cui la limitata compatibilità con la conservazione dei beni e delle componenti naturalistiche e del paesaggio;

• L’abbandono di aree coltivate a significativo valore paesistico, in collina e montagna, attualmente in fase regressiva e ancora distanti da climax efficienti, sia dal punto di vista faunistico, sia dal punto di vista vegetazionale, quindi a scarsa valenza complessiva;

A contrastare tali tendenze si possono ipotizzare alcuni specifici interventi: • La garanzia di sostegno all’attività agricola, che assicuri presenza degli operatori e redditività al

loro lavoro, in riferimento all’opera di manutenzione e tutela ambientale svolta; • L’incentivazione di pratiche colturali rispettose dell’ambiente, in primo luogo nelle zone protette

e fragili; • L’interazione diretta con forme di fruizione ambientale normate e non invasive, con il turismo

verde, con l’agriturismo residenziale e guidato.

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6.3 COMPONENTE PERIURBANA FRAMMENTATA Occupa un’ampia porzione di territorio in pianura, a valenza ancora agricola ma che risente in modo diretto di tutti i conflitti di margine appena visti. Le criticità derivano, essenzialmente, dalla scarsa oppure nulla compatibilità tra usi alternativi, in contesti territoriali frammentati, che si rapportano assai spesso, peraltro, con zone ad apprezzata produzione agricola, con siti protetti e con distretti agroalimentari di pregio. Le possibili azioni di tutela, in questo caso sono riportabili a: • La tutela delle attività agricole di nicchia, per prodotti a rilevante valore aggiunto e di elevata

qualità riconosciuta (DOC, DOP, IGP, Tradizionali) che permettono livelli di redditività consistenti e permenenza alle attivita agricole;

• La riqualificazione del territorio in funzione dell’uso plurimo perseguibile, sia per incentivare le componenti del verde di frangia, sia per garantire la continuità dei sistemi a rete ecologica e la permeabilità degli ecosistemi, anche nell’immediata fascia periurbana;

• La garanzia di dare continuità alle imprese agricole residue, in ragione della possibilità di ottenere in loco un tessuto territoriale misto, dotato di buona compatibilità paesistica.

Le azioni di Piano specificamente riferibili al territorio e alle componenti agro-forestali si possono pertanto riferire a due aspetti sostanziali, ambientali e urbanistici. Per quanto riguarda l’aspetto urbanistico, nel territorio agricolo e per il settore primario si possono ipotizzare interventi che dettino regole in funzione dei tre tipi di conflitto riscontrato: 1. Tra usi agricoli e risorse ambientali e naturalistiche; • riduzione dello sfruttamento intensivo del territorio agricolo di pianura, che contrasti

l’artificializzazione spinta degli assetti colturali e la frammentazione degli spazi naturali e semi-naturali, (colture miste, siepi planiziali, macchie e reliquati19, tradizionalmente legati all’assetto agricolo del territorio), per ripristinare le connessioni tra ecosistemi e ridurre l’attuale perdita di biodiversità.

• eliminazione dei conflitti tra attività agricola produttiva e vulnerabilità dell'acquifero; • incentivazione del governo attivo del territorio collinare e montano, da parte di aziende agricole

vitali, supportate anche da contribuzione pubblica, a compenso dell’opera di tutela dai rischi idrogeologici e di degenerazione dei soprassuoli, nonché di manutenzione paesaggistica;

• miglioramento delle modalità di utilizzo produttivo dei boschi, soprattutto negli ambiti idrogeologicamente fragili;

• apposizione di limiti invalicabili all’espansione urbana verso aree ad elevata valenza ambientale e verso zone protette;

• sottrazione totale dei suoli che presentano elevate qualità naturalistico-ambientale, da qualsiasi tipologia di edificazione non direttamente connessa all’attività di impresa agricola;

Necessita inoltre mantenere ed incrementare la diffusione delle tecniche agricole eco-compatibili, tutelare le aree a prato permanente, sia in pianura, sia in collina, promuovere l’agicoltura biologica e con bassi o nulli apporti di sostanze chimiche, incentivare l’introduzione in azienda di spazi destinati a micro-rinaturalizzazioni e ad usi faunistico venatori.

19 I cosiddetti “curtoi”, piccoli appezzamenti marginali oppure di forma irregolare, lasciati a macchia spontanea oppure a colture secondarie (orticole minori di campo, quali i radicchi invernali).

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La corretta gestione faunistica appare, a tale proposito, del tutto indispensabile, anche per evitare conflitti con le produzioni agricole in zona pedemontana e collinare, assicurando il controllo dello sviluppo delle popolazioni selvatiche, in particolare degli ungulati, che possono causare danni anche ingenti e disincentivare colture di nicchia. 2. Tra usi insediativi e risorse degli agroecosistemi; • mitigare l’impatto della componente insediativa, in particolare di quella produttiva, sulle risorse

ambientali presenti nelle aree di frangia e periurbane, in cui è più facile l’espansione dell’edificato;

• mitigare e compensare i conflitti tra reti infrastrutturali e continuità delle reti ecologiche; • mitigare l’effetto “barriera faunistica” della viabilità esistente e di progetto; • porre limiti invalicabili all’espansione urbana verso aree a valenza ambientale, naturalistica e

paesaggistica; • vietare drasticamente qualsiasi nuova edificazione non destinata all’alpicoltura al di sopra dei

1.000 metri; Appare, peraltro, indispensabile, vista la notevole valenza economica delle operazioni immobiliari o infrastrutturali e il valore comunemente attribuito alle risorse ambientali presenti sul territorio, in particolare di pianura, la completa applicazione, anche nella pianificazione sotto ordinata della strumentazione legislativa e normativa diretta alla valutazione degli impatti ambientali, dotandoli di una idonea attrezzatura ecologica. Sembra maturo il momento in cui anche i Piani locali, dotati di notevole autonomia procedurale, trovino legami reali con la pianificazione generale, soprattutto in funzione paesaggistica e ambientale, in quanto i fenomeni di fragilità degli assetti naturali e la ridotta possibilità di scelta per il completamento di reti ecologiche assumono dimensioni e distribuzione largamente intercomunale. Sono da evitare, inoltre, approcci settoriali, orientati prevalentemente ad aspetti specifici, quali ad esempio la salute umana, che perdano di vista le problematiche legate all’assetto ambientale e naturale, che rivestono spesso un ruolo ancora troppo debole nella valutazione degli impatti. Si evidenzia, quindi, come la tematica dei conflitti tra usi insediativi e risorse naturali e ambientali sia molto ampia e variata e come debba costituire argomento principale nella trattazione dei temi specifici che il PTCP complessivamente affronta. 3. Tra usi agricoli e usi insediativi. • Riduzione dei conflitti di margine tra aree agricole ed aree edificate, attraverso la già ricordata

apposizione di limiti invalicabili all’espansione urbana verso aree a valenza agricola; • Sottrazione totale dei suoli che presentano elevata capacità d’uso agricolo e/o elevata qualità

naturalistico-ambientale, da qualsiasi tipologia di edificazione non direttamente connessa all’attività di impresa agricola;

• Incentivazione delle forme di agricoltura a ridotto impatto in contiguità delle frange periurbane; • Affermazione del ruolo afferente dell’attività agricola alla qualità del periurbano, sia con

l’innalzamento del livello di qualità naturalistica e paesaggistica, sia nei confronti dell’offerta di spazi per il tempo libero;

• Definizione di standard qualitativi per orientare le scelte colturali e di arredo vegetazionale nelle aree intercluse non ancora edificate;

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Nel territorio provinciale si riscontrano situazioni conflittuali anche spinte, in cui il produttivo agricolo, con intensità di investimento medio alta, si pone direttamente al limite dell’edificato. L’incertezza che alcuni comparti del settore agricolo hanno manifestato negli ultimi anni (BSE, Quote latte, crisi strisciante di alcuni comparti cardine, quale ad esempio la viticoltura) potrebbe avere effetti destrutturanti di significativa dimensione sul settore agricolo, e la garanzia della redditualità aziendale appare fattore essenziale nel mantenimento dell’operatività delle aziende rurali. Va in ogni caso ricordato come permanga immutata la contraddizione di fondo dell’espansione urbana di pianura (ma ciò si ripete anche nei fondovalle antropizzati da tempo) e cioè che le espansioni maggiori e le stesse previsioni urbanistiche in atto, dal secondo dopoguerra in poi, siano in massima parte localizzate nelle aree con suoli a rilevante valore agronomico, con scarsi vincoli produttivi rurali e ad elevata capacità agraria. Stesse considerazioni si possono esprimere per la competizione tra residenza sparsa non agricola e attività produttive agricole, nel territorio propriamente rurale. Per ciò che concerne l’aspetto ambientale si possono definire azioni che portino a risolvere i conflitti già definiti: 4. Tra risorse ambientali e naturalistiche e agricoltura specializzata ed intensiva; 5. Tra risorse ambientali ed espansione dell’urbanizzato in aree di frangia; 6. Tra assetti paesaggistici di pregio ed usi antropici invasivi.

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APPENDICE 1 Produzioni tipiche della Provincia di Treviso

VINI DOC Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene Prosecco Prosecco superiore di Cartizze Verdino DOC Vini del Piave Merlot del Piave Cabernet del Piave Raboso del Piave Pinot nero del Piave Pinot bianco del Piave Pinot grigio del Piave Tocai del Piave Verduzzo del Piave Chardonnay del Piave DOC Montello e Colli Asolani Rosso del Montello Merlot Cabernet Chardonnay Pinot bianco Pinot grigio DOC Colli di Conegliano Colli di Conegliano Colli di Conegliano rosso Refrontolo passito Torchiato di Fregona DOC Lison-Pramaggiore Lison classico Pinot bianco Chardonnay Pinot grigio Riesling italico Sauvignon Verduzzo Merlot Cabernet franc Cabernet sauvignon Refosco dal peduncolo rosso Malbech

GRAPPA

LATTICINI Formaggi a DOP Asiago Montasio Grana Padano Taleggio Provolone Valpadana Formaggi locali Casatella trevigiana Morlacco del Grappa Bastardo del Grappa Formajo Inbriago Cavaso mezzano Costabella Feletto Moesin de fregona Montegrappa Morbido San Fermo Neve del Grappa Pannarello

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Robiola di capra Sile Soligo Valcavasia Valsana Vallata

CARNI BIANCHE Coniglio Pollo rustichello della Pedemontana

INSACCATI Luganega Porchetta Soppressa

PRODOTTI ITTICI

Anguilla

Trota

ORTAGGI IGP Radicchio rosso tardivo di Treviso Radicchio rosso precoce di Treviso Radicchio variegato di Castelfranco Asparago bianco di Cimadolmo Locali Asparago bianco del Sile Batata di Zero branco Fagiolo Borlotto nano di Levada Patata del Montello Patata del Quartier del Piave Peperone di Zero Branco Pisello di Borso del Grappa Radicio Verdon da cortel

FUNGHI TARTUFO FRUTTA Actinidia

Ciliegia dei Colli Asolani Marroni di Combai Marroni del Monfenera Mela di Monfumo Noci Pesche di Povegliano e Villorba

PANETTERIA Bibanesi

DOLCI Fregolotta

MIELE

OLIO DI OLIVA DOP Olio di oliva Veneto del Grappa

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APPENDICE 2 Movimento turistico in provincia di Treviso negli ultimi cinque anni PERIODO GENNAIO/DICEMBRE ANNI 2000-2001-2002-2003-2004

STRUTTURE ANNO 2000 ANNO 2001 ANNO 2002 ANNO 2003 ANNO 2004 Permanenza Media RICETTIVE ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE ARRIVI PRESENZE Anno 2003 Anno 2004

alberghi

5 stelle * - - - - - - - - - - - -

4 stelle 249.005 439.404 245.887 415.840 262.360 428.661 289.172 467.078 285.206 511.257 1,62 1,79

3 stelle ** 176.854 375.596 210.998 428.933 202.034 430.578 203.121 429.483 187.085 402.122 2,11 2,15

2 stelle 71.707 223.902 62.409 205.860 59.565 188.299 61.797 182.333 51.945 160.333 2,95 3,09

1 stella 5.425 64.238 5.262 68.774 4.556 62.545 5.743 56.684 6.013 45.870 9,87 7,63

tot. alberghiero 502.991 1.103.140 524.556 1.119.407 528.515 1.110.083 559.833 1.135.578 530.249 1.119.582 2,03 2,11

agriturismi 5.658 21.243 7.302 26.362 9.253 28.559 14.487 44.721 14.731 47.729 3,09 3,24

alloggi privati 6.165 80.507 5.281 59.546 7.025 63.990 8.615 72.466 9.255 82.008 8,41 8,86

altri esercizi*** 4.768 76.087 9.383 102.046 11.770 100.898 12.686 100.627 12.576 117.022 7,93 9,31

tot. extralberghiero 16.591 177.837 21.966 187.954 28.048 193.447 35.788 217.814 36.562 246.759 6,09 6,75

tot. generale 519.582 1.280.977 546.522 1.307.361 556.563 1.303.530 595.621 1.353.392 566.811 1.366.341 2,27 2,41 *Dati sommati alla categoria a 4 stelle per motivi di riservatezza statistica.

**Dati Rta Residenze Turistico Alberghiere sommati alla categoria a 3 stelle per motivi di riservatezza statistica.

***Per altri esercizi si intendono: Campeggi, Bed & Breakfast, Case per ferie. Le presenze negli agriturismi risultano più che raddoppiate.

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APPENDICE 3 Principali caratteristiche dei Consorzi di Bonifica nel Trevigiano

Basso Piave Dese Sile Destra Piave Pedemontano Brentella di Pederobba

Pedemontano Brenta

Pedemontano Sinistra Piave

Pianura Veneta

tra Livenza e Tagliamento

Sinistra Medio Brenta

Superficie del comprensorio ha 56.004 43.408 52.995 64.699 70.933 71.700 57.355 56.965 Comuni nel comprensorio n° 20 20 27 34 54 40 12 39 Superficie nel trevigiano ha 8.150 15.103 49.788 64.699 2.539 71.681 971 2.055 Comuni nel trevigiano n° 7 10 25 34 3 39 1 2 Superficie irrigata in comprensorio ha 40.000 20.000 36.272 32.000 32.000 36.070 17.670 35.950 Superficie irrigata nel trevigiano ha 3.545 0 36.272 32.000 2.155 36.070 0 1.060 Superficie irrigata con metodo di soccorso nel comprensorio ha 2.000 20.000 16.500 1.028 2.000 27.205 17.216 35.000

Superficie irrigata con metodo di soccorso nel trevigiano ha 0 16.500 1.028 0

Superficie irrigata con metodi organizzati nel comprensorio ha 38.000 0 19.772 30.972 30.000 8.865 454 950

Superficie irrigata con metodi organizzati nel trevigiano ha 0 19.772 30.972 0

Superficie irrigata a gravità nel trevigiano ha 0 0 18.243 12.878 2.155 34.540 0 0

Superficie irrigata in pressione nel trevigiano ha 0 0 1.529 18.094 0 1.530 0 1.060

Costo medio per irrigazione di soccorso €/ha 0 0 0 15,97 38,05 0 6,68 18,00 Costo medio per irrigazione a gravità €/ha 24,00 0 67,00 46,68 103,26 84,00 0 130,00 Costo medio per irrigazione a pressione €/ha 0 0 117,00 92,25 111,24 200,00 14,64 130,00