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2 . LA STAMPA MERCOLEDÌ 1 APRILE 2015 Il termine «sarcofago» Il termine sarcofago ha origine dall’agget- tivo greco sarcophágos e significa letteral- mente«checonsumacarne»,«carnivoro». L’associazionedeltermineconilmondofu- nerarioèprobabilmentelegataaunanoti- zia riportata da Plinio il Vecchio (I secolo d. C.). In due passaggi della sua Naturalis historia (II,98eXXXVI,27)utilizzainfatti l’espressione sarchophagus lapis - «pietra che consuma la carne» - per identificare unparticolareminerale,estrattoneipres- sidellacittàdiAssosinTurchia,utilizzato per realizzare grandi sarcofagi litici che avevano fama di accelerare il processo di decomposizione delle salme ivi deposte. Nell’anticoEgittolafunzionesimbolicadel sarcofago è del tutto opposta e traduce la fondamentale esigenza funeraria di cata- lizzare e favorire il processo di rinascita spirituale del defunto e, al contempo, di proteggerne e preservarne il corpo mum- mificato,lacuiintegritàèrequisitofonda- mentale per la successiva sopravvivenza nell’aldilà. Tecnica del bronzo Una delle più diffuse modalità di rappresentazione delle divinità sonolestatueinbronzodipiccole dimensioni.Lastatuariainmetal- loèattestatainEgittogiànell’An- tico Regno, intorno al 2250 a.C., ma sono sopravvissuti pochi esemplari anteriori al primo mil- lennio a.C. La tecnica usata è quella della fusione a cera persa. Un’immagine in cera o in un ma- terialesimileèrivestitaconuno strato di argilla; la cottura trasforma l’argilla in terra- cottaefafonderelacera,che è smaltita tramite appositi fori o condotti. La risultante for- ma cava di terracotta è riempita con il metallo fuso. Quando que- stosièraffreddato,lostampopuò essererottoperestrarrelafigura dimetallo. Alla scoperta del nuovo Museo Sala 3, Tomba di Iti e Neferuolo (Sopra). Pittura parietale, impasto di fango dipinto, Primo Periodo Intermedio, VII-XI dinastia (2190 - 1976 a.C.), da Gebelein L E QUATTRO CHIAVI DI LETTURA Il percorso del museo parte dalle Sale storiche, nel piano interrato, per poi svolgersi secondo un criterio cronologico (dal Periodo Predinastico, circa 4000 a.C., all’Epoca Islamica) dal secondo piano al pian terreno. Quattro le possibili chiavi di lettura proposte nelle didascalie per ogni reperto, come qui esemplificato Come si dice Sarcofago interno di Tabakenkhonsu, legno dipinto, Terzo Periodo Intermedio, XXI-XXIV dinastia (1076-723 a.C. circa) Come si fa Sala 3, Tomba degli ignoti Mummia, Antico Regno, III-VI dinastia (2590-2120 a.C. ca.) Sala 1, Iside di Koptos Statuetta di basalto (prima ritenuta una raffigurazione della dea Hathor), Nuovo Regno, XVIII dinastia, regno di Amenofi III (1388-1351 a.C.) Per chi avesse poco tempo a disposizione, il direttore del Museo Egizio, Christian Greco, consiglia di non perdersi almeno i pezzi esposti in queste sale Statuetta della dea Neith, bronzo, Epoca Tarda, XXV-XXXI dinastia (722-332 a.C. circa) Sala 7, Tomba di Kha (A destra). Sedia e statuetta di Kha, legno dipinto, Nuovo Regno, XVIII dinastia, regni di Amenofi I, Thutmosi IV e Amenofi III (1428-1351a.C.) G LI IMPERDIBILI

Transcript of Allascoperta delnuovoMuseo - flpbac.it · dinastia(722-332a.C.circa) Sala 7, Tomba di Kha...

2 .

LA STAMPA

MERCOLEDÌ 1 APRILE 2015

Il termine «sarcofago»Il termine sarcofago ha origine dall’agget-tivo greco sarcophágos e significa letteral-mente «che consuma carne», «carnivoro».L’associazione del termine con ilmondo fu-nerario è probabilmente legata a una noti-zia riportata da Plinio il Vecchio (I secolod. C.). In due passaggi della sua Naturalishistoria (II, 98 e XXXVI, 27) utilizza infattil’espressione sarchophagus lapis - «pietrache consuma la carne» - per identificareun particolare minerale, estratto nei pres-si della città di Assos in Turchia, utilizzatoper realizzare grandi sarcofagi litici cheavevano fama di accelerare il processo didecomposizione delle salme ivi deposte.Nell’antico Egitto la funzione simbolica delsarcofago è del tutto opposta e traduce lafondamentale esigenza funeraria di cata-lizzare e favorire il processo di rinascitaspirituale del defunto e, al contempo, diproteggerne e preservarne il corpo mum-mificato, la cui integrità è requisito fonda-mentale per la successiva sopravvivenzanell’aldilà.

TecnicadelbronzoUna delle più diffuse modalità dirappresentazione delle divinitàsono le statue in bronzo di piccoledimensioni. La statuaria inmetal-lo è attestata in Egitto già nell’An-tico Regno, intorno al 2250 a.C.,ma sono sopravvissuti pochiesemplari anteriori al primo mil-lennio a.C. La tecnica usata èquella della fusione a cera persa.Un’immagine in cera o in un ma-teriale simile è rivestita con uno

strato di argilla; la cotturatrasforma l’argilla in terra-cotta e fa fondere la cera, cheè smaltita tramite appositi

fori o condotti. La risultante for-ma cava di terracotta è riempitacon il metallo fuso. Quando que-sto si è raffreddato, lo stampo puòessere rotto per estrarre la figuradi metallo.

AllascopertadelnuovoMuseo

Sala 3, Tomba di Iti e Neferuolo(Sopra). Pittura parietale,impasto di fango dipinto,

Primo Periodo Intermedio,VII-XI dinastia

(2190 - 1976 a.C.), da Gebelein

LEQUATTROCHIAVID

ILETTURA

Il percorso del museo

parte dalle Sale

storiche, nel piano

interrato, per poi

svolgersi secondo

un criterio cronologico

(dal Periodo

Predinastico,

circa 4000 a.C.,

all’Epoca Islamica)

dal secondo piano

al pian terreno.

Quattro le possibili chiavi

di lettura proposte

nelle didascalie

per ogni reperto,

come qui esemplificato

Comesi dice

Sarcofago interno di Tabakenkhonsu,legno dipinto, Terzo Periodo Intermedio,XXI-XXIV dinastia (1076-723 a.C. circa)

Comesi fa

Sala 3, Tomba degli ignotiMummia, Antico Regno,

III-VI dinastia(2590-2120 a.C. ca.)

Sala 1, Iside di KoptosStatuetta di basalto (prima ritenuta

una raffigurazione della dea Hathor),Nuovo Regno, XVIII dinastia,

regno di Amenofi III (1388-1351 a.C.)

Per chi avesse pocotempo a disposizione,il direttoredel Museo Egizio,Christian Greco,consiglia di non perdersialmeno i pezzi espostiin queste sale

Statuetta della dea Neith,bronzo, Epoca Tarda, XXV-XXXIdinastia (722-332 a.C. circa)

Sala 7, Tomba di Kha(A destra). Sedia e statuetta

di Kha, legno dipinto,Nuovo Regno, XVIII dinastia,

regni di Amenofi I,Thutmosi IV e Amenofi III

(1428-1351 a.C.)

GLIIMPERDIBILI

LA STAMPA

MERCOLEDÌ 1 APRILE 2015 .63�

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LatombainviolatadiIniIl 1911 fu un annoparticolarmente fortunato per gli scavi condotti dallaMissione Archeologica Italiana del Museo Egizio nel sito di Gebelein,30 chilometri circa a Sud di Luxor. Si esplorò la grande tomba dipintain cui erano stati sepolti il «tesoriere del faraone» e «capo delle trup-pe» Iti e sua moglie Neferu, si rinvennero numerose sepolture di Epo-ca Predinastica e una tomba inviolata della V dinastia con cinque sar-cofagi e un ricco corredo. Il 26 febbraio, al tramonto, gli operai egizianidellamissione italiana scoprono un’altra tomba intatta. Virginio Rosa,collaboratore di Schiaparelli, penetra nella camera scavata nella roc-cia che si trovava al fondo di un pozzo funerario verticale e vi trova lasepoltura di un personaggio di rango socialemolto elevato di nome Ini.Grazie ai suoi appunti, oggi tra i documenti d’archivio del museo, èpossibile ricostruire esattamente la posizione in cui gli oggetti furonoritrovati.

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È il tempo impiegato per ultimare il cantiere,che ha impegnato 110 maestranze. Nel corso dei lavori

sono stati impiegati 2.185 mc di calcestruzzo, 254.027 kgdi armature di ferro, 160.000 metri di cavi elettrici

�������È uno dei numeri di ingressi più alti fatti registrare dal museo,

nonostante i lavori in corso che impedivano la fruibilità di partedelle collezioni. Il record è stato stabilito nel 2011, in coincidenza

con le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità, con 577.042 presenze

È il budget straordinarioper la realizzazione del nuovoMuseo Egizio,così suddiviso:

Compagnia di San Paolo 25 milioni,Città di Torino 10 milioni,

Regione Piemonte 7 milioni,Fondazione Crt 5 milioni,

Provincia di Torino 3 milioni

Sono i reperti visibili nelle 15 sale del museo. A questi vannoaggiunti 10 mila pezzi che entro la fine dell'estate troverannoposto nei magazzini visitabili del primo e secondo soppalco.

Nei depositi sono custoditi altri 35 mila reperti minori

�È la superficie espositiva delnuovo Museo Egizio, dopo

l’acquisizione degli spaziprima occupati dalla

Galleria Sabauda. Primala superficie espositiva

era di 5000 mq

Storia della collezione

LafamigliadiPetamenofiA Londra si trovano i sarco-fagi di Soter, nonno del pic-colo Petamenofi, con quellodel bisnonno Kornelios Pol-lios, della zia Cleopatra e del-la cugina Tphous; a Berlinosi conservano i sarcofagi didue zie del bambino, Sensa-os e Tkhaut, quello di un al-tro cugino di nome Phaminise di una donna chiamataTekudja, ritenuta la madredi Petamenofi; a Leiden (Pa-esi Bassi) si trova il sarcofa-go di un’altra zia di nomeSensaos e infine a Parigi sitrovano il sarcofago e il suda-rio dello zio suo omonimo,Petamenofi detto Ammonio.

Mummia del bambinoPetamenofi, Epoca Romana(30 a.C. - 395 d.C.)

Jean-François Champollion(1824)

LastradaperMenfieTebepassadaTorino

Connessioni

Per non urtare i visitatori più sensibili,un cartello segnala la prossimità di resti umani.

INUMERI

Sarcofago di Ini,Primo Periodo Intermedio,

VII-XI dinastia(2118-1980 a.C. circa)

Attenti allamummia!

milametri quadrati

. oggettiesposti

milioni di euro

visitatori nel 2014

giornidi lavoro

Sala 8Sarcofago di ButehamonTerzo Periodo Intermedio,

XXI-XXIV dinastia(1076-723 a.C. circa)

Sala 15, Tempio di Ellesija(Sotto). Nuovo Regno, XVIII dinastia,regno di Thutmosi III (1479-1425 a.C.).

Il tempio è stato donato nel 1966dalla Repubblica Araba d’Egitto in segno

di gratitudine per il ruolo dell’Italianella campagna promossa per salvare i templidella Nubia che con la costruzione della digadi Assuan rischiavano di restare sommersi

Sala 6, Cappella di Maia(A sinistra). Nuovo Regno, XVIII-XX dinastia(1539-1077 a.C. circa). La tomba, appartenenteal pittore Maia e alla moglie Tamit,è tra i pezzi più importanti della saladedicata a Deir el-Medina, il villaggiodegli artigiani che lavoravanonella necropoli tebana della Valle dei Re

Vassalli. Che invece non ne fa menzionenei suoi manoscritti. Per Tiradrittisarebbe stato lui a dipingere le oche:«Potrebbe averle realizzate su unabanda di geroglifici o aver completatoun frammento preesistente, ma questopotremo scoprirlo solamente se ilMuseo vorrà sottoporle ad analisiscientifiche. Il mio desiderio per ora èche questa notizia susciti un dibattitotra i miei colleghi, perché il mondodell’egittologia ha bisogno di processidi verifica».

la Repubblica 34MERCOLEDÌ 1 APRILE 2015

R2Il caso

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3500 reperti,quattromilaanni di storiaDopo i restauririallestitol’intero edificio

LE TAPPE

LA NASCITANel 1824 il reCarlo Feliceacquistòla collezionedi reperti egizidi BernardinoDrovettie diede vitaal museo

GLI ACQUISTINegli anni Trentadel Novecento,dopo gli acquistidel direttoreErnestoSchiaparelli,il museo arrivòa contare oltre30 mila pezzi

I LAVORINel 2010 fuavviato unrestauro affidatoagli architettiAimaro e SaverioIsola. Lescenografie sonostate curate daDante Ferretti

MARINA PAGLIERI

TORINO

SI SCENDE nell’ipogeoscavato sotto il corti-le dell’edificio seicen-tesco di Guarini Gua-rini e si risale su scale

mobili fino alla sommità, lungoil tragitto un’installazione fir-mata dallo scenografo DanteFerretti che ripercorre il corsodel Nilo. L’approdo è alla saladell’Epoca Predinastica e del-l’Antico Regno, dove si trovanola mummia più antica, di 3500anni, e il primo tessuto dipintotra le piramidi, della stessa età.Di lì si parte per un viaggio lun-go due chilometri, che si artico-la su quattro piani e attraversacon 3500 reperti 4 mila anni distoria. Tra statue, oggetti dellavita quotidiana e monili espostia 360 gradi in vetrine comestanze di vetro e tecnologiaavanzata, tra papiri che messi

in fila superano i 200 metri — ilpiù lungo ne misura 18 — e sar-cofagi decorati restaurati contecniche di ultima generazio-ne, come se fossero Giotto o Ca-ravaggio. Nel percorso anche lemummie, la cui presenza è se-gnalata da bande rosse, giu-sto per mettere in guardiachi non gradisse la presenzadi resti umani. Lungo il tra-gitto testi guida anche inarabo, ed è la prima volta inEuropa.

Dopo cinque anni di la-vori e tre e mezzo di uncantiere costato 50 mi-lioni — finanziato permetà dalla Compa-gnia di San Paolo, ilresto è arrivato daComune, Regionee Fondazione Crt— si è inauguratoieri il nuovo Mu-seo Egizio. Piùche nuovo, è in

realtà un altro museo. Raddop-piato negli spazi — occupa i lo-cali un tempo della Galleria Sa-bauda, trasferita nella Manicanuova di Palazzo Reale e con-fluita nel Polo Reale — e rialle-stito secondo il progetto scien-tifico del direttore ChristianGreco. Che durante i discorsiinaugurali, alla presenza delministro Dario Franceschini,padrona di casa la presidenteEvelina Christillin, ha detto:«Finora si diceva che quella diTorino era la seconda collezio-ne al mondo di antichità egizie,farò in modo che questo sia an-che il secondo Museo Egizio delmondo».

Una corsa contro il tempo haportato alla vernice nei tempiprevisti, manca all’appello solola caffetteria pronta per l’esta-te sul roof garden della manicapiù moderna: «La scommessa

lazzo ospitava il Museo diScienze naturali. Quei localiospitano ora la Galleria dei Sar-cofagi, con pezzi del Terzo Pe-riodo Intermedio e dell’EpocaTarda, recuperati nel Centro diRestauro di Venaria, nell’am-bito di un progetto in cui sonocoinvolti i Musei Vaticani.

Tra le sorprese, anche la ri-costruzione (ma è una delle po-che concessioni spettacolari,Greco ha infatti limitato il 2.0ad app e videoguide) dellaTomba di Iti e Neferu, tra le cui“colonne” si intravedono lembidi paesaggio nilotico. Si chiudein bellezza nelle sale a luci sof-fuse dello Statuario, in cui si tro-vano in “assemblea” — per dir-la con Jean François Champol-lion, che accorse a vederle al-l’arrivo dall’Egitto — le enormisculture di divinità e sovrani.

vinta è di avere tenuto aperto ilmuseo durante il cantiere, rag-giungendo comunque nel2014 un record di presenze:adesso si può dire che ne è val-sa la pena», ha detto Christillin.

Ieri le prime visite, a partireda quella del mattino con Fran-ceschini, mentre in serata adaccogliere la comunità scienti-fica internazionale, e i curatoridei maggiori musei, anche dalCairo, c’era la collega dell’I-struzione Stefania Giannini.

«Si è adottato il termine“connessione” come fil rougedell’intero percorso», spiegaChristian Greco, 40 anni, di cuimetà trascorsi all’estero, inparticolare al Museo di Leyden.«Si è voluto ridare un contestoai corredi archeologici arrivatidagli scavi e collegare i reperticon i luoghi di provenienza econ oggetti presenti in altri mu-

sei europei. Ma la connessioneè anche con Torino: si raccontaperché queste raccolte straor-dinarie si trovino qui». Ecco al-lora, nel sotterraneo, l’area de-dicata alla città, dall’acquistodella collezione di BernardinoDrovetti nel 1824, da parte diCarlo Felice di Savoia, dopo cheil Louvre l’aveva rifiutata, agliscavi di Ernesto Schiaparelli,scopritore nel 1906 a Tebe del-la Tomba di Kha con i suoi 550reperti, cui sono dedicatiun’apposita sala e un video in3D.

Il percorso si snoda negli am-bienti barocchi recuperati daiprogettisti Aimaro e SaverioIsola: ed è un’altra scommessavinta. Durante il cantiere si so-no scoperti al primo piano, sot-to mani di intonaco, affreschiottocenteschi con temi anima-li, legati al periodo in cui il pa-

Gli spazi sonoraddoppiati: il progettoscientifico ha la firma deldirettore Christian Greco

TorinoMummie e appEcco il nuovoMuseo Egizio

I REPERTIQui soprae a fianco duesale del nuovoMuseo Egiziodi Torino dopoil restauro e ilriallestimentoA sinistra,un’immaginedell’esternodel museoLe foto sonodi AlessandroContaldo

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© RIPRODUZIONE RISERVATA

“Le Oche di Meidum sono una contraffazione”LA SCOPERTA/ PER LO STUDIOSO TIRADRITTI SAREBBERO DELL’OTTOCENTO

GIANNI SANTORO

ROMA. Le oche di Meidum potrebberoessere un falso d’autore. Lo sostienel’egittologo Francesco Tiradritti, chesul nuovo numero del Giornale dell’artemette in dubbio l’autenticità delframmento d’intonaco fatto risalireall’antico Egitto, «la Gioconda dell’arteegizia», e spiega i motivi che lo hannoportato a questa conclusione. Fino adattribuirlo a Luigi Vassalli di Milano,studioso dell’arte egiziana e pittore, cheasportò il reperto dal muro nel 1871quando lavorava come assistente diAuguste Mariette, responsabile degliscavi. I primi dubbi, spiega Tiradritti,direttore della missione archeologicaitaliana a Luxor e docente all’Universitàdi Enna, si sono insinuati quando, loscorso anno, per la prima volta haanalizzato le specie delle tre coppie di

oche raffigurate. Le oche granaiole e leoche collorosso non compaiono in altreopere egizie né risultano presenti a suddell’Europa meridionale. La secondaanomalia notata dal professore duranteuna visita al Museo del Cairo, dove sonoconservate le oche, è la tavolozza dicolori utilizzata, inusuale sia per l’arteegizia sia nel confronto con un altroframmento della cappella del reperto.Unica testimonianza del ritrovamentodel dipinto sarebbe quella dell’egizianoAlbert Daninos, che quindici anni dopoil ritrovamento citava il lavoro di

19il Fatto Quotidiano MERCOLEDÌ 1 APRILE 2 01 5

di Andrea GiambartolomeiTorino

Un nuovo percorso tra statue colossali,sarcofagi, mummie e altre migliaia di re-

perti per riscoprire una storia di 200 anni,quella del primo museo egizio del mondo, euna storia millenaria. Un’esposizione da ve-dere perché “presentiamo nella maniera piùcompleta possibile una civiltà alla base dellacultura occidentale”, dice il direttore Chri-stian Greco. Da oggi il Museo di antichitàegizie di Torino riapre i suoi spazi al pubblicoche potrà visitare gratuitamente l’esposizionefino alle 24 di stanotte. Riapre dopo cinqueanni di restauro durante i quali le sale sonorimaste aperte al pubblico e ilmuseo è cresciuto raggiun-gendo il record di visitatorinel 2014. Gli ultimi dieci me-si, poi, sono stati uno sprintgrazie all’arrivo di Greco, 40anni tra due settimane, un“cervello di ritorno” dopol’esperienza da docenteall’Università di Leiden e dacuratore del museo cittadino:“Abbiamo portato avanti unprogetto scientifico per ripen-sare il percorso – ha spiegato

ieri mattina –. Siamo riusciti ad assumere ottoegittologi al lavoro 16 ore giorno che hannosaltato pure le vacanze”.

I suoi collaboratori, sette deiquali sono under 30, sono sta-ti portati in Europa ad ana-lizzare gli allestimenti di altreesposizioni: “La valorizzazio-ne si fa rendendo compren-sibile in modo ampio il reper-to – spiega uno dei curatori,Enrico Ferraris –. Qui abbia-mo creato gli spazi intornoagli oggetti connettendoli, inmodo di non opprimere ilpubblico con la ricchezza delpatrimonio”. In questa ma-

niera l’Egizio “non è più una collezione an-tiquaria – spiega Greco –, ma è un museoarcheologico che mette insieme i reperti in uncontesto di ricerca”.

NELLE SUE SALE dislocate su quattro piani siracconta la storia dell’Egitto dal 4.000 a.C. finoal 700 d.C. e quella delle missioni archeolo-giche di Bernardino Drovetti nell’Ottocento equelle successive di Ernesto Schiaparelli, au-tore di molte scoperte a Deir El-Medina, vicinoa Tebe, come la cappella di Maia e i sarcofagidell’architetto Kha e della moglie Merit, maanche la tomba della regina Nefertari.I lavori per il restauro e il nuovo allestimentosono costati ben 50 milioni di euro: “Sono statimolti e per un bene culturale non è una cosa

usuale”, ha detto la presidente del museo Eve-lina Christillin. La metà di questa somma èarrivata dalla Compagna di San Paolo, la fon-dazione bancaria che è stata guidata dal pre-sidente della Regione Piemonte Sergio Chiam-parino il quale, durante la conferenza, ha di-feso la creazione di un ente museale pubbli-co-privato e la nomina alla sua testa della Chri-stillin, amica degli Agnelli, organizzatrice delleOlimpiadi invernali e collezionista di poltrone.In difesa dell’intervento dei privati è interve-nuto anche il ministro Dario Franceschini:“Dobbiamo rompere la barriera e portare ilprivato nella gestione delle risorse enormi delnostro paese”. Per Greco, invece, l’importanteè la ricerca “senza la quale il museo non ha unfuturo”.

di Elisabetta Ambrosi

Anche in casa Adel-phi gli animi sonoancora increduli:160.000 (e il nume-

ro è in crescita costante) sono lecopie che ha finora venduto illibro di Carlo Rovelli, Sette brevilezioni di fisica, ormai stabilmen-te in classifica da settimane: ot-tanta pagine che raccontano inmaniera limpida, affascinante econcisa la Teoria della relativitàgenerale di Einstein, la mecca-nica quantistica, l’architetturadell’universo, le particelle ele-mentari, la gravità quantistica, ibuchi neri, infine il modo in cuinoi possiamo pensarci nelmondo descritto dalla fisica.“Non nascondo che vedere il li-bro di Rovelli un po’ sopra Ste-phen King e un po’ sotto le Cin -quanta sfumature fa una certaimpressione”, racconta MatteoCodignola di Adelphi, ricor-dando l’analoga fortuna edito-riale del saggio Sei pezzi facili delfisico Richard Feynman.

“QUELLO di Rovelli è un libroemozionante e divertente checomunica a chi legge la sensa-zione che chiunque può avvici-narsi al mondo della scienza, ingenere considerato impervio.Ma il successo di un libro è sem-pre imprevedibile, anche se vadetto che l’Italia è un mercatoparticolare, dove libri impor-tanti – penso a un autore comeThomas Bernhard – si vendonopiù che nel paese di origine”.“Una rondine non fa primave-ra, ma già il fatto che ci poniamola domanda sul perché questolibro sta avendo tanto successodovrebbe farci riflettere”, spie-ga Massimo Bucciantini, stori-co della scienza all’Università diSiena, autore di libri su Galileo eKeplero e di recente di un sag-gio sulla storia della statua diGiordano Bruno (Campo dei Fio-ri. Storia di un monumento male-d e t to , Einaudi). Lui un’idea

chiara delle ragioni di questopiccolo exploit editoriale se l’èfatta e ci aiuta a capire di più. “Inprimo luogo si tratta di un’ope -razione editoriale intelligente, apartire dal titolo e in particolaredall’aggettivo ‘brevi’, che fa ca-pire che si tratta di un libro perchi la scienza non la conosce pernulla o quasi. In questo modo illettore digiuno di fisica vienemesso a proprio agio. Il secon-do motivo è che a differenza ditanti intellettuali aristocraticil’autore si mette in gioco conun’operazione intelligente didivulgazione. Ben vengano libricosì, che spiegano con chiarez-za e intelligenza concetti noncosì semplici. Vorrei ricordareche sono molti i Nobel che unavolta smessa la ricerca si dedi-cano, appunto, alla diffusione edivulgazione scientifica. Il terzomotivo per cui questo libro èimportante, evende, è che de-clina la scienzanon separandoladalla cultura: danoi ancora vigel’idea che lascienza sia solocalcolo, misura-zione”.Ma non basta: cisono poi anche ulteriori moti-vazioni che spiegano i motividel successo di questo piccolosaggio. “È un libro di segno in-verso rispetto alla retorica av-vocatesca e tribunalizia di que-sto paese che pervade anche i

programmi scolastici e anzi mipiacerebbe leggere un analogodi economia e politica”, conti-nua Bucciantini. “L’altro aspet-to vincente del saggio è che inun momento caotico mette inordine le idee seguendo la chia-ve della semplicità, e forse un al-tro motivo per cui si vende è chec’è un grande bisogno di ideechiare e distinte. Infine, è un li-bro che non ha nessun finali-smo, sostiene che la scienza e lafede debbano restare separate eanzi il finale è all’insegna di Lu-crezio”.

MOLTO PIÙ scettico, casi edito-riali a parte, sulla fortuna dellascienza e della divulgazionescientifica nel nostro paese è ilpedagogista Benedetto Vertec-chi, che pure ha apprezzato il li-bro di Rovelli. “Non credo che ilfatto che un libro abbia succes-

LA CHIAVE

Lo storico Bucciantini:

“In un momento

caotico mette in ordine

le idee seguendo la

chiave della semplicità.

Ce n’era bisogno”

Ci vuole un fisico bestialeper vincere la sfida in libreriaIL LIBRO DI ROVELLI HA VENDUTO 160MILA COPIE ED È DA SETTIMANE IN CIMA ALLE CLASS I F I C H EÈ SOLO MERITO DELL’AUTORE O ABBIAMO COMINCIATO A INTERESSARCI ALLA SCIENZA?

L’I NAU G U RA Z I O N E

Riapre il Museo che

racconta 4.700 anni

di storia antica.

Sono serviti 5 anni

e 50 milioni di euro

per ristrutturarlo

so consenta di fare inferenzesull’impatto che ha davveronella cultura della popolazione.160 mila copie sono tante, ma sefacciamo un confronto, adesempio, con il numero di per-sone che leggono gli oroscopi èfacile capire che la culturascientifica sta messa propriomale. Insomma, va benissimoche ci siano libri che aprano laprospettiva, ma quella occiden-tale sta diventando una culturaantiscientifica perché si accon-tenta di pseudoscienza che nonrichiede alcun pensiero o dimo-strazione.Pensiamo alle infinite medicinealternative che non dimostranonulla o alle infinite ricette di mi-gliorismo sociale cui non cor-risponde alcuna analisi storica:insomma sembra interessare dipiù il magico che non la capa-cità di argomentazione e la co-noscenza per cause di aristote-lica memoria. Altrimenti non cichiederemmo perché, se andia-mo nelle università, troviamouno studente di fisica per deci-ne di studenti di facoltà di mu-sica o spettacolo”.

di Luca Pisapia

Adue anni di distanza dallasentenza del Tribunale

Nazionale Antidoping, che losqualificava per avere assuntoEpo in vista delle Olimpiadi diLondra 2012, il marciatore az-zurro Alex Schwazer torna inpista. Non lo fa sull’asfalto o sultartan delle piste d’atletica, madietro una scrivania, in unaconferenza stampa convocataper oggi a Roma presso la sededella Fnsi. Al suo fianco il pro-fessor Sandro Donati, vera epropria icona dell’antidopingitaliano, colui che con le sue de-nunce fece saltare il sistema diconnivenza tra il Coni e il Cen-tro Studi Biomedici di France-sco Conconi, e il professor Da-rio D’Ottavio, altro luminaredell’antidoping nonché mem-bro della Commissione di Vigi-lanza sulla legge 376/2000 inmateria di doping. La conferen-za, inoltre, avrà il supporto e ilpatrocinio dell’associazione Li-bera. “È come mettere insieme ildiavolo e l’acquasanta”, diceGiulia Mancini, che di AlexSchwazer è manager e portavo-ce, a proposito di questo stranoincontro tra l’oro olimpico nel-la 50 km di marcia a Pechino2008, reo confesso di avere uti-lizzato epo per migliorare le sueprestazione in vista dell’Olim -piade successiva, e i due nomipiù importanti della lotta al do-ping nel paese. Da Libera fannocapire che sarà illustrato unprogramma di collaborazione

sportiva tra il marciatore azzur-ro e il professor Donati, che del-la associazione fondata da donLuigi Ciotti è consulente. Gliappassionati però non l’hannopresa bene, e sui social networksi chiedono se non sia solo untentativo di Schwazer per otte-nere dalla Fidal un’apertura dicredito in vista delle qualifica-zioni a Rio 2016.

LA SQUALIFICA del podista az-zurro, che il 30 luglio 2012 elusei controlli antidoping con lacomplicità dell’allora fidanzataCarolina Kostner, salvo poi es-sere beccato la sera stessa a unaltro controllo, termina infatti il29 aprile 2016: troppo tardi peril limite Fidal di ottobre 2015, intempo per quello internazionaledell’11 luglio 2016. In realtà, aldi là del ritorno o meno dell’atle -ta in tempo per Rio 2016 (c’è an-che il problema di dove allenarsinel frattempo), il motivo piùprobabile di questo strano in-contro tra il diavolo e l’acqua -santa è nella stretta collabora-zione che Schwazer ha comin-ciato a intrattenere con Donati econ la Procura di Bolzanonell’ambito dell’inchiesta suldoping. Dopo aver vuotato ilsacco su quanto fatto in passato,un piano di allenamento all’in -segna della pulizia, e della pos-sibilità o meno di raggiungeredeterminati risultati in assenzadell’assunzione di sostanze vie-tate, assumerebbe un altro si-gnificato.

Twitter @ellepuntopi

SECONDO TEMPO

La nuova vita delle mummie d’EgittoTO R I N O

LO SCIENZIATOCarlo Rovelli, 58 anni,è uno dei fondatori dellagravità quantisticaa loop La Pre ss e

Schwazer, la marciadel pentimentosotto l’ala di “Libera”

OBIETTIVO RIO 2016

SETTE BREVILEZIONI DI FISICACarlo RovelliAdelphi, pagg. 88, ¤ 10,00

Il ministro dei Beni culturali Franceschini ha partecipato ieri all’inaugurazione del nuovo Museo di antichità egizie di Torino Ansa

TEATRO Presentato il cartellone per Venezia e Padova: Balasso, Cescon, Arlecchino, Grande Guerra

Stabile Veneto, scoppia la Primavera

5 anni di lavorocosto 50 milioni

TORINO - Da oltre 200 anni,da quando cioè Re Carlo Feli-ce acquistò la collezione direperti Drovetti dando vita alprimo Museo Egizio al mondo- ancora più antico di quellodel Cairo - Torino è la culladella cultura di piramidi,mummie e sarcofagi fuoridall'Egitto. Oggi, con l'inaugu-razione del nuovo allestimen-to, lo è ancora di più. Perchéquello che il ministro per iBeni culturali Dario France-schini ha definito uno «strepi-toso successo mondiale» èmolto di più che un semplicerestyling.

Accompagnato dalla Fonda-zione Museo Egizio, EvelinaChristillin, e dal giovane diret-tore Christian Greco, France-schini si è trovato di fronte adun museo che non è nuovosoltanto nel nome - NuovoMuseo Egizio, appunto - e nellogo.

«Oggi i musei devono rap-presentare per il visitatoreuna vera esperienza, è cam-biato totalmente il modo difruire delle collezioni musea-li. E l'Egizio di Torino inter-preta perfettamente questanuova filosofia», ha sottolinea-to il ministro, che parla di «unallestimento molto moderno,in cui non c'è affollamento diopere, ma ampi spazi chepermettono un'ottima fruizio-ne». E che valorizza al meglioanche «la parte didattica, condelle spiegazioni fatte moltobene».

Un «modello per l'Italia»,insomma, reso possibile «gra-

zie alla collaborazione trapubblico e privato», come haricordato anche il presidentedella Regione Piemonte, Ser-gio Chiamparino.

Una conferma, per il mini-stro Franceschini, dell'impor-tanza delle Fondazioni, ritenu-te «fondamentali per la tutelae lo sviluppo del nostro im-menso patrimonio culturale».Il tutto rispettando tempi ecosti, a cui hanno contribuitoin modo determinante la Com-pagnia di San Paolo e laFondazione Crt.

«Siamo felici di esserci riu-sciti - commenta soddisfattala presidente Christillin -.Ora abbiamo un mesi di ro-daggio per offrire al pubblicodi Expo un museo perfetta-mente fruibile».

Questo l'obiettivo di un mu-seo e di una città che ilsindaco Piero Fassino defini-

sce «capitale dell'egittologiamondiale dopo il Cairo». Esulla cui bellezza sono tuttid'accordo: dal presidente del-la Figc Carlo Tavecchio alcantante Al Bano, dal calciato-re della Juventus AngeloOgbonna a esperti della comu-nità scientifica e del mondoegizio. Come Gihane Zaki,direttore dell'Egyptian Aca-demy di Roma, che ha presoparte all'inaugurazione in rap-presentanza del governo egi-ziano. «Noi egiziani qui cisentiamo a casa, riviviamo lasuggestione delle sale del Mu-seo Tahrir del Cairo, per ilquale auspico - sottolinea - unrinnovamento come questo».

Il miglior complimento arri-va però dal pubblico: perl'apertura gratuita di oggi,dalle 9 alle 23, le prenotazionisono esaurite. Non resta quin-di che mettersi in coda.

Rinasce il museo. Il ministro Franceschini lo promuove:«Strepitoso successo mondiale, moderno per concezione»

Torino, la nuova"capitale" d’Egitto

CHIAMPARINO

Il presidentedella Regione:«Un modelloper tutta l’Italia»

�� MERAVIGLIE ANTICHE Una delle sale più importanti del nuovo Museo Egizio

«L’abbiamo chiamata “Primave-ra teatrale” per dare un segnodel rinnovamento dello Stabiledel Veneto e per condividerecon il pubblico quanto proporre-mo nell’immediato futuro conartisti veneti»: il direttore arti-stico Massimo Ongaro, dopoaver arricchito la stagione diprosa ereditata da Gassmanncon la rassegna “off” Super-start, rafforza la nuova vocazio-ne richiesta dalla promozione ateatro nazionale con un “venetoatelier d’artisti”.

Un’assoluta novità: il pubbli-co è infatti invitato a assistere(gratuitamente) alle prove ealle letture sceniche cha daran-no vita a sei spettacoli dellastagione 2015-16 tra il Verdi diPadova e il Goldoni di Venezia,con un debutto estivo a Verona,dove lo Stabile può contare suun nuovo socio, la fondazione

Atlantide. Sei le anteprime traaprile e maggio, suddivise tracinque aree tematiche: ParoleContemporanee, Progetto Gio-vani, Officina Goldoni, Incuba-tore Produttivo e Teatro e spiri-tualità. Alla prima appartiene “La cativissima – epopea di ToniSartana” di e con Natalino Ba-lasso, in prova con altri seiattori il 13 e 14 aprile al Ridottodel Verdi e il 15 al Goldoni.«Potrebbe essere l’inizio di unatrilogia - preannuncia Ongaro,assai divertito da questa com-media - francamente esilaran-te».

Tutta da scoprire la compa-gnia reclutata da Babilonia Tea-tri con provini video online: il

pomeriggio del 23 aprile affron-terà per il pubblico un breveestratto di “Davide è morto”alla fine di un laboratorio diquattro giorni. Per lo Stabilereciterà finalmente Michela Ce-scon: il 4 maggio al Ridotto delVerdi leggerà alcuni brani dalmonologo “Il testamento di Ma-ria”, poi in scena con la regia diMarco Tullio Giordana in copro-duzione con lo Stabile di Torino.Rivolto ai ragazzi delle scuolesuperiori “I maggiorenni” diTiziano Scarpa con una compa-gnia diretta dal padovano Gior-gio Sangati: il 27 aprile sempreal Ridotto il pubblico assisterà auna lettura del testo.

Due gli spettacoli in prepara-

zione per “Officina Goldoni”,destinati ad animare l’estateveneziana, con un’attenzioneparticolare ai turisti: Sangatisarà il regista di “Arlecchinoservitore di due padroni “ –prove aperte il 20 aprile –mentre Giuseppe Emiliani stamettendo a punto il cast per “Irusteghi” (la presentazione l’11maggio al Goldoni), che debutte-rà nell’estate teatrale veronese.

La “Primavera” dello Stabileprevede anche un concorso so-stenuto dalla Regione per nuovitesti sulla Grande Guerra: tregli autori selezionati, in premiouna lettura scenica, più un even-tuale, se meritato, allestimento.

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CULTURA& SPETTACOLI

DIRETTORE Massimo Ongaro

Caterina CisottoPADOVA

Dietro il "miracolo" torinese c’èanche il nuovo direttore ChristianGreco, vicentino appena quaran-tenne, approdato all’ombra dellaMole nel febbraio del 2014 dalMuseo di Antichità di Leiden,dopo varie esperienze anche ar-cheologiche.

Greco è stato fedele a quantoaveva proclamato appena nomina-to: «Vorrei riportare Torino alcentro dell'egittologia internazio-nale, intensificando l'attività

scientifica. Va bene inseguire ilnumero di visitatori, ma per legar-li al museo bisogna che il pubblicosia stimolato a tornare in un'istitu-zione viva, in cui si fa ricerca».

Ribadendo questo concetto ieriha aggiunto che «il nostro ora è unvero museo archeologico ragiona-to, non un'antologia dalla A alla Z.Un museo che ha capito il valoredello straordinario racconto di sestesso, della sua storia bicentena-ria».

IL NUOVO DIRETTORE Il 40enne vicentino Christian Greco soddisfatto

«Vogliamo stimolare un pubblico vasto»

Un cantiere da 50 mi-lioni di euro, tra i piùgrandi in Europa, sen-za chiudere neppureun giorno al pubblico,nei 5 anni di lavoro. Èla grande sfida vintadal Museo Egizio diTorino, che il pubbli-co ha premiato con unnumero di presenzerecord. Nel 2014 i visi-tatori sono stati infat-ti 567.688, in aumentorispetto all'anno re-cord delle Olimpiadiinvernali del 2006,quando furono529.911. Numeri chehanno consentitoall'Egizio di essere frai primi dieci museipiù visitati d'Italia efra i primi cento delmondo.

Il nuovo percorsomuseale si articola suquattro piani, nellostorico Palazzodell'Accademia delleScienze, e copre unarco temporale cheva dal 4000 aC al 700dC.

Ben oltre 30.000 ipezzi presenti, che co-prono il periodo dalpaleolitico all'epocacopta.

PG 21Mercoledì 1 aprile 2015

Corriere della Sera Mercoledì 1 Aprile 2015 TERZA PAGINA 33

di Francesco Piccolo

C i sono personaggi, in certi romanzi,che fanno simpatia o addirittura con-quistano, attraverso la loro incapacitàdi stare al mondo, il caratteraccio, alle

volte perfino l’antipatia. È successo molte volte, fino anche a creare negli ultimi anni un mito che è diventato prima un prototipo e poi uno stereotipo letterario, quel Barney che in molti hanno amato. Adesso, Giuliano Sconforti, il protagonista del nuovo libro di Sebastiano Mondadori, Gli amici che non ho (Codice, pp. 264, � 14.90), ci racconta che ha passato l’esistenza a dilapidare amicizie e amori, matrimoni e adulteri, potenzialità reali o immaginate; è stato capace di perdere occasioni una dietro l’altra e di buttare via ogni possibile talento «perseguitato dalla stessa classe malata di Marco Van Basten, costretto al ritiro a ventotto anni, nel fulgore di una carriera destinata all’Olimpo, per col-pa delle cartilagini friabili della caviglia».

Ecco, le cartilagini friabili di Giuliano Sconforti stanno tutte nella sua testa e nel sue cuore malandatissimo. Lui, come dichia-ra molte volte, anche tra le righe, si occupe-rebbe soltanto di donne e di modi per trova-re del denaro, ma in verità il rullo compres-sore della sua confusione e del suo rancore verso il mondo finiscono per prendersi il senso e il tono del romanzo e trasformarlo in una specie di invettiva che sembra essere contro tutti gli esseri umani del mondo e invece non è difficile scoprire abbastanza presto che è soltanto contro se stesso.Finge

di raccontare il male chegli hanno fatto, in realtàvuole raccontare il maleche ha fatto. E infatti è daquesta attività che si puòfare letteratura, molto piùche dalla passività, dallamemoria di aver subito.

Assistiamo quindi sia alracconto sincopato, bril-lante e perfido, del suopassato lontano e recen-

tissimo sia siamo autorizzati a presenziare – come studenti di medicina quando vengono fatti accomodare in sala operatoria per par-tecipare (senza toccare) all’operazione deli-cata – all’ultimo ossessivo errore, quello di provare ad amare Miriam; e di fallire, come al solito.

Insomma, se non è la trama ad accompa-gnarci lungo le pagine de Gli amici che non ho, allora è questo composto di memoria rancorosa e lamento divertito. Il suo difetto, semmai, è di scommettere in pieno su se stesso e lasciare una sola entrata al lettore per restare aggrappato alla storia. Ma Mon-dadori, in compenso, ci mette tutta l’energia e la lingua che possiede per conquistare chi legge, per tirarlo dentro. Lascia le briglie e si fa guidare da Sconforti in una gimcana lin-guistica ed esistenziale che non risparmia molto, a se stesso e al lettore; il protagonista si aggrappa alle vicissitudini del nonno per far cercare dentro se stesso un’epica che non sa se gli appartiene o no e si aggrappa ai weekend con i figli, per riuscire a dimostrare che c’è qualcosa, davanti a lui, che ha ancora ragione da consumare, ha ancora senso, in qualche modo che nemmeno lui sa cogliere e mettere a fuoco.

Eppure la sensazione, alla fine, è che le vere protagoniste di questo libro siano le donne. Viste non dal buco della serratura, ma dal punto di vista di un maschio che ar-ranca – il che è anche peggio. Ci sono perso-naggi come la Zita, l’Ebrea errante, la Vedova che sono prima disegnati in modo rapido e spietato, e poi tornano e si solidificano pian piano, e in qualche modo – ed è forse questa la forza del romanzo – a furia di essere deni-grati, crescono come se la denigrazione fosse un’involontaria dose massiccia di lievito che rende ognuno di questi personaggi più gran-de e più commovente del protagonista.

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Ricco, colto,

amante di sigari

e monete

antiche, Max

Carrados legge il

giornale

sfiorando con i

polpastrelli le

parole e intuisce

il carattere di

una persona dal

ritmo

dell’andatura.

Eccentrico? Più

che altro cieco.

Ma le avventure

di questo

straordinario

investigatore,

scritte fra il 1914

e il ’34, non

hanno nulla da

invidiare, parola

di Orwell, a

quelle di

Sherlock Holmes

(Il detective cieco di Ernest Bramah,

Castelvecchi,

traduzione di

Fernando Rocca,

pp 96, � 12,50)

Nella Bolivia anni

80, il quindicenne

Roberto fa

l’apprendista

scrittore

plagiando racconti

gialli e

ambientando le

sue storie

nell’immaginario

Río Fugitivo.

Finché una

misteriosa

scomparsa

mescolerà le

carte, rendendo

permeabile il

confine tra

finzione e realtà.

Poliziesco e

romanzo di

formazione

s’intrecciano,

sotto il nume del

Vargas Llosa de La città e i cani (Río Fugitivo di

Edmundo Paz

Soldán, Fazi,

traduzione di

Carla Rughetti, pp.

480, � 18)

a cura diRoberto Iasoni

UN TEATRODI PERSONAGGIRIDICOLI

Elzeviro / Sebastiano MondadoriSegnalibro

La nuova vita del Museo Egizioche adesso parla anche arabo

Inaugurazione a Torino dopo il restauro

ciato del Nilo» che fiancheggia la scalamobile che dall’ipogeo (che accoglie biglietterie, guardaroba, bookshop, la-boratori, servizi) porta ai piani alti. Trai tanti recuperi: la decorazione otto-centesca della volta della Galleria deisarcofagi, l’allestimento del transettopensato dal grande direttore ErnestoSchiaparelli e lo scalone in marmobianco, sempre ottocentesco, del Maz-zucchetti.

Un esempio da seguire (un esempiobuono per tutta l’Italia) «di come unacittà industriale come Torino possa fe-licemente riciclarsi in luogo d’arte», haspiegato il ministro dei Beni e delle At-tività culturali Dario Franceschini, tra ipresenti alla cerimonia di inaugurazio-ne ufficiale di ieri con il sindaco PieroFassino, il presidente della RegioneSergio Chiamparino e quello dellaCompagnia di San Paolo (tra i soci fon-datori della Fondazione Museo Egizio,che ha «fornito» 25 dei 50 milioni delcantiere) Luca Remmert. Tra i presentinella lunga giornata di ieri, scandita,da preview per la stampa, per i politici,per i «personaggi» e per gli studiosi, sisono visti Davide Rampello, il ministroall’Istruzione Stefania Giannini, il pre-sidente della Lega Calcio, Carlo Tavec-chio.

La presidente della Fondazione Eve-lina Christillin, definita di volta in volta«una macchina da guerra» o un «car-rarmato di terza generazione», oltre asottolineare il gioco di squadra dello staff e i tempi rispettati, ha detto che«questo progetto mi fa sentire orgo-gliosa di essere italiana e mi ha fattopersino venire giù qualche lacrima». Eha fatto i migliori auguri anche al-l’Expo di Milano: «Un’occasione uni-ca». Non a caso una ciotola predinasti-ca dell’Egizio sarà anche tra i simbolidel Padiglione Zero.

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Direttore

� Sopra: il

direttore del

Museo Egizio di

Torino,

Christian Greco

(nato a

Arzignano, in

provincia di

Vicenza, nel

1975): Greco è

stato docente

universitario

nei corsi di

Egyptian e

Archaeology of

Nubia and

Sudan presso

l’Università di

Leiden, la più

importante dei

Paesi Bassi. In

alto: uno

scorcio del

nuovo

allestimento

dell’Egizio: il

progetto è

stato firmato

dal gruppo

Isolarchitetti

(Ansa)

TORINO Il rischio maggiore era quello ditrasformare fin troppo. Di togliere, coni lavori di un cantiere lungo cinque an-ni costato 50 milioni di euro, il fascinodi un museo come l’Egizio di Torino(duecento anni di storia alle spalle): ilpiù importante del mondo dopo quel-lo del Cairo, tra i primi 10 più visitati inItalia (567.688 gli ingressi, in crescita,nel 2014). Scommessa vinta: il nuovoEgizio, raddoppiato negli spazi (10 milametri quadrati quelli ora a disposizio-ne per 4.500 oggetti esposti) anchegrazie all’annessione con la vecchiaGalleria Sabauda, sembra davvero unaltro museo, ma dell’antico (scaturitodall’intuizione e dalla collezione diBernardino Drovetti) ha mantenutotutto l’incanto.

Un percorso velocizzato, più agile epiù chiaro che comincia dall’ipogeo, soprattutto per quello che riguarda ilprimo e il secondo piano; grandi techedi vetro e alluminio al posto dei classicicontenitori tardo ottocenteschi (checomunque fanno la loro comparsa in alcuni angoli del percorso); una seriedi metastorie (di uomini e di scoperte;da Jean-François Champollion allatomba di Kha) che corrono, anche fisi-camente (grazie a pannelli e video), inparallelo a quelle dei reperti.

Il direttore Christian Greco, classe1975 da Arzignano, provincia di Vicen-za, esempio felice di cervello italiano infuga poi ritornato in patria dall’Olanda,in meno di dieci mesi dal suo arrivo harivoltato il museo. E spiega: «L’Egiziovuole essere un grande museo per stu-diosi, ma anche un luogo per i giovanie per chi voglia scoprire come questescoperte sono avvenute. Questa non èun’inaugurazione, ma un nuovo ini-zio».

Un inizio dove, accanto alle indica-zioni in italiano e in inglese, compaio-no finalmente anche quelle in linguaaraba: «Per capire quanto l’Egitto siastato importante per la nostra cultura»(e proprio per questo il giovane Grecosi appresta a partire a maggio per unacampagna di scavi a Saqqara).

Quello che oggi inaugura è dunqueun museo completamente rinnovatograzie al progetto firmato da Isolarchi-tetti (mattoni pieni, malta di calce, laluce arriva dall’alto) e con le scenogra-fie del premio Oscar Dante Ferrettiche, con il suo Statuario pensato in oc-casione dell'Olimpiade invernale diTorino 2006, ha dato in qualche modoil via a questa mutazione: suo è tra l’al-tro il bellissimo pannello «che rendeomaggio a Burri raccontando il trac-

Ingresso gratuito

Oggi aperto sino a mezzanotteIl Museo Egizio di Torino (via Accademia delle Scienze 6, Tel 011 44 06 903, www.museoegizio.it) aprirà al pubblico oggi, mercoledì primo aprile, con una giornata «a ingresso gratuito» che vuole essere «un ringraziamento alla città e a chi ha continuato a visitarci nonostante i cantieri). Apertura, dalle 9 alle 24 (l’ultimo alle 23) con ingressi suddivisi in fasce orarie, una ogni trenta minuti (per prenotare sarà sufficiente collegarsi al sito www.egizio1aprile.it). La giornata di

domani sarà dedicata anche alla Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro che sarà presente per raccogliere fondi per l’Istituto di Candiolo. Tra le collaborazioni eccellenti, quelle con il Centro di restauro della Venaria Reale, con gli Scarabei (l’associazione dei soci fondatori) e quella con i Musei Vaticani a cui deve il Vatican Coffin Project, un sofisticato protocollo di indagine a cui è dedicato il percorso all’interno della Galleria dei sarcofagi.

1933-2015Addio a Franco Sciardelli, stampatore di Breradove Sciascia era di casa

Grande stampatore fin dagli anni Sessanta

nel cuore di Brera a Milano, è morto Franco

Sciardelli (nella foto), nato nel 1933,

palermitano di nascita ma giunto nel 1949 a

Milano e qui divenuto maestro nella stampa

di acqueforti, litografie, xilografie, editore e

appassionato — da lettore e da collezionista

— di libri. Oltre ai «fogli» a stampa, molti i

libri preziosi che aveva realizzato, in tirature

di massimo trecento copie, lavorando con

artisti come Guttuso, Migneco, Dova e con

autori come Leonardo Sciascia — che

durante i suoi soggiorni milanesi amava

rifugiarsi nell‘officina dell’amico, d’altronde

frequentata da altri amici scrittori come

Bianciardi e Consolo. Tra le opere da

ricordare, il trattato del Philobiblon di

Riccardo De Bury, testo saggistico di

bibliofilia del 1344, che Sciardelli aveva

pubblicato con tavole xilografiche di Mimmo

Paladino, e il volume La strega e il capitano,

di Sciascia (1989), con 16 incisioni di Aligi

Sassu. Alla carriera di Sciardelli la Biblioteca

Trivulziana di Milano aveva dedicato una

mostra nel 1996, «L’immagine e il torchio. Le

stampe e i libri di Franco Sciardelli 1966-

1996», di cui realizzò il catalogo. Il funerale

oggi in Sant’Ambrogio, alle ore 14.45.

Ida Bozzi© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sebastiano

Mondadori

dal nostro inviato Stefano Bucci

SimboliStatua di Waka esposta nella Sala

del Medio Regno (Lapresse)