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Antonio Trotti La Frontiera Nord in Valvarrone alla scoperta dei manufatti storico-militari e di altre bellezze del territorio Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, Riviera Progetto For.Ti-Linea Cadorna 2013

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Antonio Trotti

La Frontiera Nord in Valvarrone

alla scoperta dei manufatti storico-militarie di altre bellezze del territorio

Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, RivieraProgetto For.Ti-Linea Cadorna

2013

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La Frontiera Nord in Valvarronealla scoperta dei manufatti storico-militari e di altre bellezze del territorio

Pubblicazione realizzata dalla Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, Rivieranell’ambito del progetto “ForTi-Linea Cadorna” finanziato con fondi del Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera 2007-2013

Coordinamento editoriale: Giacomo CamozziniTesti e immagini, dove non diversamente indicato: Antonio TrottiPrezioso il contributo di Luca Fiorucci per i contenuti non di carattere storico-militareDocumenti e immagini storiche: Archivio del Museo della Guerra BiancaMappe di dettaglio realizzate su Carta Tecnica Regionale della Regione Lombardia voli 80, 91 e 94

Progetto grafico e impaginazione: Graffiti - VareseCopertina e relativa immagine: Antonio Trotti

Si ringraziano con calore tutti coloro che in questi anni hanno dato una mano nel difficile lavoro di ricerca sul territorio che qui è in piccolo rappresentato: Giacomo Camozzini, Barbara Vitali, Walter Belotti, Stefano Cassinelli, John Ceruti, Marco Ghizzoni, Celestino “Giuseppe” Franzetti,Francesca Boldrini, Valentina Conca, Giorgio Colombo, Giulio Zanetti, Luca Buzzella, Mauro Bazzi, Luca Fiorucci, Edo Brichetti, Lindo Mellesi, Andrea Arnoldi, Placido “Dino” De Luca, Maria Zavagnin, Matteo Rossi, Valter Cornara, Pietro Dell’Era, Ivan Piazza, Christian Mornico, Sergio Monti, Dante Pedroncelli, Luca della Bitta, Luigi Ghelfi, Emanuele Ferrari e poi Laura Merletti, Bruno Iacovone, Lorenzo Bassi, Giuseppe “Baffo” Banfi, Giulia Arnoldi, Davide Vaccari, Marcello Villani, Fosco Massimiliano Magaraggia, Rita Ferrandi, Vittoria Gnocchi, Veronica Casnati con Piccarda e Bernardo Trotti.

copyright 2013Comunità Montana Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, Riviera - www.valsassinacultura.itMuseo della Guerra Bianca in Adamello - www.museoguerrabianca.itProprietà grafica e letteraria riservata.

ISBN 978-88-904522-3-9

Stampato in Italia1a edizione 2013

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Prefazione

Percorrere con lentezza le valli e le montagne della Lombardia garantisce molte emozioni, come la scoperta di suggestive opere militari; si tratta di un’occasione rara per ritrovare con calma la storia e l’identità dei nostri territori attraverso l’attività all’aria aperta, muovendoci in una cornice di turismo culturale a sfondo storico.Questo piccolo libro ci porta a visitare la porzione inferiore della Valvarrone e le pendici occidentali del Monte Legnone, un territorio del Lecchese poco esplorato ma prezioso dal punto di vista ambientale e paesaggistico.E’ qui che troviamo alcune fra le più interessanti realizzazioni militari moderne presenti sul territorio delle provincia di Lecco, appartenenti al sistema difensivo italiano alla Frontiera Nord verso la Svizzera; è questo il monumentale complesso di opere realizzato dal Regno d’Italia per proteggere una parte importante del proprio confine settentrionale. Ma scopriamo anche altri oggetti: santuari, villaggi e boschi antichi, moderne infrastrutture per lo sfruttamento delle risorse, segni di una cultura secolare fatta di lavoro, spiritualità e cura per i luoghi e per le cose.Ambiente, paesaggio e storia si confondono in posti dove è necessario camminare in punta di piedi, attenti a ciò che incontriamo. Là dove è nostro il compito di provvedere alla difesa del territorio e della sua bellezza attraverso la riscoperta e la valorizzazione dei suoi elementi caratteristici e delle sue eccellenze.

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Sommario

Prefazione 3

La Frontiera Nord: un confine da difendere 6

Il territorio della Valvarrone e del Monte Legnone 10

Geografia 12

Geologia 13

Ambiente 14

La Frontiera Nord tra Alto Lario e Valvarrone 16

Il Forte al Montecchio Nord e le difese di Colico 19

Il complesso difensivo del Monte Legnoncino 21

Le strade militari della Valvarrone 23

1. Il complesso trincerato al Sasso di Corenno 26

2. Le caserme blindate del Paùl e del Duello 30

3. L’appostamento in caverna al Loco Tocco 34

4. L’appostamento blindato ai Roccoli di Artesso 38

5. Il complesso ai Roccoli Lorla 42

6. Il complesso alla vetta del Legnoncino 46

7. Al Monte Legnone 50

Informazioni turistiche 54

Bibliografia essenziale 55

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La Frontiera Nord: un confine da difendere

Le Alpi, montagne meravigliose, costituiscono una barriera imponente che, nei secoli, ha separato le popolazioni dei due versanti. Ma l’arco alpino non è impenetrabile: come i monti hanno diviso i popoli delle valli alpine, così i valichi li hanno uniti, in pace come in guerra.La Frontiera Nord o, meglio, il sistema difensivo alla Frontiera Nord verso la Svizzera (impropriamente noto come Linea Cadorna) è un complesso di opere militari ideato a partire dal 1871 dal neo costituito Regno d’Italia per

proteggere il proprio confine verso la Confederazione Elvetica da eventuali aggressioni provenienti dalla Francia, dalla Germania, dall’Austria o anche dalla stessa Svizzera: per questioni politiche ed economiche il sistema fu poi effettivamente realizzato soltanto nei primi due decenni del Novecento, a partire dal 1904.La Frontiera Nord, estesa per 280 chilometri lungo l’arco alpino - dal Monte Dolent, posto all’estremo nord-occidentale della Val d’Aosta, fino al Passo dello Stelvio, limite nord-orientale della Lombardia -, addensa le proprie opere in corrispondenza delle principali direttrici di transito provenienti dai

La Frontiera Nord e il suo rapporto con le possibili vie di penetrazione verso la valle del Po (da Rovighi 1987, modificata e integrata su cartografia © De Agostini, 2007)

A lato: l’organizzazione difensiva alla Frontiera Nord durante la Prima Guerra Mondiale (tratta da: Rovighi 1987)

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più importanti passi alpini, ossia delle più facili vie di penetrazione verso la Pianura Padana, riservando presidi minimi o nulli là dove le montagne e le valli impervie impediscono naturalmente ogni eventuale movimento di truppe.Se in Valle d’Aosta le poche fortificazioni sono concentrate nel vallone del Gran San Bernardo, in Piemonte la Frontiera Nord comprende le fortificazioni della Val Divedro, della linea Massone-Bara-Proman e del Montorfano - poste a sbarramento delle direttrici del Sempione e, più in generale, della valle del Toce - e quelle che dal Monte Zeda si estendono a oriente verso il Lago Maggiore, volte ad impedire l’accesso in Italia dalla sponda occidentale del Verbano.Nel suo tratto lombardo la Frontiera Nord copre, in linea d’aria, oltre 160 chi-lometri, dal Lago Maggiore sino al Passo dello Stelvio: il sistema attraversa

il territorio delle province di Vare-se, Como, Lecco e Sondrio, e si ad-densa nell’Alto Varesotto e nel Lario Intelvese, ai due lati del saliente ticinese (territorio svizzero profon-damente incuneato in direzione di Milano che racchiude l’importante direttrice del San Gottardo), oltre che nell’area dell’Alto Lario (punto di sbocco della direttrice della Val Chiavenna proveniente dai Passi Spluga e Maloja, e di quella della Valtellina, dai Passi Bernina, Fosca-gno, Stelvio e Aprica-Tonale).

Si tratta di un sistema costituito da oltre un centinaio di capisaldi d’artiglieria per pezzi di medio calibro, oltre che da numerosi altri per pezzi di piccolo calibro, con osservatori, caserme, magazzini e opere accessorie, il tutto servito da una fitta rete di strade, mulattiere e sentieri. I capisaldi, fra cui spiccano tre appostamenti corazzati e sei in caverna, sono protetti da una o più linee di trincee con centinaia di postazioni per fucilieri e mitragliatrici, difese un tempo da reticolati di filo spinato.Gran parte delle opere fu realizzata durante la Prima Guerra Mondiale,

Operai militarizzati in Lombardiasu un cantiere della Prima Guerra Mondiale (Museo della Guerra Bianca, archivio storico, fondo Callegari)

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tra il 1916 e il 1917, dal Genio Militare, che appaltò i lavori a ditte private. L’operazione, decisa a tavolino a Roma, ebbe caratteri più sociali - ossia dare lavoro alle popolazioni stremate dalla guerra - che non strettamente militari, non essendovi rischi concreti d’invasione. I cantieri videro il lavoro magistrale, ma anche la sofferenza, di decine di migliaia di uomini, donne e ragazzi: impressionante è la documentazione relativa alle centinaia di incidenti sul lavoro, spesso con esiti mortali o invalidanti.Ma la storia, pur cruda, ha lasciato sul territorio una ricca eredità, un patrimonio eccezionale fatto di strade preziose e manufatti inconsueti, immerso in un ambiente ricco di natura e circondato da un paesaggio tra i più belli al mondo.Sta a noi preservare questo delicato patrimonio e valorizzarne i tratti più accattivanti, orientando le risorse là dove vi sia un serio progetto di riuso e di mantenimento a tempo indeterminato; l’obiettivo dovrebbe esser quello di creare itinerari per l’escursionismo in tutte le sue forme, offrendoli ai turisti di ogni provenienza, oggi più che mai interessati alle attività all’aria aperta e attenti al valore culturale e paesaggistico dei luoghi.

Della coltivazione di un tempo sopravvivono oggi i resti dei muri a secco dei terrazzamenti dove un tempo i castagni erano ben curati in assenza di sottobosco (2011)

Il castagnoOriginario dell’Asia Minore, l’érbol (da àrbol, il castagno, albero per antonomasia) fu diffuso in Europa dai Greci, dai Romani e dagli ordini monastici, divenendo nel medioevo fonte primaria di carboidrati. Con la coltivazione estensiva dei cereali, la castanicoltura, faticosa e poco redditizia, si ridusse alle sole vallate fino a sparire quasi completamente.In Valvarrone resta traccia di questa storia millenaria nell’ampia diffusio-ne delle due varietà prevalenti, ormai rinaturalizzate: il castagno europeo (Castanea sativa) che produce frut-ti abbastanza grossi, di colore scu-ro e dal sapore non molto dolce e la variante caravina, ibridata con il castagno giapponese (Castanea crenata, introdotta in Europa nel 1876), che dà castagne più piccole, di color cuoio e con un sapore più dolce.

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Il territorio della Valvarrone e del Monte Legnone

L’Alto Lario è un luogo eccezionale per paesaggio e natura, fra i più attrattivi di tutta la Lombardia. Posto allo sbocco della Valtellina e della Valchiavenna sul Lario, esso si trova all’incrocio dei limiti convenzionali di quattro distinte sezioni dell’arco alpino: le Alpi Lepontine, Luganesi, Retiche occidentali e Bergamasche.

A dividere le quattro sezioni sono il Lago di Como e i corsi del torrente Liro e dei fiumi Mera e Adda. La magnifica inquadratura della parte alta del Lago di Como e del Lago di Mezzola, anticamente uniti ed ora separati dalla vasta area umida del Pian di Spagna - oggi Riserva Naturale -, è incorniciata dalle montagne della Valchiavenna e delle due sponde dei laghi, fra cui spicca incontrastata la bella piramide della parete nordoccidentale dei Monti Legnone e Legnoncino.

Mirando dal baluardo al di là del lago, vedevansi di fronte i due monti Legnoni, immani fratelli che s’innalzano a piramide, il maggiore de’ quali mostra il capo presso che sempre cinto da una corona di nubi: sui loro gioghi aspri e selvosi abitati dagli orsi scorgevansi le chiesette di Santa Elisabetta e di San Siro (*).

Giambattista Bazzoni, 1829

A lato: dalla vetta del Legnoncino, la chiesa di San Sphirio e il Monte Legnone (2012)

Dal versante nord del Monte Legnoncino, panorama sull’Alto Lario (2012)

(*) l’autore intende San Sphirio, cui asso-cia una Sant’Elisabetta che qui non esi-ste, forse collocando erroneamente quel-la sui monti del triangolo lariano

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Geografia

La Valvarrone deve il proprio nome al corso del torrente Varrone che, dalle sorgenti poste alle falde del Pizzo Varrone (Gruppo del Tre Signori), raccoglie le acque che discendono verso mezzogiorno dal Monte Colombana e dal Monte Legnone e quelle che scendono verso nord dal Pizzo Cornagiera, dal Cimone di Margno e dal Monte Croce di Muggio.Nel suo tratto inferiore la Valvarrone è percorsa dalla Strada Provinciale 67 della Provincia di Lecco che proviene dalla Valsassina. La provinciale, valicata la Sella di Piazzo, dopo aver attraversato il Varrone, sfiora l’abitato del Comune di Premana per poi ricalcare quasi interamente il tracciato della vecchia strada militare che scende, stretta e tortuosa, per i Comuni di Pagnona, Tremenico, Introzzo, Sueglio e Vestreno sino a Dervio, sulla riva del Lago di Como. Il territorio che qui ci interessa in particolare è proprio quello della Bassa Valvarrone, da Premana al lago e, in particolare, lo sperone occidentale del Monte Legnone che, dai 2.609m della vetta, scende precipite ai 1.451m dei

Le formazioni geologiche del Monte Legnone: micascisti e gneiss minuti; gneiss a staurolite

(specialmente nel versante settentrionale del Monte Legnone e fra Dervio e Colico)

del Cristallino dinarico (Micascisti dei Laghi)(Carta Geologica d’Italia, Foglio 17, ed. 1941)

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Roccoli Lorla, per risollevarsi leggermente fino ai 1.714m della vetta del Monte Legnoncino e infine calare rapidamente nelle acque del Lago di Como, tra il promontorio detritico di Dervio e la penisola rocciosa di Olgiasca.

Geologia

La roccia del Monte Legnone, appartenente al basamento cristallino sud-alpino metamorfizzato durante l’orogenesi ercinica avvenuta tra i 380 e i 280 milioni di anni fa, affiora spesso dal terreno e dai radi accumuli di detriti di falda e depositi morenici della copertura del quaternario recente. Essa è metamorfica e grossolanamente scistosa: la pietra, generalmente grigia scura, in molti punti si differenzia per il colore marcatamente rossastro, a causa di forti inclusioni di ferro.

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Ambiente

Maestose montagne - dai 200m delle sponde del lago il Monte Legnone si eleva rapidamente per oltre 2.400 metri fino ai 2.609m della vetta! -, ammantate di verdi foreste e coronate di aspre rocce, affondano i propri piedi nei laghi, creando uno spettacolare panorama e scorci fra i più suggestivi della Lombardia; verso nord l’amplissima distesa del Pian di Spagna e del Lago di Mezzola dà luogo ad una delle aree umide protette più belle e vivaci d’Europa.A sud del Legnone, il corso inferiore del torrente Varrone solca profondamente l’omonima valle, mentre a nord la montagna piomba sulle morbide e verdeggianti falde detritiche che accolgono le frazioni di Colico.I due versanti sono assai ripidi, entrambi coperti da vasti boschi di latifoglie

Dalla strada militare che, da sud, sale alla vetta del Legnoncino, il panorama si apre verso le Grigne (2012)

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che hanno progressivamente invaso gli antichi pascoli. Se in basso prevalgono i castagni, più in alto s’incontrano boschi cedui e faggete che lasciano infine il passo alle conifere, e specialmente ai larici - a volte maestosi - che si spingono assai in alto fin dove il terreno si schiude alle rocce della vetta.L’area della Valvarrone e del Legnoncino, estendendosi dalle sponde del Lago di Como sino all’ambiente marcatamente alpino delle Orobie, offre molte possibilità ai turisti e agli escursionisti: da brevi passeggiate ad escursioni di vario impegno, fino ai trekking di più giorni lungo il Sentiero del Viandante e la DOL (Dorsale Orobica Lecchese) e, naturalmente, la bella ascensione al Monte Legnone, una gita di soddisfazione che garantisce panorami unici ed imperdibili!

Segno confinario su una roccia montonata, alle pendici del Legnone (2009)

La strada del ViandanteL’eclettico ingegnere lecchese Pietro Pensa (1906-1996) fu tra i primi ad individuare, negli anni ’80, il valore del “sentiero del Viandante”, una successione di antichi collegamenti di transito e commercio organizzati dal 1992 in un itinerario turistico di bassa quota, percorribile in più tappe da chiunque, con soddisfazione e in ogni stagione.Da Abbadia Lariana il sentiero corre a mezzacosta per quasi 45Km attra-versando gli abitati della sponda orientale del Lario, toccando i principali siti storici e soffermandosi nei più suggestivi punti panora-mici sul Triangolo Lariano e sulle Alpi Luganesi e Lepon-tine. Esso termina a Piante-do, in Valtellina, poco oltre l’antico confine tra il Ducato di Milano e i Grigioni.

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La Frontiera Nord tra Alto Lario e Valvarrone

Sin dall’antichità l’area dell’Alto Lario ha rappresentato un luogo cruciale per il controllo dei traffici commerciali e dei movimenti militari da e verso la Pianura Padana. Qui convergono le direttrici stradali e ferroviarie provenienti dai passi dello Spluga, del Maloja, del Bernina, del Foscagno, dello Stelvio e,

attraverso l’Aprica, del Tonale; da qui scendono la Strada Regina, verso Como, e il proseguimento della Strada dello Spluga, verso Lecco.Per questo motivo i Piani di Spagna e di Colico e le montagne circostanti, con lo sbocco congiunto della Val Chiavenna e della Valtellina, costituiscono uno fra i luoghi strategici più importanti del nord Italia: superato il nodo di Colico, infatti, un esercito proveniente d’oltralpe avrebbe avuto facile accesso a Como e a Lecco e, in breve, a Milano e agli altri ricchi centri produttivi della Pianura Padana.Di qui la presenza in quest’area dei resti di strutture militari di ogni epoca, dal tardo impero romano al medioevo, fino all’epoca del ducato di Milano e dei

A lato: la stupefacente architettura interna della galleria di mina a San Fedele di Verceia (2012)

Dall’osservatorio d’artiglieria dell’Alpe Scoggione, avamposto estremo del complesso difensivo del Legnone, lo sguardo spazia sugli sbocchi di Val Chiavenna e Valtellina (2009)

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successivi domini francese, spagnolo e austriaco.La posizione privilegiata dei quattro Montecchi di Colico (Piona, sud, nord e Fuentes) e le falde dei monti vicini furono spesso sfruttate per la realizzazione di torri di avvistamento e di fortificazioni permanenti, la più importante delle quali fu il Forte di Fuentes, realizzato dagli spagnoli sul Montecchio est a partire dai primi anni del ‘600. Il Forte rimase in efficienza per oltre un secolo e mezzo ed in ottime condizioni per altri trent’anni sino alla distruzione voluta nel 1796 da Napoleone per ingraziarsi le popolazioni dei Grigioni (salvo conquistarle con la forza poco dopo).Dopo l’annessione della Lombardia al Regno del Piemonte nel 1859 e la successiva costituzione del Regno d’Italia nel 1861, il nuovo Stato individuò nell’Alto Lario uno dei punti fondamentali per la difesa del proprio territorio: i progetti si susseguirono e, col nuovo secolo, ebbero luogo le prime predisposizioni difensive della Frontiera Nord sui Montecchi, come gli appostamenti d’artiglieria realizzati sul promontorio di Piona e sulla sommità del Montecchio di Fuentes.Nel corso della Grande Guerra il complesso difensivo dell’Alto Lario fu esteso

Il Forte di Fuentes, in una rara incisione di J. J. Mayer del 1831 (Archivio del Museo della Guerra Bianca in Adamello)

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in modo sistematico con la realizzazione ex novo del complesso difensivo del Monte Legnoncino, dell’osservatorio all’Alpe Scoggione e, nel 1917, dello sbarramento ferroviario e stradale (galleria di mina) a San Fedele di Verceia. Fortunatamente il territorio di Colico non subì alcun attacco e le postazioni non dovettero mai essere armate.

Il Forte al Montecchio Nord e le difese di ColicoL’opera difensiva moderna più importante dell’Alto Lario è senza dubbio il Forte (batteria corazzata) al Montecchio Nord di Colico, una delle fortezze della Grande Guerra meglio conservate al mondo. Ben inserito nel sistema difensivo della Frontiera Nord, il Forte è un’opera imponente: interamente scavato nella roccia, è caratterizzato da possenti mura in calcestruzzo rivestite esternamente di granito finemente lavorato; esso presenta numerosi ambienti e profondi camminamenti sotterranei (tra cui una polveriera profonda oltre 60 metri) e conserva tutti i serramenti e le blindature originali, l’impianto elettrico e i complessi sistemi di ventilazione e di approvvigionamento idrico.Il Forte, realizzato tra il 1912 e il 1914, aveva lo scopo di controllare la Bassa Valtellina, la Bassa Val Chiavenna e la porzione settentrionale del Lago di Como. Esso, caso unico in Italia, è tuttora munito di una “batteria” (quattro pezzi) di cannoni di medio calibro da 149mm Schneider (149S) con affusto a deformazione, sistemati in pozzo e protetti da cupole girevoli corazzate dello spessore di 160 millimetri. Tecnicamente si tratta di una batteria corazzata “tipo Brialmont-Rocchi”, opera tipica dei due decenni a cavallo fra Otto e Novecento.Nell’autunno 1915, dimostrata l’incapacità delle batterie corazzate di resistere al tiro dei grossi calibri messi in servizio nei primi mesi di guerra, le artiglierie del Forte furono rimosse e il ruolo di controllo fu riassegnato agli appostamenti scoperti del Montecchio est (di Fuentes) che nel 1916 furono blindati.

I cannoni Schneider da 149.1mm del Forte

al Montecchio Nord sullo sfondo del Monte

Legnone (2013)

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Panorama a 360° sulla batteria corazzata del Forte al Montecchio Nord (Alessandro Mezzanotte, 2010)

I forti del Pian di Spagna offrono un panorama unico e suggestivo sul lago di Como, sulla Riserva Naturale del Pian di Spagna e del Lago di Mezzola e sulle montagne della Valtellina e della Valchiavenna.La bassa quota, con i suoi facili e brevi percorsi in piano immersi in un paesaggio incantevole, costituisce il terreno ideale per una giornata fuori porta senza intenti escursionistici, a piedi come in bicicletta o mountain bike o, perché no? anche a cavallo.Da qui, grazie al Sentiero del Viandante ed a numerosi altri percorsi ben segnalati, è possibile raggiungere in più punti la dorsale del Legnoncino per visitare le fortificazioni stese senza soluzione di continuità da Corenno Plinio sul lago sino alla vetta e oltre, sino ai Roccoli Lorla ed alla Porta dei Merli.

Dalla stazione della teleferica di Tremenico, lo squarcio delle cave con le miniere di Lentrée, sul lato

opposto della valle (2013)

Le miniere di LentréeNel 1907 Abramo Rusconi, giovane operaio, intuì il potenziale economico del giacimento di feldspato - utilizzato nell’industria ceramica per piastrelle e sanitari - situato sul versante settentrionale del Monte Muggio, in località Lentrée, nei territori di Tremenico e Vendrogno. Da allora prese avvio un’intensa attività estrattiva, prima a cielo aperto e poi in caverna, che arrivò ad occupare sino ad ottanta persone e che dura tuttora: oltre un secolo di attività che garantì lavoro e benessere, pagato da molti con fatica e sacrificio, al costo di malattie respiratorie e, a volte, della vita, quando - fino a non troppo tempo fa - la meccanizzazione era ridotta e le protezioni individuali non esistevano.

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Il complesso difensivo del Monte LegnoncinoIl Monte Legnoncino, con i suoi 1.711m s.l.m., si appoggia al versante ovest del più imponente Monte Legnone (2.609m s.l.m.), la cima più occidentale delle Alpi Orobie. L’erto costone occidentale del Legnoncino, prevalentemente roccioso, gettandosi nel lago di Como in corrispondenza dell’abitato di Corenno Plinio, costituisce uno sbarramento naturale alla penetrazione dall’Alto Lario in direzione di Lecco e, con i suoi numerosi appostamenti difensivi, offre un

valido appoggio alle opere militari dei Piani di Spagna e di Colico ed un punto strategico d’elezione per il controllo dell’Alto Lario e della sponda occidentale del lago.E’ infatti lungo il ripido crinale che rimonta la spalla occidentale del Monte Legnoncino, dalla riva del lago sino ai 1.714m s.l.m. della vetta, che si incontrano le fortificazioni della Valvarrone: salendo si trovano opere al Sasso di Corenno, alle località Paùl e La Cros di Vestreno, al Duello e al Loco Tocco di Sueglio, ai Roccoli di Artesso, a Ca’ Crosìn, ai Roccoli Lorla, per finire con i manufatti a San Sphirio, alla vetta del Legnoncino ed alla Porta dei Merli - e questo solo tenendo conto degli oggetti più significativi.Una fitta rete di strade militari risale il versante defilato della Valvarrone

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A lato: il pilastrino trigonometrico alla vetta del Monte Legnoncino (2012)

per garantire l’accesso alle numerose opere del Legnoncino, uniche nel loro genere: caserme, ricoveri sotterranei, appostamenti d’artiglieria per piccoli e medi calibri, osservatori d’artiglieria, camminamenti e trincee di combattimento con postazioni per fucilieri e mitragliatrici; molte di queste opere sono protette da massicci terrapieni o da blindamenti in calcestruzzo oppure realizzate in caverna, scavando profonde gallerie nella dura roccia.Obiettivo del sistema nel suo complesso era quello di controllare il lago ed interdire il transito lungo le strade lacuali, sia in direzione di Lecco (battendo con il tiro la provenienza da Olgiasca), sia in direzione di Como (battendo la sponda orientale del lago tra Sorico e Dongo), ma anche quello di offrire sicurezza alle batterie di Colico e, soprattutto, di fornire loro le indicazioni di tiro grazie ai diversi osservatori, il più importante dei quali era quello in caverna ricavato presso la vetta del Legnoncino.Molti degli oggetti descritti e i relativi percorsi di accesso sono stati recente oggetto (2013) di attento recupero a cura della Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino e Riviera e della Sezione ANA di Lecco, con il supporto tecnico e scientifico del Museo della Guerra Bianca; le azioni sono state svolte nell’ambito del progetto “ForTi-Linea Cadorna” finanziato con fondi del Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera 2007-2013.

Le strade militari della ValvarronePrima del Novecento la Valvarrone era percorsa soltanto da difficili tratturi. Soltanto nel decennio immediatamente precedente la Grande Guerra i numerosi nuclei abitati del versante meridionale del Legnone furono collegati in modo stabile e razionale, grazie alla realizzazione della strada militare che da Dervio conduce a Premana e oltre, toccando gli abitati di Vestreno, Introzzo, Tremenico, Avano e Pagnona.La strada militare principale taglia a mezzacosta il ripido versante meridionale del Legnone presentando numerose opere d’arte: tornanti, muri di sottoscarpa e di controripa, tombini, canalizzazioni, viadotti e imponenti lavori di scavo in roccia; fra queste opere spiccano i tre ponti modulari gemelli tipo Eiffel con struttura reticolare in acciaio chiodato a caldo, gettati fra le sponde dei torrenti Fosasco (ai Molini di Tremenico), Vaniga (immediatamente dopo Avano) e Varroncello (a Giabi di Pagnona), eccezionali esempi superstiti di una tecnologia recente e già scomparsa.Sulla Dervio-Premana si innesta la strada secondaria che da Vestreno sale

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a Sueglio per poi dirigere a Loco Tocco e Monte Letée e infine, tagliando a mezzacosta, portare a Subiale e Monte Lavadée.A questa si aggiungono altre tratte: la naturale continuazione da Monte Lavadée ai Roccoli Lorla e quindi a San Sphirio del Legnoncino, la salita che

da Monte Letée conduce ai Roccoli di Artesso e il raccordo con la strada principale tra Tremenico e Subiale.Non ultima per importan-za va citata la bella e lun-ghissima strada, purtrop-po ormai ridotta in molti punti a sentiero a causa delle numerose frane, che da Gallino (località situata tra Avano e Pagnona), gra-zie a 44 tornanti, sale al Passo del Legnone per poi aggirare la vetta del Mon-te e scendere sul versante valtellinese fino a raggiun-gere l’ardito osservatorio dell’Alpe Scoggione.Queste strade, quasi tutte dimensionate in larghez-za, pendenza e regolarità per agevolare il trasporto in quota delle artiglierie, sono individuate dai cippi di inizio percorso (ricono-scibili per l’iscrizione “SM”, acronimo di “Strada Milita-re”) e accompagnate lun-

go il loro svolgimento dai cippi odometrici recanti la progressione chilometrica (“1”, “2”, ecc.) e, a volte, dai più piccoli cippi del mezzo chilometro (“0,500”, “1,500”, ecc.). Purtroppo gran parte di questi cippi, realizzati in granito lavo-rato proveniente da cave esterne alla valle, sono stati sottratti nel tempo e soltanto pochi di essi si sono salvati, come quello recentemente recuperato e riposizionato all’attacco della strada per Artesso.Da Premana si staccano verso oriente i tracciati militari che risalgono la Val-

L’impalcato del ponte Eiffel sul Varroncello (2013)

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le di Fraina per raggiungere il complesso di fortificazioni secondarie del Monte Roton-do-Bocchetta di Stavello-Ci-ma Fraina-Bocchetta di Co-lombana e, più a sud, l’Alta Valvarrone per raggiungere il remoto avamposto alla Bocchetta di Trona, opere affacciate sull’Alta Valle del Bitto di Gerola il cui scopo era il controllo delle even-tuali provenienze da Morbe-gno, in Valtellina.

A Monte Letée, il cippo iniziale della strada militare di accesso all’appostamento ai Roccoli di Artesso (2013)

L’antico borgo di FenilePoco sopra l’abitato di Tremenico resistono nell’abbandono le poche costruzioni dell’antico borgo rurale di Fenile.Caduti gli intonaci, le piode dei tetti proteggono ancora - come una piccola capsula del tempo - le testimonianze preziose e ormai rare di un’epoca in cui le strade non c’erano e la comunità era chiusa e dura come le case che abitava: la giornata era essenziale e i tratturi, ripidissimi, riducevano gli spostamenti al minimo indispensabile.E come Fenile, così le vecchie case di Monte Piazzo, Introzzo, Avano, Lentré,

sono importanti tracce superstiti della storia della Valvarrone che devono far riflettere sulla vita e sul lavoro dei nostri avi: e l’amenità che oggi leggiamo in questi luoghi non deve far dimenticare la fatica immane che un tempo ogni gesto quotidiano richiedeva all’esistenza.

Le case del borgo (Luca Fiorucci, 2009)

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1. Il complesso trincerato al Sasso di Corenno

Dal borgo antico addossato al suggestivo castello di Corenno Plinio, risalendo per un centinaio di metri di dislivello la spalla occidentale del Legnoncino, troviamo, immediatamente a ridosso del lago, il complesso trincerato al Sasso e ai Molinelli di Corenno.Il presidio, posto a difesa della strada litoranea, si presenta come una rarefatta disposizione di postazioni per fucilieri e per mitragliatrici; esso è letteralmente arroccato su un impervio e panoramico sperone roccioso affacciato sul Lago di Como.Il complesso era in origine servito da tergo, grazie ad un breve impianto di teleferica rimontante dal paese sottostante, e dall’alto, per mezzo di una mulattiera ben selciata proveniente da Vestreno, tuttora in ottime condizioni ma, purtroppo, soffocata dalla vegetazione.Della teleferica oggi sopravvive l’impo-nente terrazzamento della stazione di monte - ben protetta entro una fessu-ra naturale - con gli anelli di ancoraggio dell’impianto fissati alle rocce circostanti.Diverse sono le postazioni per mitragliatri-ce a cielo aperto e in caverna che caratte-rizzano il complesso; notevoli testimoni di grande perizia costruttiva le opere realizza-te in parte scavando la viva roccia, in parte disponendo le pietre a secco. Eccezionale è poi la collocazione a picco sul castello di Corenno della postazione per fucilieri, un tempo blindata ma poi purtroppo saccheg-giata da recuperanti che hanno asportato le putrelle d’acciaio lasciando in sito soltanto i frammenti sconvolti del calcestruzzo getta-to fra l’una e l’altra.Lo scopo tattico del sistema era quello di controllare e battere col tiro delle proprie armi la strada lacuale Colico-Lecco nel tratto che, dalla località Garavina, attraverso Dorio, conduce fino a Corenno.

Di lato: dal Sasso a picco sul castello di Corenno la vista spazia sulla sponda opposta del lago (2012)

Gradini sapientemente intagliati nella dura roccia del Sasso di Corenno (2011)

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Per raggiungere il complesso al Sasso di Corenno dal borgo antico di Corenno si percorre un itinerario erto, ma breve e facile, praticabile senza problemi da bambini e scolaresche: dal commovente monumento ai caduti situato nella piazzetta accanto alla chiesa di Corenno si attraversa la provinciale (SP72) e si procede a piedi qualche metro in direzione di Colico per prendere, quasi di fronte alla Taverna del Castello, una scaletta che conduce ad un erto viottolo che fiancheggia le case e poi risale la montagna addentrandosi in boschi di carpino, castagno e quercia.Raggiunto il Sasso di Corenno si incon-trano in successione postazioni per mi-tragliatrice, brevi tratti di trincea, il ter-razzamento della teleferica proveniente da Corenno e i resti della spettacolare quanto ardita postazione blindata per fucilieri, situata sul panoramico spero-ne di roccia affacciato sul borgo.

Più in alto si raggiungono i ruderi di un antico alpeggio, dove un ampio ter-razzamento con un sistema di raccolta delle acque era il punto di arrivo della mulattiera da Vestreno. Di qui il tracciato rimonta con alcuni tornanti una valletta sino a con-durre ad un ricovero in caverna e, infine, ad una bella postazio-ne doppia per mitra-gliatrice in caverna le cui feritoie, strombate verso l’esterno, domi-nano la strada litora-nea da Colico.

Dalle postazioni al Sasso di Corenno la vista spazia sul’Alto Lario e sulla Garavina (2012)

L’interno di una delle postazioni per mitragliatrice

in caverna (2012)

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Itinerario: Corenno Plinio (230m) - fortificazioni del Sasso di Corenno (da 350m a 470m)Dislivello: 240 metriDurata: 2 ore, tra andata e ritornoPeriodo: tutto l’anno, salvo evitare i periodi più caldi

Corenno Plinio, borgo antico con centrale idroelettricaOccasione da non perdere è un giro per gli “scalòtt” del borgo antico di Corenno Plinio, il cui nome è tradizionalmente legato all’amore dei due omonimi scrittori latini per il Lago di Como. Qui si può visitare la duecentesca chiesa intitolata a San Thomas Beckett di Canterbury e, addossate alle mura di questa e del castello eretto in età comunale, si possono vedere le tre arche trecentesche degli Andriani, signori locali.Giunti all’alpeggio sopra il Sasso, seguendo a ritroso un tratto della mulattiera da Vestreno, si raggiunge la località Molinelli, dove è possibile ammirare l’imponente condotta forzata - 474m di salto con portata di 4,4 mc/sec - della centrale idroelettrica realizzata nel 1924.

Improvvisa, nel bosco, la condotta di Corenno (2012)

Sulla roccia si notano i segni dello scalpello a mano con cui sono state rifinite - e forse anche scavate con fatica - queste opere.L’itinerario da Corenno è facilmente percorribile grazie al lavoro di recupero effettuato dalla Sezione A.N.A. di Lecco col supporto del Museo della Guerra Bianca.

[...] ritornando con l’occhio ai Legnoni, si scorgeva tutta ‘opposta sponda dritta e bruna per balze selvose: e vedevansi in essa [...] Dervio che s’alza su un largo e verdeggiante piano generato dall’impetuoso Varrone, e finalmente Corenno, sulla torre della cui Rocca stava pure inalberata la Medicea bandiera.

Giambattista Bazzoni, 1829

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2. Le caserme blindate del Paùl e del Duello

Appena più in alto rispetto al Sasso di Corenno si trovano le due caserme blindate al Paùl di Vestreno e al Duello di Sueglio.Strutture pressoché identiche, erano destinate ad alloggiare ognuna cento-centocinquanta uomini per il presidio dei complessi difensivi posti nelle rispettive vicinanze.Il lato delle caserme rivolto verso la direzione di provenienza dell’eventuale

A lato: dettaglio interno della casermetta al Paùl (2013)

Planimetrie delle casermette blindate al Paùl, sopra, e al Duello, sotto (Maria Zavagnin e Matteo Rossi, 2012)

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avversario è protetto da un potente terrapieno che, oltre a smorzare l’effetto dei colpi d’artiglieria, rende la struttura pressoché invisibile all’osservazione; anche le coperture, realizzate in calcestruzzo armato con putrelle d’acciaio (ma anche con rete metallica da trincea, filo spinato, paline di sostegno per reticolati e persino un paio di rotaie di tram, come ben si vede nella parte crollata al Paùl), erano protette da uno spesso strato di terre-no, interrotto da numerose bocche di lupo per l’area-zione dei locali sottostanti.

Attraverso un ampio cunicolo, oggi purtroppo franato in entrambe le caser-me, era possibile raggiungere un ricovero sotterraneo e un posto per mitra-gliatrice in caverna, dal quale un camminamento collegava la struttura alle altre opere per la protezione ravvicinata.Le due caserme (Duello e Paùl) sono un esempio del tutto eccezionale di questo tipo di manufatti, unico in Lombardia.Nel caso del Paùl una breve successione di camminamenti in salita conducono al soprastante avamposto in caverna della Cròs, munito di postazione per mitragliatrice e osservatorio.Dal portoncino superstite una breve scalinata scende alla banchina per il supporto dell’arma: la feritoia, strombata verso l’esterno, prende di fianco il versante anteriore del sottostante complesso trincerato, proteggendo la caserma dagli attacchi frontali. Il cunicolo prosegue verso il punto di os-servazione dove due feri-toie sono munite di banchi per l’appoggio delle ottiche necessarie per il controllo della sponda occidentale del lago; una terza ferito-ia, ora murata, controllava la strada proveniente dalla Garavina.

La caserma blindata al Paùl di Vestreno (2013)

La caserma blindata al Duello di Sueglio (2013)

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La caserma al Paùl si può raggiungere lasciando l’auto presso il bacino idroelettrico di Vestreno. Suggeriamo però di fermarsi in paese e, rimontando a piedi la strada che conduce al bacino, imboccare sulla sinistra il panoramico tratturo che, in parte selciato e in parte scavato nella roccia, aggira e risale gradualmente il fianco della montagna sino al bacino stesso.Immediatamente a nord di questo si intravede un tracciato che scende nel bosco e presto muta in una bellissima mulattiera militare dal selciato magistralmente posato ed in perfette condizioni; la si segue in direzione nord e, superata una piccola cascina abbandonata, sulla destra, si giunge alla radura del Paùl dove si trovano la caserma blindata e le opere accessorie.Per raggiungere il Duello è necessario superare l’abitato di Sueglio e, lasciata l’auto a bordo strada, imboccare la strada sterrata, in origine militare, che si stacca in corrispondenza del primo tornante verso destra e che conduce alla caserma in 782 metri, come dice il cippo posto al termine.

Itinerario: Vestreno (560m) - bacino idroelettrico (670m) - Paùl (654m) - La Cròs (670m) Dislivello: 110 metriDurata: 2 orePeriodo: tutto l’anno

Il santuario della Pietà di BondoRisalendo la strada sterrata del bacino, 1.500m oltre la Cròs, si raggiunge il santuario di Bondo (745m), isolato nel verde del bosco nei pressi di una fontana di acqua fresca. Da poco restaurata, la chiesetta fu eretta tra il 1677 e il 1810 sul sito della precedente cappella voluta da Marco Aurelio Gratta-rola, sacerdote cattolico e fedele collaboratore di Carlo Borromeo, mandato da questo in Valvarrone nel 1582, in piena controriforma, per contrastare la diffusione della dottrina prote-stante; per questo la cappella fu dedicata alla Madonna della Pie-tà (“Addolorata” per la fede per-duta), di cui ancora si conserva l’originale affresco copia di quello della Madonna della Neve di Rho che le cronache narrano abbia la-crimato sangue il 24 aprile 1583.

Il piccolo santuario (Luca Fiorucci, 2009)

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3. L’appostamento in caverna al Loco Tocco

Uno degli elementi tra i più interessanti e suggestivi che è possibile incontrare lungo la Frontiera Nord è la postazione d’artiglieria in caverna.Elemento tattico evoluto rispetto alla postazione blindata - come quelle dell’appostamento di Artesso - ed anche rispetto alla postazione protetta da cupola corazzata - come quelle del Forte al Montecchio Nord di Colico - questa realizzazione è generalmente caratterizzata da una struttura complessa interamente scavata nella roccia che comprende i vani per la collocazione dei cannoni, muniti di un’ampia feritoia (cannoniera o, con termine antico, troniera) strombata verso l’esterno, i corridoi di collegamento per il movimento dei pezzi, dei serventi e delle munizioni - a volte assistito da impianti di ferrovia a scartamento ridotto -, le riservette per le munizioni e per le cariche di lancio, oltre che altri eventuali vani accessori, come osservatori, sale trasmissioni, ecc..Elementi essenziali che determinano la superiorità assoluta delle postazioni in caverna rispetto agli altri tipi elencati sono la totale dissimulazione dell’intera batteria (di fatto ciò che l’avversario vede è esclusivamente lo stretto rettangolo della feritoia) e la protezione quasi totale offerta da spessori di roccia di parecchi metri (per poter far danno un proietto dovrebbe riuscire a centrare esattamente l’apertura della cannoniera).L’appostamento d’artiglieria in caverna al Piàz de la Cròs di Loco Tocco, munito di quattro postazioni progettate per accogliere cannoni da 149A - medi calibri da 149mm con canna in acciaio e affusto rigido - oltre a due postazioni per piccoli calibri (forse destinate a pezzi campali da 75mm o da 105mm), fu realizzato

A lato: l’interno dell’opera in caverna al Loco Tocco (2010)

Fronte lombardo della Grande Guerra: cannone da 149G in postazione in caverna in zona Stelvio-Forni (Museo della Guerra Bianca, archivio storico, fondo Anonimo Kodak)

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assai velocemente nel corso del 1917 al fine di battere col proprio tiro la sponda occidentale del Lago di Como, da Dongo a Gera Lario, sino all’imbocco della Val Chiavenna.Individuata al n.110 nell’elenco degli appostamenti della Frontiera Nord, è l’unica opera in caverna di grandi dimensioni (vi si può tranquillamente manovrare un camion) del Monte Legnone, oltre ad essere l’unica struttura di questo tipo realizzata in Lombardia al di fuori di quelle presenti nell’Alto Varesotto.Questo appostamento, il cui osservatorio principale era il n.LIX ai Roccoli Lorla (posto a quota 1.466), faceva parte del XLIII Gruppo d’artiglieria insieme al sottostante appostamento scoperto

L’accesso ad una delle postazioni destinata ai cannoni di Loco Tocco (2010)

Planimetria storica dell’appostamento in caverna n.110 (Archivio Storico del III Reparto Infrastrutture del Genio Militare di Milano)

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n.109 al Loco Tocco (quota 996), al pilastrino n.109bis al Castello di Dervio (quota 326) e all’appostamento blindato n.111 ai Roccoli di Artesso (quota 1.214), tutti aventi il medesimo obiettivo.Completavano il XII Raggruppamento gli appostamenti del Gruppo XLII organizzati attorno a Castel Vezio, questi ultimi destinati a battere il Lago di Como e prendere d’infilata la strada che conduce da Porlezza a Menaggio.L’accesso alla batteria in caverna è situato all’interno di una proprietà privata; per la visita è quindi necessario chiedere il permesso ai proprietari e/o ai custodi.

Itinerario: Loco Tocco (1.025m) Dislivello: nessunoDurata: 1 oraPeriodo: tutto l’anno (la visita è subordinata all’accordo con la proprietà)

Accanto ai faggi del boschetto, il casello del roccolo di Artesso (2011)

I roccoli per l’uccellagioneI primi roccoli pare risalgano alla fine del ‘500 quando alcuni monaci bergamaschi li idearono per far fronte alla carestia. Posizionati su selle o crinali (come sul Legnoncino) dove gli uccelli passano radenti, i roccoli erano costituiti da tre elementi: il casello (torrino per osservazione e ricovero), il boschetto (faggi per sostenere le gabbie con gli uccelli di richiamo e sorbi ricchi di irresistibili bacche), il pergolato (cerchi di faggi per sostenere le reti di cattura).Pratica oggi vietata per la caccia, ne è rimasto vivo il ricordo nel toponimo di molte località del Lario e della Valvarrone: le strutture sono state nel tempo abbandonate, distrutte o trasformate in semplici posti di caccia, ma in rari casi si riconoscono ancora i cerchi di faggi ormai antichi, mentre alcune strutture, come quella di Artesso, sono state mantenute per l’inanellamento e la conta degli uccelli di passo.

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4. L’appostamento blindato ai Roccoli di Artesso

Con l’aumento progressivo della potenza, della gittata e della precisione delle artiglierie, in prossimità delle prime linee l’ottocentesca posizione a cielo aperto, nel corso della Prima Guerra Mondiale, ha lasciato il posto alla postazione blindata, ossia ad un tipo di piazzola d’artiglieria munita di una massiccia copertura realizzata con tronchi, travi di legno, d’acciaio o di calcestruzzo armato, o ancora con una gettata continua sempre di calcestruzzo armato, singola o con intercapedine per dissipare l’onda d’urto. Il tutto, affogato nel terreno e rivestito da uno strato più o meno potente di terra, offriva una parziale protezione del pezzo e dei serventi dall’osservazione e dal tiro avversario.Sopra la località Monte Letée, fra boschi di larici e cuscini di rododendri, si trova l’appostamento d’artiglieria n.111 ai Roccoli di Artesso, munito di sei postazioni blindate progettate per accogliere mortai da 210mm protette da una massiccia copertura in calcestruzzo armato e collegate a due a due da un camminamento

A lato: l’arrivo ad Artesso della strada militare da Leté (2013)

L’ingresso di una delle postazioni di Artesso col cippo odometrico terminale della strada di accesso da Monte Leté (2013)

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sotterraneo che dà accesso ad un rico-vero in caverna.L’appostamento, il cui osservato-rio principale era il n.LVIII a San Sphi-rio (quota 1.688 presso la vetta del Legnoncino), era destinato a battere col proprio tiro la sponda occidentale del Lago di Como, da Dongo a Gera Lario, sino all’im-bocco della Val Chiavenna.Faceva parte del XLIII Gruppo d’ar-

tiglieria insieme ai sottostanti appostamenti n.109 e n.110 al Loco Tocco ed al pilastrino n.109bis al Castello di Dervio, tutti aventi il medesimo obiettivo.Il lariceto, un tempo inesistente e oggi in parte sfoltito durante i lavori di re-cupero dell’appostamento effettuati nel 2013 dalla Comunità Montana, impe-disce ancora di cogliere appieno l’ampiezza dell’apertura dei coni di tiro delle sei postazioni.Attorno a queste, finalmente puli-te e ben leggibili nella loro reale consistenza pro-prio grazie all’in-tervento citato, emergono dal ter-reno i piccoli cippi in granito recanti “DM” che deli-mitano l’area un tempo del Dema-nio Militare, oltre al massiccio pila-

Planimetria dell’appostamento blindato d’artiglieria ai Roccoli d’Artesso (ERSAF)

Dal laghetto di Artesso, la vetta del Legnoncino (2013)

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strino cubico di calcestruzzo con l’iscrizione “111” che individua con precisio-ne il punto trigonometrico dell’appostamento.Alla bella ed ampia area di sosta attrezzata con tavoli, panche, griglie, giochi per bambini e fontanella, nel bosco di larici che contorna l’ameno laghetto di Artesso si giunge anche comodamente in auto; poco sopra l’omonimo rifugio offre una calorosa accoglienza.Le postazioni si trovano nel raggio di poche decine di metri; ad occidente vi sono i resti delle difese ravvicinate, mentre ad oriente si può imboccare il comodo sentiero “dei soldati”. Era questo in origine una bella mulattiera militare che saliva alla caserma del presidio, oggi trasformata nel Rifugio Bellano; fiancheggiato sul lato di valle da un sistema discontinuo di opere militari, tagliando panoramicamente in costa le pendici nord del Legnoncino, il sentiero conduce infine ai Roccoli Lorla.

Itinerario: attorno ai Roccoli d’Artesso (1.180m) - rifugio Bellano (1.238m)Dislivello: 58 metriDurata: 1,5 orePeriodo: da maggio a ottobre, particolarmente raccomandabile nel

periodo della fioritura dei rododendri (di solito a inizio giugno)

Il rifugio Bellano, oggi(Luca Fiorucci)

Il rifugio BellanoLa casermetta del presidio di Artesso fu realizzata poco sopra i roccoli, nel 1916. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale fu base per un osservatorio antiaereo ma poi, durante la Guerra Civile, fu incendiata e distrutta dai nazifascisti, perché ritenuta potenziale base per i partigiani, seguendo così la sorte di tanti altri alpeggi e rifugi di queste montagne.Tra il 1946 e il 1947 il Gruppo Escursio-nisti Bellanesi, ben intuendo la valenza turistica dello splendido luogo, acquista-rono il rudere dal Ministero della Guerra con lo scopo di realizzarvi un rifugio per escursionisti che fu finalmente inaugu-rato il 6 luglio del 1952 con la benedizio-ne di Gaspare Valsecchi, allora parroco di Sueglio.

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5. Il complesso ai Roccoli Lorla

Il complesso trincerato ai Roccoli Lorla è un insieme di camminamenti e trincee armate con postazioni per fucilieri e per mitragliatrici, in parte ancora ben conservate, in parte ridotte a semplici solchi disposti geometricamente sul terreno: esso si allunga sul versante settentrionale della sella che unisce il Monte Legnoncino al Legnone.Il complesso è servito da tergo dalla strada militare secondaria che, proveniente da Vestreno per Subiale e Lavadée, e oggi in buona parte asfaltata, lo collega alla strada principale della Valvarrone; a Subiale giunge anche la strada di raccordo proveniente da Tremenico. La strada militare, ora selciata, prosegue ad occidente verso l’alto per giungere alla sommità del Legnoncino dove si trova la postazione d’artiglieria con osservatorio in caverna di San Sphirio e il pilastrino trigonometrico di vetta.Dai Roccoli Lorla è possibile scendere al Rifugio Bellano, un tempo caserma, e all’appostamento d’artiglieria ai Roccoli di Artesso, anche grazie ad una panoramica mulattiera militare che aggira il versante settentrionale del Legnoncino. Lungo questa via si incontra lo sperone roccioso di Ca’ Crosìn, dove il camminamento che corre a valle della mulattiera, penetra entro una fessura naturale della montagna, modificata sino a formare un suggestivo avamposto in caverna, oggi (2013) purtroppo chiuso per problemi di statica.Dall’ingresso est una rampa di scale scende nel cunicolo principale, lungo 43 metri; da questo si diramano due condotti laterali di una decina di metri ciascuno: il primo conduce ad un posto di osservazione la cui feritoia controlla il versante nord dei Roccoli Lorla, il secondo porta ad una postazione per mitragliatrice destinata a battere le falde del Legnoncino. Questa ha il medesimo orientamento di una seconda postazione a cielo aperto, visibile all’uscita ovest, che fa comprendere la funzione strategica dell’avamposto.

A lato: l’uscita, liberata dai lavori di recupero, della postazione per mitragliatrice in caverna a Lorla Est (2013)

La postazione per mitragliatrice in caverna a Ca’ Crosin (2013)

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Muovendo invece dalla sella verso oriente si incontrano tracce non sempre chiare di altri manufatti militari e due piccoli ma evidenti osservatori blindati che assicuravano il controllo dall’alto di Colico e dell’intero Pian di Spagna, il secondo dei quali è stato anni fa ripristinato con criteri non del tutto conservativi, il che ha purtroppo comportato una pesante alterazione dell’aspetto originale.Poco oltre si trova l’attacco della mulattiera che, erta, rimonta lo sperone ovest del Legnone per giungere alla Porta dei Merli - punto strategico di collegamento visivo con il remoto quanto importante osservatorio dell’Alpe Scoggione, desti-nato al controllo degli sbocchi sul Lario di Valtellina e Valchiavenna ed a fornire

le indicazioni di tiro per dirigere le arti-glierie di medio ca-libro di Colico e del Pian di Spagna, fra cui quelle del Mon-tecchio Nord. Oltre la porta dei Merli un sentiero prose-gue ripido sino in vetta.

Più avanti ancora, risalendo leggermente il versante settentrionale della montagna, si trova l’imbocco di una bella quanto suggestiva postazione per mitragliatrice in caverna.L’ingresso, riaperto nel 2013, un tempo era preceduto da un breve camminamento blindato con massicce travi in legno duro. Sulla destra della galleria principale si apre il vano per il ricovero dei materiali e del personale di presidio, mentre in fondo si trova la postazione per mitragliatrice dove, al di sopra della banchina per il posizionamento dell’arma, si apre la feritoia strombata verso l’esterno che domina panoramicamente il campo di tiro aperto sul versante settentrionale della sella dei Roccoli Lorla. Proseguendo oltre, infine, lungo altre trincee e camminamenti, si giunge ad un aereo quanto spettacolare punto

Planimetria del complesso in caverna di Ca’ Crosìn (ERSAF Regione Lombardia)

Da uno degli osservatori blindati ai roccoli Lorla, vista sulla sponda occidentale del Lario (2013)

Il laghetto temporaneo ai Roccoli Lorla (2013)

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panoramico aperto - grazie all’intervento di esbosco effettuato sempre nel 2013 - sul Pian di Spagna e sull’imbocco della Valchiavenna.Ai Roccoli Lorla si giunge comodamente in auto da Dervio per Tremenico seguendo la lunga strada militare. Suggeriamo però di lasciare l’auto al laghetto ai Roccoli di Artesso e arrivare ai Roccoli Lorla a piedi salendo dall’appostamento n.111 grazie al panoramico sentiero (il cosiddetto “sentiero dei soldati”, in origine una bella mulattiera) che taglia in costa le pendici nord del Legnoncino; il percorso passa per il rifugio Bellano - un tempo casermetta - e incontra, sul lato di monte, l’ingresso di due piccoli ricoveri in caverna, prima di arrivare, fiancheggiato sul lato di valle da un sistema discontinuo di opere militari (postazioni per mitragliatrici scoperte e in caverna, camminamenti, trincee di combattimento), all’avamposto di Ca’ Crosìn.

Itinerario: Roccoli d’Artesso (1.180m) - rifugio Bellano (1.238m) - Roccoli Lorla (1.450m)Dislivello: 400 metriDurata: 3 orePeriodo: da maggio a ottobre, particolarmente raccomandabile nel periodo

della fioritura dei rododendri (di solito a inizio giugno)

Le panche e i tavoli di Lavadée son fatti coi tronchi dritti dei larici più giovani (2013)

I vecchi larici di LavadéeIn località Lavadée, a ridosso della bocchetta del Legnoncino, immediata-mente a sud dei Roccoli Lorla, vi è un bosco di larici ormai maturo e bello, là dove un tempo vi fu sul Monte Legnone il primo insediamento di queste conifere. Lo si riconosce dalla dimensione monumentale degli esemplari più anziani e, soprattutto, dalla contorsione dei fusti di quelli che un tem-po, giovani pionieri, furono, più dei successivi, esposti al vento ed alle intemperie: i primi che a fatica e con dura lotta si fissarono sul terre-no quasi nudo, crescendo fecero da schermo ai più giovani, consentendo loro di crescere fitti e senza traumi. Così il bosco matura e gradual-mente s’innalza di quota, con i vecchi eroi bassi e contorti che lenti ingrossano fra i novellini alti e snelli dai fusti perfettamente eretti che, ironia della sorte, più volentieri attirano la scure.

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6. Il complesso alla vetta del Legnoncino

Il Monte Legnoncino, spalla occidentale del più imponente Monte Legnone, domina in posizione eccezionale l’Alto Lario e il Pian di Spagna, dove Valtellina, Valchiavenna e Lago di Como si incontrano.Dai Roccoli Lorla la strada militare prosegue ad occidente verso la vetta del Legnoncino dove si trova la postazione in caverna di San Sphirio, che, munita di osservatorio e appostamento d’artiglieria per due pezzi di piccolo calibro, era destinata a battere dall’alto l’area del Pian di Spagna. Essa soprattutto, grazie alla sua eccezionale posizione panoramica, avrebbe fornito le indicazioni necessarie a dirigere le più potenti artiglierie di medio calibro appostate in tutto l’Alto Lario, orientandole sul punto trigonometrico segnato dal pilastrino di vetta del Monte Legnoncino.Il rifugio ai Roccoli Lorla è un punto d’ap-poggio prezioso, facilmente raggiungibile in automobile da Tremenico, ma anche a piedi (meglio) salendo da Artesso. Giunti alla bolla d’acqua dei Roccoli Lorla, situata immediatamente a valle del rifugio, si scen-de pochi metri verso sud dove si imbocca l’evidente strada militare per il Legnoncino che, risalendo con poca pendenza e qualche tornante entro un bel bosco di larici, condu-ce all’anticima.La salita, raccomandata per l’interesse sto-rico e per il panorama grandioso, si svolge in un ambiente insolito, che unisce caratteristiche alpine e prealpine.Poco prima della vetta, esattamente al di sotto della chiesetta di San Sphirio, si trova l’interessante presidio con l’osservatorio e le due postazioni per artiglieria di piccolo calibro in caverna, in parte crollato ma che sarà a breve (è previsto nel 2014) oggetto di intervento di recupero da parte dell’Unione dei Comuni della Valvarrone.

A lato: il cippo odometrico all’ingresso della postazione in caverna a San Sphirio del Monte Legnoncino, punto più alto della rete di strade militari della Valvarrone (2012)

L’iscrizione incisa a fresco nella calce riporta le pene - prigione e multa - per chi dovesse manomettere il pilastrino di vetta del Legnoncino (2012)

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Un breve sentiero per cresta conduce a sud-ovest verso la cima vera e propria, dove si trova il pilastrino trigonometrico in pietra legata e intonacata con calce bianca, e dove il panorama eccezionale ripaga abbondantemente questo ulteriore piccolo sforzo.In discesa, dopo un breve tratto sulla strada, giunti nei pressi di una piaz-

zola attrezzata con panche e tavoli, è possibile variare il percorso imboccando una traccia di sentie-ro, non segnalato ma abbastanza evidente, che discende l’ampia cresta boscosa per tornare nuovamente ai Roccoli Lorla.

Il punto d’arrivo della strada militare del Legnoncino nei pressi di San Sphirio (2012)

Planimetria storica dei manufatti in caverna a San Sphirio (ERSAF, modificata da Archivio Storico del III Reparto Infrastrutture del Genio Militare di Milano)

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Itinerario: Roccoli Lorla (1.450m) - strada militare - San Sphirio - sentiero di cresta - Monte Legnoncino (1.711m)

Dislivello: 261 metriDurata: 1,5 orePeriodo: tutto l’anno, fattibile anche in mountain bike; d’inverno la stra-

da è un piacevole, sicuro percorso adatto alle racchette da neve; escursione ideale per giornate di cielo terso, per godere al me-glio del grandioso panorama

Alle spalle della chiesina di San Sfirio, la vetta

del Legnone (Luca Fiorucci, 2008)

La strana leggenda di Sphirio e dei sette (o sedici) fratelliInutilmente cercheremmo la vera storia di un Sefiro, o Sfirio, o Sphirio che sia, o infine Divo Sephirio - come nella lapide posta in facciata alla chiesina del Legnoncino - nell’agiografia dei santi, ché non c’è, oppur s’è persa, che poi è lo stesso. Ne si sa alcunché del Syri [Siro] dell’altra lapide sopra alla prima, che vuol narrare - ma non narra - ciò che accadde l’anno 1709, il 17 di agosto, data che da due secoli e più si festeggia senza nozione.Forse predicatore inascoltato ai tempi di Sant’Ambrogio (IV sec.) o agiato giovane meridionale con Enrico II (XI sec.), si ritirò pastore, eremita o peni-tente, sul Legnoncino. E qualcuno vuole che fosse uno di sette fratelli - i cui nomi noti son però sedici almeno - il nostro e poi Amato, Fedele, Margherita, Eufemia, Ulderico, Miro, Rocco, Gottardo, Bernardino, Eusebio, Iorio, Ge-rolamo, Grato, Calimero, Defendente -, e che ognuno, romìto sulla vetta di un monte, comunicasse agli altri con fuochi notturni. E in tempo di carestia, morendo, riporta-rono con la luce la fede nei cuori e il cibo nelle pance delle genti locali che, per questa e quella cosa, li vol-lero santi tutti, e Sphirio primo.

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7. Al Monte Legnone

La più classica salita al Legnone ha inizio dall’area attrezzata a est dei Roccoli Lorla: il percorso è ben indicato dal segnavia 1A del CAI di Colico che traccia la DOL (Dorsale Orobica Lecchese) fino ai pascoli di Agrogno per poi proseguire in vetta come Alta via della Valsassina.

Il tracciato sale erto fra gli ultimi larici percorrendo la bella mulattiera che, oltre l’imponente elettrodotto a 380kV, rimonta lo spartiacque tra la Valvarrone e il versante di Colico, accostando in successione gli alpeggi di Agrogno Basso e Alto, per strappare in alto, con alcuni stretti tornanti, alla Porta dei Merli.In questo aereo luogo, che deve il nome al passo degli uccelli migratori, s’incontra un ricovero sotto roccia e qualche muro a secco di un presidio minimo ma importante per il col-legamento visuale con l’osserva-torio dello Scoggione destinato al controllo degli sbocchi di Val-tellina e Valchiavenna.Da qui la vista supera il Legnoncino e il Lago di Como, aprendo il pano-rama sulla Val d’Intelvi, sul Lago di Lugano e sulle Alpi Lepontine. Oltre la Valvarrone lo sguardo scavalca il Monte Muggio e il Pian delle Betul-le, verso la Valsassina e le Grigne.

A lato: un incontro ravvicinato sulla via del Legnone (2012)

Dalla Porta dei Merli, l’Alto Lario e le Alpi Lepontine; a destra si scorge l’osservatorio della Cima di Scoggione (2012)

Dalla vetta del Legnone il Monte Legnoncino e, all’orizzonte, il Monte Rosa (2012)

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Il tracciato prosegue come semplice sentiero, con un breve falsopiano, sino alla Ca’ de Legn’, antico bivacco che del legno originale conserva ormai solo il nome: un rivestimento in pietra nasconde la robusta struttura prefabbricata del 1984, realizzata in ricordo di Guido Silvestri, già presidente del CAI di Dervio. Il posto è raccolto e incantevole, purtroppo disturbato dai vandalismi, dal cemento dell’interno e dai residui di cantiere abbandonati sul retro. Più in alto il sentiero, magnifica palestra per stambecchi, raggiunge un inquietante ripetitore televisivo. Prosegue poi assai ripido ed emozionante lungo il margine della panoramica balconata

che domina la conca di Colico, senza consentir fiato fino all’anticima e oltre, sino alla cima, che si guadagna in breve grazie ad alcune funi d’acciaio stese sull’ultima rampa.In qualunque stagione dell’anno, dalla vetta, il panorama è davvero, come qualcuno ha scritto, di “grandiosa bellezza”: affranca dai mali del mondo e ci ricongiunge all’universo, rendendo superflue la grande croce di vetta in ferro - eccessiva copia moderna della più umile croce originale oggi collocata in basso, alle spalle del rifugio ai Roccoli Lorla - e la granitica edicola asimmetrica eretta nel 1958 dagli Alpini di Colico.Segno delle vicende militari è il bel pilastrino trigonometrico che ci orienta tra punti cardinali e lontane vette circostanti.Spiace constatare nei bar-bari graffiti, nelle opere su-perflue e nelle inutili targhe, l’ingenua esigenza di alcuni di marcare indelebilmen-te luoghi meravigliosi come questo, dove sarebbe più opportuno non lasciar trac-cia del proprio passaggio.Poco sotto la cima si osserva il saliscendi dell’ardita strada

Il pilastrino alla vetta del Legnone (2012)

Dalla vetta del Legnone vista sulle montagne dell’Alta Valvarrone; in primo piano l’arrivo della strada

militare al presidio della Bocchetta Alta (2012)

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Itinerario: Roccoli Lorla (1.450m) – mulattiera – Porta dei Merli (2.107m) - sentiero di cresta – Ca’ de Legn’ (2.146m) - Monte Legnone (2.609m)

Dislivello: 1.159 metriDurata: 3,5 ore la salita; 2,5 ore la discesa per la medesima viaPeriodo: itinerario per escursionisti esperti; salita lunga e ripida con alcuni

tratti esposti e su roccette attrezzati con funi e gradini fissi; ideale dalla tarda primavera, dopo lo scioglimento dell’ultima neve fino alla prima nevicata dell’autunno; d’inverno è una sci-alpinistica emozionante fatta salva la necessità di verificare la stabilità della neve e di prestare estrema attenzione nei passaggi esposti.

L’ultima aerea cresta di neve prima di raggiungere la vetta del Legnone (Luca Fiorucci, 2007)

1, 2 e 3 febbraio 1891, la prima salita invernale al Monte LegnoneDalla scanzonata relazione pubblicata da Michele Chiesa il 6 e 7 febbraio 1891 sul quotidiano “L’Araldo” sappiamo che la domenica precedente lui, avvocato comasco, il suo collega Pietro Rebuschini e Leopoldo Redaelli di Menaggio, giunsero a Dervio in battello e si avviarono alla volta del Legno-ne. Erano accompagnati da cinque amici, anch’essi soci del CAI di Como, intenzionati però ad ascendere il solo Legnoncino. A Lavadée, con i sacchi alpini su un cavallo “che mostrava di ricordarsi dei molti anni passati”, furo-no guidati da un “alpigiano del luogo” uso, vedendo il naso, “un po’ troppo del fiasco paesano” e da “una robusta alpigiana, che portava una gerla con un pieno di roba”. Salendo ebbero modo di apprezzare “certe figliuole, sane, bellissime e modeste”. Accolti da Pietro Buzzella, guida “pratica fin da fanciullo di quelle località”, nelle case dei Lorla – rifugio dal 1889 del CAI di Milano -, “si mangiò, si bevette, ..si cantò l’Aida e si disse un mondo di corbellerie”. Il giorno dopo la guida, “altamente impres-sionata dallo stato [di innevamento] della montagna”, accompagnò con scetticismo i tre cittadini sino in vetta, ma poté ricondurli “in salvamento” ai Roccoli soltanto col buio, dopo tredici ore di “marcia disastrosa”.

militare proveniente da Gallino che aggira in quota il versante orientale del Legnone fino a raggiungere l’osservatorio dello Scoggione. A sud-est la cresta conduce impervia alle scarse fortificazioni del Monte Rotondo, della Bocchetta di Stavello, della Cima Fraina, della Bocchetta di Colombana, e oltre, fino a quelle della Bocchetta di Trona, affacciate sull’Alta Valle del Bitto di Gerola per sorvegliare un’eventuale risalita nemica da Morbegno.

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Informazioni turistiche

Accessibilità delle opereIn generale, salvo specificato, le opere della Frontiera Nord descritte in questo volume sono aperte e liberamente accessibili al pubblico.Fanno eccezione le opere in caverna al Loco Tocco del Monte Legnoncino ed a Ca’ Crosìn dei Roccoli Lorla che non sono ad oggi (2013) visitabili.I Forti del Pian di Spagna (Forte al Montecchio Nord di Colico, Forte di Fuentes e galleria di mina a San Fedele di Verceia) sono gestiti dal Museo della Guerra Bianca e sono visitabili nei giorni e negli orari di apertura o, su appuntamento, in qualunque momento dell’anno. Per esigenze di sicurezza il Forte al Montecchio Nord e la Mina a San Fedele sono visitabili solo con accompagnamento.

EquipaggiamentoI percorsi di avvicinamento alle opere cui si accenna sono generalmente da intendersi come itine-rari escursionistici di media montagna, da elementare (T) a facile (E); si raccomanda di indossare sempre scarpe robuste e abbigliamento adeguato a una gita per boschi, secondo la stagione; per visitare le opere in caverna è necessaria la torcia o la pila frontale facendo attenzione a non inoltrar-si là dove non sia chiara l’accessibilità e la sicurezza del luogo.

RiferimentiPer informazioni generali e turistiche sui percorsi della Frontiera Nord è possibile consulta-re il sito www.frontieranord.it e, in particolare per la Valvarrone e il Legnoncino, il sito www.valsassinacultura.it.Per visite con accompagnamento storico o laboratori in ambiente per scolaresche o gruppi organizzati è possibile contattare il Museo della Guerra Bianca tramite l’indirizzo e-mail [email protected] la visita ai forti del Pian di Spagna (informazioni, appuntamenti e prenotazioni) è pos-sibile contattare la segreteria al numero +39 0341 940322 oppure all’indirizzo e-mail [email protected].

Utilità in ValvarroneUnione dei Comuni della Valvarrone - Introzzo, via Roma 6, tel. +39 0341 807896 [email protected].

Ecomuseo della Valvarrone - Vestreno, via Dervio 225 (presso il Centro Scolastico della Valvarrone).

Punti di appoggio:a Corenno Plinio, via Badoglio 23: ristorante • “La Taverna del Castello”, tel. +39 0341 804289.a Vestreno, via Roma, 102: locanda • “Valvarrone”, di Betty Saccani e Mauro Arnoldi, tel. +39 0341 804378.a Vestreno, via Dervio: bistrot • “Peccati di Gola”, di Gino Balbiani, mobile +39 329 7245309.a Sueglio, via ai monti, 1: bar ristorante • “Suej”, da Osky e Sunny, mobile +39 366 3681511, tel. +39 0341 808022.ai Roccoli di Artesso: rifugio G.E.B. • “Bellano” (1.309m), gestore sig. Ghezzi, tel. (gestore) +39 0341 821439, tel. (rifugio) 0341 804309, tel. (comune di Bellano) +39 0341 821124, apertura agosto e festivi. ad Introzzo, via XXV aprile, 1: ristorante pizzeria • “Piccolo Fiore”, di Veronica Micaela Lombardo, tel. +39 0341 875142.a Subiale di Introzzo: ristoro • “Capriolo” (1.108m) , tel. +39 0341 875017.a Monte Lavadée di Introzzo: albergo bar ristorante pizzeria • “La Bocchetta” (1.362m), tel. +39 0341 875209.ai Roccoli Lorla di Introzzo: rifugio C.A.I. • “Roccoli dei Lorla” (1.463m), gestore Luigi Sceresini, mobile +39 349 3676826, tel. (gestore) +39 0341 933062, tel. (rifugio) 0341 875014, apertura dal 1° giugno al 30 settembre e d’inverno nei week end.a Tremenico, via caduti di guerra, 6: bed & breakfast • “Valvaron” (750m), di Lindo Mellesi, mobile +39 339 4478506, tel. +39 0341 875133, [email protected] Tremenico, via Roma, 20: albergo ristorante • “Monte Legnoncino”, tel. +39 0341 875009.ad Avano di Tremenico, via Piazza, 16: bar trattoria • “Monte Legnone”, tel. +39 0341 875015a Ca’ de legn’ di Tremenico: bivacco • “Silvestri” (2.164m), lungo la salita al Legnone in caso d’intemperie

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Bibliografia essenziale

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AA.VV., Sentiero del viandante, Azienda di Promozione Turistica del Lecchese Lecco 1994.

Walter Belotti, I sistemi difensivi e le grandi opere fortificate in Lombardia tra l’Età Moderna e la Grande Guerra. Vol. 1 - Le batterie corazzate, Museo della Guerra Bianca in Adamello, Varese 2009, pp. 242 (ISBN 978-88-904522-0-8).

Maurizio Binaghi, Roberto Sala, La frontiera contesa. I piani svizzeri di attacco all’Italia nel rapporto segreto del colonnello Arnold Keller (1870-1918), Edizioni Casagrande, Bellinzona 2008, pp. 597 (ISBN 978-88-7713-509-4).

Lamberto Caenazzo, Carta turistica escursionistica al 1:35.000 Grigne-Resegone-Campelli-Tre Signori-Legnone, Comunità Montana della Valsassina, Valvarrone, Val d’Esino, Riviera, Milano 2009.

Stefano Cassinelli, Forte Montecchio. Baluardo tra Alto Lario e Valtellina. Dalla Grande Guerra alla resa dell’autocolonna Mussolini, Macchione editore, Varese 2003 (ISBN 978-88-8340-113-8).

Giovanni Del Tredici, Elena Fattarelli, Colico e il Monte Legnone, “Sentieri e Storia”, CAI Colico, Colico 2007, pp.128.

Albano Marcarini, Il sentiero del viandante. Lungo la sponda orientale del lago di Como, Lyasis Edizioni, Sondrio 2005, pp.104 (ISBN 88-8671-155-7).

Mauro Minola, Beppe Ronco, Fortificazioni nell’arco alpino. L’evoluzione delle opere difensive tra XVIII e XX secolo, Priuli & Verlucca editori, Ivrea 1998, pp. 118 (ISBN 88-8068-085-4).

Mauro Minola, Beppe Ronco, Fortificazioni di montagna. Dal Gran S. Bernardo al Tonale e la cintura difensiva svizzera, Macchione Editore, Varese 2004, pp. 112 (ISBN 88-8340-016-X).

Pietro Pensa, La strada del viandante, Una vicenda sulla montagna al tempo di San Carlo, Casa Editrice Pietro Cairoli, Como 1984, pp. 219.

Alberto Rovighi, Un secolo di relazioni militari tra Italia e Svizzera, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Roma 1987, pp. 597.

Antonio Trotti, I sistemi difensivi e le grandi opere fortificate in Lombardia tra l’Età Moderna e la Grande Guerra. Vol. 2 - Le grandi opere in caverna della Frontiera Nord, Museo della Guerra Bianca in Adamello, Varese 2010, pp. 303 (ISBN 978-88-904522-1-5).

Giovanna Virgilio, Giuseppe Giudici, Il Sentiero del Viandante. Arte, storia e cultura tra lago e montagna, Tipografia Commerciale Editore, Lecco 2012, pp.256.

A lato: magnifico panorama sull’Alto Lario dalla postazione blindata al Sasso di Corenno, prima del recupero (2012)

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Stampato a Varese presso tipografia Emme EffeMMXIII