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Cibo e Salute, le Donne e l’Endometriosi Torino15 Maggio 2015 Maria Caramelli Direttore Generale f.f. Istituto ZooProfilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta [email protected] Carlo Campagnoli Ginecologia Endocrinologica, Clinica Fornaca [email protected] Francesco Deltetto Chirurgia Ginecologica Mini Invasiva, Torino - Erba [email protected] “Nei dettagli si nasconde la scienza” A. Einstein L’interferenza neuroendocrina (neuro endocrine disruption) è la nuova frontiera della Medicina dove l’ecotossicologia intercetta, attraverso gli inquinanti ambientali, lo sviluppo del nostro cervello e attraverso questa azione il nostro equilibrio ormonale e quindi integralmente l’organismo. Ci sono sempre più evidenze che gli agenti chimici usati in agricoltura, nell’industria e in medicina intervengono sul sistema neuroendocrino sia dei vertebrati e ancor più degli invertebrati, organismi più semplici e po- veri di sistemi di detossificazione. L’ipotalamo è il principale target degli interferenti endocrini e questo si conosce dagli anni ’90, in cui si ebbero le prime osservazioni su modifi- che somatiche apparse in pesci, rane, tartarughe. L’asse ipotalamo-ipo- fisi-ovaie è uno degli obiettivi dell’interferenza neuroendocrina agendo sulla maturazione delle ovaie stessa, sulla gametogenesi, sulla differen- ziazione sessuale e infine sul comportamento. A proposito di quest’ultimo

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Cibo e Salute, le Donne e l’Endometriosi Torino15 Maggio 2015

Maria CaramelliDirettore Generale f.f. Istituto ZooProfilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’[email protected]

Carlo CampagnoliGinecologia Endocrinologica, Clinica [email protected]

Francesco DeltettoChirurgia Ginecologica Mini Invasiva, Torino - [email protected]

“Nei dettagli si nasconde la scienza” A. Einstein

L’interferenza neuroendocrina (neuro endocrine disruption) è la nuova frontiera della Medicina dove l’ecotossicologia intercetta, attraverso gli inquinanti ambientali, lo sviluppo del nostro cervello e attraverso questa azione il nostro equilibrio ormonale e quindi integralmente l’organismo.

Ci sono sempre più evidenze che gli agenti chimici usati in agricoltura, nell’industria e in medicina intervengono sul sistema neuroendocrino sia dei vertebrati e ancor più degli invertebrati, organismi più semplici e po-veri di sistemi di detossificazione.

L’ipotalamo è il principale target degli interferenti endocrini e questo si conosce dagli anni ’90, in cui si ebbero le prime osservazioni su modifi-che somatiche apparse in pesci, rane, tartarughe. L’asse ipotalamo-ipo-fisi-ovaie è uno degli obiettivi dell’interferenza neuroendocrina agendo sulla maturazione delle ovaie stessa, sulla gametogenesi, sulla differen-ziazione sessuale e infine sul comportamento. A proposito di quest’ultimo

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si ricordi lo studio belga in cui le donne con alti tassi di diossina avevano un’inversione di aggressività fra figli maschi e figlie femmine. Ma anche gli assi ipotalamo-ipofisi-tiroide e ipotalamo-ipofisi-surreni sono influenza-ti dall’interferenza endocrina e partecipano all’equilibrio riproduttivo agendo a vari livelli attraverso sistemi di “cross-talk” ovvero attraverso meccanismi di regolazione reciproca.

Un nuovo concetto tossicologico quindi emerge, ovvero quello degli inter-ferenti neuroendocrini (IN), inquinan-ti ambientali capaci di agire come agonisti/antagonisti o modulatori della sintesi e del metabolismo di neuropeptidi, neurotrasmettitori e neuroormoni, che alla fine interven-gono in primis sull’apparato ripro-duttivo.

Infatti è questa la sede e la fase più sensibile all’azione degli IN, intesa come il processo che va dalla pro-duzione dei gameti al completamen-to dello sviluppo post-natale dell’in-dividuo. Gli IN sono un argomento prioritario nella moderna scienza della valutazione del rischio tossico-logico, anche in considerazione del fatto che la vulnerabilità ai loro effet-ti è modulata dallo status endocrino dell’organismo, quindi dal sesso e dall’età. Infatti, un concetto importan-te nella valutazione del rischio è che occorre assicurare un’adeguata pro-tezione non solo ad un ipotetico “individuo medio”, ma a fasce di popola-zione maggiormente vulnerabili. Nella popolazione, infatti, esistono significa-tive differenze legate al genere, allo stato fisiologico, all’età, nonché allo stile di vita, e in particolare al cibo, elementi fondamentali per la valuta-zione del rischio degli IN.

Quando pensiamo all’inquinamento ambientale il pensiero corre subito all’industria o all’agricoltura e invece è globalmente antropogenico, il che si-gnifica che tutte gli aspetti della vita umana sono coinvolti. Si pensi al-l’assunzione di farmaci che l’organismo introduce, elabora, ma alla fine elimina.

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L’EtinilEstradiolo (EE2) presente nella pillola contraccettiva è dosabile a livelli apprezzabili (1–800 ng/L) nelle acque effluenti dalle città. A queste quantità è neuroattivo in quanto si lega, attivandoli, ai recettori nel cervel-lo di vertebrati come la rane e il goldfish, determinando difetti nello svi-luppo dell’apparato riproduttivo.

Il Clotrimazolo è un derivato imidazolico clorurato ampiamente usato nel trattamento delle micosi ed è anch’esso presente nelle acque reflue degli agglomerati urbani (<1 to 34 ng/L) e l’esposizione a questi livelli deprime l’attività aromatasica nel cervello dei pesci alterando lo sviluppo gonadi-co.

Gli inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) (Prozac) da parte delle cellule presinaptiche sono usati come anti depressivi perchè aumentano i livelli della serotonina. Ci sono evidenze che questa, nei pesci e nei mammiferi, sia un importante modulatore del controllo neu-roendocrino della crescita, della riproduzione e dello stress.

Naturalmente i farmaci ad azione neurotropica sono solo una parte del problema in quanto occorre ricordare che anche le sostanze stupefacenti come cocaina, anfetamine, eroina, ecstasy e i loro metaboliti sono pre-senti nelle acque dei fiumi cittadini. Basti ricordare che da queste si può

calcolare un consumo medio giornalieri di 35.000 dosi di cocaina al dì nella città di Tori-no

L’utilizzo dei pesticidi in agri-coltura è un’altra fonte impor-tante di inquinamento neu-roendocrino sia attraverso la loro assunzione diretta con il consumo di frutta e verdura sia attraverso la loro persi-stenza nell’ambiente attraver-so la catena alimentare.

L’Atrazina (triazina clorurata) è un erbicida usato in tutto il mondo, anche se bandito dal-la Comunità Europea. Inibisce

il picco preovulatorio dell’ormo-ne luteinizzante (LH) e anche il rilascio di Prolattina da parte dell’ipofisi.

Il Metossicloro è un pesticida organoclorurato che ha sostituito il DDT dopo che questo è stato bandito. E’ presente nell’1,2 % dei cibi degli USA ed ha multiple effetti: innanzitutto ha un’azione estrogenica, au-

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menta la secrezione di prolattina, attraverso l’inibizione della Dopamina e riduce la secrezione di LH. Infine è una causa di modifiche comporta-mentali, dimostrato nei ratti di sesso femminile determinando un masco-linizzazione quando l’esposizione avviene in epoca fetale.

Il Prochloraz è un fungicida clorurato usato in agricoltura i cui residui si riscontrano nelle carni e nei latti di animali che si alimentavano con fo-raggi inquinati. Agisce sulla riproduzione riducendo a livello cerebrale il GnRh e anche i suoi recettori e l’espressione dell’aromatasi.

La Dieldrina è un pesticida che antagonizza i recettori neuronali tipo A del GABA e blocca i canali di entrata del Cloro. Data l’importanza del GABA nella liberazione del LH è ovvio il ruolo di riduzione della fecondi-tà.

E infine i contaminanti ambientali di origine industriale, come il cadmio, il mercurio e le diossine. I combustili fossili e l’industria sono fonti di libe-razione di queste sostanze.

Il cadmio è’ presente nell’aria, nel fumo di sigaretta e nelle zone inquina-te come quelle intorno alle fabbriche di zinco; tre quarti della quantità di cadmio prodotta vengono usati nelle pile al nichel-cadmio, mentre il quar-to rimanente è principalmente usato per produrre pigmenti, rivestimenti e stabilizzanti per materie plastiche.Il cadmio si trova principalmente negli alimenti raffinati come la farina, il riso e lo zucchero bianco. Agisce inter-ferendo con la Dopamina, la Serotonina e la Noradrenalina in diverse aree cerebrali con severità di effetti diverse in relazione a dose, alla dura-ta e al momento dell’esposizione.

La presenza del mercurio negli ecosistemi può essere “naturale”, essen-do contenuto nelle rocce e nel suolo, ma più frequentemente è dovuta alla contaminazione causa-ta dalle industrie, dove vie-ne soprattutto utilizzato per lo sviluppo di processi chi-mici, negli apparecchi elet-trici e in vari strumenti di misurazione.La parte più consistente di mercurio or-ganico tende a legarsi con facilità a molecole biologi-che quali aminoacidi e pro-teine, e di conseguenza viene assunto da organismi viventi sempre più com-plessi, passando dalle forme vegetali più elementari fino a giungere ai pesci predatori. La risalita verso i vertici della piramide alimentare deter-

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mina un continuo aumento della concentrazione del metilmercurio nei tessuti delle specie animali presenti nell’ecosistema (biomagnificazio-ne). Il consumo ricorrente di cibi derivanti da ani-mali contaminati può causare nel-l’uomo fenomeni di tossicità. Dato che la diffusione del mercurio è fortemente legata agli ecosistemi acquatici, i prodotti ittici rappresentano la fonte di contaminazione principale. Tra questi sono da segnalare i pesci predatori di grossa taglia (tonno, pesce-spada, verdesca) che, essendo ai vertici della catena alimentare, accu-mulano dosi maggiori della so-stanza. Anche i molluschi bivalvi possono, attraverso la loro attivi-tà di filtrazione, accumulare con-centrazioni di mercurio consi-stenti. La possibilità di contami-nazione dell’ambiente attraverso l’uso di sostanze usate in agri-coltura è attualmente difficile dato che, proprio per le note problematiche di tossicità, è da anni vietato l’uso di composti a base di mercurio che invece erano prima consentiti.

Infine, e sicuramente molto importanti, esistono le diossine. Vengono prodotte quando un materiale organico è bruciato in presenza di cloro, sia esso cloruro inorganico, come il comune sale da cucina, sia esso presente in composti organici clorurati (ad esempio, il PVC), Le diossine si generano anche in assenza di combustione, ad esempio nella sbian-catura della carta e dei tessuti fatta con cloro e nella produzione di cloro-fenoli, specie quando la temperatura non è ben controllata. Può essere il caso della produzione degli acidi 2,4-diclorofenossiacetico e 2,4,5-triclo-rofenossiacetico, noti come diserbanti.

Per quanto riguarda i processi di combustione, possiamo ritrovarle in in-dustrie chimiche, siderurgiche, metallurgiche, industrie del vetro e della ceramica, nel fumo di sigaretta, nelle combustioni di legno e carbone Endometriosi, cibo e salute delle donne Pagina !5

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(potature e barbecue, camini e stufe), nella combustione (accidentale o meno) di rifiuti solidi urbani avviati in discarica o domestici, nella combu-stione di rifiuti speciali obbligatoriamente inceneribili (esempio rifiuti a ri-schio biologico, ospedalieri) in impianti inadatti, nei fumi delle cremazioni, dalle centrali termoelettriche e dagli inceneritori. Questi ultimi sono stati in passato fra i maggiori produttori di diossina. Negli ultimi anni l’evoluzione tecnologica ha tentato di creare un notevole abbattimento delle emissioni gassose da queste fonti ma con scarsi risul-tati, anche perché questi emettono pericolose nano-particelle che posso-no trasportare diossine in forma non gassosa.

Principalmente presenti nel pesce e negli organismi acquatici, che sono raggiunti attraverso la catena alimentare, i PCB (PoliCloroBifenoli) dios-sina-simili (da decenni banditi dal mercato) e le diossine sono presenti sotto forma di congeneri ampiamente distribuiti nell’ambiente; essi condi-vidono il meccanismo d’azione mediato dal legame con il recettore arilico e gli effetti a carico di fegato, tiroide, sistema immunitario, riproduttivo e neurocomportamentale. I PCB non diossina-simili e le diossine hanno come bersaglio principale il sistema nervoso in via di sviluppo attraverso i neurotrasmettitori, alterando il turn-over della dopamina, , l’up-take del glatatione e del GABA, inibendone il segnale e riducendo i livelli seroto-nina. Essendo spesso presenti in miscela. è difficile valutare singolar-mente gli effetti della loro azione sugli estrogeni.

La scoperta dell’azione sugli estrogeni pubblicata sulla rivista Nature, e' opera di un team di scienziati giapponesi guidati da Fumiaki Ohtake e Shigeaki Kato, dell'Universita' di Tokyo, anche se restano da chiarire i

disturbi della funzione im-munitaria e l’insorgenza di alcuni tumori (soprattutto dell'apparato emolinfopoie-tico).

Normalmente l'estradiolo regola i processi cellulari legandosi a un recettore specifico, che si trova nel nucleo e che, una volta at-tivato, innesca la trascri-zione dei geni responsabili della maturazione degli or-gani genitali femminili, del-lo sviluppo dei caratteri

sessuali secondari e della fertilita' della donna e, a livello metabolico, della normale calcificazione del tessuto osseo e altro ancora. Stimolando la formazione di un com-

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plesso proteico che interferisce con questo meccanismo, le diossine sti-molano o bloccano l'espressione dei geni che la presenza dell'ormone dovrebbe attivare. La ricerca giapponese dimostra però che anche nei tessuti privi di estradiolo le diossine stimolano la formazione di un com-plesso proteico che inganna il recettore degli estrogeni. "A seconda del tessuto esposto, le diossine si comportano come estrogeni, antiestrogeni, androgeni o antiandrogeni" spiega Alberto Mantovani, del Laboratorio di tossicologia comparata e ecotossicologia presso l'Istituto Superiore di Sanita'. "La tossicita' e' il risultato dell'interazione fra il meccanismo d'azione molecolare e le caratteristi-che endocrine dell'organo colpito.”

I pesci e altre specie ani-mali in natura sono viste come “specie sentinella” e ci sono ormai ampie evi-denze dell’azione di interfe-renza neuroendocrina del-le sostanze prima citate e gli studi sperimentali sugli animali in laboratorio han-no permesso di studiarne i meccanismi d’azione Le interferenze sono trasferi-bili in campo umano ma non sempre i rischi sulla salute sono uguali, an-che per la difficoltà di ripetere le condizioni a cui gli animali sono esposti e per le differenze della capacità di detossificazione fra pesci e mammi-feri e per la diversa sensibilità maschile e femminile all’interferenza neuro endocrina.

Nella donna l’interferenza sul azione estrogenica determina danni su tut-te le fasi di sviluppo dell’apparato riproduttivo, in particolare agendo nello sviluppo fetale, anche se molti effetti si manifesteranno solo dopo la pu-bertà. Inoltre si ipotizza un aumento della sensibilità algica condiziona-ta da varie patologie. Si pensi a tutto il complesso della Pelvic Pain Syn-drome che va dall’endometriosi, ovviamente non presente nell’uomo, alla Cistite Interstiziale che colpisce per il 90% solo il sesso femminile.

Come si è evidenziato l’azione principale è sui recettori degli estrogeni.a mammella perciò è un altro organo bersaglio. Nella bambina si può ma-nifestare con un precoce telarca, che compare anche nella prima infan-zia, invece che due anni prima della prima mestruazione. Nell’adulto si osserva l’aumento di incidenza e l’abbassamento dell’età di insorgenza Endometriosi, cibo e salute delle donne Pagina !7

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del carcinoma mammario, che, oltre all’azione di agenti oncogeni, si può riferire ad un possibile ruolo degli interferenti neuroendocrini.

L’età al menarca che 200 anni fa era a 17 anni attualmente è in media a 13 anni ma si si assiste ad un trend in progressiva discesa. Accanto al miglioramento delle condizioni di vita, di alimentazione e di salute in ge-nerale l’esposizione al DDT della mamme ne provoca un significativo abbassamento come dimostrano gli studi sulle figlie di donne del Michi-gan , grandi consumatrici di salmoni dell’omonimo e inquinatissimo lago, e di donne cinesi, operaie di industrie tessili che utilizzavano cotone trat-

tato.

Dalle osservazioni precedenti si ricava che gli interferenti neuro endocrini, pur avendo effetti su uomini e donne, ha un’azione drammatica sul sesso femminile e ne conse-gue che la Salute di uomini e donna va af-frontata con prevenzione, terapie e stili di vita non uguali ma complementari e queste sono

le indicazioni che la comunità Scientifica internazionale ha dato per la “medicina di genere”.

Una sfida alla comunità scientifica ci arriva dall’aumento di incidenza dell’endometriosi (una donna su dieci ne è afflitta) e della sua crescente gravità, che non può essere solo riferi-to all’utilizzo recente e diffuso della la-paroscopia. Dalla epidemiologia alla diagnosi e alla terapia medica e chi-rurgica, nessuna branca medica è esclusa dal percorso della paziente con endometriosi, ma una particolare attenzione va posta all’Alimentazio-ne.Anche lo Stato Italiano è coinvolto e ne dava notizia il ministro della Salu-te Beatrice Lorenzin tramite Adnkro-nos Salute del 12 marzo 2014: "E' stata vincolata la somma di 15 milioni di euro per consentire alle Regioni di sviluppare specifici progetti finaliz-zati al miglioramento delle condizioni di vita e di salute delle donne affet-te da endometriosi. Al fine di migliorare la conoscenza epidemiologica sull'endometriosi, sui relativi accertamenti dia-gnostici e sui trattamenti terapeutici adottati, il ministero sta inoltre provvedendo all'istituzione di un Registro nazionale che si avvarrà di Re-gistri e Osservatori regionali sulla patologia, già realizzati in alcune Regioni”.

L'endometriosi è una patologia femminile ca-

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ratterizzata dalla proliferazione in sedi anomale, quali le tube di Fallop-pio, le ovaie, la vagina, il retto, altri tratti dell’intestino, la vescica di cellu-le dell'endometrio, la mucosa che riveste l'interno dell'utero. Il suo segno distintivo è il dolore pelvico, spesso invalidante, che diventa cronico.In risposta alle sollecitazioni ormonali tipiche del ciclo femminile, anche questo tessuto extrauterino periodicamente si ispessisce, si riempie di sangue e si deteriora e non determina reazioni immunitarie che tramite i macrofagi lo eliminino senza reazioni cicatriziali e conseguenti danni. Le conseguenze di una mancata distruzione sono infiammazione, successi-vo tessuto cicatriziale, coinvolgimento delle strutture nervose e conse-guente alterazione della struttura e funzione degli organi coinvolti e svi-luppo di dolore. Ne derivano manifestazioni cliniche che vanno dalla irre-golarità intestinale, ai disturbi vescicali, alla subfertilità o infertilità e so-prattutto dolori pelvici cronici, a volte così intensi da compromettere lo svolgimento delle normali attività quotidiane. Infine si deve menzionare il carico di sofferenza psicologica.

La patogenesi dell’endometriosi non è ancora certa ma esistono eviden-ze che gli inquinanti ambientali, agendo come interferenti endocrini, gio-chino un ruolo importante fin dalle prime fasi embrionali. Occorre perciò mettere in atto tutte le strategie per ridurre questo feno-meno, per temperare la eventuale predisposizione genetica e, una volta che l'endometriosi abbia fatto la sua comparsa, per tenere quanto più pos-sibile sotto controllo infiammazione e dolore.

Ne consegue che occorre conoscere meglio gli interferenti neuro-endocrini, approfondire il loro possibile ruolo come fattori di rischio in importanti patologie umane e trasferire queste conoscenze in una sorta di "preven-zione translazionale". Così facendo si contribuisce a garantire la sicu-rezza alimentare e quella degli am-bienti di vita, favorendo allo stesso tempo una felice e proficua integra-zione fra ricerca, regolamentazione ed intervento. E’ questo il punto di vista dell’ISS, che Alberto Mantova-ni, ricercatore del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicu-rezza Alimentare, illustrerà nel corso del workshop Endocrine Disruptors Endometriosi, cibo e salute delle donne Pagina !9

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and Human Health, in programma il 18 settembre presso la sede del Parlamento Europeo a Bruxelles.

"Gli interferenti endocrini sono un gruppo eterogeneo di contaminanti ca-ratterizzati dalla capacità di alterare l’equilibrio ormonale, principalmente (ma non solo) degli ormoni estrogeni, androgeni e tiroidei. Essi com-prendono diversi gruppi di pesticidi e antiparassitari, sostanze impiegate nelle plastiche, contenitori per alimenti ed oggetti di uso domestico, ma anche sostanze persistenti nell'ambiente (elementi tossici come l'arseni-co, PCB, diossine, etc.) e sostanze "naturali" (i c.d. fitoestrogeni) i cui ef-fetti, benefici o avversi, vanno ancora pienamente valutati. Gli interferenti endocrini sono l'esempio paradigmatico di "contaminanti", sui quali è in-dispensabile l'incremento della conoscenze e il loro trasferimento nelle attività di controllo, prevenzione e promozione della salute".

Le caratteristiche che rendono di attualità un'azione mirata e complessi-va nei confronti degli interferenti endocrini sono legate al possibile ruolo come fattori di rischio in importanti patologie umane (dall’infertilità ai di-sturbi neuro-comportamentali, dal diabete ad alcuni tipi di cancro dei tes-suti riproduttivi), nella suscettibilità del feto e del bambino e alla vasta dif-fusione anche con possibili effetti cocktail fra sostanze diverse ma con analoga azione.

Oggi si deve parlare di Sicurezza Alimentare Sostenibile che è l’insieme delle azioni volte a minimizzare le conse-guenze avverse sulla salute della progenie, sino alla vita adulta, associate alla presente sicurezza dell’alimento e qualità nutrizionale della dieta. La gravidanza e l’allattamento al seno rappresentano i due momenti della diade materno-infantile in cui l’organismo materno è determinante per l’“ambiente di vita” della progenie. Nell’utero avviene il passaggio transplacentare e nel periodo neonatale il bambino ha una limitata esposizione all’ambiente esterno, ma la sua alimentazione – il latte materno – è totalmente o in gran parte determinata dal metabolismo, dalla salute e dall’alimentazione della madre che a sua volta risente delle esposizioni,comprese quelle pregresse, a sostanze capaci di persistere nell’organismo e di formare il “carico corporeo” (body burden).

Mentre i benefici dell’allattamento al seno sono indiscutibili, è anche cer-to che l’allattamento materno sia una fase in cui i contaminati lipofili per-sistenti (policlorobifenili-PCB, diossine, difenileteri polibromurati-PBDE, ecc.) accumulati nell’organismo si trasferiscono al neonato, arrivando a rappresentare una parte non indifferente del carico corporeo nella vita successiva. L’entità del trasferimento al neonato è influenzata da alcuni fattori, quali l’età della mamma, la parità e l’alimentazione. Il trasferimen-

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to madre-neonato del carico corporeo di contaminanti persistenti sottoli-nea l’importanza del concetto di Sicurezza Alimentare Sostenibile , cioè della tutela della salute della generazione futura attraverso l’alimentazi-one nella donna dall’infanzia all’età fertile. Per contro, evidenze scientifi-che indicano che nella popolazione generale i benefici dell’allattamento al seno sono superiori agli even-tuali rischi derivanti dall’esposi-zione ai contaminanti, anche per un processo potenzialmente vul-nerabile ad effetti avversi esoge-ni quale lo sviluppo neurocom-portamentale.

Esistono aree dove le comunità sono esposte a contaminanti persistenti, o a cocktail tossici da inadeguato o illecito, ma sempre esteso e prolungato, smaltimento di rifiuti urbani e industriali, come si è visto per il lago Michigan. Esempi in Italia sono l’esposizione a PCB nel-l’area di Brescia e l’esposizione a diossine e composti diossina-simili nelle aree di Napoli e Caserta. Per Brescia è stato osservato il trasferi-mento al latte materno dei congeneri PCB implicati nella contaminazione mentre i risultati in Campania sono stati piuttosto inattesi in quanto i livelli di diossine e composti diossina-simili nel latte materno sono minori ri-spetto a quelli osservati in aree urbane del nord Italia (Milano, Piacenza), indicando un possibile problema ambientale non adeguatamente ricono-sciuto in tali aree. Per quanto riguarda gli effetti neurocomportamentali dei PCB, il neonato è più esposto rispetto al feto, a causa del passaggio di contaminanti liposolubili nel latte, ma è nel contempo meno suscettibi-le per il progressiva maturazione del sistema nervoso. A questo proposi-to, un aspetto importante è la presenza di composti protettivi nel latte materno, in particolare per quanto riguarda la maturazione neuronale (cisteina, triptofano, colina, taurina, acido sialico, acidi grassi polinsaturi) e l’omeostasi dei radicali liberi (selenio, glutatione, vitamina E) e inoltre, le proteine del siero aumentano la produzione endogena di glutatione, tutti fattori di protezione.

Sotto questo profilo le scelte alimentari risultano determinanti. Dall’ali-mentazione in gravidanza all’età giovanile adulta bisogna porre attenzione non solo agli inquinanti ambientali ma anche al ruo-lo, ormai non più discutibile, che ha il cibo nel modulare i fenomeni infiammatori.

Il primo obiettivo è evitare i "saliscendi" del-l'insulina, l'ormone che interviene per ripor-tare sotto la soglia di sicurezza il livello de-Endometriosi, cibo e salute delle donne Pagina !11

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gli zuccheri nel sangue (glicemia) e che è un insidioso fattore proinfiam-matorio. Per mantenere la calma insulinica vanno evitati gli zuccheri semplici (zucchero aggiunto e dolci) e preferire a pasta e pane raffinati le loro versioni integrali, i cui zuccheri si assorbono meno rapidamente pro-vocando un più graduale rialzo della glicemia. Fondamentale è poi com-porre i pasti con carboidrati e proteine in quantità equivalenti, in modo da ridurre l'indice glicemico dei primi (ovvero la velocità con cui aumentano la glicemia). Nella dieta non devono mancare i legumi, in particolare la soia, con i suoi fitoestrogeni, utili per tamponare l'azione degli estrogeni normalmente circolanti nell'organismo femminile.

Recentemente le tecnologie di biologia molecolare hanno mostrato addi-rittura una correlazione tra cibo ed espressione del DNA, facendo na-scere due nuove branche della nutrizionistica, la nutrigenetica e la nutri-genomica. Non solo è stato possibile validare scientificamente la consta-tazione empirica che persone diverse rispondono in modo molto diverso ad alimenti uguali, ma si è visto che i cibi possono addirittura modificare l’espressione di alcuni geni.La nutrigenomica è la scienza multidisciplina-re che studia l'interazione tra la nutrizione e il DNA, ossia come il cibo che ingeriamo influenza i nostri geni.Nel DNA esistono circa 35.000 geni, la maggior parte dei quali sembre-rebbe funzionare anche in relazione alle sostanze nutritive ingerite. Que-sto darebbe ragione alle antiche medicine orientali che da millenni so-stengono la correlazione tra cibo e salute: solo per fare un esempio, nel-la macrobiotica non esistono farmaci se non i cibi stessi, i quali vengono utilizzati come rimedio per le più comuni malattie.

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Si tratta di un campo relativamente nuovo della medicina molecolare, che esamina i rapporti tra la nutrizione e il patrimonio genetico individua-le di ogni singolo individuo; la nutrigenomica rappresenta l'applicazione pratica, nel campo dell'alimentazione, dei progressi fatti nella scienza della genetica e, secondo i suoi sostenitori, è la la nuova strategia nella ricerca nutrizionale. E’ bene non confondere la nutrigenetica con la nutri-Endometriosi, cibo e salute delle donne Pagina !12

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genomica: la nutrigenetica studia le variazioni nella sequenza del DNA in relazione alla risposta alimentare, mentre la nutrigenomica si occupa in-vece dell’effetto dei nutrienti sul DNA. Lo scopo della nutrigenetica non è quello di fornire una terapia ad una malattia, ma di elaborare una nutri-zione ritagliata su misura per i geni di ognuno, che rappresenti efficace-mente una misura preventiva in grado di conservare la salute e prevenire le malattie per le quali vi sia una predisposizione ereditaria, dovuta all’in-terazione tra genotipo e abitudini di vita, circostanze climatiche, tipo di lavoro, anamnesi familiare, costituzione fisica e discendenza etnica.

Ma come fanno i cibi a controllare l’espressione genica? La regolazione dell’espressione genica può avvenire attraverso tre meccanismi: metila-zione degli istoni, metilazione del DNA e microRNA. È stato dimostrato che i cibi possono influenzare tutti e tre questi parametri.e in particolare la metilazione che consiste nell’aggiunta di particolari gruppi funzionali

(metile) a DNA e proteine e questo ha un effetto indiretto nel controllare l’attività della DNA poli-merasi coinvolta nella trascrizione dei geni. E tornando all’Endometriosi ed è ovvio che entri-no in gioco nel modulare l’evoluzione dell’en-dometriosi sia gli ormoni sessuali, sia l’insulina nei suoi vari ruoli, da fattore di crescita ad agente proinfiammatorio, anche evidenziato nei tumori della mammella e sia l’alimentazione.

In generale, è ovvio che sia preferibile acquista-re alimenti da agricoltura così da ridurre l'introito di sostanze inquinanti di origine ambientale che possono agire interferendo con il funzionamen-to di organi produttori di ormoni, agendo cioè da interferenti endocrini e nel contempo meno raffinati per ridurne l’indice glicemico.

Gli esperti del progetto “Previeni”, promosso dal Ministero dell’ambiente in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, hanno elaborato un vademecum su come difendersi da un gruppo molto diffuso di sostanze chimiche pericolose che agiscono come interferenti neuroendocrini che influenzano lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e in taluni casi anche il comportamento dei bambini, oltre ad avere effetti negativi sullo sviluppo del feto. Uno dei più conosciuto è il discusso BPA, meglio conosciuto come bisfenolo A, definito nel testo del progetto “Pre-vieni” come una “sostanza con effetti estrogenici e ca-pace di alterare la funzione di tiroide e i sistemi ripro-duttivo, nervoso e immuni-tario”.

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Il suo impiego è stato limitato solo da alcuni paesi europei. L’Italia, in par-ticolare, ha accolto la direttiva europea che riguarda il divieto di utilizzare il BPA nei biberon in policarbonato. Per fortuna, le forti pressioni di stati come la Francia hanno spinto l’European Food Safety Autorithy (Efsa) ad organizzare incontri per scambiarsi dati e informazioni sul tema della pe-ricolosità del bisfenolo A.

Nel gruppo degli interferenti troviamo anche composti perfluorurati e so-stanze chimiche persistenti, come ftalati , pericoloso plastificante, che possono alterare la produzione di ormoni sessuali (estrogeni e testoste-rone) diminuendo la fertilità, e aumentare la predisposizione a contrarre diabete e obesità. Le normative europee si stanno aggiornando con lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. In attesa delle evoluzioni legisla-tive. ai cittadini non resta che adottare, nella vita quotidiana, compormen-ti responsabili e intelligenti come quelli proposti nel progetto “Previeni”:

1. Non riutilizzare contenitori in plastica per alimenti e bevande, usurati o monouso: sono fonti potenziali di bisfenolo A.

2. Limitare l’impiego di padelle antiaderenti graffiate, ritenute potenziali fonti di esposizione a composti perfluorurati (PFOS e PFOA).

3. Utilizzare carta per alimenti e pellicole seguendo attentamente le limi-tazioni indicate in etichetta. Non tutte le pellicole possono essere usate per conservare ogni tipo di cibo; i fogli di alluminio, per esempio, non

sono adatti agli alimenti acidi.

4. Limitare l’uso di prodotti affumicati ed evitare il con-sumo di quelli con parti carbonizzate o bruciate: sono fonti di idrocarburi po-liciclici aromatici (diossine).

5. Scaldare latte, pappe e bevande in contenitori inte-

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gri e non usurati.

6. Lavare accuratamente biberon e altri contenitori dopo la sterilizzazio-ne; non usare biberon in policarbonato (che non dovrebbero essere più in commercio).

Conclusione Il volto di Marilyn Monroe, la donna più famoso al mondo affetta da en-dometriosi, dalla locandina dell’Incontro ci ricorda quanto importante nel-la vita femminile sia l’endometriosi e il dolore pelvico cronico. Occorre

pensare alla prevenzione, in particolare all’educazione alimentare che parte dalla vita in utero, ma che ov-viamente a ritroso coinvolge tutte le fasi della vita della donna .

Alla fine del percorso de-scritto che dagli Inquinanti Ambientali porta all’Endo-metriosi e al Dolore Pelvico Cronico si ricava che solo una medicina di Genere è in grado di gestire la donna affetta da tale patologia.

Quindi occorrono attenta prevenzione con l’alimenta-zione , ma anche terapie mediche che comprendano sostanze ormonali e natu-rali, lasciando alla chirurgia il compito più gravoso di ge-stione delle situazioni non altrimenti affrontabili.

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RESPONSABILI SCIENTIFICI

Dott. Francesco DELTETTOProf. Carlo CAMPAGNOLIDott.ssa Maria CARAMELLI

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Infine un po' di ironia: “Sono sposato a una BIO devota”

L'amore ai tempi del seitan non è facile, se vivi con una integralista del cibo bio. La mia è una confessione di un marito in crisi alimentare: diviso tra un passato dal sapore chimico e un presente profumato di granaglie.

La cucina di casa nostra è una fortezza dove le pietanze industriali non possono penetrare: le etichette sono sottoposte a un esame spietato, dalla località di origine (che deve essere lontana da zone notoriamente inquinate) alla garanzia di immunità da ogni genere di additivo, conser-vante, colorante o antiparassitario.

Io vengo dall’educazione alimentare ad alta sofisticazione degli anni Sessanta, quella dei gelati in technicolor per i coloranti rosso fuoco e l’azzurro puffo e delle merendine da premio Nobel per la chimica. Sono cresciuto in una famiglia con scorte private di Ddt perché mio padre ripe-teva: "Sì, l'hanno proibito e sarà pure pericoloso, ma è l'unica cosa che stermina qualunque insetto". Il passaggio da questo pianeta artificiale a un mondo bucolico in cui si compongono austere insalate di quinoa, a distanza di anni per me continua ad essere traumatico. Ma il bio non è solo una questione di pietanze, ma un vero stile di vita.

La vacanza in Alto Adige per lei è un pellegrinaggio nei santuari del cibo incontaminato che inizia con colazioni con latte di caprette che ricordano quelle di Heidi e ancor peggio la vacanza in Toscana, dove è messa a dura prova la mia indole carnivora che non si rassegna agli hamburger di seitan e alghe, che lei spiattella radiosa: "Buoni no? Meglio della chiani-na!". Alla fine non mi è rimane che sdrammatizzare: "Bio lo vuole!”.

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Bibliografia

Quanto sopra ha riscontro in voci bibliografiche.

Da richiedere a [email protected]

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