ALIMENTAZIONE - Ristretti · 2015. 10. 28. · OSPEDALE AFRICANO Giorgio Cavagna 22-23 INTERVISTA...

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“il Fuori si accorga che il Dentro è una sua parte” Periodico di Informazione sulla Salute della Casa di Reclusione Milano - Bollate Anno 3 - Aprile 2010 N.4 ALIMENTAZIONE

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Page 1: ALIMENTAZIONE - Ristretti · 2015. 10. 28. · OSPEDALE AFRICANO Giorgio Cavagna 22-23 INTERVISTA AL DOTT. ANGELO APARO La Redazione 24 UNA NUOVA VOLONTARIA Francesca Sabbioni 24

“il Fuori si accorga che il Dentro è una sua parte”

Periodico di Informazione sulla Salute della 2° Casa di Reclusione Milano - Bollate

Anno 3 - Aprile 2010 N.4

ALIMENTAZIONE

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EDITORIALEL’America che cambia

un giorno per la sto-ria, in cui , nono-stante l’evento, non

invidio g l i americani . Il 23 marzo negli USA èstata approvata la riformasanitaria, un traguardo at-traverso il quale, per paroledel suo presidente, gli StatiUniti dimostrano al mondodi essere “capaci di grandicose”. Forse è vero, gli ame-ricani sono “capaci di grandicose”, ma la riforma sanita-ria rappresenta una durabattaglia che corona il tra-guardo di quasi un secolo difrustrazioni.Per noi italiani, per noi eu-ropei, l’alzata di scudi con-tro il provvedimento cheestende l’assistenza medicaa quasi la totalità degli ame-ricani è un paradosso. Danoi l’assistenza medica è pertutti, è un diritto universale,

riconosciuto da semprequale diritto di essere curatigratis. Io non saprei immaginareuna collettività, un consor-zio, un Paese civilizzatosenza il sentimento socialedi occuparsi della salutedella gente. La salute è unbene meritevole di tutelaper la sua grande rilevanzasociale. M i c h i e d o , c h e s e n s oavrebbe una società che nonconcepisce quale principaleservizio sociale la tutela sa-nitaria? Per quale scopo do-vrei accettare di s tareinsieme con qualcunoquando nel momento del bi-sogno non trovo alcun so-stegno? L’individualismo spinge apensare ognuno responsa-bile del proprio destino incampo economico e, per gli

americani, la salute è unpezzo di questo destino.Ebbene, negli USA fino al 23marzo 2010 la salute è statamateria da governare attra-verso il mercato. All’ospe-dale ci andavi con la carta dicredito o con una coperturaassicurativa, per riceverecure e soccorso. Oggi è unpo’ diverso. Certo non èl’adozione del vituperato“modello europeo”. La ri-forma obbliga gli americaniad avere un’assicurazionemedica con la promessa diridurre il costo delle polizzee assistere chi non se lo puòpermettere. Accederanno aiservizi sanitari 32 milioni diamericani in più e le compa-gnie assicurative non po-tranno negare la copertura anessuno, neppure a chi è af-fetto da malattie croniche.Senza curarsi dei particolarisull’amministrazione dellasanità in Italia, non invidioassolutamente la riformaamericana del 2010. Noi,nonostante le incertezzeeconomiche e i vari conflitti,assicuriamo l’assistenzamedica a tutti, immigrati in-clusi . Gli americani, laprima potenza economica almondo, non vogliono checon le loro tasse sia pagatal’assistenza ai clandestini.D’altra parte siamo italiani,capaci di mutua e piccolialtri vizi.

Antonino Bartolottaco-Vice Direttore

È

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2 EDITORIALEAntonino Bartolotta4-5 LA PIRAMIDE ALIMENTARESilvia Polleri5 TEATRO AL FEMMINILELa Redazione6 LA RESPONSABILITÀ NON È UN OPTIONALMichele Coletta7 ALIMENTAZIONE BILANCIATAAntonio Bottaro8-9 ETTARI DI PELLEMaurizio Torchio10 CUCINARE PER TANTIFrancesco Pagnotta10 CIBO E PUBBLICITÀGiuseppe La Regina11 AUMENTO DEI PREZZIMassimo D’Odorico12 ANORESSIAMichele Maffei14 GIOCARSI LA SALUTERenato Vallanzasca15 APPALTI E CONTROLLIIsidoro Bossio16-17 BUONO DA MANGIARE... BUONO DA PENSAREAlessandra Bosetti18 CELIACHIAGiovanni Conte18 LA RAI IN REDAZIONE La Redazione19 ALIMENTAZIONE CON GLI O.G.M.La Redazione20-21 STORIA DI UN OSPEDALE AFRICANOGiorgio Cavagna22-23 INTERVISTA AL DOTT. ANGELO APAROLa Redazione24 UNA NUOVA VOLONTARIAFrancesca Sabbioni24 NUOVO INGRESSO IN REDAZIONEGiulia Cinali

DIRETTORE RESPONSABILEAngelo Maj

VICEDIRETTORIAntonino BartolottaViviana BrinkmannMatilde Napoleone

SEGRETERIAVincenzo Micchia

Diego PisanoCAPO REDATTORE

Renato VallanzascaVICE CAPO REDATTORE

Isidoro BossioRoberto AllegriREDAZIONE

Pasquale Cesarano Daniele Gravagno

Ivano LiccardoEnzo Visciglia

INVIATA ESTERNAGiulia Cinali

SUPERVISORE SCIENTIFICORoberto Danese

REDAZIONE AL FEMMINILECAPO REDATTRICE

Francesca CuringaVICE CAPO REDATTRICE

Sabrina De AndreisREDAZIONE

Cesarina TejedaSEGRETARIA DI REDAZIONE

Patrizia MilesiREDAZIONE 7°R

CAPO REDATTOREFrancesco Siragusa

REDAZIONEPaolo Cirillo

SEGRETERIAEnzo Cesarano

Ermano MarinettiDISEGNATORE

Jamal ZaliTRADUTTORICesarina Tejeda

CORRETTORE TESTIMassimo D’OdoricoAndrea MammanaART DIRECTORRocco Squillacioti

FOTOGRAFIA INTERNAAntonio Sorice

SCREENING IMMAGINIVincenzo Tarantino

AMMINISTRAZIONEDiego Pisano

LOGOGiuseppe Cassano

HANNO COLLABORATOAngelo Aparo

Antonino Bartolotta Alessandra Bosetti

Isidoro Bossio Antonio Bottaro

Giuseppe CastigliaGiorgio Cavagna

Giulia Cinali Michele Coletta

Omar Confalonieri Giovanni Conte

Patrizia D’Ambrosio Massimo D’Odorico Sabrina De Andreis

Marco Di Lella Mohamed El Modather

Fabio Fossati Giuseppe La Regina

Ivano Liccardo Michele Maffei

Claudio Marchitelli Patrizia Milesi Mauro Paccoj

Francesco Pagnotta Luigi Polichetti

Silvia Polleri Sergio Principe

Maria Antonietta Roggio Francesca SabbioniRocco SquillaciotiMaurizio Torchio Michele Trapani

Renato Vallanzasca Enzo Visciglia

STAMPAMIOLAGRAFICHE S.r.l.

Via N.Battaglia, 27 20127 Milano

EDITOREAssociazione di Volontariato

Gli amici di Zaccheo-LombardiaSede Legale Via T. Calzecchi, 2

20133 Milano Tel. 02/33402990 Cell. 347 7402524www.amicidizaccheo-lombardia.itinfo@amicidizaccheo-lombardia.it

Aderente alla ConferenzaRegionale Volontariato

Giustizia della LombardiaAderente alla Federazione

Nazionale dell’Informazione dal carcere e sul carcere

Questo numero è stato chiuso in Redazione il16/04/2010 alle ore 18: 00

Tirature copie 12.000

LA REDAZIONE SOMMARIO

Anno 3 - Aprile 2010 N. 4

RUBRICHE

25 LA RIFLESSOLOGIA PLANTAREPatrizia D’Ambrosio26-27 MUSICA E SPERANZAMarco Di Lella

13 DIVERSAMENTE ABILIL’AIUTO DIVENTA REALTÀIvano Liccardo 13 I PROMOSSI CON MERITOLa Redazione17 BIGRAFIA IN PILLOLEAntonino Bartolotta21 LA SALUTE DELLO SPIRITO Don Fabio Fossati27 L’OCCHIO DEL LA DONNASOGNO O SON DESTA?Sabrina De Andreis28 QUALIITÀ E QUANTITÀMichele Trapani29 I REPARTIVITTI SPECIALIOmar Confalonieri Claudio MarchitelliLuigi PolichettiSergio Principe29 I REPARTIIL CARRELLOMauro PaccojMohamed El Modather30 I REPARTILE DIETEPatrizia Milesi Maria A. Roggio30 RIDERE FA BUON SANGUEGiuseppe Castiglia31 LA SALUTE IN TAVOLAEnzo Visciglia31 PASSATEMPO RECUPERA L’USCITA Rocco Squllacioti31 POESIAAntonino Bartolotta

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Gli alimenti come cura

LA PIRAMIDE ALIMENTAREScienza dell’alimentazione

al 2006 la coopera-t i v a d i c a t e r i n g“ABC la sapienza in

tavola”, interna alla CR diBollate, ha l’appalto dal Mi-nistero per cucinare i pasti,inizialmente per una e suc-cessivamente per tre sezionidi questo Istituto, per com-plessivi 350 pasti al giornocirca.

Occuparsi di alimentazioneè una grossa responsabilitàperché significa, indiretta-mente, preoccuparsi dellasalute delle persone. Forse èmeglio spiegare meglio cosavuol dire e cosa comprendel’alimentazione.

Col termine alimenta-zione si intende sia l'assun-zione di alimenti in rispostaagli stimoli fisici e psichici(fame e appetito) sia, più ingenerale, il regime alimen-tare adottato dall'uomo (cheè più correttamente definitodieta).La scienza che studia l'ali-mentazione umana è lascienza della nutrizione.La nutrizione si basa sulprincipio che lo stato di sa-lute viene mantenuto grazieall'assunzione, tramite glialimenti, di tutti i principinutritivi necessari a:

• fornire energiaper il mantenimento dellefunzioni vitali e per le atti-vità corporee (attraverso

l’introduzione di zuccheri,carboidrati quali pasta, risoecc. ed i grassi);

•fornire materialeplastico per la crescita, ela riparazione dei tessuti (at-traverso le proteine sia diorigine animale es. carni, siadi origine vegetale es. fa-gioli, lenticchie ecc.);

• fornire materialeche ci “protegga” da infe-zioni esterne ed eventualimalattie (attraverso i mine-rali es. verdure e vitaminees. frutta e verdura).Ma quando si può diredi avere un alimenta-zione corretta e sana,anche in grado di difen-dere il proprio corpodall’assalto delle malat-tie? La nutrizione, come tutte lescienze, è in continua evolu-zione; oggi ci insegna che èmolto importante assumerei diversi alimenti distribuitiper quantità secondo pro-porzioni che è importanterispettare.

Per far meglio comprendere,oggi i nutrizionisti diconoche occorre immaginarel’insieme degli alimentiche servono al nostrocorpo, dentro una pira-mide divisa a piani dalbasso verso l’alto.

Ad ogni piano corrispondeun tipo di alimento, e la sua

relativa quantità. Anche l'at-tività motoria è elementofondamentale nella compo-nente alimentare.Alla base della piramide sitrovano gli alimenti che pos-sono essere consumati inquantità maggiore. Salendotroviamo invece, quei cibi ilcui consumo deve essere li-mitato.Come distribuiamo glialimenti per impor-tanza e quindi quan-tità?Alla base della piramide (ilpiano più largo) si troval'acqua, poi frutta e or-taggi, essenziali per l'ap-porto in vitamine e minerali,ma anche di fibra, impor-tante non per la funzionenutriente ma per il manteni-mento della funzione dige-stiva dell'intestino.Al terzo piano si tro-

vano i cibi ricchi in car-boidrati (pasta, pane, riso,cereali) che dovrebbero rap-presentare la maggiore fontedi energia. Al quarto piano si tro-

vano le proteine (carne,pesce, uova, legumi).Al quinto piano si tro-

vano latte e derivati.Al sesto i grassi (olio e

burro): questi al imentivanno consumati in quan-tità limitate anche perchéhanno una densità energe-tica maggiore (cioè a paritàdi peso forniscono molte >

D

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più calorie delle altre cate-gorie di alimenti).Sotto la punta della pira-mide troviamo vino ebirraNella punta della pira-mide, la più strettaquindi, i dolci, da consu-marsi con grande modera-zione.

Con questa distribu-zione, che è il risultatodi studi importanti nelsettore della nutrizione,vengono spontanee al-cune osservazioni: la pasta, il pane, il riso, i ce-reali, per molti anni ritenutiinutili e dannosi soprattuttonelle diete dimagranti, sonomessi in un posto moltoampio della piramide e sonoelementi fondamental ianche nella prevenzione, as-sieme alle verdure, dei tu-m o r i i n t e s t i n a l i . U n acuriosità: persino la diffe-renza tra i t ipi di pasta contribuisce a meglio pro-teggere il nostro intestino.Mangiare ogni tanto pastalunga, spaghetti, è un ulte-riore elemento di preven-zione considerando che, laprima digestione avviene in

bocca con la masticazionedei diversi alimenti.

La così detta “dieta mediter-ranea” ricca di primi piattispesso con verdure, viene ci-tata a esempio in tutto ilmondo e risulta essere vin-cente rispetto ad una dietaiperproteica, che da’ sì almomento una forte massamuscolare, ma non garanti-s c e n e l l u n g o t e m p o l a tenuta dell’organismo espesso, l’eccessiva introdu-zione di proteine animali èfonte di malattie. Inoltrel’obesità, patologia moltodiffusa negli Stati Uniti, è

frutto di una cattiva alimen-tazione, ricca degli alimentiposti al sesto piano e allapunta della piramide.

A Bollate, grazie all’incaricoavuto da questa Direzione,dal 2006 la cooperativa si èimpegnata affinché venis-sero sempre applicati imenù ministeriali, di per sécorretti, e che venissero di-stribuiti tutti i prodotti pre-visti nel Capitolato, affinché,tra i diritti dei detenuti da ri-spettare, vi fosse anche lacorretta alimentazione.

Silvia Polleri

TEATRO AL FEMMINILEFinalmente una leggera brezza d’arte anche al femminile di Bollate, in questo caso teatro:grazie alla partecipazione della regista Daniela Zarini e al suo impegno di insegnarci con pra-tica e teoria. Il suo progetto è di fare un video con noi ragazze, speriamo di riuscirci!Lei ha già avuto esperienze con detenuti del carcere di Trento e Rovereto. Questo ci mette anostro agio e motiva anche un po’ lo spirito di competizione con altri Istituti che già hannocompiuto questa impresa … se l’hanno fatta loro, perché noi non dovremmo?Ebbene, il corso ha inizio! Per ora ci ritroviamo una volta a settimana per parlare, fare eser-citazioni, prendere confidenza con il nostro corpo e lessico. Siamo tutte interessate: chi si ècommossa, chi si è divertita, e questo è molto bello. Non capita spesso, ma come si dice,l’amore, la passione, l’interesse di un qualcosa in comune, in questo caso il teatro, unisce ecrea nuove amicizie.

La Redazione

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Cuochi si nasce o si diventa?LA RESPONSABILITÀ NON È UN OPTIONAL

La parola al II Reparto

nizio questo mio arti-colo con il presentarmisono, se così si può

dire, il cuoco del II reparto.Desidero però sottolineareche non sono un professio-nista, nel senso, che nonho studiato e non ho nessundiploma specifico, cerco diessere responsabile versome stesso e i miei compagni,stando sempre attento allapulizia, ordine, igiene gene-rale della cucina, all’uso diattrezzature, come ad esem-pio i coltelli. Bisogna quindiessere sempre attenti. Ognigiorno quando vado a riti-rare la spesa, cioè il menù,controllo sempre la qualità ela scadenza dei prodotti. Cu-cinare in un istituto non ècosa facile, perché ci sonovarie tipologie di problema-tiche ad esempio, se cucinodella carne di maiale, devostare attento che anche le at-trezzature usate per cuci-nare quest' alimento, sianopoi pulite come si deve, o seuso i coltelli per tagliare lacarne, li pulisco ogni volta,poiché saranno utilizzati perpreparare il vitto per i mus-sulmani. In cucina ci vuoleinventiva e buon senso, unasana alimentazione giova atutti. Cerco sempre di elimi-nare i soffritti, i grassi e usopoco olio, se non a crudo. AlII reparto, a differenza deglialtri, cuciniamo anche perl’infermeria, per i diabetici, i

cardiopatici e per chi ha pro-blemi di masticazione che ingergo carcerario sono chia-mati “vitto-latte“. Oltre allapulizia generale della cucinaè molto importante anchequella personale e degli indumenti e certo usiamosempre cappello e camice;determinante è che in cu-cina ci sia buona armoniatra noi compagni detenuti,in modo da responsabiliz-zare tutti nelle varie man-sioni ed io, per primo, nonmi limito solo a cucinare maanche alle pulizie. Come hogià anticipato non sono uncuoco di professione, perchénon ho nessun attestato ecome sappiamo oggi fuorida queste mura senza un“pezzo di carta”, non si è ri-conosciuti come tale, ma ioancora ci credo e spero undomani, uscendo da qua, misia data la possibilità di la-vorare presso qualche localedi ristorazione. Il momentopiù bello della giornata di la-

voro e quando tornano i car-relli dalle sezioni e sonocompletamente vuoti: vuoldire che il mio impegno, lamia serietà è stata premiataperché il cibo è stato gra-dito! Voglio fare una preci-sazione, tutto questo èrealizzabile anche grazie allaDirezione e agli Agenti diPolizia Penitenziaria re-sponsabili della cucina inquanto, in molti anni tra-scorsi nelle patrie galere, neho viste di cotte e di crude,mentre a Bollate sono pro-prio loro i primi a fare at-tenzione che gli alimentisiano idonei al consumo.Purtroppo sappiamo chenon tutti i detenuti hannola fortuna di essere seguitidai propri famigliari, rice-vendo quindi pacchi e soldi,ecco perché è importanteche l’alimentazione sia cu-rata e varia, non solo per ipiù fortunati, ma per tutti.Ah! Sta per uscire il carrello,buon appetito a tutti!

Michele Coletta

I

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Controlli rigorosiALIMENTAZIONE BILANCIATA

La parola al VII Reparto

a mia decennaleesperienza comecuoco mi porta a dire

che il fabbisogno del corpoumano varia in funzionedell’età, del peso, del sesso edell’attività fisica. Una sanaalimentazione deve essereprincipalmente, variata e bi-lanciata per garantire il giu-sto quantitativo di tutte lesostanze nutritive: carboi-drati circa il 55% delle calo-rie totali assunte, proteinecirca il 15%, grassi 30% oltrea vitamine, sali minerali eacqua.Il menù penitenziario sisuddivide in categorie perpatologie diverse: diabetici,cardiopatici, vitto bianco,vitto latte, no carne, nopesce, vitto sani e mussul-mani. Naturalmente il menùè seguito da un Dietologo einfine dal Dirigente Sanita-rio che collega alle varie ti-pologie la grammatura, laqualità, dieta e valori nutri-zionali necessari al nostrocorpo. Ci sono menù estivi e

invernali e ognuno è suddi-viso in quattro settimane. Laspesa, le derrate alimentarisono ritirate quotidiana-mente al fine di assicurareper alcuni generi deperibili,come la frutta e la verdura,la massima freschezza. Glialimenti sono severamentecontrollati da una Commis-sione cucina, che verifica laqualità, le scadenze, il pesofino al trattamento del pro-dotto all’interno delle cu-cine. Il compito del cuoco èseguire con molta atten-zione il menù, soprattuttoper quelli particolari, dedi-cando passione e rispetto alproprio lavoro. La peculia-rità del 7° reparto è sicura-mente costituita

dall’attrezzatura delle cu-cine, nuove e più all’avan-guardia dal punto di vistaigienico. Cucinare in questiambienti da maggior soddi-sfazione e i risultati si ve-dono. Ringrazio tutti i lettorie segnalo una mia personalericetta.

FARFALLE AL LIMONEIngredienti:1 cipolla tritata, 100 gr. diprosciutto cotto, buccia dilimone, olio d’oliva, pepenero, panna, 380 gr. dipasta farfalle, 2 cucchiai dilatte.Preparazione:Fate rosolare la cipolla finoa doratura con l’olio d’oliva,aggiungete il prosciutto e labuccia di limone, mettete lapanna con un paio di cuc-chiai di latte, aggiungete ilpepe nero a vostro piacere esalate, a parte cuocete lapasta al dente, scolate eunite il tutto, servite conuna spruzzata di for-maggio grana e una grat-tugiata di buccia di limone. Buon appetito!

Antonio Bottaro

L CARBOIDRATI

GRASSI

PROTEINE

55%

15%

30%

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lbert Klingman èmorto il 9 febbraioscorso, all’età di 93

anni. Gli americani lo com-memorano per i suoi studisulla forfora, i funghi deipiedi, l’acne e le rughe. So-prannominato “il papa delladermatologia”, comparivaspesso su giornali e televi-sioni. Difendeva il cioccolato“è ignobile vietarlo ai ra-gazzi. Non è vero che pro-voca l’acne” e condannava latintarella. Ma il professorKlingman viene ricordatoanche come direttore degliesperimenti che l’Universitàdella Pennsylvania condussenella prigione di Holme-sburg, vicino Philadelphia.Holmesburg non fu l’unicoistituto dove i detenuti fu-rono utilizzati come cavieumane. Ma da nessun'altraparte la sperimentazionecoinvolse così tante persone,e così a lungo. Fra il 1951 e il1974 si studiarono le rea-zioni a saponi, cosmetici,deodoranti, shampoo e adiossina, allucinogeni, ra-diazioni. In un’intervista del1966, Klingman rievocòl’emozione provata all’arrivoin prigione: “Tutto ciò chevedevo davanti a me eranoettari di pelle. Mi sentivocome un contadino che sitrova, finalmente, di fronte aun campo fertile.” Gli espe-r i m e n t i e r a n o s u b a s e volontaria. Il più comune

prevedeva l’applicazione dicerotti con le sostanze da te-stare sulla schiena dei dete-nuti. Tenendo i cerotti perun mese si guadagnavano150/200 dollari. Per chi la-vorava alla fabbrica discarpe dell’istituto, la pagaera fra i 15 e i 25 centesimi algiorno. Se ai cerotti si som-mavano biopsie, raggi, inge-stione di liquidi, si potevaarrivare anche a 1500 dollarial mese. Certo, non sono imilioni che la principaleazienda committente ver-sava al dipartimento di der-matologia. Ma comunquesoldi preziosi. Facendo dacampo per il professor Klin-gman, c’è chi si è pagato ilsopravitto, l’avvocato, o lacauzione. Ed è proprio qui ilcentro della controversia.Quando la posta in gioco ècosì alta, si può ancora par-lare di partecipazione spon-

tanea? Di consenso infor-mato? Gli esperimenti, in-fatti, nessuno li nega. Ancheperché sono descritti su do-cumenti desecretati del-l’esercito americano un altrocommittente. Klingmanperò ha sostenuto fino all’ul-timo che si è trattato diesperimenti fatti su adultiinformati e consenzienti.Esperimenti a basso rischio,e con grandi benefici per lascienza medica. Chi è stato aHolmesburg la pensa diver-samente. Edward “Butch”Antony aveva vent’anniquando, a metà degli anni’60, non ricevendo soldi daifamiliari, decise di offrirsicome cavia: “C’erano ancora i segni didove avevano buttato giù imuri delle celle, per farestanze più grandi, per i dot-tori e i loro esperimenti.C’erano strani macchinari

Il papa della dermatologiaETTARI DI PELLE

Detenuti e sperimentazione scientifica

A

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dappertutto. E un po’ di dot-tori che giravano, facendocose. Ma poi ho capito chequei ragazzi in camicebianco non erano affattomedici, ma detenuti. Face-vano tutto i detenuti. Que-sto, in un certo senso, mi hatranquillizzato. Ho pen-sato: questi test non pos-sono essere così pericolosi,se hanno messo dei detenutia farli. Se si trattasse diqualcosa di davvero serio,si vedrebbero più dottori ingiro. Un detenuto prese ilmio pass e spuntò il nomedalla lista. Mandò cinque osei di noi una stanza. Midisse di sedermi, e togliermila camicia. Poi mi diede unfoglio da leggere e firmare.In sostanza diceva che, semi capitava qualcosa, solle-vavo l’Università della Pen-nsylvania da qualsiasiresponsabilità. Ho detto:‘Hey, perché me lo fai fir-mare? Pensavo che questitest fossero sicuri.’ ‘Lo sono’mi disse il detenuto. ‘E’ solouna formalità’.”Antony, in quel periodo, erasemi analfabeta. Difficile de-cifrare un modulo preparatodall’ufficio legale dell’Uni-versità. Decifrare le conse-guenze sul suo corpo,purtroppo, fu più facile. Laschiena gonfiò e si ricoprì dipiaghe. Sospesero l’esperi-mento, ma il dolore conti-nuò.“L’unica cosa che sembravaalleviare un po’ il prurito eil dolore erano le docce bol-lenti. Intendo veramentebollenti. I ragazzi non ci po-tevano credere che volessimettermi sotto l’acqua a

quella temperatura. De-vono aver pensato: è im-pazzito. Le notti, in ognicaso, erano terribili. Stavobuttato lì, in agonia. […] Ilmattino dopo Youngie [ilcompagno di cella] disseall’agente del piano che eromesso male, e dovevo asso-lutamente vedere uno deidottori del la sezione H[quella degli esperimenti].Ma l’agente tornò dicendoche, dato che l’esperimentoera stato interrotto, lui nonpoteva mandarmi giù daquelli dell’Università. Nonci volevo credere. Sto male.Sembro una maledetta fra-gola. E adesso che il test è fi-nito, i medici non vogliononemmeno guardarmi. Io eYoungie abbiamo comin-ciato a far casino, chie-dendo un dottore. Laguardia disse: vedrò cosa sipuò fare. Nel frattempoperò mi fecero scendere insala colloqui, perché avevouna visita. Grazie a quellavisita capii com’ero ridotto.Non ci sono specchi in pri-gione, ed io non sapevo cheaspetto avevo. Fu quella vi-sita a dirmelo. Mia sorellaEdna era già seduta dietroil vetro divisorio quandosono arrivato al bancone.Lei mi ha guardato e ha co-minciato a urlare. E’ saltatavia dalla sedia, terroriz-zata. E continuava a cor-rere su e giù urlando: ‘Ohmio Dio, oh mio Dio, cosa tihanno fatto?’. Teneva lamano alla bocca, come perimpedirsi di vomitare.”Fino all’inizio degli anni ’70,il 90% dei prodotti farma-ceutici veniva testato su de-

tenuti. Da allora questa per-centuale è crollata. Nel 1978,anche a seguito dello scan-dalo di Holmesburg, unalegge proibì - per ricerche fi-nanziate con fondi pubblici- di utilizzare detenuti inesperimenti con un livello dirischio superiore a “mi-nimo”. Archiviare Holme-sburg, però, sarebbeprematuro. Nel 2006, unpanel di medici dell’Insituteof Medicine e della NationalAcademy of Sciences ha rac-comandato alle autorità fe-derali di innalzare il livellodi rischio. L’argomento è:qualora la sperimentazionepermetta di accedere a tera-pie mediche di avanguardia,e sia correttamente supervi-sionata, vietarla limiterebbele opzioni di cura a disposi-zione dei detenuti. I maligniperò – fra i quali il New YorkTimes - notano come la pro-posta sia arrivata in un pe-riodo in cui per l’industriafarmaceutica è sempre piùdifficile, e costoso, reclutarevolontari per i test. Per ora,non se ne è fatto nulla. Ma ilproblema rimane. Non sitratta , ovviamente, d i mettere in discussione l’importanza della ricercabiomedica. Il sospetto, piut-tosto, è che alcuni cittadinisiano considerati cavie piùappetibili di altri. E non soloperché costano meno, maperché la loro sofferenzavale di meno.

Maurizio TorchioScrittore

Per approfondire: >_>_>_>_>_>

Hornblum, Allen M. Acres of Skin.

New York : Routledge, 1998.

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La varietà è saluteCUCINARE PER TANTI

La parola al I Reparto

ella casa di reclu-sione di Bollate visono diverse cucine,

una per ogni reparto. Qui alI reparto la cucina lavoracon l’ausilio si sette personedetenute: un cuoco, unaiuto cuoco e cinque inser-vienti. Nel reparto si confe-zionano pasti percentosessantotto detenutisuddivisi in tre ogni giorno:la colazione è composta da

latte, caffè, tè e crostatinaalla domenica; il pranzo datre portate: primo piatto,secondo, contorno, frutta epane; anche la cena seguequesto schema. Quattrosono i menù mensili e sivaria ogni giorno. Il vittosettimanale è così compo-sto: Lunedì riso o pasta;Martedì pasta e secondo abase di pesce; Mercoledì sipuò variare con pasta al

pesto, all’ amatriciana o allacarbonara; Giovedì gnocchicon bistecca di manzo o ma-iale; Venerdì di nuovoprimo e secondo di pesce;Sabato tagliatelle e pollo ar-rosto con patatine; Dome-nica lasagne, tortellini oaltro. I contorni sono com-posti di verdure varie: fun-ghi, spinaci, coste, cicoria e,come frutta, arance, mele,pere, banane.

Francesco Pagnotta

N

I sapori di una voltaCIBO E PUBBLICITÀImparare ad alimentarci

o stile di vita attualeporta molti di noi adavere pessime abitu-

dini alimentari. Ciò è dovutoal fatto che la maggior partedi noi è costretta a vivere inuno stato di perenne fretta,molto al di sopra di quanto inostri ritmi naturali consi-glierebbero. Le nostre abitu-dini alimentari si formanodi solito subordinate a unaserie di esigenze quotidiane;ad esempio pranziamo sulposto di lavoro e quindimangiamo panini o an-diamo in un self-service;torniamo tardi la sera e con-sumiamo cibi precotti e/o

surgelati. Inoltre siamo quo-tidianamente bombardati dipubblicità televisiva, radio-fonica su prodotti che nonsempre sono ciò che diconodi essere come hamburgerda fast-food, buonissimemerendine, vari surgelatiche in cinque minuti sonopronti ma che possono dan-neggiare il nostro organismoe a volte creare dipendenzeda essi. La mia esperienza didetenuto, che ha trascorsotanti anni in carcere, è sensibilmente migliorataquando ho avuto l’opportu-nità di poter lavorare in unristorante. Ho notato la dif-

ferenza alimentare, dal nonpoter mangiare tutto quelloche desideravo, a ora cheposso nutrirmi con cibi diottima qualità. Sono partetuttora dello staff e la nostraalimentazione è molto varia:pasta, carne bianca, vitello,maiale, agnello, verdure, in-salata, m i n e s t r o n e. O c c o r r e r e b b e riac-quistare consapevolezzadi ciò che consumiamo, ere-imparare ad alimen-tarci ritrovando i vecchivalori e i sani sapori d iu n a v o l t a . I n s o m m aun’alimentazione com-pleta e sana.

Giuseppe La Regina

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Sciopero della spesaAUMENTO DEI PREZZI

Rimostranze e risposte

el mese di marzo ’10nel tarif fario del s o p r a v i t t o s i è

verificato un aumento spro-positato dei prezzi dei generialimentari e di conforto. Ab-biamo rilevato in alcuni ge-neri degli aumenti anchesuperiori del 100%, si èquindi deciso in tutti i re-parti di astenersi dall’acqui-sto, limitandoci a compraredapprima soltanto i tabacchie in seguito i generi di primanecessità.Le nostre commissioni di re-parto hanno richiesto degliincontri con l’Amministra-zione nei quali hanno evi-denziato ai preposti lemotivazioni delle nostre ri-mostranze. È pur vero chepurtroppo i prodotti subi-scono degli aumenti ma al-trettanto vero che questinon avvengono nella misuraa noi proposta. Ci è stato ri-sposto che si procederà aidovuti controlli previstidalla legge e per quanto possibile, i prezzi saranno equiparati al listino del su-permercato più vicino, nelnostro caso l’Esselunga diBollate. È stato ipotizzato unerrore di copiatura del fileriguardante il preziario.Purtroppo queste variazioninella tabella dei prezzi a no-stro uso sono rimaste vi-genti anzi, ad aprile si sonoverificati nuovi adegua-menti in linea con quelli di

marzo, che per noi riman-gono elevati. Non è più pre-visto un ribasso, ovviamentesiamo tornati ad acquistarei prodotti pur con i nuoviprezzi soprattutto perchéabbiamo esaurito tutte lescorte che diligentementeavevamo accantonato.Una proposta fatta in sededi riunione è stata quella diallargare la gamma dei pro-dotti a noi consentiti a quellidefiniti di “seconda scelta oprimo prezzo”. È stato chie-sto di inserire quei prodottinon di marca che ci permet-terebbero di risparmiare no-tevolmente l ’esborso didenaro. Bisognerebbe consi-derare che per molti di noi ilsolo fatto di essere detenutiprovoca alle nostre famiglieun peggioramento delle con-dizioni economiche e per chipurtroppo ha una carcera-zione lunga queste spese,minano notevolmente le no-stre finanze, quindi si po-trebbe pensare di attuarequesta nostra proposta chesicuramente non ha riper-cussione alcuna sulla ge-stione dell’istituto. Deveessere posto a conoscenzadei detenuti che la norma-tiva prevede che i prezzi de-vono essere vistati dalComune di appartenenzadell’istituto, i preposti allarilevazione hanno consta-tato che i valori sono in lineacon quelli di mercato. Inol-

tre desidereremmo un allar-gamento della gamma a nostra disposizione, al mo-mento siamo costretti ad ac-quistare dei prodotti che cisono proposti in unica solu-zione come ad esempio l’ac-qua che a nostro avviso èmolto cara. C’è da conside-rare che gli acquisti effet-tuati dalla ditta appaltatriceavvengono in quantità rag-guardevoli e perciò i prezzidovrebbero essere sicura-mente più bassi di quellidegli esercizi commercialial dettaglio. Da parte no-stra ci auguriamo che la si-tuazione possa al piùpresto essere definita nelmodo più favorevole.Un’ultima notizia; la Diret-trice si è detta favorevoleall’inserimento di prodottia “basso costo” nella listadei beni da acquistare.

Massimo D’Odorico

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inutile dirti che sei lapiù bella, ma soprat-tutto dirti di accet-

tarti per quella che sei e nonc’è niente di più bello almondo! Continuo a ripeter-telo per darti la forza di vin-cere questa malattia difficilee impossibile da dimenti-care. Ne parlo come partelesa, non colpita in primapersona, ma che ha combat-tuto per un anno al fianco diuna bellissima ragazza chepurtroppo piano, piano ci ècaduta, trascinando il mioamore e il mio dolore.All’inizio non si notava, anziera perfetta, stavamo bene estava bene, poi inizia unadieta che io stesso sottova-luto, pensando fosse solo laparanoia di una ragazza chevoleva sfilare. Ho sottovalu-tato queste prime avvisaglie!Poi cominciarono le frasi deltipo: “Faccio la dieta, sonotroppo grossa, mi sento una

cicciona”. Io le rispondevo:“No amore sei perfetta e bel-lissima, non dire cazzate”. Iniziò così, dicendomi cheaveva già mangiato in prece-denza, trovando ogni scusapur di evitare i pasti! Fino aquando la invitai a casa deimiei e mia madre sottovocemi disse che lei stava rimet-tendo in bagno! Da lì i primilitigi, urlando, le chiesi lemotivazioni di tutto questo elei, come risposta, mi disseche non si piaceva, si sentivagrossa. Cercai così di farlaragionare e le chiesi di nonfarlo mai più. Stravolse radicalmente lasua vita. Iniziò a rinchiu-dersi, nascondersi e mentirea me e a se stessa. La situa-zione era divenuta intollera-bile e preoccupante, ancheda parte dei miei poiché mivedevano soffrire: lei stavafacendo del male a se stessae anche a me!

Arriva il primo svenimentocon conseguente ricovero inospedale; adirarsi diventainutile, dirle che stava di-ventando diversa da quellache avevo imparato adamare non mi piaceva perniente, per amore, decisi dicombattere con lei l’anores-sia.Ci siamo rivolti a una clinicaspecializzata, psicologi, ali-mentaristi che formanoun’equipe di supporto per lacura, seguita da gruppi tera-peutici, durante queste curele sono stato vicino! I mi-glioramenti ci furono, sco-prii che lo psicologo fumolto di aiuto perché è unamalattia psicologica conconseguente perdita di auto-stima.Ci sono voluti nove mesiprima di vedere i migliora-menti, quando avvennero, ela vidi sorridere mentremangiava, fu una grandevittoria nei confronti di que-sta sofferenza!!!...Il consiglio che posso dare ènon lasciare mai sole questepersone, non chiedetemi ilperché!La loro ottica di vedere lecose è accecata da questamalattia e voi dovrete dove-rosamente essere la loroguida, la loro voglia di vi-vere. La motivazione più im-portante che ci ha permessodi vincere è stata il nostropuro amore!

Parlo come parte lesaANORESSIA PER ME

L’esperienza di un fratelloMichele Maffei

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ella società di oggimoltissime personepensano che tutto

gli sia dovuto, ma non è così.Esistono anche alcuni chededicano la maggior partedel loro tempo per renderele cose più semplici per tutticon informazione e volonta-riato.In molti sanno che lo Spor-tello Salute è sempre prontoa fornire aiuto a persone indifficoltà, come la Reda-zione di Salute inGrata chesi “muove anche fisica-mente”. Ultimamente, cisiamo dedicati a dare sup-porto alle problematiche dipersone che non godono diottima salute di naturaossea e muscolare.Ma senza un concreto aiutoesterno ogni volontà restasulla carta e quindi la popo-lazione detenuta vuole por-

gere i più sentiti ringrazia-menti a tutte le persone chehanno reso possibile l’avviodi una collaborazione volon-taria e gratuita per la forni-tura di vario materialeortesico.Hanno partecipato alla do-nazione di prodotti di orto-pedia il Dottor Raul Vittori,

chirurgo ortopedico, il Dot-tor Vincenzo Laino, titolaredell’Ortopedia Laino s.a.s. diComo, che ha fornitomolto del suo materialeortopedico donandolo al-l’Ospedale L. Sacco perla II C.R. di Milano-Bol-late a beneficio di noitutti.

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DIVERSAMENTE ABILIL’AIUTO DIVENTA REALTÀ

Ivano Liccardo

CORSO D’INFORMATICAHanno conseguito con merito

L’ATTESTATO DI FREQUENZAANNO 2009 - 2010

al Corso d’Informatica promosso dall’Associazione Gli amici di Zaccheo

e condotto dal volontario Alessio Lombardii detenuti:

1° Reparto Baadi Salah , Di Pasquale Ettore;2° Reparto Bossio Isidoro, Liccardo Ivano;

3° Reparto Bartolotta Antonino , Micchia Vincenzo , Pisano Diego;4° Reparto Squillacioti Rocco;

5° Reparto Herrera Julian, Cesarano Pasquale .

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Otto lustri passati dietro le sbarreGIOCARSI LA SALUTE

Incoscienza del “diritto alla salute”

itengo che l’inci-denza della qualitàdella detenzione

sulle condizioni di salute diun carcerato siano addirit-tura incalcolabili… cosìcome le condizioni di salutepiù o meno buone siano im-portanti per una detenzionealmeno vivibile. Per essereun uomo di sessant’anni po-trei azzardare a dire di avereottima salute!... Tanto piùse, rapportata ai quasi ottolustri passati dietro lesbarre!!...e ancor più se, simette in relazione alla se-quela d’incidenti di per-corso che hanno costellatola mia esistenza: sì, sicura-mente non sono mai statotroppo fortunato… o forsenon è così…probabilmenteil solo fatto che io possa es-sere qui a raccontarlo, stasignificando che sono un so-pravvissuto nato con la ca-micia…Boh! Comunque sì,delle mie condizioni di sa-lute non mi posso lamen-tare anche se, conti allamano, ho rimediato una de-cina di ferite d’arma dafuoco in punti “definiti vi-tali”! Quelle sparse un po’dappertutto sono almeno ildoppio, ma…non contano!.Dalla cintola su fino allatesta, tanto per intenderci!Poi un paio di coltellate…poca roba, è vero. Svariatecicatrici che mi ritrovo sulleretine degli occhi e quelle

altrettanto riscontrabili inentrambi i timpani lascianointendere che mi è già an-data di lusso se ancora civeda, ci senta e che abbiaancora qualche dente inbocca!. Ovviamente non misono fatto mancare neppureuna buona dose di autole-sionismo, aldilà di una mi-riade di tagli di lamettearrivando a iniettarmi uncocktail di orina e feci, in se-guito il sangue di chi giàaveva l’epatite sino a som-ministrarmi il “siero puro ecrudo” così da avere la cer-tezza di essere finalmenteinfettato per bene!...Facilearguire che l’autolesionismonon era figlio di chissà qualeprotesta contro il mondo in-tero era semplicemente unescamotage, seppur r i -schioso, per venire a capo diuna situazione di difficoltà edisagio, un modo per supe-rare di slancio uno dei pro-blemi che giornalmente sipresentava. Nuocersi anchein modo serio “solo” peravere la possibilità di gio-carsi le proprie carte, che so,in un tentativo di evasione,potrebbe apparire cosa pocosensata, ma questo dipendeda quanto uno sia a giocarsiper ottenere un po’ di Li-bertà!. e garantisco chedopo essersi sciroppatiquasi quarant’anni di ga-lera, non sarebbero pochicoloro che, sarebbero Ben

Felici di potersi giocareanche una piccolissimachance! Rispondendo alvero ogni mia affermazionee non avendo mai trascorsoin vita mia un solo giorno aletto, per un attacco influen-zale o di qualsivoglia altromalanno, potrei dire con lastessa facilità che se da unlato, io non sappia cosa vuoldire essere degente dall’al-tro non posso negare di averabbondantemente passatole mie peripezie di salute!...Sì, perché si può essere ge-neticamente sani, quanto sivuole, ma se in svariate oc-casioni ci si ritrova, ora con200 punti di sutura, con ledifese immunitarie avvele-nate da noi stessi, un ottimostato di salute, diventa ob-bligatoriamente una chi-mera!. . .Sì , sicuramenteposso dire di essere stato ioa determinare con assolutaincoscienza lo sfacelo delmio “diritto alla salute” esolo chi ha fatto un certotipo di galera potrebbe ten-tare di comprendere un taleautolesionismo… visto econsiderato che qualunquepersona sana di mente nonpotrebbe mai decidere fred-damente di fars i tantomale!...Se sono stato tantoscapestrato sino a ieri, pro-metto che da oggi in poi cu-rerò la mia salute comefosse quella del Più Caro deiBimbi!

Renato Vallanzasca

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Trattamenti alimentari dei detenutiCONTRATTI D’APPALTO E CONTROLLICircolare D.A.P. n.638616 del 21/11/1996

i recente si è avutomodo di rilevarecome sia necessario

destinare all’argomento inoggetto indicato, ossia iltrattamento alimentare deidetenuti, il massimo dell’at-tenzione possibile. Infatti, siè inteso acquisire utili infor-mazioni riguardo alla con-creta efficacia dell’azioneamministrativa in questosettore con riferimento inparticolare agli aspetti orga-nizzativi. Il puntuale eserci-zio del potere-dovere dicontrollare la perfetta esecuzione dei contratti difornitura da parte degli ap-

paltatori costituisce un ulte-r iore necessario modod’intervento avente il mede-simo obiettivo. Assicurare ilmassimo di funzionalità aldelicato servizio e il previstotrattamento alimentare aidetenuti, poiché inoltre aquesti, è consentito provve-

dere con il proprio peculioad acquisti. La materia è di-sciplinata oltre che dallanormativa penitenziaria,anche da circolari dell’Am-ministrazione. È da preci-sare preliminarmente cherestano le competenze delleAutorità avente specificamissione istituzionale inmateria di fornitura, conser-vazione e lavorazione deiprodotti dell’alimentazione.Per l’accertamento del pun-tuale adempimento degliobblighi contrattuali daparte dell’appaltatore, que-sti sono: locali, attrezzaturemediante opportune ispe-zioni, stoccaggio generi. Igeneri per il vitto devono es-sere possibilmente separatida quelli del sopravitto.Date di scadenza quantoprevisto, le confezioni deiprodotti devono recare ladata del confezionamentoe/o di scadenza. Il perso-

nale: l’appaltatoredeve provvederealla regolare con-tr ibuzione deipropri dipendenti.L’autorizzazionesanitaria: il perso-nale deve avere irequisiti previstid a l l a l e g g e . I lvi t to , che deve e s s e r e f o r n i t o r e g o l a r m e n t edall’impresa dimantenimento, va

giornalmente prelevato e in-teramente usato per il con-fezionamento dei pasti.Garantire l’esercizio dei con-trolli da parte della Com-missione prevista dalvigente Ordinamento per ilcontrollo dei generi alimen-tari, composta di una rap-presentanza di detenutiintegrata da un delegato delDirettore. Secondo quantoprevede il regolamento,deve essere nominata unarappresentanza per ciascunacucina. Sopravitto: i prezzidi vendita dei generi alimen-tari e di conforto, non possono eccedere quelli co-munemente praticati negliesercizi della grande distri-buzione. Il controllo deiprezzi deve avere cadenzamensile. L’accertamentodeve aver luogo presso unesercizio commerciale indi-viduato tra quelli prossimialla sede dell’istituto. Appli-cati i nuovi prezzi al tariffa-rio (mod. 72) si sottopone alcontrollo del Comune aisensi della legge 354/75 (art.9). Il tariffario deve essereil più ampio possibile,compatibilmente con leesigenze di ordine e sicu-rezza dell’istituto. In viaeccezionale per prodottinon presenti in tariffario sipossono acquistare conspecifica richiesta, contro-firmata dalla Direzionedell’istituto.

Isidoro Bossio

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Calorie in eccessoBUONO DA MANGIARE... BUONO DA PENSARE

Siamo quello che mangiamo

siste una relazionestretta e fortissimatra quello che man-

giamo quotidianamente e lanostra salute: negli alimentipresenti in natura troviamoi nutrienti che, dopo i pro-cessi di digestione, vanno acostituire il corpo umano.Appare perciò importantenutrirsi in modo vario perpoter introdurre quotidiana-mente alimenti di origineanimale (carne, pesce, uova,latte e derivati, salumi), ali-menti di origine vegetale(pasta, pane, riso, farro,orzo, frutta, verdura, le-gumi, patate) e acqua, fon-damentale per un buonostato di salute (acqua dabere, acqua presente nellafrutta e nella verdura fresca,nel tè, nelle tisane, nelle mi-nestre e nel brodo).I nutrienti si dividono inenergetici (che liberano ca-lorie):•Protidi (proteine): 4Kcal/g•Lipidi (grassi): 9Kcal/g•Glucidi (zuccheri o carboi-drati): 4Kcal/gNon energetici che contri-b u i s c o n o a l n o r m a l e svolgimento dei processimetabolici ma non liberanocalorie: vitamine, e Sali mi-nerali che hanno fondamen-talmente una funzione diregolazione dei processi bio-logici del corpo umano.E’ necessario, per mante-nersi in buona salute, rag-

giungere e mantenere unequilibrio tra energia intro-dotta con gli alimenti edenergia utilizzata per lo svolgimento della vita quoti-diana: quando s’introdu-cono calorie in eccessorispetto ai fabbisogni, si as-siste a un aumento di peso,che secondo l’entità può di-ventare sovrappeso o obesità di diverso grado.Per valutare il proprio statoponderale si calcola il BMI obody mass index (indice dimassa corporea) che si ot-tiene dividendo il propriopeso (espresso in KG) conl ’ a l t e z z a a l q u a d r a t o(espressa in metri); dal ri-sultato di quest’operazionematematica si classificano isoggetti in:•Sottopeso se BMI è com-preso tra 15 e 20•Normopeso se BMI è com-preso tra 20 e 25•Sovrappeso se BMI è com-preso tra 25e 30•Obeso se BMI è compresotra 30 e 40•Obesità grave se BMI >40Nel rispetto di abitudini egusti è importante impararead avere equilibrio alimen-tare cioè imparare a cali-brare in base ai fabbisognienergetici, quello che si con-suma quotidianamente: chisvolge bassi livelli di attivitàfisica dovranno ridurre leporzioni di alimenti a ele-vata densità calorica spesso

responsabili del sovrappesoe, in età adulta della com-parsa di diabete di tipo II.Questa patologia, vieneanche definita “malattia dell’abbondanza” perchéun’iperalimentazione puòportare negli anni all’altera-zione dell’equilibrio del me-tabolismo degli zuccheri,una ridotta funzionalità delpancreas che è l’organo de-putato alla produzione del-l’ormone chiave della nostrasalute: l’insulina.Stili alimentari non equili-brati, poveri in grassi vege-tali, cereali e verdure, pescee legumi sono, infatti, unodei fattori scatenati del dia-bete di tipo II: nell’obesità itessuti sono meno sensibiliall’azione dell’insulina chenon fa più “entrare” lo zuc-chero dal sangue alle cellulecon conseguente comparsadi diabete.La patologia è cronica, inaltre parole quando si mani-festa, non è possibile gua-rirla ma una dieta sana nemigliora l’andamento e ri-duce le complicanze soprat-tutto a carico del rene, dellacircolazione e dell’occhio(principali organi bersaglio).Da qui si capisce l’impor-tanza di imparare a nutrirsiin modo adeguato sce-gliendo con gusto ma conmoderazione. La piramidedegli alimenti è una buonaguida, essa ci illustra come

E

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organizzare la nostra dietascegliendo proporzional-mente gli alimenti che dalbasso verso l’apice della pi-

ramide saranno via viameno presenti sulla tavola,tutto con un occhio al pia-cere della “buona tavola”.

Dr.ssa Alessandra BosettiDietista Clinico

A.O. Luigi Sacco, Milano

BIOGRAFIA IN PILLOLE

leming Alexander(Lochfield, Scozia1881 - Londra 1955),

b a t t e r i o l o g o b r i t a n -nico, noto soprattutto perla scoperta della penicillina.Dal 1928 al 1948 fu docenteall'Università di Londra,dove iniziò a condurre le suericerche nel campo della batteriologia, della chemio-terapia e dell'immunologia.Nel 1922 scoprì il lisozima,un antisettico presente nellelacrime e in altre secrezionicorporee, nell'albume e neitessuti di alcune piante. Lascoperta della penicillina

avvenne in modofortuito nel 1928,nel corso di unaserie di s t u d is u l l ' i n fluenza,grazie all'osserva-zione dell'azioneinibente esercitatada una muffa con-taminante del ge-nere Penicilliumsulla crescita di al-cune colonie di batteri incoltura.Nel 1945 Fleming condiviseil premio Nobel per la medi-cina con gli scienziati bri-tannici Howard Walter

Florey ed Ernst Boris Chain,come riconoscimento delcontributo all'isolamento eall'introduzione in terapiadella penicillina.

A cura diAntonino Bartolotta

F Alexander Fleming

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Una conquista per tuttiCELIACHIA

Un grave problema risolto

he cosa dire, sen-nonché la celiachia èuna malattia molto

brutta poiché tocca un biso-gno primario della vita: l’ali-mentazione. Purtroppoquesto problema non coin-volge solo il fattore alimen-tare, ma anche quellosociale e psicologico, impe-dendo a volte di utilizzare ilmomento del pasto comespazio comune di socializza-zione. Nel 1998 mi è statadiagnosticata la celiachia emi trovavo in carcere; inquel periodo questa patolo-gia non era conosciuta comeoggi e ho dovuto affrontareenormi problemi, moltis-simi legati alla burocrazia.La non conoscenza di questoproblema mi ha portato adavere scompensi psicologicimolto gravi e di conse-guenza a rovinare buonaparte di ciò che desideravofare per me stesso. Gli ope-ratori dell’Area Sanitaria ri-

manevano stupiti e non cre-devano che una persona po-tesse vivere in un istitutoche, con tutto il massimodell’impegno, non riuscivaad aiutarmi e quindi il mioavvocato mobilitò i giornalie il magistrato per far sì chela cosa potesse essere presacon maggiore considera-zione. La Senatrice GiuliaBongiorno si è fatta promo-trice di un disegno di legge(N°123 DEL 4/7/2005) , ap-provato in Parlamento, ilquale ha fatto in modo che sipermettesse ai detenuti dipoter avere gli alimentiadatti alla malattia tramitela famiglia, non riuscendol’istituto a garantirli. Datoche l’Ordinamento Peniten-ziario prevede l’ingresso perogni detenuto di un paccodal peso massimo di 20 chilifra indumenti e alimenti, sipresentò all’Amministra-zione Penitenziaria una proposta per far sì che gli

alimenti non fossero calco-lati nei venti chilogrammiconsentiti. Nel 2003 si è riu-sciti a garantire a tutti i de-tenuti d’Italia la possibilitàdi avere meno problemi adalimentarci correttamente. Ancora mancano adeguateinformazioni negli IstitutiPenitenziari, ma devo direche a Bollate non ho avver-tito nessuna difficoltà perl’ingresso degli alimenti. Lasalute mi è sempre stata ga-rantita e ringrazio questoIstituto per non avermi fattopesare questo problemadavvero difficile da vivere.Ancora mancano adeguateinformazioni negli IstitutiPenitenziari, ma devo direche a Bollate non ho avver-tito nessuna difficoltà perl’ingresso degli alimenti. Lasalute mi è sempre stata ga-rantita e ringrazio questoIstituto per non avermi fattopesare questo problemadavvero difficile da vivere.

Giovanni Conte

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È martedì, giorno di riunione per la reda-zione di “Salute inGrata” quando, a uncerto punto, la troupe televisiva di RAI3entra in ufficio e viene a conoscere le moti-vazioni del piccolo gesto di solidarietà con-creta, inoltrato a Medici Senza Frontiereper i bambini terremotati di Haiti, da partedella popolazione detenuta della II C.R. diMilano – Bollate. Su tutti i redattori presentivibra una forte emozione, come ad un esamedi maturità. La giornalista Stefania Batti-stini, cordiale e competente, è accompa-gnata dall’ operatore Maurizio Sobacchi,

molto professionale e simpatico e dall’aiutooperatore Gianfranco Broggi, indispensabile“braccio”. Curioso è il fatto che tutti i dete-nuti presenti, abituati ad affrontare nellavita acrobazie azzardate sul filo del rasoio,si emozionino come scolari. Questa volta latelecamera mostra i detenuti da un altrolato, non per cronaca nera, ma per una pa-gina di umanità. Oggi, “il Fuori si è ac-corto che il Dentro è una sua parte”e con chi soffre.

La Redazione

LA RAI IN REDAZIONE

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entre in Europanon accennano aplacarsi le polemi-

che sulla patata Amfloradella tedesca BASF, di cui dapoco tempo è stata autoriz-zata la coltivazione in Eu-ropa, negli Stati Uniti daoltre dieci anni si produconoe si consumano alimentimodificati geneticamente. Il90% della soia e l’80% delmais è prodotto da scienziatiche hanno inserito nel DNAdella pianta geni che ren-dono queste coltivazioni re-sistenti ai batteri e aglierbicidi. Da troppo tempo siparla dei potenziali dannialla salute degli alimentiOGM. Per capirne di più ciponiamo delle domande;quali controlli sono fattisulla sicurezza degli ali-menti geneticamentemodificati? L’agenzia perla sicurezza alimentare eu-ropea (EFSA) chiede unalunga lista di controlli alleaziende produttrici. Sonotest in cui per mesi si som-ministrano o s’iniettano soia

o mais transgenici a topi ocavie e si analizzano diversiparametri per verificare senegli animali avvengono al-terazioni biologiche. Qualisono i risultati? Finora glialimenti transgenici, pre-senti sul mercato da moltianni, si sono rilevati privi dirischi per la salute degli ani-mali. Comunque in tutto ilmondo, gli studi sugli OGMproseguono. Le coltiva-zioni OGM danno van-

taggi in agricoltura e peri consumatori? Frutta everdura possono essere trat-tate con dosi minori di pesti-cidi . I l mais Pot, unicapianta OGM finora coltiva-bile in Europa, è più sicuradi quella tradizionale perchénon è aggredita da parassitiche, scavando nella pannoc-chia, producono tossine no-cive alla salute umana. Neipaesi in via di svi luppohanno aumentato la produ-zione di OGM, in quelli in-dustrializzati le coltureOGM crescono meno. In Ita-lia, intanto, è iniziata la po-lemica. Gli ambientalistisono contrari, Confagricol-tura e altre associazioni mi-nacciano “class action”, senon sarà dato il via liberaagli OGM.

La Redazione

Posizione dell’EuropaALIMENTAZIONE CON GLI O.G.M.

Transgenica o biologica?

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968. Gli anziani delvillaggio di Ikonda(Tanzania) chiedono

con insistenza ad alcunimissionari di creare un Cen-tro Sanitario data l’elevatamortalità infantile presentenella regione. La primitivacostruzione si limita all’es-senziale: due reparti, unasala parto, una sala operato-ria. Un primo medico volon-tario italiano inizia ilproprio lavoro scontrandosicon pregiudizi culturali epaure ancestrali che peròvanno sempre più dissolven-dosi man mano che la cono-scenza reciproca procede. Ilocali comprendono la diffi-coltà di ambientazione perun neolaureato che si trovaa 2000 metri di altitudine,fra tropico ed equatore, doveper sei mesi l’anno pioveininterrottamente o quasi e,durante la stagione inver-nale, il termometro scendeverso i cinque, dieci gradi.Ciò che però influenza posi-tivamente sono i risultatisanitari: alcune donne par-

toriscono senza compli-canze, piccoli interventichirurgici vanno bene. Ilcapo villaggio si presenta dalmedico dopo un anno di la-voro e dopo i saluti di ritoringrazia e sussurra all’orec-chio, quasi per non farsi sen-tire: ”Sawa, sawa” (bene,bene).1975. L’attività’ è sicura-mente aumentata. Siamodue medici volontari ita-liani, quattro infermieri lo-

cali e tre suore missionarieche accolgono ogni giorno alPronto Soccorso una sessan-tina di malati.Le malattie che si curano di-ventano più numerose, glistrumenti diagnostici comeil laboratorio o la radiologiadanno lustro all’ospedaletanto che il governo lo incor-pora all’interno della strut-tura sanitaria della regione.Il lavoro non manca ma ci siaccorge che una delle piaghesociali è la malnutrizione in-fantile presente sul territo-rio che, essendo in un’areamontagnosa, non è facile daraggiungere. S’inizia co-munque con le “cliniche mo-bili”. Una volta il mese siraggiungono aree particolar-mente lontane, si fa sulposto l’attività’ medica es’iniziano le vaccinazioni,soprattutto morbillo e polio-mielite. Anche se l’ospedale si è in-grandito, esiste sempre ilproblema per raggiungerlodalla capitale Dar es salaam,s’impiegano due giorni difuoristrada per percorreregli 860 kilometri in partesull’asfaltato e in parte sullosterrato. Durante le grandipiogge si resta a volte isolati.Terminato il mio anno di la-voro, torno in Italia, ma altrimedici volontari mi sostitui-scono.1990. E’ un anno di crisipoiché si fa fatica a recupe-rare in Italia i fondi neces-sari per la gestione masoprattutto poiché non si

trovano medici italiani di-sposti a partire. Nonostanteinfiniti tentativi di recupe-rare sul posto dei medici lo-cali la risposta è semprenegativa. Ritorno per unbreve periodo nella speranzache qualcuno arrivi piùtardi. Trovo un ospedale an-cora più grande e un mag-gior numero d’infermieri einfermiere africane. Ci sonosoprattutto tre giovani infer-mieri che si dimostrano piùinteressati degli altri e chechiedono le motivazioni peruna certa terapia, oppure siinteressano per gli ammalatipiù gravi. Si decide di farloro frequentare dei corsi dispecializzazione in modoche possano essere da trainoanche per gli altri infermieri.Quando riparto, sono ac-compagnato da uno di loroche si reca alla capitale periniziare un corso di radiolo-gia.1997. E’ l’anno del mio ri-torno per un solo mese. Lepersone conosciute sonotante, coloro che si fermanoper salutare. Rivedo lamadre di un piccolo malnu-trito che avevo curato nel‘90, ma il ricordo si fa vivoquando mi ripete il nomedel piccolo, “Non ricordi"?Questo è Baraka (benedi-zione) “Lo ricordo moltobene". Aveva capelli setosi,di un colorito biondastro eun addome gonfio di li-quido. Avevamo dovuto in-segnare alla madre alcunimiscugli di arachidi tritu-

Le tappe di una realtà

STORIA DI UN OSPEDALE AFRICANOMedici volontari Italiani

1

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rate, albume d’uovo e polpadi avocado per uscire daquello stadio di malnutri-zione.La sorpresa più bella fu tro-vare Mlelua (uno dei tre infermieri menzionati) re-sponsabile dell’ospedale.Con gli altri due riesce aprendersi cura dei malatianche con l’aiuto di qualche

medico europeo che perbrevi periodi continua l’edu-cazione sanitaria in loco.2000. I primi anni duemilasono gli anni della svolta.L’ospedale è da ristrutturarepoiché le lunghe stagionidelle piogge hanno arruggi-nito e forato i tetti di la-miera. In alcuni repartipiove all’interno e i muri di

fango e argilla si vanno sgre-tolando. I costi sono elevati.Si convocano “gli anziani”del villaggio, si chiede condi-visione dei problemi e dellenecessità. La risposta è una-nime: “Tunawesa kufanya”(ce la possiamo fare) ma“pole…pole!” (piano…piano)

Dott. Giorgio Cavagna

LLAA SSAALLUUTTEE DDEELLLLOO SSPPIIRRIITTOO

proposito di “salutedello spirito”, l’espe-rienza di questi due

anni presso il reparto fem-minile mi ha fatto maturarealcune considerazioni circail tema “fede ed emozioni”,di solito messo in sordinadalla mia formazione un po’razionalista e inesorabil-mente “maschilista”. Le donne vivono una fedemolto emozionale e intensa-mente emotiva. Sono capacidi vibrare con una certa fa-cilità sulle tonalità emotivedella Scrittura e della suatraduzione liturgica. Soprat-tutto nei giorni di Quare-sima e di celebrazioni legatealla Settimana Santa, essemi hanno fatto intuire comesia possibile accostarsi allafigura di Gesù non solo dalpunto di vista delle idee edei comportamenti, maanche attraverso la rete deisentimenti. L’ho visto nelmodo con cui hanno vissutoinsieme con me la prepara-zione alla Pasqua, comehanno reagito alla letturadella passione di Cristo,come hanno percorso con

me la Via Crucis, comehanno sentito l’annunciodella risurrezione. C’eranotutta la loro persona ingioco, la loro interiorità in-tensamente femminile.Gesù era tutt’altro che indif-ferente a questa dimensioneemozionale. Che il primoannuncio della risurrezione–cosa per nulla secondarianel messaggio evangelico!-sia stato affidato per primoalle donne e non ai disce-poli, depone a favore di que-sta spiccata attenzione diGesù. E’ come se lui pro-vasse a dirci che “ci sonocose che si vedono bene sol-tanto col cuore” (per usare leespressioni del “PiccoloPrincipe”) poiché l’essen-ziale è invisibile agli occhi.L’annuncio della risurre-zione non poteva che essereaccolto anzitutto dall’intelli-genza dei sentimenti, pro-prio perché non avrebbepotuto far leva su quella ra-zionalità maschile, cheavrebbe inesorabilmenteescluso a priori la possibilitàstessa di una risurrezione.La Maddalena, che per

prima vede e incontra il Ri-sorto, lo riconosce intuitiva-mente e non ha bisogno divederne le ferite –diversa-mente da Tommaso- per es-sere certa della sua identità.Ora io credo che faccia partedi un’autentica “salute dellospirito” questa capacità dilasciarsi condurre dai senti-menti, intendendo per “sa-lute dello spirito” non tantouna dimensione della fede,ma l’interiorità profondadell’uomo, laico o credenteche sia. Una vera salute in-teriore si ciba di tutto ciòc h e è p r o f o n d a m e n t eumano, perché non ci puòessere una dimensione chepretenda l’esclusiva sullealtre. Non si può essere uo-mini “credenti o non cre-denti” solo v ivendo diprincipi, di ragionamenti, discelte etiche, di educazionericevuta. Si può e si deve es-sere uomini accogliendo lalezione femminile della co-noscenza intuitiva. Certevolte è proprio questa di-mensione a portarci nelcuore della fede e del mes-saggio evangelico.

Don Fabio Fossati

A

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INTERVISTA AL DOTT. ANGELO APARO

OTT. APARO, DI COSA

SI OCCUPA ALL’IN-TERNO DEL CARCERE

DI BOLLATE? PSICOLOGIA,CRIMINOLOGIA… VOLEVAMO

DISCUTERE DI STRESS, DEL

SUO AFFATICAMENTO COME

OPERATORE CHE SVOLGE LA

SUA ATTIVITÀ ALL’INTERNO

DI UN ISTITUTO PENITENZIA-RIO.Faccio lo psicologo per contodel SERT e… francamente lacosa non mi comporta néstress né fatica. Potrei anzidire che mi diverte abba-stanza, forse perché ho spazio a sufficienza per in-terpretare il mio ruolo inmodo creativo.AVVERTE STRESS NEI DETE-NUTI CHE INCONTRA?Da parte mia noto il loro disagio di vivere in unasituazione costrittiva e ca-

ratterizzata da una forte con-flittualità. Tuttavia, se da unlato rilevo che la gran partedei detenuti ha desiderio divivere al di fuori della costri-zione del carcere, dall'altrocredo che le stesse persone,prima di essere detenute, ab-biano amministrato le loroenergie in modi che nonerano più sani o meno stres-santi di quelli che poi vivonodurante la carcerazione.DOTT. APARO, SAPPIAMO

CHE LEI SVOLGE IL SUO LA-VORO IN MANIERA DIVERSA

DA QUELLA TIPICA DELLO

PSICOLOGO IN CARCERE.

QUAL È IL SUO METODO? Domanda difficile, ma provoa dare una risposta. Mi sem-bra che in carcere (e nonsolo!) si vivano raramentedei rapporti autenticamenteorientati verso l'evoluzionedella persona. Per quanto neso, la comunicazione in car-cere è puntata più a stanareo a giustificare la colpa che acercarne il senso, più a con-fermare gli schemi dai qualidetenuti e operatori si sen-tono protetti che a compren-derne il funzionamento e leragioni. Quando avvertoquesto e la cristallizzazionedel rapporto che ne conse-gue, provo a destabilizzare loschema cercando una rela-zione più dinamica e colla-borativa. Qualche volta mi riesce; con Pasquale(n.d.r.Pasquale Forti, Caporedattore di Salute inGrata),ad esempio, avevamo rag-giunto un rapporto intenso ed’amicizia, cosa che cerco dicoltivare anche con gli altrimembri del Gruppo dellaTrasgressione. APARO = Gruppo della tra-sgressione. È UN LAVORO

CHE LEI FA PER IL CARCERE

ED È COMPOSTO SOLO DA DE-TENUTI?Il gruppo è nato nel carceredi San Vittore nel 1997, dap-prima composto solo da de-tenuti; in seguito si sonoaggiunti studenti universi-tari e altri liberi cittadini. Il

gruppo è presente oggianche negli istituti di Bollatee di Opera e ha incontri set-timanali dentro il carcere,ma spesso organizza evential di fuori delle mura: conve-gni, concerti e incontri per laprevenzione nelle scuole. Intutte queste occasioni i dete-nuti portano le loro conside-razioni, a volte leggono deitesti sui vari temi che trat-tiamo. Il lavoro è strutturatoin modo da portare vantag-gio tanto ai detenuti quantoai liberi cittadini (insegnanti,studenti universitari e dellemedie superiori). Adesso ab-biamo in cantiere un pro-getto con le persone chesoffrono di anoressia e unseminario su "La guida e laseduzione". Anche in fun-zione della comunicazionefra dentro e fuori, tutti i no-stri testi sono riportati sullepagine di www.trasgres-sione.net. I DETENUTI SI METTONO IN

CONTATTO ANCHE DOPO LA

SCARCERAZIONE?Sì, succede spesso. Lavoronegli Istituti di pena datrenta anni. Nei primi di-ciotto succedeva poche volteche mi cercassero ex dete-nuti; da quando esiste ilGruppo della Trasgressione,la cosa accade spesso: ci sivede in occasione dei conve-gni o semplicemente per lepizze alle quali partecipanoex detenuti, membri esterni

Dott. Angelo AparoPsicologo

D

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e amici del Gruppo dellaTrasgressione.COS’È PER LEI IL CARCERE

COME LUOGO E A COSA

SERVE?Il carcere è una fabbrica ditradimenti, anche se nonl'unica; sono molte le situa-zioni in cui, un po' a tutti, capita di sentirsi traditi, ab-bandonati, fraintesi: in fami-glia, a scuola, in ospedale èfrequente che ci si senta tra-diti dalle persone o dalle istituzioni deputate a proteg-gerti. L'istituzione che san-ziona o che amministra lapena dovrebbe anche tentaredi intervenire positivamentesulla sensazione di tradi-mento che vive di solito chisi sente autorizzato a com-mettere reati. La Costitu-zione dice che la pena, incarcere o altrove, dovrebbepromuovere rapporti, stru-menti e modelli di riferi-mento ta l i da favorirel'inserimento nel tessuto so-ciale di chi è stato condan-nato. Ciò richiederebbe peròfinanziamenti e investimentiproporzionati all'importanzadegli obiettivi e questo nonavviene! Nella maggioranzadei casi, quindi, ci si limita agarantire (tanto al reoquanto alla società offesa dalreato) la pena, tralascian-done gli obiettivi; non ven-gono fatti investimenti atti aricostruire quelle lacerazioniche sono alla base del reato.Puntualizzo che parlo di la-cerazioni (e di tradimentireali o fantasticati) non pergiustificare il reato, ma pertentare di risalire a ciò che lorende attuabile agli occhi dichi lo compie.

CHE COS’È IL TRADIMENTO?Direi che il tradimento siproduce quando una per-sona si sottrae ai vincoli diun accordo (esplicito oanche implicito). Tutti co-loro che vivono in società ebeneficiano del lavoro e dellerisorse della collettività tra-discono il gruppo quando nedisattendono i vincoli. Credoperò che tale tradimentopossa essere praticato conuna certa disinvoltura soloda chi sente (più o meno co-scientemente e non necessa-riamente a ragione) di esserestato a sua volta tradito. E ALLORA, HANNO SENSO

VENTICINQUE ANNI DI CAR-CERE?Penso di no. Credo assurdoincarcerare un uomo per unterzo della sua vita. Per quelche ne so io, la pena vienequantificata in nome delprincipio retributivo, matante volte il male che unuomo può fare non è quanti-ficabile. Impossibile, dun-que, pareggiare i conti framale arrecato e pena! A miogiudizio, l'idea di una penacon cui "pagare le colpe"

(come spesso dicono i dete-nuti) o con cui restituire alreo una pena proporzionaleall'entità del reato (comesuggerisce il principio dellapena retributiva) portanofuori strada. Non si può ri-sarcire un bel nulla; tantovale dedicarsi a tentare dinon aggiungere altre colpeda pagare o da retribuire. SIAMO STATI INVITATI AL

CONCERTO DEL GRUPPO,DOVE SONO STATI ESEGUITI

PEZZI DI DE ANDRÈ. QUALE

SINERGIA HA L’AUTORE CON

IL GRUPPO?In ognuno dei personaggiimperfetti di Fabrizio DeAndré c'è una ricchezza che,se cercata, potrà contribuirea farci riconoscere parti dinoi dimenticate o deliberata-mente escluse. Per il Gruppodella Trasgressione, l’ere-dità di De André consiste so-prattutto nell'impegno arintracciare nella propria ealtrui imperfezione le cartecon cui giocare la partita col-lettiva della vita.

La Redazione

Fabrizio De Andrè

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Francesca SabbioniUNA NUOVA VOLONTARIA

Un mondo d’interesse per le persone

on sono mai statamolto brava a scri-vere di me ma la

redazione di Salute inGratami ha chiesto un breve ar-ticolo di presentazione edio non posso far altro cheringraziare tutti e accettarequesta sfida!Mi chiamo Francesca e hosempre cercato di lottarecontro le mie paure. Unadelle cose che più mi spa-venta é l'indifferenza. Il to-t a l e d i s i n t e r e s s e p e rqualcosa o, peggio ancora,per qualcuno mi ha semprelasciato turbata. La prima volta che ho in-

contrato Gli amici di Zac-cheo, invece, ho percepitoda subito il contrario: mihanno trasmesso la lorov o g l i a d i c o s t r u i r e u nmondo nuovo all'internodella realtà in cui viviamo,un mondo fatto d’interesseper le persone, non di-stacco o freddezza. I sorrisidi Viviana e Simona e l’im-pegno di tutti gli altri vo-lontari me lo ricordanoogni volta. C’é altro: ho provato lestesse sensazioni la primavolta che sono entrata aBollate ed ho partecipatoalla riunione dei volontari

interni dello Sportello Sa-lute. Ho percepito un climadi solidarietà e premuraverso i compagni ed ho ap-prezzato il lavoro di chi,gratuitamente, si stava im-pegnando per aiutare altriamici. Ho visto con i mieiocchi che é possibile, ren-dere reale e tangibile quellegame misterioso di assi-stenza reciproca che legatutti gli uomini ed ho ca-pito, seppur in poche ore,che quel mondo apaticoche tanto mi fa paura econtro di cui voglio lottarepuò essere sconfitto datutti noi insieme.

N

Giulia CinaliNUOVO INGRESSO IN REDAZIONE

Inviata speciale esterna

ii il cambiamentoche v u o i v e d e r en e l mondo”. Una

persona ha “preso in pre-stito” questa frase per dedi-carmela qualche anno fa: unincoraggiamento gioioso adattivarsi col nostro piccologrande impegno per cercaredi realizzare ciò in cui cre-diamo, senza aspettare checi caschi addosso.E se ci pensiamo bene,spesso ciò di cui sentiamo ilbisogno, è esattamentequello che vorrebbero anchetutti gli altri, anche colorocon cui sembriamo nonavere punti in comune. Nonvorremmo forse tutti quanti

vedere un sorriso o un pic-colo gesto quotidiano di so-lidarietà e fratellanza in più?È sicuramente più facile ce-dere alla tentazione di es-sere egoisti, di prevaleresugli altri, di litigare, di al-zare la voce e persino lemani. Rispettarsi, onorarsi,essere solidali, costruire e ri-costruire rapporti umanisinceri, cercare un confrontoschietto e costruttivo ri-chiede certamente una forzamaggiore. Questa forza io lacerco negli altri e vorrei do-narla a mia volta. Ognuno dinoi lo può fare, anche chi sisente più fragile e in diffi-coltà troverà sempre qual-

cuno bisognoso di riceverela sua umanità e pronto adonargliela.Il mio nome è Giulia esono una volontaria del-l’associazione “Gli amici diZaccheo”. P o t e r s i i n s e -r i r e i n u n gruppo cosìunito ed efficiente comequello della redazione diSalute inGrata è un privile-gio di cui ringrazio eun’esperienza che fin dasubito si è rivelata moltointeressante e istruttiva.Sperando di poter dare ilmio contributo al migliora-mento di questo bellissimoprogetto, per ora vi augurobuon lavoro!

S“

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Nel piede una mappaLA RIFLESSOLOGIA PLANTARE

Terapia complementare

a Riflessologia delpiede è l'arte del be-nessere con la quale

si ottengono risultati atti amantenere e ripristinarel'equilibrio psicofisico dellapersona. Lo stato di saluteorganico, psicosomatico edenergetico del nostro corposi rivela, in modo sorpren-dente, nel piede, dove ritro-viamo, come in una mappa,la sua proiezione completa.Il massaggio riflessologicoplantare, utilizzando solo edesclusivamente le mani, sti-mola e favorisce il funziona-mento di tutti i tessuti delcorpo compreso, il sistemanervoso. Il piede diventaquindi fonte di un gran nu-mero d’informazioni checonsentono l'interpreta-zione e la cura di atteggia-menti disarmonici e didisagi che il corpo soma-tizza. La Riflessologia delpiede è uno strumento che,dall'esterno, si prefigge diconoscere ciò che è all'in-terno, riportando gli indivi-dui alla condizione diequilibrio. Con la sua appli-cazione e con il rispetto delleleggi della natura, le risorsedisponibili nel corpo sono li-berate restituendo all'uomolo stato di benessere.La Riflessologia come la co-nosciamo oggi si sviluppò

all'inizio del XX secoloquando un medico ameri-cano, William Fitzgerald,elaborò un sistema di puntidi pressione da utilizzare perl'anestesia. Avendo scopertoche ne esistevano in tutto ilcorpo, sviluppò un sistemadi zone molto simile a quelloutilizzato oggi, e lo chiamò"terapia zonale". Uno deisuoi colleghi fece dimostra-zioni sorprendenti per pro-vare che era in grado diinfilare uno spillo sul viso diun volontario, senza provo-cargli dolore, dopo aver pre-muto su un determinatopunto della mano. Nel 1915il dott. Fitzgerald pubblicòun articolo dal titolo "Perfarti passare il mal di denti,premi sul piede!" su Every-body's Magazine e nel 1917pubblicò il suo primo libroin materia. Tuttavia, seb-bene la pratica sia stata se-guita da alcuni medici edentisti, i trattamenti diFitzgerald furono giudicatidiscutibili. Negli anni trenta,la fisioterapista americanaEunice Ingham scoprì che ipunti riflessi più potenti sitrovavano nei piedi e fu leiche, finalmente, preparò lemappe dei piedi che sonoancora oggi utilizzate. Essasi dedicò interamente a que-sto settore, chiamando il suo

lavoro "Riflessologia" e viag-giando per gli Stati Uniti perinsegnarlo a tutti quelli chevolevano impararlo. Neglianni '50 la Riflessologia fupresa di mira quale praticaapparentemente inganne-vole e alcuni terapisti ameri-cani furono accusati dipraticare un’attività medicasenza autorizzazione. Ciònonostante vennero alla fineassolti. Negli anni '70 la Ri-flessologia ebbe molto se-guito in Gran Bretagna ecominciò a essere praticatain quasi tutti i paesi europei.Nella Medicina TradizionaleCinese questa pratica risalea più di 5000 anni fa,quando iniziò a essere usatacome metodo curativo deri-vato dall'ago puntura.Tutti possono imparare letecniche di auto massaggiosufficienti a far fronte a di-sturbi quotidiani. Natural-mente bisogna impararlecorrettamente, attraversoun breve corso o seguendoun libro che possa inse-gnarle.Non si creda che la riflesso-logia sia una terapia chepossa sostituire la medicinaoccidentale, essa è comple-mentare: può migliorare lapropria salute in modo al-ternativo integrandosi conla medicina ufficiale.

LPatrizia D’ambrosioRiflessologa

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I molteplici benefici della musicaMUSICA E SPERANZA

Quando il sogno diventa realtà

ggi tocca a me scri-vere un articolosulla salute che può

derivare dal fare musica dainserire sulla rubrica a curadella Freedom Sounds,gruppo di cui faccio parte dadiversi mesi. Inizialmentemi sono avvicinato alla mu-sica, con tutti i timori di chinon aveva mai preso unostrumento in mano. Fin daragazzo ho avuto la pas-sione e il mito della mu-sica; ricordo ancora amemoria diverse canzonidei miei tempi, quandopersonaggi come ElvisPresley faceva parlare dise tutto il mondo o EricClapton o Blackmoore deiDeep Purple o C. Barry.Potrei menzionare decinedi artisti, ma preferiscoparlare dell’esperienzache sto vivendo in primapersona e che consiglio achi ha voglia di provarel’emozione di imparare asuonare. Come premet-tevo all’inizio la voglial’ho sempre avuta nel cas-setto, era un mio sogno e oralo sto vivendo in prima per-sona; imparare a suonare lachitarra mi sta dando emo-zioni mai provate e spessomi trovo con la mia chitarra(comprata in carcere) e lasento parte di me. Mi ri-lasso, mi metto in gioco, ca-pisco cose che si provanoanche nella vita esterna;

penso che, quando vuoi rag-giungere un obiettivo, se cimetti anima e cuore, ce la faie così anche fuori se vuoicambiare vita, si può. Lamusica mi sta aiutando amigliorarmi sotto un puntodi vista anche psicologico,allenandomi a fare cose chenon ho mai fatto come ap-prendere che senza il sacri-ficio e l’abnegazione non

raggiungi quello che vuoi.Inoltre con il progetto Free-dom Sounds ho imparato afare gruppo con gli altri ra-gazzi e a conoscere le per-sone. Diversamente dacome ci si rapporta abitual-mente fra detenuti, non siparla mai delle stesse cose,ma ci si relaziona come sefossimo in una sala provafuori da queste mura di co-

strizione. Ci si isola per delleore senza pensare a nientedi negativo, si fanno progettiper il dopo del tipo suonareinsieme, magari mettendoin piedi un gruppo… Adessostiamo portando avanti ilprogetto degli “Articolo21”con compagni di diversi re-parti e ricordo che la primavolta che ho suonato dalvivo nel teatro dell’istituto,

occasione per ricordarel’amico scomparso Pa-squale Forti, ho sentitotanta emozione e per laprima volta nella miavita, la sera antecedentel’evento canoro, ho fattofatica ad addormentarmima, dopo il primo ac-cordo, sono andato drittocome se suonassi da unavita. E’ stato bellissimo eavrei voluto che ci fosse ilmio vecchio a sentirmisuonare, penso che sa-rebbe stato orgoglioso nelvedermi con una chitarrain mano. Ogni giorno mialleno con Marco che mi

ha spronato dal primogiorno in cui sono arrivatoin sala, anche se mi fa venirerabbia ogni tanto, perchéqualsiasi strumento tocca lofa suonare; questo è undono di natura che lui ha eme lo sta trasmettendo; ilmio invece è stato nascostoper tanti anni perché eropreso in altre cose, ora ilsogno sta diventando realtà.

O

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ccoci nuova-mente in-sieme, è

notte fonda. Alzila mano chi ogginon ha problemidi sonno e sogni e,come se non bastasse, èarrivata la primavera e conessa le giornate si allunganoe le notti si accorciano. Io,come molte di noi, faccio abotte con il cuscino per cer-care di cuccare il signorMorfeo, colui che dovrebbeaccoglierci tra le sue bracciae regalarci un po’ di riposo esogni con cui dividere lenotti, ma questo “mito” fa lebizze e si concede ad altri.

Eppure io con lui ho buonirapporti e non capisco il suoperseverare nel tenermisveglia con i miei pensieri;non vorrei che ci fosse dimezzo la signora Morfea,gelosa, perché vanta chesolo lei deve accoglierti frale sue braccia, senza maifarsi vedere; chissà forse ècosì brutta che oltre a non

mostrarsi, ci deridel a s c i a n d o c i

anche senzasonno e, peg-gio ancora,

senza sogni.Adesso mi, e vi

domando, chi si deveoccupare del nostro sonno esogni? Il signor Morfeo o lasignora Morfea? Chi lo sa?Magari lo comunichi … in-tanto noi da Bollate lan-ciamo un appello: “Cercasidisperatamente i coniugiMorfeo!”Augurandovi sogni d’oro ealla prossima….

Sabrina De Andreis

A volte, quando finisco leore di musica in sala, ri-prendo in cella da solo. Lemie giornate ormai sonofatte di lavoro e di musicaper imparare nuovi ritmi,canzoni e posso dire che lamia vita da diversi mesi ècambiata, sono più serenovedo le cose diversamente esto facendo un'attività chemi è sempre piaciuta, suo-nare la chitarra, e non vedol’ora di poter suonare an-cora da qualche parte, ma-gari un domani anche fuoridi qui, perché no? Questache sto provando è un’espe-rienza che consiglio a tuttiquelli che hanno avuto comeme il sogno di suonare qual-che strumento e per mille

ragioni non l’hanno maifatto. Suonare fa bene e sicresce in tante cose, la mu-sica aiuta e ti appaga, psico-logicamente fa miracoli.Non pensavo che potesseavere dei benefici anchesulla psiche eppure lo stotoccando con mano e ti sentipiù sicuro di te stesso spe-cialmente quando sei solo esuoni un brano che fino apoco tempo fa avevi sentitosolo in cd; è una bella soddi-sfazione dire “anch’io facciole stesse note di quel chitar-rista”, allora sono in gradodi suonare?!?. . .Conclu-dendo invito a chi noncrede, di provare questa bel-lissima esperienza, la mu-sica porta lontano, ti aiuta

dentro, allontana i pensierie ti fa uscire dalla vita in car-cere; per alcune ore il giornonon pensi a niente, sei tu, lamusica e il tuo strumento…è un modo legale di “evadereda un carcere” e non è unreato. Un ringraziamento aMarco Caboni che sta realiz-zando con tanto impegnoquesto progetto insegnandoquello che ha imparato intanti anni di musica e lo statrasmettendo ai compagnicon il gruppo FreedomSounds e un grazie anchealla Direzione che ci stadando quest’opportunitàche penso sia una dellepoche esistenti nel sistemacarcerario italiano.

Marco Di Lella

L’OCCHIO DELLA DONNASogno o son desta?

E

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tiamo parlandodella qualità equantità del vitto

che passano qui al set-timo reparto. Partiamodal latte o tè, sia la qualitàe la quantità sono più chesufficienti; non si puòdire altrettanto del paneche, anche se in quantitàabbondante lascia un po’a desiderare in qualità,non per il suo sapore maper la durezza della cro-sta, che dire? Per man-giarlo “fidatevi” bisognaavere tutti i denti! I primipiatti sono anch’essi piùche adeguati, ma anchequi occorrerebbe che fos-sero più di pasta che diriso perché settimanal-mente sono riproposti

più volte, anche se concondimenti diversi, stapoi ai cuochi renderli piùappetitosi. Per i secondipiatti ci sarebbe da par-lare un bel po’: la quan-tità è soddisfacente ma laqualità? La carne che c’èservita non è sempre “te-

nera”, con ciò non vogliodire che si deve spezzarecome un grissino ma cheper tagliare una bisteccanon si dovrebbero rom-pere tre coltelli! Le uovasono riproposte più voltela settimana, e il pesce èsempre dello stesso tipo;in alternativa al pesce c’èla scatoletta di tonno. Lequantità di questi ali-menti sono più che suffi-ciente ma la qualità sipotrebbe migl ioraremolto. Le verdure che cisono servite sono ottimesia qualitativamente eq u a n t i t a t i v a m e n t e ,manca il condimento maquello ognuno la decidesecondo il proprio gradi-mento. Per terminare laqualità e la quantità delvitto sono adeguate, mase vogliamo dire qualcosain più, è sempre il cuocoche fa la differenza!

Michele Trapani

S

LA POSTADal prossimo numero dedicheremo uno

“spazio” alla posta.Potete scrivere lettere,

considerazioni, riflessioni, critiche.

L’iniziativa è aperta ai detenuti e agli esterni.Non saranno pubblicate

lettere anonime.La Redazione darà

risposte a tutti.

VittoQUALITÀ E QUANTITÀ

Quando il cuoco fa la differenza

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a scelta del vitto dadistribuire, all’in-terno del nostro Isti-

tuto tiene conto di alcuneesigenze legate a religionidiverse da quella cristianacattolica, da patologie croni-che conclamate e scelte divita alimentare diverse. Gliosservanti di fede mussul-mana non mangiano carnese non macellata con unparticolare rito e, quindi,come secondo piatto rice-vono in sostituzione, for-maggi var i o tonno inscatola. Per i diabetici è pre-vista una dieta mirata all’as-sunzione controllata deglizuccheri che sappiamo, es-sere il grande problema di

questo tipo di patologia. Attenzione anche alla pasta che, nella sua trasforma-zione in carboidrati (zuc-cheri!), dovrebbe esserepesata. Per i cardiopatici ilvitto mira all’eliminazionedei fritti, dei grassi e limita-zione dei salumi e formaggi.Per i vegetariani, nessunmenù particolare, poichènon si hanno notizie relativea gruppi o singole personeche hanno intrapreso questafilosofia alimentare. Proba-bilmente per rendere piùcorretta la distribuzione ali-

mentare occorrerebbe spo-stare l’orario di trenta mi-nuti perché si sovrappone aimomenti ricreativi che av-vengono nello spazio co-mune chiamato “saletta”;questo, almeno, per la realtàdel settimo reparto. E’ pernoi un controsenso servire ipasti nelle ore in cui i dete-nuti usufruiscono della “sa-letta”, giacchè entrambi ipasti diventano freddi. Con-sentitemi questa considera-zione che non fa di noi degli“ingrati” ma tende a miglio-rare la vivibilità.

VITTI SPECIALIUna costante attenzione

L

uesto mese descri-v i a m o c o m ’ è distribuito quotidia-

namente il vitto in questoistituto di pena. Nei reparti,a orari a nostro avviso giusti,passa il carrello per la distri-buzione del cibo in tre fasidella giornata. In ogni pianoper ogni reparto un dete-nuto incaricato si reca nellecucine, dove trova pronto ilcarrello da portare al pianoper distribuire il vitto. Il la-vorante ha delle norme igie-niche da rispettare: deveindossare un camice, uncappello, i guanti e deve es-

sere sempre attento alla pro-pria igiene personale. Il car-rello, ogni volta che tornadai piani alle cucine, è lavatoe sterilizzato, a cura di un in-caricato delle cucine, che ri-spetta scrupolosamentetutte le norme. Il carrello ècomposto di due ripiani:uno per il vitto mussulmanoe speciale e uno diviso in trevani coperti dove è siste-mato il cibo cucinato. Leportate sono sempre tre, unprimo di pasta, riso o mine-stra, un secondo di carne,pesce con vari condimenti,mozzarella, affettati e, in-

fine, un contorno di verduree a volte legumi. Il mattinoviene distribuito il latte, lafrutta e il pane confezionato.Possiamo notare ognigiorno che le norme igieni-che da parte degli addettialla cucina sono rispettatepienamente, come la buonaselezione effettuata dai pre-posti all’assegnazione del la-voro di “porta vitto” apersone responsabili e pu-lite. Grazie per l’ottimo ser-vizio!

Mohamed El ModatherMauro Paccoj

La distribuzione del vittoIL CARRELLO

Igiene e professionalità

Q

Omar Confalonieri Claudio Marchitelli

Luigi PolichettiSergio Principe

SPORTELLO SALUTE

I REPARTI

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LE DIETEPromuovere la qualità

I REPARTI

ggi parliamo di ali-mentazione e ciò chesignifica. In molti

paesi del mondo c’è unagrande attenzione per la nu-trizione, specie nei confrontidei più piccoli, che sono af-fidati a noi adulti, alle nostrecure e attenzioni, per far sìche questa sia migliore il piùpossibile. Purtroppo, moltevolte, o si esagera o si tra-scurano involontariamentediversi aspetti! Oggi viviamoin un mondo in cui si da spa-zio a nuove proposte di ali-mentazione di qualunquegenere: dieta mediterranea,dieta mirata, dieta associatao dissociata, dieta macro-biotica, vegetale e chi più neha, più ne metta! Negli StatiUniti d’America, il 45% dellapopolazione è affetto daobesità e, naturalmente, nonsolo in America; il problemaè globalizzato ormai. In passato, avere qualche chilo inpiù, era sinonimo di benes-sere perché la gente man-giava cibi migliori, genuini,ma soprattutto aveva la

scelta. Oggi invece, quei chiliin più, non sono più sino-nimo di benessere, anzitutt’altro. Il problema è ac-centuato dallo stile di vita,da giornate frenetiche vis-sute tra lavoro e stress e inparte dal fatto che le catenedi distribuzione alimentarenon si curano più di pro-muovere la qualità, ma sipreoccupano di aumentarela quantità di vendita per ri-cavare nuovi profitti. Nel-l ’ambito carcerar io i lproblema della qualità è

molto sentito visto la limita-zione che abbiamo nellescelte. Si sa che una sana ecorretta alimentazione, oltrea far vivere bene, ha effettosulla durata della vita. Inquesto periodo in TV si ve-dono prodotti di ogni ge-nere, con pubblicità econsigli per gli acquisti invi-tanti, ma quasi mai ci chie-diamo come e con che cosasono fatti questi prodotti; al-cune volte ci si affida, percomodità o per pigrizia, aifast-food, con cui, chi ha in-tenzione di “eliminarsi”trova un valido aiuto. Tor-nando al mondo carcerario,come stavamo dicendoprima, non ci sono moltescelte nella spesa e variabiliper cucinare,e ciò, è causa avolte di una scorretta nutri-zione. In Inghilterra, pocotempo fa, è stata varata unalegge contro l’obesità conl’obbligo per ogni cittadinodi rientrare nei parametrisalutari e viene spontaneodomandarci se questo è unlimitare o imporre giusto?Nel nostro piccolo vogliamocontribuire alla riflessioneche accomuna molti uomini:il corpo è il tempio del-l’anima e quindi bisognaaverne cura! Permettete unabattuta: se ci si riempietroppo e male, poi dob-biamo traslocare prematu-ramente? Pensiamoci.

Patrizia Milesi

O SPORTELLO SALUTE

AL RISTORANTECameriere porti via questo piatto di spaghetti

Perché?Ho trovato un capello nel sugo

Impossibile signore, è stato fatto con i pelati.

Giuseppe Castiglia

RIDERE FA BUON SANGUE

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L A S A L U T E I N T A V O L A

I CONSIGLI DI ENZO

ari amici, Italia chevai Pasqua che trovi.Processioni, sagre,

rappresentazioni, sfilate dicarri, balli: il percorso checonduce alla Pasqua è disse-minato nel nostro Paese daeventi molto diversi tra loro,ma accomunati da un mede-simo senso di partecipa-z i o n e p o p o l a r e , u n atensione emotiva che di-viene essa stesso spettacolo.Esserci non significa solo as-sistere a una manifesta-zione, ma anche farne parte,essere coinvolti dai senti-menti e dalle emozioni. Cisono in queste tradizionidelle ricette di Pasqua moltoprelibate che vorrei in partesegnalarvi. Per la mia ru-brica e per voi è un mio pic-colo augurio di BuonaPasqua!

Enzo Visciglia

C AGNELLO ARROSTOUn piatto molto classico ma sempre ottimo

e più semplice di quanto si pensi.Ingredienti:

1 Kg di agnello diviso in pezziSemi di finocchio

Olio di oliva extra vergineAceto (finocchietto) aneto, rosmarino, sale.

Tempo di lavorazione dieci minuti, una nottata di macerazione e due ore di cottura.La prima fase è la macerazione. Mettiamo i pezzi diagnello in una ciotola capiente con un bicchiere di aceto,un po’ d’olio extra e abbondiamo con tutti gli aromi sopraelencati, tranne il sale. Si lascia macerare tutta la nottein frigorifero coprendo la ciotola con carta trasparente.La mattina seguente mescoliamo la carne in maniera chela parte superiore prenda l’aceto e gli aromi e rimettiamoin frigo per altre due ore. Infine poniamo la carne in unateglia da forno con gli aromi e un po’ di liquido che si èformato nella ciotola aggiungendo un filo di olio extra eil sale. Mettiamo in forno a 200° gradi per circa due orema il tempo dipende molto dalla grandezza dei pezzid’agnello. Ed ecco il nostro bell’arrosto! Questa è una ri-cetta che anche qui da noi possiamo benissimo fare poi-ché l’agnello si trova nella spesa. Enzo Visciglia

Dietro tante cosepovere cose

borioseinaridite e dense di vita

visi, luoghinon case.

Sogno senza fine di lasciareper sempre

l’angolo creato dei ricordi.Le ombre

la malinconiadi una lunga prefazione

che parla del sogno.

Antonino Bartolotta

RECUPERA L’USCITA

A cura di Rocco Squillacioti

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HUGO BORGOBELLO ELIO MARCHESE

2° REPARTO: ROBERTO CURCIOGIOVANNI GARRISISETTIMO MANFRINATO MATTEO PINTOMARRO

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5° REPARTO: JULIAN HERRERA

7° REPARTO: OMAR CONFALONIERICLAUDIO MARCHITELLILUIGI POLICHETTISERGIO PRINCIPE

FEMMINILE:MARIA ANTONIETTA ROGGIO

SPORTELLO SALUTE