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RÉGIS SOAVI SENSEI KATSUGEN UNDO CLASSIFICHE 2013 SPORT ALLA ROVESCIA MULUGETA GEBREKIDAN FRANK ZAPPA FRANCO MICALIZZI NEL 2014 SARÀ LA CAPITALE EUROPEA DEI GIOVANI, GRAZIE AI NUMEROSI STUDENTI CHE AFFRONTANO LA CRISI RESTANDO NEL LORO PAESE

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RÉGIS SOAVI SENSEI KATSUGEN UNDO

CLASSIFICHE 2013 SPORT ALLA ROVESCIAMULUGETA GEBREKIDAN

FRANK ZAPPA FRANCO MICALIZZI

NEL 2014 SARÀLA CAPITALE EUROPEA

DEI GIOVANI, GRAZIEAI NUMEROSI STUDENTI

CHE AFFRONTANOLA CRISI RESTANDO

NEL LORO PAESE

(2) ALIAS28 DICEMBRE 2013

di ARIANNA DI GENOVASALONICCO

●●●Il termometro segna novegradi, il freddo è pungente, ma sullungomare di Salonicco,nonostante i morsi della crisi cheha inginocchiato la Grecia(secondo le statistiche, quattromilioni di persone vivono sotto lasoglia della povertà, un terzo deigreci), i caffè sono affollati e lamusica si diffone nell’aria ad altovolume. I giovani preferisconostare all’aperto, protetti solo dalcalore delle stufe a fungo. Qualchepetroliera scivola sull’acqua inlontananza, incorniciando con lasua sagoma nera il monte Olimpoche si vede da ogni parte della cittàperché, insieme al mare, è unprotagonista assoluto del golfotermaico. Salonicco, in grecoThessaloniki dal nome leggendariodella consorte (figlia di Filippo II)del generale macedone Cassandroche nel 316 a.C. la fondò, è laseconda città della Grecia e per il2014 si prepara a diventare TheEuropean Youth Capital, il croceviadei giovani. Non è casuale questascelta: su un milione di abitanti,circa 150mila sono studenti e il50% della popolazione di Saloniccoè costituita da ragazzi e ragazze.Una media da far invidia a granparte dell’Europa, con i suoiasfittici numeri di crescitademografica pari allo zero. Certo,le prospettive di lavoro e dicoronamento dei propri sognisono scese in picchiata, ma nonsparite. Per molti cervelli che sonoemigrati, ce ne sono una buonafetta che ritornano in Grecia, pernon lasciare il paese nelle manidelle banche e delle «cure» dell’Ue.

Città spesso considerata solo dipassaggio per raggiungere lapenisola calcidica (su cui oggiincombe la minaccia della minierad’oro con la conseguentedistruzione dell’ecosistema e dellamontagna di Aristotele, oltre alrischio della contaminazione conmetalli pesanti di suolo e faldeacquifere), le mète marine o altriluoghi continentali, Saloniccomerita invece una sosta perché hanel suo dna una stratificazione distorie che la rende eccentrica e, untempo almeno, sicuramente moltoprima di Alba Dorata, conosceva leleggi della tolleranza, ospitando nelsuo territorio ebrei (fino alla lorodeportazione nei campi disterminio erano più della metàdella popolazione, poi non netornarono che un migliaio),musulmani, ortodossi e cattolici.

La città vecchia conserva solo untratto di possenti mura - di circa10/12 metri - nella parte alta, lìdove passava la via Ignatia, l’arteriastrategica costruita dai romanidopo la vittoria di Pidna, cheattraversava la pianura macedoneper collegare Roma a Bisanzio. Fuuna via importantissima per ladiffusione del Cristianesimo(venne percorsa più volte daiCrociati) e mantenne la suapeculiarità anche durante il

periodo degli Ottomani, che nel1430 conquistarono Salonicco perpoi lasciarla in eredità ai turchi,fino al 1912. Poco resta oggi deiquartieri più antichi, quellimalfamati vicino al porto, quellidei commerci con le botteghe degliebrei, quelli musulmani: nel 1917un incendio ha spazzato via quasitutto. Era il 18 agosto e il fuoco,divampato sembra a causa delladistrazione domestica di unadonna in cucina, divorò in sole 32ore 9500 edifici in legno,cambiando il volto della città.

Salonicco però è rinata dalle sueceneri, ha continuato adespandersi - scontando anche gliabusi edilizi degli anni Sessanta eSettanta - e ha inglobato nel suoventre moderno le testimonianzedel suo glorioso passato. Così,capita di intuire fra lo skyline didue brutti palazzoni, unabellissima chiesa bizantina, piùbassa, quasi uno scrigno chiuso inmezzo alle mura che lo sovrastano.

Poco oltre, camminando ancora, sipuò incrociare un anticohammam, oppure trovarsi difronte la grande agorà, che ricalca iconfini di quella di epocaellenistica. Si può poi entrare a sanDemetrio (il santo protettore) escovare, fra le colonne, i mosaicibizantini sopravissuti all’incendio,oppure imbattersi in santa Sofiache risale all’VIII secolo e nellafacciata porta le tracce dellearchitettura romane: da qui si puòvedere il livello più basso su cui siergeva l’antico insediamento,mentre la sua pianta, in miniatura,fa rivivere quella dell’omonimachiesa di Istanbul.

La città moderna non sempreriesce a convivere con il fantasmadi quella storica, spesso entravisibilmente in conflitto: il cantieredella metropolitana procede arilento, oltre che per i soldi asinghiozzo anche per iritrovamenti archeologici. Quandosi scava, a Salonicco, si «inciampa»

sempre in qualcosa. Stavolta, èstata un’importante via bizantina,dell’VIII secolo, a riaffiorare.

Ma Salonicco non vive solo diricordi: la città contemporaneaospita un festival del cinema, e,proprio in questi giorni, unaBiennale di arte contemporanea(fino al 31 gennaio). Giunta allasua IV edizione, la mostra èsopravvissuta all’austerity poiché èfinanziata nell’ambito delProgramma OperativoMacedonia-Tracia 2007-2013,attuato dal Museo di stato di artecontemporanea, con lapartecipazione dall’Ue. Larassegna, quest’anno curata daAdelina von Fürstenberg, èdisseminata in vari luoghi dellacittà, dal quartiere fieristico aimusei fino a comprendere due exmoschee e sfodera un titolo cherimanda all’attualità stringente delMediterraneo: Everywhere butnow. Crocevia di culture e meltingpot di tradizioni e usanze, il

Mediterraneo è, secondoFürstenberg, un luogo da ritrovaree riattraversare con la creatività ela tenacia delle popolazioni che lohanno caratterizzato in passato.Spazio simbolico dello scambio fraEuropa, Asia e Africa, può arginarela deriva ostile di gran parte delmondo. Gli artisti sono chiamatiad affrontare questo arduocompito, ad affinare laconsapevolezza proprio in unmomento difficile. Anche le star,come Marina Abramovic, di cui inmostra si presenta il potentissimofilmato sui bambini soldato chegiocano alla guerra, mescolandoesecuzioni capitali ad allegre escomposte cuscinate maschicontro femmine. Da parte sua,Philip Rantzer, che harappresentato Israele alla Biennaledi Venezia nel 1999, mette in scenaun’Europa che bivacca su unapanchina, senza più tetto né legge.La violenza e la perdita di uncentro «umano» nelle relazioni èciò che si evince anchedall’installazione di Liliana MoroUnderdog - cani che combattono -un’opera del 2005 riproposta aSalonicco per la sua pertinenzapolitica.. Molti gli artisti greciinvitati ad esporre; fra questi, c’èMaria Papadimitriou: lei allestisceun set con i resti di un naufragio,così come la francoalgerina ZinebZedira parla della «fine del viaggio»attraverso una serie di carcasse dinavi arenate e arrugginite, mentreil collettivo cubano LosCarpinteros indaga le soglie deitunnel e gli sbarramenti. Ecco, èora di uscire alla luce.

Tour nella città macedone, fra storia bizantinae la IV Biennale di arte. Nel 2014 sarà la capitaleeuropea dei giovani: qui sono più di 150milagli studenti che sognano di risollevare il loro paese

Il lungomaredel métissage

Il lungomare di Salonicco verso la TorreBianca; a destra, Zineb Sedira, «The Deathof Journey»; al centro, «Europe» di PhilipRantzer; a sin., Liliana Moro «Underdog»e il caffè Modigliani. Sotto, una porta conposter pubblicitari nella vecchia Salonicco

REPORTAGE

SUL GOLFO TERMAICOGUARDANDO L’OLIMPO

THESSALONIKI

(3)ALIAS28 DICEMBRE 2013

di FEDERICO GURGONE

●●●La preponderanza di statuee templi superstiti non tragga ininganno: le fonti letterarieassicurano che altrettantoimportante per gli antichi grecifosse la pittura. Tuttavia, di essaresta ben poco: scarsetestimonianze in Italia, tra cui lamagnifica Tomba del Tuffatore diPaestum, imbarbarita dacommistioni con l’arte etrusca eitalica; gli affreschi minoiciprovenienti da Cnosso e AgíaTriáda a Creta, dai palazzi diMicene e Tirinto nel Peloponnesoe da Thera sull’isola di Santorini.

Povera rassegna riabilitata inextremis dall’eccezionale dote diVerghìna, miniera di pitturaellenica tornata alla ribalta nel1977, quando sembrava ormaitramontata l’età romantica einnocente delle esplorazioniarcheologiche.

Aigài fu la residenza dei sovranimacedoni fino al lorotrasferimento a Pella. L’usanzavoleva però che i re continuasseroa essere seppelliti nella primacapitale: questo il motivo per cuigli studiosi la cercarono a lungocome un El Dorado.

Le sue vestigia furono scopertea partire dal 1855, quandoarcheologi francesi ne iniziaronogli scavi. Mano a mano tornaronoalla luce un palazzomonumentale, decorato conmosaici e stucchi dipinti, e unanecropoli, situata tra i villaggiPalatìtsia e Verghìna, estesa perpiù di un chilometro quadrato e

comprendente oltre trecentotumuli, il più antico dei qualirisalente all’XI secolo. La strutturadi queste tombe, costituite dacamera a volta, facciata con portamonumentale, corridoio etumulo, ricorda quella dei tholoimicenei, allo stesso modo deicorredi funerari identificati al lorointerno.

Dei grandi personaggi inseguitidai detective della storia, però,nemmeno l’ombra finché ManolisAndronikos, santificato già in vitadai greci, che tengonoall’archeologia quanto l’Italiapost-unitaria alla letteratura, noniniziò nel 1952 l’esplorazione delGrande Tumulo: un’altura che giàdal secolo precedente avevaattirato l’attenzione su Verghìna,un cono di terra alto 12 e lungo110 metri innalzato all’inizio delIII secolo a.C. da Antigono Gonataper proteggere le tombe daisaccheggi dei Galati.

Il 30 agosto del 1977, quandoAndronikos comunicò di averrinvenuto la tomba di Filippo II,fu subito clamore sui giornali dimezzo mondo. Vicino a questa,altre due tombe reali, quella «diPersefone» e quella di AlessandroIV, l’unico figlio di AlessandroMagno e della principessa afganaRossane, nato lo stesso anno dellamorte del condottiero, nel 323a.C.

Il sepolcro di Filippo è costituitoda due stanze lunghe insiemequasi 10 metri, entrambe coperteda volte a botte alte oltre la metà;nella prima, rettangolare, vennerodeposte le ceneri di una donna,

probabilmente la giovane moglieEuridice, nella seconda, quadrata,quelle del re. L’ingresso,imponente, ha una porta dimarmo a due ante e la forma diun tempio dorico, affrescato conun fregio che raffigura una scenadi caccia dipinta. La tomba fusicuramente voluta da Alessandronel 336 a.C., quando il padre fuassassinato, durante il banchettoper le nozze della figlia Cleopatracon Alessandro I d’Epiro, da unufficiale delle proprie guardie delcorpo, Pausania. Questi, standoalle indagini portate avanti nientemeno che da Aristotele, il celebrefilosofo allora precettore diAlessandro, aveva ucciso Filippoper torbidi motivi passionali.Sempre la stessa storia.

Difficile separare la morte diFilippo dall’ascesa al trono diAlessandro: i riti funebritestimoniati a Verghìnacelebravano entrambi gli eventi.Nella camera sepolcrale fu trovatoun sarcofago di marmo,all’interno del quale era statodeposto un larnax: uno scrignod’oro contenente le ossacombuste del re defunto e la suacorona. Il coperchio era decoratocon il cosiddetto Sole di Verghìna,una stella simbolica a sedici raggicausa ancora di numerosicontenziosi politici: compare,stilizzato, sulla bandiera dellaRepubblica ex jugoslava diMacedonia e, fedele all’originale,su quella dell’omonima regionegreca con capitale Salonicco.Nella camera facevano mostra disé anche le sue armi, tra le qualispicca lo splendido scudo,insieme con vasellame dabanchetto e con i resti delcatafalco in legno, impreziositocon oro e avorio.

È evidente quanto ilpersonaggio che domina la scenanon sia tanto Filippo, colui cheaveva messo fine alla libertà dellaGrecia nel 338, sconfiggendoateniesi e tebani a Cheronea,quanto suo figlio Alessandro. Le

fiamme che attaccavano la pirafunebre allestita per il padre, traun funerale solenne e unseppellimento eroico mai vistiprima, consumarono certamentetra le vampate anche la ferocepresa di consapevolezza di unventenne che si sentivapredestinato. Quando sarebbemorto, a 33 anni come Cristo, leélites avrebbero parlato grecodalle Colonne d’Ercole ai montidell’Afghanistan. Verghìna sembranarrare questo film, quandonessun altro monumento saraccontare con tanta evidenzaCesare e Napoleone. A lottare conil peso della storia, resta laleggerezza unica degli affreschiconservati. Plutone che afferra allavita con il braccio sinistro unasconvolta Persefone; Alessandro acavallo, al lato di Filippo, checolpisce con la lancia un leone. Èl’impatto tutto visivo di una dellemaggiori scoperte archeologichedel XX secolo.

A. Di Ge.

●●●Uscendo da Salonicco, tenendo ilmonte Olimpo con tutti i suoi dèi allapropria sinistra, si va verso nord. L’aria ètersa, l’inverno ha spogliato i rami deipeschi - siamo in una zona ricca di frutteti,una delle principali voci di esportazioneverso il mercato estero - che costeggianoquesta bellissima strada, di fronte si erge lacatena montuosa della Pieria, che chiudead arco il territorio, proteggendolo eincastonando la valle. È qui, dice unaleggenda, che hanno avuto la loro primadimora le Muse. Ed è sempre qui, nellaMacedonia centrale, che passa il fiumeAliakmone, il più lungo della Grecia con isuoi 297 chilometri, l’unico che nasce nellaregione: prende il nome da quello di unaregina che si suicidò, lasciandositrascinare via dalla corrente pur di noncadere prigioniera dei turchi. Navigabile evenerato come divinità nei tempi antichi,oggi le sue abbondanti acque alimentanoquattro centrali idroelettriche. In questoterritorio, poco meno di quarant’anni fa –era il 1977 - un archeologo testardo, dinome Manolis Andronikos, fece unascoperta sensazionale, coronando il sogno

di una vita: trovò il sito delle Tombe Reali,il cosiddetto Grande Tumulo di Verghìna,in cui con molta probabilità è statoseppellito Filippo II. Un ritrovamento checambiò anche la storia: era in questoluogo, nella città di Aigài, che il regnomacedone aveva la sua capitale (ci sonoanche sontuosi resti del palazzo reale, almomento in restauro). Andronikos scavòin una collina artificiale di 12-14 m dialtezza fra gli anni 1977 e il ’79: queltumulo non era altro che un tentativo disalvare una necropoli sacra da parte del reAntigono Gonata, nel 270 a. C. L’avevacostruita con cumuli di frammenti di steliper proteggere dalle razzie dei Galliqualcosa di molto prezioso: un memorialsotterraneo costituito da tre tombe di tipomacedone della dinastia argeade, FilippoII, padre di Alessandro Magno, ucciso nelteatro di Aigài nel 336 a.C., una delle suemogli di giovane età (che probabilmenteseguì il marito dandosi la morte colveleno), il nipote Alessandro IV,l’adolescente figlio del Magno e diRoxanne che venne assassinato daCassandro per evitare che salisse sul tronocome legittimo erede. Da quandoAndronikos, scosso da un brivido alla

schiena, attribuì le tombealla famiglia reale pereccellenza, le diatribe tragli studiosi non si sonomai spente. Non tutticoncordano con l’identitàdel re seppellito.

Andronikos vollemantenere la strutturaoriginale del luogo eincoraggiò la creazione diun museo sotterraneo cherispettasse la forma deltumulo. Così si entranell’Ade, quasi in punta dipiedi. Si viene avvoltidalla penombra e siprocede silenziosi dentroun racconto suggestivo,che risale a più diduemila anni fa. Storie dimorti improvvise,tradimenti, giochi politicie creazione del culto dellapersonalità. Pochi giorniprima di Natale, non è unperiodo turistico intensoe ci si aggira in queimeandri in solitudine. Èun museo particolarequello di Verghìna perchéè «a tema»: narra levicende di una famiglia, lebiografie difficili di queiguerrieri-re, delle loro

consorti e dei nemici che li fecerosoccombere. I reperti salvati dai saccheggigrazie al tumulo, sono di una bellezzacommovente: l’oro accecante delle coroneregali, i gambali delle battaglie (uno piùlungo e uno più corto che testimonierebbel’appartenenza a Filippo II che – a causadelle ferite di guerra - era claudicante,oltre che cieco ad un occhio), tutto ilvasellame di argento per il simposio, learmature di «rappresentanza», ledecorazioni crisoelefantine del lettofunebre posto dentro la tomba. Ci sonopure i ritratti in miniatura (d’avorio) diFilippo ed Alessandro: li ritroviamo anchenella pittura parietale dediti alla caccia alleone, passatempo dei nobili macedoni.Ma a spezzare il fiato è un affresco –riprodotto in una gigantografia all’esternodi una tomba trovata vuota, spogliata daisaccheggi. È l’unico esempio di pitturaparietale della Grecia del IV secolo:secondo ciò che scrisse Plinio sarebbeopera del celebre Nicomaco. Raffigura,con tratti veloci e di grande espressività, ilratto di Persefone e la disperazione di suamadre Demetra.

In copertina, un graffitonel vecchio quartiere diSalonicco, vicino al porto.Foto di Franco Cenci

VERIA

Visita al quartiereebraico con tocchi blu

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

con Roberto Peciola

redazione:via A. Bargoni, 800153 - RomaInfo:ULTRAVISTAe ULTRASUONIfax 0668719573tel. 0668719557e [email protected]://www.ilmanifesto.it

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GERENZATOMBE REALI ■ UN GIRO SOLITARIO GIÙ NELL’ADE

Quella magnificenzadella naturae dei guerrieri-re

Particolare di decorazioni crisoelefantine delletombe reali di Verghina; un banco del mercatodel pesce di Salonicco. Sotto, il vasellamein argento del simposio funebre e l’entratamonumentale della tomba reale.Il reportage fotografico di queste pagineè di Franco Cenci

ARCHEOLOGIA LA MITICA STORIA DI VERGHÌNA

Gran Tumulo, l’ultima casadel condottiero Filippo II

Vicino Verghìna, c’è Veria, unacittadina di 45mila abitanti checonserva ancora il suo centrostorico e l’antico quartiere ebraicoa forma triangolare delimitato daun lato dalle mura bizantine e,dall’altro, dalla linea di difesanaturale del fiume. È chiamato«Barbuta» e presenta case dallecaratteristiche architetture, tuttecolorate (prevale il blu, colorepropiziatorio per gli ebrei). Valeuna visita anche l’importantemuseo archeologico e il santuariolì dove si fermò a predicare sanPaolo.

(4) ALIAS28 DICEMBRE 2013

FABIO FRANCIONE

GIANLUCA PULSONI

MARCO GIUSTI

GIONA A. NAZZARO

GIANCARLO MANCINI

GIULIAD'AGNOLOVALLAN

MATTEO BOSCAROL

CRISTINA PICCINO SILVANA SILVESTRI

LUCA CELADA

CARLO AVONDOLA LORENZO ESPOSITO

ANTONELLO CATACCHIO

RINALDO CENSI

FILIPPO BRUNAMONTI

TOP TE15 film per il 2013 (in ordine sparso)1. A Vida invisivel di Vitor Gonçalves2. Trydno byt bogom (È difficile essere undio) di Aleksej Jurevich German3. Historia de la meva mort di Albert Serra4. The Canyons di Paul Schrader5. La jalousie di Philippe Garrel6. Flight di Robert Zemeckis7. Side Effects di Steven Soderbergh8. Zanj Revolution di Tariq Teguia9. Django Unchained di QuentinTarantino.10. Educaçao sentimental di Julio Bressane

11. Norte, hangganan ng kasaysayan(Norte la fin de l'histoire) di Lav Diaz12. At Berkeley di Frederick Wiseman13. Feng ai (Follia e amore) di Wang Bing14. Die andere Heimat - Cronil einerSehnsucht di Edgar Reitz15. Se Eu Fosse Ladrao, Roubava di PauloRochaAggiungo due 'cose' italiane su tutte:Lettera al presidente di Marco SantarelliAtlante sentimentale del cinema per il XXIsecolo di Donatello Fumarola eAlberto Momo

1. Attesa di un'estate (frammenti di vitatrascorsa) di Mauro Santini2. Zima di Cristina Picchi3. Gravity di Alfonso Cuaron4. Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow5. Chats perchés e altri di Chris Marker6. Necropolis di Franco Brocani7. Greta Gerwig in Frances Ha di NoahBaunbach8. Cate Blanchet in Blue Jasmine diWoody Allen9. Alberi di Michelangelo Frammartino10. A Spell to Ward off the Darkness diBen Rivers, Ben Russell

La logica è binaria: due film di filmmakeritaliani (una certezza e una scoperta);due film Usa; due necessarie edizionidvd; due interpretazioni, corpo(Gerwig) e volto (Blanchett) che sono«un cinema» al di là dei singoli film.In coda due opere non ancora viste,ma lette e già amate ciecamente

1. Zero Dark Thirthy di Kathryn Bigelow2. Venere in pelliccia di Roman Polanski3. Effetti collaterali di Steven Soderbergh4. Il Passato di Asghar Farhadi5. La grande bellezza di Paolo Sorrentino6. The Master di Paul Thomas Anderson7. Blue Jasmine di Woody Allen8. Jimmy Bobo di Walter Hill9. Il caso Kerenes di Calin Netzer10. Che strano chimarsi Federico di EttoreScola

I primi tre come esempi di cinemamutante, rizomadico, nomade. Ilpassatoper la superba scrittura di scena. Lagrande bellezza all'unico registaitaliano capace oggi di sbagliare un film

1. Django Unchained di Quentin Tarantino2. Sole a catinelle di Gennaro Nunziante3. The Canyons di Paul Schrader4. Inside Llewyn Davis dei Coen5. La vie d'Adèle di Abdellatif Kechice6. Sacro Gra di Gianfranco Rosi7. Only Lovers Left Alive di Jim Jarmusch8. Behind the Candelabra di StevenSodenbergh9. Pacific Rim di Guillermo Del Toro10. Lo Hobbit: La desolazione di Smaug diPeter Jackson.

1. Django Unchained di QuentinTarantino2. Le streghe di Salem di Rob Zombie3. Qualcuno da amare di AbbasKiarostami4. Il Grande Gatsby di Baz Luhrmann5. L'image manquante di Rithy Panh6. To the Wonder di Terrence Malick7. Pacific Rim di Guillermo Del Toro8. Redemption di Miguel Gomes9. Age is... di Stephen Dwoskin10. La danza de la realidad di AlejandroJodorowski

1. Venere in pelliccia di Roman Polanski2. Gravity di Alfonso Cuaron3. Via Castellana Bandera di EmmaDante4. Amore Carne di Pippo Delbono5. Sacro GRA di Gianfranco Rosi6. Thor: The Dark World di Alan Taylor7. Su Re di Giovanni Columbu8. Hunger Games: la ragazza di fuoco diFrancis Lawrence9. Rockshow - Paul McCartney and Wingsdi Paul McCartney10. L'ultimo imperatore in 3D diBernardo Bertolucci

La classifica considera solo i filmregolarmente distribuiti ed esclude il

miglior film visto quest'anno vincitoredella Settimana della critica aVenezia: Razredni sovraznik (ClassEnemy) di Rok Bicek. Menzioni sparseper Viva la libertà, Razzabastarda, Uncastello in Italia, L'arte dellafelicità, e almeno altre due decine dititoli tra doc, opere liriche,videoclip, corti. Tra le uscite in dvd: il«tuttobélatarr» della eyedivision, il «tuttobergman». In edicola:Identikit di Giuseppe PatroniGriffi, Glenn Gould the Russian Journey diYosif Feyginberg. Infine Ilfilm del secolo di Rossana Rossanda conMariuccia Ciotta e RobertoSilvestri, lapiù bella «pellicola scritta» del 2013

1. Leviathan di Lucien Castaing-Taylorand Verena Paravel2. The Wind Rises di Miyazaki Hayao3. The Tale of Princess Kaguya diTakahata Isao4. Theater 1 di Soda Kazuhiro5. Theater 2 di Soda Kazuhiro6. The Horses of Fukushima diMatsubayashi Yojyu7. Sky Fall di Sam Mendes8. A Fairy Tale di Fukuma Kenji9. Symbiopsychotaxiplasm di WilliamGreaves (1968)10. Fighting Soldiers di Kamei Fumio(1939)

Leviathan è l'opera capitale vista durantequesto 2013, visioni che abitano lasoglia, i limiti. Film ipnotico che rompe icardini spaziali dis-orientando come inpassato aveva saputo fare solo forse LaRégion Centrale di Micheal Snow,aperte nuove piste d'esplorazione per ildigitale. Poi i due lavori di Miyazaki eTakahata, con una predilezione perquest'ultimo che a 78 anni suonatirealizza un capolavoro di storytelling esperimentazione visiva. The Horses ofFukushima e Theater 1-2 perchè lavori didue fra i più interessanti documentaristinipponici. Sky Fall per l'eccezionalefotografia, A Fairy Tale perchè Fukumacerca una simbiosi tra digitale e poesia.Symbiopsychotaxiplasm e Fighting Soldiersle due magnifiche (ri)scoperte.

1. Art Berkeley di Fred Wiseman2. Spring Breakers di Harmony Korine3. Gravity di Alfonso Cuaron4. Her di Spike Jonze5. Before Midnight di Rochard Linklater6. The Canyons di Paul Schrader7. The Unknown Known di Errol Morris8.Computer Chess di Andrew Bujalski9. Rush di Ron Howard10. American Hustle di David O. Russell

Subito dopo: Upstream Color, BlueJasmin, Fruitvale Station, Nebraska,The Worlds' End, Pacific Rim, MelissaMcCarthy in The Heat e Identity Thief,Roberto Minervini per The Passage, LowTide e Stop The Pounding Heart,James Franco per Child of God e Palo Alto

1. Trudno byt' bogom (È difficile esseredio) di Aleksej Jurevich German2. No di Pablo Larrain3. La moglie del poliziotto di PhilipGroning4. Las niñas Quispe di SebastianSepulveda5. Spring Breakers di Harmony Korine6. Django Unchained di QuentinTarantino7. La jalousie di Philippe Garrel8. Anja, la nave di Roland Sejko9. The Canyons di Paul Schrader10. Venere in pelliccia di Roman Polanski

E, rivisto a Venezia, Il mio amico IvanLapshin di Aleksej J. German

(in ordine sparso, dimenticandoqualcosa di importante, senza averevisto La jalousie di Philippe Garrel)1. Alberi – cine-installazione diMichelangelo Frammartino (al Manzonidi Milano)2. Behind the Candelabra di StevenSoderbergh3. At Berkeley di Frederick Wiseman4. Die andere Heimat di Edgar Reitz5. Pays Barbare di Angela RicciLucchi-Yervant Gianikian6. L’inconnu du lac di Alain Guiraudie7. The Wind Rises di Hayao Miyazaki8. The Canyons di Paul Schrader9. A Spell to Ward off the Darkness diBen Rivers&Ben Russell10. North - The End of the History

di Lav Diaz

E: la grana desiderante della pellicolache si srotola sulla leggerezza dei corpidi Paolo Gioli in Natura obscura eTessitura calda, lo spaesamentodell’umano in Gravity di Alfonso Cuaron,il piano sequenza di Amos Gitai in AnaArabia, i frammenti di una storia segretain Primitive – installazione diApichatpong Weerasethakul (HangarBicocca, Milano)Venere in pelliccia di Roman Polansky,Educaçao Sentimental di JulioBressane, Nell’anno del digitale, laparola diventa immagine, e crea altrimondi. Only Lovers Left Alive (JimJarmush)

1. Django Unchained di QuentinTarantino2. Viaggio sola di Maria Sole Tognazzi3. Miele di Valeria Golino4. Now you see me di Louis Leterrier5. The spirit of '45 di Ken Loach6. Gravity di Alfonso Cuaron7. Il passato di Asghar Farhadi8. Salvo di Fabio Grassadonia, AntonioPiazza9. Philomena di Stephen Frears10. American Hustle di David O. Russell

1. Stop the Pounding Heart di RobertoMinervini2. Materia Oscura di Martina Parenti eMassimo d'Anolfi3. Su Re di Giovanni Columbu4. The Canyons di Paul Schrader5. Il grande e potente Oz di Sam Raimi6. Lo sconosciuto del lago di AlainGiraudie7. Pacific Rim di Guillermo Del Toro8. Facciamola finita di Evan Goldberg eSeth Rogen9. Dietro i candelabri di StevenSoderbergh

Dieci non usciti in sala1. Norte, the end of History di Lav Diaz2. Les rencontres d’après minuit di YannGonzalez3. Her di Spike Honze4. Der Unfertige di Jan Soldat5. Historia de la meva mort di Albert Serra6. Revolution Zendj di Tariq Teguia7. Rangbhoom di Kamal Swaroop8. Snoepiercer di Bong Joon-ho9. Young Detective Dee: Rise of the SeaDragon di Tsui Hark10.Only Lovers left Alive di Jim Jarmush

film

1. Wolf of Wall Street di Martin ScorseseCrepuscolo del capitale dal regista diGoodfellas2. Her di Spike JonzeFuturo prossimo Fantaromantico3. Nebraska di Alexander PayneGrande Bruce Dern4. All is Lost di J.C. ChandorRedford naufrago5. Tian zhu ding di Jia Zhangke

Quattro cartoline noir da una nuovaCina inquietante6. Kaze Tachinu di Hayao MiyazakiLa poesia in due dimensioni7. The Canyons di Paul SchraderBrett Easton Ellis accompagna Schradernella sua LA nichilista8. Palo Alto di Gia CoppolaCoppola di terza generazione adattaJames Franco9. Under The Skin di Jonathan GlazerSci fi algido e piovoso10. Dirty Wars di Rick Rowley, JeremyScahillIl Doc dell’era delle sporche guerresegrete

Senza nessun ordine:1. Pacific Rim di Guillermo Del Toro2. Gravity 3D di Alfonso Cuaron + ilsalto nel vuoto di Felix Baumgartner(Headcam)3. La jalousie di Philippe Garrel +Cinématon #2735- Ari Boulognedi Gérard Courant4. Pays Barbare di Yervant Gianikiane Angela Ricci Lucchi5. Feng Ai/'Til Madness Do Us Apartdi Wang Bing6. Zero Dark Thirthy di Kathryn Bigelow7. Venus in Furs di Roman Polanski8. L'inconnu du lac di Alain Giraudie9. The Conjouring di James Wan10. Behind the Candelabra di StevenSoderbergh+ Onça Geometrica di Joao MariaGusmao, Pedro Paiva - installazioneGalleria Zero MilanoUn libro: Morton Feldman, Pensieriverticali (Adelphi)Un album: Toy, Join The Dots

In ordine tassativoo in ordine sparso, vistiin sala o nei festival

1. Inside Llewyn Davis di Ethan e JoelCohen2. 12 Year a Slave di Steve McQueen3. Frances Ha di Noah Baumbach4. The Canyons di Paul Schrader5. Piccola patria di Alessandro Rossetto6. The Act of Killing diJoshuaOppenheimer7. The Pervetrt's Guide to Ideology diSophie Fiennes8. In the Wonder di Terrence Malick9. Gravity di Alfonso Cuaron

LE CLASSIFICHE 2013

(5)ALIAS28 DICEMBRE 2013

THOMAS MARTINELLI

NICOLA FALCINELLA

FABRIZIO GROSOLI

ALESSANDRO CAPPABIANCA

CECILIA ERMINI

SERGIO M. GERMANI

RITA DI SANTO

BRUNO DI MARINO

DONATELLO FUMAROLA

MASSIMO CAUSO

ROBERTO TURIGLIATTO

EUGENIO RENZI

EN 2013

1. Lincoln di Steven Spielberg2. The Canyons di Paul Schrader3. Skurstenis di Laila Pakalnina4. Only Lovers Left Alive di Jim Jarmush5. Dietro i candelabri di Steven Soderbergh6. La moglie del poliziotto di Philip Groning7. Sms. Save My Soul di Piergiorgio Curzi8. Une autre Vie di Emmanuel Mouret9. The Act of Killing di Joshua Oppenheimer10. Our Sunhi di Hong Sang-soo

Hors catégorie: le Costellazioni di HelgaFanderl e l'Attesa di un'Estate di MauroSantini Vecchie glorie: Le farò da padredi Alberto Lattuada e Narcisz és Psychédi Gabor Body

1. La bimba dal pugno chiuso di ClaudioDe Mambro, Luca Mandrile, UmbertoMigliaccio2. A liar's autobiography: the untrue story ofMonthy Python's di Graham Chapman,Bill Jones, Jeff Simpson, Ben Timlett3. The special need di Carlo Zoratti4. Stop the pounding heart di RobertoMinervini5. La grande bellezza di Paolo Sorrentino6. Viva la libertà di Roberto Andò7. Educazione siberiana di GabrieleSalvatores8. Tutti pazzi per Rose di Daniele Vicari

9. It's up to you di Kajsa Naess10. Miniyamba - Walking Blues di LucPerez,

Documentare la realtà, amplificarla,mostrarla per quello che non vorrebbeessere, rianimarla, meglio se conl'animazione, lunghi e corti. I miglioriitaliani per vincere fuggono all'estero,dove si fanno produrre e mostrare neifestival. Quelli bravi e intelligenti bsognaandarseli a cercare nei cinema d'essaisempre più chiusi e ristretti.Oppure scaricare

1. Lo sconosciuto del lago di AlainGuiraudie2. La fille de nulle part di Jean-ClaudeBrisseau3. Redemption di Miguel Gomes4. 11-25 The Day Mishima close his ownfaith (25 novembre, il giorno in cui Mishimaha scelto il proprio destino) di KojiWakamatsu5. La performance di Avi Mograbi eNoam Embar al Gymnase Jemmapes,Parigi, notte bianca.6. L'Ultimo degli ingiusti di ClaudeLanzmann7. Leviathan di Lucien Castagnan-Taylore Véréna Paravel

8. Dietro i candelabri di StevenSoderbergh9. House of Cards (E01-02) di DavidFicher10. Théorie du drone di GregoireChamayou, La Fabrique, 2013

Una lista di titoli troppo rari, miconsola che quasi tutto si trova o sitroverà su internet. Il libro diChamayou, che è un saggio politico masi divora quasi fosse un romanzo difantascienza (lo stesso dicasi per il filmdi Gomes), meritadi essere tradotto, come tutto quelloche pubblica l'editore Eric Hazan.

Devo citare prima di tutto quattro filmche non avevo fatto in tempo a vederenel 2012: Django Unchained di QuentinTarantino, Lincoln di Steven Spielberg,Flight di Robert Zemeckis, The Act ofKilling di Joshua Oppenheimer. Poi i 10,in ordine di visione:1. Ana Arabia di Amos Gitai2. La jalousie di Philippe Garrel3. Sacro GRA di Gianfranco Rosi4. The Grandmaster di Wong Kar-wai5. Dietro i candelabri di Steven Soderbergh6. Hard to be a God di Aleksej J. German7. Venere in pelliccia di Roman Polanski8. Ledernier des injoustesdiClaudeLanzmann9. The Canyons di Paul Schrader10. Stop the Pounding Heart di RobertoMinervini

1. L'image manquante di Rithy Pahn2. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche3. It's Hard To Be a God di AlekseiGerman sr.4. Stray Dogs di Tsai Ming Liang5. E agora? Lembra-me - What Now?Remind Me di Joaquim Pinto6. No di Pablo Larrain7. Lincoln di Steven Spielberg8. Django Unchained di QuentinTarantino9. Il tocco del peccato di Jia Zhang-ke10. The Act of Killing di JoshuaOppenheimer

In un'annata con tanti ottimi film, sia vistinei festival sia usciti in sala, è arduosceglierne dieci. Manca secondo me unoitaliano di quel livello. Segnalo Sangue diPippo Delbono e La mafia uccide solod'estate di Pif, che han trovato chiavioriginali e rischiose (e divergenti traloro) nel trattare temi ostici della nostrasocietà. Rappresentano i cineasti cheesplorano in forme nuove il reale e gliesordienti (ricordo anche ValeriaGolino e Matteo Oleotto) e che sonostati i segni migliori lasciati dal nostrocinema nel 2013.

1. The Canyons di Paul Schrader2. Most Dangerous Man Alive di Allan Dwan3. Lincoln di Steven Spielberg4. Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow5. Bhowani Junction (Sangue misto)di George Cukor6. Urla mute di Alessandra Vanzie Alberto Grifi7. Beggars of Life di William A. Wellman8. Dilis ati tsuti (Dieci minuti al mattino)di Aleqsandre Jaliashvili9. Too Much Johnson di Orson Welles10. Amore mio di Raffaello Matarazzo

Mi sorprendo a trovare nella lista unforte filo nel rapporto tra corpo e politica:Bigelow, Cukor e Grifi-Vanzi creanopressoché un trittico, e lo Schrader conLindsay Lohan, il Wellman con LouiseBrooks, lo Spielberg della parola(rosselliniana-dreyeriana), il georgianoginnico e il Welles acrobatico liestendono. I sublimi ultimi Dwan eMatarazzo sanciscono che il cinema piùinattuale è il più lungimirante. Ho preferitoescludere i film presentati a I mille occhi,mentre le riscoperte di Pordenone,Bologna e Locarno si rivelano film delfuturo, non certo di un passato in cuinon trovarono tutti gli sguardi possibili.E sono certo che Matarazzo, Wellman,Castellazzi e altri saranno anche tra igrandi cineasti del 2014.

1. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche2. Venere in pelliccia di Roman Polanski3. Il caso Kerenes di Calin Netzer4. Il tocco del peccato di Jan Zhang-ke5. The Act of Killing di Joshua Oppenheimer6. Broken Circle Breakdown di Felix VanGroeningen (Berlino)7. L'image manquante/The missing Picturedi Rithy Panh (Cannes)8. Pays Barbare di Yervant Giainikian eAngela Ricci Lucchi9. Stray Dogs di Tsai Ming-Liang (Venezia)10. Ida di Pawel Pawlikowski (Torino)

(senza ordine)1. Tokyo Kazoku / Tokyo Family di YojiYamada2. Trudno byt' bogom / Hard to be aGod di Aleksej German3. Zanji Revolution di Tariq Teguia4. Norte, the end of the History di LavDiaz5. Zero Dark Thirty (Kathrin Bigelow)insieme a Lincoln (Steven Spielberg),Django unchained (Quentin Tarantino)e The Unknown Kown (Errol Morris)6.The Three Disasters (Jean-LucGodard) e Pays barbare (YervantGianikian e Angela Ricci Lucchi)7. Já visto jamaís visto di AndreaTonacci8. Natura obscura e Tessitura calda diPaolo Gioli9. Too Much Johnson di Orson Welles10. Educação sentimental di JulioBressane11. The Canyons di Paul Schrader12. Se Eu fosse Ladrão...Roubava diPaulo Rocha13. A vida invisível di Vítor Gonçalves14. La jalousie di Philippe Garrel15. Lo sconosciuto del lago di AlainGuiraudie16. Spring Breakers di HarmonyKorine17. At Berkeley di Frederick Wiseman

Le 10 migliori opere audiovisive, inordine sparso1. Die Andere Heimat di Edgar Reitz(lungometraggio a soggetto)2. Storia di Sammontana di VirgilioVilloresi (spot di animazione)3. The Stars (Are Our Tonight) di FloriaSigismondi (music video)4. Doctor Fabre Will Cure You di PierreCoulibeuf (fiction sperimentale)5. Summer 82 When Zappa Came toSicily di Salvo Cuccia (documentario)6. Natura Oscura di Paolo Gioli (filmsperimentale)7. Drew di Lisa Gunning (music video)8. Salvo di Grassadonia e Piazza(lungometraggio a soggetto)9. La Vie d'Adèle di Abdellatif Kechiche10. Movie Drome Interior di StanVanderbeek(installazione 1965 riallestitaalla Biennale di Venezia 2013)

1. Sacro Gra di Gianfranco Rosi2. The Act of Killing di JoshuaOppenheimer3. 12 Years a Slave di Steve McQueen4. The Canyons di Paul Schrader5. Il tocco del peccato di Jia Zhang-Ke6. The Wolf of Wall Street di MartinScorsese7. Venere in Pelliccia di Roman Polanski8. La vie d'Adèle di Abdellatif Kechiche9. The Selfish Giant di Clio Barnard10. American Hustle di David O. Russell(dieci geografie sentimentali)

1. Educaçao sentimental di Julio Bressane2. Pays barbare di Yervant Gianikian eAngela Ricci Lucchi3. Hotel de l'univers di Tonino DeBernardi4. E agora? - Lembra-me di JoaquimPinto5. Emmaus di Claudia Marelli6. Marx tra di noi di Jurij Meden7. An investigation on the night that won'tforget di Lav Diaz8. Antropologhia di Malastrada9. Un compte de Michel de Montaigne diJean-Marie Straub10. Trudno byt' bogom di AleksejGuerman

I più vicini, in senso 'fisico'. Che poi, insenso 'politico', direi Tarantino,Schrader, Polanski, Kim Ki-duk,Guiraudie, Wiseman, Wang Bing, Tsai,Guy Lumbera, Teguia, Ferraro,Makhmalbaf, Reitz, Gitai, Loznitza,Minervini, Jarmush e l'incredibile Gravity.

1. Redempion di Miguel Gomez2. Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow3. After Earth di M. Night Shyamalan4. Flight di Robert Zemeckis5. Qualcuno da amare di AbbasKiarostami6. Stop the Pounding Heart di RobertoMinervini7. Lo sconosciuto del lago di AlainGuiraudie8. Le streghe di Salem di Rob Zombie9. Norte, Hangganan Ng Kasaysayan(Norte, The End Of History) di Lav Diaz10. Venere in pelliccia di Roman Polanski

(6) ALIAS28 DICEMBRE 2013

LUCA GUADAGNINO

DONALD RANVAUD

FABRIZIO GROSOLILUIGI ABIUSI

MARIA GROSSO

FEDERICO ERCOLE

ROBERTO TURIGLIATTO

RITA DI SANTO

FRANCESCO MAZZETTA

ALBERTO CASTELLANO

videogame

1. Materia oscura di Massimo D'AnolfiMartina Parenti2. Facing mirrors di Negar Azarbayjani3. Salvo di Fabio Grassadonia AntonioPiazza4. Un giorno devi andare di GiorgioDiritti5. Un chateau en Italie di Valeria BruniTedeschi6. Gloria di SebastiánLelio7. Zero dark thirty di Kathryn Bigelow8 Arrugas di Ignacio Ferreras9 Il passato di Asghar Farhadi10 Japan lies di Saburo Hasegawa

L'ordine non è fisso ma dinamico. Sututto l'aver potuto rivedere al cinemaTo Be or not to Be di Ernst Lubitsch.Ricorderò la visione con mia figlia de Lamafia uccide solo d'estate di PierfrancescoDiliberto.

(senza ordine)1. Tokyo Kazoku / Tokyo Family di YojiYamada2. Trudno byt' bogom / Hard to be a Goddi Aleksej German3. Zanji Revolution di Tariq Teguia4. Norte, the end of the History di Lav Diaz5. Zero Dark Thirty (Kathrin Bigelow)insieme a Lincoln (Steven Spielberg),Django unchained (Quentin Tarantino) eThe Unknown Kown (Errol Morris)6.The Three Disasters (Jean-Luc Godard)e Pays barbare (Yervant Gianikian eAngela Ricci Lucchi)7. Já visto jamaís visto di Andrea Tonacci8. Natura obscura e Tessitura calda diPaolo Gioli9. Too Much Johnson di Orson Welles10. Educação sentimental di JulioBressane11. The Canyons di Paul Schrader12. Se Eu fosse Ladrão...Roubava di PauloRocha13. A vida invisível di Vítor Gonçalves14. La jalousie di Philippe Garrel15. Lo sconosciuto del lago di AlainGuiraudie16. Spring Breakers di Harmony Korine17. At Berkeley di Frederick Wiseman

TOP TEN 2013

In ordine sparso (e sononecessariamente più di 10):1. La jalousie di Philip Garrel2. Stray Dogs di Tsai Ming Liang3. Her di Spike Jonze4. The Wind Rises di Hayao Miyazaki5, Home from home -- Chronicle of a visiondi Edgar Reitz6. Medeas di Andrea Pallaoro7. I am not him di Tayfun Pirselimoglu8. La vita invisibile di Vitor Goncalves9. I corpi estranei di Mirko Locatelli10. Dietro i candelabri di Steven Soderbergh11. In Another Country di Hons Sang-soo

12. Historia de la meva mort di AlbertSerra13. L'inconnu du lac di Alain Guiraudie14. Stop the Pounding Heart di RobertoMinervini

Due cose italiane: Minervini si confermail maggior talento che abbiamo (anchese vive in Texas); a cui è adiacentePallaoro, anche solo per simili vicended'espatrio. E poi c'è Locatelli con un filmsorprendente e bellissimo, in cui leimmagini germinano (si presentano e siraccontano da sè) ambiguamente.

1. Lunchbox di Ritesh Batra2. Metro Manila di Sean Ellis3. The Last Emperor 3D di BernardoBertolucci4. Lech Walesa - Man of Hope di AndrzejWajda5. Nebraska di Alex Payne6. La grande bellezza di Paolo Sorrentino7. Miele di Valeria Golino8. The Verdict di Jan Verheven9. A Nagy Fuzet (Le grand cahier) di JanosSzasz10. Thirst di Dimitry Tyurin

Mi accorgo che questi film hanno incomune una simbiosi totale di regista eprotagonista e mi sorprende anche ilfatto che ci siano molti italiani nella lista,spero sia di buon augurio. Ovviamentenon li includo, ma vorrei segnalarealmeno i miei due film Las mariposas deSadourni di Dario Nardi (Argentina), cisono voluti dieci anni per farlo, migliorregia a Guadalajara e Sta per piovere diHaider Rashid uscito nel momentodelle discussioni più accese sullo «jussoli»

film

1. Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow2. Django Unchained di QuentinTarantino3. The Master di Paul Thomas Anderson4. La migliore offerta di GiuseppeTornatore5. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche6. Miss Violence di Alexandros Avranas7. Venere in pelliccia di Roman Polanski8. Giovane e bella di François Ozon9. Il passato di Asghar Farhadi10. Il tocco del peccato di Jia Zhang-KeIn ordine sparso

1. La vita di Adele di Abdellatif Kechiche2. Venere in pelliccia di Roman Polanski3. Il caso Kerenes di Calin Netzer4. Il tocco del peccato di Jan Zhang-ke5. The Act of Killing di JoshuaOppenheimer6. Broken Circle Breakdown di Felix VanGroeningen (Berlino)7. L'image manquante/The missing Picturedi Rithy Panh (Cannes)8. Pays Barbare di Yervant Giainikian eAngela Ricci Lucchi9. Stray Dogs di Tsai Ming-Liang (Venezia)10. Ida di Pawel Pawlikowski (Torino)

Dieci sono sempre troppo pochi,considerando che nel 2013 ho finito piùdi trenta giochi e termino solo quelliche amo davvero. Tra questi MonsterHunter 3 Ultimate è ancora dacompletare, ma sono a trecento ore e,da solo, ho raggiunto il sesto grado dicacciatore nelle missioni della Gilda,pensate per essere cooperative.La classifica non è in ordine di meritotranne il primo posto. O forse sì. Inogni caso ho optato per tanti parimerito per non rischiare di escluderenessun preferito.Non cito remake eccellenti come TheLegend of Zelda Windwaker, KingdomHearts HD, Deus ex Human RevolutionWii U, Deadly Premonition, la riedizionein “pacchetto” di The Walking Dead eDiablo 3 per Playstation 3. Non mettonella lista Animal Crossing New Leafperché non è un videogioco ma unavera dimensione parallela.The Last of UsGrand Theft Auto V e Ni No KuniBravely Default e Legend of Zelda LinkBetween WorldBioshock Infinite e Super Mario 3D WorldMonster Hunter Ultimate e Metal GearRisingRayman Legends e BeyondPuppeteer e DmCPikmin 3 e Tomb RaiderTearaway e Assassin’s Creed IV Black FlagDead Space 3 e Dragon’s CrownMario & Luigi Dream Team e TheWonderful 101Pokemon X e Metro Last LightBatman Arkham Origins e Luigi’s Mansion2Fire Emblem Awakening e SkylandersSwap Force (con mio figlio)Remember Me e Tales of XilliaMa non è finita qui! Siccome la vecchiagenerazione di console ufficialmente siesaurisce con l’avvento della nuovemacchine ecco i miei quattordici giochi,con 2 extra-bonus, dell’era Playstation3, XBox 360, Wii.The Last of UsDark SoulsRed Dead RedemptionLost OdisseyMetal Gear Solid IVThe Witcher 2BayonettaGrand Theft Auto VHeavy RainNi No KuniCastlevania Lords of ShadowLegend of Zelda Skyward SwordUncharted 2Star Ocean The Last HopeJohnWoo’s StrangleholdBonus: Limbo e JourneyBonus 2: Brutal Legend e Vanquish

1. Sacro Gra di Gianfranco Rosi2. The Act of Killing di JoshuaOppenheimer3. 12 Years a Slave di Steve McQueen4. The Canyons di Paul Schrader5. Il tocco del peccato di Jia Zhang-Ke6. The Wolf of Wall Street di MartinScorsese7. Venere in Pelliccia di Roman Polanski8. La vie d'Adèle di Abdellatif Kechiche9. The Selfish Giant di Clio Barnard10. American Hustle di David O. Russell

I dieci giochi dell’anno (in rigorosoordine alfabetico):1. 400 Years di Scriptwelder(http://armorgames.com/play/14662/)Cosa può fare una pietra per salvare ilmondo se non utilizzare il tempo a suadisposizione? Intelligente, indie edecologista.2. Assassin’s Creed IV: Black Flag diUbisoft Montreal (Ubisoft)Normalmente non sono un fan dellasaga ma l’ultimo episodio si poneabbastanza fuori dal corso da agganciarechiunque ami una solida avventurapiratesca.3. Beyond: Due Anime di Quantic Dream(Sony) Forse troppo poco videogiocoper alcuni ma sicuramente una provad’autore, convincente e soprattuttocoinvolgente.4. BioShock Infinite di Irrational Games(2K Games) Ken Levine riprende inmano la sua creatura e inventa unpersonaggio potente ed indimenticabilecome Elizabeth che da sola riesce a farcidimenticare che si tratta di un gioco incui si deve sparare.5. DmC Devil May Cry di Ninja Theory(Capcom) Tra i varireboot/prequel/riproposizioni più omeno originali, riprendo qui quelladedicata al più paraculo del mucchio,non magari il più bello, ma senz’altroquello con più stile!6. Grand Theft Auto V di Rockstar North(Rockstar Games) Anche solo per fardispetto a quelli che ancora la menanocon la violenza nei videogiochi…7. The Last of Us di Naughty Dog (Sony)Solitamente non amo gli zombie, maquesto è il gioco adatto – di un’intensitàincredibile – per farmi ricredere.8. Metro: Last Light di 4A Games (KochMedia) Prosegue la saga di Metro in ungioco che riesce a farci provare –ancora – la claustrofobia dell’apocalisseatomica.9. noitcelfeR 2 di Sims5000(http://armorgames.com/play/14673/)Semplicemente una meraviglia diplatform non solo da giocare ma dacreare e condividere.10. Tom Clancy’s Spliter Cell: Blacklist diUbisoft Toronto (Ubisoft) Menzioneparticolare per il multiplayercooperativo che consente di diventareveri e propri “pard” sul campo dibattaglia.

1. L'inconnu du lac di Alaine Guirauide2. Los amantes pasejeros di PedroAlmodovar3. Behind the candelabra di StevenSodebergh4. Seventh code di Kyoshi Kurosawa5. The wind rises di Ayao Myazaki6. Tir di Alberto Fasulo7. Paradise Faith/Paradise Hope di UlrichSeidl8. L'image manquant di Rithy Pahn9. A touch of sin di Jia Zangke10. Norte, Hangganan Ng Kasaysayan diLav Diaz

(7)ALIAS28 DICEMBRE 2013

INTERVISTA ■ MAX GALLOB E NICOLA SACCON DI «SPORT ALLA ROVESCIA»

Finalmente da oggigioco anch’io:abolito l’articolo 40di PASQUALE COCCIA

●●●L’articolo 40, comma 11 e11 bis è abolito. Detta così,sembra una delle tante noteburocratiche che invadono lesedi delle associazioni sportive,costrette a districare nelcomplesso mondo degli obblighinormativi e burocratici. La notaemanata dalla Federazioneitaliana gioco calcio (Figc), ha unvalore storico perché apre leporte a tutti i figli di immigratiextracomunitari, che nonpotevano calcare i campi dicalcio perché non sono cittadiniitaliani, né possono fare richiestafino all’età di 18 anni. Una normadiscriminatoria, che di fattoescludeva gli extracomunitari diseconda generazione da qualsiasipossibilità di partecipare aicampionati di calcio delle serieminori fino alla maggiore età.Protagonisti della battaglia perl’abolizione della norma sonostate una serie di associazionisportive e palestre popolari chefanno riferimento ai centri socialidi tutta Italia e si ritrovano sotto ilcartello di Sport alla Rovescia. Aipromotori di questa battagliaabbiamo chiesto di spiegarci qualè stato il loro percorso di lotta,che ha messo fuori gioco la Figc,e di fatto spinto ad abolire lanorma discriminante verso igiovani extracomunitari.

«Il percorso politico delleesperienze dei centri sociali adifesa dei migranti ci ha portati aindividuare lo sport come terrenopiù facile per portare avanti lalotta sui diritti negati agliextracomunitari - dice MaxGallob attivista di Sport allaRovescia – e a gennaio del 2012tutte le polisportive di calcio,volley, rugby, cricket, cheavevano come comunedenominatore l’impegno politicosu questo fronte, si sono ritrovatead Ancona, e uno dei primielementi emersi è stata ladifficoltà di accesso allo sport da

parte degli extracomunitari, inparticolare ai campionati dicalcio indetti dalla Figc.Decidemmo di studiare iregolamenti delle variefederazioni e di promuovere intutta Italia campagne di denunciaper la modifica delle normediscriminatorie, accompagnateda appelli ad associazioni edirigenti di società sportive dibase, per il diritto allo sport degliextracomunitari, perché lo sportaiuta a superare le barriererazziali. Chiedevamo perché ibambini giocano a calcio tra loroal di là del colore della pelle edopo non possono?».

Al convegno di Anconaaderirono 15 polisportiveprovenienti da Napoli, Bologna,

Roma, Parma, Rimini, Trieste,Vicenza, Padova, Taranto,Venezia e Torino. Le polisportiveavendo più squadre, impegnatein diverse discipline non silimitarono ai semplici appelli,durante i campionati esponevanostriscioni a sostegno del dirittoallo sport dei ragazziextracomunitari e con azioni divolantinaggio denunciavanonello specifico tutte le normediscriminatorie contenute nelledisposizioni delle variefederazioni sportive. Lepolisportive aderenti a Sport allaRovescia, all’interno del loropercorso di lotta, hannoorganizzato anche presentazionidi libri, convegni dibattiti emanifestazioni pubbliche sultema del diritto allo sport pertutti.

A maggio del 2012 le azioni dilotta di Sport alla Rovesciaricevono un largo consensoall’interno di una vasta platea:«Fummo invitati a Roma a unariunione della rete Fare (Footballagainst racism in Europe ndr),che si teneva in una salaadiacente a quella del Consigliodei ministri, tra i presenti ancheGiancarlo Abete, presidente dellaFigc, che nel suo intervento nonmancò di elogiare con belleparole le azioni del mondo delcalcio nostrano contro ilrazzismo. Intervenni subito dopoe smascherai l’ipocrisia di Abete,avevamo studiato lo statuto dellaFigc, e dissi che le norme checaratterizzavano quello statutoerano le più razziste d’Europa eche sarebbe stato bello se propriola sua federazione avesse dato unsegnale di controtendenza, fossestata la prima ad invertire larotta. Da parte della platea vi fuun lungo applauso, la mascheradi Abete era caduta, il presidentedella Figc venne a cercarci voleva

parlare e rabbonirci, gli dicemmoche la nostra denuncia sarebbeproseguita e che lo avremmogiudicato dai fatti».

Le azioni di Sport alla Rovescianon si limitano alla denuncia neiconfronti dei dirigenti della Figccome Giancarlo Abete, che nullafanno per favorire l’integrazioneattraverso lo sport degliextracomunitari, e nell’autunnodel 2012 promuovono lacampagna «Gioco anch’io» checonsente ai giovaniextracomunitari di giocare acalcio nei tornei promossi dallepolisportive dei centri sociali. ANapoli organizzano il torneo dicalcio 3 contro 3, a Bolognasquadre di calcio a 11, a Padova iltorneo di calcio a 5 e a Vicenzapartecipa al torneo una squadra,la Porcenese, costituitainteramente da calciatoriextracomunitari di Porcen inprovincia di Belluno, dove la Legaha consensi pari al 98%, ma queiragazzi parlano tutti i dialettoveneto, tanto è il tempo in cuirisiedono in Italia. E se queicalciatori dalla pelle scurapossono giocare nei tornei indettiin tutta Italia dalle polisportiveaderenti a Sport alla Rovescia,perché mai non potrebbero farlonei campionati organizzati dallaFedercalcio?

A dicembre del 2012 i ragazzidelle polisportive di Sport allaRovescia si presentano aipresidenti dei rispettivi comitatidella Figc delle regioni in cuioperano maggiormente Veneto,Marche, Emilia Romagna eCampania: «Erano presidentiappena eletti ai quali facemmopresente la necessità di abolireuna serie di articoli e con nostragrande sorpresa trovammo unacerta disponibilità - continuaMax Gallob - ma ci chieseroanche se in caso contrarioavremmo alzato il tiro.Rispondemmo loro che con tuttele nostre squadre ci saremmoiscritti ai campionati della Figc eavremmo fatto giocare nel corsodelle partite extracomunitari chenon avevano la cittadinanzaitaliana, sostituendoli con gliitaliani, in questo modoavremmo fatto saltare l’impiantodiscriminatorio che era alla basedelle norme dell’organizzazionedei campionati. Aggiungemmoche ce ne saremmo ampiamente

fregati delle sanzioni disciplinarie delle partite perse a tavolino».

Guidati da Nicola Saccon, unpool di avvocati aderenti all’Asgi,che nulla ha a che fare con icentri sociali, mette adisposizione le propriecompetenze, perché vuoleribadire che quellediscriminazioni cui sono soggettigli extracomunitari non hannoragione di esistere e lo sport è undiritto di tutti. Gli avvocatistudiano nei particolari gli statutidi ogni singola federazione etutte quelle normediscriminatorie che vietanol’accesso ai ragazzi di colore, lapartecipazione ai campionatipromossi dalle federazioni delConi: «Le maggiori difficoltàerano costituite dalle norme cheprevedevano per i ragazzi chegiocavano il permesso disoggiorno valido fino a giugno.Chi lo aveva fino a marzo nonpoteva giocare, gran parte deltempo, circa 5 mesi andava viaper il rinnovo, saltavano sempre iprimi mesi di campionato –afferma Nicola Saccon animagiuridica di Sport alla Rovescia-la prima domanda che ci siamoposti è stata «perché la Figcchiede il permesso di soggiorno?Non può farlo, è illeggittimo». Unaltro problema riguardava iragazzi che avevano già giocatoall’estero, come nel caso di duefratellini rumeni, che avevanodisputato il torneo «pulcini» inRomania, in questo caso solouno può giocare in una squadra,le norme Figc prevedono chenon possano giocare in due.Oltre al calcio anche gli statutidelle altre federazioni sonodiscriminatori, per esempioquello della federazione dipallavolo o di pallacanestro, cheimpongono limiti numerici allapresenza di extracomunitari insquadra. Una ragazza chegareggiava nel nuotosincronizzato non ha potutopassare di categoria per lapresenza di altre ragazzeextracomunitarie sottoposte allimite numerico. All’estero inGermania, Francia, Inghilterra, iragazzi extracomunitari diseconda generazione giocanonelle nazionali giovanili, qui nonè possibile». E alla Figc comehanno reagito? «Hanno abolitol’articolo 40, come avevamochiesto, ma continueremo atenerli d’occhio, la nostrabattaglia non è finita, dopo ilcalcio si sposterà sugli altri sporte le loro federazioni» concludeSaccon. Sport alla Rovesciaquesta volta ha saputo rovesciareil Palazzo del calcio.

L’azione vittoriosa condottadall’associazione «Sport allarovescia» per consentireagli extracomunitari l’accesso,finora negato, ai campionati

DISCRIMINAZIONE

SPORT

Foto di Giacomo Carlotto

(8) ALIAS28 DICEMBRE 2013

DI VINCENZO MATTEIADDIS ABEBA

●●●Eredità, questo potrebbeessere lo slogan con il qualeetichettare Mulugeta Gebrekidan.Il percorso storico dell’Etiopia siritrova nelle sue foto, nei suoivideo, nei suoi quadri, nelle sueinstallazioni e nelle «azioni»politiche che porta avanti ad AddisAbeba per criticare l’azione delgoverno. La sua visione critica losmantellamento delle radici etiopi,prese d’assalto dalla speculazioneedilizia che, partendo dal suomodello da esportare (Dubai), edopo aver smembrato interecomunità urbane in MedioOriente, ora punta decisamenteverso il Sud, verso l’Africasubsahariana. Mulugeta ha fattomostre e performance inGermania, Usa, Angola, Senegal,Belgio, Italia, Sud Africa .... usandodiversi linguaggi artistici(http://mulugetart.tumblr.com/).Bounderies Bound è un quadro sutela avvolto da filo spinato cherappresenta le frontiere degliemigranti, dei rifugiati, di coloroche scappano dalla miserie edall’ingiustizia. Il video, dallostesso titolo dell’opera, neripercorre il momentodell’esecuzione; un frastuono divento e di tempesta fa dasottofondo, è il suono delledifficoltà oggettive e ambientaliche gli emigranti devonoaffrontare per arrivare adestinazione. Sul filo spinato cisono oggetti dilaniati e macchie dirosso, a rappresentare quei corpimutilati abbandonati alla morte.Boundaries, confini, linee didemarcazione che segnano ilnumero interminabile e sempreapprossimativo di gente che hapagato per il sogno di una vitamigliore. Chi ce l’ha fatta raccontadi torture, di stupri e di violenzenel carcere di detenzione in Libia,in Algeria e in Marocco. Unmessaggio forte quello diMulugeta, che grida nella sorditàdella comunità internazionale,incapace di affrontare unacalamità che non riguarda solol’Africa, ma un mondo interoimpreparato alle sfide del 21˚

secolo. È possibile ammirareBoundaries Bond presso il museodel CAM di Casoria (Napoli), dovel’artista è stato ospite di unacollettiva «africana». Il videoInside out è una denucia contro ipoteri speculativi che stannodistruggendo lo skyline di AddisAbeba. Interi quartieri sono statidistrutti, completamentesmantellati per far posto ad altipalazzi a specchio, senza alcunriferimento alla storia e allatradizione dell’Etiopia. Il video,completamente girato in mezzoalla distruzione lasciata daibulldozer delle compagnie dicostruzione, lega i fili e le vite ditre generazioni. Quella deglianziani, rappresentata da unuomo di colore ben vestito chelegge il giornale in mezzo allemacerie; finita la lettura l’uomo sitoglie gli occhiali, i suoi occhisono un pozzo nero indecifrabile,come indecifrabili sono icambiamenti intorno a lui.Seguono quattro ragazzi chemangiano una pizza su un tavolo,tra i resti di quella che una voltaera una pizzeria; sorridono allegri,incuranti della trasformazionedella città. «È infatti la nuovagenerazione che ha perso illegame con il passato, con lastoria del paese, con le suetradizioni e modi di vivere. Vuolela modernità, incurante di tuttequelle trasformazioni sociali checomporterà, vuole uno sviluppoincapace di portare avanti unbenessere collettivo», affermaMulugeta. L’ultima parte èdedicata a una coppia di giovaniche, seduta sul divano, guarda latelevisione in mezzo alle rovine.La donna è incinta, le manidell’uomo e della donnas’intrecciano sul pancione, sulfuturo del nascituro, sullagenerazione che verrà e su quelloche erediterà dall’attuale presente.Mulugeta non guarda solo al

sociale, ma attraverso la sua artedescrive il popolo etiope, e forsetutto il continente africano,proponendo usi e costumi dellavita quotidiana che non hannotempo e che rappresentano labase per costruire il futuro.

Nel corto Unity Mulugeta mettein risalto l’importanza dellacollaborazione tra uomini. Unacanoa ricavata scavando untronco di albero deve esseretrasportata dalla foresta fino alvicino lago di Wenchi, impresaimpossibile per un solo uomo.Ecco allora tutta la comunitàlocale, in segno di rispetto allatradizione, che si adopera pertrascinare il mezzo fino alle acquedel lago. La zattera sarà il mezzodi trasporto dell’intera collettivitàrurale per attraversare il lago, chealtrimenti, impiegherebbe quasidue giorni per percorrerlo a piedivia terra. Sono i suoni chespiazzano e trasportanol’osservatore. Un trasporto a voltecinico, a volte melodico. Lacostruzione del suono è la perlache mette in risalto la capacitàdell’artista di conoscere il propriolavoro, la dimestichezza con cuimaneggia le proprie opere e chelo rende un artista completo nelsuo campo. Non sono solo leinquadrature complessive adattrarre, ma anche la capacità difocalizzare su un volto,trasmettendo tutto il lato umanodella solitudine ma anche dellaforza di lottare. Come è il caso diYeshitila, un paraplegico chedipinge supino dal suo letto, o diSentayehu Teshale, un artigianodisabile che fa lavori dimanifattura con i propri piedi.Mulugeta ha la capacità didenunciare attraverso la poesiadelle immagini e dei colori.

●Che cosa ti ha spinto verso lapittura? E perché ti sei spostatosulla fotografia e i video?C’è solo un’Accademia di Belle Artiin Etiopia, ad Addis Abeba, nonavevo altra scelta che studiarepittura. Tuttora dipingo, anche semeno e in maniera differente.Prima volevo esprimere le mie ideeattraverso i quadri, ora no, miconfronto con la tela con la testalibera. Normalmente uso tele digrandi dimensioni, inizio adipingere, mi immergo e mi perdodentro il quadro fino a diventarneparte vivente, in una realtà a 3D.Solo alla fine scopro l’immaginecompleta. Con il tempo, volevo

qualcosa che andasse oltre la tela.La «piattezza» della tela stavadiventando una limitazione, cosìho iniziato a sperimentare con ilcollage, per avere più spessore, poiho aggiunto oggetti. Ad un certopunto ho sentito la necessità dimuovere verso i video, con i qualimi sono trovato subito a mio agioperché mi danno una libertàmaggiore, mi permettono diesprimere idee, di parlare dei valorie dei problemi sociali. Poi ci sonoaltre forme di arte più facili peresprimersi, come per esempio leperformance, perché sono spessoin un luogo pubblico e aperto, dovetutti possono partecipare,interagire e condividere.

●Perché «Boundaries Bound»?Il dipinto di Casoria è stato solo

il primo passo di uno svilupposuccessivo in cui il quadro èdiventato video e poiperformance. L’idea è quellarappresentare, l’impossibilitàdell’individuo di muoversi, diemigrare. Nel 2010 ho partecipatoalla biennale di Dakar con unlavoro simile a quello che èesposto a Casoria, in aggiuntavolevo fare una performance incui chiudevo l’entrata del museocon del filo spinato, indossavo ununiforme militare e imbracciavoun mitra vero ma scarico. Ilpresidente del Senegal dovevavenire per inaugurare l’aperturadella biennale. L’idea era quella disorprenderlo all’ingresso edichiarare: «Lei non ha ilpermesso di entrare, a meno che

non abbia un pass». Poi porre unaserie di domande, interrogandolo:«Perché è venuto in questomuseo? Che cosa è venuto a fare?…». Volevo fargli provare lasensazione di essere escluso.Quando si mette un quadro inmostra, l’osservatore lo assorbe inquel momento, ma spesso,appena uscito dal museo, sidimentica dell’immagine. Invece,sperimentando sulla propria pelleun’esperienza, anche solocostruita artificialmente, non èfacile dimenticarsene, la siassorbe fino al profondo.

●Mi racconti la performanceche hai fatto al centro di AddisAbeba vestito da statua?

[/VINT_RISPOST]«Internationalworkshop in Addis». Il progettos’incentrava sulla libertà diespressione degli artisti e sullacensura, perché spesso capita chein Etiopia venganoindiscriminatamente sequestratele camere fotografiche e cancellativideo e foto da parte della polizia.La nostra proposta si chiamavaWax and Gold (Cera e Oro), chenella tradizione etiopie significacriticare con ironia e velatamentel’autorità costituita. In Etiopia cisono molte piazze pubbliche chenon sono ben conservate, dovenon ci sono né sculture, néfontane … niente di niente.Alcune multinazionali hannosponsorizzato la rivalutazione diquesti luoghi pubblici e hannomesso i loro loghi permanenti,come se la piazza fosse un postoaddetto alla pubblicità. Purtroppoanche gli etiopi hannoincominciato a chiamare la piazzacon nome del brand che l’haristrutturata, senza pensare dinominarla con il nome di qualchepersonaggio famoso della nostrastoria. Ero vestito come una statuavivente, e sono stato trasportatocon un furgone alla piazza«Samsung». Molte personevedendomi hanno incominciato aseguirmi gridando se fossi Tedros(eroe etiope del 19˚ secolo, ndr). Ibambini hanno incomiciato arincorrere il camion. Quandosono arrivato alla piazza sonorimasto fuori, come se lo sponsorcommerciale mi avesse scalzatodal posto che mi competeva didiritto. Alla fine della performance

sono entranto nel giardinorecintato e tutti i bambini mihanno seguito entusiasti.

●Quale è il leit motiv delprogetto fotografico suiresettlement delle famiglie?C’è una massiccia costruzioneedilizia che sta avendo luogo adAddis Abeba, non ce ne rendiamoconto, ma stiamo perdendo inostri spazi vitali. Costruiscono datutte le parti, e le persone sonocostrette a essere ricollocateforzatamente in altri posti, adalcuni vengono dati rimborsimentre ad altri no. Quest’ultimiiniziano così a vivere sulla strada,in tende di buste, legno e cartoni.

Mulugeta segue delle famiglie,le fotografa nel mezzo delladesolazione cittadina con imonumenti della speculazioneedilizia alle spalle, modelli diricchezza impiantati nel mezzodella città che sradicanotradizioni, culture, consuetudiniabitative … identità. «Siamoquattro artisti che lavoriamo suicambiamenti di Addis Abeba. Iomi concentro su due famiglie e sudue bambine di 11 anni, Betti eJerry, che vivono in una tenda evanno a scuola, nel pomeriggiovendono gomme da masticare ofazzoletti in strada per aiutare ilbudget familiare. Le bambineappartengono alla città ma allostesso tempo no, come se fosserofantasmi, la loro identità èconfusa, sfumata»

●Come è la reazione dellapopolazione a questo «ModelloDubai» messo in atto in Etiopia?Perché hai girato il video«Inside out»?Contrastante. Gli architetti etiopi ele comunità come quella di B&J,sono completamente contrari aquesto modello speculativo dicostruzioni massive, perché lagente è cosciente di perdere la suaidentità. I costruttori cancellanotutto ed esodano la gente in unambiente completamente diversoche non coincide con il loro stile divita. Per esempio le famiglie di B&Jvivevano al centro della città,riuscivano a tirare avanti vendendopiccole cose per soddisfare ilfabbisogno quotidiano. Se vengonospostate fuori dalla città, in un

Attraverso la suaarte descriveil popolo etiope,proponendo usie costumi dellavita quotidianache rappresentanola base percostruire il futuro

In pagina: ritratto di MulugetaGebrekidan e alcune sue opere,in alto: Traditional house inWolkilo, sotto: Good Carrierin basso: Wax and Goldperformance art.A pag 9 in alto: particolare diBoundaries Bound (2009), sotto:Addis in change

REPORTAGE

LO SMANTELLAMENTODELLE RADICI

Eredità africanadi Gebrekidan

(9)ALIAS28 DICEMBRE 2013

I nuovi edifici a specchioriflettono il sole accecantedell’equatore rendendo latemperatura insopportabile

contesto alieno, non hanno più lapossibilità di avere un reddito, sonocondannate alla rovina. Nessuno sipuò opporre allo sviluppocittadino, ma deve essere giusto edequo, rispettare l’equilibrioambientale e culturale di un luogo.Mi piace la diversità e anche ilsenso di unità, ma non mi piacevedere solo grattacieli e cemento.

●Pensi ci siano soluzioni?Alcuni architetti all’avanguardiastanno proponendo nuovi piani diurbanizzazione che rispettano leradici del luogo. Lavorano suglispazi vuoti, perché non si puòpensare solo alla costruzionesenza pensare agli spazi«negativi». Questi architettidisegnano prima il vuoto, solo sulrimanente si può costruire. Unarchitetto americano è andato aMerkato (è il più grande mercatodi tutta l’Africa, ndr), ed è rimastoimpressionanto per due motivi. Ilprimo perché là tutto vienericiclato, il secondo perchébisogna contrattare per ogniacquisto e questo dà alle personela possibilità di parlare, disocializzare!

●Pensando alla parte finale di«Inside out», quale è il futurodell’Etiopia?Nella nostra esperienza comeartisti, nelle mostre, come neiseminari di arte e di architetturacerchiamo di esporre le nostreidee e suggerimenti all’opinionepubblica e ai governanti. Sonoconvinto che questo movimentoporterà a una discussione e in uncerto modo a un sistema miglioreper attuare lo sviluppo. Igovernanti hanno aperto le porteagli investimenti edilizi, ma c’èbisogno di un piano regolatoreurbanistico. Gli architetti sonoquelli che patiscono di più questasituazione e cercano di mediarecon il governo, senza opporsi, pernon essere tacciati di esserecontro lo sviluppo del paese. Gliinvestitori vogliono che gliarchitetti copino gli edifici tuttospecchi costruiti dai cinesi o instile Dubai. I palazzi sono tuttidiversi e non hanno niente a chevedere con l’aspetto paesaggisticodell’habitat della città. Una certaconsapevolezza tra i cittadini stanascendo, perché soffrono il caldoriflesso da tutti questi edifici e perla mancanza di parcheggi.L’attuale generazione invece vivein uno stato di costruzioni urbanepermanenti che dà un senso diprecarietà. Con il video voglioesprimere la mia speranza che lafutura generazione possa avereuno spazio «umano» dove vivere.

●Quale è il panorama artisticoin Etiopia?Per diversi motivi l’Etiopia è

geograficamente e politicamenteisolata, non è facile conseguire unvisto per visitare altri paesi vicini.Gli artisti africani di altre nazionihanno possibilità maggiori diviaggiare e d’incontrarsi, sia perpossibilità economiche che permigliore comunicazione stradale.Solo pochi etiopi hanno lapossibilità di confrontarsi conaltre realtà e la comunità di artistiè molto ristretta ed è concentratasolo nella capitale.

●La tua arte sembra inglobaretutti gli strati sociali dell’EtiopiaNon è intenzionale. Quandoqualcosa colpisce la miaattenzione, diventa naturalelavorarci sopra. Sul corto delcarpentiere disabile che lavora illegno con i piedi, voglio mostrareil suo impegno e le sue capacità,senza che la gente si senta adisagio guardandolo, vogliomostrare la sua forza interiore.

●Quale è il messaggio?In Etiopia le condizioni di vitasono difficilissime, voglio dire allepersone di incoraggiare chi haproblemi motori a non perdere lafiducia, perché possono fare cosestraordinarie. Ora sto lavorandosu un corto di una donna che nonpuò muovere le mani e cuce con ipiedi riuscendo a fare degli abititradizionali etiopi eccezionali.Pensa che con le dita del piederiesce ad infilare l’ago e fa deimodelli favolosi.

●Quanto la tua religione Bahaiinfluenza il tuo lavoro?Molto, cerco di vivere la mia vitaseguendo gli insegnamenti deglioltre cento libri che la miareligione impartisce. Alla finesiamo tutti fiori differenti nellostesso giardino, il colore biancodella tua pelle non è un ostacoloper me, perché cerco di guardartinell’anima e non nell’aspettoesteriore ed è quello metto dentroil mio lavoro, senza demarcazionie ... confini.

ETIOPIA ■ SPECULAZIONE EDILIZIA

Gli idoli di cementodel modello Dubaisbarcano in Etiopiadi V.M.ADDIS ABEBA

●●●«Il 21˚ secolo appartieneall’Africa», è l’immagine proiettatada gigantografie che bombardano ilviaggiatore appena arrivatoall’eroporto di Addis Abeba.Cartelloni pubblicitari di famiglieetiopi sorridenti danno l’idea di uncontinente proiettato verso unfuturo roseo e uno sviluppoinarrestabile che sembra nonpreoccuparsi delle crisi ciclichedell’economia mondiale. Negliultimi sette anni la capitale ècresciuta demograficamente, con leforti migrazioni dalle campagne, edeconomicamente, con indici dicrescita che in alcuni periodi sonostati a doppia cifra. Ma, comespesso accade, ciò non ha portato aun miglioramento sostanziale dellecondizioni di vita dell’interapopolazione (secondo Wikipedia ilreddito pro-capite ancora si collocaal 168˚ posto). Come ogni paese inascesa, l’Etiopia ha voglia didimostrare la propria crescita, equale modo migliore se non lavetrina di una città in pienosviluppo edilizio? E quale modellomettere in pratica se non quello diDubai? Dopo gli Usa, i paesi delGolfo Persico e il Medio Oriente,dove le continue rivolte hannoormai disincentivato ogni tipo diinvestimento, la speculazioneedilizia sembra indirizzata versoaltri confini, verso sud. L’Africa, e lesue infinite possibilità di sviluppo,è l’obiettivo naturale per erigere gliidoli di cemento da innalzare inonore del neocapitalismo che nontrae alcun insegnamento dai proprierrori. Il Modello Dubai sradica iltessuto storico-sociale checaratterizza una nazione. Se siguarda ai paesi nord africani delmondo arabo, il tipo di politiche disviluppo messe in atto non haportato i giovamenti economicisperati se non ad una ridottaminoranza della popolazione. Anzi,

le sperequazioni sono aumentate,l’assistenza sanitaria inesistente oaccessibile solo per pochi ricchi,l’istruzione fallimentare, lapensione un miraggio. Il ModelloDubai, che funziona solo nei Paesidel Golfo perché supportati dagliintroiti del petrolio, sottintendel’adozione di un sistema di valorinon solo economici, cheprenetrano la società e le istituzionistatali, spazzando via qualsiasiteoria neokeynesiana.

Wrapped, incartati ... verdi, blu,gialli, sono i colori con i qualivengono cellofanate le impalcaturedelle costruzione ad Addis Abeba.Interi rioni storici della capitale(Kazanchis, Merkato, il quartiere aridosso della Greek School, Bole ...)sono stati rasi completamente alsuolo per far spazio a questimonumenti variopinti da scartareuna volta terminati i lavori. Loskyline della città sta cambiandoradicalmente in tutte le zone, lenuove fabbricazioni si arrampicanoaddirittura ai piedi dei monticircostanti. Ogni area della città èun cantiere a cielo aperto. Ilproblema di fondo è il confusopiano di sviluppo urbanistico, chenon stabilisce regole precise e

rigide da seguire e rispettare. Ilgoverno etiope ha assuntoconsulenti inglesi e cinesi perstrutturare al meglio il pianoregolatore, ma questi impongonopolitiche poco lineari con la realtàetiope e spesso con lo scopo difavorire le multinazionali straniere.

I nuovi edifici a specchio, condesign di architetti cinesi eamericani, riflettono il soleaccecante dell’equatoreaumentando di molto letemperature in città e rendendoleinsopportabili per i passanti. Perlegge palazzi a sei/dieci piani sierigono nelle prime tre file aridosso dei grandi boulevard chevengono costruiti per aiutare laviabilità, ma che tagliano a metàinteri quartieri. Non ci sonoparcheggi sulle nuove ampie stradeperché lo Stato concede incostruzione spazi ristretti(normalmente 400 m2 quando unvecchio edificio viene raso alsuolo). Così i costruttoriottimizzano la cubatura adisposizione costruendo quasi aridosso del terreno limitrofo eriducendo al minimo la distanzatra le vie e i palazzi.

I nuovi stabili di cemento e vetrohanno parzialmente rimpiazzato lebaraccopoli metropolitane masenza rispettare la storia delterritorio e lo stile africano di viverein estensione più che in altezza. Iltipo di piano urbanisticoimpiegato, sradica completamentele regole di convivenza pacifiche trail ricco e il povero che per quasi unsecolo hanno caratterizzato la vitaad Addis Abeba, alimentandotensioni e delinquenza. Entrambierano figure ben integrate nelquartiere, si conoscevano a vicendapermettendo quel controllo socialeche riduceva al minimo i casi diteppismo. Le disparità esistevanoma non erano così marcate. Spessoi meno fortunati/e andavano alavorare nelle case delle famigliepiù agiate come guardiani,giardinieri, portieri, donne dellepulizie. Oggi si assiste al sorgere di

veri e propri compound per ricchisparsi a macchia di leopardo nellacittà, dove ogni casa è recintata confilo spinato e con uomini disorveglianza privati. Tutto unmodus vivendi è stato cancellatocon lo smantellamento di moltiquartieri. La gente è stata rilocatanei sobborghi periferici dellacapitale con indennizzi ridicoli,dove vivono in condomini edevono percorrere più di 50 km algiorno per andare a lavorare. Moltefamiglie per far fronte alle spesecondividono lo stessoappartamento e gli stessi bagni, adiscapito di tutte le normeigeniche. Le tradizionali case etiopisono a un solo livello, dotate di unforno esterno dove le donnecucinano a legna, a carbone o akerosene! Riversare questeabitudini in uno spazio ridottoquale quello di un condominio èpericoloso sia per la salute che perla sicurezza.

Un altro modo del governoetiope per attrarre capitali stranieriè stato incentivare la voglia di moltiespatriati a investire i propririsparmi nella terra d’origine. Ma lanuova borghesia etiope, soprattuttoquella cresciuta in America, haperso completamente gli stili di vitaafricani. Ciò è particolarmenteevidente nella seconda e terzagenerazione che, al rientro inEtiopia, non ne conosce la storia ela cultura, rifiutandone persino ladieta culinaria, come il kitfo, carnemacinata cruda speziata conberberé piccante, sostituito dahamburger abbrustoliti delMcDonald. Questa perditadell’eredità culturale fa credereall’emigrato di poter mettere inpratica una filosofia economicanuova, senza rendersi conto delleconseguenze negative edell’impatto ambientale che puòavere in un paese quale l’Etiopia.Ciò è particolarmente visibile nellevicinanze della capitale, dovemigliaia di ettari sono stati dati inconcessione alle multinazionalipronte a investire nel paese. Alleporte di Addis Abeba si trovanofabbriche cinesi che si estendonoper chilometri e chilometriquadrati. Ma non sono gli unici,anche olandesi, francesi, inglesi erussi puntano sul continenteemergente e sulle normative moltoaccomodanti dei governi africani.

Il progresso deve andare avanti,ma non può esistere un modellouniversale valido per tutti e pertutte le aree geografiche delpianeta. Nessuno è contro ilmiglioramento delle condizioni divita dell’essere umano, ma leridondanti prediche per proteggerela cultura e la tradizione di unpopolo vengono sempre lasciateinascoltate. L’Etiopia, come tutto ilcontinente africano, si trovadavanti ad una sfida che segnerà inmaniera irreversibile il camminodel paese: quella di non seguire glistessi errori commessi dai paesiindustrializzati. Nel secolo scorso,spesso l’Occidente ha inseguitouno sviluppo insensato senzacurarsi dello smantellamentourbano e della devastazione socialee ambientale che poteva causare edi cui si pagano ancora leconseguenze. Sarà importanteseguire un percorso che riesca arispettare l’identità culturale delpaese, anche se al momento adAddis Abeba sembra accadere ilcontrario. Purtroppo è l’eredità delcolonialismo. Per quanto gli statiafricani se ne vogliano affrancare,non hanno altri modelli diriferimento se non quellioccidentali, con tutta una serie dierrori che tristemente sembranoripercorrere. Forse la nuovagenerazione ha più prospettive diriuscire ad estirpare questo pesanteretaggio, ma dovrà evitare dirompere troppo bruscamente conle tradizioni del passato, per nonfare la fine della Cina, dovemangiare al McDonald è comeandare a un ristorante di lusso!

Un messaggio fortealla sordità dellacomunitàinternazionale,incapacedi affrontareuna calamitàche riguardail mondo intero

Foto di Addis Abeba diVincenzo Mattei

(10) ALIAS28 DICEMBRE 2013

Intervista a Régis Soavi Sensei,maestro di Aikido che da oltretrent’anni fa conoscere il «Katsugenundo», pratica giapponese che ci faritrovare le capacità naturali

Per un’ecologiadel corpo umano

di MANOLA DI PASQUALE*

●●●Oggi molte persone conidee politiche diverse o ancheprive di una idea politica definita,si preoccupano di come i lorocomportamenti individualipossono influire sull'ambiente:acquistare prodotti biologici e a«km-zero», riciclare meglio irifiuti, scegliere fornitori di servizipiù rispettosi dell'ambiente,ridurre il consumo energetico,ecc. A livello di dibattito politicocomunque, la retorica ecologistafunziona sempre, anche in tempodi crisi.

In ogni caso, l'attenzionecollettiva verso le condizioni e laqualità della terra, dell'aria edell'acqua, per diverse ragioni,che sia per senso diresponsabilità o a volte,semplicemente per business, èalta. Ci si preoccupa dellesostanze con cui tutti gli esseriviventi entrano in contatto:piante, animali ed esseri umani,siano queste nutritive, medicinalio tossiche. Oltre agli esperti chesiano ecologisti, naturalisti,veterinari, medici, molte sono lepersone che si interrogano sucome e in che misura tutto ciòabbia un impatto sul nostrocorpo e le sue capacità direazione e di adattabilità.

Ne parliamo con Régis Soavi,maestro di Aikido che, da oltretrenta anni, attraverso stage econferenze fa conoscere ilKatsugen Undo (una praticamessa a punto in Giappone daHaruchika Noguchi),continuando il lavoro del suomaestro Itsuo Tsuda che perprimo lo aveva proposto inEuropa a partire dagli anni 70.

●Lei insegna ormai da più ditrent'anni Aikido e Katsugenundo e sicuramente il menoconosciuto è il secondo. Ci puòdire in poche parole di che cosasi tratta? Che cos'è il Katsugenundo?È una maniera di ritrovarel'istinto naturale del corpo. È unesercizio, una ginnastica,dell'involontario che si fa perritrovare le capacità naturali.Normalmente nessuno dovrebbe

fare il Katsugen undo, nessuno,assolutamente nessuno. Masiccome i corpi non funzionanopiù in modo normale, oraabbiamo bisogno di ritrovare lecapacità che abbiamo perso. Èper questo che il maestroHaruchika Noguchi ha messo apunto qualche esercizio chepermette al sistema involontariodi attivarsi ed agire di nuovo neicorpi, cosicché i corpi possanoregolarsi da soli.

●C'è un rapporto tra ilKatsugen undo e l'Aikido?

Sono due vie diverse, ma si puòdire che tutte le vie normalmentedovrebbero andare verso la stessacosa. Non avrei mai potutopraticare l'Aikido come lo praticoadesso, se non avessi conosciutoe praticato il Katsugen undo.Praticare Katsugen undo significalasciare il corpo lavorareattraverso il proprio involontarioe così il corpo si normalizza eritrova le capacità innate, fisichee psichiche. Ho conosciutoqueste due pratiche, Aikido eKatsugen undo, attraverso il mioMaestro Itsuo Tsuda ed è lui che

ha fatto il legame tra queste duevie.

●Il maestro Itsuo Tsuda invecedel termine Aikido usaval'espressione «Praticarespiratoria del maestroUeshiba». Perché questo nome?Soprattutto perché il termineAikido è diventato un «marquedéposé» e poi lui preferiva parlaredi respirazione. L'Aikido adesso èsoprattutto visto come un'arte dilotta o di difesa contro unavversario. Per il Maestro Tsudala maniera di praticare l'Aikido, equindi la maniera di oggi diparlare dell'Aikido, non è ciò chelui aveva sentito dal maestroUeshiba. Aveva sentito qualcosadi molto diverso, più vicino allarespirazione, ovvero ilmovimento del ki. Per questonon voleva più usare il termineAikido, preferiva parlare direspirazione. Parlava sempre diKa e Mi, inspirazione edespirazione, parlava di unione edi fusione più che di lotta l'unocontro l'altro o di difesapersonale; è dunque per questoche il tipo di Aikido che facevaera molto diverso da tutto quelloche avevo visto fino al momentoin cui l'ho incontrato. All'epocaero iscritto alle federazioni, inFrancia. Ho conosciuto diversimaestri ed alcuni di quelli che hoincrociato, come ad esempio iMaestri Yamaguchi e Shirata,erano molto vicini a quello chefaceva lui. Probabilmente ce nesono altri che non conosco, chenon ho mai incontrato. Ma lescuole di Aikido adesso sonosempre più delle scuole di arti dilotta marziale ed invece ilMaestro Tsuda seguiva una viamolto diversa. Parlava spesso dicome il Maestro Morihei Ueshibafaceva Misogi: penso quindi chesia per questo che lo chiamava«Arte della Respirazione» ed haanche chiamato la propria scuola«Scuola della Respirazione».

●Il suo Maestro, Itsuo Tsuda,parla di una filosofia pratica.Ci può spiegare cosa significa?In occidente le filosofie sonosempre delle cose pensate, unopensa e scrive. «Io penso dunquesono», questa è la filosofia. Lafilosofia di cui parla Itsuo Tsuda èbasata veramente su di unapratica, su una pratica del vuotomentale. Da un certo punto divista si potrebbe dire che siapiuttosto una non filosofia, manon esiste una non filosofia. Ilmaestro Tsuda parla di cosepratiche, per lui non è piùpensare, e poi fare. Non fare, nonfilosofare e non pensare non vuoldire essere decerebrato. C'èun'unione tra il pensiero e il fattodi fare, non c'è più separazione: è

la stessa cosa, come nello Zen.Una filosofia pratica non èseparata dal corpo, da tutto ciòche c'è intorno, non è unafilosofia che si inventa. Non èuna filosofia astratta, cheraggiunge solo la testa.

●Quanto ha contato per lei ilcontatto diretto con il suoMaestro Itsuo Tsuda, che a suavolta è stato allievo diretto deiMaestri Morihei Ueshiba eHaruchika Noguchi?È stato essenziale. È l'essenzaperché attraverso di lui, il mioMaestro Itsuo Tsuda, sipotevano sentire H. Noguchi eM. Ueshiba. Si sentivano le cosenel non dire, nel non fare, nellosguardo, nei gesti. La presenza diun Maestro è importante fin neisuoi silenzi. Ciò che potevainsegnare, lui lo ha fatto, ma lacosa più importante era la suapresenza e quello che noi comeallievi potevamo sentireattraverso ciò che emanava e chesi trasmetteva tutto intorno a lui,qualcosa che si sentiva, che... sirespirava.

●Il pensiero del Maestro ItsuoTsuda è ampiamente espressonei suoi 9 libri. Ce ne puòconsigliare uno in particolare?Sì, tutti.

●Lei è stato l'ispiratore, ilcreatore della Scuola ItsuoTsuda. Che cosa è esattamentequesta Scuola?La Scuola Itsuo Tsuda è statacreata per far conoscere lafilosofia pratica del Maestro ItsuoTsuda e per permettere allepersone interessate da questa viadi praticare l'Aikido e il Katsugenundo così come sono statitrasmessi dal Maestro Tsuda.Questa Scuola riunisce degliindividui i quali, nella maggiorparte dei casi, hanno creato delleassociazioni indipendenti chehanno come sede dei dojo. Adoggi ve ne sono a Roma, Milano,Ancona, Torino, Amsterdam,Parigi, Tolosa e Mas d'Azil(Francia). Queste associazionicollaborano a diversi progettidella Scuola Itsuo Tsuda, come

ARTI ORIENTALI

LASCIARE IL CORPO LAVORAREATTRAVERSO IL PROPRIO INVOLONTARIO

(11)ALIAS28 DICEMBRE 2013

Al centro, in alto e nel secondo taglio, ilmaestro Régis Soavi in azione nel centro(dojo) di Roma.In basso due esempi di combattimento diAikido tradizionale. A pag 11, al centro, ilmaestro Itsuo Tsuda e, sopra, una suacalligrafia che indica il Ki, la espirazioneconcentrata

organizzare stage, conferenzepubbliche, esposizioni, scriverearticoli o pubblicazioni, ecc. Ilmio rapporto di insegnamentocon alcune di queste associazionidura da oltre 30 anni.

●La filosofia pratica di cuiabbiamo parlato fino ad oraviene da maestri orientali,secondo lei c'è una possibilitàper noi occidentali dicomprendere qualcosa di cosìspecifico che viene dall'oriente?Assolutamente! Gli esseri umanisono esseri umani che venganodall'oriente o dall'occidente, dalsud o dal nord, sono sempreesseri umani. È vero che inoccidente noi, nelle societàiperindustrializzate, abbiamoperso qualcosa di primordiale, èper questo che ci giriamo versol'oriente, c'è anche chi si giraverso il sud o verso il nord overso gli Eschimesi, per ritrovaredelle cose che comunque sonoprima di tutto umane. Noiabbiamo trovato questa filosofia

pratica: non è difficile daimparare, in realtà non c'è nienteda imparare. Lasciare il corpofare ciò di cui ha bisogno: è unapratica semplice, è di unasemplicità straordinaria. Veniteun po' a provare durante uno deinostri stage... Vedrete!

●È stato Tsuda che ha fatto perprimo il passaggio tra oriente eoccidente?Bodidarma si è girato versol'oriente e Tsuda versol'occidente: ha reso così possibilecapire delle cose che all'iniziopotevano sembrare esoteriche,lui le ha rese exoteriche. I libri diItsuo Tsuda (si possono leggereanche a dieci anni) hanno diversilivelli di comprensione. La suagrande capacità è stata quella direndere accessibili alla mentalitàoccidentale concetti facilmentecomprensibili da un orientale,perché fanno parte della suacultura, o almeno ne facevanoparte primadell'occidentalizzazionedell'oriente.

●Si sente parlare ogni giorno diecologia, di stili di vitaecologici, di materialiecocompatibili, di cibi naturali,di medicine naturali, di come ecosa dovremmo e potremmofare per salvare il nostropianeta. Lei ha parlato in unarecente conferenza di ecologiadel corpo umano. Che cosaintende?Prima vorrei definire di cosa siparla quando si parla di ecologia:per esempio quando si parladell'agricoltura, si fanno pesantiinterventi sulla terra per uccideregli insetti. Ma rispettare la naturavuol dire non intervenire sullemanifestazioni naturali dellaterra: per esempio l'esperienzache Masanobu Fukuoka hadescritto in La rivoluzione del filodi paglia è interessante dal puntodi vista dell'ecologia e per quantoriguarda il corpo è la stessa cosa:tutti oggi vogliono assolutamenteintervenire sul corpo, su tutte lefasi, dall'inizio alla fine.Dall'inizio, quando l'essereumano nasce, fino a quandomuore. Tra questi due momentici sono interventi di tutti i tipiche rendono le persone uniformio che sopprimono tutte lerisposte che dà il corpo. Uncorpo sano è un corpo chereagisce. Un corpo sano non habisogno di niente di speciale perreagire alle malattie, o anchesemplicemente per crescere, perinvecchiare... per invecchiarenormalmente. Dunque l'ecologiaumana è rispettare il corpo delneonato, del bambino, deigiovani, dell'adulto, delle personeanziane, ed è lasciare lapossibilità ai corpi di reagire. Èquesta l'ecologia umana. Adessotutti i corpi sono completamenteimbottiti di medicine. Vengonoimbottiti con tante cose, nonsolamente medicine, ma anchecibo, che è pieno di sostanzechimiche. Dunque i corpi nonhanno più niente di naturale.Ritrovare la natura del corpo vuoldire anche eliminare tutti iprodotti chimici, che sono inutili.Dunque quando io parlo diecologia umana non voglio diresolo mangiare sano, ma ancheritrovare la capacità umana disentire, di prendere le cose di cuisi ha bisogno senza esagerazione

e solo quelle cose di cui si habisogno. Così i corpi possonoritrovare la capacità di dare lerisposte di cui hanno bisogno edi vivere normalmente.

●Il filosofo tedesco dello scorsosecolo Hans Jonas scrive in«Sull'orlo dell'abisso»: «Siamodiventati più pericolosi per lanatura di quanto la natura siamai stata per noi». Lei èd'accordo?In un certo senso sì, ma noifacciamo parte della natura,dunque non c'è una separazione.

Su questo punto non sonod'accordo con l'interpretazioneche si fa di ciò che ha scrittoJonas: detto così sembra chefaccia una separazione tral'uomo e la natura, ma l'essereumano fa parte della natura.Dunque è come se noi comenatura lottassimo contro noicome esseri umani. Adessoeffettivamente siamo piùpericolosi, perché c'è una partenegativa della nostra natura cheè diventata assolutamentepericolosa. Lui parla della naturacome se fosse una parte esterna,ma non si può definire la cosacosì, è una questione dialettica.L'essere umano è completamentenella natura, senza la natura nonesisterebbe e la natura senzal'essere umano sarebbe qualcosad'altro, qualcosa che noi nonpossiamo conoscere. Dunque seuna parte della natura travirgolette è stata pericolosa pernoi, per esempio animali selvatici,piante velenose, ecc. ...effettivamente adesso noi siamopiù che pericolosi: distruggiamo lanatura, distruggiamo tutto, persinol'essere umano. Forse la naturasopravviverà all'essere umano, iolo spero, altrimenti sarebbeterribile. Stiamo distruggendo piùl'essere umano che la naturastessa. La natura comunquesopravviverà in un'altra manierasenza l'essere umano, senzaanimali, non so. Anche i dinosaurisi sono estinti... e forse all'uomoaccadrà la stessa cosa.

●Potremmo parlare di unacultura ecologica del corpoumano da trasmettere?Io non parlo di una culturaecologica da trasmettere, ma diritrovare le capacità naturalidell'essere umano, qualcosa cheabbiamo dimenticato, qualcosache non sentiamo più, ma che c'èancora. Non è una cultura nuova,è qualcosa da ritrovare, èqualcosa che abbiamodimenticato, è qualcosa che nonconosciamo più. Il primo passosarebbe già smettere di pensaretroppo, e ritrovare le capacitànaturali dell'essere umano.

●Ci sono momenti nella vita diogni individuo che sonofondamentali per l'essereumano?Sì, la nascita. Quando uno nasceè fondamentale e poi quandouno muore, ma si può dire chequello che c'è tra questi duemomenti non sia fondamentale?Io che sono tra i due penso chesia fondamentale. Un altromomento importante è quellodella malattia.

●La malattia si può affrontarein modo «ecologico»?Deve fare questo tipo didomanda agli ecologisti. Io nonsono un ecologista, dunque ionon penso in termini di«affrontare la malattia», forse gliecologisti la affrontano e usanometodi dolci o altre cose, nonso...

Quello che posso dire è che ionon vado contro la malattia, nonaffronto la malattia. La malattia èuna funzione naturale del corpo,soprattutto se si pensa allamalattia in termini di sintomi. Lagente pensa alla malattia comequalcosa che va verso la morte,sempre. Io direi che non devoaffrontare la malattia, io vivo lamalattia, per me è una manieradi rigenerarsi, per trovare il mododi vivere ancora. E poievidentemente c'è un momentoin cui non si vive più. La malattianon è una cosa da affrontare ocontro cui lottare, è qualcosa daattraversare.

*omotossicologa

LE BIOGRAFIE

«Ho conosciutoqueste duepratiche, Aikidoe Katsugen undo,attraverso il mioMaestro ItsuoTsuda ed è lui cheha fatto il legametra queste due vie»

RÉGIS SOAVIDurante la sua formazione daprofessionista nelle federazioni diAikido, Régis Soavi incontra il MaestroItsuo Tsuda e segue il suo insegnamentoper dieci anni. L'Aikido del M˚ Tsudacorrisponde molto di più a quello checerca e si orienta definitivamente inquesta direzione verso gli anni '80. Sidedica da più di trenta anni all'Aikido eal Katsugen Undo insegnando tutte lemattine al dojo Tenshin di Parigi.Conduce stage regolari nei dojo chesono riuniti nella Scuola Itsuo Tsuda, aParigi, Tolosa, Milano, Roma,Amsterdam. Conferenziere durante glistage, è chiamato anche in altreoccasioni a tenere delle conferenzepubbliche.

ITSUO TSUDAItsuo Tsuda, nato nel 1914, arriva in

Francia nel 1934 e compie i suoi studicon Marcel Granet e Marcel Mauss finoal 1940, anno del suo ritorno inGiappone. Dopo il 1950 si interessa agliaspetti culturali del Giappone, studia larecitazione del Nô con il M˚Hosada, ilSeitai con il M˚ Noguchi e l'Aikido con ilM˚ Ueshiba. Itsuo Tsuda torna inEuropa nel 1970 per diffondere ilKatsugen undo (movimentorigeneratore) e le sue idee sul Ki. La suamorte è avvenuta nel 1984, ma lafilosofia pratica e l'insegnamento che hatrasmesso attraverso le sue opere e ilsuo lavoro continuano a vivere inEuropa nei dojo della Scuola ItsuoTsuda.

www.scuolaitsuotsuda.org

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20 anni dalla partedi Frank Zappa

PAGINE ■ È USCITO IL VOLUME «FREAK OUT! LA MIA VITA CON FRANK ZAPPA»

di PAULINE BUTCHER*

Il giorno in cui conobbi FrankZappa iniziò come ogni altro deicinque anni precedenti. Avessisaputo quanto sarebbe statoepocale, mi sarei agganciata ipendenti alle orecchie con più cura,avrei attraversato Londra più allasvelta, e avrei risposto al telefono inufficio con più solerzia. Ma in quelpiovoso e piatto pomeriggiod’agosto del 1967, non potevo certoimmaginarlo. Guadagnavo 10scellini l’ora in una copisteria diDover Street. Non c’erano grandimacchinari e orde di uomini, bensìun grosso ufficio con macchine dascrivere Selectric e venti ragazzesedute in quadrati da quattro.Dattilografavamo menù,programmi di sala, pubblicità,sceneggiature, e talora ancheromanzi di scrittori pieni disperanza. In fondo alla stanza,dietro a un vetro, due ragazziazionavano delle enormifotocopiatrici. Noi ragazze noneravamo però semplici dattilografe.Niente affatto. Ci affrettavamo daun capo all’altro della città conmacchine da scrivere portatili etaccuini, tra hotel e case private. Inostri clienti potevano anche esserepersone molto importanti. Solo unasettimana prima, avevo lavorato peril nipote dell’Imperatore d’Etiopia,Hailé Selassié. Quando era crollatoubriaco nel water, avevo chiamatoil portiere dell’hotel, pensando chefosse morto. E avevo lavorato anchecon Margaret, duchessa di Argyll,che era tremendamente affrantaper via del suo scandaloso divorzio.Alcune foto che la ritraevano nudacon una serie di aristocratici eranostate spiattellate da vari tabloid. (...)La Forum Secretarial Services, unposto chiassoso, quasi assordante,apparteneva a Miss Bee e a quelpiccoletto di suo marito, il dottorLederer, entrambi scappati dallaRivoluzione ungherese nel 1956. (...)Quel giorno, il 16 agosto, Miss Beeera dal parrucchiere, perciò risposiio al telefono. «Royal GardenHotel», mi disse il portiere. «Unnostro cliente vuole unadattilografa per le sei e mezza».«Attenda». Misi una mano sullacornetta e cercai una volontaria, male ragazze scossero il capo. Avevopreso io la telefonata, pertanto eroio a dover andare. (...) «È per ilsignor Zappa. Stanza 412». Il signorZappa. Che nome noioso! A voltelavoravamo per stelle del cinemacome Gregory Peck (e stranamenteavevo trovato suo figlio, unteenager, più seducente di lui). Tragli altri clienti celebri avevo avuto ilmimo Marcel Marceau e degliaffascinanti politici israeliani o diBuenos Aires, ma la maggior partedella clientela era formata da altidirigenti di multinazionali, ecredevo che il signor Zappa fosseuno di loro. (...) Trotterellai lungo il

corridoio fino alla stanza 412,appoggiai le borse sul pavimento, ebussai. (...) Sulla scrivania, miaspettava un registratore a bobine.Mentre tiravo fuori la macchina dascrivere, il signor Zappa mi disse:«Voglio che tu dattiloscriva i testidei brani nel nastro. Mi servono perdomani». Premette play peraccertarsi che il registratorefunzionasse. Ne uscirono stranirumori. Mi aspettava una lunganotte. (...) Gli chiesi: «Dovreiconoscerla? È famoso?». Sentii dellerisatine dei tizi nell’altra stanza. «ALondra ci conoscono in pochi», mirispose con umiltà. «Questo l’haimai visto?». Mi porse la copertina diun Lp, Freak Out!; cinque uomini inuna foto colorata in modo confuso.Quello in mezzo, malgrado ladistorsione dell’immagine, erasenza dubbio il signor Zappa.«Mothers of Invention?», lessi adalta voce. Strano nome per unaband. «Siamo noi», mi disse. «Quellibrutti». Cercando di essere gentile,gli risposi: «Oh, non direi». Micontraddisse con un gesto. «Scelgotutti i membri della mia band per laloro bruttezza. Tutti gli altri gruppicercano di essere belli. Noifacciamo soldi essendo brutti, vistoche la società è proprio così,brutta». Mi passò un secondoalbum, Absolutely Free. Stavolta eral’espressione severa del signorZappa a riempire la copertina,mentre le altre Mothers spuntavanodal basso. All’interno, una fascettapubblicitaria chiedeva ai fan diinviare un dollaro in cambio deitesti. Qui a Londra, l’InternationalTimes, un giornale undergroundche non avevo mai letto, aveva

accettato di pubblicarligratuitamente. Il mio compito eraquello di trascriverli.

Mentre il signor Zappa michiedeva se ero comoda e miportava il caffè - gesti gentili quasisenza precedenti tra i miei clienti -premetti play, e partì unosproloquio incomprensibile.Mentre stava uscendo, lo chiamai:«Signor Zappa!». Tornò indietro.«Ehm, sì?». «Questa lingua è inglese?».

Sorrise sarcastico, arricciando unangolo della bocca. Era bello checapisse il mio umorismo. Gli risposia mia volta sorridendo. Mi diedeun’ultima occhiata e poi raggiunsegli altri. Lo fissai mentre se neandava, desiderando che rimanesseancora a parlare con me. Il primobrano si intitolava Plastic People.Gente di plastica? La voce cool eprofonda del signor Zappapresentava il presidente degli Stati

Uniti, e io incominciai adattilografare. Ma che cosa stavadicendo? Era «he had sex» o «he’sbeen sick»? Nessuna delle dueaveva senso. Continuai a scrivere.Seguirono altri sproloqui, e dovettiriascoltarli in continuazione. Perchénon poteva trattarsi dei Beatles odei Rolling Stones, con testi facili eparole che capivo? Tenni duro. Ilbrano seguente, The Duke ofPrunes, mi confuse ulteriormente.Era divertente e satirico, e mi fecesorridere, ma perché quel cantolamentoso e i continui cambi diritmo? I suoni discordanti mitormentavano le orecchie. Poi,fortunatamente, nel bel mezzoarrivò un lungo segmento jazzy, dabig band, e in men che non si dicacominciai a tenere il tempo colpiede e mi appoggiai alla sedia perlasciarmi avvolgere dal suono. Mipiacevano. Quell’uomo avevatalento. Dalla porta, potevo sentirebrindisi e chiacchiere a bassa voce.(...) Cominciò a raccontarmi dellasua istruzione, di come suo padrefosse passato da un lavoro all’altro,facendo trasferire la sua famiglia inMaryland, in Florida e in California.«Non mi piaceva affatto», mi disse.

«A quindici anni, ero già stato in seidiverse scuole superiori. Hai idea diche effetto abbia? Non è divertentequando soffri di acne. Ti rendedavvero difficile farti degli amici».Nessun altro uomo per il qualeavessi lavorato mi aveva parlato inmodo tanto intimo. Mi fece sentireimportante. Non mi illudevo diessere speciale, ma sembrava chegli piacessi. (...)

Frank sobbalzava sul letto abocca aperta, battendosi le manisulle ginocchia e ridendo tantoforte da far tacere il mormorio nellastanza accanto. «Oh, cielo, fa piùridere dell’originale». Sentendomiincoraggiata, gli dissi: «Non hocapito tutto, così l’ho inventato».«Una bambolina fa la caccapuzzolente? («A baby dool makes afilthy poo»)». «Come dovrebbeessere?». «Una cassa di colla peraeroplani («A case of airplaneglue»)».«Ah!». Sfogliai le pagine percercare il punto esatto, etimidamente dissi: «Immagino chece ne siano altre», ma era giàandato avanti con la lettura.«Stando a quel che hai fatto,dovresti scrivere anche tu». (...) «Mase lo facessi, sarei meno volgare».«Volgare?». «Be’, Brown Shoes Don’tMake It è piuttosto forte per undisco». «Lo pensi davvero? È unadelle nostre canzoni più popolari».Risi. «Probabilmente perché è cosìvolgare».

Mi guardò con indulgenza:«Questo è il tuo punto di vista,Pauline, e mi dice più di te che dellacanzone». Un po’ colpita, gli dissicon tutta l’autorità possibile: «Nonposso essere stata l’unica a dirlo.Devi ammetterlo, sono testi benpoco edificanti. Se non sonovolgari, sono quantomeno

licenziosi». «Non per il nostropubblico». Mi aveva contraddetto,ma ero determinata a nonindietreggiare. Scorsi le pagine pertrovare quella giusta. Lessi ad altavoce dei versi su una tredicenne eun uomo di mezza età con le scarpemarroni. Fanno sesso sul pratodella Casa Bianca e giocano a«padre e figlia». Cercai di scorgereuna reazione sul viso di Frank, mami fissava inespressivo. «Non ècarino», gli dissi. «Non è carino?».«No». Il suo sorriso scomparve. «Sevuoi sentire canzoncine carine conparole insignificanti, ci sono unmucchio di persone che fanno alcaso tuo. Non ho alcuna intenzionedi scrivere roba del genere. Non c’èmotivo di affollare quel settore».

Non volevo perdere la suabenevolenza, quindi acconsentii:«Immagino che tu vendaabbastanza dischi, e perciò nondebba preoccuparti di quel chepensa la gente». «Vendiamoabbastanza. Abbiamo un buonpubblico di nicchia, malgrado leradio si rifiutino di mandarci inonda, e malgrado i tentativi dellanostra casa discografica». «Di certosei in affari per fare soldi, cometutti. Perché ti saboti da soloscrivendo canzoni che i dj sirifiutano di suonare?». Non mirispose e si fece serio, pensoso.Forse avrei dovuto fermarmi, mad’impeto continuai a pressarlo:«Forse i tuoi fan sono più grandi enavigati di me». «Affatto». «Quantianni hanno?». Annoiato, mi rispose:«Tra i tredici e i quarantacinque.All’incirca». «Tredici! Così giovani!Be’, se mi permetti, non penso che itredicenni debbano sentire cosesimili». Sembravo mia madre, manon potevo farci niente, le parole

Il 4 dicembre 1993 moriva Frank Zappa, uno dei musicisti più completi del Novecento, capace di passaredal rock alla musica concreta, dal jazz al pop arguto di pezzi come Camarillo Brillo. Frank e il resto delmondo. Un libro illuminante, edito da Arcana, scritto da un punto di vista del tutto esterno all'artista cheperò diventa con il passare dei capitoli centrale per capire il personaggio, la sua avversione per censure,modi e stili dominanti. La storia di una dattilografa «scioccata» dal disco Absolutely Free che si trasferiscecon Zappa a Hollywood, conosce una teoria di artisti-colleghi, gestisce il fan club, si prende cura delleGTO's. E si lega per sempre al maestro. Eccolo Zappa, maestro isolato, spesso asociale, eppure cosìcentrale per tanti suoni e spostamenti culturali del Novecento. Si ringrazia l’editore per aver concesso gliestratti che seguono.

Scelgo i membridella mia bandper la lorobruttezza.Tutti gli altrigruppi cercanodi essere belli.Noi facciamo soldiessendo brutti

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venivano da sole. «Oh, non so», midisse. «Dovresti discuterne con untredicenne. Se li fa felici, devonopur trovare qualcuno di lorogradimento. Per quel che so, nonhanno niente da obiettare».

«Ma potrebbero obiettare i lorogenitori». Mi contraddisse con ungesto. «Chi compra i nostri dischinon si cura di quel che pensano igenitori. A quanto pareprosperiamo dove c’è contrastogenerazionale, perché abbiamo latendenza a rendere tutto piùanimato». Proseguii: «Corri il rischio

di corrompere le menti diun’intera generazione». «Lo pensidavvero?». «Sì». Scosse il capo.«Rifletti. La maggior parte dellecanzoni che trasmettono in radioparla d’amore. In radio nonsentiamo altro che messaggid’amore, pertanto se i testiinfluenzassero davvero la gente,quale sarebbe il risultato? Unmondo di fiaba. Ma non è così».«Ma la maggior parte delle personecrede davvero nell’amore, non èvero? Pertanto puoi dare la colpaalle canzoni, perché forseinfluenzano davvero le persone».Mi studiò con aria interrogativa, trale capriole del fumo. Perlomenonon mi stava cacciando via.Rincuorata, insistetti: «Questoverso». Indicai un altro segmentodella canzone che parlava discopare sul prato della Casa Bianca.Lessi ad alta voce: «“Ricoprire miafiglia di cioccolata e farmela dinuovo”. Onestamente, credo chesia immorale». «Come lo leggi tu,col tuo accento, lo fai sembrarepiuttosto strano». Il tiremmollaproseguì: più lo criticavo, piùsembrava divertirsi. Mi sentivoinebriata, ogni sfida mi incitava a

vedere quanto in là potessispingermi. «Stai insinuandometaforicamente che il presidentedegli Stati Uniti, il presidenteJohnson, se la faccia con leragazzine?». Questo lo spinsefinalmente ad alzarsi dal letto conun balzo, e a schiacciare ilmozzicone della sua sigaretta nelposacenere. «No, non sto puntandoil dito contro una persona inparticolare, ma in generale, controgli stronzi che ci governano». Bah,pensai, non prendendo inconsiderazione le sue parole. Ipolitici facevano del loro meglio enoi avremmo dovuto elogiarli.Cambiai rotta: «Ho fatto leggere ituoi testi a una collega. Pensa chequesta canzone parli di incesto». Lesue sopracciglia andarono su e giù:«Ha le tette grandi?». Risi:«No-o-o-o». Si mise seduto in fondoal letto, accanto a me, e mi sentiiimbarazzata e affannata, come seavessi corso i cento metri. Accennòcol capo al mio taccuino sul tavolo,e con cortesia mi disse: «Scrivi quelche ti detto». Incrociò le gambe epoggiò un gomito sul suoginocchio, appoggiando la sigarettamentre raccoglieva i pensieri. Forse,vista la confusione che mi avevanocausato alcuni testi, si sentiva indovere di dettarmi la spiegazione diogni brano. «Plastic People sono glistronzi bugiardi che governanoquasi tutti gli Stati. Vegetables sonole persone che non hanno un ruolonella società e che non sonoall’altezza delle proprieresponsabilità. The Duke of Prunesè una canzone d’amore surrealista,e le parole “prugnami,formaggiami” sono unatrasformazione del classico“scopami, succhiamelo fino a

mandarmi in estasi, baby”». Nonavevo mai stenografato delleparolacce, perciò inizialmenteesitai, aggiungendo poi le vocali intutta fretta per essere sicura dicapire in seguito quello che avevoscritto. Andò avanti spedito,evidentemente divertendosi,mentre teneva un piede scalzoappoggiato al ginocchio. «BrownShoes Don’t Make It è una canzonesu quelle persone sfortunate checonfezionano leggi e ordinanzeinique, forse inconsapevoli del fattoche le restrizioni che impongono aigiovani siano il risultato delle lorofrustrazioni sessuali. I vecchisporcaccioni non dovrebberoguidare il vostro paese». Gli fecisegno di aspettarmi e lui fece unapausa, mentre fissava i segni ericcioli che la mia penna lasciavasul foglio. «Uncle Bernie’s Farm èuna canzone che parla di bruttigiocattoli e della gente che licostruisce. Suggerisce la possibilitàche chi compra brutti giocattoli siabrutto come i giocattoli stessi». Glilanciai un’occhiata didisapprovazione: non si salvavanessuno? «Son of Suzy Creamcheeseè l’avvincente saga di una giovanegroupie. Agisce con lo scopo diessere sempre in. Pertanto eccedecon la droga: si fotte la mente controppo Kool-Aid». Si fermò. «Stoparlando dell’acido, Pauline, ok?».Annuii. «E ruba la riserva del suoragazzo. La riserva è una scortasegreta di droga. Mettilo traparentesi».

Era arrivato alla fine. Sistiracchiò, allungando le bracciaverso l’alto. Non mi piacevano lesue generalizzazioni, ma avevocapito che ci voleva coraggio atrattare certi temi, e mi piacevano ilsuo approccio da uomo d’affari, lasua intelligenza e la sua lucidità.Anche se non fosse stato unintellettuale, era comunque di granlunga più sveglio e navigato dellepopstar che avevo visto in tv. Certo,John Lennon e Paul McCartneysapevano tirare fuori delle rispostebrillanti quando venivanointervistati, ma quest’uomoemanava saggezza e cultura. Chil’avrebbe immaginato che quelpagliaccio che ieri mi aveva apertola porta mi avrebbe dettato dei testiin modo tanto serio e fluente.Mentre mi preparavo a trascrivere imiei appunti, Frank cominciò aleggere il resto dei testi e adapportare correzioni. Erano le diecie mezzo di sera quando estrassil’ultimo foglio dalla macchina dascrivere e gli porsi il conto. Mi aiutòcon la giacca e mi disse: «Tra nonmolto io e alcuni del gruppo ce neandiamo allo Speakeasy. Tipiacerebbe uscire con me?». Le suesopracciglia fecero di nuovo su egiù, nella parodia di un’espressioneda seduttore. Cercai di nasconderele mie emozioni, ma mi sentivoraggiante. Aveva un harem didonne a sua disposizione: Londraera piena di belle ragazze. Nel foyer,considerammo l’idea di andare conla mia macchina, ma alla finescegliemmo un taxi. Mentre cimettevamo comodi sui larghi sedili,gli raccontai della mia Mini. «L’hocomprata nuova. Mi è costata più di

500 sterline, e il primo giorno, unuomo che camminava col carrettodel latte è uscito da dietro l’angolo esi è schiantato sulla portiera delpasseggero. Mi ha speronata!». «Uncarretto del latte?». Risi. «Sì. Non èstato divertente». La fila siestendeva per tutta Margaret Street,e anche dietro l’angolo, lungoOxford Circus, ma qualcuno ci feceentrare subito per le scale checonducevano all’interno. Superatoil lungo bar in legno, ciaccomodammo al nostro tavolo infondo al ristorante, apparecchiatocon una tovaglia a scacchi rossi. Lìdietro, la musica era un po’ piùclemente con le mie orecchie, madovemmo comunque urlare lenostre ordinazioni al cameriere:whisky con ghiaccio per Frank,whisky con acqua per me. Mentre imiei occhi si abituavanoall’oscurità, mi accorsi che la genteai tavoli davanti al nostro si voltavae si dava di gomito, facendoattenzione a non indicarcidirettamente. (...) Mi strinse forte.Ero rossa di emozione, ma misentivo orgogliosa. Poi mi disseall’orecchio: «Vuoi fare una cosaveramente strana?», e prima chepotessi rispondergli cominciò a

piegare le ginocchia e a saltellare inmodo strano, come un russo. Nonero una gran ballerina, maconoscevo i passi base. Nonconoscevo però passi del genere.Era un tango? Ci trovammo guanciaa guancia, e mi fece estendere ilbraccio, spostandolo su e giù.Voleva deliberatamentecomportarsi da idiota, per essereall’altezza della sua reputazione dipersona bizzarra? In passerella eroabituata alle attenzioni, ma sottoquelle luci lancinanti, rimasiparalizzata dall’imbarazzo.Ridacchiando e cercando dinascondere la faccia, gli rimasiaggrappata, mentre Frank, con unostrano sorrisetto, accelerava il ritmodi salti e piroette, a beneficio di unpubblico sempre più numeroso.Colsi delle risatine soffocate e deglisguardi meravigliati. Il discofinalmente sfumò, e con gransollievo caracollai fino al tavolo,inebriata da tante giravolte. Ancoracon l’impermeabile addosso, Franksi lasciò cadere accanto a me. Dalbuio emerse una figura con lazazzera e le basette lunghe. «Frank,Frank, è un piacere vederti, amicomio». Chiunque fosse, si accomodò.Frank si rivolse a me. «Pauline, Eric

Clapton. Eric, lei è PaulineButcher». Gli strinsi la mano, eprotesa verso di lui comeun’insegnante di musica dai modigentili, gli chiesi: «E tu che cosasuoni?». I suoi occhi strisciaronoverso quelli di Frank e poitornarono da me. Si avvicinò e midisse, come fosse un segreto:«Suono la chitarra». «Che bello», glidissi. Seguì un momento di silenzioimbarazzato, mentre Frank tossivae Eric sprofondava nella propriasedia. Evidentemente avevo detto lacosa sbagliata.

Frugai in cerca di sigarette nellamia borsa patchwork appoggiatasul pavimento, le trovai e le spinsidi nuovo sul fondo, semprerestando a testa bassa. Nelfrattempo sentivo Eric cheraccontava a Frank della suaimminente esibizione al Fillmore diSan Francisco. Frank lo mise inguardia dai figli dei fiori: «Se lagente cerca di mettermi delleperline al collo, io rispondovaffanculo».

*Un estratto da Pauline Butcher,«Freak Out! La mia vita con FrankZappa» (Arcana, pp. 380, euro23,50) (C) Pauline Butcher. Siringrazia l'editore e l'autore

Se vuoi sentirecanzoncine carinecon paroleinsignificanti,ci sono un mucchiodi personeche fanno al casotuo. Non ho alcunaintenzione di farlo

Alcune immagini di Frank Zappae la copertina del libro di Pauline Butcher.Qui accanto l’autrice del libro accantoall’artista (C) Ed Caraeff

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di FRANCO MICALIZZI*

Era il 1970 e tra i rapporti che avevointessuto con i produttoricinematografici ce n’era unoparticolarmente stretto. Parlo diItalo Zingarelli. (...) Un giorno losento parlare di un film che sta perprodurre. È il solito western direcupero, almeno così sembra. Inpratica si useranno dei set giàutilizzati per altri film piùimportanti, non si andrà in Spagnaper gli esterni, e saranno scritturatiattori poco costosi. Mi sembraval’occasione perfetta per undebuttante come me. Iniziai a faredelle sommesse e ripetute richieste aItalo che, sornione, volle farmi unpo’ sospirare, ma alla fine mi diedel’incarico. Era il primo vero impegnoufficiale che ottenevo per scrivere ilcommento di un... piccolo film. Sidiceva di quanti produttori avesserotenuto a lungo nei loro cassetti lasceneggiatura di questo westernanomalo. Già: anomalo, perché, purcontenendo molte scene d’azione,non prevedeva facce insanguinate omorti violente, com’era la norma deiwestern di Sergio Leone, e inoltre idialoghi erano densi di un humourpopolare ma non banale; chi potevacredere in un film del genere?L’ideatore dell’originalissima storia eregista del film era Enzo Barboni (inarte E. B. Clucher), già ottimodirettore della fotografia di filmimpegnati e film commerciali disuccesso. Anche lui alla sua primaesperienza come regista. (...) Lascena iniziale del film, che mostra ilprotagonista mangiare con grangusto un tegame di fagioli e chepredispone subito lo spettatore aldivertimento, Barboni l’aveva scrittapensando, giustamente, all’atavicafame che gli italiani hanno ancoranella loro memoria inconscia. Nesapeva qualcosa lui che nella suaumana esperienza era sopravvissutoalla disastrosa ritirata in Russiadell’esercito italiano di cui avevafatto parte, tra gelo, fame edisperazione. Insomma il film che,forse lo avrete già capito, si intitolavaLo chiamavano Trinità, fu girato inpoche settimane tra il Tevere, laMagliana e l’Abruzzo. I protagonistierano due favolosi e italianissimiattori: Terence Hill e Bud Spencer,Mario Girotti e Carlo Pederzoli, giàgrande campione di nuoto. Io, dopoaver letto la sceneggiatura avevocomposto un tema canzone un po’swing, non privo di ironia edivertimento. Il testo in inglese loavevo affidato a Lally Stot, un artistadi Liverpool che era venuto a Romaanni prima con un gruppo che sichiamava I Motowns. (...)

Stavo mettendo giù la pasta conl’acqua che bolliva e sento partire iltema dell’Ultima neve di primaveracon la voce di GiancarloGuardabassi (conduttore del notoprogramma radiofonico Dischicaldi) che l’annuncia come nuovodisco caldo pronto per la hit parade.Non ci credevo e anche questa volta,poiché le grandi emozioni cicolpiscono nel profondo e sonoincontrollabili, non riuscii atrattenere una certa commozione,dopo la nascita dei figli era la nascitadel successo che mi dava unascarica di adrenalina. Il disco entròpuntualmente in hit parade doverimase a lungo. (...) Il tema di Ultimaneve cominciò a viaggiare per ilmondo, ricordo che in Argentinarestò ai primissimi posti in classificaper più di un anno e che in Brasiledivenne la sigla di una telenovelaseguitissima con molte centinaia dipuntate, si chiamava: Os gigantes esono ormai moltissime le versionidiscografiche sia suonate checantate, realizzate da molti artisti nelmondo. (...) Nel ’75 feci un incontrodecisivo per la mia carriera.Umberto Lenzi, affermato regista,mi chiese di scrivere la musica diuno dei suoi primi polizieschi conThomas Milian protagonista. Il filmera Il giustiziere sfida la città. Reducedalla prima esperienza americanaavevo cominciato a utilizzare i synth

e soprattutto il clavinet (penso diessere stato il primo in Italia) e leritmiche che scrivevo per i filmd’azione erano particolarmentemoderne e trascinanti. Il tema cheavevo composto piacque a Lenzi eanche tutto il commento andò bene.Il film ebbe un buon successo einaugurò le collaborazioni conUmberto con il quale feci poi moltialtri film sempre più del generepoliziesco (molto imitati dagli altriregisti). I polizieschi di Lenzipiacevano molto e mi davano lapossibilità di scrivere per gli ottonidella big band. Ecco che nasceva lostile funky jazz all’italiana che tantiammiratori ha trovato nel mondo.Le mie musiche appartenenti aquesto genere arrivarono persinonegli Stati Uniti dove diversi rapperle campionarono per le loroincisioni. È divertente pensare che ilsuono e lo stile delle big bandamericane che tanto mi avevanoinfluenzato nella mia formazioneritornavano all’origine (gli Usa) conle mie composizioni ed esecuzioni,insomma, il cerchio si chiudeva.Con Umberto Lenzi ho lavorato alungo e sempre con moltasoddisfazione, sostenuto dalla suacompetenza e dalla sua capacità divalutare subito l’efficacia di unbrano musicale nel commento diuna sequenza. I principali film diLenzi di cui scrissi la musica sono: Ilgiustiziere sfida la città, Il cinicol’infame il violento, Roma a manoarmata, Napoli violenta, Il grandeattacco, La banda del gobbo, DaCorleone a Brooklyn. Quello checolpiva in questi film era la capacitàdi realizzare scene anche complessee di grande effetto, senza disporre digrandi mezzi. Ad esempio ricordo,nel film Napoli violenta, leefficacissime soggettive girate agrande velocità dalla moto delcattivo che doveva fare una rapina ein brevissimo tempo presentarsi perfirmare in questura. Per questasequenza Umberto si servì di uncampione di motociclismo. Dopoaver assicurata la macchina da presaal parafango della moto gli chiese digirare per la città a velocitàsostenuta. L’effetto nel film (anchela musica fa la sua parte) èeccellente. E ancora nello stesso filmc’è una sequenza che io amo moltoperché mi riporta al climadrammatico del neorealismo, in cui

un grande mercato vieneattraversato da un sontuoso funeralecon la carrozza e i cavalli neri con ipennacchi, seguita da un lungocorteo. Contemporaneamente ilcattivo del film è inseguito dalpoliziotto. I due devono passareattraverso questo vasto mercato e,soprattutto, attraverso questo lungoe dolente corteo. La scena èbellissima, di un meravigliosorealismo. In seguito Umberto mi haraccontato che la sequenza è statacome dire, rubata, poiché il mercatoe il funerale erano autentici e loro,dopo aver istruito gli attori sul dafarsi, appostati su un balcone,avevano ripreso tutta l’azione.Ditemi se questo non è «cinemaverità»? Restando nel generepoliziesco, scrissi anche la musicaper film di altri registi come MarinoGirolami, Italia a mano armata eBruno Corbucci, Delittosull’autostrada, Delitto a PortaRomana con Thomas Milian neipanni del «Monnezza». (...) Mi ricordoche quando cominciarono apubblicare su cassette Vhs i vecchifilm, avendo saputo che circolava unacopia di Lo chiamavano Trinità, andaia cercarlo in un negozio specializzato.Poiché non lo trovavo sugli scaffaliprincipali, chiesi ad una commessache, senza battere ciglio, mi indicòdelle mensole sul fondo del negozio:«Vede quegli scaffali laggiù con ilcartello “trash movie”, ecco lo trovasicuramente là». Temo che arrossii, unpo’... Che grande soddisfazione, iwestern, i polizieschi e ogni altro filmdi «genere» italiano, noi loclassificavamo «trash movie». Menomale che, come spesso accade qui inItalia, qualcuno dall’estero ci ha fattosapere che i nostri «trash movie»erano invece più che rispettabili film,a volte addirittura geniali. Noi non loavevamo capito finché questoqualcuno dagli Usa non ce l’hacomunicato. Parlo di QuentinTarantino che è stato il grande«sdoganatore». Per noi che abbiamolavorato molto per il cinema di«genere» italiano è stato il momentodella rivalutazione. Senza il suointervento saremmo rimasti,sicuramente, nella spazzatura. Devo,inoltre, ringraziare Tarantino per averutilizzato più volte i miei temi musicalinei suoi film. La prima volta ha sceltoil tema di Italia a mano armata e lo hainserito nel fantastico finale del suofilm Grindhouse-A prova di morte, ilrisultato è notevole e non posso cheesserne soddisfatto. Ultimamente hascelto il tema di Lo chiamavanoTrinità e più esattamente la canzonedei titoli di testa, Trinity, per il finaledel bellissimo e spettacolare filmDjango Unchained vincitore di bendue Oscar. Non posso che ringraziarloaugurandomi che individui altri mieitemi per i suoi prossimi film. GrazieQuentin!

* Un estratto (si ringrazia l'editore)da Franco Micalizzi, «C'est la vied'artiste. I miei primi cinquant'annidi musica» (Editori internazionaliriuniti, pp. 144, euro 15). Oltreall'autobiografia, l'artista hapubblicato di recente il disco «Miele»(New Music Company/ Goodfellas)che rappresenta la complessità di stilie generi che da sempre lo caratterizza

AUTOBIOGRAFIA ■ UN ESTRATTO DAL LIBRO «C'EST LA VIE D'ARTISTE»

Franco Micalizzi,ciak si suona.Da Trinità al Monnezza

Autore di temida classifica come«L’ultima nevedi primavera»e di una sequelaindimenticabiledi poliziotteschi.Anche Tarantinolo ha omaggiato

Nella foto grande Franco Micalizzi.Qui sotto la copertina della suaautobiografia «C’est la vie d’artiste»;in basso locandine di alcuni film di cui ilcompositore ha curato la colonna sonoraPAGINE

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LUI SONO IOSTORIA DI UNA CORSA (Brutture Moderne/Audioglobe)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Tra la via Emilia e il west ilprogetto capitanato da FedericoBraschi e Alberto Amati, pur scontandoqualche ingenuità di fondo, ha unbackground solido e un'attenzione neidettagli che spesso sul versante rockcantautorale si perdono. Una grossamano in fase produttiva arriva da JdFoster (già con Calexico e Capossela) eda un'ottima registrazione effettuata alCountry Side in Virginia. (s.cr.)

SHANTELANARCHY & ROMANCE (Essay/Audioglobe)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Il musicista e dj tedesco, ma diorigini romene, torna senza la suaBucovina Club Orkestar. Un disco incui l'anima gitana (e flamenca) si fondecon il pop anni Sessanta, una miscelache riesce sicuramente meglio quando aprendere il sopravvento è l'anima pop.Ma nel suo complesso un album chenon cattura, lasciando nell'ascoltatoreun senso di incompiutezza, della serievorrei ma non posso. O forse potreima non voglio? (b.mo.)

THOMAS WANDER/HARALDKLOSERWHITE HOUSE DOWN (Varese Sarabande)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ In pieno vigore da adrenalinafilmica, i due compositori Wander eKloser si divertono a scrivere lapartitura per White House Down. Nellacarrellata di luoghi o meglio di suonicomuni di una storia tappezzata ditensioni, lo score scorre benissimo cosìcome è; è divertente immaginarsi untourbillon di situazioni e in tempi di preelezioni, fra scaffalature apolitiche etormenti post berlusconiani. (m.ra.)

ZUFFANTILA QUARTA VITTIMA (Ams/Btf)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Da vent’anni Fabio Zuffantinuota nel mare della musica, e lacorposità della sua discografia ne èdimostrazione eloquente. La quartavittima, tributo al prog nella sua formapiù classica e pura, lancia citazioni metale rap, sguardi a Zappa, assoli floydiani.L’impasto è denso di atmosfere scure egotiche, sospeso in una morbidezzaquasi liquida. 7 brani da inchino, 12compagni forgiati da jazz, folk, metal,funk. E naturalmente dal prog. (l.d.s.)

L'estremo Ponente d'Italia, quellaporzione di terra che è (ed è stata)contemporaneamente montagna, mare,terra di passo verso i cugini d'Oltralpe ezona di forte radicamento per chi cercavala fuga, ha dato al folk revival molteoccasioni per rivelare piccoli tesorinascosti. Ancor più interessante, però,che continuino anche oggi letestimonianze, in libera declinazione fraculture liguri d'estremo occidente, eculture provenzali o «occitane». Alsecondo gruppo appartiene il gran lavorodi Silvio Peron, Eschandihà de vita(Peron/Felmay): diciassette musicisticoinvolti, anche da Marsiglia, 11 racconti(sempre in prima persona) via viaaffrontati con le parole specifiche e levarianti delle diverse valli. La Ramà,invece, in Mascharias (FolkClubEthnosuoni) racconta storie di incanti e ditenebre delle medesime zone con saggeaperture alla world music, e molto buongusto. Sono le stesse parole cheuseremmo per QB, opera prima dei liguriponentini Uribà (FolkClub Ethnosuoni):che recuperano canti e filastrocchepopolari, il tutto ben sapendo d'essere nelterzo millennio. (Guido Festinese)

Il canto jazz femminile si colora in Italia dinuove giovani interpreti cherappresentano al meglio l'intera gammaespressiva del moderno vocalismoconteporaneo, lavorando, in tre casiesemplari, su materiale tematicoconosciuto, attraverso il quale si sprigionauna ricerca sonora variegata, acominciare dalla sorprendente GaiaMatiuzzi che in Laut (Doppia I), assiemea Fabrizio Puglisi e Cristiano Calcagnilerilegge Eisler e Copeland, Steve Lacy eNina Simone, intonando poesie diBeaudelaire o Dickinson, con unvocalismo futiristicheggiante da new thingcameristica. Il jazz da camera di SteveSwallow invece con Lara Iacovini diRight Together (Abeat) diventa vivace eswingante grazie all'ggiunta delle liriche sutemi originali, completati da melodie diStrayhorn, Harrell, Mazzarino. Allaclassica song si dedica infine FedericaFoscari in The Nearness of You (Egea)affrontando jazz standard, bossanova,canzoni italiane con raffinato umoremainstream in compagnia di FabrizioBosso e del trio del citato GiovanniMazzarino, qui soprattutto encomiabilearrangiatore. (Guido Michelone)

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPALUCIANO DEL SETTEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESEGUIDO MICHELONEBRIAN MORDENLUIGI ONORIROBERTO PECIOLA

INDIE ITALIA

Celebrazionicapitoline

JAZZ

Gaia Matiuzzi,poetica sorpresa

INDIE ITALIA/2

Lo sguardo rockdell’adolescenzaIn occasione dell'uscita delcortometraggio Sports di Pietro Borzìrecuperiamo l'ep che l'ha ispirato, uscitola scorsa primavera per We WereNever Being Boring: Sports dei Lovethe Unicorn. Il dischetto è «un innoall'età giovane, alla voglia di perdersi»,all'amore, alle gite al mare, alle estatiche sembrano non finire mai. L'unica«pecca» che possiamo attribuire aquesti sei brani deliziosi è forseun'eccessiva uniformità, ma ci sta.Rende omaggio all'adolescenza anche ilrecente Forever Young dei Tiger! Shit!Tiger! Tiger! (To Lose La Track).L'influenza di Sonic Youth, My BloodyValentine, e Jesus and Mary Chain sisente tutta, ma il trio umbro schiva conmaestria l'effetto-fotocopia. Sparso degliAltro (La Tempesta) raccoglie i quattro7” dedicati alle stagioni che la bandpesarese ha pubblicato negli ultimi anni,e due brani inediti. Diciotto tracce permeno di mezz'ora di musica, ma piùidee di quante altre band hanno nelcorso di un’intera carriera. Affrettateviperché Sparso esce in edizione limitata,con solita bellissima copertina diAlessandro Baronciani. (Jessica Dainese)

Quando arriva l’aria del natale si scatenauna forza creativa senza eguali. Anche lecase discografiche cercano di approfittaredel momento per promuovere nuovi evecchi prodotti. E siamo felici però ditrovarne un paio che servono a lenirel’assenza di Enzo Jannacci e di LucioDalla. Forse non è proprio una festaascoltare la voce dell’ultimo Jannacci nelcd L’artista (Alabianca) fortemente volutodal figlio Paolo e da Tony Verona.L’ultimo sforzo è racchiuso in 11 canzoniche partono da lontano per arrivare finoagli eventi della maturità, in quella che sistava delineando come una profondavecchiaia. In questo viaggio di memorianon può mancare la strenna nataliziadedicata a Lucio Dalla. I solerti familiarid’intesa con gli eredi di Roberto Roversipresentano un mega cofanetto con 4 cdche ripercorre l’intensa e discussacarriera a quattro mani dei due autori.Con Nevica sulla mia mano (Sony Music) lastoria dei tre mitici lp è ripercorsa contanto degli inediti di Automobili che tantofecero incavolare Roversi, tanto dafirmarsi Noriso. In più, la vera chicca è inuna manciata di canzoni tratte dallarappresentazione Enzo Re. (Marco Ranaldi)

Excursus nella scena musicale romana.Partiamo dall'indie rock molto british deiThe Singers, che pubblicano il secondolavoro, omonimo, per CoseComuni. Undischetto godibile, con coretti pop equalche inserto electro che non guasta.Garage rock è invece quello a cui sidedicano i Drifting Mines in uscita agennaio con Comeback (Autoprod.). Quilo sguardo è rivolto dall'altra partedell'oceano, al delta del Mississippi, conbrani registrati in presa diretta.Chiudiamo la tappa capitolina con icelebratissimi Il Muro del Canto, dinuovo in pista con un secondo disco,Ancora ridi (Goodfellas). Purtroppo, cosìcome per l'esordio, non riusciamo aunirci ai peana della critica specializzata, ea noi il loro folk rock in salsa romanescanon convince. Nulla da eccepire sulleliriche, ma musicalmente troviamo il tuttoalquanto banale e legato a cliché triti eritriti. Infine, citazione per i ravennatiActionmen che tornano dopo anniconRamadama (Autunno Dischi). Evidente ilriferimento ai Queen, ma se il paragone èazzardato e perdente, il disco risulta nonmale e le influenze non si limitano aFreddie Mercury e c. (Roberto Peciola)

FOLK

Ponente ligure,i tesori nascosti

TRIBUTI

Dalla e Jannacciper natale

RANDY BRECKERTHE BRECKER BROTHERS BAND REUNION(Moosicus)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Celebre negli anni Settanta ilgruppo dei Brecker Bros vedeva unafront-line aggressiva con Michael (saxtenore) e Randy (tromba) sostenuta daritmiche elettriche a proporre unafusione tanto romantica quanto talvoltaimparentata persino con l'heavy metal.Tali perculiarità - dolcezza un po'smooth jazz e vigore anche in stile hardbop - vengono oggi ribadite da Randy(Michael è mancato nel 2007) in undisco autocelebrativo con undicimusicisti (come Mike Stern o DavidSanborn) amici o ex membri di unaband comunque da ricordare. (g.mic.)

VITTORIO GENNARIBLUES (Red Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Bisogna ringraziare l'etichettamilanese per aver dato fiducia a quelragazzo scanzonato, irriverente epassionale che risponde al nome diVittorio Gennari. Ottantuno primavereaddosso, sessanta di meno quandoimbraccia il suo contralto con fogaparkeriana, o alla Cannonball Adderley.Qui la scelta è tutta, come da titolo,attorno al blues: con un quartettod'accompagnatori preciso come unorologio, a partire da Daniele DiGregorio al vibrafono. (g.fe.)

KAYHAN KALHOR/ERDALERZINCANKULA KULLUK YAKISIR MI (Ecm/Ducale)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Kalhor è un affermato musicistairaniano virtuoso del kamancheh, ilviolino tradizionale del suo paese. Ilsodale turco Erzincan ha invece nelbaglama, sorta di oud del Bosforo, ilsuo strumento. Assieme registrano 14momenti in cui proseguono il discorsoartistico iniziato nel 2004 con The Wind.Ora in duo rispetto ad allora, eradicanoancor più la parte visionaria del loroincontro. Da ascoltare a luce spenta, unviaggio che porta davvero lontano neltempo e nello spazio. (g.di.)

LUCY LOVEDESPERATE DAYS OF DYNAMITE (SuperBillion)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ La cantante danese ha le cartein regola per il salto di qualità nel musicbusiness, e lo dimostra con questoterzo lavoro in cui unisce pop, electro ehip hop in maniera egregia. Brani chepotrebbero esser passati in rotazionenelle radio commerciali, e non, di tuttoil mondo, perché non hanno molto dainvidiare ad artiste più celebrate e note.Ascoltate l'ncedere del ritornello diSurrender o il singolo Prison per darviun'idea, anche se il pezzo migliore, V,arriva in chiusura di album. (r.pe.)