Alb er t Einstein E L L A R A U M E R O G I O R N A L I N O 2 01 3 … · 2015. 5. 17. · Alle...
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L a frase che da il titolo a
questo mio contributo
nasce dall‟osservazione di
una piccola comunità di
500 abitati circa, dove vi-
vono giovani animati da spirito di ini-
ziativa e che hanno come spirito gui-
da << l‟impegno come passione>>. È il
gruppo dell‟oratorio “Don Teofanio ”,
dove si riuniscono abitualmente i gio-
vani cellaresi per discutere, confron-
tarsi, proporsi e proporre iniziative
nuove, rivisitare e aggiornare le più
antiche. Sono giovani ricchi di idee e
vogliosi di agire che lasciano spaziare
la loro mente su argomenti politici-
sociali.
Ogni anno il calendario degli incontri
si arricchisce di manifestazioni che im-
C E L L A R A ( C S ) - V I A C H I E S A , 1 4 8 7 0 5 0 - N U M E R O G I O R N A L I N O 3 — 1 6 / 1 1 / 2 0 1 3
ORATORIO DON TEOFANIO PEDRETTI
Una scelta di vita: “L’impegno come passione”
“ A l l a r a d i c e d i o g n i a r t e e d i o g n i s c i e n z a v e r a v i è l a c o n s a p e v o l e z z a c h e i l l a t o m i s t e r i o s o d e l l a v i t a è i l p i ù b e l s e n t i m e n t o c h e c i s i a d a t o p r o v a r e ”
A l b e r t E i n s t e i n
L’impegno come passione ... 2-3
Di tutto e di più! 4-5
6-7
Sport 8
Cronaca 9
Penso che ... 10-11
12
Cucina / Bellezza Fai da te 13
Informazioni utili / Gioca
Jouer 14
“Giornalisti in Erba” 15
Manifesto Presepe Vivente
2013 16
RUBRICHE
Notizie di rilievo
● Un giorno di ordinaria follia;
● Medjugorie: esperienza di Don
Antonello insieme a Cristian
Filice;
● Un abbraccio vale più di mille
parole: Battipaglia 2013
● Svegliati Europa;
● Nonna, raccontami...
pegnano i cellaresi e
attirano la popolazio-
ne dei contradi vicini.
Ecco quindi rinnovar-
si il rito del Presepe
Vivente, la festa di
San Sebastiano, il Car-
nevale, le attività di
volontariato, la scuo-
la di inglese e tanto
altro. Ultima valida
iniziativa è la pubbli-
cazione “Alba Novella”. Che sorpresa!
Vedere giovani e giovanissimi , stu-
denti e universitari, lavoratori, in una
parola tutti quelli che sono sotto gli
“anta”, impegnati ad esporre le loro
idee, il loro modo di porsi dinanzi ad
avvenimenti e fatti. Un modo di ve-
dere nuovo coincidente, però, con
quello degli adulti consapevoli. La
cosa che più mi affascina e che am-
miro è il modo in cui questi giovani si
ricollegano al passato, non rinnegan-
dolo ma con spirito nuovo, ricordan-
do in ogni occasione le persone che
sono stati d‟esempio per il paese.
A volte mi sono chiesta a Cellara i
giovani respirano forse un‟aria diver-
sa da quella di altre comunità o c‟è
forse un DNA particolare trasmesso
dai genitori ai figli? La mia risposta è
che i giovani risentono dell‟ambiente
in cui vivono e soprattutto
dell‟educazione familiare. Mi è stata
confermata dall‟incontro con
un‟amica cellarese che alle mie frasi di
elogio per i giovani dell‟oratorio ag-
giungeva le sue riflessioni : “noi però –
intendendo i genitori – siamo sempre
vicino a loro e se occorre e possiamo li
aiutiamo collaborando”. Una lezione
di alta pedagogia questa, che andreb-
be sviluppata, spiegata e assimilata da
tutti gli adulti che ripetono, supina-
mente, di non aver fiducia nelle nuove
generazioni, per cui si sente sempre la
solita tiritera “i giovani di oggi, pur-
troppo sono poco affidabili”. A questa
facile espressione replicherei :“sono
così, perché gli adulti di oggi siamo
così!”. Invece i giovani come questi
sono veramente una speranza per noi
tutti; ci confortano e ci invitano a cre-
dere nell‟esistenza di valori che i pessi-
misti danno per perduti. Sono giovani
che sperano, lavorano, si impegnano,
credono, ma soprattutto sanno stare
uniti senza però perdere l‟abitudine al
confronto.
Anna Crocco
L a notizia è inaspetta-
ta, insolita, un fulmine
a ciel sereno. Da gio-
vedì 3 ottobre nel no-
stro piccolo borgo
non si hanno più tracce di un no-
stro compaesano, Davide Cozza,
Uno di Noi. L‟ansia, la preoccupa-
zione, i pensieri più spiacevoli, si
susseguono l‟un l‟altro nelle case
e per le strade di Cellara. La mo-
glie, i fratelli, i genitori, i nipoti da
quel giorno vivono momenti pie-
ni di angoscia e dolore attenuati
da attimi di speranza e di fede. Si,
perché è proprio da queste ultime
due parole che in primis loro, se-
guiti da tutti noi, dobbiamo trarre
la forza necessaria per uscire da
una situazione che ci vede sem-
pre più inquieti ma allo stesso
tempo inermi. Cosa possiamo fa-
re? Cosa si può fare? È questa la
domanda più ricorrente da quel
maledetto 3 ottobre da parte di
tutte le persone rimaste attonite
dall‟accaduto. Si deve stare il più
vicino possibile alla famiglia, rispettando ogni sua singola decisione e in-
coraggiandola a non mollare, a non dare tutto per scontato o per certo.
Non bisogna cadere nell‟errore di puntare il dito contro qualcuno o qual-
cosa, di ergerci a giudici universali, né a detective del film preferito, né bi-
sogna essere egoisti o ipocriti davanti all‟accaduto. I giornali locali e le
trasmissioni televisive hanno dedicato spazio all‟accaduto che di per se è
grave e difficile da spiegare. Cellara si è da sempre distinta per sentimenti
di unità, vicinanza, fratellanza in momenti difficili come anche in quelli
gioiosi e ricchi di comunione. La fiaccolata di martedì 15 ottobre è la pro-
Tutti per Uno
va più evidente e significativa del-
lo stato d‟animo di tutta la nostra
comunità, e ha visto tra l‟altro la
partecipazione di moltissime per-
sone accorse dai paesi più vicini
per dimostrare vicinanza ed affet-
to alla famiglia. Circa duecento
persone raccolte in una preghiera
silenziosa, in un‟occasione piena di
riflessioni e spunti personali,
un‟unicità di intenti che solo Cella-
ra può e sa dimostrare. Non c‟è
bisogno di prodigarsi fino
all‟estremo in azioni o parole che
neanche ci competono, c‟è biso-
gno di sperare e di avere fede, in-
vocando la giustizia divina di No-
stro Signore, protettore dell‟anima
e della ragione di un nostro Fratel-
lo imbattutosi un una delle mille
insidie che la vita può riservare,
uno dei tanti ostacoli da superare.
A noi sta solo aspettare e metterci
a disposizione dei suoi cari.
La Tempesta passerà.
GianMarco Andrieri
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L’impegno come passione …
Un abbraccio vale più di mille parole: Battipaglia 2013
I ragazzi dell'oratorio Don Teofanio Pedretti si sono
recati, nei giorni 5 e 6 ottobre 2013, presso il centro
missionario Stimmatino Euntes a Battipaglia, Saler-
no. Questo centro organizza da 20 anni incontri con
persone provenienti da tutto il mondo e da 5 anni
incontri tra i giovani. Quest'anno anche i ragazzi
dell‟oratorio cellarese hanno voluto partecipare al
convegno missionari per i giovani. La manifestazio-
ne ha insistito molto sull‟importanza di andare per le
strade del mondo, partendo dal ricordo della recen-
te GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) di Rio
de Janeiro.
Sabato 5 ottobre, una volta giunti tutti i gruppi par-
tecipanti, il gruppo scout di Battipaglia, che ha ani-
mato quasi interamente la manifestazione, ha dato
vita ad una calorosa accoglienza, con canti e balli.
Subito dopo, tutti i partecipanti sono stati divisi in 4
gruppi, riconoscibili per colori: il rosso, il giallo, il
bianco e il verde. Ogni colore corrispondeva ad un
profumo che veniva spruzzato sul polso e sul cartelli-
no di ognuno. Alle ore 17 è arrivato padre Raffaele
Giacopuzzi che ha raccontato il viaggio intrapreso
insieme ad altri missionari in Brasile e in altre parti
del mondo, e ha spiegato il perché della suddivisio-
ne in gruppi. In particolare ha invitato la platea a
mettere in funzione l‟olfatto affinché, tramite la di-
stinzione dei profumi, ognuno si disponesse nel pro-
prio gruppo di appartenenza. Poi i gruppi sono en-
trati in quattro stanze, a rotazione, in ognuna delle
quali si sarebbero svolte attività relative ai sensi
(escluso l’olfatto): udito, tatto, gusto e vista. Le squa-
dre hanno iniziato le attività che consistevano tutte
nel recupero e nella rivisitazione delle emozioni del-
la GMG attraverso discorsi, letture, strumenti musica-
li e cibi, che stimolavano i sensi. Ogni attività si con-
cludeva con appositi spezzoni di omelie di Papa
Francesco.
Dopo la cena, presso la palestra opera Bertoni si è
svolto il concerto di Padre Giacopuzzi, con canti ac-
compagnati dalla sua chitarra, per allietare la serata.
Domenica 6 ottobre, terminate le lodi, si è assistito
alle testimonianze dei giovani della GMG, durante le
quali alcuni oratori hanno addirittura recitato delle
parabole cristiane. Alle 10:30 tutti i giovani si sono re-
cati in piazza dove hanno inscenato un flashmob bal-
lando e cantando la sigla del convegno: “Vieni, andia-
mo, sulle strade del mondo”. A seguire tutti si sono
divisi per le strade di Battipaglia distribuendo abbracci
gratis, un gesto generoso rivolto a passanti sconosciu-
ti.
Contemporaneamente gli adulti potevano ascoltare le
testimonianze di giovani della GMG, di Rita Romano
(direttrice del carcere di Eboli) e Padre Donato Lovito
(missionario stimmatino).
Alle 15:30 la platea ha avuto la possibilità di incontra-
re ed ascoltare Don Luigi Merola, il c.d. prete
“Anticamorra”, sui metodi d‟accoglienza e di educa-
zione che adotta con i bambini della sua parrocchia
napoletana, e molto altro. Finito l‟interessante incon-
tro con Don Luigi, è iniziata la santa messa con la qua-
le si sono concluse le due splendide giornate, non
senza una torta celebrativa.
Tra le foto che raccontavano le varie missioni del cen-
tro Euntes, si potevano apprezzare alcune frasi che
riassumono perfettamente il senso dell‟opera missio-
naria e della preghiera: “Non ho dato altro che amo-
re e Dio mi restituirà soltanto amore”; “L'amore è un
frutto di stagione in ogni tempo”; “Pregare è fermarsi
un istante per sentire il soffio della vita e dell'amore,
per ricordare che è Dio che ci dona tutto”.
Maria Nicoletti
“Am ic izi a”
Dimmele le tue paure,
posso prenderti per mano e condurti dove le nebbie non s‟alzano nemmeno
e su noi gli alberi non hanno che cime;
ti conduco dove il passo mio si fa più vicino al tuo; non sentiamo altro
che questo nostro andare senza orizzonti.
Agata Cesario
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4
Di tutto e di più ...
Associazionismo: l’Italia che partecipa
Il quattro ottobre si festeggia uno dei santi più
popolari in Italia e nel mondo: San Francesco
d‟Assisi.
Giovanni Francesco Bernardone nacque ad
Assisi nel 1182 ca. e morì nel 1226. A France-
sco non mancava proprio niente: era ricco, bel-
lo, intelligente, figlio unico di un facoltoso mer-
cante di stoffe. Condusse da giovane una vita
spensierata e mondana e partecipò alla guerra
tra Assisi e Perugia.
Ma, al ritorno dalla guerra, il Signore bussò al
suo cuore e gli fece capire che i suoi beni e le
sue ricchezze sarebbero stati fonte di perdizio-
ne. Così egli rinunciò del tutto al suo stato so-
ciale agiato per abbracciare una vita povera,
dedicandosi soprattutto ad opere di carità tra i
lebbrosi.
Dio lo chiamò a seguire la strada che Egli ave-
va designato per lui. Nel 1208, Francesco iniziò
la sua predicazione, che lo portò per le strade
d‟Italia e del mondo e da cui nacquero tre di-
versi ordini, di cui due religiosi ed uno laico.
Nel settembre 1224, dopo 40 giorni di digiuno
e sofferenza affrontati con gioia, ricevette le
stigmate, i segni della crocifissione. La sua vita
continuò tra sofferenze fisiche ed una cecità
quasi totale, che non indebolirono tuttavia
quell'amore per Dio e per la creazione che be-
ne è espresso nel “Cantico delle Creature”, che
è la sua opera più conosciuta nella tradizione
letteraria italiana e che egli compose nel giardi-
no della chiesetta di San Damiano, immerso
nella bellezza della natura, che tanto amò.
Tra le tradizioni culturali che Francesco ci ha
lasciato, c‟è anche quella del presepe, che rea-
lizzò per la prima volta nella notte di Natale del
1223, a Greccio, dove realizzò il primo presepe
vivente della storia.
Papa Pio XII, nel 1939, lo proclamò Patrono
d‟Italia, insieme a Santa Caterina da Siena.
San Francesco è anche il patrono degli animali,
dei commercianti, degli ecologisti ed è protet-
San Francesco d’Assisi
tore dei lupetti e delle coccinelle nei gruppi
scout.
______________________________
Quando provo a parlare di San Francesco, fa-
cendo un po‟ di silenzio dentro di me, come in
un baleno, riaffiorano nella mia mente lontani
ricordi. Quando per la prima volta sentii parla-
re di questo Santo ero una bimbetta di sette
anni. Fu mia nonna, terziaria francescana, a
parlarmi di lui. Continuai poi negli anni a cono-
scerlo attraverso i frati della Chiesa di San Fran-
cesco d‟Assisi, in Cosenza: la carità, la gioia e la
pazienza, che questi frati esercitavano nei ri-
guardi dei poveri, era esemplare. Durante gli
studi scolastici, conobbi i suoi scritti.
Diventò per me un modello spirituale.
Dentro il mio cuore andò man mano crescen-
do il desiderio di conoscere Assisi, camminare
per le strade che segnarono i passi di San Fran-
cesco, vedere le case e tutto il paesaggio che
udirono il suono della sua voce, l‟eco delle sue
parole. Questo sogno lo realizzai qualche anno
fa, insieme a mio marito. Visitammo Assisi: fu
una tale emozione vedere quei luoghi! E quan-
do i miei occhi contemplarono il grande Croci-
fisso nella Chiesa di San Damiano, sentii risuo-
nare nel mio cuore le parole che il Crocifisso
disse a San Francesco: “Francesco, va, ripara la
mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina.”
Queste parole furono decisive per la sua vita…
ed anche per la mia!
Secondo il censimento Istat sul settore non profit del 2012, in Italia esistono ben
301.191 associazioni, di cui fanno parte cir-
ca 5 milioni di iscritti e volontari. E‟ un dato
evidentemente straordinario, utile a dimo-
strare la centralità del fenomeno associativo
nella società civile. Dallo stesso censimento
si apprende, inoltre, che in Calabria le asso-
ciazioni sono 7.963, di cui il 60,2% apparte-
nenti all‟area sport & cultura.
Mettendo momentaneamente da parte la
statistica, è opinione diffusa che la presenza
di associazioni non profit, di qualsivoglia na-
tura statutaria (culturale, politica, volontari-
stica, religiosa, assistenziale, sindacale, ecc.),
sia spesso sintomo di affermata educazione
civica e di partecipazione alla vita sociale.
Tali sentimenti sono alla base del fenomeno
associativo e quindi dell‟appartenenza ad
enti che non perseguono finalità lucrative.
Ed è spesso proprio l‟assenza di obiettivi lu-
crativi, talvolta considerata mera opzione
giuridica e formalistica, a fare la differenza.
E‟ il rifiuto del guadagno che porta un grup-
po di persone a puntare tutto sul capitale
umano, creandone una straordinaria risorsa,
espressione di sentimenti liberali e sponta-
nei: fare qualcosa per gli altri senza chiedere
di essere perciò contraccambiati.
Le associazioni non profit sono pertanto il
perno di una parte di società che si rifiuta di
inseguire il mito del profitto, di chi non fa mai niente per niente.
Ma un‟associazione, specie nei piccoli centri
(Cellara docet), può soprattutto fare da piatto della
bilancia alla mancanza di opportunità sociali. Può
essere strumento di perseguimento di hobby o di
avvio ai canali di partecipazione sociale, opportuni-
tà di confronto, occasione di conoscenza e di ap-
prendimento.
Si pensi a quei centri colpiti da criminalità dilagan-
te cui difficilmente si sfugge: anche qui operano le
associazioni ed è a volte vitale farne parte, perché
realtà di inclusione e convivenza civile.
Esse sono una via preferenziale verso
l‟affermazione delle persone umane e la realizza-
zione delle libertà individuali e collettive fonda-
mentali, sancite dalla carta costituzionale.
Appartenere ad un‟associazione può essere un
buon modo di sentirsi utili agli altri, ad un territo-
rio, nel presente quanto nel futuro. Rientra, infatti,
nella natura umana la necessità di aggregar-
si per realizzare insieme ciò che si ritiene uti-
le.
Che siano fondazioni per raccolte fondi,
centri culturali, comitati di difesa o di ricerca,
circoli ricreativi, organizzazioni di culto o sin-
dacali, partiti o movimenti, le associazioni
sono sempre, in qualsiasi caso, uno speciale
e potentissimo mezzo di cambiamento-
conservazione, di diffusione-isolamento, di
ausilio-disturbo … insomma di tutto e del
contrario di tutto. Ma sono, perciò stesso,
sempre mezzo di sviluppo della creatività ,
della libertà, della partecipazione interme-
diata alla vita di un popolo, di una nazione,
di uno stato.
In sintesi, se l‟Italia sprofonda sempre più
nell‟indifferenza e nel disincanto di chi non
ha più voglia di guardare oltre il proprio na-
so, i dati Istat non possono che far sorridere
e sperare. Essi dimostrano infatti l‟altra fac-
cia dell‟Italia, quella che ha ancora la forza
di mobilitarsi e di partecipare insieme.
Le associazioni sono il veicolo grazie al qua-
le fuggire il lato triste della solitudine e supe-
rare ogni limite individuale.
Salirvi a bordo può essere l‟occasione di una
vita!!
Cristian Mauro
5
Nonna, raccontami ...
Viviamo in un piccolo borgo che conta poco
più di 500 abitanti, ricco di tradizioni e creden-
ze, che, talvolta, agli occhi dei giovani sembra-
no ormai superate. Per conoscere il passato del
nostro paese ascoltiamo Antonia Capalbo, una
donna che conosce Cellara in tutte le sue sfac-
cettature.
Buonasera, sono felice che tu sia disposta a
parlare della “tua” Cellara (tua in senso di epo-
ca) a noi giovani, magari anche per dar vita ad
un confronto tra la “tua” e la “nostra” Cellara.
Innanzitutto, vorremmo sapere: come si svol-
geva la festa di San Sebastiano cinquant‟anni
fa? «Bene, la
novena si celebrava nella Chiesa di San Pietro
Apostolo, dove io ed Ugo ci siamo sposati. Ai
nostri tempi c‟era Umberto Pugliese che realiz-
zava una “Pullicinella” che sfilava per le strade
del paese il venerdì sera. La domenica di San
Sebastiano, la festa iniziava alle 8 del mattino
con la banda che svegliava i paesani per an-
nunciare l‟inizio della processione, un evento
che allietava tutti i cellaresi. A pranzo, le fami-
glie più abbienti ospitavano un musicante e
banchettavano con le classiche melanzane ri-
piene. Nel pomeriggio si svolgevano i giochi
popolari: c‟era la gara gastronomica; la
“ntinna”, un gioco che consisteva
nell‟appendere un prosciutto su un albero mol-
to alto; chi riusciva a prenderlo poteva portarlo
a casa come ricompensa, questo perché allora
c‟era povertà e tutti volevano prendere quel
poco ben di Dio; poi c‟era la corsa coi sacchi e
il gioco della campana. Era molto bella la festa,
infatti molti dei miei coetanei vorrebbero che si
ritornasse a festeggiare in quel modo. »
E le feste che organizzavate tra amici? Anche
voi andavate in discoteca il sabato sera? A pa-
squetta e a Ferragosto cosa facevate?
«Noi organizzavamo feste nell‟ambito del pae-
se. Per esempio, i matrimoni non si festeggia-
vano ai ristoranti, ma nei magazzini delle case;
si offrivano agli invitati bottigliette di vino, pa-
nini, spezzatino e prodotti locali. Ricordo che
per arricciarci i capelli, in queste occasioni di
festa, utilizzavamo i cavi della luce: toglievamo
il rame e poi vi avvolgevamo i capelli lasciando-
gli prendere la forma per una notte, e la matti-
na dopo i capelli erano ricci. A pasquetta e a
ferragosto creavamo un‟altalena e passavamo
il giorno a giocare tutti insieme. Durante
l‟inverno scavavamo buche nella terra e vi fa-
cevamo rotolare le noccioline, chi centrava la
buca vinceva. »
Il pomeriggio e la sera come li trascorrevate?
C‟erano i bar?
«Una volta non c‟erano i bar o i pub. C‟erano
tante attività commerciali a Cellara e i proprie-
tari di ognuna di queste davano a disposizione
un piccolo spazio all‟interno del negozio dove
tutti potevano incontrarsi e rilassarsi dopo una
giornata di lavoro. Questi centri di ritrovo era-
no detti dopo lavoro, ce n’erano tanti ed in di-
versi punti di Cellara. Là si andava per giocare
a carte, per bere un bicchiere di vino in compa-
gnia e per parlare del più e del meno. I ragazzi
giocavano al gioco del cuccuzzaro, al gioco
dell‟anello, con le noccioline ecc.. La sera, inve-
ce, ci riunivamo tutti, e gli adulti raccontavano
aneddoti e storielle che noi chiamavamo
“romanze”. Passavamo il tempo tutti insieme a
Cellara e ci divertivamo con poco. »
Cosa mi dici riguardo la scuola?
«La maggior parte di noi frequentava la scuola
fino alla quinta elementare. C‟era solo un bidel-
lo che si occupava della pulizia del paese e del
cimitero oltre a quella della scuola. Durante
l‟inverno, il bidello doveva portare la braciera
nelle aule perché non c‟erano termosifoni o
caminetti nella scuola. La scuola elementare è
stata ubicata in diversi palazzi di Cellara: a pa-
lazzo Cosco, a palazzo Montemurro e vicino il
Comune. Ogni classe aveva una maestra che
la accompagnava dalla prima fino alla quinta
elementare. Ricordo la Signorina Fera, una
maestra severa ma molto preparata; è stata in-
segnate di tanti cellaresi, molto temuta ma an-
che amata. Se qualcuno voleva fre-
quentare le scuole medie o superiori doveva
andare a Cosenza con la corriera. »
Ringrazio Toninella per il tempo che mi ha de-
dicato e soprattutto per le storie della tradizio-
ne e del passato cellarese che mi ha racconta-
to. È bello tenere conversazioni con persone
più grandi, dalle quali si possono trarre inse-
gnamenti importanti. È vero che a Cellara sono
cambiate molte cose, ma penso che ogni cam-
biamento attinga dalle cose passate e sia posi-
tivo per i grandi e per i giovani, così come è
positivo sapere come si viveva a Cellara
cinquant‟anni fa. Ascoltare aneddoti e racconti
sul passato del nostro paese è un modo molto
originale per ritornare al passato e rivivere mo-
menti che hanno segnato profondamente Cel-
lara e i suoi abitanti. A mio avviso è anche un
modo per riunire tutti, indifferentemente
dall‟età e dal vissuto che ognuno di noi si porta
sulle spalle.
Francesca Nicoletti
La semplicità e la letizia di San Francesco gui-
dano il mio cammino ogni giorno, ripeto le pa-
role della Preghiera Semplice: “Signore, fa‟ di
me strumento della Tua pace, dove è odio
ch‟io porti amore, dove è offesa ch‟io porti il
perdono…..”
Io credo che i santi non si debbano onorare
con fiori e lumini, ma percorrendo semplice-
mente la strada che loro hanno trovato per
giungere a Cristo Gesù. Si diventa santi non
per i miracoli, ma perché si è capaci di amare il
Signore con tutto il cuore ed amare il prossimo
più della nostra stessa vita. I santi si sono sem-
pre fidati delle parole che Gesù dice nel Van-
gelo: “Io sono la via, la verità e la vita. Chi crede
in me, compie le stesse cose che compio io, an-
zi ne farà di più grandi.”
Bisogna saper dimenticare noi stessi per guar-
dare l‟altro, che è nostro fratello e che ha biso-
gno d‟aiuto. Solo così riscopriremo il piacere di
sentirci felici. I beni materiali scompariranno,
perderanno di importanza, saranno solo stru-
menti, che non possiamo portare con noi.
Allora perché attaccarci alle cose piuttosto che
utilizzarle per il bene di tutti?
Sicuramente non è necessario rinunciare a tut-
to, come San Francesco. Ognuno di noi ha la
sua vita e la sua chiamata. E‟ importante che
noi ci adoperiamo nel nostro piccolo e nel vive-
re di tutti i giorni a fare del bene con la gioia e
la pace nel cuore.
Rosanna Foggia
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Ecologia: una filosofia di vita
Io canto … Per Te
La gioia di far parte della Corale “San Pietro Apostolo”
Musica è … Amore, passione, unione, forza,
speranza! Infinite definizioni possiamo dare a
questo dono, dono grazie al quale riusciamo a
collegare e raggiungere tutti gli angoli del
mondo, grazie al quale diverse civiltà si unisco-
no all‟unisono in un umile canto: la lode al Si-
gnore.
Non è forse la musica un dono del Signore?
Probabilmente è uno dei più bei doni che
l‟umanità abbia mai ricevuto: bisogna sempli-
cemente coltivarlo, ascoltando il nostro cuore.
Sant‟Agostino recitava: “Chi canta prega due
volte”. In effetti, a chi non piace cantare?
L‟illustre teologo aveva già compreso come lo-
dare il Signore sia in primo luogo una gioia
che può essere fortemente esaltata grazie alla
nobile arte del canto.
Ed è proprio questo il punto di partenza della
Corale “San Pietro Apostolo” di Cellara. Costi-
tuita oggi da dieci coristi, di cui due anche mu-
sicisti, nasce dall‟amore per il canto e dalla vo-
lontà di incontrarsi e stare insieme per far giun-
gere anche al cuore delle altre persone le sen-
sazioni di ognuno di loro, e gioire insieme nel
nome del Signore. Il loro repertorio spazia dai
canti più odierni a quelli più antichi della tradi-
zione cristiana, i quali a volte vengono rivisitati
rendendoli più vicini al proprio modo di vivere
la musica.
La felicità di poter cantare, magari insieme con
gli altri, è un appello che non possiamo ignora-
re. E quest‟appello è stato accolto dalla Corale:
è una grande soddisfazione per la nostra co-
munità avere un gruppo stabile che si riunisce
regolarmente per stare insieme e lodare Dio
cantando.
Certo non sempre è facile mantenere i vari im-
pegni ai quali si è chiamati quando si lavora, si
ha famiglia e la stanchezza è sempre in aggua-
to, però le emozioni provate in parecchie occa-
sioni ripagano dei sacrifici fatti. Far parte della
Corale è come appartenere ad una famiglia,
nella quale rifugiarsi sia nei momenti di gioia
sia in quelli di sconforto per ritrovare la pace e
la serenità che solo Lui, guida e riferimento, sa
offrire.
Ormai il canto per coloro, che animano la
S. Messa, è diventato una piacevole
“dipendenza”. Rappresenta, infatti, un modo
per sentirsi più vicini a Dio attraverso la melodi-
a della musica.
Mossi da questo spirito di comunione, i compo-
nenti del gruppo canoro accolgono calorosa-
mente chiunque voglia parteciparvi, per condi-
videre insieme la gioia di far parte della Corale
“San Pietro Apostolo”!
Emma Caferro
Domenico Spadafora
Il destino dell‟uomo è sempre stato legato in maniera
profonda alla natura. L‟uomo infatti, fin dai tempi anti-
chi, ha tratto sostentamento da essa rispettandola e
salvaguardandola.
Il progresso tecnologico ed industriale ha tuttavia de-
centrato l‟attenzione umana nei confronti della natura.
Oggi infatti gli esseri umani, accecati dalla sete di pote-
re e di ricchezza, hanno finito per considerare la natura
come un vero e proprio strumento attraverso cui sod-
disfare i propri interessi. Cosi facendo hanno dilapidato
risorse preziose, hanno modificato la composizione chi-
mica dell‟aria, hanno reso imbevibile gran parte delle
acque e hanno determinato cambiamenti climatici che
potrebbero rilevarsi catastrofici. Questo comportamen-
to dell‟uomo però ha importanti conseguenze sulla na-
tura. Essa infatti sempre più spesso vuole dare un se-
gnale, vuole ribellarsi all‟uomo che non la rispetta.
Continuamente si verificano infatti catastrofi naturali
che creano numerosi danni e vittime. Inoltre l‟uomo ha
preso l‟abitudine di considerare la natura come una
riserva inesauribile di risorse a cui attingere senza ri-
guardo. Un esempio sono le migliaia di foreste abbat-
tute per ricavarne legname. L‟uomo non ha tenuto
conto che le risorse che ha divorato non potranno es-
sere più ricreate. Oggi,infatti, con l‟aumento dei consu-
mi le risorse scarseggiano ed anzi alcune scompariran-
no in tempi piuttosto brevi. Negli ultimi decenni si pen-
sava che i giacimenti di petrolio fossero inesauribili e di
7
Dipendenti o indipendenti dai social network?
*Dipendenti dai Social Network:
-“Secondo lei i Social Network sono utili”? Perché?”
“Certo. Perché consentono a persone di diversi paesi di
comunicare tramite un semplice computer o un telefono”.
-“Lei è dipendente dai Social Network”?
“Si. Penso che i Social Network al mondo d‟oggi siano qualcosa di indi-
spensabile, senza i quali molte cose non esisterebbero”.
-“ Quali Social Network usa maggiormente”?
“Principalmente utilizzo Facebook, perché mi permette di condividere
pensieri e opinioni con i miei amici”.
-“Cosa pensa di chi è indipendente o usa poco i Social Network?
“Penso che non capiscono l‟utilità di questi, poiché sono dei mezzi di co-
municazioni molto importanti”.
*Indipendenti dai Social Network:
-“Secondo lei i Social Network sono utili? Perché”?
“Si, sono utili ma non indispensabili perché la gente non fa che pensare
ai Social Network anziché concentrarsi sulle vere cose della vita”.
-“Lei è dipendente dai Social Network”?
“No. Penso che i Social Network rovinino la società in quanto le persone,
tra di loro, non hanno più un contatto fisico
ma solo virtuale.”
-“Quali sono i Social Network che, secondo
lei, sono inutili rispetto ad altri”?
“Inutili sono Ask, Viber, Meeting e Witter.
Mentre Facebook penso sia più utili perché
grazie ad esso possiamo mantenere i contat-
ti con parenti e amici”.
Questa breve intervista è stata realizzata proprio per far capire come la gente ha idee e opinioni diverse sull‟utilità dei Social Network. Inoltre si può
dedurre che anche chi non dipende da essi, vi dedica una minima parte della propria giornata.
Alessia e Sebastiano
conseguenza che l‟energia fosse illimita-
ta. Ma la realtà ha smentito queste sup-
posizioni dal momento che le riserve
presenti sulla Terra sono destinate ad
esaurirsi nell‟arco di alcuni decenni. Per-
tanto è necessario reperire al più presto
nuove fonti di energia che possano, in
un futuro, sostituire o, quanto meno,
integrare quelle attualmente in uso. Una
soluzione potrebbero essere le fonti rin-
novabili cioè quelle inesauribili: il calore
del Sole, l‟acqua, il vento. Tuttavia, il loro
sfruttamento è, al momento, assai limita-
to perché forniscono energia in modo
intermittente. Questo significa che il loro
uso può contribuire a ridurre i consumi
di combustibile nelle centrali ma non
può sostituirle completamente. Il pro-
gressivo esaurimento dei giacimenti di
petrolio e soprattutto la crescita del prez-
zo del combustibile hanno indotto gli
Stati industrializzati ad individuare e
sfruttare fonti di energia rinnovabile per
risolvere i problemi energetici e ambien-
tali del futuro. Di fronte all‟ovvia consta-
tazione che le risorse sono limitate e che
prima o posi si esauriranno, non riman-
gono che due strade da prendere: quel-
la del risparmio e quella del riciclaggio
cioè del riutilizzo di materiali già utilizza-
ti. Risparmiare non è difficile, ma per po-
terlo fare occorre modificare tante picco-
le abitudini. Per esempio evitare di riscal-
dare la propria casa in maniera eccessiva
è un comportamento saggio, come pure
lo è servirsi il meno possibile
dell‟automobile, ricorrendo a mezzi pub-
blici o meglio spostandosi a piedi o in
bicicletta. Quando poi ci capita di far
scorrere inutilmente l‟acqua dal rubinet-
to per lunghi minuti, bisogna sempre
ricordare che in molte parti del mondo
quell‟acqua sarebbe preziosissima. In-
somma una serie di semplicissimi accor-
gimenti può ridurre di tanto gli sprechi
e la produzione di inquinamento.
Un‟altra arma importantissima per ridur-
re l‟inquinamento è quella del riciclag-
gio dei materiali usati. Separare i diversi
materiali per procedere al riciclaggio è
un‟operazione molto costosa, ma se si
effettua la raccolta differenziata, le cose
potranno cambiare in maniera radicale.
Ad esempio la carta riciclata permette di
evitare il taglio di moltissimi alberi.
Perché questi progetti diventino realtà
ci sarà bisogno di comportamenti re-
sponsabili. Non servirebbe a nulla di-
sporre di cassonetti per la raccolta diffe-
renziata se poi i cittadini continuassero
a gettare i rifiuti senza separarli o peg-
gio ancora se rinunciassero a servirsi
degli appositi contenitori per gettare i
rifiuti per strada. Dunque per poter dar
vita a tutti questi progetti dovrà essere
effettuata un‟efficacia campagna di sen-
sibilizzazione e di educazione attraverso
le famiglie, la scuola e la pubblicità.
L‟ecologia va intesa come una vera e
propria “filosofia di vita” ed è proprio
per questo motivo che bisogna ricorda-
re sempre che tutti hanno il dovere di
proteggere e salvaguardare la natura.
Tutti ne sono responsabili. Tutti nel loro
piccolo, anche solo attraverso piccoli
gesti, possono contribuire a migliorare
l‟ambiente in cui vivono. Tutti possono
impiegare le proprie energie non più
per distruggere ma per difendere la vi-
ta!
Giusy Cundari
I Social Network sono siti di aggregazione sociale che permettono agli utenti che vi accedono di far parte e di creare reti (networks) di individui
(social). Per capire, nello specifico, gli aspetti positivi e quelli negativi dei social, abbiamo intervistato alcuni cellaresi che hanno espresso la loro idea, met-
tendo a confronto dipendenti e indipendenti dai social network.
8
Sport
“Siamo nel Pallone!”
Salita colle d’Ascione
Nel weekend del 26-27-28 settembre si è svolta la settima edizione della cronoscalata automobilistica (Trofeo italiano di velocità di montagna)
“Cellara – Colle d‟Ascione”, organizzata dalla scuderia “Cosenza Corse” presieduta da Sergio Perri, assistito dal cellarese Giuseppe Carpino
(vicepresidente), dal direttore di gara Battaglia e suoi collaboratori, con il patrocinio della Provincia di Cosenza e del Comune di Cellara.
Al trofeo hanno preso parte oltre 100 piloti, molti dei quali provenienti da fuori provincia, suddivisi in quattro categorie in base alla cilindrata del
motore: gruppo minicar, gruppo E1, gruppo N, gruppo A. Venerdì 26 si sono svolte le verifiche tecniche presso l‟officina-concessionaria “Auto per
tutti”. A seguire, i piloti hanno potuto testare il circuito cellarese lungo 5,95 km. Nella mattina di sabato 27 si sono tenute le prove ufficiali divise in
due manches. Nelle prove il più veloce è risultato Domenico Cubeda su Osella p21, grazie al tempo di 2 minuti e 54 secondi; secondo miglior tem-
po per Carmelo Scaramozzino su Ligier BMW 3000, con 3 primi e 94
millesimi. Domenica 28, seguendo l‟ordine delle categorie, tutti i piloti
hanno dato vita alla gara ufficiale, in due manche. La gara è stata vin-
ta dal campione Carmelo Scaramozzino, già vincitore nel 2011 con
record della pista, con il tempo di 3 minuti e 1 secondo nella prima
manche e 3 minuti nella seconda manche. Da segnalare il terzo tem-
po nella categoria minicar, del cellarese Giuseppe Garritano su Fiat
126.
Le verifiche post-gara si sono tenute presso l‟officina Carpino di Cella-
ra.
Il weekend automobilistico, grazie anche alle ottime condizioni me-
teo, ha raccolto un grande numero di spettatori appassionati, soddi-
sfatti e già proiettati verso la prossima edizione.
Eugenio Orlando e Federico Mauro
Sempre più in crescita il numero delle donne che seguono e praticano attivamente il calcio, un tempo terreno maschile per antonomasia. Ma oggi
tra le tifose e le calciatrici spicca la voglia delle giovani cellaresi di creare una squadra, la loro “squadra di pallone”.
Circa un anno fa, mosse da senso di condivisione, voglia di divertirsi insieme facendo gruppo e soprattutto di imparare, anche un minimo, “a gioca-
re a calcio”, un gruppetto di “donzelle” cellaresi,con un‟età compresa tra i 14 e i 30 anni, hanno iniziato a rincorrere il pallone.
Questa squadra è un po‟ particolare perché non mira a giocare per vincere ma a giocare per divertirsi, per condividere anche solo un‟oretta insie-
me presso il campo sportivo “Valentino Altomare”. I loro allenamenti sono momenti di gioia perché frutto della passione che le accomuna, che, no-
nostante le critiche, non si è per
niente affievolita.
Il loro sogno sarebbe quello di mi-
gliorare sempre di più e perché no
magari un giorno partecipare ad un
torneo, per conoscere altre squadre
femminili e condividere con loro
questo gioco davvero bello.
Molti sono i paesani che le hanno
sostenute a cominciare da Sebastia-
no e Danilo Saporito ad Amedeo
Carpino, Enrico D‟Alessandro e per
ultimo, non di importanza, Luigi
Montemurro.
Dopo anni che il campo di Cellara
non veniva più calcato da piedi fem-
minili, ora ci sono queste ragazze,
queste giovani donne a dimostrare
che si può rendere femminile anche
un gioco, che per decenni è appar-
tenuto esclusivamente all‟emisfero
maschile.
Simona Altomare
9
Cronaca
Medjugorie: esperienza di Don Antonello insieme a Cristian Filice
Svegliati Europa
Si riceve e volentieri si pub-blica questa lettera, scritta da Don Antonello De Luca, al Direttore di Radio Maria, in occasione degli eventi verifi-catisi a Medjugorie il 26 set-tembre scorso, riguardanti il sig. Cristian Filice. Carissimo Padre Livio,
io sottoscritto Sacerdote An-
tonello De Luca Parroco del-
la parrocchia di Santa Barba-
ra in Piane Crati (Cosenza),
atteso davanti a Dio che:
giorno 26 settembre 2013
alle ore 14:00 presso la colli-
na delle apparizioni Podbrdo
presso Medjugorie sono stato testimone oculare
di un evento “straordinario” riguardante il Sig.
Cristian Filice di 37 anni sposato con Francesca
Labonia e padre di due bambini, e da circa sei
anni affetto da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofi-
ca). Da più di due anni costretto a muoversi solo
ed esclusivamente in carrozzina e nelle ore not-
turne supportato da respiratore polmonare non
invasivo, alimentato tramite PEG. Preciso che il
suddetto riconosciuto invalido al 100% era total-
mente dipendente dall‟aiuto degli altri ossia del-
la moglie Francesca.
Dopo una preghiera di Viçka nel corso della
testimonianza da suor Kornelia e dopo
un‟adorazione la notte del 25 quando si è sen-
tito pieno di un‟inesprimibile gioia al passaggio
di una stella cadente che ha attraversato il cie-
lo, ha voluto farsi accompagnare il giorno do-
po in carrozzina ai piedi della Collina delle ap-
parizioni. Lì, sentendosi interiormente chiama-
to, nei pressi della salita si è alzato in piedi e ha
mosso autonomamente i passi per salire ap-
poggiandosi – non sorretto – a noi cosa fisica-
mente impossibile per le sue condizioni: è sali-
to fino in cima insieme alla moglie e ai due
bambini, e alla presenza di altre tre persone,
Andrea Palummo autista del pullman, Massimi-
liano Punzo accompagnatore di Don Giovanni
Palmieri Cappellano presso il Cardarelli di Na-
poli. Alla vista della statua della Madonna è
scoppiato in lacrime. Inoltre attesto che al rien-
tro in Italia giorno 28 settembre, abbiamo subi-
to contattato i medici che hanno in cura Cri-
stian Filice presso il Policlinico Universitario Ma-
ter Domini di Catanzaro, i quali giorno 1 otto-
bre lo sottoponevano a visita obbiettiva dia-
gnostica e strumentale, costatando, nella loro
piena incredulità, un netto miglioramento del-
le condizioni fisiche, riservandosi però di pro-
durre documentazione ufficiale di totale guari-
gione, giorno sette novembre 2013 dopo
l‟esecuzione di una ulteriore esame elettromio-
grafico. Giorno 3 ottobre Cristian ha effettuato,
presso l‟unità di fisiopatologia respiratoria pres-
so l‟ospedale Mariano Santo di Cosenza, valu-
tazione spirometrica con misura dei MIP e dei
MEP. Il medico costatava ed accertava un note-
vole cambiamento delle condizioni respiratorie
tanto da arrivare a sospendere definitivamente
la ventilazione meccanica non invasiva nottur-
na. Inoltre si evidenzia il fatto che Cristian ha
iniziato, dalla data dell‟accaduto a nutrirsi nor-
malmente senza incorrere in nessun problema
di deglutizione annullando così l‟utilizzo della
PEG la quale giovedì 10 ottobre dopo valuta-
zione medica effettuata sempre dal Policlinico
di Catanzaro, i medici hanno ritenuto opportu-
no, visto le condizioni di Cristian e dopo gli esa-
mi diagnostici far rimuovere dai chirurghi la
PEG.
Di questi fatti narrati prontamente è stata infor-
mata l‟autorità ecclesiastica nella persona
dell‟Arcivescovo Metropolita dell‟Arci Diocesi di
Cosenza-Bisignano, Mons. Salvatore Nunnari.
Io Sacerdote resto a vostra completa disposizio-
ne per qualsiasi chiarimento in merito.
Uniti nella preghiera
Piane Crati lì 15/10/2013 “memoria di Santa
Teresa”
Don Antonello De Luca
Ogni giorno, in Sicilia e in altre regioni del Sud
Italia, giungono centinaia di migranti, che pro-
vengono dagli Stati dell‟Africa e del Medio O-
riente in cerca di opportunità, minuscole op-
portunità, che possano rendere la loro vita mi-
gliore. Ogni giorno, donne, bambini, giovani e
anziani s‟affidano al trafficante e criminale di
turno, alle barche senza mèta pur di incrociare
un destino meno crudele. Il 3 ottobre 2013 a
Lampedusa è avvenuta un‟autentica tragedia.
366 migranti sono morti affogati nel mare di
Lampedusa, a mezzo miglio dall‟Isola dei Co-
nigli. Quasi 600 persone venivano trasporta-
te da scafisti criminali su Barconi che possono
ospitare meno di cento persone.
Per gli immigrati l‟Italia rappresenta il porto
dell‟Europa, ma per loro è solo una fermata,
non punto di arrivo, ma di partenza. Una
continua partenza carica di speranza. Pur-
troppo però non sono liberi di andare da
nessuna parte e sono costretti a fermarsi e ad
occupare le località di sbarco.
Lampedusa è un’isola di 6 mila abitanti. E’
normale che la questione dell‟immigrazione
rappresenti un‟emergenza, in quanto sono 10
mila i profughi che giungono dal Sud del Mon-
do. “Se si ripartiscono 10mila persone tra 507
milioni di europei di 28 Paesi, la cosa si può fa-
re”. Queste sono le parole di Martin Schulz,
presidente del Parlamento europeo. Ma L‟Italia
non è in grado di far fronte all'emergenza im-
migrati e chiede aiuto all‟Europa. Il sindaco di
Lampedusa, Giusi Nicolini, è convinta che l'o-
perazione straordinaria Mare nostrum, attivata
in questi giorni, non sia una risposta adeguata
all'emergenza immigrazione nel Mediterraneo
e lo ha detto il 24 ottobre incontrando a Bru-
xelles il presidente del Parlamento europeo.
"Stamattina la Guardia costiera italiana ha sal-
vato 127 persone - ha detto - a largo di Lampe-
dusa, stipate in un barcone che aveva passato
indenne la barriera di ben cinque navi di 'Mare
nostrum' e del San Marco". Queste operazioni,
ha proseguito "possono aiutare a limitare i
naufragi, ma non possono evitarli". L'Italia tro-
va un forte alleato nel presidente nell'Europar-
lamento che dice: “Lampedusa è diventata il
simbolo della politica migratoria europea, che
ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero.
Questo non può più essere permesso. Lampe-
dusa deve essere il punto di svolta nella politi-
ca migratoria europea". La direzione è quella di
"sostenere i Paesi del Mediterraneo, nell'acco-
glienza e nell'organizzare, una buona sistema-
zione tra gli Stati membri". “Questa - scandisce -
è la solidarietà europea, e questo è ciò che de-
ve essere nella nostra agenda".
Nel 2002, in Italia è stata accolta la Legge Bossi
-Fini, la quale prevede l‟immediata espulsione
dal territorio dell‟extracomunitario - clandesti-
no e l‟immediato accompagnamento alla fron-
tiera da parte delle forze pubbliche. Questa
norma non aiuta evidentemente né l‟Italia né il
clandestino. In essa non vi è nessuno principio
di solidarietà. Il problema non è stato risolto,
non è stato placato o limitato, ma è stato i-
gnorato, portando L‟Italia a diventare il Pae-
se con il tasso di immigrati più alto del Conti-
nente. Sarebbe giusto e umano aiutare il mi-
grante non con la sola accoglienza, ma rico-
noscerlo come essere umano e da tale ga-
rantirgli la libertà di fuggire dalla guerra e
dalla carestia presenti nella terra da cui pro-
viene.
Per la prima volta nella storia del Cristianesi-
mo in Italia, il Nostro Papa Francesco, nei
mesi scorsi, è giunto nell‟isola di Lampedusa
con lo scopo di sensibilizzare la popolazione
a non dimenticare le persone che ogni giorno
muoiono in mare ed ad impedire che il feno-
meno dell‟immigrazione continui a mietere vit-
time.
Ciò che serve a sanare il dramma è
l‟emanazione di nuove norme europee che val-
gano per tutti, senza più delegare il dramma al
Paese di “prima accoglienza”.
Come può salvarsi un uomo se gli viene nega-
ta anche solo la SPERANZA?
Elisa Andrieri
10
Un giorno di ordinaria follia
Quella mattina quando ti svegli senti il pro-
fumo di un‟estate che è sui titoli di coda, ma
una strana sensazione muove qualcosa den-
tro di te. La settimana “calda” di Cellara,
quella di cui tutti parlano come l‟unica da
passare in questo paese, è iniziata già da un
pò, senti che anche questa sta per finire, che
porterà via l‟ultimo brandello di vacanza, di
relax. Eppure, c‟è sempre qualcosa di strano
che ti circola dentro e che distoglie la tua
mente dall‟ennesimo “the end” estivo che si
avvicina. Con in bocca ancora il gusto della
serata appena trascorsa cerchi di fare mente
locale, di capire da dove viene questa sensa-
zione di felicità che accompagna questo ri-
sveglio. Realizzi che oggi è venerdì, oggi so-
no le Pullicinelle, oggi per un cellarese è un
giorno speciale, probabilmente il più parti-
colare dell‟anno. Esci in paese e l‟aria è ma-
gica, con le prime persone che incontri fai
finta di niente ma dopo un pò il sorriso e-
splode sul viso, quando incontri qualcuno
che ha partecipato alla realizzazione dei pu-
pazzi, quando vedi qualcuno che questa se-
ra sarà accanto a te a intonare cori e a cor-
rere, o che, come diciamo noi, “a por-
ta” (trasporta uno dei pupazzi). Sono le 8 di
sera, i musicisti accordano gli strumenti, noi
ci prepariamo, c‟è chi corre con vestiti in ma-
no alla ricerca del travestimento più impen-
sabile, chi pensa a bere per arrivare abba-
stanza carico, chi gira per il paese e cerca
l‟angolo giusto per piazzare una bottiglia di
vino da riprendere poi durante la sfilata.
L‟appuntamento è per tutti lo stesso, 20.30
“alle scuole”, e allora si arriva lì, ad uno ad
uno vedi entrare tutti i ragazzi di Cellara, in
un paese così piccolo senti di essere cresciu-
to con chiunque, anche con chi ti passa 15
anni. Beh, questa sera queste sensazioni si
amplificano, questa sera tutto è più forte. Ti
senti carico come un bambino nonostante
gli anni che passano, ogni volta con lo spirito giusto
per onorare questa tradizione, ogni volta come se
fosse la prima, ogni volta con l‟ambizione di rendere
questa sfilata la migliore di sempre. Si fanno gli ultimi
ritocchi, si creano con la dovuta precisione le fessure
che daranno la possibilità a chi è all‟interno del pu-
pazzo di poter vedere la strada, si scatta la tradiziona-
le foto di massa accompagnata dal solito boato stile
stadio, finalmente si parte!
Si potrebbe definire come “un giorno di ordinaria fol-
lia” visto come trasforma giovani e adulti, visto come
tutti ci lasciamo trascinare da quell‟atmosfera, ma in
realtà parte tutto da molto prima. Fin dai primi giorni
di luglio quando senza troppe riunioni e senza trop-
pe parole ci si ritrova e si va a raccogliere canne di
bambù e rami di castagno, sembra che ognuno sap-
pia già cosa fare, sembra che tutti siano mossi da uno
spirito di appartenenza che va al di là della negligen-
za che può ovviamente condizionare la volontà di un
quindicenne, sedicenne che ha da poco concluso
l‟anno scolastico. Come in ogni cosa c‟è chi fa di più e
chi di meno, ma una cosa è tassativa, le Pullicinelle
vanno fatte e cascasse il mondo quel venerdì di fine
agosto, dopo più di un mese di duro lavoro, sono lì,
in fila pronte a dare spettacolo. Dispiace che
negli ultimi anni si sia un pò persa la voglia
di apprendere dei più giovani, quella voglia
che mi spingeva ad uscire di casa alle 3 del
pomeriggio per tornare poi nella tarda not-
te senza aver fatto niente di diverso che usa-
re nastro adesivo o colla. Dispiace che la mia
generazione non è stata in grado, ancora,
di trasmettere l‟entusiasmo giusto ai più gio-
vani, ma sono certo che riusciremo a farlo.
Sarebbe imperdonabile non portare avanti
una tradizione che diversifica così tanto la
nostra festa patronale da quelle dei paesi
limitrofi. Per ogni cellarese la Pullicinella è
un orgoglio, è quello che mi è stato traman-
dato ed è quello che cercherò, cercheremo
di portare avanti di anno in anno per non
arrivare mai all‟ultimo venerdì di agosto, con
l‟estate che sta per finire, e non sentire ad-
dosso quella strana sensazione di felicità.
La sfilata è giunta ormai al termine, i pupazzi
bruciano davanti a noi, formiamo un cer-
chio e urliamo in coro “cum‟era bella sa pul-
licinella” tra di noi c‟è chi si abbraccia, chi
urla e chi ancora ha voglia di ballare. Ci
guardiamo tutti soddisfatti, anche per
quest‟anno è andata. Ma intanto si cresce
con la consapevolezza che in questo piccolo
paesino della presila cosentina, almeno per
un giorno all‟anno, tutti possono tornare a
sentirsi bambini.
Mario Caputo
Penso che…
Condividiamo le nostre opinioni
Angolo Lettura: “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli ”
Stefano Lavori (traduzione dall'inglese “Steve Jobs”) e Stefano Vozzini (“Steve Wozniak”) sono amici e abitano
a Napoli. Il primo, Stefano Lavori, è chiamato anche „o gè (il genio) dai conoscenti dei Quartieri Spagnoli, ap-
punto dove abitano loro. I due decidono di avviare un‟attività commerciale: il sogno di Lavori è di creare un
computer ultra veloce, una “scheggia”. Vozzini pensa al design e al logo: una Q, una sola lettera ma con un
grande significato, stava ad indicare i Quartieri. Con una piccola cifra iniziale acquistano l‟occorrente per rea-
lizzare il primo computer, e con il ricavato della vendita ne potranno fare altri. Quando tutto sembra procede-
re secondo i piani, bussa alla loro porta la prima piaga italiana: la burocrazia. C‟erano diversi obblighi da ese-
guire prima di avviare un‟attività di quel genere, tipo l‟iscrizione alla Camera di Commercio e apertura posizio-
ne INPS, che costano una cifra abbastanza alta e che i due non possono permettersi, essendo ancora alle pri-
me armi. I due consultano un commercialista che suggerisce loro un prestito dalla banca. Ma le banche, si sa,
danno in prestito soldi a chi li ha già. Con la buona volontà e la grinta i due Stefano riescono a superare an-
che questo ostacolo, ma non è finita qui. Sembri che la sfortuna sia dalla loro parte. Alla porta del garage una
sera, bussa l‟ennesima piaga: la camorra. I camorristi li obbligano a pagare un pizzo di mille euro entro due
giorni. I due non sono disposti a cedere, così si rivolgono a un commissario che fa posizionare delle telecame-
re nel laboratorio, in modo da poter entrare in azione nel momento giusto. Dopo ore di attesa del giorno do-
po, i camorristi si presentano nel luogo e mentre escono dal garage con il pizzo in mano vengono arrestati
con una facilità assurda, come se niente fosse. Quando tutto sembrava finito, una mattina, Lavori fu svegliato
da un forte botto proveniente dal garage, una bomba aveva distrutto tutto, Stefano pensa subito che sia sta-
ta un‟azione vendicativa da parte degli altri camorristi del clan, così ai due Stefano fu consigliato di allontanar-
si da Napoli per un certo periodo di tempo per far calmare le acque vista la situazione che si era creata. I due
si troveranno, dopo due anni, nello stesso posto di sempre, con la stessa grinta e la voglia di un tempo.
Adele Carpino
11
Che la storia non insegni
Era il 15 marzo del 2011 quando per le strade di Damasco cominciavano a costituirsi piccoli gruppi volontari che, sull‟onda emotiva dei tumulti dell‟Africa Settentrionale, facevano sentire la loro voce contro il regime familistico-dittatoriale di Bashar Assad; allo stesso modo nella città di Darha, nella Siria meridionale, erano insorte delle rivolte dopo l‟arresto e la tortura di quattordici ragazzi imprigionati per aver scritto su un muro uno slogan che era solito ac-compagnare le rivoluzioni della “Primavera Araba” : «People want the do-wnfall of the regime». Le proteste, così, aumentavano di numero, moltiplican-dosi progressivamente nel Paese con richieste di maggiore libertà e democra-zia, nonché pretendendo le dimissioni del presidente Assad, il quale aveva ere-ditato la carica direttamente dal padre Hafiz Assad, noto per aver guidato la Siria per ben trent‟anni, soffocando ogni opposizione da quando il partito Ba‟th, unico partito di governo, controllava il Paese, ovvero a partire dal colpo di stato del 1963. Mentre le forze di polizia e l‟esercito, facendo leva sul divieto di manifestazioni pubbliche in vigore fin da quell‟anno, avevano represso du-ramente le proteste ferendo e uccidendo centinaia di persone, il presidente Assad rifiutava di dimettersi, preferendo, così, una resistenza ad oltranza. È dunque facile desumere che le cause dei disordini interni alla Siria e il conse-guente scoppio della guerra civile siano, pertanto, di origine politica. Per con-venzione cronologica la “Primavera Siriana” iniziava in questo contesto con le prime proteste pacifiche, emblema di quella massiccia ondata rivoluzionaria. Tuttavia, è proprio sul carattere pacifico delle proteste iniziali che vale la pena soffermare l‟attenzione: la guerra civile, infatti, non è scoppiata in Siria per un‟inspiegabile abiogenesi (generazione spontanea, ndr) socio-politica, ma ha da sempre rappresentato il drammatico risultato della repressione del dissenso ordinata da Assad, il quale, pur garantendo le riforme richieste dai cittadini ed esaltando il coraggioso popolo siriano capace di difendere in passato il Paese da complotti stranieri e terroristi, rimetteva soltanto in moto la macchina dell‟intolleranza e della violenza. Tali movimenti popolari hanno coinvolto, nel tempo, non solo l‟Unione Europea, la Lega Araba e l‟ONU, ma anche i Paesi confinanti come Israele. Nel corso dei mesi, allora, si sono susseguiti eventi senza soluzione di continuità e la Siria è diventata il teatro di uno scontro tra fazioni che ha ormai assunto tutti i caratteri della guerra civile, oltre che essere un banco di prova per le comunità internazionali, alle quali, genericamente, è stato richiesto il rifiuto dell‟intervento armato, a favore, invece, dell‟immediato intervento diplomatico, unica soluzione ammissibile secondo il diritto interna-zionale, in quanto in grado di costruire un progetto di pace che abbia come obiettivo primo la tutela della popolazione siriana, già vittima della guerra civi-le. Attualmente, la linea di demarcazione fra i cosiddetti “buoni” ed i cosiddetti “cattivi” sta progressivamente sfumandosi, e i tentativi di mediazione interna-zionale non sembrano destinati a sortire gli effetti agognati, costringendo de-cine di migliaia di siriani a mettersi in cammino, quasi allo sbaraglio, nella spe-ranza di trovare rifugio in qualche Paese disposto ad accoglierli. L‟ “inverno Siriano” dunque continua imperterrito nel suo corso, la primavera, invece, tar-da sempre più ad arrivare. Se la guerra in Siria è un fenomeno relativamente recente, i conflitti armati, in quella parte del mondo, hanno radici ben più anti-che. Infatti, 4500 anni fa, le Città-Stato mesopotamiche ingaggiarono una guerra che durò oltre un secolo. Successivamente all‟esercito assiro della metà del primo millennio a.C. , un ulteriore tentativo di organizzazione militare co-minciò a prendere forma in Europa, soprattutto in Grecia, territorio in cui la popolazione dominante si trovò costretta a fronteggiare con le armi la mino-ranza dorica, popolazione del nord. Considerato che questa guerra, rispetto alla quale godiamo di documentazione e testimonianze, si sia verificata ben 4500 anni fa, e che da allora, in maniera sempre più insistente e quasi prepo-tentemente gli esseri umani nella loro pienezza ed insipienza, si siano arrogati il diritto di parlare di “sviluppo”, “evoluzione” , “industrializzazione” e “crescita collettiva”, sarebbe assurdo, oggi, parlare di un concetto tanto obsoleto come la guerra, considerata fin dagli albori delle aggregazioni umane e sociali come l‟opzione più inutile ed impietosa. Già nell‟ormai lontano 1300 il filosofo teori-co dell‟assolutismo Thomas Hobbes sosteneva che lo stato naturale degli uo-mini fosse quello di guerra tutti contro tutti, in un contesto di perenne prevari-cazione, conflittualità e soprusi, contrariamente ad Aristotele che riteneva che l‟uomo fosse per natura un animale politico e sociale. Attualmente, la Costitu-
zione Italiana aborrisce la guerra come conseguenza di un‟ esperienza tragica che ha dilaniato il nostro territorio nazionale per trent‟anni, nell‟ambito dei soli due conflitti mondiali, affermando nell‟articolo 11 che l‟Italia ripugna manife-stamente la guerra come strumento di offesa degli altri popoli, usata solo spe-ciosamente come mezzo attraverso cui provvedere alla risoluzione delle con-troversie in un‟ottica nazionale così come internazionale. Allo stesso modo nel preambolo dell‟Onu si dichiara come le Nazioni Unite abbiano solennemente giurato di impegnarsi nel risollevare le generazioni dal flagello della guerra, nel rispetto dei diritti fondamentali dell‟uomo, garantiti in maniera improrogabile a prescindere che si tratti di nazioni grandi o piccole. Negli ultimi sessant‟anni si sono alternati sullo scenario mondiale episodi sfociati nel terrorismo, nella guerra che genera guerra e che rappresenta un modo di annientarsi tra popo-lazioni intere, prima ancora che tra eserciti o combattenti. Non si parla sola-mente di quella guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe, con i fucili, con i kamikaze in luoghi pubblici, ma di quel tipo di guerra che strangola ogni facoltà raziocinante dell‟uomo, di chi è convinto della sua utili-tà, in una visione improntata ad un interesse che, solo se concepito nei margi-ni della stupidità e dell‟assurdità, è atto al benessere delle popolazioni. Resta, tuttavia, un dato inoppugnabile: il fatto che, per quanto la guerra sia conside-rata uno strumento, essa rappresenta uno strumento che non funziona, mai. Perché? La risposta a questo quesito potrebbe avvalersi delle più svariate inter-pretazioni; molti potrebbero pensare che la tolleranza nei confronti di ciò che non deve essere tollerato, per principio o per cieca obbedienza ai valori arcai-cizzanti delle società, come una minoranza religiosa, un territorio oggetto di dispute politiche, una lotta tra faide e rappresentanti candidati al potere, sia in realtà una forma di ammissione dell‟uguale riconoscimento che si attribuisce alla parte in svantaggio; equiparando così le due parti, si verificherebbe una condizione per la quale non esisterebbe più il predominio esercitato da una delle due. Di conseguenza, si può pensare che la giustificazione alle guerre sia da rintracciarsi in un estremo senso di individualismo? In una così inenarrabile bramosia di potere capace di sforare nella più idiota criminalità? Sembrerebbe di sì, dal momento in cui i compromessi politici e i tentativi di giungere a con-clusioni ed accordi di pari opportunità tra due o più Paesi non esistono, o, quantomeno, vengono infranti, lasciando spazio ai cadaveri, alle bombe, alle case senza più tetti. In un‟età come quella odierna, in cui la tecnologia e lo svi-luppo stanno frettolosamente prendendo il sopravvento a discapito della natu-ralità dell‟uomo, ammettere l‟esistenza della guerra è sintomo di degrado mo-rale. Se è utopico pensare che un Iphone possa salvare il mondo, è altrettanto utopico credere che un drone o un carro armato, che di fatti distruggono ed uccidono, possano costituire una fonte di benessere e un punto di contatto tra le società. III millennio: infinità di conflitti sanguinosi e truculenti hanno deva-stato l‟umanità, imprimendo segni tangibili del loro passaggio, eppure, nono-stante i libri, nonostante la scuola, internet, il Papa, nonostante la cultura, l‟educazione, il rispetto e le realtà oggettive, si continua a partire per il fronte, a sottrarre bambini inermi alla gioia del gioco per imbracciare un fucile. E lo sco-po è quello di morire, solo questo, di incorrere in un suicidio predeterminato di uomini e popoli, senza mai poter dire di aver combattuto valorosamente e di aver conseguito un obiettivo in nome delle leggi e dei nostri diritti, perché le leggi sono degli uomini e quando queste perdono la loro funzionalità, gli uo-mini hanno il diritto nonché il dovere di abrogarle. Così, nelle nostre comode case, lontani dal fracasso degli spari, dalle polveri e dal sangue disperso, spro-fondati nelle poltrone, circondati dal calore degli amici e beati nella nostra im-perturbabilità, non dovremmo avere paura della guerra mentre ne ascoltiamo gli esiti al telegiornale, non dovremmo temere il razzismo o i razzisti, le bombe atomiche, le tragedie, i soccorsi sopraggiunti in ritardo, non dovremmo temere nemmeno i politici che emanano leggi a favore dei propri diritti e che poi si precludono proprio il diritto alla vita, né noi stessi quando, alla notizia della morte di 100 innocenti esordiamo solo dicendo: <<Poverini>>, né chi si dimen-tica che i nostri avi sono morti in guerra, che i nostri nonni sono rimasti orfani di guerra, non dovremmo temere le immagini e i suoni e le parole di tutti quelli che ci propinano la guerra come lo spettacolo delle 20:00 alla tv, dovremmo avere paura solo di una cosa: che la Storia non insegni. Stefy Bartucci
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Promesse spirituali
ritieni che il consiglio sia quello giusto, puoi seguirlo; magari consultati con un direttore spirituale. In ogni caso ogni proposta di miglio-ramento deve essere accolta unicamente se in linea con i tuoi obiettivi di vita e con il tuo cam-mino di perfezione, senza generare duplicità, doppiezza e scomposizione degli obiettivi fina-li. Ogni momento è quello giusto per iniziare un nuovo progetto in vista del tuo obiettivo e dei risultati che vuoi raggiungere. Prosegui sul-la via da seguire.
Giuseppe Fiore Marino
World wide Warhol
Abitudine a vedere il lato migliore. Prometto di vedere in ciascun altro il lato mi-gliore e di fargli sentire che in lui c‟è qualcosa di meraviglioso, un essere di luce. Questa promessa spirituale è un atteggiamen-to e una pratica. L‟aprirsi alla visione dell‟altro come soggetto da aiutare ci libera da molte fonti di egoismo. Ci apre alla virtù dell‟umiltà e della benevolenza. L‟incoraggiamento nel ve-dere negli altri il lato luminoso ci stimola a co-glierne un‟opportunità per noi stessi. Il tutto mantenendo la mente aperta e libera da pre-giudizi. Ognuno di noi ha dei limiti e nessuno è perfetto. Spesso la sera, quando rivedo la mia giornata, analizzo ogni azione con gratitudine, trovando risposte di crescita, senza eccessive auto-svalutazioni o sabotaggi interni. È uno stimolo a migliorare su un aspetto, e se riesco a portare un piccolo cambiamento nella mia vita, avendo ben chiaro l‟obiettivo da raggiungere, quella voce interna, la voce della coscienza, in fondo, che mi ha aiutato e rinforzato verso il raggiungimento del traguardo. Inoltre dedico gli ultimi cinque minuti, prima di addormentar-mi, alla visione della realizzazione di ciò che mi piace. È un‟abitudine fondamentale da ap-prendere. Prendi in mano la tua vita e fanne un capola-voro. Prometto di credere nella costruzione della mia vita come un capolavoro. Prendi in mano la tua vita e fanne un capola-voro in ogni momento. Me lo ha spiegato Gio-vanni Paolo II quando vivevo a Roma. Puoi au-mentare i momenti di soddisfazione ogni gior-no. Puoi essere te stesso in ogni momento e continuare a migliorarti. Trasforma a poco a poco la tua vita in un capolavoro. Vivrai in un oceano di gioia. Ogni sera indaga sugli aspetti e sulle abitudini costruttive. Verifica poco a po-co i risultati. Rendi feconde le tue giornate. O-gni vita è in sé un capolavoro, ogni essere vi-
vente è bellissimo. Con la forza dell‟amore rico-nosci il lato migliore in ciascuno. Dai il via libe-ra all‟apprezzamento dei suoi lati positivi. L‟occasione migliore è continuare a coltivare pensieri spirituali di miglioramento continuo. Quale miglior occasione se non quella di fre-quentare persone che la pensano come te? La tua vita e le tue amicizie esprimono chi sei den-tro. Un gruppo di persone spiritualmente vali-do e coordinato è d‟aiuto alla tua crescita inte-riore. Può fornirti un valido aiuto nel migliorare la tua efficienza personale.
Valuta liberamente che tipo di amicizie sceglie-re. Un consiglio di massima è dato dai tratti di affinità presenti nella propria personalità. Un valido aiuto è la teoria dell‟enneagramma, per la cui conoscenza dettagliata rimando a testi specifici. Cito il testo di Arnaldo Pan-grazzi “Sentieri verso la li-bertà” delle Edizioni Paoli-ne. Lo reputo un buon me-todo per conoscere meglio la propria personalità e quella degli altri intorno, e per cercare così le amicizie più giuste e collaborative. In ogni caso puoi semplice-mente usare il tuo intuito per valutare un consiglio fornito da un‟altra perso-na. Associati con persone con idee simili alle tue. Puoi assistere al tuo miglio-ramento progressivo ed alla costruzione di solidi legami di vera amicizia. Chiedi consiglio agli amici che hanno il tuo stesso o-rientamento e che deside-rano o hanno portato a compimento ciò che tu ri-tieni importante. Quando
Il fenomeno Warhol è in continua e imperitura espansione. Tutto ha inizio nei primi anni ‟50 del ‟900, quando l’artista dopo essersi laureato giunge
a New York e dà il via alla sua scalata verso il successo. Egli è la figura predominante della pop art che si sviluppa proprio in quegli anni, nel periodo
del boom economico. Secondo Andy l‟arte doveva essere considerata come una vera e propria merce da consumare, motivo per cui il bizzarro arti-
sta creava serigrafie con alternanza di colori e sculture ritraenti i prodotti della quotidianità dell‟epoca: Campbell‟s soup, Brillo, Coca-Cola. Tutto ciò
non tanto a scopo pubblicitario, quanto volto ad attirare l‟attenzione verso la società del consumo, a svuotare l‟immagine di un significato pretta-
mente artistico. Andy è un personaggio trasgressivo e fuori dagli schemi, ritenuto a tratti socialmente inaccettabile. Vi chiederete: perché? Ecco,
Warhol aveva in possesso un appartamento-studio, “The Factory”, lì prendevano vita foto, opere, cortometraggi e film che oltre a riprodurre mo-
menti di quotidianità, mostravano la cultura gay del tempo e le relazioni omosessuali. Nella Factory venivano ospitate figure illustri e famose, sog-
getti comuni, drag queen e persone che facevano uso di
droghe; tutti essi erano le “muse ispiratrici” di Andy, tra le
quali è maggiormente ricordata Edie Sedgwick. La War-hol mania intrisa di pop art non si è mai fermata, anzi ne-
gli anni ha assunto molteplici forme. La troviamo negli
street graffiti, negli elementi d’arredo e di design, nella
comunicazione mass-mediale (sia come utilizzo dei mes-
saggi a sfondo pubblicitario che come grafica in riviste e
siti), nella moda. Per mostrare quanto forte sia l‟aura ema-
nata dallo stile di Andy, è opportuno zoomare l‟ultimo
punto, la moda. Ebbene, brands come Versace, Dior, Fer-
ragamo e Balenciaga, hanno tratto ispirazione dalle ope-
re di Warhol per creare alcune collezioni, riproponendo
disegni e serigrafie dell‟artista, e portando in passerella
calzature fortemente somiglianti alle illustrazioni delle
“Warhol Shoes”. Sebbene la pop art possa apparentemen-
te trasmettere messaggi superficiali, il suo stile resterà uni-
co ed inconfondibile, come unico resterà il suo re, Andy
Warhol.
Chiara Toteda
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Torta di castagne e cioccolata
L’arte della cucina
Crespelle con funghi porcini
Ingredienti:
Farina di castagne 240 gr
Cacao in polvere amaro 60 gr
Zucchero 125 gr
5 uova medie
Lievito chimico in polvere 1 bustina (16 gr)
Latte fresco 300 ml
Preparazione: Mettete nella ciotola di un mixer le uova e lo zucchero, quindi sbattete i
due ingredienti fino a ridurli in una crema chiara e spumosa; unite il ca-
cao amaro setacciato assieme al lievito, inglobandoli delicatamente con
un mestolo. Setacciate la farina di castagne dentro ad una ciotola ca-
piente, quindi unite il latte mescolando fino ad ottenere una crema
densa, morbida e liscia, che verserete lentamente dentro al composto di
uova e cacao amalgamandola delicatamente, mescolando dal basso
verso l‟alto. Imburrate ed infarinate una teglia del diametro di cm 24 e
versate al suo interno l‟impasto della torta, quindi infornatela a 180° per
circa 45-50 minuti. Prima di sfornare la torta, fate una prova con uno
stecchino di legno: se, dopo averlo introdotto a fondo nella torta, ne
uscirà asciutto e pulito, po-
tete estrarre il dolce e la-
sciarlo intiepidire. Togliete-
lo dallo stampo e lasciatelo
raffreddare completamente
su di una gratella.
La torta di castagne e cioc-
colato è pronta!
Pasquale Gardi
Ingredienti:
4 uova
un litro di latte
240 g di farina
80 g di burro
800 g di funghi
misti
60 g di formaggio
tipo fontina
prezzemolo tritato,
aglio
sale
Pepe
Preparazione:
Sbattete le uova in una terrina e incorporatevi 200 g di farina e un pizzico
di sale, poi versate lentamente circa mezzo litro di latte: dovrete ottenere
una pastella fluida e omogenea. Lasciatela riposare per mezz'ora
Sciogliete 40 g di burro in una casseruola, unitevi la farina rimasta e tosta-
tela; aggiungete a filo il latte rimasto, caldo, portate a ebollizione, salate,
pepate e cuocete la salsa per una decina di minuti, mescolando.
Fate dorare uno spicchio d'aglio con 20 g di burro e rosolatevi i funghi,
puliti e tagliati a tocchetti, per una decina di minuti, finché avranno perso
gran parte dell'acqua di vegetazione; eliminate l'aglio, salate, pepate e
spolverate con un cucchiaio di prezzemolo.
Scaldate una padella antiaderente, imburrata, e versatevi un mestolino di
pastella; fate rapprendere la crespella e cuocete allo stesso modo le altre.
Foderate una tortiera di dimensioni adeguate con carta da forno e alter-
natevi, a strati, le crespelle e la besciamella mescolata con funghi e for-
maggio; terminate con il burro a fiocchetti e infornate a 180° per 20 mi-
nuti. Sfornate e servite.
Eugenio Nicoletti
Bellezza fai da te...
Mascara
Ingredienti:
Fase grassa: -macerato oleo vanilla 2,2gr -Cera 3 0,8gr -Cera candelilla 0,2gr -Ossido nero 1,1 gr (2 gr per mascara colorato) Fase acquosa: -Acqua 5gr -Gomma acacia 1,1gr Fase a freddo: -Fitocheratina 0,6gr -Conservante 3gcc
Preparazione: Versate in una ciotola la fase grassa e in una ciotola la fase acquosa. Mettete en-trambe le ciotole a bagnomaria fino allo scioglimento del contenuto. Versate la fase acquosa nella fase grassa e mescolate fino al raffreddamento del contenuto. Unite la fase a freddo. Versate il contenuto nell‟apposito contenitore e lasciate riposare. Il vostro mascara é pronto per l'utilizzo!
Michela Gallo
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Gioca Jouer a cura di Amedeo Carpino ed Enrico D’Alessandro
Informazioni utili
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Cucciolata di Cellara no molto, ma sopratutto mi man-
ca Cellara. In quel piccolo paese
godo di una libertà che qui non
posso avere. Adesso non mi resta
che aspettare le prossime vacan-
ze per tornare dove ho amici, pa-
renti e i miei bellissimi gatti, e sin-
ceramente non vedo l'ora.
Isabella Rinaldi
Entro, ed eccoli. Tre piccoli esseri-
ni pelosi attaccati alla pancia di
una gatta tigrata minuta, con du-
e occhi gialli enormi. Come erano
cresciuti dall'ultima volta!
La legnaia di mia nonna non era
cambiata molto. C'era solo meno
legna e un tavolo al centro pieno
di scatoloni. Cellara era sempre la
stessa: stesse persone, stesse ca-
se, stesso paesaggio stupendo.
I tre gattini bevevano il latte. Or-
mai erano la metà della mamma.
Andai a guardarli più da vicino e
subito Picci prese a fare le fusa.
Ora che sono a Roma mi manca-
Il mio primo giorno in un mondo diverso Quest'anno per me e per i miei coeta-nei sarà molto dura perchè finalmen-te iniziamo anche noi le scuole supe-riori. Ho insegnanti nuovi, compagni nuovi e ho l‟impressione che la scuola che ho scelto sia adatta a me. All‟istituto tecnico per geometri che frequento si studiano molte materie che mi attraggono e alla conclusione di questo percorso scolastico potrò svolgere un lavoro che adoro: il geo-metra. Ma la cosa più bella è quando arrivi il primo giorno a scuola, fai nuove co-noscenze e iniziano a nascere nuove amicizie. Il primo giorno alle superiori non si dimentica mai perchè ti senti molto felice, ti senti finalmente "grande", e soprattutto perchè ti senti molto a disagio non conoscendo le persone che potresti incontrare. Poi entri finalmente in classe e incontri i nuovi insegnanti che ti sembrano molto più severi ed esigenti rispetto a quelli delle scuole medie. All'inizio sei molto preoccupato ma appena inizi a conoscere i nuovi compagni scopri che ce n'erano tanti ancora più timidi, perciò superi l‟imbarazzo.
A ricreazione appena sceso nel cortile della scuola mi sono sentito come im-merso in un mare di paure e pensieri, osservato da tutti, mi sono sentito co-me quello più piccolo e insignificante. Ma allo stesso tempo ero contento perchè dopo tanta attesa ho iniziato anche io a frequentare le superiori. Luigi Nicoletti
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