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L a frase che da il titolo a questo mio contributo nasce dall‟osservazione di una piccola comunità di 500 abitati circa, dove vi- vono giovani animati da spirito di ini- ziativa e che hanno come spirito gui- da << l‟impegno come passione>>. È il gruppo dell‟oratorio “Don Teofanio ”, dove si riuniscono abitualmente i gio- vani cellaresi per discutere, confron- tarsi, proporsi e proporre iniziative nuove, rivisitare e aggiornare le più antiche. Sono giovani ricchi di idee e vogliosi di agire che lasciano spaziare la loro mente su argomenti politici- sociali. Ogni anno il calendario degli incontri si arricchisce di manifestazioni che im- C ELLARA (CS) - VIA CHIESA, 14 87050 -N UMERO GIORNALINO 3 16/11/ 2013 ORATORIO DON TEOFANIO PEDRETTI Una scelta di vita: “L’impegno come passione” “Alla radice di ogni arte e di ogni scienza vera vi è la consapevolezza che il lato misterioso della vita è il più bel sentimento che ci sia dato provare” Albert Einstein L’impegno come passione ... 2-3 Di tutto e di più! 4-5 6-7 Sport 8 Cronaca 9 Penso che ... 10-11 12 Cucina / Bellezza Fai da te 13 Informazioni utili / Gioca Jouer 14 “Giornalisti in Erba” 15 Manifesto Presepe Vivente 2013 16 RUBRICHE Notizie di rilievo Un giorno di ordinaria follia; Medjugorie: esperienza di Don Antonello insieme a Cristian Filice; Un abbraccio vale più di mille parole: Battipaglia 2013 Svegliati Europa; Nonna, raccontami... pegnano i cellaresi e attirano la popolazio- ne dei contradi vicini. Ecco quindi rinnovar- si il rito del Presepe Vivente, la festa di San Sebastiano, il Car- nevale, le attività di volontariato, la scuo- la di inglese e tanto altro. Ultima valida iniziativa è la pubbli- cazione “Alba Novella”. Che sorpresa! Vedere giovani e giovanissimi , stu- denti e universitari, lavoratori, in una parola tutti quelli che sono sotto gli “anta”, impegnati ad esporre le loro idee, il loro modo di porsi dinanzi ad avvenimenti e fatti. Un modo di ve- dere nuovo coincidente, però, con quello degli adulti consapevoli. La cosa che più mi affascina e che am- miro è il modo in cui questi giovani si ricollegano al passato, non rinnegan- dolo ma con spirito nuovo, ricordan- do in ogni occasione le persone che sono stati d‟esempio per il paese. A volte mi sono chiesta a Cellara i giovani respirano forse un‟aria diver- sa da quella di altre comunità o c‟è forse un DNA particolare trasmesso dai genitori ai figli? La mia risposta è che i giovani risentono dell‟ambiente in cui vivono e soprattutto dell‟educazione familiare. Mi è stata confermata dall‟incontro con un‟amica cellarese che alle mie frasi di elogio per i giovani dell‟oratorio ag- giungeva le sue riflessioni : “noi però – intendendo i genitori siamo sempre vicino a loro e se occorre e possiamo li aiutiamo collaborando”. Una lezione di alta pedagogia questa, che andreb- be sviluppata, spiegata e assimilata da tutti gli adulti che ripetono, supina- mente, di non aver fiducia nelle nuove generazioni, per cui si sente sempre la solita tiritera “i giovani di oggi, pur- troppo sono poco affidabili”. A questa facile espressione replicherei :“sono così, perché gli adulti di oggi siamo così!”. Invece i giovani come questi sono veramente una speranza per noi tutti; ci confortano e ci invitano a cre- dere nell‟esistenza di valori che i pessi- misti danno per perduti. Sono giovani che sperano, lavorano, si impegnano, credono, ma soprattutto sanno stare uniti senza però perdere l‟abitudine al confronto. Anna Crocco L a notizia è inaspetta- ta, insolita, un fulmine a ciel sereno. Da gio- vedì 3 ottobre nel no- stro piccolo borgo non si hanno più tracce di un no- stro compaesano, Davide Cozza, Uno di Noi. L‟ansia, la preoccupa- zione, i pensieri più spiacevoli, si susseguono l‟un l‟altro nelle case e per le strade di Cellara. La mo- glie, i fratelli, i genitori, i nipoti da quel giorno vivono momenti pie- ni di angoscia e dolore attenuati da attimi di speranza e di fede. Si, perché è proprio da queste ultime due parole che in primis loro, se- guiti da tutti noi, dobbiamo trarre la forza necessaria per uscire da una situazione che ci vede sem- pre più inquieti ma allo stesso tempo inermi. Cosa possiamo fa- re? Cosa si può fare? È questa la domanda più ricorrente da quel maledetto 3 ottobre da parte di tutte le persone rimaste attonite dall‟accaduto. Si deve stare il più vicino possibile alla famiglia, rispettando ogni sua singola decisione e in- coraggiandola a non mollare, a non dare tutto per scontato o per certo. Non bisogna cadere nell‟errore di puntare il dito contro qualcuno o qual- cosa, di ergerci a giudici universali, né a detective del film preferito, né bi- sogna essere egoisti o ipocriti davanti all‟accaduto. I giornali locali e le trasmissioni televisive hanno dedicato spazio all‟accaduto che di per se è grave e difficile da spiegare. Cellara si è da sempre distinta per sentimenti di unità, vicinanza, fratellanza in momenti difficili come anche in quelli gioiosi e ricchi di comunione. La fiaccolata di martedì 15 ottobre è la pro- Tutti per Uno va più evidente e significativa del- lo stato d‟animo di tutta la nostra comunità, e ha visto tra l‟altro la partecipazione di moltissime per- sone accorse dai paesi più vicini per dimostrare vicinanza ed affet- to alla famiglia. Circa duecento persone raccolte in una preghiera silenziosa, in un‟occasione piena di riflessioni e spunti personali, un‟unicità di intenti che solo Cella- ra può e sa dimostrare. Non c‟è bisogno di prodigarsi fino all‟estremo in azioni o parole che neanche ci competono, c‟è biso- gno di sperare e di avere fede, in- vocando la giustizia divina di No- stro Signore, protettore dell‟anima e della ragione di un nostro Fratel- lo imbattutosi un una delle mille insidie che la vita può riservare, uno dei tanti ostacoli da superare. A noi sta solo aspettare e metterci a disposizione dei suoi cari. La Tempesta passerà. GianMarco Andrieri

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L a frase che da il titolo a

questo mio contributo

nasce dall‟osservazione di

una piccola comunità di

500 abitati circa, dove vi-

vono giovani animati da spirito di ini-

ziativa e che hanno come spirito gui-

da << l‟impegno come passione>>. È il

gruppo dell‟oratorio “Don Teofanio ”,

dove si riuniscono abitualmente i gio-

vani cellaresi per discutere, confron-

tarsi, proporsi e proporre iniziative

nuove, rivisitare e aggiornare le più

antiche. Sono giovani ricchi di idee e

vogliosi di agire che lasciano spaziare

la loro mente su argomenti politici-

sociali.

Ogni anno il calendario degli incontri

si arricchisce di manifestazioni che im-

C E L L A R A ( C S ) - V I A C H I E S A , 1 4 8 7 0 5 0 - N U M E R O G I O R N A L I N O 3 — 1 6 / 1 1 / 2 0 1 3

ORATORIO DON TEOFANIO PEDRETTI

Una scelta di vita: “L’impegno come passione”

“ A l l a r a d i c e d i o g n i a r t e e d i o g n i s c i e n z a v e r a v i è l a c o n s a p e v o l e z z a c h e i l l a t o m i s t e r i o s o d e l l a v i t a è i l p i ù b e l s e n t i m e n t o c h e c i s i a d a t o p r o v a r e ”

A l b e r t E i n s t e i n

L’impegno come passione ... 2-3

Di tutto e di più! 4-5

6-7

Sport 8

Cronaca 9

Penso che ... 10-11

12

Cucina / Bellezza Fai da te 13

Informazioni utili / Gioca

Jouer 14

“Giornalisti in Erba” 15

Manifesto Presepe Vivente

2013 16

RUBRICHE

Notizie di rilievo

● Un giorno di ordinaria follia;

● Medjugorie: esperienza di Don

Antonello insieme a Cristian

Filice;

● Un abbraccio vale più di mille

parole: Battipaglia 2013

● Svegliati Europa;

● Nonna, raccontami...

pegnano i cellaresi e

attirano la popolazio-

ne dei contradi vicini.

Ecco quindi rinnovar-

si il rito del Presepe

Vivente, la festa di

San Sebastiano, il Car-

nevale, le attività di

volontariato, la scuo-

la di inglese e tanto

altro. Ultima valida

iniziativa è la pubbli-

cazione “Alba Novella”. Che sorpresa!

Vedere giovani e giovanissimi , stu-

denti e universitari, lavoratori, in una

parola tutti quelli che sono sotto gli

“anta”, impegnati ad esporre le loro

idee, il loro modo di porsi dinanzi ad

avvenimenti e fatti. Un modo di ve-

dere nuovo coincidente, però, con

quello degli adulti consapevoli. La

cosa che più mi affascina e che am-

miro è il modo in cui questi giovani si

ricollegano al passato, non rinnegan-

dolo ma con spirito nuovo, ricordan-

do in ogni occasione le persone che

sono stati d‟esempio per il paese.

A volte mi sono chiesta a Cellara i

giovani respirano forse un‟aria diver-

sa da quella di altre comunità o c‟è

forse un DNA particolare trasmesso

dai genitori ai figli? La mia risposta è

che i giovani risentono dell‟ambiente

in cui vivono e soprattutto

dell‟educazione familiare. Mi è stata

confermata dall‟incontro con

un‟amica cellarese che alle mie frasi di

elogio per i giovani dell‟oratorio ag-

giungeva le sue riflessioni : “noi però –

intendendo i genitori – siamo sempre

vicino a loro e se occorre e possiamo li

aiutiamo collaborando”. Una lezione

di alta pedagogia questa, che andreb-

be sviluppata, spiegata e assimilata da

tutti gli adulti che ripetono, supina-

mente, di non aver fiducia nelle nuove

generazioni, per cui si sente sempre la

solita tiritera “i giovani di oggi, pur-

troppo sono poco affidabili”. A questa

facile espressione replicherei :“sono

così, perché gli adulti di oggi siamo

così!”. Invece i giovani come questi

sono veramente una speranza per noi

tutti; ci confortano e ci invitano a cre-

dere nell‟esistenza di valori che i pessi-

misti danno per perduti. Sono giovani

che sperano, lavorano, si impegnano,

credono, ma soprattutto sanno stare

uniti senza però perdere l‟abitudine al

confronto.

Anna Crocco

L a notizia è inaspetta-

ta, insolita, un fulmine

a ciel sereno. Da gio-

vedì 3 ottobre nel no-

stro piccolo borgo

non si hanno più tracce di un no-

stro compaesano, Davide Cozza,

Uno di Noi. L‟ansia, la preoccupa-

zione, i pensieri più spiacevoli, si

susseguono l‟un l‟altro nelle case

e per le strade di Cellara. La mo-

glie, i fratelli, i genitori, i nipoti da

quel giorno vivono momenti pie-

ni di angoscia e dolore attenuati

da attimi di speranza e di fede. Si,

perché è proprio da queste ultime

due parole che in primis loro, se-

guiti da tutti noi, dobbiamo trarre

la forza necessaria per uscire da

una situazione che ci vede sem-

pre più inquieti ma allo stesso

tempo inermi. Cosa possiamo fa-

re? Cosa si può fare? È questa la

domanda più ricorrente da quel

maledetto 3 ottobre da parte di

tutte le persone rimaste attonite

dall‟accaduto. Si deve stare il più

vicino possibile alla famiglia, rispettando ogni sua singola decisione e in-

coraggiandola a non mollare, a non dare tutto per scontato o per certo.

Non bisogna cadere nell‟errore di puntare il dito contro qualcuno o qual-

cosa, di ergerci a giudici universali, né a detective del film preferito, né bi-

sogna essere egoisti o ipocriti davanti all‟accaduto. I giornali locali e le

trasmissioni televisive hanno dedicato spazio all‟accaduto che di per se è

grave e difficile da spiegare. Cellara si è da sempre distinta per sentimenti

di unità, vicinanza, fratellanza in momenti difficili come anche in quelli

gioiosi e ricchi di comunione. La fiaccolata di martedì 15 ottobre è la pro-

Tutti per Uno

va più evidente e significativa del-

lo stato d‟animo di tutta la nostra

comunità, e ha visto tra l‟altro la

partecipazione di moltissime per-

sone accorse dai paesi più vicini

per dimostrare vicinanza ed affet-

to alla famiglia. Circa duecento

persone raccolte in una preghiera

silenziosa, in un‟occasione piena di

riflessioni e spunti personali,

un‟unicità di intenti che solo Cella-

ra può e sa dimostrare. Non c‟è

bisogno di prodigarsi fino

all‟estremo in azioni o parole che

neanche ci competono, c‟è biso-

gno di sperare e di avere fede, in-

vocando la giustizia divina di No-

stro Signore, protettore dell‟anima

e della ragione di un nostro Fratel-

lo imbattutosi un una delle mille

insidie che la vita può riservare,

uno dei tanti ostacoli da superare.

A noi sta solo aspettare e metterci

a disposizione dei suoi cari.

La Tempesta passerà.

GianMarco Andrieri

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L’impegno come passione …

Un abbraccio vale più di mille parole: Battipaglia 2013

I ragazzi dell'oratorio Don Teofanio Pedretti si sono

recati, nei giorni 5 e 6 ottobre 2013, presso il centro

missionario Stimmatino Euntes a Battipaglia, Saler-

no. Questo centro organizza da 20 anni incontri con

persone provenienti da tutto il mondo e da 5 anni

incontri tra i giovani. Quest'anno anche i ragazzi

dell‟oratorio cellarese hanno voluto partecipare al

convegno missionari per i giovani. La manifestazio-

ne ha insistito molto sull‟importanza di andare per le

strade del mondo, partendo dal ricordo della recen-

te GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) di Rio

de Janeiro.

Sabato 5 ottobre, una volta giunti tutti i gruppi par-

tecipanti, il gruppo scout di Battipaglia, che ha ani-

mato quasi interamente la manifestazione, ha dato

vita ad una calorosa accoglienza, con canti e balli.

Subito dopo, tutti i partecipanti sono stati divisi in 4

gruppi, riconoscibili per colori: il rosso, il giallo, il

bianco e il verde. Ogni colore corrispondeva ad un

profumo che veniva spruzzato sul polso e sul cartelli-

no di ognuno. Alle ore 17 è arrivato padre Raffaele

Giacopuzzi che ha raccontato il viaggio intrapreso

insieme ad altri missionari in Brasile e in altre parti

del mondo, e ha spiegato il perché della suddivisio-

ne in gruppi. In particolare ha invitato la platea a

mettere in funzione l‟olfatto affinché, tramite la di-

stinzione dei profumi, ognuno si disponesse nel pro-

prio gruppo di appartenenza. Poi i gruppi sono en-

trati in quattro stanze, a rotazione, in ognuna delle

quali si sarebbero svolte attività relative ai sensi

(escluso l’olfatto): udito, tatto, gusto e vista. Le squa-

dre hanno iniziato le attività che consistevano tutte

nel recupero e nella rivisitazione delle emozioni del-

la GMG attraverso discorsi, letture, strumenti musica-

li e cibi, che stimolavano i sensi. Ogni attività si con-

cludeva con appositi spezzoni di omelie di Papa

Francesco.

Dopo la cena, presso la palestra opera Bertoni si è

svolto il concerto di Padre Giacopuzzi, con canti ac-

compagnati dalla sua chitarra, per allietare la serata.

Domenica 6 ottobre, terminate le lodi, si è assistito

alle testimonianze dei giovani della GMG, durante le

quali alcuni oratori hanno addirittura recitato delle

parabole cristiane. Alle 10:30 tutti i giovani si sono re-

cati in piazza dove hanno inscenato un flashmob bal-

lando e cantando la sigla del convegno: “Vieni, andia-

mo, sulle strade del mondo”. A seguire tutti si sono

divisi per le strade di Battipaglia distribuendo abbracci

gratis, un gesto generoso rivolto a passanti sconosciu-

ti.

Contemporaneamente gli adulti potevano ascoltare le

testimonianze di giovani della GMG, di Rita Romano

(direttrice del carcere di Eboli) e Padre Donato Lovito

(missionario stimmatino).

Alle 15:30 la platea ha avuto la possibilità di incontra-

re ed ascoltare Don Luigi Merola, il c.d. prete

“Anticamorra”, sui metodi d‟accoglienza e di educa-

zione che adotta con i bambini della sua parrocchia

napoletana, e molto altro. Finito l‟interessante incon-

tro con Don Luigi, è iniziata la santa messa con la qua-

le si sono concluse le due splendide giornate, non

senza una torta celebrativa.

Tra le foto che raccontavano le varie missioni del cen-

tro Euntes, si potevano apprezzare alcune frasi che

riassumono perfettamente il senso dell‟opera missio-

naria e della preghiera: ­“Non ho dato altro che amo-

re e Dio mi restituirà soltanto amore”; “L'amore è un

frutto di stagione in ogni tempo”; “Pregare è fermarsi

un istante per sentire il soffio della vita e dell'amore,

per ricordare che è Dio che ci dona tutto”.

Maria Nicoletti

“Am ic izi a”

Dimmele le tue paure,

posso prenderti per mano e condurti dove le nebbie non s‟alzano nemmeno

e su noi gli alberi non hanno che cime;

ti conduco dove il passo mio si fa più vicino al tuo; non sentiamo altro

che questo nostro andare senza orizzonti.

Agata Cesario

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Di tutto e di più ...

Associazionismo: l’Italia che partecipa

Il quattro ottobre si festeggia uno dei santi più

popolari in Italia e nel mondo: San Francesco

d‟Assisi.

Giovanni Francesco Bernardone nacque ad

Assisi nel 1182 ca. e morì nel 1226. A France-

sco non mancava proprio niente: era ricco, bel-

lo, intelligente, figlio unico di un facoltoso mer-

cante di stoffe. Condusse da giovane una vita

spensierata e mondana e partecipò alla guerra

tra Assisi e Perugia.

Ma, al ritorno dalla guerra, il Signore bussò al

suo cuore e gli fece capire che i suoi beni e le

sue ricchezze sarebbero stati fonte di perdizio-

ne. Così egli rinunciò del tutto al suo stato so-

ciale agiato per abbracciare una vita povera,

dedicandosi soprattutto ad opere di carità tra i

lebbrosi.

Dio lo chiamò a seguire la strada che Egli ave-

va designato per lui. Nel 1208, Francesco iniziò

la sua predicazione, che lo portò per le strade

d‟Italia e del mondo e da cui nacquero tre di-

versi ordini, di cui due religiosi ed uno laico.

Nel settembre 1224, dopo 40 giorni di digiuno

e sofferenza affrontati con gioia, ricevette le

stigmate, i segni della crocifissione. La sua vita

continuò tra sofferenze fisiche ed una cecità

quasi totale, che non indebolirono tuttavia

quell'amore per Dio e per la creazione che be-

ne è espresso nel “Cantico delle Creature”, che

è la sua opera più conosciuta nella tradizione

letteraria italiana e che egli compose nel giardi-

no della chiesetta di San Damiano, immerso

nella bellezza della natura, che tanto amò.

Tra le tradizioni culturali che Francesco ci ha

lasciato, c‟è anche quella del presepe, che rea-

lizzò per la prima volta nella notte di Natale del

1223, a Greccio, dove realizzò il primo presepe

vivente della storia.

Papa Pio XII, nel 1939, lo proclamò Patrono

d‟Italia, insieme a Santa Caterina da Siena.

San Francesco è anche il patrono degli animali,

dei commercianti, degli ecologisti ed è protet-

San Francesco d’Assisi

tore dei lupetti e delle coccinelle nei gruppi

scout.

______________________________

Quando provo a parlare di San Francesco, fa-

cendo un po‟ di silenzio dentro di me, come in

un baleno, riaffiorano nella mia mente lontani

ricordi. Quando per la prima volta sentii parla-

re di questo Santo ero una bimbetta di sette

anni. Fu mia nonna, terziaria francescana, a

parlarmi di lui. Continuai poi negli anni a cono-

scerlo attraverso i frati della Chiesa di San Fran-

cesco d‟Assisi, in Cosenza: la carità, la gioia e la

pazienza, che questi frati esercitavano nei ri-

guardi dei poveri, era esemplare. Durante gli

studi scolastici, conobbi i suoi scritti.

Diventò per me un modello spirituale.

Dentro il mio cuore andò man mano crescen-

do il desiderio di conoscere Assisi, camminare

per le strade che segnarono i passi di San Fran-

cesco, vedere le case e tutto il paesaggio che

udirono il suono della sua voce, l‟eco delle sue

parole. Questo sogno lo realizzai qualche anno

fa, insieme a mio marito. Visitammo Assisi: fu

una tale emozione vedere quei luoghi! E quan-

do i miei occhi contemplarono il grande Croci-

fisso nella Chiesa di San Damiano, sentii risuo-

nare nel mio cuore le parole che il Crocifisso

disse a San Francesco: “Francesco, va, ripara la

mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina.”

Queste parole furono decisive per la sua vita…

ed anche per la mia!

Secondo il censimento Istat sul settore non profit del 2012, in Italia esistono ben

301.191 associazioni, di cui fanno parte cir-

ca 5 milioni di iscritti e volontari. E‟ un dato

evidentemente straordinario, utile a dimo-

strare la centralità del fenomeno associativo

nella società civile. Dallo stesso censimento

si apprende, inoltre, che in Calabria le asso-

ciazioni sono 7.963, di cui il 60,2% apparte-

nenti all‟area sport & cultura.

Mettendo momentaneamente da parte la

statistica, è opinione diffusa che la presenza

di associazioni non profit, di qualsivoglia na-

tura statutaria (culturale, politica, volontari-

stica, religiosa, assistenziale, sindacale, ecc.),

sia spesso sintomo di affermata educazione

civica e di partecipazione alla vita sociale.

Tali sentimenti sono alla base del fenomeno

associativo e quindi dell‟appartenenza ad

enti che non perseguono finalità lucrative.

Ed è spesso proprio l‟assenza di obiettivi lu-

crativi, talvolta considerata mera opzione

giuridica e formalistica, a fare la differenza.

E‟ il rifiuto del guadagno che porta un grup-

po di persone a puntare tutto sul capitale

umano, creandone una straordinaria risorsa,

espressione di sentimenti liberali e sponta-

nei: fare qualcosa per gli altri senza chiedere

di essere perciò contraccambiati.

Le associazioni non profit sono pertanto il

perno di una parte di società che si rifiuta di

inseguire il mito del profitto, di chi non fa mai niente per niente.

Ma un‟associazione, specie nei piccoli centri

(Cellara docet), può soprattutto fare da piatto della

bilancia alla mancanza di opportunità sociali. Può

essere strumento di perseguimento di hobby o di

avvio ai canali di partecipazione sociale, opportuni-

tà di confronto, occasione di conoscenza e di ap-

prendimento.

Si pensi a quei centri colpiti da criminalità dilagan-

te cui difficilmente si sfugge: anche qui operano le

associazioni ed è a volte vitale farne parte, perché

realtà di inclusione e convivenza civile.

Esse sono una via preferenziale verso

l‟affermazione delle persone umane e la realizza-

zione delle libertà individuali e collettive fonda-

mentali, sancite dalla carta costituzionale.

Appartenere ad un‟associazione può essere un

buon modo di sentirsi utili agli altri, ad un territo-

rio, nel presente quanto nel futuro. Rientra, infatti,

nella natura umana la necessità di aggregar-

si per realizzare insieme ciò che si ritiene uti-

le.

Che siano fondazioni per raccolte fondi,

centri culturali, comitati di difesa o di ricerca,

circoli ricreativi, organizzazioni di culto o sin-

dacali, partiti o movimenti, le associazioni

sono sempre, in qualsiasi caso, uno speciale

e potentissimo mezzo di cambiamento-

conservazione, di diffusione-isolamento, di

ausilio-disturbo … insomma di tutto e del

contrario di tutto. Ma sono, perciò stesso,

sempre mezzo di sviluppo della creatività ,

della libertà, della partecipazione interme-

diata alla vita di un popolo, di una nazione,

di uno stato.

In sintesi, se l‟Italia sprofonda sempre più

nell‟indifferenza e nel disincanto di chi non

ha più voglia di guardare oltre il proprio na-

so, i dati Istat non possono che far sorridere

e sperare. Essi dimostrano infatti l‟altra fac-

cia dell‟Italia, quella che ha ancora la forza

di mobilitarsi e di partecipare insieme.

Le associazioni sono il veicolo grazie al qua-

le fuggire il lato triste della solitudine e supe-

rare ogni limite individuale.

Salirvi a bordo può essere l‟occasione di una

vita!!

Cristian Mauro

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Nonna, raccontami ...

Viviamo in un piccolo borgo che conta poco

più di 500 abitanti, ricco di tradizioni e creden-

ze, che, talvolta, agli occhi dei giovani sembra-

no ormai superate. Per conoscere il passato del

nostro paese ascoltiamo Antonia Capalbo, una

donna che conosce Cellara in tutte le sue sfac-

cettature.

Buonasera, sono felice che tu sia disposta a

parlare della “tua” Cellara (tua in senso di epo-

ca) a noi giovani, magari anche per dar vita ad

un confronto tra la “tua” e la “nostra” Cellara.

Innanzitutto, vorremmo sapere: come si svol-

geva la festa di San Sebastiano cinquant‟anni

fa? «Bene, la

novena si celebrava nella Chiesa di San Pietro

Apostolo, dove io ed Ugo ci siamo sposati. Ai

nostri tempi c‟era Umberto Pugliese che realiz-

zava una “Pullicinella” che sfilava per le strade

del paese il venerdì sera. La domenica di San

Sebastiano, la festa iniziava alle 8 del mattino

con la banda che svegliava i paesani per an-

nunciare l‟inizio della processione, un evento

che allietava tutti i cellaresi. A pranzo, le fami-

glie più abbienti ospitavano un musicante e

banchettavano con le classiche melanzane ri-

piene. Nel pomeriggio si svolgevano i giochi

popolari: c‟era la gara gastronomica; la

“ntinna”, un gioco che consisteva

nell‟appendere un prosciutto su un albero mol-

to alto; chi riusciva a prenderlo poteva portarlo

a casa come ricompensa, questo perché allora

c‟era povertà e tutti volevano prendere quel

poco ben di Dio; poi c‟era la corsa coi sacchi e

il gioco della campana. Era molto bella la festa,

infatti molti dei miei coetanei vorrebbero che si

ritornasse a festeggiare in quel modo. »

E le feste che organizzavate tra amici? Anche

voi andavate in discoteca il sabato sera? A pa-

squetta e a Ferragosto cosa facevate?

«Noi organizzavamo feste nell‟ambito del pae-

se. Per esempio, i matrimoni non si festeggia-

vano ai ristoranti, ma nei magazzini delle case;

si offrivano agli invitati bottigliette di vino, pa-

nini, spezzatino e prodotti locali. Ricordo che

per arricciarci i capelli, in queste occasioni di

festa, utilizzavamo i cavi della luce: toglievamo

il rame e poi vi avvolgevamo i capelli lasciando-

gli prendere la forma per una notte, e la matti-

na dopo i capelli erano ricci. A pasquetta e a

ferragosto creavamo un‟altalena e passavamo

il giorno a giocare tutti insieme. Durante

l‟inverno scavavamo buche nella terra e vi fa-

cevamo rotolare le noccioline, chi centrava la

buca vinceva. »

Il pomeriggio e la sera come li trascorrevate?

C‟erano i bar?

«Una volta non c‟erano i bar o i pub. C‟erano

tante attività commerciali a Cellara e i proprie-

tari di ognuna di queste davano a disposizione

un piccolo spazio all‟interno del negozio dove

tutti potevano incontrarsi e rilassarsi dopo una

giornata di lavoro. Questi centri di ritrovo era-

no detti dopo lavoro, ce n’erano tanti ed in di-

versi punti di Cellara. Là si andava per giocare

a carte, per bere un bicchiere di vino in compa-

gnia e per parlare del più e del meno. I ragazzi

giocavano al gioco del cuccuzzaro, al gioco

dell‟anello, con le noccioline ecc.. La sera, inve-

ce, ci riunivamo tutti, e gli adulti raccontavano

aneddoti e storielle che noi chiamavamo

“romanze”. Passavamo il tempo tutti insieme a

Cellara e ci divertivamo con poco. »

Cosa mi dici riguardo la scuola?

«La maggior parte di noi frequentava la scuola

fino alla quinta elementare. C‟era solo un bidel-

lo che si occupava della pulizia del paese e del

cimitero oltre a quella della scuola. Durante

l‟inverno, il bidello doveva portare la braciera

nelle aule perché non c‟erano termosifoni o

caminetti nella scuola. La scuola elementare è

stata ubicata in diversi palazzi di Cellara: a pa-

lazzo Cosco, a palazzo Montemurro e vicino il

Comune. Ogni classe aveva una maestra che

la accompagnava dalla prima fino alla quinta

elementare. Ricordo la Signorina Fera, una

maestra severa ma molto preparata; è stata in-

segnate di tanti cellaresi, molto temuta ma an-

che amata. Se qualcuno voleva fre-

quentare le scuole medie o superiori doveva

andare a Cosenza con la corriera. »

Ringrazio Toninella per il tempo che mi ha de-

dicato e soprattutto per le storie della tradizio-

ne e del passato cellarese che mi ha racconta-

to. È bello tenere conversazioni con persone

più grandi, dalle quali si possono trarre inse-

gnamenti importanti. È vero che a Cellara sono

cambiate molte cose, ma penso che ogni cam-

biamento attinga dalle cose passate e sia posi-

tivo per i grandi e per i giovani, così come è

positivo sapere come si viveva a Cellara

cinquant‟anni fa. Ascoltare aneddoti e racconti

sul passato del nostro paese è un modo molto

originale per ritornare al passato e rivivere mo-

menti che hanno segnato profondamente Cel-

lara e i suoi abitanti. A mio avviso è anche un

modo per riunire tutti, indifferentemente

dall‟età e dal vissuto che ognuno di noi si porta

sulle spalle.

Francesca Nicoletti

La semplicità e la letizia di San Francesco gui-

dano il mio cammino ogni giorno, ripeto le pa-

role della Preghiera Semplice: “Signore, fa‟ di

me strumento della Tua pace, dove è odio

ch‟io porti amore, dove è offesa ch‟io porti il

perdono…..”

Io credo che i santi non si debbano onorare

con fiori e lumini, ma percorrendo semplice-

mente la strada che loro hanno trovato per

giungere a Cristo Gesù. Si diventa santi non

per i miracoli, ma perché si è capaci di amare il

Signore con tutto il cuore ed amare il prossimo

più della nostra stessa vita. I santi si sono sem-

pre fidati delle parole che Gesù dice nel Van-

gelo: “Io sono la via, la verità e la vita. Chi crede

in me, compie le stesse cose che compio io, an-

zi ne farà di più grandi.”

Bisogna saper dimenticare noi stessi per guar-

dare l‟altro, che è nostro fratello e che ha biso-

gno d‟aiuto. Solo così riscopriremo il piacere di

sentirci felici. I beni materiali scompariranno,

perderanno di importanza, saranno solo stru-

menti, che non possiamo portare con noi.

Allora perché attaccarci alle cose piuttosto che

utilizzarle per il bene di tutti?

Sicuramente non è necessario rinunciare a tut-

to, come San Francesco. Ognuno di noi ha la

sua vita e la sua chiamata. E‟ importante che

noi ci adoperiamo nel nostro piccolo e nel vive-

re di tutti i giorni a fare del bene con la gioia e

la pace nel cuore.

Rosanna Foggia

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Ecologia: una filosofia di vita

Io canto … Per Te

La gioia di far parte della Corale “San Pietro Apostolo”

Musica è … Amore, passione, unione, forza,

speranza! Infinite definizioni possiamo dare a

questo dono, dono grazie al quale riusciamo a

collegare e raggiungere tutti gli angoli del

mondo, grazie al quale diverse civiltà si unisco-

no all‟unisono in un umile canto: la lode al Si-

gnore.

Non è forse la musica un dono del Signore?

Probabilmente è uno dei più bei doni che

l‟umanità abbia mai ricevuto: bisogna sempli-

cemente coltivarlo, ascoltando il nostro cuore.

Sant‟Agostino recitava: “Chi canta prega due

volte”. In effetti, a chi non piace cantare?

L‟illustre teologo aveva già compreso come lo-

dare il Signore sia in primo luogo una gioia

che può essere fortemente esaltata grazie alla

nobile arte del canto.

Ed è proprio questo il punto di partenza della

Corale “San Pietro Apostolo” di Cellara. Costi-

tuita oggi da dieci coristi, di cui due anche mu-

sicisti, nasce dall‟amore per il canto e dalla vo-

lontà di incontrarsi e stare insieme per far giun-

gere anche al cuore delle altre persone le sen-

sazioni di ognuno di loro, e gioire insieme nel

nome del Signore. Il loro repertorio spazia dai

canti più odierni a quelli più antichi della tradi-

zione cristiana, i quali a volte vengono rivisitati

rendendoli più vicini al proprio modo di vivere

la musica.

La felicità di poter cantare, magari insieme con

gli altri, è un appello che non possiamo ignora-

re. E quest‟appello è stato accolto dalla Corale:

è una grande soddisfazione per la nostra co-

munità avere un gruppo stabile che si riunisce

regolarmente per stare insieme e lodare Dio

cantando.

Certo non sempre è facile mantenere i vari im-

pegni ai quali si è chiamati quando si lavora, si

ha famiglia e la stanchezza è sempre in aggua-

to, però le emozioni provate in parecchie occa-

sioni ripagano dei sacrifici fatti. Far parte della

Corale è come appartenere ad una famiglia,

nella quale rifugiarsi sia nei momenti di gioia

sia in quelli di sconforto per ritrovare la pace e

la serenità che solo Lui, guida e riferimento, sa

offrire.

Ormai il canto per coloro, che animano la

S. Messa, è diventato una piacevole

“dipendenza”. Rappresenta, infatti, un modo

per sentirsi più vicini a Dio attraverso la melodi-

a della musica.

Mossi da questo spirito di comunione, i compo-

nenti del gruppo canoro accolgono calorosa-

mente chiunque voglia parteciparvi, per condi-

videre insieme la gioia di far parte della Corale

“San Pietro Apostolo”!

Emma Caferro

Domenico Spadafora

Il destino dell‟uomo è sempre stato legato in maniera

profonda alla natura. L‟uomo infatti, fin dai tempi anti-

chi, ha tratto sostentamento da essa rispettandola e

salvaguardandola.

Il progresso tecnologico ed industriale ha tuttavia de-

centrato l‟attenzione umana nei confronti della natura.

Oggi infatti gli esseri umani, accecati dalla sete di pote-

re e di ricchezza, hanno finito per considerare la natura

come un vero e proprio strumento attraverso cui sod-

disfare i propri interessi. Cosi facendo hanno dilapidato

risorse preziose, hanno modificato la composizione chi-

mica dell‟aria, hanno reso imbevibile gran parte delle

acque e hanno determinato cambiamenti climatici che

potrebbero rilevarsi catastrofici. Questo comportamen-

to dell‟uomo però ha importanti conseguenze sulla na-

tura. Essa infatti sempre più spesso vuole dare un se-

gnale, vuole ribellarsi all‟uomo che non la rispetta.

Continuamente si verificano infatti catastrofi naturali

che creano numerosi danni e vittime. Inoltre l‟uomo ha

preso l‟abitudine di considerare la natura come una

riserva inesauribile di risorse a cui attingere senza ri-

guardo. Un esempio sono le migliaia di foreste abbat-

tute per ricavarne legname. L‟uomo non ha tenuto

conto che le risorse che ha divorato non potranno es-

sere più ricreate. Oggi,infatti, con l‟aumento dei consu-

mi le risorse scarseggiano ed anzi alcune scompariran-

no in tempi piuttosto brevi. Negli ultimi decenni si pen-

sava che i giacimenti di petrolio fossero inesauribili e di

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Dipendenti o indipendenti dai social network?

*Dipendenti dai Social Network:

-“Secondo lei i Social Network sono utili”? Perché?”

“Certo. Perché consentono a persone di diversi paesi di

comunicare tramite un semplice computer o un telefono”.

-“Lei è dipendente dai Social Network”?

“Si. Penso che i Social Network al mondo d‟oggi siano qualcosa di indi-

spensabile, senza i quali molte cose non esisterebbero”.

-“ Quali Social Network usa maggiormente”?

“Principalmente utilizzo Facebook, perché mi permette di condividere

pensieri e opinioni con i miei amici”.

-“Cosa pensa di chi è indipendente o usa poco i Social Network?

“Penso che non capiscono l‟utilità di questi, poiché sono dei mezzi di co-

municazioni molto importanti”.

*Indipendenti dai Social Network:

-“Secondo lei i Social Network sono utili? Perché”?

“Si, sono utili ma non indispensabili perché la gente non fa che pensare

ai Social Network anziché concentrarsi sulle vere cose della vita”.

-“Lei è dipendente dai Social Network”?

“No. Penso che i Social Network rovinino la società in quanto le persone,

tra di loro, non hanno più un contatto fisico

ma solo virtuale.”

-“Quali sono i Social Network che, secondo

lei, sono inutili rispetto ad altri”?

“Inutili sono Ask, Viber, Meeting e Witter.

Mentre Facebook penso sia più utili perché

grazie ad esso possiamo mantenere i contat-

ti con parenti e amici”.

Questa breve intervista è stata realizzata proprio per far capire come la gente ha idee e opinioni diverse sull‟utilità dei Social Network. Inoltre si può

dedurre che anche chi non dipende da essi, vi dedica una minima parte della propria giornata.

Alessia e Sebastiano

conseguenza che l‟energia fosse illimita-

ta. Ma la realtà ha smentito queste sup-

posizioni dal momento che le riserve

presenti sulla Terra sono destinate ad

esaurirsi nell‟arco di alcuni decenni. Per-

tanto è necessario reperire al più presto

nuove fonti di energia che possano, in

un futuro, sostituire o, quanto meno,

integrare quelle attualmente in uso. Una

soluzione potrebbero essere le fonti rin-

novabili cioè quelle inesauribili: il calore

del Sole, l‟acqua, il vento. Tuttavia, il loro

sfruttamento è, al momento, assai limita-

to perché forniscono energia in modo

intermittente. Questo significa che il loro

uso può contribuire a ridurre i consumi

di combustibile nelle centrali ma non

può sostituirle completamente. Il pro-

gressivo esaurimento dei giacimenti di

petrolio e soprattutto la crescita del prez-

zo del combustibile hanno indotto gli

Stati industrializzati ad individuare e

sfruttare fonti di energia rinnovabile per

risolvere i problemi energetici e ambien-

tali del futuro. Di fronte all‟ovvia consta-

tazione che le risorse sono limitate e che

prima o posi si esauriranno, non riman-

gono che due strade da prendere: quel-

la del risparmio e quella del riciclaggio

cioè del riutilizzo di materiali già utilizza-

ti. Risparmiare non è difficile, ma per po-

terlo fare occorre modificare tante picco-

le abitudini. Per esempio evitare di riscal-

dare la propria casa in maniera eccessiva

è un comportamento saggio, come pure

lo è servirsi il meno possibile

dell‟automobile, ricorrendo a mezzi pub-

blici o meglio spostandosi a piedi o in

bicicletta. Quando poi ci capita di far

scorrere inutilmente l‟acqua dal rubinet-

to per lunghi minuti, bisogna sempre

ricordare che in molte parti del mondo

quell‟acqua sarebbe preziosissima. In-

somma una serie di semplicissimi accor-

gimenti può ridurre di tanto gli sprechi

e la produzione di inquinamento.

Un‟altra arma importantissima per ridur-

re l‟inquinamento è quella del riciclag-

gio dei materiali usati. Separare i diversi

materiali per procedere al riciclaggio è

un‟operazione molto costosa, ma se si

effettua la raccolta differenziata, le cose

potranno cambiare in maniera radicale.

Ad esempio la carta riciclata permette di

evitare il taglio di moltissimi alberi.

Perché questi progetti diventino realtà

ci sarà bisogno di comportamenti re-

sponsabili. Non servirebbe a nulla di-

sporre di cassonetti per la raccolta diffe-

renziata se poi i cittadini continuassero

a gettare i rifiuti senza separarli o peg-

gio ancora se rinunciassero a servirsi

degli appositi contenitori per gettare i

rifiuti per strada. Dunque per poter dar

vita a tutti questi progetti dovrà essere

effettuata un‟efficacia campagna di sen-

sibilizzazione e di educazione attraverso

le famiglie, la scuola e la pubblicità.

L‟ecologia va intesa come una vera e

propria “filosofia di vita” ed è proprio

per questo motivo che bisogna ricorda-

re sempre che tutti hanno il dovere di

proteggere e salvaguardare la natura.

Tutti ne sono responsabili. Tutti nel loro

piccolo, anche solo attraverso piccoli

gesti, possono contribuire a migliorare

l‟ambiente in cui vivono. Tutti possono

impiegare le proprie energie non più

per distruggere ma per difendere la vi-

ta!

Giusy Cundari

I Social Network sono siti di aggregazione sociale che permettono agli utenti che vi accedono di far parte e di creare reti (networks) di individui

(social). Per capire, nello specifico, gli aspetti positivi e quelli negativi dei social, abbiamo intervistato alcuni cellaresi che hanno espresso la loro idea, met-

tendo a confronto dipendenti e indipendenti dai social network.

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Sport

“Siamo nel Pallone!”

Salita colle d’Ascione

Nel weekend del 26-27-28 settembre si è svolta la settima edizione della cronoscalata automobilistica (Trofeo italiano di velocità di montagna)

“Cellara – Colle d‟Ascione”, organizzata dalla scuderia “Cosenza Corse” presieduta da Sergio Perri, assistito dal cellarese Giuseppe Carpino

(vicepresidente), dal direttore di gara Battaglia e suoi collaboratori, con il patrocinio della Provincia di Cosenza e del Comune di Cellara.

Al trofeo hanno preso parte oltre 100 piloti, molti dei quali provenienti da fuori provincia, suddivisi in quattro categorie in base alla cilindrata del

motore: gruppo minicar, gruppo E1, gruppo N, gruppo A. Venerdì 26 si sono svolte le verifiche tecniche presso l‟officina-concessionaria “Auto per

tutti”. A seguire, i piloti hanno potuto testare il circuito cellarese lungo 5,95 km. Nella mattina di sabato 27 si sono tenute le prove ufficiali divise in

due manches. Nelle prove il più veloce è risultato Domenico Cubeda su Osella p21, grazie al tempo di 2 minuti e 54 secondi; secondo miglior tem-

po per Carmelo Scaramozzino su Ligier BMW 3000, con 3 primi e 94

millesimi. Domenica 28, seguendo l‟ordine delle categorie, tutti i piloti

hanno dato vita alla gara ufficiale, in due manche. La gara è stata vin-

ta dal campione Carmelo Scaramozzino, già vincitore nel 2011 con

record della pista, con il tempo di 3 minuti e 1 secondo nella prima

manche e 3 minuti nella seconda manche. Da segnalare il terzo tem-

po nella categoria minicar, del cellarese Giuseppe Garritano su Fiat

126.

Le verifiche post-gara si sono tenute presso l‟officina Carpino di Cella-

ra.

Il weekend automobilistico, grazie anche alle ottime condizioni me-

teo, ha raccolto un grande numero di spettatori appassionati, soddi-

sfatti e già proiettati verso la prossima edizione.

Eugenio Orlando e Federico Mauro

Sempre più in crescita il numero delle donne che seguono e praticano attivamente il calcio, un tempo terreno maschile per antonomasia. Ma oggi

tra le tifose e le calciatrici spicca la voglia delle giovani cellaresi di creare una squadra, la loro “squadra di pallone”.

Circa un anno fa, mosse da senso di condivisione, voglia di divertirsi insieme facendo gruppo e soprattutto di imparare, anche un minimo, “a gioca-

re a calcio”, un gruppetto di “donzelle” cellaresi,con un‟età compresa tra i 14 e i 30 anni, hanno iniziato a rincorrere il pallone.

Questa squadra è un po‟ particolare perché non mira a giocare per vincere ma a giocare per divertirsi, per condividere anche solo un‟oretta insie-

me presso il campo sportivo “Valentino Altomare”. I loro allenamenti sono momenti di gioia perché frutto della passione che le accomuna, che, no-

nostante le critiche, non si è per

niente affievolita.

Il loro sogno sarebbe quello di mi-

gliorare sempre di più e perché no

magari un giorno partecipare ad un

torneo, per conoscere altre squadre

femminili e condividere con loro

questo gioco davvero bello.

Molti sono i paesani che le hanno

sostenute a cominciare da Sebastia-

no e Danilo Saporito ad Amedeo

Carpino, Enrico D‟Alessandro e per

ultimo, non di importanza, Luigi

Montemurro.

Dopo anni che il campo di Cellara

non veniva più calcato da piedi fem-

minili, ora ci sono queste ragazze,

queste giovani donne a dimostrare

che si può rendere femminile anche

un gioco, che per decenni è appar-

tenuto esclusivamente all‟emisfero

maschile.

Simona Altomare

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Cronaca

Medjugorie: esperienza di Don Antonello insieme a Cristian Filice

Svegliati Europa

Si riceve e volentieri si pub-blica questa lettera, scritta da Don Antonello De Luca, al Direttore di Radio Maria, in occasione degli eventi verifi-catisi a Medjugorie il 26 set-tembre scorso, riguardanti il sig. Cristian Filice. Carissimo Padre Livio,

io sottoscritto Sacerdote An-

tonello De Luca Parroco del-

la parrocchia di Santa Barba-

ra in Piane Crati (Cosenza),

atteso davanti a Dio che:

giorno 26 settembre 2013

alle ore 14:00 presso la colli-

na delle apparizioni Podbrdo

presso Medjugorie sono stato testimone oculare

di un evento “straordinario” riguardante il Sig.

Cristian Filice di 37 anni sposato con Francesca

Labonia e padre di due bambini, e da circa sei

anni affetto da SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofi-

ca). Da più di due anni costretto a muoversi solo

ed esclusivamente in carrozzina e nelle ore not-

turne supportato da respiratore polmonare non

invasivo, alimentato tramite PEG. Preciso che il

suddetto riconosciuto invalido al 100% era total-

mente dipendente dall‟aiuto degli altri ossia del-

la moglie Francesca.

Dopo una preghiera di Viçka nel corso della

testimonianza da suor Kornelia e dopo

un‟adorazione la notte del 25 quando si è sen-

tito pieno di un‟inesprimibile gioia al passaggio

di una stella cadente che ha attraversato il cie-

lo, ha voluto farsi accompagnare il giorno do-

po in carrozzina ai piedi della Collina delle ap-

parizioni. Lì, sentendosi interiormente chiama-

to, nei pressi della salita si è alzato in piedi e ha

mosso autonomamente i passi per salire ap-

poggiandosi – non sorretto – a noi cosa fisica-

mente impossibile per le sue condizioni: è sali-

to fino in cima insieme alla moglie e ai due

bambini, e alla presenza di altre tre persone,

Andrea Palummo autista del pullman, Massimi-

liano Punzo accompagnatore di Don Giovanni

Palmieri Cappellano presso il Cardarelli di Na-

poli. Alla vista della statua della Madonna è

scoppiato in lacrime. Inoltre attesto che al rien-

tro in Italia giorno 28 settembre, abbiamo subi-

to contattato i medici che hanno in cura Cri-

stian Filice presso il Policlinico Universitario Ma-

ter Domini di Catanzaro, i quali giorno 1 otto-

bre lo sottoponevano a visita obbiettiva dia-

gnostica e strumentale, costatando, nella loro

piena incredulità, un netto miglioramento del-

le condizioni fisiche, riservandosi però di pro-

durre documentazione ufficiale di totale guari-

gione, giorno sette novembre 2013 dopo

l‟esecuzione di una ulteriore esame elettromio-

grafico. Giorno 3 ottobre Cristian ha effettuato,

presso l‟unità di fisiopatologia respiratoria pres-

so l‟ospedale Mariano Santo di Cosenza, valu-

tazione spirometrica con misura dei MIP e dei

MEP. Il medico costatava ed accertava un note-

vole cambiamento delle condizioni respiratorie

tanto da arrivare a sospendere definitivamente

la ventilazione meccanica non invasiva nottur-

na. Inoltre si evidenzia il fatto che Cristian ha

iniziato, dalla data dell‟accaduto a nutrirsi nor-

malmente senza incorrere in nessun problema

di deglutizione annullando così l‟utilizzo della

PEG la quale giovedì 10 ottobre dopo valuta-

zione medica effettuata sempre dal Policlinico

di Catanzaro, i medici hanno ritenuto opportu-

no, visto le condizioni di Cristian e dopo gli esa-

mi diagnostici far rimuovere dai chirurghi la

PEG.

Di questi fatti narrati prontamente è stata infor-

mata l‟autorità ecclesiastica nella persona

dell‟Arcivescovo Metropolita dell‟Arci Diocesi di

Cosenza-Bisignano, Mons. Salvatore Nunnari.

Io Sacerdote resto a vostra completa disposizio-

ne per qualsiasi chiarimento in merito.

Uniti nella preghiera

Piane Crati lì 15/10/2013 “memoria di Santa

Teresa”

Don Antonello De Luca

Ogni giorno, in Sicilia e in altre regioni del Sud

Italia, giungono centinaia di migranti, che pro-

vengono dagli Stati dell‟Africa e del Medio O-

riente in cerca di opportunità, minuscole op-

portunità, che possano rendere la loro vita mi-

gliore. Ogni giorno, donne, bambini, giovani e

anziani s‟affidano al trafficante e criminale di

turno, alle barche senza mèta pur di incrociare

un destino meno crudele. Il 3 ottobre 2013 a

Lampedusa è avvenuta un‟autentica tragedia.

366 migranti sono morti affogati nel mare di

Lampedusa, a mezzo miglio dall‟Isola dei Co-

nigli. Quasi 600 persone venivano trasporta-

te da scafisti criminali su Barconi che possono

ospitare meno di cento persone.

Per gli immigrati l‟Italia rappresenta il porto

dell‟Europa, ma per loro è solo una fermata,

non punto di arrivo, ma di partenza. Una

continua partenza carica di speranza. Pur-

troppo però non sono liberi di andare da

nessuna parte e sono costretti a fermarsi e ad

occupare le località di sbarco.

Lampedusa è un’isola di 6 mila abitanti. E’

normale che la questione dell‟immigrazione

rappresenti un‟emergenza, in quanto sono 10

mila i profughi che giungono dal Sud del Mon-

do. “Se si ripartiscono 10mila persone tra 507

milioni di europei di 28 Paesi, la cosa si può fa-

re”. Queste sono le parole di Martin Schulz,

presidente del Parlamento europeo. Ma L‟Italia

non è in grado di far fronte all'emergenza im-

migrati e chiede aiuto all‟Europa. Il sindaco di

Lampedusa, Giusi Nicolini, è convinta che l'o-

perazione straordinaria Mare nostrum, attivata

in questi giorni, non sia una risposta adeguata

all'emergenza immigrazione nel Mediterraneo

e lo ha detto il 24 ottobre incontrando a Bru-

xelles il presidente del Parlamento europeo.

"Stamattina la Guardia costiera italiana ha sal-

vato 127 persone - ha detto - a largo di Lampe-

dusa, stipate in un barcone che aveva passato

indenne la barriera di ben cinque navi di 'Mare

nostrum' e del San Marco". Queste operazioni,

ha proseguito "possono aiutare a limitare i

naufragi, ma non possono evitarli". L'Italia tro-

va un forte alleato nel presidente nell'Europar-

lamento che dice: “Lampedusa è diventata il

simbolo della politica migratoria europea, che

ha trasformato il Mediterraneo in un cimitero.

Questo non può più essere permesso. Lampe-

dusa deve essere il punto di svolta nella politi-

ca migratoria europea". La direzione è quella di

"sostenere i Paesi del Mediterraneo, nell'acco-

glienza e nell'organizzare, una buona sistema-

zione tra gli Stati membri". “Questa - scandisce -

è la solidarietà europea, e questo è ciò che de-

ve essere nella nostra agenda".

Nel 2002, in Italia è stata accolta la Legge Bossi

-Fini, la quale prevede l‟immediata espulsione

dal territorio dell‟extracomunitario - clandesti-

no e l‟immediato accompagnamento alla fron-

tiera da parte delle forze pubbliche. Questa

norma non aiuta evidentemente né l‟Italia né il

clandestino. In essa non vi è nessuno principio

di solidarietà. Il problema non è stato risolto,

non è stato placato o limitato, ma è stato i-

gnorato, portando L‟Italia a diventare il Pae-

se con il tasso di immigrati più alto del Conti-

nente. Sarebbe giusto e umano aiutare il mi-

grante non con la sola accoglienza, ma rico-

noscerlo come essere umano e da tale ga-

rantirgli la libertà di fuggire dalla guerra e

dalla carestia presenti nella terra da cui pro-

viene.

Per la prima volta nella storia del Cristianesi-

mo in Italia, il Nostro Papa Francesco, nei

mesi scorsi, è giunto nell‟isola di Lampedusa

con lo scopo di sensibilizzare la popolazione

a non dimenticare le persone che ogni giorno

muoiono in mare ed ad impedire che il feno-

meno dell‟immigrazione continui a mietere vit-

time.

Ciò che serve a sanare il dramma è

l‟emanazione di nuove norme europee che val-

gano per tutti, senza più delegare il dramma al

Paese di “prima accoglienza”.

Come può salvarsi un uomo se gli viene nega-

ta anche solo la SPERANZA?

Elisa Andrieri

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Un giorno di ordinaria follia

Quella mattina quando ti svegli senti il pro-

fumo di un‟estate che è sui titoli di coda, ma

una strana sensazione muove qualcosa den-

tro di te. La settimana “calda” di Cellara,

quella di cui tutti parlano come l‟unica da

passare in questo paese, è iniziata già da un

pò, senti che anche questa sta per finire, che

porterà via l‟ultimo brandello di vacanza, di

relax. Eppure, c‟è sempre qualcosa di strano

che ti circola dentro e che distoglie la tua

mente dall‟ennesimo “the end” estivo che si

avvicina. Con in bocca ancora il gusto della

serata appena trascorsa cerchi di fare mente

locale, di capire da dove viene questa sensa-

zione di felicità che accompagna questo ri-

sveglio. Realizzi che oggi è venerdì, oggi so-

no le Pullicinelle, oggi per un cellarese è un

giorno speciale, probabilmente il più parti-

colare dell‟anno. Esci in paese e l‟aria è ma-

gica, con le prime persone che incontri fai

finta di niente ma dopo un pò il sorriso e-

splode sul viso, quando incontri qualcuno

che ha partecipato alla realizzazione dei pu-

pazzi, quando vedi qualcuno che questa se-

ra sarà accanto a te a intonare cori e a cor-

rere, o che, come diciamo noi, “a por-

ta” (trasporta uno dei pupazzi). Sono le 8 di

sera, i musicisti accordano gli strumenti, noi

ci prepariamo, c‟è chi corre con vestiti in ma-

no alla ricerca del travestimento più impen-

sabile, chi pensa a bere per arrivare abba-

stanza carico, chi gira per il paese e cerca

l‟angolo giusto per piazzare una bottiglia di

vino da riprendere poi durante la sfilata.

L‟appuntamento è per tutti lo stesso, 20.30

“alle scuole”, e allora si arriva lì, ad uno ad

uno vedi entrare tutti i ragazzi di Cellara, in

un paese così piccolo senti di essere cresciu-

to con chiunque, anche con chi ti passa 15

anni. Beh, questa sera queste sensazioni si

amplificano, questa sera tutto è più forte. Ti

senti carico come un bambino nonostante

gli anni che passano, ogni volta con lo spirito giusto

per onorare questa tradizione, ogni volta come se

fosse la prima, ogni volta con l‟ambizione di rendere

questa sfilata la migliore di sempre. Si fanno gli ultimi

ritocchi, si creano con la dovuta precisione le fessure

che daranno la possibilità a chi è all‟interno del pu-

pazzo di poter vedere la strada, si scatta la tradiziona-

le foto di massa accompagnata dal solito boato stile

stadio, finalmente si parte!

Si potrebbe definire come “un giorno di ordinaria fol-

lia” visto come trasforma giovani e adulti, visto come

tutti ci lasciamo trascinare da quell‟atmosfera, ma in

realtà parte tutto da molto prima. Fin dai primi giorni

di luglio quando senza troppe riunioni e senza trop-

pe parole ci si ritrova e si va a raccogliere canne di

bambù e rami di castagno, sembra che ognuno sap-

pia già cosa fare, sembra che tutti siano mossi da uno

spirito di appartenenza che va al di là della negligen-

za che può ovviamente condizionare la volontà di un

quindicenne, sedicenne che ha da poco concluso

l‟anno scolastico. Come in ogni cosa c‟è chi fa di più e

chi di meno, ma una cosa è tassativa, le Pullicinelle

vanno fatte e cascasse il mondo quel venerdì di fine

agosto, dopo più di un mese di duro lavoro, sono lì,

in fila pronte a dare spettacolo. Dispiace che

negli ultimi anni si sia un pò persa la voglia

di apprendere dei più giovani, quella voglia

che mi spingeva ad uscire di casa alle 3 del

pomeriggio per tornare poi nella tarda not-

te senza aver fatto niente di diverso che usa-

re nastro adesivo o colla. Dispiace che la mia

generazione non è stata in grado, ancora,

di trasmettere l‟entusiasmo giusto ai più gio-

vani, ma sono certo che riusciremo a farlo.

Sarebbe imperdonabile non portare avanti

una tradizione che diversifica così tanto la

nostra festa patronale da quelle dei paesi

limitrofi. Per ogni cellarese la Pullicinella è

un orgoglio, è quello che mi è stato traman-

dato ed è quello che cercherò, cercheremo

di portare avanti di anno in anno per non

arrivare mai all‟ultimo venerdì di agosto, con

l‟estate che sta per finire, e non sentire ad-

dosso quella strana sensazione di felicità.

La sfilata è giunta ormai al termine, i pupazzi

bruciano davanti a noi, formiamo un cer-

chio e urliamo in coro “cum‟era bella sa pul-

licinella” tra di noi c‟è chi si abbraccia, chi

urla e chi ancora ha voglia di ballare. Ci

guardiamo tutti soddisfatti, anche per

quest‟anno è andata. Ma intanto si cresce

con la consapevolezza che in questo piccolo

paesino della presila cosentina, almeno per

un giorno all‟anno, tutti possono tornare a

sentirsi bambini.

Mario Caputo

Penso che…

Condividiamo le nostre opinioni

Angolo Lettura: “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli ”

Stefano Lavori (traduzione dall'inglese “Steve Jobs”) e Stefano Vozzini (“Steve Wozniak”) sono amici e abitano

a Napoli. Il primo, Stefano Lavori, è chiamato anche „o gè (il genio) dai conoscenti dei Quartieri Spagnoli, ap-

punto dove abitano loro. I due decidono di avviare un‟attività commerciale: il sogno di Lavori è di creare un

computer ultra veloce, una “scheggia”. Vozzini pensa al design e al logo: una Q, una sola lettera ma con un

grande significato, stava ad indicare i Quartieri. Con una piccola cifra iniziale acquistano l‟occorrente per rea-

lizzare il primo computer, e con il ricavato della vendita ne potranno fare altri. Quando tutto sembra procede-

re secondo i piani, bussa alla loro porta la prima piaga italiana: la burocrazia. C‟erano diversi obblighi da ese-

guire prima di avviare un‟attività di quel genere, tipo l‟iscrizione alla Camera di Commercio e apertura posizio-

ne INPS, che costano una cifra abbastanza alta e che i due non possono permettersi, essendo ancora alle pri-

me armi. I due consultano un commercialista che suggerisce loro un prestito dalla banca. Ma le banche, si sa,

danno in prestito soldi a chi li ha già. Con la buona volontà e la grinta i due Stefano riescono a superare an-

che questo ostacolo, ma non è finita qui. Sembri che la sfortuna sia dalla loro parte. Alla porta del garage una

sera, bussa l‟ennesima piaga: la camorra. I camorristi li obbligano a pagare un pizzo di mille euro entro due

giorni. I due non sono disposti a cedere, così si rivolgono a un commissario che fa posizionare delle telecame-

re nel laboratorio, in modo da poter entrare in azione nel momento giusto. Dopo ore di attesa del giorno do-

po, i camorristi si presentano nel luogo e mentre escono dal garage con il pizzo in mano vengono arrestati

con una facilità assurda, come se niente fosse. Quando tutto sembrava finito, una mattina, Lavori fu svegliato

da un forte botto proveniente dal garage, una bomba aveva distrutto tutto, Stefano pensa subito che sia sta-

ta un‟azione vendicativa da parte degli altri camorristi del clan, così ai due Stefano fu consigliato di allontanar-

si da Napoli per un certo periodo di tempo per far calmare le acque vista la situazione che si era creata. I due

si troveranno, dopo due anni, nello stesso posto di sempre, con la stessa grinta e la voglia di un tempo.

Adele Carpino

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Che la storia non insegni

Era il 15 marzo del 2011 quando per le strade di Damasco cominciavano a costituirsi piccoli gruppi volontari che, sull‟onda emotiva dei tumulti dell‟Africa Settentrionale, facevano sentire la loro voce contro il regime familistico-dittatoriale di Bashar Assad; allo stesso modo nella città di Darha, nella Siria meridionale, erano insorte delle rivolte dopo l‟arresto e la tortura di quattordici ragazzi imprigionati per aver scritto su un muro uno slogan che era solito ac-compagnare le rivoluzioni della “Primavera Araba” : «People want the do-wnfall of the regime». Le proteste, così, aumentavano di numero, moltiplican-dosi progressivamente nel Paese con richieste di maggiore libertà e democra-zia, nonché pretendendo le dimissioni del presidente Assad, il quale aveva ere-ditato la carica direttamente dal padre Hafiz Assad, noto per aver guidato la Siria per ben trent‟anni, soffocando ogni opposizione da quando il partito Ba‟th, unico partito di governo, controllava il Paese, ovvero a partire dal colpo di stato del 1963. Mentre le forze di polizia e l‟esercito, facendo leva sul divieto di manifestazioni pubbliche in vigore fin da quell‟anno, avevano represso du-ramente le proteste ferendo e uccidendo centinaia di persone, il presidente Assad rifiutava di dimettersi, preferendo, così, una resistenza ad oltranza. È dunque facile desumere che le cause dei disordini interni alla Siria e il conse-guente scoppio della guerra civile siano, pertanto, di origine politica. Per con-venzione cronologica la “Primavera Siriana” iniziava in questo contesto con le prime proteste pacifiche, emblema di quella massiccia ondata rivoluzionaria. Tuttavia, è proprio sul carattere pacifico delle proteste iniziali che vale la pena soffermare l‟attenzione: la guerra civile, infatti, non è scoppiata in Siria per un‟inspiegabile abiogenesi (generazione spontanea, ndr) socio-politica, ma ha da sempre rappresentato il drammatico risultato della repressione del dissenso ordinata da Assad, il quale, pur garantendo le riforme richieste dai cittadini ed esaltando il coraggioso popolo siriano capace di difendere in passato il Paese da complotti stranieri e terroristi, rimetteva soltanto in moto la macchina dell‟intolleranza e della violenza. Tali movimenti popolari hanno coinvolto, nel tempo, non solo l‟Unione Europea, la Lega Araba e l‟ONU, ma anche i Paesi confinanti come Israele. Nel corso dei mesi, allora, si sono susseguiti eventi senza soluzione di continuità e la Siria è diventata il teatro di uno scontro tra fazioni che ha ormai assunto tutti i caratteri della guerra civile, oltre che essere un banco di prova per le comunità internazionali, alle quali, genericamente, è stato richiesto il rifiuto dell‟intervento armato, a favore, invece, dell‟immediato intervento diplomatico, unica soluzione ammissibile secondo il diritto interna-zionale, in quanto in grado di costruire un progetto di pace che abbia come obiettivo primo la tutela della popolazione siriana, già vittima della guerra civi-le. Attualmente, la linea di demarcazione fra i cosiddetti “buoni” ed i cosiddetti “cattivi” sta progressivamente sfumandosi, e i tentativi di mediazione interna-zionale non sembrano destinati a sortire gli effetti agognati, costringendo de-cine di migliaia di siriani a mettersi in cammino, quasi allo sbaraglio, nella spe-ranza di trovare rifugio in qualche Paese disposto ad accoglierli. L‟ “inverno Siriano” dunque continua imperterrito nel suo corso, la primavera, invece, tar-da sempre più ad arrivare. Se la guerra in Siria è un fenomeno relativamente recente, i conflitti armati, in quella parte del mondo, hanno radici ben più anti-che. Infatti, 4500 anni fa, le Città-Stato mesopotamiche ingaggiarono una guerra che durò oltre un secolo. Successivamente all‟esercito assiro della metà del primo millennio a.C. , un ulteriore tentativo di organizzazione militare co-minciò a prendere forma in Europa, soprattutto in Grecia, territorio in cui la popolazione dominante si trovò costretta a fronteggiare con le armi la mino-ranza dorica, popolazione del nord. Considerato che questa guerra, rispetto alla quale godiamo di documentazione e testimonianze, si sia verificata ben 4500 anni fa, e che da allora, in maniera sempre più insistente e quasi prepo-tentemente gli esseri umani nella loro pienezza ed insipienza, si siano arrogati il diritto di parlare di “sviluppo”, “evoluzione” , “industrializzazione” e “crescita collettiva”, sarebbe assurdo, oggi, parlare di un concetto tanto obsoleto come la guerra, considerata fin dagli albori delle aggregazioni umane e sociali come l‟opzione più inutile ed impietosa. Già nell‟ormai lontano 1300 il filosofo teori-co dell‟assolutismo Thomas Hobbes sosteneva che lo stato naturale degli uo-mini fosse quello di guerra tutti contro tutti, in un contesto di perenne prevari-cazione, conflittualità e soprusi, contrariamente ad Aristotele che riteneva che l‟uomo fosse per natura un animale politico e sociale. Attualmente, la Costitu-

zione Italiana aborrisce la guerra come conseguenza di un‟ esperienza tragica che ha dilaniato il nostro territorio nazionale per trent‟anni, nell‟ambito dei soli due conflitti mondiali, affermando nell‟articolo 11 che l‟Italia ripugna manife-stamente la guerra come strumento di offesa degli altri popoli, usata solo spe-ciosamente come mezzo attraverso cui provvedere alla risoluzione delle con-troversie in un‟ottica nazionale così come internazionale. Allo stesso modo nel preambolo dell‟Onu si dichiara come le Nazioni Unite abbiano solennemente giurato di impegnarsi nel risollevare le generazioni dal flagello della guerra, nel rispetto dei diritti fondamentali dell‟uomo, garantiti in maniera improrogabile a prescindere che si tratti di nazioni grandi o piccole. Negli ultimi sessant‟anni si sono alternati sullo scenario mondiale episodi sfociati nel terrorismo, nella guerra che genera guerra e che rappresenta un modo di annientarsi tra popo-lazioni intere, prima ancora che tra eserciti o combattenti. Non si parla sola-mente di quella guerra che si può fare con migliaia di tonnellate di bombe, con i fucili, con i kamikaze in luoghi pubblici, ma di quel tipo di guerra che strangola ogni facoltà raziocinante dell‟uomo, di chi è convinto della sua utili-tà, in una visione improntata ad un interesse che, solo se concepito nei margi-ni della stupidità e dell‟assurdità, è atto al benessere delle popolazioni. Resta, tuttavia, un dato inoppugnabile: il fatto che, per quanto la guerra sia conside-rata uno strumento, essa rappresenta uno strumento che non funziona, mai. Perché? La risposta a questo quesito potrebbe avvalersi delle più svariate inter-pretazioni; molti potrebbero pensare che la tolleranza nei confronti di ciò che non deve essere tollerato, per principio o per cieca obbedienza ai valori arcai-cizzanti delle società, come una minoranza religiosa, un territorio oggetto di dispute politiche, una lotta tra faide e rappresentanti candidati al potere, sia in realtà una forma di ammissione dell‟uguale riconoscimento che si attribuisce alla parte in svantaggio; equiparando così le due parti, si verificherebbe una condizione per la quale non esisterebbe più il predominio esercitato da una delle due. Di conseguenza, si può pensare che la giustificazione alle guerre sia da rintracciarsi in un estremo senso di individualismo? In una così inenarrabile bramosia di potere capace di sforare nella più idiota criminalità? Sembrerebbe di sì, dal momento in cui i compromessi politici e i tentativi di giungere a con-clusioni ed accordi di pari opportunità tra due o più Paesi non esistono, o, quantomeno, vengono infranti, lasciando spazio ai cadaveri, alle bombe, alle case senza più tetti. In un‟età come quella odierna, in cui la tecnologia e lo svi-luppo stanno frettolosamente prendendo il sopravvento a discapito della natu-ralità dell‟uomo, ammettere l‟esistenza della guerra è sintomo di degrado mo-rale. Se è utopico pensare che un Iphone possa salvare il mondo, è altrettanto utopico credere che un drone o un carro armato, che di fatti distruggono ed uccidono, possano costituire una fonte di benessere e un punto di contatto tra le società. III millennio: infinità di conflitti sanguinosi e truculenti hanno deva-stato l‟umanità, imprimendo segni tangibili del loro passaggio, eppure, nono-stante i libri, nonostante la scuola, internet, il Papa, nonostante la cultura, l‟educazione, il rispetto e le realtà oggettive, si continua a partire per il fronte, a sottrarre bambini inermi alla gioia del gioco per imbracciare un fucile. E lo sco-po è quello di morire, solo questo, di incorrere in un suicidio predeterminato di uomini e popoli, senza mai poter dire di aver combattuto valorosamente e di aver conseguito un obiettivo in nome delle leggi e dei nostri diritti, perché le leggi sono degli uomini e quando queste perdono la loro funzionalità, gli uo-mini hanno il diritto nonché il dovere di abrogarle. Così, nelle nostre comode case, lontani dal fracasso degli spari, dalle polveri e dal sangue disperso, spro-fondati nelle poltrone, circondati dal calore degli amici e beati nella nostra im-perturbabilità, non dovremmo avere paura della guerra mentre ne ascoltiamo gli esiti al telegiornale, non dovremmo temere il razzismo o i razzisti, le bombe atomiche, le tragedie, i soccorsi sopraggiunti in ritardo, non dovremmo temere nemmeno i politici che emanano leggi a favore dei propri diritti e che poi si precludono proprio il diritto alla vita, né noi stessi quando, alla notizia della morte di 100 innocenti esordiamo solo dicendo: <<Poverini>>, né chi si dimen-tica che i nostri avi sono morti in guerra, che i nostri nonni sono rimasti orfani di guerra, non dovremmo temere le immagini e i suoni e le parole di tutti quelli che ci propinano la guerra come lo spettacolo delle 20:00 alla tv, dovremmo avere paura solo di una cosa: che la Storia non insegni. Stefy Bartucci

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Promesse spirituali

ritieni che il consiglio sia quello giusto, puoi seguirlo; magari consultati con un direttore spirituale. In ogni caso ogni proposta di miglio-ramento deve essere accolta unicamente se in linea con i tuoi obiettivi di vita e con il tuo cam-mino di perfezione, senza generare duplicità, doppiezza e scomposizione degli obiettivi fina-li. Ogni momento è quello giusto per iniziare un nuovo progetto in vista del tuo obiettivo e dei risultati che vuoi raggiungere. Prosegui sul-la via da seguire.

Giuseppe Fiore Marino

World wide Warhol

Abitudine a vedere il lato migliore. Prometto di vedere in ciascun altro il lato mi-gliore e di fargli sentire che in lui c‟è qualcosa di meraviglioso, un essere di luce. Questa promessa spirituale è un atteggiamen-to e una pratica. L‟aprirsi alla visione dell‟altro come soggetto da aiutare ci libera da molte fonti di egoismo. Ci apre alla virtù dell‟umiltà e della benevolenza. L‟incoraggiamento nel ve-dere negli altri il lato luminoso ci stimola a co-glierne un‟opportunità per noi stessi. Il tutto mantenendo la mente aperta e libera da pre-giudizi. Ognuno di noi ha dei limiti e nessuno è perfetto. Spesso la sera, quando rivedo la mia giornata, analizzo ogni azione con gratitudine, trovando risposte di crescita, senza eccessive auto-svalutazioni o sabotaggi interni. È uno stimolo a migliorare su un aspetto, e se riesco a portare un piccolo cambiamento nella mia vita, avendo ben chiaro l‟obiettivo da raggiungere, quella voce interna, la voce della coscienza, in fondo, che mi ha aiutato e rinforzato verso il raggiungimento del traguardo. Inoltre dedico gli ultimi cinque minuti, prima di addormentar-mi, alla visione della realizzazione di ciò che mi piace. È un‟abitudine fondamentale da ap-prendere. Prendi in mano la tua vita e fanne un capola-voro. Prometto di credere nella costruzione della mia vita come un capolavoro. Prendi in mano la tua vita e fanne un capola-voro in ogni momento. Me lo ha spiegato Gio-vanni Paolo II quando vivevo a Roma. Puoi au-mentare i momenti di soddisfazione ogni gior-no. Puoi essere te stesso in ogni momento e continuare a migliorarti. Trasforma a poco a poco la tua vita in un capolavoro. Vivrai in un oceano di gioia. Ogni sera indaga sugli aspetti e sulle abitudini costruttive. Verifica poco a po-co i risultati. Rendi feconde le tue giornate. O-gni vita è in sé un capolavoro, ogni essere vi-

vente è bellissimo. Con la forza dell‟amore rico-nosci il lato migliore in ciascuno. Dai il via libe-ra all‟apprezzamento dei suoi lati positivi. L‟occasione migliore è continuare a coltivare pensieri spirituali di miglioramento continuo. Quale miglior occasione se non quella di fre-quentare persone che la pensano come te? La tua vita e le tue amicizie esprimono chi sei den-tro. Un gruppo di persone spiritualmente vali-do e coordinato è d‟aiuto alla tua crescita inte-riore. Può fornirti un valido aiuto nel migliorare la tua efficienza personale.

Valuta liberamente che tipo di amicizie sceglie-re. Un consiglio di massima è dato dai tratti di affinità presenti nella propria personalità. Un valido aiuto è la teoria dell‟enneagramma, per la cui conoscenza dettagliata rimando a testi specifici. Cito il testo di Arnaldo Pan-grazzi “Sentieri verso la li-bertà” delle Edizioni Paoli-ne. Lo reputo un buon me-todo per conoscere meglio la propria personalità e quella degli altri intorno, e per cercare così le amicizie più giuste e collaborative. In ogni caso puoi semplice-mente usare il tuo intuito per valutare un consiglio fornito da un‟altra perso-na. Associati con persone con idee simili alle tue. Puoi assistere al tuo miglio-ramento progressivo ed alla costruzione di solidi legami di vera amicizia. Chiedi consiglio agli amici che hanno il tuo stesso o-rientamento e che deside-rano o hanno portato a compimento ciò che tu ri-tieni importante. Quando

Il fenomeno Warhol è in continua e imperitura espansione. Tutto ha inizio nei primi anni ‟50 del ‟900, quando l’artista dopo essersi laureato giunge

a New York e dà il via alla sua scalata verso il successo. Egli è la figura predominante della pop art che si sviluppa proprio in quegli anni, nel periodo

del boom economico. Secondo Andy l‟arte doveva essere considerata come una vera e propria merce da consumare, motivo per cui il bizzarro arti-

sta creava serigrafie con alternanza di colori e sculture ritraenti i prodotti della quotidianità dell‟epoca: Campbell‟s soup, Brillo, Coca-Cola. Tutto ciò

non tanto a scopo pubblicitario, quanto volto ad attirare l‟attenzione verso la società del consumo, a svuotare l‟immagine di un significato pretta-

mente artistico. Andy è un personaggio trasgressivo e fuori dagli schemi, ritenuto a tratti socialmente inaccettabile. Vi chiederete: perché? Ecco,

Warhol aveva in possesso un appartamento-studio, “The Factory”, lì prendevano vita foto, opere, cortometraggi e film che oltre a riprodurre mo-

menti di quotidianità, mostravano la cultura gay del tempo e le relazioni omosessuali. Nella Factory venivano ospitate figure illustri e famose, sog-

getti comuni, drag queen e persone che facevano uso di

droghe; tutti essi erano le “muse ispiratrici” di Andy, tra le

quali è maggiormente ricordata Edie Sedgwick. La War-hol mania intrisa di pop art non si è mai fermata, anzi ne-

gli anni ha assunto molteplici forme. La troviamo negli

street graffiti, negli elementi d’arredo e di design, nella

comunicazione mass-mediale (sia come utilizzo dei mes-

saggi a sfondo pubblicitario che come grafica in riviste e

siti), nella moda. Per mostrare quanto forte sia l‟aura ema-

nata dallo stile di Andy, è opportuno zoomare l‟ultimo

punto, la moda. Ebbene, brands come Versace, Dior, Fer-

ragamo e Balenciaga, hanno tratto ispirazione dalle ope-

re di Warhol per creare alcune collezioni, riproponendo

disegni e serigrafie dell‟artista, e portando in passerella

calzature fortemente somiglianti alle illustrazioni delle

“Warhol Shoes”. Sebbene la pop art possa apparentemen-

te trasmettere messaggi superficiali, il suo stile resterà uni-

co ed inconfondibile, come unico resterà il suo re, Andy

Warhol.

Chiara Toteda

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Torta di castagne e cioccolata

L’arte della cucina

Crespelle con funghi porcini

Ingredienti:

Farina di castagne 240 gr

Cacao in polvere amaro 60 gr

Zucchero 125 gr

5 uova medie

Lievito chimico in polvere 1 bustina (16 gr)

Latte fresco 300 ml

Preparazione: Mettete nella ciotola di un mixer le uova e lo zucchero, quindi sbattete i

due ingredienti fino a ridurli in una crema chiara e spumosa; unite il ca-

cao amaro setacciato assieme al lievito, inglobandoli delicatamente con

un mestolo. Setacciate la farina di castagne dentro ad una ciotola ca-

piente, quindi unite il latte mescolando fino ad ottenere una crema

densa, morbida e liscia, che verserete lentamente dentro al composto di

uova e cacao amalgamandola delicatamente, mescolando dal basso

verso l‟alto. Imburrate ed infarinate una teglia del diametro di cm 24 e

versate al suo interno l‟impasto della torta, quindi infornatela a 180° per

circa 45-50 minuti. Prima di sfornare la torta, fate una prova con uno

stecchino di legno: se, dopo averlo introdotto a fondo nella torta, ne

uscirà asciutto e pulito, po-

tete estrarre il dolce e la-

sciarlo intiepidire. Togliete-

lo dallo stampo e lasciatelo

raffreddare completamente

su di una gratella.

La torta di castagne e cioc-

colato è pronta!

Pasquale Gardi

Ingredienti:

4 uova

un litro di latte

240 g di farina

80 g di burro

800 g di funghi

misti

60 g di formaggio

tipo fontina

prezzemolo tritato,

aglio

sale

Pepe

Preparazione:

Sbattete le uova in una terrina e incorporatevi 200 g di farina e un pizzico

di sale, poi versate lentamente circa mezzo litro di latte: dovrete ottenere

una pastella fluida e omogenea. Lasciatela riposare per mezz'ora

Sciogliete 40 g di burro in una casseruola, unitevi la farina rimasta e tosta-

tela; aggiungete a filo il latte rimasto, caldo, portate a ebollizione, salate,

pepate e cuocete la salsa per una decina di minuti, mescolando.

Fate dorare uno spicchio d'aglio con 20 g di burro e rosolatevi i funghi,

puliti e tagliati a tocchetti, per una decina di minuti, finché avranno perso

gran parte dell'acqua di vegetazione; eliminate l'aglio, salate, pepate e

spolverate con un cucchiaio di prezzemolo.

Scaldate una padella antiaderente, imburrata, e versatevi un mestolino di

pastella; fate rapprendere la crespella e cuocete allo stesso modo le altre.

Foderate una tortiera di dimensioni adeguate con carta da forno e alter-

natevi, a strati, le crespelle e la besciamella mescolata con funghi e for-

maggio; terminate con il burro a fiocchetti e infornate a 180° per 20 mi-

nuti. Sfornate e servite.

Eugenio Nicoletti

Bellezza fai da te...

Mascara

Ingredienti:

Fase grassa: -macerato oleo vanilla 2,2gr -Cera 3 0,8gr -Cera candelilla 0,2gr -Ossido nero 1,1 gr (2 gr per mascara colorato) Fase acquosa: -Acqua 5gr -Gomma acacia 1,1gr Fase a freddo: -Fitocheratina 0,6gr -Conservante 3gcc

Preparazione: Versate in una ciotola la fase grassa e in una ciotola la fase acquosa. Mettete en-trambe le ciotole a bagnomaria fino allo scioglimento del contenuto. Versate la fase acquosa nella fase grassa e mescolate fino al raffreddamento del contenuto. Unite la fase a freddo. Versate il contenuto nell‟apposito contenitore e lasciate riposare. Il vostro mascara é pronto per l'utilizzo!

Michela Gallo

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Gioca Jouer a cura di Amedeo Carpino ed Enrico D’Alessandro

Informazioni utili

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Cucciolata di Cellara no molto, ma sopratutto mi man-

ca Cellara. In quel piccolo paese

godo di una libertà che qui non

posso avere. Adesso non mi resta

che aspettare le prossime vacan-

ze per tornare dove ho amici, pa-

renti e i miei bellissimi gatti, e sin-

ceramente non vedo l'ora.

Isabella Rinaldi

Entro, ed eccoli. Tre piccoli esseri-

ni pelosi attaccati alla pancia di

una gatta tigrata minuta, con du-

e occhi gialli enormi. Come erano

cresciuti dall'ultima volta!

La legnaia di mia nonna non era

cambiata molto. C'era solo meno

legna e un tavolo al centro pieno

di scatoloni. Cellara era sempre la

stessa: stesse persone, stesse ca-

se, stesso paesaggio stupendo.

I tre gattini bevevano il latte. Or-

mai erano la metà della mamma.

Andai a guardarli più da vicino e

subito Picci prese a fare le fusa.

Ora che sono a Roma mi manca-

Il mio primo giorno in un mondo diverso Quest'anno per me e per i miei coeta-nei sarà molto dura perchè finalmen-te iniziamo anche noi le scuole supe-riori. Ho insegnanti nuovi, compagni nuovi e ho l‟impressione che la scuola che ho scelto sia adatta a me. All‟istituto tecnico per geometri che frequento si studiano molte materie che mi attraggono e alla conclusione di questo percorso scolastico potrò svolgere un lavoro che adoro: il geo-metra. Ma la cosa più bella è quando arrivi il primo giorno a scuola, fai nuove co-noscenze e iniziano a nascere nuove amicizie. Il primo giorno alle superiori non si dimentica mai perchè ti senti molto felice, ti senti finalmente "grande", e soprattutto perchè ti senti molto a disagio non conoscendo le persone che potresti incontrare. Poi entri finalmente in classe e incontri i nuovi insegnanti che ti sembrano molto più severi ed esigenti rispetto a quelli delle scuole medie. All'inizio sei molto preoccupato ma appena inizi a conoscere i nuovi compagni scopri che ce n'erano tanti ancora più timidi, perciò superi l‟imbarazzo.

A ricreazione appena sceso nel cortile della scuola mi sono sentito come im-merso in un mare di paure e pensieri, osservato da tutti, mi sono sentito co-me quello più piccolo e insignificante. Ma allo stesso tempo ero contento perchè dopo tanta attesa ho iniziato anche io a frequentare le superiori. Luigi Nicoletti

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