al welfare nella Xª legIslaTuRa - Lombardia Sociale · Le novità dell’indagine Istat 2011 sugli...
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i VADEMECUM di LombardiaSociale.it
prefazione di Cristiano Gori
Il fInanzIamenTo al welfare nella Xª legIslaTuRa
a cura di Valentina ghetti
2014
Indice Prefazione di Cristiano Gori 2
Introduzione 3
Il finanziamento regionale
Finanziamento del welfare lombardo: novità e domande aperte della X legislatura 7
Il welfare nella manovra di bilancio della nuova Giunta 12
Lea sociosanitari: quali novità da indicatori e verifiche? 17
Spesa sociale dei comuni e fondi nazionali
Fondi sociali a passo di gambero: tendenze recenti e prospettive future 25
Il punto sui fondi sociali statali: evoluzione e prospettive per la Lombardia 31
Spesa sociale comunale: novità e riflessioni 38
Le novità dell’indagine Istat 2011 sugli interventi sociali dei Comuni 43
Segnalazioni 48
2
Prefazione di Cristiano Gori
Care Lettrici e Cari Lettori, tutti noi di Lombardiasociale.it - direzione, redazione e
collaboratori - siamo lieti di avviare il quarto anno di attività del nostro sito di
monitoraggio e discussione sul welfare sociale lombardo.
I nostri risultati, per numero di accessi e circolazione dei materiali proposti nei territori,
continuano ad essere positivi e a registrare una costante crescita. Ciò è per noi motivo
di soddisfazione così come fattore di stimolo intervenire sulle nostre aree di
miglioramento.
Gli obiettivi di Lombardiasociale.it sono quelli di sempre: costruire occasioni di
confronto sul welfare lombardo e di discussione delle scelte di policy, e fornire
strumenti concreti per l’attività di chi coordina e gestisce i servizi nel territorio.
Come lo scorso anno, apriamo la nuova stagione proponendo i Vademecum 2014,
dossier tematici che raccolgono vari articoli pubblicati sinora nel sito e riguardanti
alcuni tra i temi di maggiore rilievo per il welfare sociale lombardo. Ogni Vademecum
colloca pezzi usciti in momenti diversi all’interno di un quadro comune e si propone,
così, come un sintetico stato dell’arte del tema esaminato. Uno stato dell’arte che
vuole fornire un insieme di spunti, dati ed idee utili all’operatività e alla discussione.
I nuovi vademecum proposti raccolgono articoli usciti tra settembre 2013 e luglio 2014
e coprono nove temi di particolare rilievo per il welfare sociale della nostra regione. Si
tratta di: “le misure per minori e famiglie”, “programmazione e governance del welfare
sociale lombardo”, “la presa in carico nella disabilità”, “politiche e servizi per le
dipendenze”, “gli interventi contro la povertà”, “il finanziamento e la spesa” e “le
politiche per gli anziani non autosufficienti”.
Speriamo che i Vademecum possano servire a chi è – a qualunque titolo – impegnato
nel welfare sociale lombardo e interessato al suo futuro. Come sempre, i commenti e
le critiche ci saranno particolarmente utili.
Milano, settembre 2014
3
Introduzione di Valentina Ghetti
Il compendio ripropone articoli che hanno analizzato il comportamento del
finanziamento e della spesa al welfare, sia per diretta scelta regionale che derivanti da
politiche allocative nazionali e locali.
Il finanziamento regionale
Questo esecutivo si sta distinguendo per un sensibile incremento delle risorse
destinate al sociosanitario e in generale per il maggior rilievo assegnato al comparto
governato dalla DG Famiglia.
Il primo contributo analizza le risorse stanziate dal nuovo esecutivo, rispetto alle
diverse misure disposte ad avvio di legislatura (fondo a sostegno della famiglia, dgr
autismo, dgr genitori separati…). Il commento, oltre a proporre una ricostruzione
dell’ammontare complessivo delle risorse, tenta una ricostruzione della loro
composizione e provenienza mettendone in luce la parzialità di stanziamenti ex novo e
la presenza di una consistente quota di residui di spesa, già a bilancio dagli anni
precedenti. Infine, propone alcuni interrogativi con cui osservare l’evoluzione del
finanziamento al welfare per i prossimi anni di legislatura.
Il secondo articolo – Il welfare nella manovra di bilancio della nuova Giunta - propone
un commento alla prima manovra finanziaria della nuova Giunta, collocando l’analisi
all’interno delle dinamiche di finanziamento nazionali e mostrando i tratti peculiari
delle scelte allocative dell’Esecutivo Maroni: sensibile incremento delle risorse gestite
dell’assessorato, derivante direttamente da risorse proprie della Regione;
rafforzamento complessivo del comparto sociosanitario affiancato però da un parallelo
disinvestimento delle risorse destinate al sociale, che segna dunque una sostanziale
continuità con la direzione precedente nella concezione di piena separazione tra
competenze dirette regionali (sociosanitario) e comunali (sociale).
Il terzo contributo apre ad una riflessione sulle ricadute del finanziamento al welfare,
proponendo un’analisi comparativa sul rispetto dei LEA sociosanitari – Lea
sociosanitari: quali novità da indicatori e verifiche? A partire dai pochi indicatori di
monitoraggio utilizzati a livello nazionale, si analizza il posizionamento lombardo in
comparazione con le altre regioni del centro nord rispetto alla dotazione di servizi ADI
e al volume complessivo dei servizi per anziani. Il contributo propone anche una analisi
della situazione infraregionale, mostrando l’ampia eterogeneità di posizionamento tra
le diverse Asl lombarde.
4
Fondi nazionali e spesa sociale dei comuni
Il finanziamento al welfare e la spesa sociale a livello territoriale non può essere
analizzata senza fare riferimento all’andamento delle risorse trasferite dal livello
centrale (Fondi sociali vari) e alla risorse allocate al comparto sociale nei bilanci dei
comuni. Se da livello regionale abbiamo assistito, come detto, ad un rafforzamento
della spesa per il sociosanitario, sul sociale, oltre al disinvestimento regionale, hanno
pesato per gran parte degli ultimi anni le ricadute della crisi sul bilancio pubblico e le
politiche di rigore che ne sono conseguite. LombardiaSociale ha seguito nel tempo
l’andamento dei diversi canali di finanziamento, analizzandone gli utilizzi fatti dal livello
regionale nonché le ricadute sul fronte locale.
Un primo contributo propone un’analisi dell’utilizzo del Fondo nazionale politiche
sociali da parte della nostra Regione, a partire dal report di monitoraggio ministeriale
riferito all’anno 2010. Il commento mette in evidenza alcune delle peculiarità
lombarde nel panorama nazionale: l’abituale decurtazione di una quota considerevole
di risorse, trattenute a livello regionale (comportamento interrotto dal nuovo
esecutivo, che invece ha scelto di allocare ai territori tutte le risorse assegnate),
un’incidenza del fondo al di sotto della media rispetto alla spesa sociale dei comuni, un
contributo proprio delle risorse regionali al welfare sociale anch’esso al di sotto della
media nazionale. Infine il commento tratteggia gli scostamenti dell’attuale esecutivo
rispetto agli indirizzi sulle risorse trasferite, in parte qui accennati.
Il secondo contributo analizza invece la situazione del finanziamento al welfare attuale,
proponendo un affondo sull’andamento dei diversi fondi sociali previsti dal livello
nazionale (Fondo nazionale politiche sociali, Fondo Non autosufficienza, Fondo intesa
famiglie, Fondo politiche giovanili, fondo pari opportunità e fondo minori stranieri non
accompagnati). Si osservano i cambiamenti rispetto agli anni più recedenti, mostrando
la parziale ripresa del finanziamento nel biennio 2013-2014 per alcuni e l’azzeramento
di altri e si analizza l’ammontare complessivo delle risorse su cui potrà contare la
Lombardia. L’articolo si conclude con una disamina delle prospettive future sulla base
delle previsioni per gli anni 2015-2016 e dei nodi ancora aperti.
Si conclude infine il compendio con due affondi sulla spesa sociale dei comuni. Il primo
contributo – Spesa sociale comunale: novità e riflessioni – analizza l’impatto della crisi
sul bilancio degli enti locali, in particolare osservandone l’incidenza per il comparto
sociale, attraverso l’analisi dei dati sui bilanci comunali pubblicati dall’Istat e da
un’indagine Cisl. I dati mostrano chiaramente come dal 2011 comincino ad evidenziarsi
alcune ricadute concrete delle manovre correttive avviate con il Governo Monti.
Il secondo contributo invece, Le novità dell’indagine Istat 2011 sugli interventi sociali
dei Comuni, a partire dalla periodica rilevazione Istat, analizza il recente processo di
decrescita della spesa sociale comunale e illustra le tipologie di interventi che ne
5
vengono maggiormente penalizzati (povertà e disagio adulto, immigrati e anziani).
Un’inversione di tendenza rispetto al recente passato, in cui si era vissuto un
progressivo potenziamento del comparto sociale, dove si osservano alcuni tratti
peculiari del comportamento lombardo: crescono i trasferimenti monetari e
diminuiscono le prestazioni e le erogazioni di servizi, confermando l’orientamento
tipico della regione ad intervenire come pagatore di contributi più che organizzatore di
servizi.
6
Il finanziamento regionale
7
Punti di vista
Finanziamento del welfare lombardo: novità e domande aperte della X legislatura Un’analisi dello stato delle disponibilità dell’Assessorato alla Famiglia
di Valentina Ghetti
22 ottobre 2013
Temi > Finanziamento e spesa
Quante sono le risorse stanziate sino ad oggi, da dove vengono e per cosa sono state impiegate. Prime risposte e interrogativi ancora aperti sul finanziamento al welfare lombardo
Quante risorse: le novità annunciate
La prima grande novità è stata, a pochi giorni dall’insediamento della nuova Giunta,
l’annuncio del Presidente Maroni dell’istituzione di un fondo dedicato alla famiglia,
fondo – si era detto – di ben 330 milioni di euro. La questione è stata poi rimandata al
momento dell’assestamento di bilancio.
Un’altra novità è rappresentata dall’introduzione di una nuova misura di contrasto alle
fragilità, riferita ai genitori separati in condizioni di precarietà economica. Misura a cui
ad oggi sono stati destinati 2 milioni di euro.
La Regione ha inoltre aggiunto 3,5 milioni di euro, a valere sulle risorse regionali, ad
integrazione del Fondo Non Autosufficienza a sostegno delle disabilità gravissime,
andando così ad incrementare i 14 milioni derivanti dal fondo nazionale.
Infine, altri 2,5 milioni sono andati assegnati alle progettualità riferite ai disturbi dello
spettro autistico.
Si sono confermati i 70 milioni del fondo sociale regionale, sui quali la principale novità
è rappresentata dalla rimozione dei vincoli di destinazione posti lo scorso anno (link
articolo), oltre che dalla stessa riconferma delle risorse assegnate senza la ormai
consueta manifestazione da parte delle associazioni [1].
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Oggi dunque, a guardare così le cose, potrebbe sembrare che, rispetto alla scorsa
legislatura, questo esecutivo stia finalmente dedicando attenzione al sociale, anche
attraverso il potenziamento delle risorse ad esso riferite.
Tuttavia, già a seguito dell’annuncio sul fondo famiglia, avevamo posto alcune
questioni (si veda un precedente articolo). Alcuni aspetti oggi si stanno chiarendo,
mentre su altri rimangono interrogativi aperti.
Da dove vengono le risorse?
Un primo dato di conoscenza è relativo al Fondo famiglia, che – a seguito
dell’assestamento – dovrebbe comporsi, per il 2013, di 50 milioni. Quindi risorse
importanti, ma decisamente inferiori agli oltre 300 annunciati (si vedano le
dichiarazioni regionali).
Di questi 50 milioni, oggi sappiamo che 20 sono costituiti da risorse del fondo sanitario
che si è deciso di utilizzare per il sociosanitario, anziché per la sanità acuta[2]. Non si
tratta di un meccanismo nuovo. Anche negli scorsi anni la DG Famiglia era riuscita ad
ottenere in corso d’anno un potenziamento dei fondi sociosanitari (vedi tabella).
Quello che è certo è che non sono risorse in più allocate sul sociale, magari sottratte ad
altri settori, ma solo una redistribuzione del Fondo sanitario 2013 già stanziato con il
bilancio preventivo 2013.
Mentre dei rimanenti 30 non è affatto chiara la provenienza[3]. Diventa interessante
allora capire da dove potrebbero arrivare. Negli ultimi anni il finanziamento dell’Assi ha
potuto contare su progressivi potenziamenti annuali (gli stanziamenti nel bilancio della
Regione sono passati infatti dai 1.500 milioni del 2010 a 1.650 del 2012) che avrebbero
dovuto essere finalizzati soprattutto al rafforzamento dell’Adi. La spesa sociosanitaria
delle Asl, fatta quasi integralmente di acquisto di prestazioni dai gestori dei servizi,
nell’ultimo biennio però non sembra essersi evoluta con la stessa velocità, come
dimostrato ad esempio dal totale dei budget per acquistare le prestazioni dai gestori
2012, che è sostanzialmente fermo rispetto all’anno precedente. La situazione che
emerge dopo la recente approvazione del rendiconto regionale 2012, è che nello
scorso anno gli stanziamenti di nuove risorse per il sociosanitario non sono stati
integralmente impegnati: c’è un residuo di 40,5 milioni. Il fondo famiglia potrebbe
dunque proprio contare su questi margini esistenti. Residui di stanziamento che si
vanno a sommare ad altri residui storici già disponibili nella precedente legislatura
(vedi tabella).
Quindi l’ipotesi più probabile è che il fondo famiglia non sia altro che un nuovo modo
di utilizzare le attuali risorse per i Lea sociosanitari (le risorse complessive per l’Assi
2013 sono più o meno le stesse di quelle del 2012, 1.652 milioni contro 1.650 milioni,
vedi tabella).
9
E se guardiamo alle altre misure elencate nel paragrafo precedente, troviamo una
situazione analoga. I 3,5 milioni per disabilità gravissime anch’essi non sono aggiuntivi
ma vengono finanziati con fondi già trasferiti alle Asl per l’anno 2012 (Ddg 4439 del
28/5/2013), ovvero assegnazioni definitive per i servizi sociosanitari integrati. Dunque
anche in questo caso si tratta di fondi sanitari preesistenti. Stessa provenienza per
quelli destinati all’autismo. Unica differenza pare riferita alla partita “genitori
separati”, che viene finanziata su un capitolo del bilancio regionale di nuova istituzione
del programma “politiche per la famiglia” (fonte: dgr 681/2013).
Qualche interrogativo
Gli elementi di conoscenza che abbiamo evidenziato pongono alcuni interrogativi, che
potranno forse essere sciolti dalle imminenti determinazioni riferite alla dgr 116:
Primo, come dobbiamo considerare questo Fondo famiglia: fondo per la legislatura o
fondo una tantum? Ad oggi non è ancora chiaro visto che, per ora, si tratta di risorse a
bilancio a valere sull’anno 2013. Tuttavia il fatto che a comporlo si presume
partecipino residui delle gestioni precedenti, può dare adito a qualche dubbio o
perplessità sulla certezza di una continuità. E se domani gli avanzi non ci sono? E se
sono meno? Rischia di trattarsi ancora una vota dell’ennesima misura spot su cui non
c’è alcuna garanzia.
Secondo, il fatto che diversi interventi della nuova legislatura siano finanziati con fondi
del 2012 apre interrogativi sull’opportunità di una modalità che sembra ormai
abbastanza consolidata in Regione: la programmazione dei fondi avviene sempre più
spesso a posteriori, generando– in un momento critico come questo – un accumulo
considerevole di preziose risorse inutilizzate. In un momento di grande difficoltà come
quello attuale, lo abbiamo già scritto, in cui i territori sono impegnati a cercare di far
sopravvivere i servizi, questa modalità rischia di essere decisamente inappropriata e
quanto mai odiosa per cittadini e operatori dei servizi.
Terzo: come si ha intenzione di usare queste risorse? Per ora le misure che sono state
definite si riferiscono prevalentemente a trasferimenti monetari (fondo sostengo,
disabilità gravissime, le prime indicazioni per il fondo famiglia). Si ha intenzione di
finalizzarne l’utilizzo oppure no?
Oggi, per le disabilità gravissime e per l’autismo la finalizzazione sembra demandata
alla definizione del progetto personalizzato, che però è declinato in maniera ancora
molto vaga. Bisognerà capire come si intenderà giocarlo. In generale però sembra
profilarsi un ritorno al passato, ovvero la predilezione dell’utilizzo dello strumento
“buono”, che rischia però di avere ricadute negative sul sistema dei servizi. Si sceglie
di dare priorità al finanziamento diretto della famiglia (in assoluta continuità con il
precedente esecutivo) e non dei servizi…con che conseguenze? In un momento di crisi
10
come questo ad esempio sarebbe opportuno incoraggiare le possibilità occupazionali
che può dare questo settore, invece del lavoro informale-sommerso.
Inoltre, in relazione alla provenienza delle risorse, un’altra domanda sorge spontanea:
risorse che derivano dal Fondo sanitario, andranno a finanziare solo misure
sanitarie? In generale il fatto che il fondo famiglia sembra essere finanziato con fondi
sanitari potrebbe comportare l’obbligo all’utilizzo per attività che rientrano nei Lea. Ci
si deve quindi aspettare un potenziamento solo degli interventi di rilevanza sanitaria
dell’assistenza sociosanitaria, ovvero che il fondo famiglia non potrà dare sostegno agli
oneri di rilevanza sociale dell’assistenza e, dunque, non sarà un sostegno per l’area
oggi più critica e sottofinanziata?
Tabella – I fondi sociosanitari nel bilancio
regionale*
2010 2011 2012 2013 Stanziamenti iniziali
bilancio preventivo 1.574.435.000 1.623.000.000 1.632.000.000
implementazioni
infrannuali Dgr 2523/2011 dgr 3566/2012 Lr 5/2013
(assestam.) 23.000.000 27.000.000 20.000.000
Totale stanziamenti
annuali di risorse
nuove
1.500.000.000 1.597.435.000 1.650.000.000 1.652.000.000
impegni** 1.500.000.000 1.597.000.000 1.609.470.000 residui della gestione
annuale (economie
sugli stanziamenti)
0 435.000 40.530.000
totale costi per budget
assi assegnati alle Asl Decr
11185/2011 Decr. 10640/2012
1.552.900.090 1.549.945.000 Residui storici avanzi ante 2010
(reiscrizioni cap 6678) 89.718.692 89.718.692 89.718.692 26.292.315
utilizzi 63.426.377 residui di
stanziamento 26.292.315
*CAPIT OL I 7568, 6678, 7647, 7648 **PER IL 2011 SO NO ST A T I CO NS IDER AT I GL I IM PEGN I E F FET T IV I R IFER IB IL I A QUEL L ’A N NO , OV V ERO L E
A SSE G NA ZIO NI AS S I PER L A GE ST IO NE 2011 DEFI NI T E NEL DECR 4562/2012: T AL E C IFR A SUPER A GL I
IMPEG NI IN DIC AT I I N B IL A NCIO DI 130 MIL IO NI . NEL C AL COL ARE GL I IMPE GN I EF FET T IV I DI
COMPET EN Z A 2012 SO NO ST AT I E SCL U SI I 130 MIL I ONI , POICHÈ R I FERIT I AL 2011.
11
Quarto, e ultimo punto, come si relazionano tra loro i diversi stanziamenti? Non
sembrano esserci state grandi evoluzioni in merito, a fronte di un dichiarato che più
volte – anche negli ultimi atti – ha fatto riferimento al tema del budget unico o budget
di salute della persona. Ad oggi siamo ancora nella situazione in cui sono presenti una
pluralità di fondi che afferiscono a competenze diverse tra Asl e Comuni, spesso
destinati a misure molto parcellizzate (genitori separati, autismo, disabilità
gravissime…) e non a promuovere politiche più complessive. E, aggiungiamo, sulla cui
integrazione si rimanda unicamente al momento delle valutazioni multidimensionali
sul caso e sulla progettazione dei percorsi personalizzati, ma crediamo, dando forse un
po’ troppo per scontata l’efficacia di questi strumenti.
Rimaniamo dunque in attesa di capire come evolveranno le cose e quali indicazioni
operative verranno date.
1. [1] Negli ultimi due anni infatti le risorse assegnate erano meno di quelle a preventivo, e
solo dopo consistenti pressioni da parte di associazioni, soprattutto del mondo della
disabilità, si è tornati a vedere la conferma di quanto messo a bilancio.
2. [2] nella L.R. 5/2013 si legge che “la spesa di € 20 000 000,00 da destinare a interventi
socio-sanitari a favore delle famiglie e dei componenti fragili e di € 1 000 000,00 da
destinare ad interventi socio-sanitari di prevenzione e contrasto della violenza sulle donne
in attuazione della legge regionale 3 luglio 2012, n 11 (Interventi di prevenzione, contrasto
e sostegno a favore di donne vittime di violenza) da stanziare alla missione 13 «Tutela della
Salute», programma 01 «Servizio sanitario regionale – finanziamento ordinario corrente per
la garanzia dei LEA», titolo 1 «Spese correnti» la cui copertura è assicurata a valere sulle
risorse già previste per il finanziamento del Servizio socio-sanitario, di cui all’articolo 2,
comma 22, della legge regionale 19 dicembre 2012, n 19 (Bilancio di previsione per
l’esercizio finanziario 2013 e bilancio pluriennale 2013-2015 a legislazione vigente e
programmatico)”
3. [3] Nella legge sull’assestamento infatti non emergono indicazioni circa ulteriori
potenziamenti, né sui capitoli relativi alla “Tutela della salute” né in quelli per “Diritti
sociali, politiche sociali e Famiglia”, tuttavia la Giunta ha comunicato che queste risorse
sono già trasferite alle Asl.
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Punti di vista
Il welfare nella manovra di bilancio della nuova Giunta
di Cristiano Gori
31 gennaio 2014
Temi > Finanziamento e spesa
La manovra finanziaria regionale per il 2014 appena approvata ha rappresentato per la nuova Giunta la prima reale occasione per esplicitare le proprie priorità. E’ interessante capirne le ricadute sul welfare sociale, inteso come complesso degli interventi di carattere sociosanitario e sociale.
Lo scenario nazionale: il contesto in cui si colloca la manovra
Occorre premettere, innanzi tutto, quali sono le condizioni dello scenario nazionale in
cui si inserisce la manovra lombarda. Per il finanziamento della spesa sanitaria, dopo
la flessione del 2013, si individuano prospettive di ripresa (dai 107,7 milioni del 2013
ai circa 109,5 milioni del 2014) e le più recenti notizie sembrano definire un percorso di
sviluppo di medio periodo per creare le condizioni per il rinnovo del Patto per la salute.
Per i fondi sociali invece, l’orizzonte è molto più breve, essendo stati rifinanziati
solamente per il 2014:
− 317 milioni per il Fondo Nazionale Politiche Sociali (Fnps)[1]
− 350 milioni per il Fondo Nazionali per le Non Autosufficienze (dei quali 75
esclusivamente per assistenza domiciliare a gravissime disabilità)
La stessa legge nazionale di stabilità che ha recuperato risorse per scongiurare
l’aumento di 2 miliardi dei ticket dal 2014, ha tuttavia richiesto alle Regioni uno sforzo
finanziario sulle partite extrasanitarie sia come riduzione delle spese soggette al patto
di stabilità, sia come un contributo che le Regioni dovranno versare per il risanamento
della finanza pubblica. Per una Regione come la Lombardia ciò significa tagli per circa
300 milioni al proprio bilancio extrasanitario, quindi dell’ordine del 10-11%, da
distribuire tra i vari settori secondo le proprie preferenze.
13
Le scelte regionali
Nel complesso la manovra lombarda destina al welfare sociale, quindi ai fondi
dell’Assessorato Famiglia e Solidarietà Sociale, 1.770 milioni delle risorse proprie, 48
in più rispetto al 2013 (si tiene conto dei principali canali di finanziamento di questo
settore di cui si propone il dettaglio attuale nella tab.1 e l’evoluzione storica nel grafico
1).
Il finanziamento regionale, pur essendo stato storicamente sempre in espansione,
nello scorso biennio aveva registrato un arresto della propria crescita (+0,1% nel 2013
rispetto al 4% medio annuo nel triennio 2009-2012). La manovra 2014 segna un balzo
in avanti del +2,8% delle risorse proprie regionali.
Inoltre, mentre nel 2013 l’incremento complessivo del bilancio era dovuto
essenzialmente a scelte nazionali, appare chiaro che quest’anno i passi in avanti
derivano da scelte allocative della Regione stessa (cfr graf.1).
Vediamo il quadro di dettaglio di questo finanziamento.
Il comparto sociosanitario
Nel 2014 la gestione Assi, rispetto ai 1.652 milioni del 2013, potrà contare su 1.721
milioni. Questo sviluppo dipende sostanzialmente dal finanziamento del nuovo Fondo
Famiglia, un canale istituito con la legge di assestamento 2013 e alimentato dal Fondo
14
Sanitario Regionale (si veda articolo precedente sul tema). Nel 2014 tale fondo sarà
rifinanziato per 80 milioni, incrementando dunque i 50 milioni dell’anno precedente (si
veda tab. 1). Si tratta di una scelta rilevante poiché aumenta la priorità che viene data
al settore sociosanitario nei processi di allocazione della sanità lombarda: la quota
del fondo sanitario lombardo dedicata alla gestione Assi (fondo famiglia incluso), che
nel 2012-2013 si attestava sul 9,5-9,6%, nel 2014 arriverà al 10%[2].
Lo stanziamento sui fondi sociali
A differenza di quanto osservato nella gestione del comparto sociosanitario, con la
manovra per il 2014 i fondi regionali per le politiche sociali si impoveriscono.
Nell’allocare le ulteriori risorse che la Regione gestisce – oltre quelle per la sanità – la
nuova Giunta ha scelto di tagliare il fondo sociale da 70 a 58 milioni, confermando il
basso interesse della precedente amministrazione verso questo comparto (si veda
articolo dedicato).
Non sembra che si sia trattato di tagli lineari: come premesso, lo sforzo di bilancio
richiesto dalle manovre nazionali giustifica al massimo riduzioni del 10-11%, mentre il
sacrificio del fondo sociale 2014 è decisamente più elevato (17%, con prospettive di
ulteriore peggioramento nel biennio successivo dato che lo stanziamento per il
2015/2016 sembra ridotto alla metà). Sembra quindi che nella gestione dei fondi
extrasanitari le politiche sociali stiano perdendo priorità rispetto ad altri settori delle
politiche regionali.
Il bilancio complessivo per il welfare sociale
Oltre alle risorse regionale, la Lombardia potrà contare complessivamente su circa 95,3
milioni di risorse statali per le politiche sociali per il 2014. Questo sostegno, ripristinato
a partire dal 2013, resta comunque nettamente inferiore alle cifre assicurate alla fine
dello scorso decennio (180 milioni nel 2009).
Nel complesso quindi, tra le risorse proprie e quelle trasferite dallo Stato, il budget
regionale complessivo 2014 per il welfare sociale (= fondi sociali + sociosanitari =
competenze Assessorato Famiglia e Solidarietà Sociale) consisterà in 1.865 milioni. Per
questo settore, dopo un triennio di budget al lordo dell’inflazione sostanzialmente
fermo (tra il 2009 e il dal 2012, si veda graf.1), si registra un biennio di crescita (+4,9%
nel 2013 e +3,3% nel 2014).
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Una valutazione
La lettura della manovra finanziaria regionale permette, in conclusione, di proporre
una valutazione di sintesi in quattro punti.
Il budget complessivo per il welfare sociale cresce. In termini di aggregato
complessivo il peso dell’Assessorato alla Famiglia e Solidarietà Sociale è aumentato e
ciò è avvenuto, come detto, grazie a stanziamenti propri della Regione. A livello macro
quindi sembrano confermate le dichiarazioni del governatore Maroni (si veda
commento precedente) circa la priorità assegnata al complesso del settore.
Sottolineato questo aspetto riguardante la strategia regionale d’insieme, successive
valutazioni toccano le priorità interne al welfare sociale.
Si registra il rafforzamento del comparto sociosanitario. Lo mostrano i dati sul
finanziamento Assi in tabella 1, da leggere considerando anche che lo stanziamento sui
relativi capitoli è confermato per il biennio successivo. Si aprono, dunque, possibilità di
potenziamento e di continuità. Sul fronte del sociosanitario è, quindi, tempo di
costruire interventi con orizzonti temporali di medio-periodo, superando le modalità
adottate finora con provvedimenti di respiro semestrale, così da assicurare a operatori
e utenti la possibilità di programmare per l’intera legislatura.
Nell’ambito delle risorse sociosanitarie è tempo di definire la direzione di tale
potenziamento, scegliendo come posizionarsi tra il mantenimento dell’impianto
esistente o, viceversa, una sua innovazione. La tensione tra questi due poli è rimasta
alta e le sperimentazioni in corso non hanno ancora chiarito la direzione che il
16
legislatore regionale intende intraprendere. Fino ad ora sembra cioè che si sia puntato
a istituire interventi innovativi, senza tuttavia definire in che modo si integrano con
sistema di offerta tradizionale, quest’ultimo non ha ricevuto infatti le stesse attenzioni
in termini di interventi di riqualificazione. Ora dunque tra sperimentazioni,
dichiarazioni e atti vari l’Assessore Cantù e il suo staff hanno nominato numerosi temi
di lavoro. La sfida dei prossimi mesi è selezionare e scegliere gli obiettivi sui quali
puntare da qui al 2018. Il significativo incremento di risorse, infatti, sarà veramente
utile solo se legato alla definizione di priorità chiare ed espliciti percorsi attuativi per
l’intera legislatura.
Si verifica il progressivo disinvestimento sugli interventi sociali da parte della
Regione. La ridotta attenzione della Giunta Maroni a questo settore si pone in
continuità con le scelte della precedente amministrazione. Coerentemente, viene
confermata l’impostazione del passato, che vede i due comparti – la filiera
Comuni/Ambiti e le Asl – continuare a gestire budget nettamente separati. Nonostante
l’integrazione sia prevista in diversi atti - nei percorsi di presa in carico e nelle fasi di
valutazione - non si intravedono, al momento, meccanismi innovativi di definizione del
riparto degli oneri finanziari tra Asl e Comuni o politiche che prevedano cogestione dei
due budget nella progettazione delle risposte sul singolo caso.
4. [1] La cifra è quella dello stanziamento nel bilancio dello Stato. Non corrisponde
esattamente all’ammontare trasferito alle Regioni, dato che negli anni passati la prassi è
stata quella di trattenerne una quota gestita direttamente dal Ministero (ad esempio nel
2013 a fronte di uno stanziamento di 344 milioni solo 300 sono andati alle Regioni). Per il
2014, nella tab. 1 e nel graf. 1, si è ipotizzato che la quota Regioni resti la stessa del 2013,
ossia 300 milioni.
5. [2] Confronto basato sui riparti delle delibere annuali delle regole dell’ultimo triennio
(fondo sanitario al netto della mobilità)
17
Dati e ricerche
Lea sociosanitari: quali novità da indicatori e verifiche?
di Laura Pelliccia
29 marzo 2014
Temi > ADI, Finanziamento e spesa, LEA
La situazione dell’andamento dell’assistenza sociosanitaria è monitorata attraverso pochi indicatori che oggi sintetizzano l’offerta delle singole regioni. Questi strumenti sono peraltro utilizzati a livello ministeriale per verificare l’effettiva capacità delle regioni di garantire i Lea. Si cercherà di verificare cosa sta cambiando nelle regioni del Centro Nord, con un focus particolare sulla Lombardia e sull’Adi.
Le più recenti tendenze dell’Adi
L’assistenza sociosanitaria a domicilio, dopo aver conosciuto una discreta espansione
in tutto il paese nell’arco dello scorso decennio, nelle regioni del Centro Nord nel 2011
ha scontato un leggero arretramento nella presa in carico (dal 4,9 al 4,7%) e una
stabilizzazione nel 2012 (Graf. 1).
Rispetto a queste tendenze, la dinamica della Lombardia dello scorso biennio è quella
di un arretramento nella quota di anziani serviti, fenomeno presente sia nel 2011 che
nel 2012 (rispetto al 2010 si è passati dal 4,3 al 4%). La riforma dell’Adi avviata nel
corso del 2011, nel 2012 non sembra ancora aver prodotto pienamente benefici in
termini di aumento della presa in carico di utenza anziana assistita a domicilio.
Un altro elemento significativo per monitorare il ruolo dell’Adi è la quota di risorse
destinate a questo regime assistenziale da parte dei servizi sanitari regionali; nel
complesso delle regioni del Centro Nord le tendenze storiche, che vengono
confermate anche negli anni più recenti, sono quelle di una crescita modesta ma
pressoché costante dell’incidenza dell’Adi sulla spesa sanitaria (Graf. 1).
In Lombardia l’assorbimento di risorse da parte dell’Adi ha conosciuto un andamento
altalenante nello scorso quinquennio; il dato più recente, quello per l’anno 2011,
mostra un lieve ripresa e, in ogni caso, l’indicatore ritorna sui livelli del 2010 (di fatto
analoghi a quelli del 2005). E’ possibile che qualche progresso in più si dimostri sul
18
2012, considerando gli investimenti intrapresi nel 2011, ma dalle informazioni al
momento disponibili non sembra ancora che la riforma abbia modificato
sostanzialmente il ruolo dell’Adi rispetto al complesso del SSR.
La situazione delle singole regioni del Centro Nord può essere cosi’ sintetizzata (Graf.
2):
− Friuli, Umbria e Emilia Romagna presentano valori particolarmente alti sia nella
presa in carico degli anziani che nella quota di assorbimento di risorse;
− Piemonte, Marche e Toscana mostrano un’elevata incidenza dell’Adi sulla spesa
sanitaria ma valori contenuti di diffusione dell’Adi;
− insieme a Val d’Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige e Lazio, la Lombardia si
colloca tra le regioni con valori di diffusione dell’Adi al di sotto della media
(appena sotto ma ben distante dalle realtà dove l’Adi è molto sviluppata) e una
quota di risorse sanitarie per le cure domiciliari particolarmente contenuta.
Questo posizionamento potrebbe essere spiegabile dal modello organizzativo
che si fonda prevalentemente sull’esternalizzazione del servizio. Rispetto alle
altre regioni dove prevale l’Adi a gestione diretta, con importante impiego di
personale dipendente, è assente quello zoccolo di risorse fisse dedicate all’Adi
19
(sia per l’erogazione delle prestazioni che per le attività di accesso) e si tende a
remunerare solo i voucher-prestazioni rese.
Nel fare questi confronti, va però tenuto conto di alcuni limiti dell’attuale sistema
informativo: finora la misurazione dell’Adi si è basata sul numero di assistiti,
considerando tutte le casistiche, anche quelle prestazionali/estemporanee; è evidente
che oggi ci sono problemi di coerenza/qualità delle rilevazioni[1]. L’obiettivo a cui si sta
lavorando da qualche anno, con l’introduzione del Siad, è quello di isolare gli interventi
di presa in carico continuativa/complessa; quando saranno diffusi i dati del nuovo
flusso si avrà maggiore uniformità qualitativa dei dati (oggi invece a parità di assistiti in
qualche regione gli interventi prestazionali potrebbero pesare più che in altre)[2].
La situazione infraregionale
La pubblicazione dei dati per singola Asl consente di illustrare la situazione interna alla
Lombardia (Graf. 3). Permane una pronunciata variabilità nell’utenza servita rispetto
alla media regionale (da 1,8 a 13,4%), con il massimo nei territori montani, il
cremonese e il mantovano.
L’aspetto che vale la pena sottolineare è che nell’ultimo biennio si è verificata
un’espansione nell’utenza servita in tre Asl (Mantova, Città di Milano e Milano 2),
mentre nei restanti territori la crescita dell’Adi non ha tenuto il passo con la dinamica
20
dell’invecchiamento della popolazione (nel 2010 la diffusione del servizio rispetto al
numero di anziani era maggiore di quella osservabile nel 2012).
I Lea sociosanitari nelle verifiche ministeriali
Il mantenimento dell’erogazione dei Lea è oggetto di apposite verifiche ministeriali
che, attraverso un set di indicatori, rappresentano la situazione dell’assistenza
sanitaria nelle regioni[3]; su questo monitoraggio si fonda il sistema premiale che
assegna, solo alle regioni adempienti, una quota pari al 2% del Fondo Sanitario.
Vediamo quali sono le informazioni più salienti a proposito dell’assistenza
sociosanitaria, rappresentata nella griglia Lea da alcuni indicatori sull’Adi,
sull’assistenza residenziale agli anziani e ai disabili e sull’assistenza distrettuale ai
malati terminali. Di fatto per ciascun indicatore vengono individuate delle soglie di
normalità (ad esempio raggiungimento della media nazionale) e delle soglie di
tolleranza (i diversi colori della Tab.1); ogni indicatore ha un diverso peso (quello che
incide maggiormente – tra quelli sociosanitari – è quello dell’Adi, misurato ancora con i
vecchi flussi e non con il Siad).
Da risultati delle verifiche sull’anno 2011, ufficializzati a fine 2013 e riassunti nella
Tab.1, è risultato che nelle regioni del Centro-Nord prevale una situazione di normalità
21
o, comunque, di adempienza sui Lea sociosanitari, con poche eccezioni (le aree rosse,
perlopiù delle regioni autonome); diversa la situazione al Sud, dove le situazioni di
assistenza sociosanitaria inadeguata sono abbastanza diffuse (in ogni caso per definire
le medie nazionali e le soglie di normalità con cui valutare tutte le regioni, si è tenuto
conto anche dei dati del Sud).
Osservando i punteggi conseguiti dalle singole regioni del Centro Nord nell’assistenza
sociosanitaria, notiamo che nel 2011 la Lombardia, insieme all’Emilia, è risultata l’unica
realtà che in tutti gli indicatori sociosanitari (Adi, disabili, anziani e hospice) presenta
una situazione di normalità (punteggio pieno) e, per questo, il punteggio conseguito
complessivamente nella sfera sociosanitaria della griglia Lea è massimo (49,5 punti):
ciò può essere interpretato come una capacità delle due regioni di diversificare gli
interventi, piuttosto che puntare solo su un tipo di assistenza. In questa classifica dei
Lea sociosanitari, le due regioni sono seguite dal Friuli Venezia Giulia (che non ottiene
il punteggio massimo sui posti in residenzialità per disabili) e dal Veneto (che non
raggiunge pienamente il target dei posti in hospice).
Recentemente sono stati diffusi anche i risultati di un’altra verifica, quella sugli
“adempimenti Lea 2011”, che dovrebbe valutare la capacità dei servizi sanitari
regionali di adottare alcuni comportamenti organizzativi considerati virtuosi dalla
programmazione sanitaria[4]. Tale monitoraggio analizza anche alcuni elementi
dell’assistenza domiciliare e residenziale delle regioni. Tra i fattori monitorati c’è, ad
esempio, lo sviluppo della valutazione multidimensionale dei disabili e delle procedure
di presa in carico unificata: a tal proposito Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana e
Umbria hanno ottenuto il punteggio massimo (20 punti), Liguria e Emilia si trovano in
una posizione intermedia, a Marche e Lazio sono richiesti sforzi di miglioramento[5]
(Tab. 1).
Un altro elemento oggetto di questa valutazione ministeriale è il corretto riparto degli
oneri dell’assistenza sociosanitaria tra Asl e comuni/utenti (il rispetto delle percentuali
previste del Dpcm 14/2/2001 e del Decreto 29/11/2001): sotto questo profilo nel 2011
ottengono punteggio pieno (25 punti) Veneto, Liguria, Emilia,Toscana, Umbria e
Marche (queste ultime due regioni devono però apportare alcune modifiche[6]); le
restanti regioni del Centro Nord, sono considerate adempienti ottenendo 20 punti
(Tab. 1).
Nelle scorse settimane la stampa ha anticipato i risultati della stessa verifica per il
2012[7]: al di là dei risultati ottenuti dalle singole regioni (i particolari saranno chiari
solo dopo l’ufficializzazione del rapporto dal Ministero), è evidente che sta
aumentando la pressione del Centro affinchè i servizi sanitari regionali si facciano
carico solo delle quote a rilevanza sanitaria dell’assistenza sociosanitaria, completino le
22
procedure di accreditamento e migliorino la qualità dei dati dei flussi statistici del
settore.
1. [1] Nell’ambito del monitoraggio “adempimenti Lea 2011”, il Ministero ha verificato se c’è
coerenza tra il numero di assistiti nei flussi informativi alimentati dalle regioni e i dati sulla
casistica di cure domiciliari che le stesse riportano per la verifica degli adempimenti Lea
(indicatore “s”). In diverse regioni il numero di assistiti dei flussi tradizionali dell’Adi è
molto più elevato del numero di persone considerabili come assistiti in “cure domiciliari”.
Ad esempio in Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia, Umbria e Lazio.
2. [2] Alcune informazioni sull’intensità assistenziale (es. numero di ore per caso) venivano già
fornite dalle rilevazioni storiche. Purtroppo non è possibile utilizzarli per il mancato
aggiornamento dell’Annuario Statistico del Servizio Sanitario Nazionale la cui ultima
edizione, diffusa a gennaio 2013, è ferma ai dati del 2010.
3. [3] Il Ministero ha diffuso a fine 2013 i risultati della griglia Lea 2011 (Ministero della Salute,
Adempimento “mantenimento dell’erogazione dei LEA”attraverso gli indicatori della griglia
Lea, Metodologia e risultati 2011)
4. [4] Ministero della Salute, Verifiche Adempimenti Lea anno 2011
23
5. [5] Alle Marche viene richiesto di aumentare la quota di casistica trattata con VM, mentre
nel Lazio il fatto che centri accreditati effettuino la valutazione non convince il Ministero.
6. [6] Il Ministero rileva che l’Umbria non richiede la quota sociale per i trattamenti socio
riabilitativi psichiatrici e applica ai trattamenti intensivi residenziali per non autosufficienti
una tariffa superiore di quelli intensivi. Alle Marche viene richiesto di regolare con norma la
quota degli oneri dei servizi a carico del sociale.
7. [7]
http://www.sanita.ilsole24ore.com/pdf2010/Sanita2/_Oggetti_Correlati/Documenti/Regio
ni-e-Aziende/verifica_adempimenti_2012_sintesi.pdf?uuid=1a63dca4-7eb6-11e3-856e-
1dfd953f113f
24
Spesa sociale dei comuni e fondi nazionali
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Punti di vista
Fondi sociali a passo di gambero: tendenze recenti e prospettive future
A cura di Valentina Ghetti
19 dicembre 2013
Temi > Finanziamento e spesa, Fondo sociale regionale
Un commento a partire dai recenti dati ministeriali sul monitoraggio sul Fondo Nazionale Politiche Sociali. Quale è il posizionamento della Lombardia rispetto al suo contesto di riferimento e alle ultime novità sul Fondo Sociale Regionale per il 2014?
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha appena pubblicato il rapporto
annuale di Monitoraggio del Fnps, dal quale è possibile ricavare interessanti
informazioni sull’uso che le regioni hanno fatto delle risorse trasferite dallo Stato per il
sociale e sugli ulteriori investimenti che questi enti compiono in questo settore. Le
informazioni appena diffuse si riferiscono al 2010: pur nella consapevolezza che si
tratta di una situazione non abbastanza aggiornata da rappresentare le tensioni del
welfare locale negli anni più recenti, dal rapporto emergono comunque elementi
interessanti circa il comportamento delle singole regioni nelle scelte di finanziamento
di questo settore. Cercheremo, in particolar modo, di sottolineare il posizionamento
della Lombardia rispetto al suo contesto territoriale di riferimento, traendone spunti
per l’attualità, anche alla luce della notizia appena giunta di un taglio del fondo sociale
regionale dal 2014.
A chi sono state destinate le risorse del Fnps?
Dal rapporto 2010 (tab. 1) emerge che al Nord (Regioni Statuto Ordinario) e al Centro
prevale la scelta di trasferire quasi integralmente il fondo agli enti locali. La decisione
della Lombardia di trattenere il 18,8% delle risorse statali per spese effettuate
direttamente dalla regione si rivela atipica rispetto alle regioni confinanti che invece
privilegiano il finanziamento delle spese locali (es. Piemonte e Liguria 100%, Emilia
26
Romagna 99,2%); il Veneto deve essere considerato distintamente, dal momento che
in questa regione alcune funzioni sociali sono delegate alle Asl e, dunque,
l’assegnazione dei fondi riflette questo modello organizzativo.
Come noto, quella di trattenere risorse a livello regionali è una tendenza che in
Lombardia è proseguita per tutta la scorsa legislatura e che è stata interrotta solo con
il riparto del Fnps 2013, per la prima volta destinato integralmente alla
programmazione locale (si veda articolo precedente).
Prima della Dgr 974/2013 la regione tratteneva una quota del fondo per sostenere
iniziative regionali: ad esempio il buono famiglia 2010 per 17 milioni (ex Decr
995/2010), è stato finanziato con il Fnps; negli anni più recenti la quota non trasferita
al budget dei Pdz è stata utilizzata per progetti di rilievo regionale (vedi articolo
dedicato).
Pur non essendo possibile una ricognizione integrale dell’uso della quota regionale, si
possono fare due considerazioni sulla gestione dello scorso triennio:
− il proliferare di iniziative finanziate con il Fnps andava in controtendenza con la
logica del budget unico che aveva guidato l’istituzione dello stesso fondo
nazionale (non più tanti fondi settoriali ma un fondo unico per sostenere la
programmazione di zona come momento di raccolta unitaria dei bisogni e
gestione integrata delle risorse).
− risulta evidente un ritardo dell’ente Regione nello spendere questi fondi[1],
una situazione che strideva con le difficoltà sperimentate dagli ambiti in una
fase di pesante ridimensionamento dei canali di sostegno regionali e nazionali
(fino alla totale assenza del Fnps nel 2012).
Quale contributo ha dato il Fnps alla spesa sociale locale[2]?
A livello nazionale il Fnps ha finanziato il 5,3% della spesa dei comuni (considerando la
sola quota trasferita agli enti locali), quota che al Centro Nord – dove l’investimento
dei comuni nel sociale è più sostenuto – risulta più limitata ( 4,3% al Centro e al 3,8% al
Nord). In Lombardia, il combinato disposto tra un impegno di risorse dei comuni
medio-alto ed il fatto che le risorse statali non siano state integralmente destinate ai
territori, ha comportato un livello di contribuzione del Fnps alla spesa sociale
comunale tra i più bassi del Nord (3,5%); un dato simile si riscontra in Emilia Romagna,
dove però la spesa sociale dei comuni è molto più elevata di quella lombarda (vedi
articolo precedente).
27
Tab. 1 – Destinazione del Fnps (Quote % per soggetto beneficiario) e grado di copertura della spesa
sociale dei comuni con Fnps trasferito
Soggetto destinatario Grado di copertura
della spesa sociale dei
comuni con Fnps
trasferito agli e.l.
Regione Enti Locali
Altri fondi sociali non trasferiti a e.l.
Totale
Piemonte 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 5,1% Lombardia 18,8% 81,2% 0,0% 100,0% 3,5% Veneto 0,0% 63,0% 37,0% 100,0% 3,1% Liguria 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 5,0% Emilia Romagna 0,0% 99,2% 0,8% 100,0% 3,5% Rso Nord 6,6% 86,5% 6,9% 100,0% 3,8% Friuli Venezia Giulia 19,2% 80,8% 0,0% 100,0% 0,0% Valle D’Aosta 100,0% 0,0% 0,0% 100,0% 1,5% Rss Nord 33,5% 66,5% 0,0% 100,0% 1,3% Toscana 0,0% 77,6% 22,4% 100,0% 3,8% Umbria 0,1% 99,9% 0,0% 100,0% 7,2% Marche 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 6,0% Lazio 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 3,9% Centro 0,0% 92,4% 7,5% 100,0% 4,3% Abruzzo 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 10,3% Molise 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 25,0% Campania 9,9% 0,0% 90,1% 100,0% 0,0% Puglia 1,5% 98,5% 0,0% 100,0% 9,1% Basilicata 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 12,6% Calabria 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 30,2% Sardegna 0,0% 100,0% 0,0% 100,0% 3,1% Sud 3,9% 63,5% 32,5% 100,0% 6,0% Italia 4,8% 80,3% 14,9% 100,0% 5,3%
Ns elaborazione su dati Rapporto Monitoraggio Fnps (2010)
Vale la pena riflettere sul fatto che questo grado di contribuzione del Fnps è destinato
ulteriormente ad assottigliarsi: se nel 2010 erano stati trasferiti complessivamente alle
regioni 380 milioni, i valori sono crollati nel biennio 2011-2012 e, comunque, nel 2013
hanno raggiunto solo 300 milioni.
Si noti che nei confronti tra spesa dei comuni e fonti di finanziamento è sempre
difficile trovare un’omogeneità temporale, a causa del fatto che – come sottolineato
dallo stesso Ministrero nel rapporto – c’è un certo sfasamento temporale tra il
momento di trasferimento e il momento di effettivo impegno e utilizzo delle risorse.
Questione particolarmente avvertite ancora oggi: a causa dei blocchi che aveva
imposto il DL 174/2012, il riparto di competenza 2013 è arrivato solo a fine 2013 alle
28
regioni e distribuito ai territori solo a novembre (anche se le disposizioni regionali
obbligano a rendicontarne l’uso già entro febbraio 2014).
Quale contributo hanno dato le regioni al sociale?
Le regioni accompagnano il Fnps con propri investimenti di risorse di bilancio che
spesso assumono la veste di “Fondo Sociale Regionale” (il rapporto non evidenzia altri
tipi di sostegno dati dalle regioni come per esempio quelli a titolo di “Fondo Regionale
Non Autosufficienza”). A livello nazionale gli stanziamenti delle regioni del 2010 di
propri fondi sociali rappresentavano circa il doppio delle risorse statali, con una forte
variabilità regionale se confrontate a livello pro-capite. Secondo i dati del rapporto, il
fondo sociale lombardo risultava al di sotto della media delle regioni del Nord (7,62 eur
contro le altre regioni che dedicano 13,49 eur). Va precisato che nel documento
ministeriale viene segnalata una consistenza di fondo sociale regionale (70 milioni)
inferiore a quella effettiva di quell’anno (la Dgr 11255/2010 ha assegnato 85,2 milioni
per il 2010), probabilmente indicando per errore il valore del 2011; anche se
considerassimo il finanziamento reale la cifra lombarda sarebbe ancora modesta (8,67
eur procapite).
Nel 2010, alcune regioni del Centro Nord avevano potenziato il proprio fondo sociale
(es. Veneto +22,4%, Emilia Romagna +30,5%, Toscana +35,4%) mentre altre avevano
ridotto il proprio contributo (Piemonte -11%, Liguria -21%, Lazio -66%). La Lombardia,
se consideriamo i valori citati nel rapporto, avrebbe tagliato il fondo del 17,7%. In
realtà il fondo sociale effettivamente erogato agli ambiti, rispetto al 2009 è diminuito
del 2,8% (da 87,7 a 85,2 milioni), mentre il vero taglio consistente è arrivato nel 2011
(da 85,2 a 70 milioni).
Il contributo delle risorse regionali ha finanziato mediamente il 9,2% della spesa
sociale dei comuni del 2010, valore che si conferma anche se consideriamo solo le Rso
del Nord (9,5%). In Lombardia il fondo regionale ha sostenuto solo il 5,7% della spesa
dei comuni secondo le cifre riportate nel rapporto (se consideriamo il valore
effettivamente trasferito agli ambiti dalla Dgr 11255/2010 la quota sale al 6,8%).
Ancora una volta si tratta di un risultato che dipende da una spesa comunale medio-
alta e un contributo regionale non particolarmente elevato.
29
Tab. 2 – Risorse proprie delle regioni per il finanziamento della spesa sociale
valore fondo 2010 (€)
fondo pro-capite 2010 (€)
∆ fondo 2009/2010
Grado di copertura spesa sociale comuni con fondo trasferito agli ambiti (2010)
Piemonte 147.327.979 33,14 -11,0% 24,5% Lombardia 74.871.000 7,62 -17,7% 5,7% Veneto 67.695.934 13,78 22,4% 7,6% Liguria 26.927.123 16,66 -21,4% 10,0% Emilia Romagna 23.090.570 5,25 30,5% 4,3% Rso nord Totale
339.912.606
13,49 -6,6% 9,5%
Valle D’Aosta 29.716.095 232,40 0,0% Friuli 94.079.609 76,23 18,0% 34,2% Rss nord Totale 123.795.704 90,90 13,1% 30,2% Toscana 28.257.555 7,58 35,4% 6,7% Umbria 10.811.034 12,00 2,1% 11,5% Marche 9.100.368 5,84 -7,9% 5,9% Lazio 62.600.500 11,02 -65,9% 7,5% Centro Totale 110.769.457 9,33 -50,7% 7,3% Abruzzo 9.227.183 6,89 99,6% Campania 5.825.000 1,00 573,4% Puglia 8.543.111 2,09 -74,7% Basilicata 21.334.697 36,23 -18,2% 3,3% Calabria 13.147.188 6,54 -17,7% 56,0% Sardegna 29.800.000 17,82 0,8% 25,4% Sud Totale 87.877.179 5,66 -20,7% 4,9% Italia 662.354.946 12,28 -18,1%
Ns elaborazione su dati Rapporto Monitoraggio Fnps (2010 e 2009)
Come è cambiata la situazione dei fondi sociali dopo il 2010
Nell’ultimo triennio il fondo sociale lombardo, come già anticipato, ha subito
un’importante contrazione nel 2011 (-17,8%), mentre nel biennio 2012-2013 è rimasto
invariato. La manovra finanziaria regionale appena approvata comporterà una
riduzione del 17,14% nella dotazione del fondo per il 2014, che significa non soltanto
arretrare nel posizionamento rispetto alle altre regioni quanto a investimenti nel
sociale ( quello lombardo diventerà 5,9 eur procapite), ma anche un minor sostegno
alla spesa sociale dei comuni (a parità di spesa comunale del 2010 il fondo regionale
2014 contribuirà per il 4,6%).
Il definanziamento del fondo regionale rischia inoltre di vanificare il parziale
ripristino dei fondi nazionali e gli sforzi della regione di destinare integralmente il
Fnps agli ambiti. La vicenda conferma la precarietà del finanziamento di questo
30
settore, facilmente aggredibile dalle scelte di finanza pubblica e sempre più in balia
delle preferenze delle giunte locali.
1. [1] Ad esempio, il rendiconto regionale 2012 dimostra che ci sono ancora oltre 19 milioni
sul capitolo del Fnps da impegnare rispetto alle disponibilità accumulate fino al 2012.
2. [2] Il rapporto ministeriale riporta anche la spesa sociale dei comuni finanziata con il
F.Nazionale Non Autosufficienza, assumendo che le regioni abbiano integralmente
destinato queste risorse ai comuni. Non sempre è stato così, come nel caso lombardo dove
una quota importante del fondo è stato gestito da regioni-Asl (il 17% del riparto del 2010).
Non riuscendo a ricostruire un analogo discorso per le altre regioni si omettono i confronti
interregionali sul Fna si è preferito rinunciare a questo confronto.
31
Dati e ricerche
Il punto sui fondi sociali statali: evoluzione e prospettive per la Lombardia
di Laura Pelliccia
14 maggio 2014
Temi > Finanziamento e spesa
A quanto ammontano gli attuali fondi sociali e come sono cambiati rispetto a qualche anno fa? Su quali fondi potrà contare la Lombardia? Cosa ci si aspetta per il futuro?
Il sostegno statale alle politiche sociali: tendenze storiche
I Fondi per le politiche sociali sono determinati dalle manovre annuali di finanza
pubblica dello Stato. Si tratta di una quantificazione discrezionale, non ancorata a
sistemi di definizione del fabbisogno di interventi sociali, con la possibilità di fortissime
oscillazioni da un esercizio all’altro.
Vale la pena fare il punto sull’andamento del sostegno statale al welfare locale e la
recente rassegna realizzata dalla Conferenza delle Regioni e delle P.A. [1] sulle vicende
dei singoli fondi aiuta a ricostruire il quadro di questi interventi, anche alla luce delle
recentissime manovre economiche.
A partire da questo quadro[2], cercheremo di capire le implicazioni per i finanziamenti
disponibili per la Lombardia.
1. Gli investimenti dello Stato per le politiche sociali
Il livello degli stanziamenti con cui le leggi di stabilità finanziano i vari fondi è
indubbiamente indicativo delle risorse che lo Stato dedica a questo settore, anche se
bisogna precisare che non tutto lo stanziamento equivale a trasferimenti al sistema
delle regioni, dal momento che una quota a volte anche consistente dei fondi viene
utilizzata dal Ministero del Welfare per finanziare proprie iniziative (il grafico 1 riporta
gli stanziamenti statali e il grafico 2 i trasferimenti alle regioni).
32
Per dare un’idea dell’andamento delle risorse complessive (Graf.1)[3], nel 2008 lo
Stato finanziava questi fondi per circa 1,3 miliardi. Alla fine dello scorso decennio i
fondi sono stati drasticamente ridotti fino al quasi azzeramento del 2012. Dal 2013 la
discesa si è interrotta, una ripresa proseguita anche nel 2014 (che tuttavia non ha
riguardato tutti i fondi, ad esempio il Fnps del 2014 sarà inferiore a quello del 2013): in
ogni caso, gli stanziamenti statali nei fondi sociali per l’anno corrente (746,5 milioni)
sono decisamente ridimensionati rispetto al valore del 2008 (57% rispetto all’anno
base).
Le prospettive per il futuro sono di estrema incertezza[4], poiché le cifre stanziate nei
previsionali 2015-2016 sono al momento decisamente esigue: ad esempio per il Fnps si
può contare solo su 14-15 milioni e, allo stato attuale, i documenti di finanza pubblica
non prevedono alcun rifinanziamento del Fondo per le Non Autosufficienze (FNA) per il
prossimo biennio.
2. Dallo Stato alle Regioni
Il finanziamento effettivo al welfare locale, ovvero la quota di questi fondi che viene
trasferita annualmente alle regioni, ha conosciuto un’evoluzione analoga a quella degli
stanziamenti complessivi (Graf. 2): in rapida discesa tra il 2009 e il 2012 (anno in cui le
33
regioni hanno ottenuto il 7% dei finanziamenti che ricevevano nel biennio 2008-2009),
mentre dal 2013 si è assistito ad un reintegro che ha portato il finanziamento agli enti
locali a 603 milioni, dunque poco più della metà delle risorse disponibili nel 2008. La
situazione del 2014, per il complesso dei fondi, dovrebbe discostarsi poco da quella
del 2013[5], mentre è prematuro fare previsioni sul biennio futuro.
Uno sguardo ai singoli fondi
Oltre a queste informazioni sul complesso delle risorse per le politiche sociali, è utile
fare un approfondimento sulle vicende dei singoli canali di finanziamento, anche con
l’intento di evidenziare come queste scelte nazionali impatteranno sulle disponibilità
per la nostra regione (sintetizzate nellaTab. 1, dove sono riportate le disponibilità
attuali e, a titolo di confronto, quelle passate).
Il FNPS
Il principale tra i finanziamenti sociali, dopo il 2008 è stato continuamente
ridimensionato; il minimo è stato toccato nel 2012 quando, i già esigui stanziamenti,
sono stati utilizzati prevalentemente dal Ministero, (il riparto tra le regioni è
ammontato a soli 10 milioni). Dal 2013 si è potuto contare su un ripristino parziale
34
(344 milioni, di cui 300 trasferiti alle regioni), un livello non integralmente conservato
nella Legge di Stabilità per il 2014 (317 milioni). In questi primi mesi del 2014 il fondo si
è ulteriormente assottigliato per effetto di un provvedimento (DL 4/2014) che ha
ridotto le disponibilità di tutti i Ministeri di circa il 5%, portando il Fnps a 297 milioni[6].
Pertanto, la proposta di riparto avanzata alle regioni, su cui è stata espressa intesa il
20 febbraio, comporta una disponibilità effettiva per il welfare locale di soli 262
milioni. Ciò significa per la Lombardia che, a fronte dei 42,5 milioni del 2013,
quest’anno si potrà contare solo su 37,1 milioni (tab. 1).
Tra le novità del decreto di riparto 2014:
− la necessità che le regioni, prima di accedere ai fondi, comunichino al
Ministero come intendono programmare l’uso di queste risorse (facendo
riferimento alla declinazione per livelli e obiettivi di servizio allegata); in
particolare per gli interventi di inclusione sociale-sostegno al reddito, è
richiesto un coordinamento con la sperimentazione del sostegno per
l’inclusione attiva
− le regioni dovranno dimostrare di avere attribuito ai beneficiari le risorse che
lo Stato ha loro trasferito due anni fa.
Il FNA
Istituito dal 2007, il Fondo per le non autosufficienze, dopo una fase espansiva durata
fino al 2010, nel 2011 è stato drasticamente tagliato e finalizzato esclusivamente ad
alcuni bisogni (SLA). Dopo un anno di mancato rifinanziamento (2012) dal 2013 ha
sperimentato un ripristino, con stanziamenti estemporanei disposti di anno in anno (al
momento, ad esempio, non è previsto alcun rifinanziamento per il prossimo biennio).
Analogamente al 2013, quando lo Stato ha imposto una finalizzazione del 30%
minimo delle risorse per le disabilità gravissime (inclusa SLA), anche il fondo 2014
contiene un parziale vincolo di destinazione: il 30% di 275 milioni dovrà essere
destinato alle disabilità gravissime (inclusa SLA)[7], oltre ai 75 milioni finalizzati
esclusivamente a tale scopo. Nel complesso le risorse trasferite alle regione
passeranno dai 280 milioni del 2013 ai 340 dell’anno corrente: per la Lombardia
rispetto ai 41,5 milioni del 2013, nel 2014 si potrà contare su 51,7 milioni (Tab. 1).
Anche queste risorse saranno erogate previa presentazione di un programma attuativo
regionale che dimostri la coerenza con le finalità del fondo.
35
Il Fondo per le politiche per la famiglia
Il fondo nato all’epoca del piano straordinario nidi, ha conosciuto un impulso negli
ultimi anni dello scorso decennio. Negli anni successivi il rifinanziamento è stato
decisamente limitato e perlopiù indirizzato agli interventi del sistema centrale, con
quote minoritarie destinate alle regioni.
Nel 2012 è stata raggiunta un’intesa per ripartite tra le regioni risorse di competenza di
quell’anno (25 milioni) oltre che 45 milioni reperite da avanzi di precedenti annualità;
tali risorse sono da indirizzare, oltre alla prosecuzione/consolidamento del piano nidi,
su azioni in favore degli anziani e della famiglia. L’intesa poneva come condizione per
accedere ai fondi, la necessità che le regioni presentassero i propri programmi
regionali di intervento, condivisi anche con il sistema delle rispettive autonomie locali.
Dall’ultimo rapporto di monitoraggio del piano nidi si apprende che solo 13 regioni
hanno avviato i processi programmatori per i 25 milioni e solo 11 hanno realizzato gli
accordi attuativi per i 45 milioni[8].
La Lombardia è ferma all’utilizzo dei fondi dell’intesa per il 2010 (link) e può dunque
ancora contare su assegnazioni per quasi 10 milioni a valere su questo fondo (Tab. 1),
quale quote dei 25 e 45 milioni del 2012.
Il fondo per le pari opportunità
Si tratta di un fondo con un carattere decisamente discontinuo che si è tradotto in
trasferimenti alle regioni solo con le intese per il 2009 e il 2012 (per la quota 2014 non
è ancora noto se sarà spesa dal Ministero o dalle Regioni). La Lombardia ha utilizzato la
quota del 2009[9] ed ha concluso l’accordo per l’intesa 2012 che porterà un
finanziamento di oltre 2 milioni (Tab. 1).
Tab. 1 – Le risorse per la Lombardia
Risorse da ricevere Precedente trasferimento
importo anno di competenza importo anno di
competenza Fnps € 37.160.447,00 2014 € 42.450.000,00 2013 Fna € 51.714.000,00 2014 € 41.552.500,00 2013 F.Famiglia € 3.537.500,00 2012 € 14.149.000,00 2010
€ 6.367.500,00 F. pari
opportunità
€ 2.122.500,00 2012 € 6.768.298,00 2009
36
I nodi aperti
A margine della firma dell’intesa sui riparti dei fondi 2014, le regioni hanno sottoscritto
un documento che sottolinea le criticità dell’attuale sistema di finanziamento delle
politiche sociali .
Si ribadiscono le difficoltà legate all’instabilità dei finanziamenti in un quadro
socioeconomico che meriterebbe invece la costruzione di interventi sociali di più
ampio respiro, e pertanto, si richiede una stabilizzazione almeno triennale ed
incrementale dei fondi, oltre che il trasferimento degli stessi nei primi mesi dell’anno
per consentirne un’efficace programmazione.
L’altro aspetto su cui le regioni richiamano l’attenzione è la necessità che si riprenda il
percorso per individuare il Livelli Essenziali cui lo Stato deve garantire adeguate
risorse (si sottolinea che le intese sottoscritte sono da considerarsi una tappa di questo
cammino, ex art. 13 Dlgs 68/2013); a tale riguardo si rendono disponibili a collaborare
su alcuni passaggi necessari nel sociale come:
− l’individuazione di indicatori di bisogno;
− la definizione di costi standard;
− l’implementazione di sistemi informativi.
1. [1] Sono stati diffusi tre dossier; i primi due raccolgono tutta la normativa sul Fnps dal 2004
al 2014 e il terzo i finanziamenti relativi alle politiche sociali anni 2007-2014 con
particolare riferimento a: Fondo per la non autosufficienza; Fondo per le politiche della
famiglia, Fondo per le politiche giovanili, Fondo per le pari opportunità e Fondo minori
stranieri non accompagnati.
2. [2] Rispetto alla molteplicità di fondi di natura sociale che si sono avvicendati nel corso del
tempo si è scelto di trattare quelli considerati dal dossier di regioni.it
3. [3]Per rendere la serie storica omogenea, Il Fnps è riportato al netto dei trasferimenti per i
diritti soggettivi (Assegni nuclei familiari e assegni di maternità, L. 104 art. 33 etc che
recentemente non confluiscono più in tale fondo); il F. per le pari opportunità include fondi
per donne vittime di violenza (7 /10/10 milioni per ciascun anno 2014-2016).
4. [4] La ricognizione di regioni.it è stata integrata con le previsioni per il 2015 e il 2016 della
Tabella C della Legge di Stabilità per il 2014.
5. [5] Fatta eccezione per Fnps e Fna, per gli altri fondi non si sa ancora se si tratterà di risorse
attribuite al sistema centrale o agli enti locali (nel grafico 2 sono posti pari a zero).
37
6. [6] Nella Conferenza Unificata del 6 febbraio il Governo si è impegnato a riportare la
dotazione a quella originaria della Legge di Stabilità.
7. [7] La legge di stabilità aveva destinato alle disabilità gravissime il 30% di 275 milioni oltre
che ulteriori 75 milioni. Nel decreto di riparto del fondo la finalizzazione è espressa in
termini del 30% del totale dei 340 milioni per le regioni.
8. [8] Al 30 settembre 2013 il primo accordo era stato concluso da Piemonte, Veneto, Emilia
Romagna, Calabria, Umbria, Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Sardegna e
Sicilia e il secondo da Piemonte, Veneto,Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio,
Abruzzo, Molise, Basilicata e Calabria Regioni Piemonte, Liguria ed Abruzzo.
9. http://www.lombardiasociale.it/wp-content/uploads/2014/01/rapporto-finale-
Monitoraggio-Piano-Nidi.pdf
10. ad esempio la Dgr sulle reti di conciliazione 1081/2013 utilizza, oltre a risorse
regionali, anche questi fondi statali.
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Dati e ricerche
Spesa sociale comunale: novità e riflessioni Comincia a vedersi l’impatto delle manovre correttive sui bilanci comunali e sul comparto sociale
A cura di Cristiano Gori
26 novembre 2013
Temi > Finanziamento e spesa, spesa sociale
Si discute molto della crisi nel sociale e alcune rilevazioni/analisi sui bilanci dei Comuni recentemente diffuse consentono di effettuare una prima misurazione dell’impatto delle manovre correttive su questo settore, per il Paese nel suo complesso e, nello specifico, per la Lombardia. E’ un’occasione per riflettere anche sulle relazioni tra investimenti nel sociale e altre caratteristiche delle amministrazioni.
Cosa si sa a proposito dell’evoluzione della spesa sociale dei comuni?
Cerchiamo di riassumere i principali risultati che emergono dalla rilevazione Istat, “I
bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali, anno 2011” e da un recente studio
realizzato della Cisl in materia di welfare locale[1]. Entrambi i lavori elaborano i
rendiconti dei comuni.
Come sta cambiando l’impegno dei comuni in questo settore secondo la rilevazione
Istat (si noti che si tratta di dati ancora provvisori ma, comunque, con una buona
copertura campionaria[2])?
In generale (Prospetto 8 diffuso dall’Istat – in allegato) nel Paese la spesa comunale si
sta riducendo (-2,7% nel 2011), come era ragionevole attendersi per l’impatto dei tagli
delle manovre dell’ultimo biennio (inasprimento del patto di stabilità, tagli ai
trasferimenti erariali e riduzione dei fondi nazionali di sostegno al settore); nel campo
del sociale, la contrazione è piuttosto pronunciata (-5,5% nel 2011), tagli che in
alcune aree arrivano addirittura al 14,4% (dato del Sud); le sforbiciate al sociale,
comunque, interessano tutte le ripartizioni geografiche, sebbene al Nord siano più
mitigate (-2,6% nel Nord Ovest e -4,3% nel Nord Est).
E’ possibile, dalle tavole pubblicate, ricavare informazioni più specifiche e affinate per
la Lombardia (tab. 1). Ne risulta che nel 2011 la spesa corrente per la funzione sociale –
39
al netto del servizio necroscopico e cimiteriale – in questa regione è diminuita
nominalmente dell’1,7%; in particolare, scende la spesa per gli asili nido e gli altri
servizi per minori (-3,8%) e quella per le strutture per anziani (-6,4%). Per quel che
riguarda i servizi che si rivolgono ad un’utenza di tipo trasversale, nel loro complesso la
spesa è stabile (nello specifico, la voce di bilancio “prevenzione e riabilitazione” si
espande del 20,9%, mentre “Assistenza, beneficenza pubblica e servizi diversi alla
persona” risulta in calo dell’1,6%)[3].
E’ il primo anno che i comuni registrano una diminuzione della spesa per il sociale. Nel
2010 la stessa spesa era cresciuta dell’1,5% (si veda articolo dedicato).
La contrazione registrata nel sociale è stata superiore a quella avvertita in generale
dai bilanci dei comuni lombardi: i tagli alla spesa corrente complessiva risultano pari
allo 0,2%, inferiori, dunque, a quelli nei servizi sociali (1,7%). In altre parole il sociale è
risultato più vulnerabile ai tagli rispetto agli altri settori di spesa che hanno dimostrato
una maggiore capacità di conservazione nella crisi. Nell’ultimo anno si assiste, dunque,
ad una leggera diminuzione dell’importanza del welfare nei bilanci dei comuni
lombardi (dal 17,2% del 2010 al 17% del 2011). A livello procapite le risorse per il
sociale scendono da 154,3 eur del 2010 a 150,3 eur del 2011.
Da un punto di vista organizzativo, i comuni lombardi erogano i propri servizi sociali
prevalentemente acquistando servizi da terzi produttori : oltre il 53% della spesa
sociale è rappresentata da spesa per “prestazione di servizi”. Questa voce si è
addirittura rafforzata nell’ultimo esercizio (+2,7%), a riprova di un sempre maggiore
livello di esternalizzazione dei servizi. Per di più, nell’ultimo anno è diminuita la spesa
per personale direttamente impiegato dai comuni nel settore sociale (-2,9%): si tratta
evidentemente degli effetti dei blocchi al turn over nel pubblico impiego (in particolare
delle limitazioni introdotte dal DL 78/2010 che ha impedito il rinnovo di una parte degli
incarichi di personale con contratti a termine ).
Una componente che si rivela in discesa è la spesa sociale tramite trasferimenti (-
9,4%). In questa voce – che pesa per un quarto sulla spesa sociale lombarda –
rientrano sia i contributi monetari erogati a famiglie/terzo settore che i contributi che
i comuni versano per le forme associative/gestioni associate di servizi (purtroppo non è
possibile isolare le due componenti). La riduzione osservata potrebbe essere l’effetto
della diminuzione dei titoli sociali diffusi negli anni precedenti (come impiego dei vari
fondi Intesa famiglia, Fnps, Fna ), il cui sviluppo è stato interrotto dal venir meno dei
fondi che li alimentavano; potrebbe anche essere un segnale di un arretramento nei
processi di associazionismo (una questione che si potrà appurare quando sarà
disponibile l’indagine censuaria Istat sul 2011).
40
Cosa sta avvenendo sul fronte delle entrate per servizi sociali? Nel complesso nel 2011
i comuni lombardi registrano una diminuzione della entrate per la funzione sociale del
4,1%. Rispetto al passato, in particolare, si interrompe la crescita dei proventi per gli
asili (voce aumentata sensibilmente nel 2010, che nel 2011 risulta stabile); in discesa
nel 2011 gli accertamenti per i servizi residenziali per gli anziani (-7%) e quelli per
servizi rivolti al resto dell’utenza (-5,1%), come ad esempio il Sad. In generale è
indicativo di una diminuzione della domanda di assistenza pubblica formale, si
suppone scoraggiata dai livelli delle compartecipazioni ai costi.
Tab. 1 – Spesa ed entrate per la funzione sociale* dei comuni lombardi, 2010/2011
spese correnti (impegni) entrate extratributarie
(accertamenti)
2010 2011 variaz. 2010 2011 variaz.
v.a. in
milioni
- Asili nido, servizi per l’infanzia e per i minori
441,2 424,6 -3,8% 69,1 69,1 0,0%
-Strutture residenziali e di ricovero per anziani
171,9 160,9 -6,4% 83,2 77,4 -7,0%
Servizi trasversali 903,2 904,9 0,2% 37,0 35,1 -5,1% di cui Servizi di prevenzione e riabilitazione
70,8 85,6 20,9% 2,0 2,8 36,9%
di cui Assistenza, beneficenza pubblica e servizi diversi alla persona
832,4 819,3 -1,6% 35,0 32,3 -7,6%
Totale sociale 1.516,3 1.490,4 -1,7% 189,
4 181,
6 -4,1%
di cui spesa per personale 297,7 288,9 -2,9% di cui spesa per acquisto servizi 771,4 792,1 2,7% di cui spesa per trasferimenti 404,1 366,2 -9,4% Totale spesa corrente 8.807,3 8.792,8 -0,2%
incidenza spesa sociale/spesa corrente 17,2% 17,0% 0,3% spesa pro-capite 154,31
3 150,278
Fonte Istat – I bilanci consuntivi delle amministrazioni comunali, valori provvisori*al netto del servizio necroscopico e cimiteriale
Anche lo studio della Cisl sottolinea l’ arretramento della funzione sociale nei bilanci comunali.
Questa fonte dichiara una riduzione, a livello nazionale della spesa corrente sociale (al
netto del servizio necroscopico e cimiteriale) addirittura dell’11% nel 2011[4]. Si
tratterebbe di tagli superiori a quelli registrati nel complesso dalla spesa corrente dei
comuni (-8%), come dire che questo settore è stato molto più esposto alle manovre
41
rispetto al resto del bilancio dei municipi; lo conferma anche il dato sull’incidenza della
spesa sociale sulla spesa corrente, sceso – a livello nazionale – dal 15,55% al 15,12% tra
il 2010 e il 2011 (questo studio definisce questo indicatore come “propensione al
sociale dei comuni”). Sotto questo profilo i comuni lombardi si rivelano, comunque,
con un’elevata propensione al sociale (17,51% nel 2011), ovvero con una buona
incidenza della spesa sociale rispetto al dato del Paese.
Interessante, a tale riguardo, scoprire che all’aumentare della dimensione comunale, la
propensione al sociale fino ad un certo punto cresce per poi diminuire quando si
considerano gli enti con oltre 100.000 abitanti (tab. 3).
Curioso constatare come nella classifica nazionale dei comuni che investono una
maggiore risorse correnti nel sociale risultino anche due amministrazioni lombarde:
Besana in Brianza (36,22%, settimo posto ) e Parabiago (33,11%, decimo posto).
Tab. 3 – La propensione al sociale nei comuni lombardi per fasce dimensionali di popolazione, 2011,
valori %
0-4.999 5.000-14.999 15.000-29.999 30000-49.999 50.000-99.999 Oltre 100.000 tot
8,83 16,78 21,67 22,06 22,12 17,8 17,51
Di questo studio è interessante anche lo sforzo di capire quanto gli investimenti dei
singoli comuni nel sociale assorbano delle risorse proprie dei comuni (si considerano
solo le entrate tributarie e le entrate della gestione dei servizi locali, mentre si
escludono le entrate provenienti da trasferimenti dallo Stato).
Se a livello nazionale il sociale assorbe nel 2011 il 19% delle entrate proprie dei
comuni, in Lombardia l’incidenza è inferiore (18,4%): lo studio della Cisl interpreta
questo risultato come una maggiore indipendenza della spesa sociale lombarda dai
trasferimenti dello Stato rispetto alle restanti regioni, che in prospettiva significa
maggiori possibilità di fare leva sulle risorse proprie per investimenti in questo settore.
Da una lettura congiunta tra questo dato e l’evidenza che in Lombardia la propensione
al sociale è più alta della media nazionale, gli autori riconoscono una buona capacità
del sociale lombardo di essere indipendente, di poter contare sulle proprie risorse e,
quindi, di mantenere i livelli di spesa raggiunti (rispetto, ad esempio ad altre situazioni
regionali in cui la spesa sociale dipende maggiormente dai trasferimenti dallo Stato).
Infine, lo studio si interroga sul legame tra welfare locale e rigore di bilancio, ovvero si
chiede se si può coniugare elevata spesa per il sociale e capacità di assicurare un
bilancio finanziariamente sano, in equilibrio.
42
Dal confronto tra salute finanziaria dei comuni (ricostruita attraverso un elaborato
sistema di indicatori ad hoc) e propensione al sociale dei comuni, emerge che – su base
nazionale – nei territori dove c’è un’alta propensione al sociale c’è anche una buona
salute finanziaria: si tratterebbe, quindi, di due obiettivi compatibili.
Certo, come sottolineano gli stessi autori, non è chiara quale sia la causa e quale
l’effetto (si potrebbe anche interpretare come una maggiore possibilità di spendere nel
sociale dei comuni con i bilanci sani, rispetto a quelli più in difficoltà finanziarie).
Purtoppo su questo indicatore non sono riportati i risultati per regione.
Lo studio della Cisl riporta infine alcuni dati sui comuni capoluogo di regione. Milano si
rivela – rispetto al resto dei capoluoghi – un comune con una propensione al sociale
scarsa (il settore incide per il 15,7% sulla spesa sociale, contro una media del 18,5%) e
con un elevato livello di esternalizzazione di questi servizi (59,3%, contro una media
del 53%). Interessante anche il dato sulla copertura tariffaria dei costi dei servizi con le
rette che, nel caso degli asili, raggiunge il 13,7%, contro una media dell’8,1%. Da
ultimo, la quota di entrate proprie assorbite dal sociale è particolarmente bassa (18,6%
contro una media del 30,5%).
1. [1]Cisl ,Dipartimento Politiche Sociali e della Salute e Fnp Pensionati (2013), “Il welfare nei
conti degli enti locali”, Una lettura sociale dei bilanci dei capoluoghi di Regione sulla base
dei dati Aida PA- Bureau van Dijk, Edizionilavoro
2. [2] Comunque il confronto avviene con i dati sempre provvisori degli anni precedenti. Per
l’indagine 2011 l’Istat aveva a disposizione bilanci corrispondenti a comuni che
rappresentavano il 90% della popolazione. I valori diffusi sono relativi all’universo della
popolazione nazionale ricostruito tramite coefficienti di espansione. Nel caso della
Lombardia i bilanci disponibili corrispondono al 96,5% della popolazione.
3. [3] Da pochi anni il modello dei bilanci comunali prevede la nuova voce “prevenzione e
riabilitazione”. Potrebbe darsi che l’oscillazione registrata da questo servizio sia dovuta alla
classificazione in questa riga di spese collocate in precedenza nella voce “Assistenza,
beneficenza pubblica e servizi diversi alla persona”. Per cercare una omogeneità nel
confronto tra i due anni abbiamo preferito aggregare le due voci.
4. [4] Purtroppo non viene riportato il grado di copertura della rilevazione, ma semplicemente
la fonte Banca dati Aipa PA –Bureau Van Dijk
43
Dati e ricerche
Le novità dell’indagine Istat 2011 sugli interventi sociali dei Comuni
A cura di Laura Pelliccia
30 giugno 2014
Temi > Finanziamento e spesa, spesa sociale
L’indagine Istat, il principale termometro dell’andamento del sociale, oltre ad evidenziare il generale “stato di salute” del settore testimonia l’andamento dei singoli servizi: quali sono le aree di maggiore sofferenza e quali invece hanno resistito di più in Lombardia? Cosa sta accadendo rispetto alle altre regioni?
Il contesto
Come ogni anno, è arrivata la tanto attesa pubblicazione dell’indagine Istat “Interventi
e servizi sociali dei comuni singoli e associati”, la rilevazione che ricostruisce il quadro
degli interventi dei vari territori e che può essere considerata come termometro
dell’andamento del sociale. I dati appena diffusi si riferiscono al 2011, un anno
particolare per i comuni, oggetto di diverse manovre finanziarie che avevano imposto
la ricerca di importanti risparmi per quell’esercizio[1] in forte aumento negli esercizi
successivi. Tutto ciò è stato accompagnato da una pesante contrazione dei fondi
sociali statali attribuiti agli enti locali (nel 2011 i trasferimenti per il sociale dallo Stato
si sono ridotti ad un terzo rispetto a quelli del 2010, si veda il precedente articolo )
Ne è risultato, a livello nazionale, una riduzione nominale delle risorse per questo
settore dell’1,4%, con l’interruzione di quel lento percorso di espansione del welfare
locale dell’ultimo decennio: nel 2011, in controtendenza rispetto alle dinamiche
precedenti[2], l’incidenza dei servizi sociali locali sul Pil scende dallo 0,46% allo 0,44%.
Cosa è accaduto in Lombardia? Anche per la Lombardia il 2011 è l’anno dell’inversione
di tendenza: se nel periodo 2003-2010 il budget nominale di questo settore si era
sempre ampliato (ad esempio nell’ultimo triennio ad un ritmo medio annuo del 2,7%),
nel 2011 si registra una discesa dello 0,9% (Graf. 1).
44
In termini reali[3] – al netto dell’inflazione – ciò significa un ritorno alla spesa del
2009. A livello procapite si è passati dai 127 € del 2010 ai 124 del 2011 (Graf. 2).
Un confronto con le altre regioni
Rispetto al proprio contesto territoriale di riferimento, rappresentato dalle regioni a
statuto ordinario del Centro Nord (RSO CN), la spesa dei comuni lombardi si conferma
al di sotto della media (133 €), al pari della situazione della Toscana, ma ancora
sostanzialmente distante da quella delle realtà che investono di più in questo settore
(Lazio, 153€ e Emilia Romagna 168€), (Graf. 2). In generale, in tutte queste regioni
(tranne il Lazio), nel 2011 si è assistito ad un crollo della spesa pro-capite, con una
variazione media dell’ordine del -2,4%, dato su cui la Lombardia è allineata, come dire
che l’impatto della crisi complessivamente è analogo a quello avvertito dai propri
referenti.
45
Cosa cambia nel sistema di finanziamento?
Quando si parla di spesa sociale dei comuni, nell’indagine Istat, si intendono gli oneri
sostenuti dai comuni singoli o associati, al netto delle compartecipazioni a carico degli
utenti. Rispetto al primo aggregato (gli oneri a carico del sistema pubblico), in
Lombardia il 79,5% è finanziato con risorse proprie dei municipi o degli enti associativi
cui essi partecipano, mentre il 20,5% risulta a carico di fonti esterne (fondi sociali
nazionali, regionali, dell’Ue), (Tab. 1). L’importanza delle risorse proprie comunali è
peraltro in discreto aumento (nel 2010 in Lombardia la quota finanziata con risorse
proprie era pari al 78,7%). Nelle altre regioni il sostegno che i comuni ricevono dalle
fonti di finanziamento esterne è più elevato (73,3%).
Qual è il ruolo delle compartecipazioni degli utenti? Fatto 100 il valore complessivo
della spesa impegnata per interventi sociali in Lombardia, 13,6 € risultano a carico
delle famiglie, mentre 86,4€ a carico delle finanze pubbliche (Tab 1). Nelle altre regioni
l’incidenza del co-payment degli utenti è mediamente inferiore rispetto al dato
lombardo (12,5%).
46
Tab. 1 – Spesa impegnata in interventi sociali per fonte di
finanziamento, 2011
Lombardia Rso_CN (a) spesa dei comuni singoli e associati 86,4% 87,5% di cui finanziata con risorse esterne (a.1) 20,5% 26,7% di cui finanziata con risorse proprie (a.2) 79,5% 73,3% (a.1+a.2) 100,0% 100,0% (b) compartecipazione utenti 13,6% 12,5% Totale spesa impegnata (a+b) 100,0% 100,0%
Chi sale e chi scende
Rispetto al trend complessivo della regione, quali tipologie di interventi sembrano
essere più esposte a tagli e quali invece hanno tenuto maggiormente nell’ultimo
anno rilevato (Tab. 2)? Se confrontiamo l’articolazione della spesa rispetto alle varie
categorie di utenti, si osserva un drastico ridimensionamento della spesa per la
povertà-disagio adulti (-9,4%), di quella per immigrati e nomadi (-5,6%) e di quella
per gli anziani (-5,3%); di livello inferiore(-2,9%), sebbene sempre di segno negativo, la
variazione della spesa per famiglia e minori – la voce composta prevalentemente dalla
spesa per i nidi (per maggiori approfondimenti sui nidi si rimanda ad un precedente
articolo). Colpisce, invece, la consistente crescita della spesa per i disabili (+9%) la
categoria che, nonostante la generale austerità, sperimenta un potenziamento degli
interventi[4].
Un altro interessante punto di vista, per osservare la variazione della spesa, è la
distinzione tra interventi in natura[5] e in denaro: in Lombardia nel 2011 c’è un trend
opposto tra l’espansione dei trasferimenti monetari (+2%) e la riduzione (-2,3%) degli
interventi che i comuni erogano attraverso servizi gestiti direttamente dai comuni o
affidati a terzi. Si accentua dunque l’orientamento del welfare lombardo ad
intervenire sempre più come pagatore di contributi piuttosto che come
organizzatore di servizi, rafforzando la peculiarità di questa regione rispetto alle
tendenze del resto del Centro-Nord[6].
Infine vale la pena segnalare le variazioni riscontrate in alcuni servizi particolarmente
significativi: se il servizio sociale professionale e le strutture residenziali resistono
(+0,7 e +1,1%), si presume in quanto tipologie di spesa più rigide, si riscontra un taglio
consistente ai servizi socio-assistenziali domiciliari[7], le attività evidentemente più
vulnerabili in tempo di crisi.
47
Tab. 2 – Variazione 2010-2011 spesa sociale dei comuni singoli e associati (%), Lombardia
TIPOLOGIE DI UTENTI
famiglia
e minori
disabili dipendenze anziani immigrati e nomadi
povertà, disagio adulti e s.f.d.
multiutenza totale
-2,9% 9,0% -3,2% -5,3% -5,6% -9,4% 1,0% -0,9% MACRO AREA DI INTERVENTI servizi in kind trasferimenti
in denaro totale
tot in
kind
di cui
sad+
adi
di cui servizio sociale
professionale di cui strutture
residenziali
-2,3% -6,4% 0,7% 1,1% 2,0% -0,9%
Il modello organizzativo-gestionale
Cosa sta cambiando rispetto alle tipologie di enti che gestiscono la spesa sociale?: dal
punto di vista organizzativo (Tab. 3), in Lombardia i singoli comuni continuano ad
avere un ruolo prevalente nella gestione degli interventi sociali (l’84,5% della spesa è
erogata dai singoli municipi), con una funzione a confronto modesta degli ambiti
(7,2%) e dei consorzi-Asp[8] (6,2%). Rispetto al 2010 non sembrano emergere
particolari spinte all’associazionismo (ad esempio gli ambiti continuano a gestire la
stessa fetta di spesa), a meno di un rafforzamento del ruolo dei consorzi. Piuttosto il
fenomeno che sembra delinearsi è quello della diffusione delle unioni di comuni che
interessa soprattutto gli enti molto piccoli, con relativa gestione unitaria dei servizi
socio-assistenziali (con un’incidenza passata dallo 0,5% del 2010 allo 0,7% nel 2011). La
delega di servizi alle Asl è ormai decisamente irrisoria (0,1%).
Va tenuto conto che le dinamiche dei diversi attori sono condizionate anche
dall’azione delle regole del Patto di Stabilità interno: non a caso la maggior parte dei
tagli alla spesa sociale lombarda del 2011 (oltre 10 milioni) sono stati realizzati nei
servizi gestiti direttamente dai singoli comuni, i soggetti più direttamente esposti alle
tenaglie del Patto[9].
Infine, dal confronto Lombardia-RSO del Centro Nord si nota che, nelle altre regioni
nella gestione delle risorse i singoli comuni hanno un ruolo più contenuto (78,3%): il
che non significa che in queste altre realtà ci sia un maggior coinvolgimento di Ambiti e
Consorzi, piuttosto, la differenza, rispetto alla Lombardia sembra risiedere nel fatto
che nelle altre regioni una quota maggiore di interventi sociali viene erogato dalle Asl
(ad esempio il 30,6% in Veneto, il 13,4% in Toscana, il 4,3% in Emilia Romagna).
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Uno sguardo d’insieme
Il 2011 si contraddistingue come anno di decrescita del budget di questo settore.
Rispetto a questa condizione generale nella regione si sono verificati dei processi di
adattamento che hanno comportato un freno alla maggior parte degli interventi, con
poche eccezioni.
Sebbene la crisi abbia interessato la Lombardia tanto quanto le altre regioni, questo
contesto è stata l’occasione per amplificare alcune peculiarità distintive del welfare
lombardo.
1. [1] Es. 2,5 miliardi di tagli a titolo di patto di stabilità interno, DL 112/2008 e 1,5 miliardi di
tagli ai trasferimenti 1,5 miliardi del DL 78/2010.
2. [2] Tra il 2003 e il 2010 l’incidenza era passata dallo 0,39% allo 0,46% del Pil.
3. [3] E’ stato utilizzato il deflatore per i servizi della P.A. con anno base 2005.
4. [4] Abbiamo tentato di capire, dalle tavole Istat di maggior dettaglio, quali attività per
disabili fossero state rafforzate nel 2011. Rispetto al 2010, per tale tipologia di utenti la
spesa è aumentata circa di 26 milioni, di cui 7 per l’assistenza residenziale (strutture a
titolarità comunale, anche se affidate a terzi), 1,7 milioni per voucher sociosanitari, mentre
il sad è addirittura in calo (-0,5 milioni). Per esclusione, si presume che il resto dell’aumento
sia attribuibile alle attività diverse dalle precedenti, di cui purtroppo non sono fornite tavole
di dettaglio, ossia i trasferimenti in denaro: sembrerebbe dunque essersi verificata una
crescita dei buoni sociali per disabili o delle integrazioni alle rette per disabili per strutture
di cui il comune non sia titolare (attività classificate come trasferimenti in denaro).
5. [5] Sotto la voce “in kind” sono state riaccorpate le categorie Istat “interventi e servizi” e
“strutture”. Si precisa che la voce “trasferimenti in denaro” non va interpretata
esclusivamente come contributi alle famiglie, in quanto include anche le integrazioni alle
rette pagate dai comuni per strutture di cui essi non sono titolari.
6. [6] Nel 2011 la spesa per interventi e servizi sociali dei comuni singoli e associati della
Lombardia si compone per il 66,5% di interventi in natura e per il 33,5% di spesa per
trasferimenti monetari, contro una composizione media nelle altre RSO del Centro Nord
rispettivamente del 73% per la prima voce e del 27% sulla seconda.
7. [7] E’ stato considerata sia la quota del Sad che l’eventuale compartecipazione da parte dei
comuni ai costi dell’Adi sociosanitaria .
8. [8] Nella classificazione Istat le Asp sono incluse nella voce “consorzi”.
9. [9] In ogni caso le stesse regole del Patto non favoriscono certo l’associazionismo (si pensi
ai divieti della costituzione di nuove aziende se si configurano come operazioni elusive al
Patto oppure alle penalizzazioni degli enti capofila che, per il solo fatto di gestire
finanziariamente le partite dell’intero ambito, vedono aumentati gli obiettivi di risparmio
da conseguire).
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Segnalazioni
Dagli autori e dall’esperienza di ricerca e analisi di LombardiaSociale.it un nuovo strumento per conoscere e approfondire la situazione attuale del welfare sociale in Italia.
Cristiano Gori, Valentina Ghetti, Giselda Rusmini, Rosemarie Tidoli
IL WELFARE SOCIALE IN ITALIA
Realtà e prospettive
Carocci, 2014
Qual è l’attuale situazione del welfare sociale in Italia? Quali ipotesi si
prospettano per il suo futuro? Il libro affronta queste domande
cruciali riguardanti la realtà e le prospettive degli interventi rivolti
perlopiù ad anziani non autosufficienti, persone con disabilità,
famiglie in povertà e prima infanzia. La Parte prima presenta i
principali tratti che contraddistinguono oggi il welfare sociale nel
nostro Paese per poi esaminare gli interventi (tanto quelli realizzati
quanto le azioni mancate) che hanno contribuito a determinarli.
La Parte seconda, invece, mette a fuoco le diverse strade che il
welfare sociale italiano potrebbe intraprendere nei prossimi anni,
nella direzione di un arretramento oppure in quella dello sviluppo, e
discute le opzioni che determineranno quale verrà effettivamente
scelta.
INDICE
Introduzione
Parte prima La realtà attuale
1. Fotografie. Il welfare sociale in Italia
2. Così uguali e così diverse. Le aree del Paese a confronto
3. L’innovazione difficile. Le politiche regionali
4. Riformismi incompiuti. Le politiche nazionali
5. Le ragioni di uno sviluppo carente. Perché non abbiamo investito nel welfare sociale
Parte seconda Le prospettive future
6. La mappa dei rischi per la prima infanzia
7. La mappa dei rischi per le famiglie con anziani non autosufficienti
8. La mappa dei rischi per le persone povere e a rischio di emarginazione
9. Una visione d’insieme. I rischi per il sistema di welfare sociale
10. Le scelte possibili. Il finanziamento
11. Le scelte possibili. Le politiche e gli interventi
Bibliografia
Gli autori