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ASSESSORATO AGRICOLTURA I SUPPLEMENTI DI 34 A cura di MARIO SAVORELLI e CHIARA IULIANO Centro Ricerche Produzioni Vegetali, Cesena Agricoltura biologica: l’orticoltura Agricoltura biologica: l’orticoltura

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A S S E S S O R A T O A G R I C O L T U R A

I S U P P L E M E N T I D I

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A cura di MARIO SAVORELLI e CHIARA IULIANOCentro Ricerche Produzioni Vegetali, Cesena

Agricoltura biologica:l’orticolturaAgricoltura biologica:l’orticoltura

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IntroduzioneNON PIÙ NICCHIA, MA RISORSA PER L’AGRICOLTURA DI QUALITÀdi VANNI TISSELLI.................................................................................................. pag. 4

1. LO STATO DEL SETTORE E LE PROPOSTE PER LO SVILUPPOdi PAOLO CARNEMOLLA .......................................................................................... pag. 6

2. METODI PER MIGLIORARE LA FERTILITÀ DEL TERRENOdi PIERFRANCESCO NARDI, STEFANO CANALI, FABIO TITTARELLI .................................... pag. 12

3. TECNICA COLTURALE: INTERVENTI PER IL CONTROLLO DELLE MALERBEdi LAMBERTO DAL RE, TIZIANO GALASSI .................................................................... pag. 18

4. I MEZZI DI DIFESA E LA SALVAGUARDIA DELL’AMBIENTEdi SERGIO GENGOTTI.............................................................................................. pag. 21

5. ORTICOLE DA MERCATO FRESCO: TUTTE LE VARIETÀ CONSIGLIATEdi PIER PAOLO PASOTTI, SANDRO BOLOGNESI, VANNI TISSELLI ...................................... pag. 24

6. ETICHETTE PIÙ TRASPARENTI PER I PRODOTTI AGRICOLIdi SANZIO QUAQUARELLI ........................................................................................ pag. 27

7. UNA FILIERA CONDIZIONATA DA MOLTE VARIABILIdi GIAMPIERO REGGIDORI ....................................................................................... pag. 30

8. PRODOTTI DI IV GAMMA, ASPETTI QUALITATIVI E TECNOLOGICIdi MARCO DALLA ROSA, PIETRO ROCCULI .................................................................. pag. 33

A S S E S S O R A T O A G R I C O L T U R A

I S U P P L E M E N T I D I

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A cura di MARIO SAVORELLI e CHIARA IULIANOCentro Ricerche Produzioni Vegetali, Cesena

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INDICE

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© Copyright Regione Emilia-Romagna - Anno 2007

Foto di copertina: Crpv, Gengotti, Riccioni, Samaritani

Coordinamento redazionale: Antonio Apruzzese, Elena Contini,Redazione “Agricoltura” - Regione Emilia-Romagna

DistribuzioneRedazione “Agricoltura” - Viale Silvani, 6 - 40122 BolognaTel. 051.284289 - 284701 • Fax 051.284577E-mail: [email protected]

CRPV - Via Vicinale Monticino, 1969 - 47020 Diegaro di Cesena (FC)Tel. 0547.347164 • Fax 0547.346142 - E-mail: [email protected]

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O ggi,quando si parla di agricoltura bio-logica,è ben chiaro che non si raccon-

tano più le imprese di un gruppo di sparutipionieri che qualche lustro fa promuoveva-no un nuovo metodo di coltivazione andan-do contro il comune modo di produrre, chespesso venivano tacciati di essere dei sogna-tori,di aver accumulato qualche risparmio conaltre attività o di vivere ai confini della società,quasi a ricercare il “mito del buon selvaggio”di rousseauiana memoria.In Italia l’agricoltura biologica ormai non èpiù una nicchia,ma un segmento produtti-vo degno di interesse, per i risvolti ambien-tali e per l’economia che movimenta.Negli ulti-

mentari dei consumatori; oppure si sonocreate diminuzioni di prezzi che hanno pena-lizzato i produttori. Gli agricoltori italiani,pur operando in situazioni differenti e diver-sificate, hanno dimostrato di essere in gra-do di accettare le sfide e di recepire i nuoviindirizzi produttivi con grande capacità tec-nica e con grande passione.Inizialmente l’agricoltura biologica è stataaffrontata come una pratica di sostituzio-ne, dove il concime minerale veniva sosti-tuito dal concime commerciale organico ei trattamenti antiparassitari chimici con quel-li di origine naturale. La situazione attualeappare diversa,anche grazie allo sforzo deiricercatori che hanno investito il proprio tem-po su questo settore: è maturata una mag-giore consapevolezza sul fatto che l’agri-coltura biologica è innanzitutto la difesa diun equilibrio naturale, dove ogni azione ester-na ha una sua diretta conseguenza.Oggi gliagricoltori sono in grado di coltivare con suc-cesso anche le specie ritenute qualche annofa di difficile produzione,causa i problemi dimalerbe o di controllo fitosanitario.Ne sonoun esempio le carote biologiche della Siciliao lo spinacio da industria coltivato in Emilia-Romagna.Alcuni passi importanti sono stati percorsigrazie allo sviluppo di progetti di ricerca chehanno permesso di studiare nuove attrez-zature per il controllo delle malerbe. Nonbisogna tuttavia dimenticare che il lavoromaggiore è sempre quello fatto a montesulla gestione poliennale degli appezza-menti, sull’adozione di adeguate succes-sioni colturali, sul controllo costante, ripe-tuto e tempestivo delle malerbe.Per la dife-sa si possono ripetere le stesse considera-zioni: i miglioramenti della tecnica sonodovuti in parte alla disponibilità di nuoviprodotti,ma le strategie aziendali giocanoun ruolo preminente.Nel biologico molti agricoltori hanno impa-

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Non più nicchia, ma risorsaper l’agricoltura di qualità

INTRODUZIONE

mi quindici anni sono stati compiuti enor-mi passi in avanti dal punto di vista politi-co-legislativo,strutturale e tecnico.Per anni abbiamo rilevato un trend di svi-luppo delle coltivazioni (l’Italia è uno deimaggiori produttori di derrate biologiche inEuropa) cui è corrisposto un aumento deiconsumi. Negli ultimi anni, tuttavia, la fasedi recessione,che ha colpito l’Italia e in par-te anche gli altri Paesi europei, ha ridotto ilpotere d’acquisto, ponendo di fatto i pro-dotti biologici ai margini delle scelte ali-

■ VANNI TISSELLI ■Centro Ricerche Produzioni Vegetali, Cesena

Il buon controllo delle malerbe su una colturadipende spesso dalla gestione agronomicaeffettuata sulle colture precedenti; inoltre èsempre consigliata una falsa semina.(Foto Arch. Crpv)

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rato ad analizzare gli equilibri naturali,osser-vare l’evoluzione dei parassiti e dei poten-ziali predatori,mettere in atto le pratiche checonsentono di avere il predatore presenteed attivo quando si diffonde il parassita.Spesso occorre adottare cicli di coltivazioneche consentano di sfuggire ai problemi nel-le fasi di maggior attacco, anche se le pro-blematiche si accentuano quando vi sonocondizioni meteorologiche avverse.Le esperienze maturate hanno reso eviden-te il ruolo delle resistenze genetiche e si devo-no pertanto consigliare quelle varietà chene sommano diverse.La difesa dai patoge-ni,oggi,è basata molto anche sulla preven-zione. I terreni devono essere lavorati bene,non devono presentare avvallamenti,debbonoessere ben strutturati e possedere un buonlivello di sostanza organica.La pianta dev’es-sere in buone condizioni di sviluppo e le con-cimazioni bilanciate.Di fronte ai progressi compiuti sotto l’aspettotecnico,non è corrisposto un pari migliora-mento della commercializzazione. Ciò cheha maggiormente caratterizzato il merca-to nell’ultimo decennio è stato l’ingressodella grande distribuzione organizzata.Questo fatto,da un lato salutato con favo-re perché apriva spazi importanti e con-sentiva la commercializzazione di elevativolumi di prodotti biologici, dall’altro haportato il settore a vivere gli stessi proble-mi delle produzioni integrate: l’innovazio-ne tecnica non è stata premiata,ma è diven-tata quasi un prerequisito, una condizionesenza la quale il produttore non riesce a ven-dere alla Gdo.Si è assistito, insomma,all’ennesima dimo-strazione di come gli sforzi effettuati dalmondo della produzione non vengano ade-guatamente premiati dal settore della distri-buzione.Se il problema è stato meno avver-tito per effetto dei contributi comunitari chesostenevano la produzione,oggi si ha mag-giore consapevolezza che le produzioni bio-logiche orticole potrebbero andare incon-tro ad una riduzione di superficie coltivata.Rischio tanto maggiore,quanto più le strut-ture di lavorazione e le piattaforme logisti-che si rivolgono ad un mercato estero peracquisire prodotti e sviluppare operazionidi trading.Si ha talora la sensazione che l’agricoltura

biologica non venga più valutata come unaopportunità di salvaguardia ambientale ecome un segmento in grado di garantire unaredditività all’agricoltore locale,quanto piut-tosto un segmento commerciale da sfrutta-re.Non si è radicato nel consumatore il bino-mio agricoltura biologica - prodotto tipicoe si assiste indifferentemente alla commer-cializzazione di prodotto locale a fianco diquello importato,il che crea difficoltà a distin-guerlo da parte di chi compra.In molti casi gliagricoltori,non ricavando sufficiente remu-nerazione dalle proprie produzioni, e spes-so non avendo la possibilità di coltivare mol-te specie, date le limitazioni poste da certestrutture di lavorazione, hanno sperimen-tato la formula della vendita diretta in azien-da.Questa soluzione può essere interessan-te e positiva per aziende vicine ai centri urba-ni e facilmente raggiungibili, ma non puòessere riproposta per aziende lontane dastrade di grande comunicazione.Va anche sottolineato che, per essere ricer-cata dal consumatore,la vendita diretta devefornire un’ampia gamma di specie e garan-tire costantemente il prodotto per un deter-minato periodo. In alcuni casi si è assistitoalla trasformazione dei punti di vendita diret-ta in negozietti di frutta e verdura,che acqui-stano parte dei prodotti fuori azienda, perincrementare l’offerta. Nell’ambito dellacommercializzazione si stanno sperimen-tando formule alternative, quali la conse-gna a domicilio (prendendo spunto dalla

consegna a mezzo corriere o postale già spe-rimentata da oltre un decennio in Svizzera)o la consegna presso punti di aggregazio-ne costituiti da sedi di quartiere,ecc.Aldilà di queste esperienze,che interessanosoprattutto le piccole aziende, bisogna for-mulare ulteriori analisi per comprenderecome sia variato l’interesse dei consumato-ri negli anni,come il prodotto biologico pos-sa essere percepito e ricercato anche cometrasformato e surgelato.Occorre essere pre-parati a far fronte alle nuove prospettive dimercato o a una maggiore richiesta dai mer-cati esteri.Negli ultimi anni si è assistito anche ad unapiù consistente presenza di progetti di ricer-ca e sperimentazione sul biologico,che han-no fornito o forniranno importanti elemen-ti di innovazione a supporto della gestione delterreno e delle colture.Occorre che gli sforzidella ricerca e soprattutto quelli dei produt-tori non vengano vanificati sull’onda del soloconcetto che il prezzo è stabilito dal merca-to e di conseguenza nessuno è responsabi-le delle situazioni di crisi.In un’epoca dove il risparmio energetico rap-presenta un obiettivo chiave della società,occorrerebbe riflettere sui costi energetici deitrasporti e valutare nuove regole per la com-mercializzazione del biologico. Da ultimo èdoveroso insistere sull’informazione al con-sumatore,affinché effettui scelte sempre piùconsapevoli nell’ottica di una valorizzazio-ne delle produzioni tipiche biologiche.■

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La realizzazione diprove sperimentali

ha rappresentatonegli ultimi anni un

supporto importanteper migliorare le

tecniche colturali ele scelte varietali in

agricoltura biologica(Foto Arch. Crpv)

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Lo stato del settoree le proposte per lo sviluppo

G li ultimi dati ufficiali messi a disposizio-ne dal “Sistema informativo nazionale

agricoltura biologica”(Sinab) del ministeroper le Politiche agricole,alimentari e foresta-li riportano che ad inizio 2006 in Italia circa50.000 imprese adottavano per tutte o par-te delle loro attività di produzione agricola,allevamento, trasformazione, distribuzionee importazione le norme in materia di pro-duzione biologica (Reg.Cee.2092/91).La superficie coltivata è di oltre 1 milione diettari (grafico1), pari all’8% del totale nazio-nale,incidenza che ci pone al quarto posto almondo, preceduti da Liechtenstein (24,6%),Austria (13,53%),Svizzera (11,33%) e prima diFinlandia (7,31%) e Svezia (6,80%).Dopo due anni di sensibile calo, il numero diimprese notificate alle autorità competentiregionali è dunque tornato a crescere in ma-

niera significativa (+ 21,7% su base annua). Intermini di superfici l’Italia si conferma il primoPaese in Europa per diffusione dell’agricoltu-ra biologica e al quinto posto nel mondo do-po Australia,Argentina,Cina e Stati Uniti.In larga parte la ripresa del trend di sviluppodel settore è motivata dagli ultimi bandi re-gionali relativi alla programmazione 2000-2006 dello sviluppo rurale,aperti proprio nel2005,dove le misure relative all’introduzionee al mantenimento del metodo biologicohanno avuto uno spazio considerevole.All’avvio della nuova programmazione 2007-2013, l’Unione europea ha accentuato laspinta sul fronte agroambientale. Ci si puòquindi attendere che il trend di sviluppo delsettore si manterrà positivo almeno per ilprossimo biennio.L’entità della crescita sarà certamente in-

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Azienda vitivinicola. (Foto Samaritani)

■ PAOLO CARNEMOLLA ■Prober, Bologna

Graf. 1 – Il biologico in Italia: aziendee superfici agricole utilizzate (1997-2005).

Fonte SINAB

TOTALE OPERATORI SAU (Ha)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

fluenzata in maniera preponderante dallescelte che il Piano strategico nazionale e,so-prattutto,i nuovi Programmi regionali di svi-luppo rurale concretizzeranno rispetto allenotevoli opportunità che il nuovo Regola-mento comunitario in materia mette a di-sposizione per il sostegno all’agricolturabiologica.L’auspicata evoluzione delle politiche pubbli-che anche a livello nazionale e regionale e,so-prattutto, l’andamento dei mercati potrannoo meno rendere tale prospettiva stabile e ca-pace di proiettarsi in un futuro più avanzato.

IL RIPARTO COLTURALEI dati forniti dagli organismi di certificazioneed elaborati dal Sinab sulla base della nuovaclassificazione Eurostat fotografano l’utilizzodella superficie condotta con metodo biolo-gico nel 2005 (grafico 2).Rispetto al 2004 si nota un generale aumen-to delle colture specializzate e dei seminati-vi, fatta eccezione per la frutta che presenta

una contrazione di superficie (-12%) proba-bilmente in linea con lo stato di generale dif-ficoltà del comparto e con le irrisolte pro-blematiche di natura fitosanitaria che anco-ra caratterizzano alcune colture e alcuni ter-ritori. Da notare in tal senso l’aumento co-stante delle importazioni di frutta da agri-coltura biologica da Paesi terzi, con oltre13.400 tonnellate importate nel 2005 (ba-nane escluse) con ingresso diretto in Italia.In prospettiva, considerati anche i vincolinormativi imposti alla gestione dei terreni ei limiti di natura tecnica già citati, si ritieneche non dovrebbero esservi variazioni ecla-tanti nell’articolazione del riparto colturalenell’ambito del prossimo quinquennio.È au-spicabile, infatti,che la crescente richiesta diprodotti vegetali già in atto per talune mer-ceologie (ad esempio, ortofrutta) vengasoddisfatta attraverso l’ingresso di nuoveimprese o l’ampliamento delle superfici col-tivate con metodo biologico nelle aziende“miste”.

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Graf. 2 – Utilizzo della superficie condotta con metodo biologico in Italia (2005).

Fonte SINAB

Meloni in campo. (Foto Riccioni)

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LE PREPARAZIONI ALIMENTARIUn ambito di costante sviluppo del settorenel nostro Paese è sempre stato quello del-le industrie alimentari, che trasformanomaterie prime da agricoltura biologica,seppure quasi sempre non come attivitàproduttiva secondaria. Questo dato rap-presenta senza dubbio l’elemento di mag-giore evidenza dell’esistenza di un merca-to in continua espansione, nonostante ledifficoltà riscontrate sul fronte dei consumiinterni nell’ultimo biennio. Attualmente il12,6% delle imprese alimentari italiane ri-sulta notificata per una o più linee di pro-duzione con materie prime da agricolturabiologica e in questo senso l’Italia possiedegià un potenziale industriale di grande li-vello,operante praticamente in tutti i com-parti merceologici e con punte di eccellen-za riconosciute per la modernità degli im-pianti,delle tecniche utilizzate e per la qua-lità dei prodotti.Le prospettive di sviluppo dell’industriaalimentare che trasforma materie primeda agricoltura biologica sono evidente-mente legate in toto agli sviluppi dei mer-cati; per questo ci si attende il manteni-mento di un trend positivo soprattutto inrelazione al continuo sviluppo della do-manda sui mercati internazionali, che con-cilia gli incrementi dovuti all’aumento deiconsumi di prodotti da agricoltura biolo-gica con il crescente richiamo verso il ma-de in Italy alimentare.

rafforzare il posizionamento strategico delbiologico nei confronti dei bisogni della so-cietà moderna.Per valutare le prospettive del settore sulfronte della competitività e della durevolez-za del modello di agricoltura e di impresa cheesso propone,è necessario affiancare alla va-lutazione dei dati strutturali generali anchequelli relativi alle imprese che lo compongo-no. Come esempio, certamente significativoconsiderato il contesto agricolo evoluto dicui si tratta,si riporta la sintesi di un’indaginecondotta nel 2005 nella provincia di Mode-na (grafico 3),che mette a confronto i dati ri-feriti alle aziende biologiche di quel territo-rio con quelli ricavabili dall’ultimo censi-mento agricolo.

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I NUOVI COMPARTIA dimostrazione delle potenzialità di svilup-po del settore e nonostante l’arretratezza delquadro normativo attuale, i principi e le tec-niche del metodo biologico sono entrati an-che in ambiti produttivi nuovi,come l’itticol-tura e gli alimenti per animali da compagnia,e stanno aprendo importanti prospettive an-che in comparti non alimentari.In questi campi, come nell’alimentare, il me-todo biologico appare quindi come una ri-sposta coerente e riconoscibile dal consu-matore rispetto alle crescenti esigenze dibenessere che la società manifesta nei con-fronti del proprio stile di vita.Questa sembrauna tendenza ormai incontrovertibile e nelcontempo un’occasione importante per

Raccolta dellefragole.(Foto Riccioni)

Graf. 3 – Dati salienti delle imprese agricole biologichee convenzionali in provincia di Modena (2005).

Conduttore con età inferiore ai 40 anni

Conduttore con età tra 40 e 49 anni

Conduttore con età sopra i 60 anni

Famiglie formate da 4 o più persone

SAU media aziendale

Attività agricola prevalente

Familiari che lavorano in azienda

Aziende che fanno trasformazione interna

25%

33%

20%

52%

23 ettari

84%

42%

11%

58%

AZIENDE BIOLOGICHE9%

13%

56%

26%

9,5 ettari

31%

21%

3%

22%

AZIENDE CONVENZIONALICONDUZIONE

Fonte: Indagine assessorato all’Agricoltura della Provincia di Modena, 2005

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

I dati qui riportati confermano elementi giànoti - come ad esempio la maggiore presen-za di giovani e le maggiori dimensioni azien-dali che si riscontrano nel settore biologico -e ne mettono in evidenza altri che contribui-scono a delineare un profilo imprenditorialedi per sé in grado di conciliare una maggio-re competitività con una più sicura prospet-tiva di durata e di aderenza ai nuovi contestirurali e della multifunzionalità. Secondoun’indagine Ismea pubblicata nel 2005,inol-tre, il 67% dei titolari di aziende agricole bio-logiche è diplomato o laureato, il 52% utiliz-za regolarmente Internet e il 70% redige nor-malmente il bilancio aziendale. Inoltre, sel’incidenza delle aziende biologiche dell’E-milia-Romagna rispetto a quelle convenzio-nali venisse calcolata utilizzando il parame-tro della presenza di “agricoltori del futuro”,secondo i dati dell’indagine dell’assessoratoprovinciale all’Agricoltura di Modena leaziende biologiche non inciderebbero per il5,6% sul totale,bensì per il 48%.

IL MERCATOIn Europa il valore del mercato del biologicodovrebbe attestarsi intorno ai 14 miliardi dieuro. In tale contesto la Germania rappre-senta circa il 30% del mercato, seguita dal-l’Inghilterra e al terzo posto dall’Italia.Se si analizza, invece, la spesa pro capite perl’acquisto di prodotti biologici la situazioneappare decisamente differente. Secondo lerilevazioni dell’Istituto di ricerca svizzero FI-BL, nel 2003 l’Italia figurava all’undicesimo

posto della graduatoria a livello mondiale,con una spesa media annua per abitante di24 euro, superata di fatto da tutte le princi-pali nazioni europee e dagli Stati Uniti e conalle spalle solo gli altri Paesi mediterranei(Spagna,Grecia e Portogallo) e quelli dell’Eu-ropa dell’est.Non vi sono motivi per pensare che nel 2006la situazione sia sostanzialmente mutata, senon per la crescita ulteriore del divario fra i

consumi interni dell’Italia e quelli degli altriPaesi in Europa e nel mondo, dato che l’an-damento dei consumi domestici rilevato daIsmea - ACNielsen nel solo canale della gran-de distribuzione organizzata (Gdo) mostranegli ultimi 24 mesi una sostanziale stabilità.Decisamente positivi appaiono invece i con-sumi extradomestici, soprattutto in relazio-ne al costante incremento dell’utilizzo di pro-dotti da agricoltura biologica nella ristora-zione collettiva istituzionale (scolastica, inparticolare,con circa un milione di pasti/gior-no stimati), gli acquisti presso il dettagliospecializzato e i negozi del dettaglio tradi-zionale (+ 26% tendenziale su base annua),oltre alla vendita diretta presso i mercati loca-li e i produttori.Secondo tutte le più recenti e consolidate in-dagini relative ai comportamenti di acquistoin Italia le motivazioni in assoluto più rile-vanti per giustificare il divario esistente fra lapropensione all’acquisto di prodotti biologi-ci (che riguarda oltre il 65% dei decisori di ac-quisto delle famiglie) e i comportamenti diacquisti reali sono in ordine di importanza:

il prezzo più elevato;la scarsa diffusione/scarso assortimentopresso i punti di acquisto abituali;la scarsa fiducia nel sistema di garanzie enelle differenze rispetto ai prodotti con-venzionali.

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Graf. 4 – Differenziale percentuale medio di prezzotra bio e convenzionale per i prodotti confezionati

e ortofrutticoli freschi e sfusi nella Gdo.

Fonte: Ismea/ACNielsen

Pomodori in campo. (Foto Riccioni)

bio confezionato ortofrutta bio fresca e sfusa

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Come appare evidente,il rilievo del differen-ziale di prezzo nel determinare i comporta-menti di acquisto andrebbe esaminato più indettaglio per categoria merceologica.Nel ca-so dell’ortofrutta, ad esempio, appare pro-babilmente più rilevante la mancata reperi-bilità, ovvero anche assortimenti merceolo-gici spesso inadeguati e non sempre di qua-lità eccellenti.Dal quadro fin qui illustrato è chiaro che ci so-no spazi ancora rilevanti per lo sviluppo delmercato dei prodotti biologici, anzitutto inambito mondiale. La penetrazione dei pro-dotti biologici italiani sui mercati esteri è an-cora quantitativamente ridotta; in tal senso ilpotenziale mercantile dell’abbinamento fra ilmade in Italy alimentare e la certificazione diprocesso, con metodo biologico, è ancorapoco sfruttato,sia nelle strategie commercia-li delle imprese nazionali, sia nei programmidi promozione dell’alimentare italiano nelmondo.Considerate le peculiarità produttive dell’Ita-lia e la sua collocazione centrale nell’ambitodel bacino del Mediterraneo,una strategia di“sistema Paese”, in grado di mixare opportu-

namento e da investimenti di carattere orga-nizzativo e promozionale. In alcuni casi sta di-ventando addirittura poco qualificante perl’immagine complessiva delle produzioni bio-logiche presso i consumatori.Nel contempo iprodotti biologici sono presenti solo in ma-niera occasionale nel dettaglio locale, ancoracosì diffuso in Italia.

LE POLITICHEDal quadro fin qui sinteticamente riportatoemerge come l’agricoltura biologica nonsfugga ai problemi di competitività e pro-spettiva strategica che riguardano nel com-plesso l’intero sistema agricolo, agroindu-striale e rurale nazionale, pur in presenza diindiscussi punti di forza e condizioni idealiper un differente e rapido riposizionamentocompetitivo.Tuttavia l’agricoltura biologica intercetta ap-pieno i nuovi indirizzi di politica agricola eu-ropea e ha adottato un proprio sistema di re-gole degli scambi che,seppur impegnativo,larende di fatto ancora assai poco influenzatadalle difficoltà attuali dei negoziati in seno al-l’Organizzazione mondiale del commercio(Wto).Appare ancora poco evidente il ruolo che il si-stema agricolo, alimentare e rurale, può svol-gere nel raggiungimento dell’ambiziosoobiettivo di rilanciare la competitività del si-stema Italia senza rinunciare ad equità e so-stenibilità anche a fronte di un quadro di fi-nanza pubblica assai difficile e di gravi pro-blemi strutturali.In tal senso si ritiene che l’agricoltura biologi-ca possa svolgere un ruolo di punta, non incompetizione con la restante parte del siste-ma agricolo e alimentare nazionale,ma comelaboratorio avanzato in grado di sperimenta-re modelli di sviluppo e d’impresa, oltre cheaprire nuove prospettive di reddito e di cre-scita per cogliere al meglio le opportunità of-ferte dalle politiche europee e dal contestocompetitivo globale.L’agricoltura biologica è anzitutto un model-lo di produzione e consumo particolarmen-te idoneo al contesto produttivo, ambienta-le e rurale europeo.L’Italia,come detto in pre-cedenza,può svolgere un ruolo centrale perl’affermazione in Europa di un “modello me-diterraneo” della sostenibilità in agricoltura,e per divenire il punto di riferimento per l’in-

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namente l’identità delle produzioni italiane,anche attraverso un apposito logo,con la fun-zione di piattaforma logistica in particolareper le sponde sud ed est del Mediterraneosembra la prospettiva più interessante perconquistare spazi importanti di mercato. Leproduzioni ortofrutticole, quelle trasformatetipiche della realtà mediterranea e i prodottidi derivazione animale appaiono in tal sensoi punti di forza su cui investire in termini orga-nizzativi, logistici e promozionali, dovendotuttavia partire dalla costruzione di filiere pro-duttive adeguatamente attrezzate per di-mensione e organizzazione.Per quanto riguarda,invece,il mercato inter-no, il problema principale da affrontare ri-guarda le strategie del sistema distributivonazionale, dove sono sempre più labili i le-gami fra distribuzione e origine territorialedelle produzioni e le arretratezze di caratte-re imprenditoriale e organizzativo non di ra-do si trovano in stridente contrasto con il re-stante contesto europeo della moderna di-stribuzione.L’approccio della private label impiegato dal-le principali catene della grande distribuzioneorganizzata operanti in Italia si è dimostratofallimentare quando non è stato supportatoda strategie commerciali in costante aggior-Insalata in campo. (Foto Riccioni)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

tero bacino del Mediterraneo,sia da un pun-to di vista “culturale” che logistico, dunquecommerciale.

LA NUOVA PACE LO SVILUPPO RURALEDisaccoppiamento, modulazione, qualità esicurezza alimentare sono aspetti della nuo-va Pac che possono assumere un ruolo posi-tivo per lo sviluppo del settore biologico,se lescelte attuate a livello nazionale sapranno es-sere coerenti con i principi della riforma e sesi collegheranno in maniera sinergica con lepolitiche dello sviluppo rurale.L’applicazione del pacchetto di norme euro-pee in materia di sicurezza alimentare devericonoscere le peculiarità normative e orga-nizzative proprie del sistema di controllo ecertificazione dell’agricoltura biologica.Ciòin un quadro riformato e coerente del siste-ma di controlli pubblici e della certificazio-ne delle produzioni alimentari di qualità.Anche l’etichettatura obbligatoria si dovràispirare ai moderni sistemi di garanzia della

qualità e consentire una forte semplifica-zione degli adempimenti a favore delle impre-se del settore.Il Piano strategico nazionale per lo svilup-po rurale deve assumere un ruolo centralenella programmazione delle risorse di tuttii fondi europei disponibili nel periodo 2007-2013, indicando in maniera chiara qualimodelli organizzativi, d’impresa e territo-riali possono dare attuazione concreta edefficace agli obiettivi delle nuove politicheeuropee attraverso i Piani di sviluppo rura-le regionali.Lotta al cambiamento climatico,tutela dellabiodiversità e delle acque, conservazionedella sostanza organica,benessere animale,competitività, multifunzionalità, coesionesociale e territoriale sono gli obiettivi rispet-to ai quali l’agricoltura biologica può svol-gere una funzione di punta e di stimolo perl’intero sistema agricolo e rurale nazionale.

LE POLITICHE DELLA SALUTEE L’INNOVAZIONEAnche in Italia appaiono ormai evidenti gli ef-fetti di scelte alimentari non adeguate sullostato di salute della popolazione, con conse-guenze sempre più pesanti sulla spesa sani-taria nazionale e prospettive allarmanti per lenuove generazioni.Con opportune politiche e interventi è dun-que possibile conciliare,seppure non nell’im-mediato, obiettivi di risparmio della spesapubblica con quelli di un miglioramento del-lo stato di salute della popolazione e di svi-luppo del settore agricolo e alimentare nazio-nale.Le produzioni biologiche possono svolgere inquesto senso un ruolo fondamentale,così co-me dimostra una bibliografia scientifica ormaisignificativa e l’esperienza di centinaia di am-ministrazioni pubbliche che gestiscono servi-zi di ristorazione con l’impiego quotidiano econsistente di questi prodotti. È necessarioscegliere,senza equivoci,un modello di inno-vazione in campo agricolo e alimentare per l’I-talia di cui l’agricoltura biologica deve esserel’elemento più avanzato.

GLI INTERVENTIPER LA COMPETITIVITÀNel settore biologico,come in tutti settori eco-nomici, l’aggregazione è uno degli elementifondamentali per poter migliorare la compe-titività, in particolare sullo scenario mercanti-le mondiale. Sui mercati operano ormai leprincipali imprese multinazionali della produ-zione e della distribuzione,con programmi disviluppo che possono rappresentare una no-tevole opportunità per alcune produzioni na-zionali, ma anche una grave minaccia per al-tre e per la nostra industria alimentare.Le scarse risorse del Piano d’azione nazionale2005-2006 per favorire l’aggregazione com-merciale e lo sviluppo di progetti a carattereinterprofessionale possono quantomeno av-viare e agevolare alcuni processi di aggrega-zione,ma è evidente che il sostegno principa-le dovrà provenire dall’asse “competitività”deinuovi Piani di sviluppo rurale regionali e, periniziative di dimensione nazionale,attraversogli strumenti ordinari previsti per il settoreagroalimentare, nei quali dev’essere datapriorità a progetti che riguardano filiere diproduzione biologica. ■

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Cavoli in campo. (Foto Riccioni)

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C on il termine suolo ci si riferisce a tuttequelle terre che hanno subito un processo

evolutivo e che, allo stato attuale, si presen-tano evolute e non degradate. Queste terre,coltivabili agronomicamente,assumono il ter-mine di terreno.Un terreno sottoposto all’a-zione dell’uomo attraverso lavorazioni, ferti-lizzazioni e coltivazione delle piante,subisce neltempo sostanziali modifiche nelle sue com-ponenti chimiche, fisiche e biologiche. Il ter-reno con queste caratteristiche prende il nomedi terreno agrario, alla cui fertilità sono lega-te le esigenze alimentari dell’intera umanità.In agricoltura biologica,come peraltro più ingenerale in agricoltura sostenibile,il terreno agra-

si escluda a priori il ricorso a risorse esternee/o ausiliarie,bensì lo si giustifichi solo quan-do necessario.Un concetto che sottolinea la piùimportante delle differenze tra il modello agri-colo biologico e l’intensivo: quest’ultimo,infat-ti,è caratterizzato dal massiccio impiego del-le risorse ausiliarie (o esterne).Tuttavia, nonsarebbe corretto affermare che in agricoltu-ra biologica le risorse ausiliarie non devonoessere utilizzate,ma piuttosto che il loro impie-go deve essere decisamente subordinato aquello delle potenzialità native dell’agroeco-sistema.In questo articolo tratteremo il tema dell’im-

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Metodi per migliorare la fertilità del terreno

rio viene considerato come una risorsa la cuifertilità deve essere conservata e migliorataa vantaggio delle generazioni future. Nelmodello agricolo biologico vengono effica-cemente formalizzati i criteri da seguire peril raggiungimento di questo importante obiet-tivo.Tali criteri - peraltro riportati anche nelRegolamento (CEE) n.2092/91 del Consiglio del24 giugno 1991 che norma i metodi di pro-duzione agricola con metodo biologico - fan-no riferimento all'impiego delle coperturevegetali ed all'uso nel terreno (reimpiego) dimateriale organico proveniente da aziendeche operano nel rispetto delle norme di pro-duzione biologica. Più in generale, con que-sto approccio si intende valorizzare quantopiù possibile le risorse native e rinnovabili pre-senti negli agro-ecosistemi,mirando al miglio-ramento della fertilità del terreno.È bene evi-denziare come in agricoltura biologica non

■ PIERFRANCESCO NARDI,STEFANO CANALI

FABIO TITTARELLI ■CRA, Istituto Sperimentale

per la Nutrizione delle Piante, Roma

La preparazione dei terreni deve esseremolto accurata per evitare avvallamenti,ristagni idrici ed in particolare dopo unsovescio deve garantire l’interramentodell’intera biomassa. (Foto Arch. Crpv)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

piego delle risorse native (coperture vegeta-li e riciclaggi dei residui aziendali), per poiprendere in esame la delicata questione del-l’impiego dei mezzi tecnici ausiliari per la fer-tilizzazione.La possibilità di conservare od aumentare lafertilità del terreno può derivare dalla colti-vazione di colture appositamente presceltee per le quali l’obiettivo produttivo è secon-dario. In questo contesto assumono un ruo-lo di grande importanza le colture intercala-ri e le consociate.Le prime sono definite comecolture il cui ciclo si sviluppa tra due coltureprincipali previste dall'avvicendamento,men-tre le seconde come colture (due o più) pre-senti sul terreno simultaneamente,solo per unafase o per tutta la lunghezza del ciclo colturale.Nel caso particolare dei sistemi frutticoli bio-

logici si tende al raggiungimento di un equi-librio complessivo dell’agroecosistema, inmodo tale da ridurre al minimo gli apportidall’esterno. Ciò è reso problematico dallecondizioni climatiche caratteristiche del-l’ambiente mediterraneo e dalla forte spe-cializzazione colturale delle aziende fruttico-le.In questo contesto,il mantenimento o l’au-mento della fertilità dei suoli deve essere affi-dato, oltre che al riutilizzo di tutti i residui dicoltivazione,proprio all’impiego delle coper-ture vegetali.Viene fortemente rivalutata,così,la consociazione colturale tra le specie arbo-ree mediterranee e le specie erbacee.La consociazione colturale con essenze erba-cee può riguardare specie appositamenteseminate o spontanee, che in altri ambitiassumono la valenza di infestanti, il cui svi-luppo può essere favorito nel periodo autun-no-primaverile, intervallando sfalci e/o lavo-razioni in funzione delle condizioni pedo-climatiche e colturali; in altre parole, in agri-coltura biologica il concetto di controllo del-le infestanti viene sostituito da quello digestione.

COLTURE INTERCALARI E CONSOCIATE:QUALI VANTAGGI ARRECANO Diversi sono i meccanismi mediante i quali lecolture intercalari e consociate intervengo-no nella conservazione e nel miglioramentodella fertilità dei suoli; questi sono classica-mente trattati anche dall'agronomia genera-le, ma in agricoltura biologica vengono for-temente rivalutati.Il primo di tali meccanismi deve fare riferi-mento alla possibilità di ottenere un incre-mento del contenuto di sostanza organicadei suoli mediante il sovescio totale o parzia-le della coltura. Il campo coltivato con le tec-niche biologiche deve essere assimilato adun gigantesco pannello solare,che cattura l’e-nergia del sole e la impiega per la produzionedella sostanza organica. Quest’ultima, con ilsovescio,viene poi utilizzata per fertilizzare ilterreno. Si dovrà realizzare un sistema cheproduce le massime quantità di materia orga-nica,utilizzando nel modo più efficiente pos-sibile la radiazione solare, risorsa illimitata,necessaria per il processo fotosintetico.Questoobiettivo può essere raggiunto proprio median-

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Il sovescio di miscugli misti di leguminose egraminacee limitano la lisciviazione dei nitratinell’autunno e garantiscono un buon apportodi azoto al momento dell’interramento.(Foto Arch. Crpv)

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te l’utilizzo delle colture intercalari e delle col-ture consociate che occupano, nello spazioe/o nel tempo,nicchie ecologiche che resta-no normalmente vuote negli agroecosistemitradizionali.Se le specie prescelte sono in gra-do di stabilire rapporti di simbiosi con micror-ganismi azotofissatori (tipicamente le specieappartenenti alla famiglia delle leguminose)si ottiene anche un guadagno netto di azoto- certamente il più strategico degli elementi nutri-tivi per la qualità e la quantità delle produ-zioni - da parte dell’ecosistema agricolo. Laquantità di azoto che può raggiungere un ter-reno a seguito di un sovescio è talvolta note-vole,anche dello stesso ordine di grandezzadi una buona concimazione.Come esempio

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si riportano,nelle tabelle 1 e 2,i risultati di unasperimentazione condotta nel Lazio,in azien-de agricole biologiche site nei comuni diAcquapendente (VT) e Palombara Sabina (RM)ad indirizzo cerealicolo o frutticolo, dove èstato valutato l’apporto totale di azoto al suo-lo di differenti sovesci coltivati nella stagioneautunno-vernina.Oltre alla possibilità di “catturare”l’azoto atmo-sferico e di trasferirlo al suolo,le colture inter-calari e consociate possono intervenire sulladisponibilità degli elementi nutritivi, evitan-done la dispersione e l’allontanamento ver-so comparti ambientali impropri dove pos-sono anche causare danni ambientali.È il casodelle colture con funzione trappola (dall’in-

VANTAGGI DERIVANTI DALL’INTRODUZIONE DELLE COPERTURE VEGETALI

P er molti terreni agrari le coperture vegetali costituisconol’unico mezzo pratico per mantenere un adeguato livello di

sostanza organica o aumentarlo.Aumento della fertilità chimica del suolo attraverso:1. apporto diretto di azoto;

2. ridistribuzione del fosforo e del potassio negli strati superficiali.Riduzione dell’erosione del suolo.Riduzione dell’inquinamento delle acque di falda.Incremento dell’attività dei microrganismi del suolo.Migliore gestione delle infestanti. ■

Tab. 1 - Sostanza secca prodotta,contenuto ed apporti di azoto di differenti sovesci.

[Sperimentazione condotta ad Acquapendente (VT)]TESI

Favino

Veccia e avena

Colza

Favino + sangue fluido

SOSTANZA SECCA(Tonnellate per ettaro)

5.07

4.24

0.95

5.32

N %

by 2.56

b 1.87

a 2.11

b 2.43

N (Chilogrammi per ettaro)

b 130.51 c

a 79.38 b

ab 18.69 a

b 129.08 cLe medie in ciascuna colonna seguite dalla stessa lettera non sono significativamente

differenti al livello di probabilità del 5% in base al test multiplo di Duncan.

Tab. 2 - Sostanza secca prodotta,contenuto ed apporti di azoto di differenti sovesci.

[Sperimentazione condotta a Palombara Sabina (RM)]TESI

Favino

Veccia e avena

Colza

Favino + sangue fluido

SOSTANZA SECCA(Tonnellate per ettaro)

3.34

9.60

1.19

2.76

N %

Ay 2.89

B 1.64

A 3.61

A 3.08

N (Chilogrammi per ettaro)

b 96.47 ab

a 158.66 b

b 42.50 a

b 86.22 abLe medie in ciascuna colonna seguite dalla stessa lettera non sono significativamente differenti al livello di probabilità

del 5% (lettere minuscole) o dell’1% (lettere maiuscole) in base al test multiplo di Duncan.

glese catch crops) e delle colture con funzio-ne di copertura (cover crops).Le colture con funzione trappola (in generenon-leguminose), vengono coltivate neimomenti in cui le necessità della coltura prin-cipale sono molto contenute,o quando que-sta è del tutto assente, con il fine di asporta-re dal suolo gli elementi nutritivi più dilava-bili (azoto in forma nitrica, potassio) impe-dendone il trasporto verso gli orizzonti di suo-lo più profondi o verso la falda. Gli elementinutritivi vengono così “immagazzinati”neitessuti del vegetale in forma organica (adeccezione del potassio,contenuto nei tessu-ti sempre in forma inorganica) e restituiti alsuolo con l’interramento, pratica quest’ulti-ma realizzata con modi e tempi tali da con-sentire il ritorno degli elementi nutritivi in for-ma disponibile per la coltura, a seguito delprocesso di mineralizzazione.Le colture con funzione di copertura vengonoimpiegate nei terreni vulnerabili ai fenome-ni erosivi,quando la coltura principale è assen-te o non protegge adeguatamente il terreno(ad esempio un arboreto,da frutto o da legno).La coltura di copertura svolge la sua azioneprotettrice direttamente, trattenendo il ter-reno con il proprio apparato radicale, o indi-rettamente,mitigando l’azione battente del-le piogge che può provocare la degradazio-ne della struttura dei suoli. Il risultato si con-cretizza in un terreno più fertile,perché megliostrutturato e protetto dall’erosione. Nel boxsottostante si riportano sinteticamente i van-taggi dell’introduzione delle coperture vege-tali sopra menzionate.

COPERTURE VEGETALI:QUALI PROBLEMI COMPORTANONella scelta delle coperture vegetali è impor-tante analizzare alcuni fattori che ne posso-no limitare l’impiego.Un eccessivo consumo di acqua costituisce ilpiù importante fattore limitante l’introdu-

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

zione della tecnica dell’inerbimento in ambien-te mediterraneo.Bisogna innanzitutto consi-derare il periodo dell’anno in cui tale opzio-ne è agronomicamente ed economicamentepraticabile e, quindi, analizzare le esigenzeidriche delle specie impiegate. Molte speciea semina autunnale, infatti, necessitano diun’irrigazione all’emergenza per il loro effi-cace insediamento. È stato evidenziato chenelle prime fasi del loro sviluppo, in assenzadi irrigazione e in coincidenza di periodi discarsa piovosità autunnale,spesso sono soffo-cate dalla vegetazione spontanea, meglioadattata alle specifiche condizioni pedocli-matiche.Ciò è valido in particolare per le spe-cie che producono una maggiore quantità dibiomassa,anche se piante ad apparato radi-cale più profondo possono risentire in misu-ra minore degli stress idrici.Altro aspetto che può rendere problematical’adozione di coperture vegetali è la ridottaadattabilità di alcune specie riscontrata in

molti ambienti.L’utilizzo di alcune piante,effet-tuato per l’ottenimento di specifiche finalitàquali la produzione di biomassa,l’apporto diazoto,le loro caratteristiche migliorative del-la struttura del suolo o rinettanti rispetto alleinfestanti perenni, può essere reso proble-matico dalle specifiche condizioni colturali,in particolare negli arboreti.Ad esempio,nelcaso dell’introduzione di piante leguminoseè indispensabile verificare la presenza dellospecifico rizobio simbionte ed effettuare,even-tualmente,un opportuno inoculo.In relazione all’efficace insediamento di spe-cie erbacee consociate negli arboreti esisteanche l’eventualità che un eccessivo ombreg-giamento possa ostacolarne lo sviluppo.Talicondizioni sono riscontrate negli impianti par-ticolarmente fitti e possono trovare soluzio-ne nella scelta di piante che si sviluppano in con-dizioni di ridotta luminosità.Nel caso dell’inserimento di colture interca-lari,di copertura o da sovescio,nell’ambito di

un avvicendamento possono verificarsi del-le sovrapposizioni nei tempi di esecuzionedelle operazioni colturali.Per quanto riguardale colture da sovescio,la preparazione del ter-reno per la semina della coltura estiva da rin-novo può renderne necessaria la trinciaturae l’interramento in una fase precedente la fio-ritura,riducendo il desiderato effetto fertiliz-zante. Analogamente, nei terreni argillosi laristrettezza del periodo di tempera del terre-no,non programmabile in quanto dipendentedall’andamento stagionale,può vanificare glieffetti della realizzazione della coltura inter-calare. Spesso si impone la scelta fra l’otti-mizzazione della coltura intercalare e il rispet-to della rotazione programmata.L’ottenimentodi buoni risultati per molte specie utilizzate

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SVANTAGGI DERIVANTI DALL’INTRODUZIONE DELLE COPERTURE VEGETALIEccessivi consumi idrici.Scarsa adattabilità della specie utilizzatacome copertura vegetale.Scarso sviluppo della copertura

vegetale negli arboreti per carenza diluce.Sovrapposizione nei tempi diesecuzione delle operazioni colturali

per le colture erbacee.Eccessivo costo del seme e delletecniche adottate. ■

Prova parcellare di comincimazione conl’utilizzo di compost e di letame.(Foto Arch. Cra-Roma)

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come copertura vegetale è,ad esempio,con-seguente alla preparazione di un buon lettodi semina, alla successiva rullatura e ad unairrigazione di soccorso.Nel box di pagina 15 sono riportati gli svan-taggi derivanti dall’introduzione delle coper-ture vegetali.Tutto ciò indica come non debba essere for-zato l’equilibrio esistente nell’agroecosiste-ma oltre limiti agronomicamente ed econo-micamente sostenibili.A questo proposito èsempre consigliabile effettuare in via preli-minare delle prove su piccole estensioni perla scelta delle specie più idonee e per verifi-care la possibilità di introdurre specie nonautoctone.In ogni caso è opportuno valoriz-zare le specie presenti negli inerbimenti natu-rali,nell’ottica della valorizzazione delle risor-se native degli agroecosistemi.

de che operano nel rispetto della normati-va sul biologico può essere reimpiegato nelterreno.Questa limitazione vuole evitare l’u-so nel suolo di materiali contenenti elevatequantità di elementi o sostanze non desi-derate (metalli pesanti, residui di erbicidi,difitofarmaci,di antibiotici,ecc..),che derivanoda attività agricole non biologiche o da altreattività produttive.Le tecniche di fertilizzazione del terrenomediante il riciclaggio dei residui azienda-li risultano maggiormente efficaci e più facil-mente realizzabili nelle aziende con ordi-namento colturale diversificato e, soprat-tutto, dove attività produttive vegetali ezootecniche sono congiunte. Infatti, le diver-se attività produttive assicurano residui ditipologie diverse che possono avere ruolinon solo complementari nella fertilizza-zione dei suoli,ma anche sinergici.Ad esem-pio i residui delle colture erbacee,delle pota-ture delle colture legnose, o altri di naturaligneo-cellulosica, possono essere co-com-postati con le deiezioni animali, più ricchein azoto, e fornire un compost di elevataqualità agronomica.Va tuttavia rilevato che realtà aziendali comequelle descritte sopra non corrispondonoal quadro strutturale del settore biologicoitaliano, le aziende del quale sono frequen-temente di piccole dimensioni e con eleva-to grado di specializzazione, tanto che pro-duzioni animali e vegetali sono spesso disgiun-te. In questo contesto risulta difficile,se nonimpossibile, valorizzare adeguatamente iresidui delle attività produttive per la ferti-lizzazione del terreno.Una possibile soluzione è da alcuni indivi-duata nell’identificazione di filiere di rici-claggio che sono descritte dalle intercon-nessioni funzionali in termini di produzio-ne/reimpiego dei residui.Le unità delle filie-re di riciclaggio possono essere aziendesituate in una medesima area comprenso-riale o, dal punto di vista della localizzazio-ne, totalmente separate.Questo modello, la cui applicazione risol-verebbe molti problemi anche per l’agri-coltura generale, deve necessariamenteessere attuato nel settore biologico nazio-nale, poiché è forse l’unico che consenteil superamento dei vincoli strutturali e nor-mativi.

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IL REIMPIEGODEL MATERIALE ORGANICOIl funzionamento degli ecosistemi naturaliè assicurato dal riciclo degli elementi nutri-tivi e da un’adeguata disponibilità energe-tica. Il suolo è il vero nodo degli equilibriambientali, in quanto rappresenta il puntodi partenza e la destinazione di ritorno ditutti gli elementi nutritivi.Gli agroecosistemi, seppur con importantidifferenze, sono regolati dalle medesimeleggi. Se i residui delle attività antropiche,agricole e non,non tornano al terreno,que-sto si impoverisce di elementi nutritivi e nonriceve l’energia necessaria ai processi meta-bolici che vi risiedono.La sua fertilità è desti-nata a subire, nel tempo, una riduzione.In agricoltura biologica il riciclaggio dei resi-dui organici, ed il suo effetto sulla fertilitàdel terreno, vengono attentamente consi-derati,anche dal punto di vista normativo.Piùspecificatamente, viene imposto che sol-tanto il materiale organico prodotto da azien-

Vigna (Vigna sinensis) per la coltivazionedegli ortaggi in serra. (Foto Arch. Cra-Roma)

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I FERTILIZZANTI AUSILIARIAnche la piena applicazione delle tecniche dicoltivazione che hanno l’obiettivo di impie-gare al meglio le risorse native dell’agroeco-sistema possono non essere sufficienti ad assi-curare la conservazione ed il miglioramentodella fertilità dei suoli.Nelle realtà pedoclimatiche mediterranee,ad esempio,la mineralizzazione della sostan-za organica è notoriamente molto veloce edi fenomeni di impoverimento di questa impor-tante componente solida del suolo possonoverificarsi facilmente.In queste condizioni gliapporti organici derivanti dalle concimazio-ni verdi e/o dai residui aziendali possono rap-presentare quantità troppo esigue ed insuf-ficienti, anche solo per la “semplice”conser-vazione della fertilità. Anche se in terminimeno esasperati che negli altri modelli agri-coli,nel processo produttivo biologico la pro-duzione resta pur sempre l’obiettivo priori-tario.Attraverso la produzione,come è facil-mente intuibile, una quota degli elementinutritivi viene asportata dall’agroecosiste-ma.Se il livello di fertilità non deve diminui-re,occorre almeno reintegrare quanto vieneasportato.Per tutti i motivi sopracitati diven-ta indispensabile il ricorso ai fertilizzanti ausi-liari, anche quando la coltivazione avvieneseguendo il metodo biologico.I fertilizzanti ausiliari possono essere defi-niti come quei fertilizzanti che non derivanodirettamente dal comprensorio (o sistema)agroecologico considerato, ma da sistemidifferenti, non funzionalmente collegati adesso.Sono i fertilizzanti che, generalmente,vengono reperiti sul mercato.La normativaeuropea che regola i metodi di produzionebiologica prevede la possibilità di utilizza-re i fertilizzanti ausiliari, dettando al con-tempo specifiche limitazioni nella loro com-posizione e nelle condizioni d’impiego.L’elenco dei prodotti ammessi e le limita-zioni poste compaiono nell’Allegato II,ParteA del Regolamento n. 2092/91 (e successi-ve integrazioni e modifiche).Nelle differenti realtà operative potranno rea-lizzarsi, come è evidente, itinerari tecnici diproduzione caratterizzati da un diverso equi-librio tra l’utilizzazione delle risorse native del-l’agroecosistema e il grado di impiego dellerisorse ausiliarie.Le limitazioni ambientali dettate dal clima

mediterraneo e il quadro strutturale del settorebiologico italiano, caratterizzato da aziendedi piccole dimensioni, con elevato grado dispecializzazione e con produzioni animali evegetali disgiunte, danno origine a sistemiproduttivi nei quali l’importanza delle risor-se ausiliarie è maggiore rispetto a situazioniclimaticamente e strutturalmente più favori-te, come molte realtà nord europee. Le con-siderazioni sopra esposte sono riferibili,ovvia-mente,anche alla fertilità del suolo e spiega-no l’importanza che rivestono i fertilizzantiausiliari per la produzione agricola biologicanazionale, nonché le ragioni della grandeattenzione da parte degli operatori del set-tore agli aspetti normativi che riguardanoquesta categoria di mezzi tecnici.

COSA DICE LA LEGGEAl fine di facilitare il compito agli operatori, ilministero delle Politiche agricole, alimentarie forestali (Mipaaf ), pubblicò una circolareesplicativa su questi temi (circolare n.8 del 13settembre 1999) che aveva l’obiettivo di rea-lizzare un quadro di insieme delle normativedi settore.Negli allegati si riportava una “listapositiva”, ovvero un prospetto dove venivanoconsiderati esclusivamente i fertilizzanti ammes-si all’impiego in agricoltura biologica.Venivachiesto, inoltre, a chi produce e/o commer-cializza fertilizzanti per agricoltura biologica,di depositare presso il Cra - Istituto speri-mentale per la nutrizione delle piante (Isnp) di

Roma, preventivamente alla messa in com-mercio di uno specifico mezzo tecnico, undossier contenente indicazioni relative allagestione ed alla verifica della qualità del pro-cesso produttivo e del prodotto, nonché unfacsimile dell’etichetta del fertilizzante.Questostrumento era denominato “Registro dei fer-tilizzanti per agricoltura biologica”. L’attivitàdel Registro è rimasta all’Isnp fino all’entratain vigore del decreto legislativo 29 aprile 2006n. 217,“Revisione della disciplina in materiadi fertilizzanti”. Questo decreto,in recepimentodel Reg.(CE) 2002/2003,all’articolo 8 relativoalla tracciabità, dispone l’istituzione di dueregistri, il “Registro dei fabbricanti di fertiliz-zanti”e il “Registro dei fertilizzanti”, che dalladata di entrata in vigore del decreto legisla-tivo citato, saranno gestiti direttamente dalMipaaf.Ulteriore novità consiste nel fatto cheil Registro dei fertilizzanti elencherà sia i fer-tilizzanti per agricoltura biologica, che peragricoltura convenzionale. Attualmente èdisponibile sul sito del Mipaaf solo il primoaggiornamento del Registro dei fabbricantidi fertilizzanti,che conta,al momento,503 dit-te iscritte, mentre si è in attesa della pubbli-cazione del Registro dei fertilizzanti.■

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

L’inserimento di una coltura leguminosanell’ambito della rotazione orticola consentela riduzione degli apporti azotati nella colturasuccessiva. (Foto Arch. Crpa)

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I n Italia, negli ultimi anni, ci siamo trova-ti al culmine di una fase di espansione

dell’agricoltura biologica che ha compor-tato un incremento numerico imprevedi-bile del numero delle aziende e delle super-fici coltivate.Quest’ultimo fenomeno ha suscitato unaumento nella domanda di informazioni edi mezzi tecnici per consentire la coltivazio-ne su scala commerciale di ingenti quantita-tivi di cereali e di ortaggi biologici, e più ingenerale per gestire le diverse attività dell’a-zienda biologica.La ricerca si è attivata su diverse linee e il set-tore agromeccanico è stato fra i primi a for-nire soluzioni per eseguire alcune operazio-ni quali il compostaggio ed il controllo delleinfestanti.Le aziende più attive in questo sen-so sono state quelle nord-europee; impor-tanti contributi si sono avuti anche da quel-le operanti nella meccanica di precisione.Le strategie di diserbo in agricoltura biolo-gica, per conseguire risultati soddisfacenti,devono essere usate in maniera integrata esinergica.Si tratta in verità di pensare ad un siste-ma di interazioni che si sviluppi in modo armo-nico ma non neutro,avvantaggiando la spe-cie in coltivazione.

LE STRATEGIE PIÙ EFFICACILe strategie attualmente più usate possonoessere riassunte schematicamente,a fini divul-gativi, in tre tipologie:

strategie basate su interventi agronomicidi tipo “preventivo”;strategie di potenziamento della naturalecompetitività della coltura;strategie basate su interventi meccanici ofisici.

b) Potenziamento della competitivitàdella coltura

È l’insieme delle pratiche tese a fornire un“vantaggio” alla coltivazione rispetto alleinfestanti.Si ricerca una maggior tolleranzaai danneggiamenti da interventi meccanicie allo stesso tempo un maggior effetto dicopertura nei confronti delle malerbe. Alriguardo si possono elencare le principalipratiche adottate:

irrigazioni,per far nascere preventivamentele infestanti;epoca di impianto ritardata (per poter pri-ma rinettare il terreno dalle malerbe);

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Tecnica colturale: interventiper il controllo delle malerbe

Sarchiatrice a dita rotanti su pomodoro.(Foto Arch. Az. Sper. “Marani”)

a) Interventi agronomici di tipo“preventivo”

Sono misure preventive che si pongono prin-cipalmente l’obiettivo di diminuire il nume-ro di semi di infestanti nel terreno,altrimen-ti detta “banca semi”. Le principali sono leseguenti:

eliminazione delle scoline;rotazioni con inserimento della medica;erbai rinettanti;arature superficiali;lavorazioni di fine inverno;erpicature di “falsa semina”.

È opportuno attribuire a questi interventi“preparatori”o “ preventivi” il giusto peso inquanto, se ben fatti, sono in grado di conte-nere le infestazioni in percentuali oscillantidal 50 al 75 %.

■ LAMBERTO DAL RE ■Azienda Sperimentale “M. Marani”, Ravenna

■ TIZIANO GALASSI ■Servizio Fitosanitario Regionale, Bologna

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trapianto (per poter trarre vantaggiodalla differenza di fase fenologica e disviluppo tra la specie coltivata e le infe-stanti);scelta di specie a breve ciclo colturale (perdiminuire il rischio di coltivazione) e com-petitive (per taglia e vigoria);aumento della densità di semina del 5-15% (per compensare i minori investimenticausati dagli interventi meccanici);concimazioni localizzate sul fogliame del-la specie in coltura.

c) Interventi meccanici e/o fisiciAttualmente questi interventi, se presi a sestante e comparati con quelli chimici,si carat-terizzano nettamente per minor efficacia edefficienza e conseguente necessità di inte-grazione con le tecniche agronomiche e dipotenziamento della competitività.A seconda dell’epoca,gli interventi possonoessere ricompresi in quattro gruppi in qual-che modo legati alle seguenti fasi colturali:1) interventi di preparazione dei lettidi semina (attrezzature consigliate):

erpici leggeri a denti o a molle o a lameGB:con uno o due “ripassi”invernali (ade-guatamente distanziati) dei terreni in tem-pera o gelati, si distruggono le infestantinate nel periodo con minimo dispendioenergetico.

2) interventi in pre-semina(attrezzature consigliate):

erpici rompicrosta: consentono di rom-pere la crosta distruggendo le infestantiappena nate;erpici strigliatori: in questa fase si utilizza-

no i denti di diametro maggiore (8-9 mil-limetri) per la rifinitura dei letti di seminae la distruzione delle infestanti fatte nasce-re con la tecnica della “falsa semina”;attrezzi da pirodiserbo a pieno campo: inquesta fase sono utilizzabili su infestantinelle primissime fasi di sviluppo (1-3 foglie)e sono piuttosto efficaci. Il costo dell’in-tervento deve essere rapportato alla Plvdella coltura;

3) interventi in pre-emergenza(attrezzature consigliate):bisogna tener conto di specifiche modalitàdi intervento a seconda delle specie,in quan-to questa è una fase particolarmente deli-cata. È comunque consigliabile seminare

sempre alla massima profondità consentitaper tutte le specie; quelle a seme minuto ea semina superficiale sono più rischiose;anche il pirodiserbo può presentare margi-ni di rischio in questa fase.Sono utilizzabili le stesse macchine elenca-te precedentemente :

rompicrosta;strigliatore (qui con i denti più “sottili”,6-7millimetri di diametro);attrezzi da pirodiserbo.

4) interventi in post-emergenza(attrezzature consigliate):per gli interventi sulla fila, l’efficacia è spessorapportabile ad un’opportuna profondità disemina e ad un adeguato investimento.Sonoutilizzate macchine che riescono a controlla-re parzialmente le infestanti anche sulla fila:

erpici rompicrosta: consentono di rompe-re la crosta distruggendo le infestanti allostadio dicotiledonare intervenendo su col-ture arative quali girasole, mais, soia, sor-go e favino nelle primissime fasi (1-2 foglie);erpici strigliatori: in questa fase sono dautilizzare preferibilmente i denti di dia-metro minore (6-7 millimetri) per distru-zione delle infestanti nate e sviluppatefino allo stadio dicotiledonare. Velocitàdell’intervento ed aggressività della rego-lazione dei denti vanno rapportati alle sin-

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Estirpatore a lame. (Foto Arch. Az. Sper. “Marani”)

Particolare disarchiatriceper pomodoro.(Foto Arch.Az. Sper. “Marani”)

AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

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gole colture. Ad esempio si può interve-nire su girasole (2-4 foglie),mais (1-3 foglie),soia (1-4 foglie), sorgo (1-2 foglie), favino(1-3 foglie), fagiolino (1-3 foglie), cipolla(10-12 centimetri). Il costo dell’interventoé estremamente contenuto;sarchia-rincalzatrici:appartengono a questogruppo di macchine la sarchiatrice stella-re o le comuni sarchiatrici a dischi e zappe.Viene effettuata contemporaneamenteun’operazione di sarchiatura fra le file e di rin-calzatura sulla fila. Il controllo delle infe-stanti sulla fila tramite rincalzatura può risul-tare efficace su infestanti fino a 3-4 foglievere,ne è consigliabile un utilizzo su tutte lespecie rincalzabili e nei terreni più adatti;sarchiatrici a dita rotanti: le funzioni sonole stesse della macchina precedente, lemodalità leggermente diverse, in quantosulla fila viene svolta un’azione di legge-ro sgretolamento della crosta efficace su infe-stanti fino allo stadio dicotiledonare;sarchiatrici con denti elastici: le funzionisono le stesse della macchina preceden-te. Sulla fila viene svolta un’azione di leg-gero sgretolamento della crosta e/o di rin-calzatura;attrezzi da pirodiserbo: sono necessari perutilizzi specialistici su alcune colture orti-cole.Il costo dell’intervento è rapportato allaPlv della coltura;per interventi tra le fila vengono propo-ste fresatrici, sarchiatrici, spazzolatrici,sarchia-separatrici. Ogni macchina pre-senta sue specificità funzionali; general-mente risultano piuttosto efficaci anche

comunque si svilupperanno.Sicuramente la ricerca nella meccanica diprecisione migliorerà notevolmente le pre-stazioni delle macchine: si pensi, ad esem-pio, ad alcune macchine presentate recen-temente da istituti universitari (Pisa),ai nuo-vi brevetti, a prototipi fortemente innovati-vi,quali le sarchiatrici a selettori ottici.Di paripasso ci si dovrà sempre più far carico delleproblematiche ambientali generali e proce-dere ad un severo bilancio energetico di veri-fica degli itinerari meccanici oggi praticatiin agricoltura biologica.Nel medio periodo è auspicabile che la ricer-ca ottenga risultati trasferibili su tematichefinora non sufficientemente indagate,quan-tomeno in Italia,quali il controllo delle maler-be tramite la lotta biologica (funghi e fitofa-gi) e la possibilità di controllo con preparati del-la “chimica verde”non di sintesi,naturali e bio-degradabili. Su quest’ultima tematica sare-mo presto chiamati ad esprimerci.La sperimentazione di forme integrate diagricoltura conservativa e biologica potràaprire scenari inediti.Lo sviluppo di linee diricerca che preveda negli agroecosistemicoltivati la crescita di specie diverse in reci-proca cooperazione,e non in antagonismo,potrebbe riservarci le maggiori sorprese. Indefinitiva siamo solo all’inizio di un cammi-no, il cui obiettivo deve essere quello di per-seguire attivamente la reale sostenibilitàdegli agroecosistemi. Il lavoro che attende laricerca è poderoso e sicuramente potràinfluenzare,di ritorno,anche le tecniche del-l’agricoltura convenzionale. ■

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su infestanti già sviluppate (diverse foglievere). Possono essere destinate profi-cuamente alle ultime fasi dell’itinerariodi controllo agendo limitatamente allastriscia di terreno fra le fila.

LO SVILUPPO FUTUROAl termine di questa breve disamina dellamaggior parte degli strumenti oggi dispo-nibili nel controllo delle infestanti in agri-coltura biologica si può accennare ad alcunidegli sviluppi futuri.Probabilmente le soluzioni meccaniche rimar-ranno fondamentali, per molti anni ancora,nel supportare le strategie agronomiche che

Sarchiatrice stellare.(Foto Arch. Az. Sper. “Marani”)

Sarchiettoper spinaci.(Foto Arch. Az. Sper.“Marani”)

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L a disponibilità in agricoltura convenzio-nale di efficaci mezzi chimici di sintesi

(fertilizzanti, diserbanti e antiparassitari) haportato in passato ad indubbi benefici, pri-mi fra tutti forti incrementi produttivi.A cau-sa, però, del loro eccessivo impiego, a voltesi sono registrati gravi inconvenienti, qualiperdita di biodiversità, sviluppo di popola-zioni di parassiti resistenti ai fitofarmaci,com-parsa di nuovi patotipi, modificazione dellaflora infestante,ecc.In orticoltura,ancor più che in altri comparti,da subito era apparsa chiara l’esigenza diconiugare la salvaguardia del reddito degliagricoltori con la tutela dell’ambiente e del-la salute umana.Una rilettura in chiave moder-na delle tecniche di agricoltura tradizionale hasuggerito una gestione dell’agroecosistemanon più basata in maniera preponderantesull’impiego di mezzi chimici,bensì sull’inte-grazione di tutti gli strumenti a nostra dispo-sizione:agronomici,meccanici, fisici,geneti-ci e biologici. Si è così tornato a porre l’ac-

cento sull’importanza della vocazionalitàpedo-climatica dell’ambiente di coltivazio-ne,dell’impiego di cultivar resistenti agli stressbiotici e abiotici, dell’utilizzo di materiale dipropagazione sano e certificato, della cor-retta epoca e modalità degli interventi agro-nomici e dell’impiego di mezzi biologici o diprodotti fitosanitari a basso impatto.La difesa delle piante in orticoltura biologi-ca non può essere considerata una pratica asé stante, bensì va inserita nell’ambito dellagestione agronomica complessiva della col-tura o, meglio, dell’intero avvicendamentocolturale. Infatti, mentre in agricoltura con-venzionale vi è disponibilità di mezzi tecnicidi sintesi che permettono di affrontare,spes-so con successo, eventuali problematichenutrizionali o sanitarie, in biologico si devefare anzitutto affidamento sull’adozione dimisure preventive di carattere agronomicoche consentano alla coltura di svilupparsi nel-le migliori condizioni ambientali:ampi avvi-

cendamenti, sovesci, apporto di sostanzaorganica,adozione di varietà resistenti o tol-leranti, impiego di piantine sane, arieggia-mento delle serre per le colture protette,ecc.

PRATICHE AGRONOMICHEDI CARATTERE PREVENTIVO:1.Avvicendamento colturale e sovesciParallelamente ai benefici offerti nei confrontidella fertilità fisica, chimica e biologica delterreno e della gestione delle malerbe, uncorretto avvicendamento colturale rappre-senta la componente fondamentale per uneffettivo controllo dei parassiti in orticolturabiologica.Una razionale impostazione della rotazionedeve tenere in considerazione anzitutto leprincipali avversità biotiche potenzialmen-te dannose alle specie vegetali che desideriamocoltivare, evitando di porre in stretta suc-cessione colture sensibili al medesimo paras-sita, in quanto ciò contribuisce a fare aumen-tare il numero di propaguli di quest’ultimo nelsuolo. In generale è buona norma evitare diavvicendare specie vegetali appartenentialla stessa famiglia. Se l'attuazione di unoschema di rotazione rigido risulta difficile,èperò necessario evitare una successione col-turale troppo stretta che può determinaredeterioramenti quanti-qualitativi della pro-duzione. L’accumulo di patogeni o fitofaginel terreno può essere comunque ridotto oimpedito con l’impiego di varietà resistenti(ad esempio,cultivar di pomodoro resisten-ti a Verticillium, Fusarium, radice suberosa enematodi) o attraverso l’innesto erbaceo sulinee non suscettibili.La presenza di essenzeda sovescio nell'avvicendamento svolge unruolo fondamentale non solo per il control-lo di malerbe,patogeni e parassiti del terre-no,ma anche per migliorare la struttura delterreno e apportare elementi nutritivi.2.Gestione del terreno Un’accurata gestione del suolo rappresenta

AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

I mezzi di difesae la salvaguardia dell’ambiente

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Attacco di afidi su foglia di zucchino.(Foto Gengotti)

■ SERGIO GENGOTTI ■Astra-Innovazione e Sviluppo, Faenza (RA)

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un elemento fondamentale per il successodella coltivazione biologica delle orticole.L’obiettivo è di mantenere il terreno ben strut-turato,evitando l’eccessivo compattamentodel suolo e l’impoverimento in humus chedeterminerebbero la crescita stentata e pocoramificata delle radici con gravi ripercussio-ni sullo stato fitosanitario,lo sviluppo e la pro-duzione della coltura. Non di rado, invece, iterreni delle aziende orticole sono mal strut-turati e caratterizzati da uno scarso conte-nuto in sostanza organica, oltre che da unalimitata attività biologica.L'elevato costo e la scarsa reperibilità di leta-me e di compost di qualità, certificati biolo-gici,non permette una semplice e rapida solu-zione del problema. Ciò nonostante, l’inter-ramento dei residui colturali e dei sovescipresenti nella rotazione permette di limita-re al minimo indispensabile la distribuzionedi letame o di compost.Per quanto riguarda le lavorazioni, questedevono essere effettuate nelle giuste condi-zioni d’umidità evitando,soprattutto nei suo-li argillosi, di effettuare interventi con terre-no troppo bagnato che ne danneggerebbe-ro la struttura.Un sano sviluppo delle colture è garantitoanche dall’applicazione di una corretta tec-nica di fertilizzazione,indispensabile per man-tenere un adeguato livello di fertilità nel ter-reno ed evitare squilibri nutrizionali a caricodelle piante.Tenuto conto che la maggiorparte delle sostanze utilizzabili in biologicosono a lento effetto, la fertilizzazione deveessere vista più come un apporto al terreno

leranza e resistenza nei confronti di parassi-ti del terreno e dell’apparato aereo.Malgrado non esista in Italia un'attività dimiglioramento genetico-orticolo espressa-mente finalizzata ai sistemi biologici, l'espe-rienza dimostra che si possono ottenere pro-duzioni soddisfacenti anche con varietà con-venzionali. Per alcune specie orticole, comela patata, il pomodoro da industria e il melo-ne,sono disponibili specifiche liste di racco-mandazione varietale per il biologico.In assen-za di tali liste, si può fare riferimento a quel-le relative ai metodi di produzione integra-ta, effettuando un’ulteriore scelta in funzio-ne, oltre alle caratteristiche agronomiche -quali, ad esempio, elevata produttività, sta-bilità di produzione,precocità,tolleranza aglistress termici e alle caratteristiche merceo-logiche del frutto - anche alla rusticità e alla tol-leranza a fitopatie.Purtroppo le cultivar loca-li generalmente non presentano particolariresistenze alle malattie, carattere questo diestrema importanza per un'orticoltura a bas-so impatto ambientale.La coltivazione di eco-tipi locali,per quanto limitata alle produzio-ni destinate ai mercati regionali, costituiscecomunque un fattore di grande importanzanon solo per la conservazione della biodi-versità ma anche per la valorizzazione degliaspetti di tipicità delle produzioni orticolemediterranee.4.Messa a dimora delle coltureL’impiego di semi e piantine esenti da infe-stazioni ed infezioni rappresenta un aspetto

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che non alla coltura stessa.3. Scelta varietale e qualità del materiale

di propagazioneLa scelta varietale rappresenta un momen-to decisionale di estrema importanza per ilbuon esito tecnico-economico delle coltiva-zioni,in modo particolare in agricoltura a bas-so impatto. Nella scelta delle varietà per lacoltivazione biologica,oltre alle potenzialitàproduttive, occorre porre particolare atten-zione alle caratteristiche di rusticità e di tol-

Fosso inerbito. (Foto Gengotti)

Brassica da sovescio. (Foto Gengotti)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

fondamentale soprattutto in agricoltura bio-logica dove le possibilità di lotta diretta sonolimitate.L'epoca e le modalità di impianto della col-tura devono essere tali da permettere allepiante di trovarsi nelle migliori condizioni disviluppo superando velocemente le primefasi, particolarmente delicate, del ciclo col-turale. Agendo sul periodo di coltivazione,inoltre, è possibile evitare alcune avversitàalle quali le colture orticole sono suscettibi-li:virosi,malattie fungine, insetti,ecc..La densità d’impianto ottimale va definitatenendo conto delle caratteristiche del ter-reno, dell’ambiente di coltivazione, del tipodi coltivazione e della varietà adottata.In bio-logico,dove minore è la possibilità di sostenerel’alimentazione delle piante durante il ciclocolturale,è preferibile adottare sesti più ampiche in convenzionale tenendo in considera-zione la notevole influenza della densità d’im-pianto sulle condizioni microclimatiche e sul-la suscettibilità delle piante alle malattie.Impianti troppo fitti, o troppo radi, sono inogni caso da evitare,in quanto capaci di influi-re in misura negativa sia sulla gestione dellacoltura (fertilizzazione, interventi di control-lo delle malerbe e dei parassiti ecc.),sia sullaproduttività.5.IrrigazioneIn termini generali è preferibile irrigare la mat-

tina presto,soprattutto se si adottano sistemiper aspersione, non solo per evitare stresstermici alla coltura ma anche per impedireche essa rimanga bagnata per tutta la nottecreando in questo modo condizioni favore-voli allo sviluppo di patogeni.Analogamente,l’impiego di metodi d'irrigazione localizzataa manichetta, oltre a consentire un notevo-le risparmio di acqua, permette di regolarecon precisione gli apporti idrici alla colturaevitando di creare condizioni di eccessivaumidità del terreno e dell’apparato fogliare.6.Gestione degli spazi naturaliAl di là delle normative che già la prevedo-

no, la presenza di aree non coltivate all’in-terno dell’azienda è fondamentale per garan-tire un livello sufficiente di biodiversità. Glispazi naturali costituiscono un importanteserbatoio di organismi utili e rappresentanouna fonte di biodiversità essenziale al man-tenimento della stabilità del sistema. Infatti,la presenza in azienda di siepi,boschetti, fila-ri alberati,fasce di terreno e fossi inerbiti favo-risce la lotta naturale fornendo agli organi-smi cibo (polline,nettare o prede e ospiti alter-nativi),siti di rifugio,di svernamento o di mol-tiplicazione e corridoi di spostamento tra dif-ferenti aree naturali. Una corretta gestionedegli spazi naturali è necessaria affinché que-sti possano esplicare appieno effetti benefi-ci: nel terreno destinato allo sviluppo dellepiante spontanee occorre,ad esempio,aste-nersi da qualsiasi intervento chimico,di lavo-razione del suolo e di combustione.

INTERVENTI DI DIFESA DIRETTINella realtà pratica,per motivi di ordine tec-nico o economico, non sempre è possibileuna corretta applicazione delle tecnicheagronomiche preventive. Anche in sistemibiologici in equilibrio, tuttavia,possono veri-ficarsi situazioni di criticità che rendononecessario il ricorso a misure dirette di dife-sa mediante l’introduzione di organismi uti-li o l’applicazione di preparati di originenaturale in conformità all’allegato II B delReg. CEE 2092/91 e successive modifiche eintegrazioni.Tra i prodotti fitosanitari più diffusi in orti-coltura biologica si ricordano, ad esempio,quelli a base di rame,zolfo,piretro,rotenone,azadiractina,oli minerali,saponi molli,ortofo-sfato di ferro e Bacillus thuringiensis.Gli inter-venti di lotta diretta devono essere com-piuti solo in caso di reale necessità, privile-giando i prodotti fitosanitari meno tossici epiù selettivi. La puntuale verifica dello sta-to fitosanitario attraverso frequenti sopral-luoghi e l’adozione di modelli previsionali,tec-niche di monitoraggio (ad esempio, trap-pole) e soglie d’intervento permettono d’in-dividuare tempestivamente l’insorgenza dieventuali problemi e di mettere in atto l’azionepiù opportuna (ad esempio, trattamentolocalizzato, trattamento in assenza d’inset-ti utili) allo scopo di limitare al massimo ipossibili effetti collaterali. ■

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Siepe. (Foto Gengotti)

Coccinella su fagiolino. (Foto Gengotti)

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In Emilia-Romagna le produzioni biologi-che stanno assumendo un’importanza

crescente, confermando il ruolo strategicoche il settore riveste per l’economia agrico-la regionale e l’interesse sempre maggiorenei confronti di sistemi di coltivazione piùrispettosi dell’ambiente e dei consumatori.Causa la limitata gamma di mezzi tecnici adisposizione per la gestione delle colture,glioperatori biologici devono giocoforza ricor-rere a tecniche agronomiche preventive(impiego di seme sano e certificato,lavorazionidel terreno finalizzate ad una più equilibra-ta mineralizzazione e umificazione dellasostanza organica, impiego della “falsa semi-

na” ed adozione di adeguate rotazioni col-turali per contenere lo sviluppo di infestan-ti ed evitare “stanchezza”del terreno,un’efficacearieggiamento degli apprestamenti protet-ti per limitare l’insorgenza di patogeni,ecc.).Per quanto riguarda le varietà queste devo-no essere valide per rusticità (intesa sia intermini di adattabilità ambientale che divigoria delle piante), requisiti produttivi,sanitari (resistenze/tolleranza ai principalipatogeni delle colture) e qualitativi.Proprio per fornire a produttori ed operato-ri del settore informazioni puntuali ed ag-giornate sulle accessioni varietali attual-mente disponibili in biologico, il Centro ri-cerche produzioni vegetali e Prober (l’Asso-ciazione dei produttori biologici e biodina-mici dell’Emilia-Romagna ) coordinano,nel-l’ambito dei progetti di ricerca e sperimen-tazione finanziati dalla Regione Emilia-Ro-magna, un’attività di verifica varietale per le

orticole da mercato fresco finalizzata allarealizzazione di specifiche liste varietali peril biologico.Da questa attività,o in assenza di prove spe-cifiche, con una rielaborazione critica deirisultati ottenuti nell’ambito di prove gesti-te in integrato con bassi input, è possibiletrarre elementi per formulare degli elenchidi varietà da suggerire agli agricoltori.

PATATA Per la patata la lista varietale consigliata peril 2007 è già stata presentata nello speciale“Agricoltura biologica”pubblicato sul nume-ro 6/2007 di “Agricoltura”.Tra i materiali a buccia gialla ricordiamoPrimura,“storica”cultivar di riferimento per

Orticole da mercato fresco:tutte le varietà consigliate

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■ PIER PAOLO PASOTTI ■Astra-Innovazione e Sviluppo, Faenza (RA)

■ SANDRO BOLOGNESI ■Az. Sperimentale “M. Marani”, Ravenna

■ VANNI TISSELLI ■Crpv, Cesena

Patate, campo di confronto varietalein biologico. (Foto Arch. Crpv)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

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la pataticoltura emiliano-romagnola, carat-terizzata da tuberi ovali, ottima precocità,buona produttività e discrete qualità orga-nolettiche; Vivaldi, medio-precoce e pro-duttiva,con tuberi ovali e regolari che a fron-te di valide caratteristiche qualitative pre-senta qualche limitazione relativamente allaconservabilità; Kennebec, varietà a pastabianca di ciclo medio-tardivo che si segna-la per i tuberi tondo-ovali e l’elevata rusti-cità. Si presta anche alla coltivazione inambienti montani e presenta buona tolle-ranza alla siccità; Ambra, medio-precocecon tuberi ovali-tondi,valida per aspetto e pez-zatura;Virgo,di ciclo medio e tubero da ova-le a ovale allungato a pasta bianca, è inte-ressante per la buona pezzatura; Almera,

Per l’individuazione delle varietà si è tenutocomunque conto delle capacità produttive,della rusticità,della vigoria e dello stato fito-sanitario delle piante (tutte le cultivar con-siderate devono presentare almeno resi-stenza/tolleranza a Verticillium e Fusarium)e delle caratteristiche qualitative dei frutti.I materiali proposti sono in larga parte inse-riti anche nelle “liste di raccomandazionevarietale in integrato” (consultabili sul sitowww.crpv.it).Tra gli ibridi a bacca tonda o leggermenteappiattita, indicati per raccolte a completamaturazione del frutto, si segnalano LadyRosa (resistente anche ai i nematodi) e Petula,entrambe caratterizzate da pezzature medio-grosse ed indicate sia per raccolte a grap-polo che a frutto singolo, Zelig e Secolo, dicalibro più contenuto e consigliati preva-lentemente per raccolte a grappolo.Nella tipologia cherry note positive perCarminio, Rubino Top e Shiren, tutti resi-stenti ai nematodi, ibridi con bacche di otti-ma qualità organolettica e pezzature com-prese tra i 16 ed i 18 grammi; per Motekino(resistente ai nematodi), ovale-allungato, ePixel, tondo-ovale, calibri intorno ai 35-40grammi, elevata uniformità e colorazionedei frutti molto attraente.Tra i tradizionali insalatari a frutto tondo oleggermente appiattito,elevata la pezzatu-ra di Caramba,Don Pietro,Lacey,Minerva,Seny,Tyrsa,Verdejo, tutti resistenti ai nema-todi, ed Unicum, cultivar caratterizzate dapiante piuttosto vigorose e bacche attraen-ti di colorazione intensa (sia a verde che alviraggio).Buono lo stato fitosanitario e la tolleranzaal marciume apicale,ma vigoria più contenutaper Uriburi, ibrido a frutto allungato di note-voli potenzialità produttive.Nella tipologia Marmande si segnalanoBelriccio (resistente ai nematodi) e Marinda;per entrambi vigoria limitata e produzionipiuttosto precoci.

MELONE Anche per il melone negli ultimi anni nonsono state realizzate prove di confrontovarietale in biologico e le proposte di segui-to riportate si basano su risultati ottenutinei campi condotti con tecniche di produzioneintegrata.

varietà medio-tardiva di grossa pezzatura atubero ovale-allungato.Kuroda, unica varietà a buccia rossa inseri-ta nella lista, si distingue per il ciclo piutto-sto tardivo, l’elevata tolleranza alla perono-spora e le ottime caratteristiche di rusticitàed adattabilità;è indicata per la trasformazioneindustriale.

POMODORO DA MENSAIN COLTURA PROTETTA Per il pomodoro da mensa in coltura pro-tetta non sono stati allestiti specifici campidi valutazione varietale in biologico; le infor-mazioni utilizzate per la stesura dei profilidelle accessioni consigliate sono state per-tanto mutuate dalle prove realizzate in col-tura “integrata” che da anni vengono con-dotte applicando tecniche produttive rispet-tose dell’ambiente e con assenza quasi com-pleta di trattamenti antiparassitari.

Varietà pomodoro Uriburi De Ruiter.(Foto Arch. Astra - Innovazione e Sviluppo)

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I criteri utilizzati per la scelta riguardanovigoria e rusticità delle piante, rendimentoproduttivo e qualitativo delle cultivar, tol-leranza/resistenza ai principali patogenidella coltura (Fusariosi ed Oidio in partico-lare), uniformità e pezzatura dei frutti (ilmercato “biologico” richiede solitamentemeloni di pezzatura regolare e piuttostocontenuta).Tra le accessioni a frutto retato-solcato indi-cate per la coltura protetta si segnala in par-ticolare Macigno, ibrido di ciclo medio-pre-coce caratterizzato da pianta di discreta vigo-ria e rusticità, buona regolarità di forma e

pezzatura e conservabilità e proprietà gusta-tive più che discrete.La pianta, mediamen-te vigorosa, presenta buona rusticità.Vieneconsigliata anche impianti in coltura semifor-zata; in questo caso per limitare le pezzatu-re è opportuno evitare trapianti tardivi osesti troppo ampi. Nella tipologia a fruttoliscio interessante il comportamento di Jago,valido anche per trapianti in semiforzatura,melone di ciclo medio-precoce che ad undiscreto potenziale produttivo associa anchepregevoli caratteristiche gustative. Tra letipologie Harper, a frutto retato senza meri-diani, valido il comportamento di Lumpo,cultivar mediamente precoce con frutti diforma tonda-ovale corta, di media conser-vabilità e consistenza e di discrete caratte-ristiche organolettiche.

Fra i tipi Extended Shelf Life e Long Shelf Lifeuna citazione meritano Capitol, ibrido afrutto retato (per evitare calibri eccessivinon adottare sesti troppo spaziati e tra-pianti tardivi) senza meridiani, apprezzabi-le per rusticità della pianta, qualità dellapolpa e resistenze/tolleranze possedute(Fusariosi, Oidio e gene Vat, che apportarepellenza all’Aphis Gossypii), e Dalton, conbacche retate-solcate di colore verde a matu-razione,consigliato preferibilmente per pro-duzioni in secondo raccolto in serra e pertrapianti in semiforzatura.In coltura semiforzata, tra le varietà caratte-rizzate da frutto con buccia retata-solcatadi colore giallo più o meno intenso a matu-razione si segnalano Tuareg, ovale corto,regolare,ben retato e qualitativamente vali-do e Romolus, ovale, regolare, aromatico,zuccherino e interessante anche sotto il pro-filo sanitario (presenta il gene Vat e resi-stenza/tolleranza a Fusariosi ed Oidio).Baggio, ibrido qualitativamente discreto edattraente per la buccia di colore giallo paglie-rino e la retatura fortemente marcata, haevidenziato spesso limiti di uniformità e con-servabilità.Bingo, di tipologia Harper, con frutti retatisenza meridiani, garantisce pianta rustica,buone e costanti capacità produttive, pez-zatura regolare e mai eccessiva e valide carat-teristiche di qualità e conservabilità.Tra gli ibridi di tipo Tamaris, a frutto lisciosenza marcatura della fetta, complessiva-mente interessante il comportamento diBacir ed Honey Moon, sferici od ovali-cor-ti e di calibro equilibrato, entrambi in pos-sesso del gene Vat ed apprezzabili per aro-ma e grado zuccherino.Nelle tipologie ESL e LSL le proposte riguar-dano essenzialmente Calibro, segnalatoanche per produzioni in coltura protetta,melone retato-solcato, regolare e con buc-cia di colore verde a maturazione.Anche perquesta varietà è opportuno, soprattutto insemiforzatura, adottare pratiche agrono-miche finalizzate al contenimento delle pez-zature.Giusto, retato senza fetta e di forma sferi-ca, ha ottenuto buone valutazioni in termi-ni di produttività, pezzatura e qualità deifrutti; la varietà non presenta però resisten-ze dichiarate ad Oidio. ■

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Varietà di melone Jago.(Foto Arch. Astra - Innovazione e Sviluppo)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

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Etichette più trasparentiper i prodotti agricoli

L’ etichettatura dei prodotti agricoli ealimentari è soggetta alle norme gene-

rali fissate nella direttiva 2000/13/CE delParlamento europeo e del Consiglio del 20marzo 2000, relativa al ravvicinamento del-le legislazioni degli Stati membri concer-nenti l'etichettatura e la presentazione deiprodotti alimentari,nonché la relativa pub-blicità.La normativa di riferimento italiana per l’e-tichettatura è il Dlgs 27 gennaio 1992,n.109,e successive modifiche ed integrazioni.Nelle disposizioni generali del decreto legi-slativo è definito il termine di etichettatu-ra come “l'insieme delle menzioni,delle indi-cazioni, dei marchi di fabbrica o di com-mercio, delle immagini o dei simboli che siriferiscono al prodotto alimentare e chefigurano direttamente sull'imballaggio osu un'etichetta appostavi o sul dispositivodi chiusura o su cartelli, anelli o fascettelegati al prodotto medesimo,o,in mancanza,in conformità a quanto stabilito negli articoli14, 16 e 17, sui documenti di accompagna-mento del prodotto alimentare”.

L’INFORMAZIONE AL CONSUMATORECome per le norme che in passato discipli-navano e, in parte, tuttora regolano le pro-duzioni dei beni destinati al consumatorefinale, l'etichettatura e le relative modalitàdi realizzazione devono assicurare la cor-retta e trasparente informazione del con-sumatore stesso.In generale, l’articolo 2 del decreto 109impone che l’etichettatura, la presentazio-ne e la pubblicità dei prodotti alimentarinon devono:

indurre in errore l'acquirente sulle carat-teristiche del prodotto alimentare e pre-cisamente sulla natura, sull'identità, sul-

prodotti alimentari destinati ad un'ali-mentazione particolare.

L’articolo 2 che, in definitiva, pone e impo-ne regole precise su cosa l'etichettatura nondebba indicare, è sanzionato in modo par-ticolarmente pesante:chi incorre nelle ipo-tesi vietate dall’articolo rischia una sanzio-ne amministrativa che può raggiungere i18.000 euro.

LA PRODUZIONE BIOLOGICALa produzione biologica è un sistema glo-bale di gestione dell'azienda agricola e diproduzione agroalimentare incentrato sututti gli aspetti della produzione sostenibi-le, volto a creare un equilibrio e basato sul-l'interazione tra le migliori pratiche ambien-tali, un alto livello di biodiversità e la salva-guardia delle risorse naturali.Tale sistema mira a migliorare la fertilità delsuolo attraverso mezzi naturali.come purea garantire una produzione confacente allepreferenze di taluni consumatori per pro-dotti ottenuti con sostanze e procedimen-ti naturali.Il metodo di produzione biologico interpre-ta molteplici funzioni positive poiché nonsoltanto risponde ad una specifica domandadel consumatore fornendo beni pubblici chenon sono limitati al settore alimentare, macontribuisce anche e soprattutto alla tuteladell'ambiente, al benessere degli animali eallo sviluppo sociale dello spazio rurale.

COME AGISCEL’UNIONE EUROPEAL'agricoltura biologica è pienamente in lineacon gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fis-sati dall'Unione europea nel contesto del-l'agenda di Göteborg: realizzazione dellosviluppo sostenibile,produzione di prodottisani e di alta qualità, impiego di metodisostenibili sul piano ambientale.La quota di mercato del comparto agroali-

la qualità,sulla composizione,sulla quan-tità, sulla conservazione, sull'origine o laprovenienza, sul modo di fabbricazioneo di ottenimento del prodotto stesso;attribuire al prodotto alimentare effettio proprietà che non possiede;suggerire che il prodotto alimentare pos-siede caratteristiche particolari, quandotutti i prodotti alimentari analoghi pos-siedono caratteristiche identiche;attribuire al prodotto alimentare pro-prietà atte a prevenire, curare o guarireuna malattia umana né accennare a taliproprietà,fatte salve le disposizioni comu-nitarie relative alle acque minerali ed ai

■ SANZIO QUAQUARELLI ■Ministero delle Politiche Agricole, sede di Bologna

Prodotti biologici e biodinamici.(Foto Samaritani)

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mentare biologico è in aumento nella mag-gior parte degli Stati membri e la doman-da dei consumatori è cresciuta notevol-mente negli ultimi anni. Le recenti riformedella Politica agricola comune, improntatead un chiaro orientamento al mercato eall'offerta di prodotti di qualità appropria-ti alle esigenze dei consumatori, sembranoandare nel senso di un'ulteriore incentiva-zione del mercato dei prodotti biologici.In questo contesto è necessario che la pro-duzione biologica assuma una funzionesempre più rilevante nell'ambito della poli-tica agricola e sia strettamente correlataall'evoluzione dei mercati agricoli, nonchéalla protezione e alla salvaguardia dei ter-reni adibiti ad attività agricole.Ogni atto legislativo e ogni politica che laComunità adotta in questo settore dovreb-bero contribuire allo sviluppo della produ-zione e dell’agricoltura biologica.Un’agricolturache svolge un ruolo rilevante per l'attua-zione della politica di sviluppo sostenibiledella Comunità.

L'IMPORTANZADELL’ETICHETTATURAI prodotti biologici, per essere riconosciutidal consumatore, devono riportaresull’etichetta la dicitura “Da agri-coltura biologica”, e inoltre:

l’autorizzazione ministeriale;il codice della nazione;la sigla dell’organismo di con-trollo;il codice dell’azienda;

insufficiente in agricoltura biologica.2. Un secondo tipo di etichetta nella qua-

le saranno indicati con un asterisco i pro-dotti provenienti da agricoltura biolo-gica e nella quale non sarà riportato illogo comunitario: in questo caso avre-mo un’incidenza di ingredienti biologi-ci almeno pari al 70%;su queste etichette,quindi, l’indicazione della provenienzada agricoltura biologica sarà riportatanell’elenco degli ingredienti e non dovràcomparire altrove. Inoltre si deve speci-ficare l’esatta percentuale di ingredien-ti biologici.

3. Un terzo tipo di etichetta nella quale tro-veremo la dicitura “prodotto in conver-sione da agricoltura biologica” che indi-ca i prodotti vegetali provenienti da azien-de in fase di conversione per quello spe-cifico prodotto; ovviamente in questocaso non troveremo il logo comunitario.

LE PROSPETTIVEDEL SETTORERecentemente (maggio 2007) il Parlamentoeuropeo ha approvato una relazione del-la parlamentare francese, Marie-HélèneAubert, che propone una serie di modifi-che alla normativa in tema di produzioneed etichettatura dei prodotti biologici. Gliemendamenti propongono modifiche alregolamento in materia, muovendosi nel-l’ottica di incentivare lo sviluppo sosteni-bile dei sistemi di agricoltura biologicadell'intera catena di prodotti alimentari emangimi e di stabilire norme affidabili inmateria di ispezioni, certificazioni ed eti-chettatura.La proposta prevede che, in linea di prin-cipio, non sia consentito l'uso di Ogm, datoche ciò sarebbe incompatibile con il concettodi produzione biologica e con la percezio-ne che i consumatori hanno di tali prodotti(è prevista una soglia di tolleranza nei con-fronti di contaminazioni accidentali e tec-nicamente inevitabili per un valore massi-mo dello 0,1%).Riguardo all’etichettatura, il termine "bio-logico" (unitamente al logo europeo e all'in-dicazione "BIOLOGICO", in lettere maiu-scole) può essere utilizzato nell’etichetta-tura e nella pubblicità di prodotti ottenu-ti e controllati o importati a norma del rego-

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la dicitura F (prodotto fresco) oppure T(prodotto trasformato);il codice di autorizzazione alla stampa dietichette;il logo comunitario introdotto dal rego-lamento CEE n° 331/2000 (facoltativo).

L’etichettatura dei prodotti biologici è rego-lata dall’articolo 5 del Regolamento europeo.Le norme si vanno a sommare alla norma-tiva generale in materia di etichette dei pro-dotti alimentari.Un prodotto biologico può essere com-mercializzato come tale - e quindi renderevisibile in etichetta tutte le prescrizioni del-l’etichettatura come designate nel regola-mento 2092/91 - se risponde a determina-ti requisiti: è un prodotto ottenuto da agri-coltura biologica, cioè se nella produzionesono state rispettate tutte le norme di pro-duzione e controllo sancite dal Reg.2092/91:il prodotto non è stato trattato con sostan-ze non ammesse; non è stato trattato consostanze ionizzanti; non è ottenuto attra-verso l’impiego di sostanze Ogm.La normativa impone di tenere conto in eti-chetta del tenore di ingredienti provenientida agricoltura biologica presenti nel pro-dotto commercializzato; vedremo allora tretipi di etichette:

1.Un primo tipo di etichetta sulla qua-le troveremo il logo comunitario e

la dicitura “Da agricoltura biolo-gica”: questo prodotto presen-ta almeno il 95% di ingredientibio; il restante 5% deve essere

costituito da prodotti difficilmentedisponibili o disponibili in quantità

(Foto Samaritani)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

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lamento e, nel caso di prodotti trasforma-ti, unicamente per prodotti di cui almeno il95% per peso degli ingredienti di origine agri-cola e tutti gli ingredienti essenziali pro-vengano dalla produzione biologica.Ancora più di recente (giugno 2007), i mini-stri dell’Agricoltura dell’Unione europea

un’indicazione che informerà i consuma-tori del luogo di provenienza dei prodot-ti. Potranno avvalersi del marchio biologi-co, reso obbligatorio anche se potrà esse-re eventualmente accompagnato da mar-chi nazionali o privati, solo i prodotti ali-mentari che contengono almeno il 95% diingredienti bio.Resterà vietato l’uso di orga-nismi geneticamente modificati e, ancheper questo genere di prodotti, verrà indi-cata espressamente la presenza acciden-tale di Ogm in misura non superiore allo0,1%.Questo accordo renderà i prodotti bio piùfacilmente riconoscibili nell’Ue e farà sì che iconsumatori sappiano esattamente cosaacquistano.Tra i vari punti previsti dall'accordo euro-peo, alcuni risultano particolarmente signi-ficativi, fra i quali:

autorizza norme private più rigorose;potenzia l’approccio basato sul rischioe migliora il sistema di controllo, alli-neandolo al sistema ufficiale vigentenell’Ue per la generalità delle derrate ali-mentari e dei mangimi, mantenendoanche controlli specifici per la produ-zione biologica;istituisce un nuovo regime permanen-te d’importazione, in virtù del quale iPaesi terzi possono esportare sul mer-cato dell’Ue a condizioni identiche oequivalenti a quelle applicabili ai pro-duttori dell'Unione;prescrive l’indicazione del luogo di pro-venienza dei prodotti, anche per quelliimportati che recano il marchio Ue. ■

hanno raggiunto un accordo politico suun nuovo regolamento relativo alla pro-duzione e all’etichettatura dei prodotti bio.L'intento è quello di semplificare la mate-ria, a beneficio sia degli agricoltori che deiconsumatori.Il nuovo regolamento prevede, tra l'altro,

LE INDICAZIONI OBBLIGATORIE

Queste le indicazioni che obbligatoriamente devonocomparire nell’etichetta di un prodotto alimentare:

la denominazione di vendita;l'elenco degli ingredienti;la quantità netta o, nel caso di prodotti preconfezionati inquantità unitarie costanti, la quantità nominale;il termine minimo di conservazione o, nel caso di prodottimolto deperibili dal punto di vista microbiologico, la data discadenza;il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede odel fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilitonella Comunità economica europea;la sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento;

il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande aventiun contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume;una dicitura che consenta di identificare il lotto di appartenenzadel prodotto;le modalità di conservazione e di utilizzazione, qualora sianecessaria l'adozione di particolari accorgimenti in funzionedella natura del prodotto;le istruzioni per l'uso, ove necessario;il luogo di origine o di provenienza, nel caso in cui l'omissionepossa indurre in errore l'acquirente circa l'origine o laprovenienza del prodotto;la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti comeprevisto dall'articolo 8 (cosiddetti “ingredienti caratterizzanti”). ■

(Foto Samaritani)

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Una filiera condizionatada molte variabili

C oltivare prodotti ortofrutticoli di origi-ne biologica, vale a dire fare “agricoltu-

ra ecologica” in ottemperanza alle normedel Regolamento CE 2092/91, è ormai unapratica consolidata per i produttori agrico-li e ben riconosciuta dai consumatori.Sonomolti coloro che, per aver approfondito leloro conoscenze in materia, scelgono rego-larmente prodotti di origine biologica. Lamaggioranza dei consumatori sposta su diessi l’attenzione in modo più o meno marcato,anche se ancora in relazione a fenomeni

2) la produzione integrata che occupa inItalia, soprattutto nel mondo ortofrutti-colo organizzato come il nostro, circa il78% delle quantità;

3) l’applicazione delle Buone Pratiche Agricoleche occupa il resto, vale a dire circa 18%e oscilla in continuazione con la tipologiaprecedente.

FRA INCERTEZZA DI RISULTATIE COSTI PIÙ ALTISulla base delle indicazioni di quale seg-mento di mercato interessa si vanno a col-locare le produzioni agricole: fare agricol-tura biologica oggi non si è affatto sempli-ce,soprattutto quando eventi climatici,pre-

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emotivi scaturiti dai numerosi scandali emer-si in materia di sicurezza alimentare. Il mon-do della produzione ravvisa sempre più l’e-sigenza di sapere, in modo possibilmenterealistico, in quale settore collocarsi per defi-nire i propri processi di produzione, aven-do da tempo individuato le principali tipo-logie produttive da seguire:1) l’agricoltura organica, per generare pro-

dotti chiamati in gergo biologici e cheoccupa circa il 4% delle quantità di orto-frutticoli freschi;

■ GIAMPIERO REGGIDORI ■Apoconerpo (Organizzazione Produttori Ortofrutticoli),

Bologna

Coltivazione biologica di pomodoro.(Foto Reggidori)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

disponenti attacchi di malattie o di insetti,prendono il sopravvento durante i cicli dicoltivazione annuali o stagionali.L’evoluzionedella ricerca e della sperimentazione, spe-cialmente negli ultimi trent’anni, ha per-messo di inserire tecniche e processi chehanno aumentato le possibilità di fare agri-coltura biologica; ad esempio, la scopertadi insetticidi naturali quali il Bacillus thurin-giensis o il Carpovirusine per la difesa della“tignola” delle mele e delle pere, l’applica-zione delle tecniche di “confusione e/o diso-rientamento sessuale” che permettono, inmodo naturale, di sviare la ricerca amorosadei maschi di varie specie di insetti per evi-tare gli accoppiamenti, come, ad esempio,nel caso della Grapholita molesta del pesco.L’inserimento di molti insetti ed acari utiliper il controllo delle specie dannose alle col-ture sono risultati passi in avanti molto impor-tanti; tuttavia ancora oggi fare agricolturabiologica significa incertezza di risultati egeneralmente costi più alti rispetto ad altreforme di coltivazione. Il mercato al consu-mo, quello di “massa” in particolare, tendegiustamente a considerare il biologico il frut-to di una naturale diversificazione delle tec-niche produttive, soprattutto gestite senzal’ausilio della chimica di sintesi, ma affron-tabile con gli stessi costi ed impegno tecni-co degli altri metodi tradizionali.In realtà il “sistema biologico”non è così sem-plicistico in quanto a processi e tecnicheapplicative: l’organizzazione aziendale,non-ché le modalità operative dell’agricoltore,richiedono la predisposizione di pratichecolturali più rischiose sul piano economicorispetto all’agricoltura convenzionale ed aquella “integrata”.In orticoltura esistono alcune prerogativevantaggiose in relazione agli ordinamentiproduttivi che agevolano l’agricoltura bio-logica rispetto a quella frutticola in genere;i cicli sono spesso più dinamici,un’area vege-tativa e produttiva significativamente infe-riore e circoscritta che permette di ottimiz-zare le tecniche di difesa e di fertilizzazio-ne, un ambiente più facile da gestire per illancio e la diffusione degli insetti ed acariutili (vedi colture protette).E’ altrettanto vero, tuttavia, che i cicli brevisono a loro volta ripetuti nell’anno e chel’andamento climatico su più cicli annuali,

soggetti a forte variabilità,producono con-dizioni avverse all’ottenimento di buoni risul-tati in quanto l’alta umidità e le piogge fre-quenti favoriscono patologie di origine fun-gina e batterica.

UN PRODOTTO RICONOSCIBILEPER IL CONSUMATOREIl prodotto di origine biologica ha, quindi,l'obbligo di riscuotere una considerazionediversa, sia da parte del gestore della distri-buzione al dettaglio che del consumatorestesso.E’del tutto sbagliata la tendenza degliultimi anni di equiparare,sul piano del prez-zo, il prodotto biologico ad altre tipologie equindi relazionarlo solo ai comportamenti clas-sici della domanda e dell’offerta rispetto alpunto vendita. Qualora si trattasse di unprodotto facile da ottenere è evidente che

occuperebbe rapidamente da solo una per-centuale quantitativa di mercato più ampiadal momento che ben più importanti risul-terebbero le quantità prodotte.La modalità di presentazione del prodottonei punti vendita ricopre grande importan-za, in misura maggiore per il prodotto bio-logico rispetto a quello convenzionale e/ointegrato e questo deve avvenire attraversol’applicazione di un marchio. Le motivazio-ni riguardano innanzitutto il prodotto chedeve essere riconosciuto immediamente,soprattutto se vogliamo che il consumato-re avverta e constati chiaramente le garanzieche lo contaddistinguono: vedi la certifica-zione obbligatoria tramite gli Organismi dicertificazione del biologico. In mancanza ditutto ciò,c’è il rischio di indistinguibilità dalprodotto convenzionale che porta “in con-fusione”il consumatore fino al punto di nondistinguerne le caratteristiche.Si tratta di unfenomeno che rilieviamo frequentementenei punti vendita,tanto che noi stessi siamo

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Coltivazione biologica di pomodori.(Foto Reggidori)

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spesso tentati di riorganizzare un “lineare”del punto vendita perché ci spaventa la con-fusione indotta sul consumatore.Non meno importanti sono la programma-zione giornaliera delle disponibilità da com-mercializzare, il consumo e la logistica. Il pro-dotto orticolo da fresco, biologico, è ad altadeperibilità e non può restare “in viaggio”per molto tempo; quindi ci si deve attrez-zare per predisporre una catena del freddoefficiente,sia nella preparazione che nel tra-sporto, e soprattutto verificare le quantitàdi vendita giornaliere più vicine alla realtà,per non dover conservare e rimettere in ven-dita per troppi giorni lo stesso prodotto. Inmolti casi è meglio dichiarare che il prodottoè terminato e che il giorno dopo sarà dispo-

Oggi la maggior parte delle organizzazio-ni dei produttori è consapevole dell’im-portanza delle produzioni biologiche e con-centra i propri sforzi organizzativi di filie-ra sulle principali coltivazioni orticole damercato fresco, quali insalate, pomodorida fresco e da industria, zucchine, pepero-ni, cetrioli, patate, cipolle, meloni, piselli,finocchi, fagiolini, cocomeri e altre deriva-zioni orticole.Nonostante gli sforzi profusi dai nostri agri-coltori, molte anomalie non aiutano a rico-noscere al produttore del biologico il giu-sto prezzo che copra i costi di produzionee a valorizzi la merce.

SI PERFEZIONANO LE TECNICHEA BASSO IMPATTO AMBIENTALEL’agricoltura biologica è esposta a continueoscillazioni di resa produttiva e di tenorequalitativo e molte sono le variabili lungol’intera filiera;per questo non è il caso di illu-dere troppo il produttore dal punto di vistadegli sbocchi commerciali, anche perchèquesto approccio non ne aiuta certo lo svi-luppo. D’altra parte va riconosciuta la cre-scita della coscienza applicativa delle tec-niche a basso impatto ambientale e che latecnologia stessa ha aiutato la produzioneintegrata a perfezionarsi e ad avvicinarsi, inrelazione ai processi di coltivazione, all’a-gricoltura biologica.Infatti sempre più spesso i confini fra le duetipologie si dimostrano labili ed è naturale chela sfida incida su aspetti molto ravvicinatifra di loro poichè risulta difficile indirizzareil consumatore.È necessario, inoltre, esattamente quantol’applicazione dei metodi corretti di colti-vazione,“rintracciare”lungo tutta la filiera ilprodotto biologico, come logica conclusio-ne di garanzia per il consumatore. Troppevolte si assiste alla comparsa sul mercato diprodotto biologico che ha una “rintraccia-bilità” dubbia nonostante gli sforzi dellesocietà di controllo e certificazione che pre-sidiano il settore. In questo caso è di fonda-mentale importanza il controllo degli entipubblici contro gli abusi o le negligenze a dife-sa di coloro che, invece, lavorano con serietàe precisione.La tutela del consumatore deveessere realmente un diritto acquisito e nonsolo un vuoto slogan pubblicitario. ■

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nibile fresco piuttosto che arrampicarsi suglispecchi per fornirne uno non idoneo o vice-versa, in caso di vendite inferiori al previsto,riproporre lo stesso prodotto nei giorni suc-cessivi.I negozi specializzati, o comunque gestitida specialisti del settore, sono ancora oggiquelli che curano al meglio le referenze otte-nute da agricoltura biologica; il contattodiretto fra consumatore e fruttivendolo èancora il sistema migliore per garantire unprodotto qualificato.È implicito che è attra-verso questo rapporto diretto che il consu-matore ha la possibilità di far valere le suerichieste e sapere, ad esempio, chi ritenereresponsabile se il prodotto non è di qualità;dall’altra parte il venditore sa quanto siadeleterio perdere la fiducia dei propri clien-ti.Questo dovrebbe far riflettere tutti gli ope-ratori di filiera del settore ortofrutticolo, enon solo del biologico.

Coltivazione biologica di melanzane.(Foto Reggidori)

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AGRICOLTURA BIOLOGICA: L’ORTICOLTURA

L e tecnologie di minimal processing han-no permesso di ottenere e proporre ai

consumatori prodotti alimentari biologici incui vengono ridimensionate le conseguenzenegative derivanti dalle tecnologie tradizio-nali,quali la riduzione di fattori nutritivi e l’al-terazione di caratteristiche organolettiche.Ciò grazie all’impiego di trattamenti di tra-sformazione e stabilizzazione ridotti al mini-mo (a bassa intensità) ed evitando l’uso diadditivi conservanti di sintesi.A tale categoria di alimenti appartengonoanche gli ortofrutticoli sottoposti ad un inter-vento tecnologico ridotto,sia in fase di lavo-razione - nel corso delle operazioni di sele-zione,lavaggio,rimozione delle parti non com-mestibili e taglio - sia in fase di stabilizzazio-ne e confezionamento. Generalmente indi-cati con il termine di “prodotti di IV gamma”,questi alimenti fanno parte di una categoriapiù ampia,definita ready to use o ready to eat,cioè prodotti confezionati pronti all’uso ed alconsumo diretto,che non richiedono alcunaoperazione precedente al consumo.

PREGI E DIFETTIDEL “PRONTO ALL’USO”I fattori qualitativi offerti, infatti, sono para-gonabili a quelli del prodotto fresco:elevatovalore nutrizionale,con caratteristiche orga-nolettiche frequentemente più intense datal’accelerazione dei fenomeni di maturazione,e di conseguenza una gradita immagine difreschezza e genuinità.Prerogativa essenzia-le di questi frutti od ortaggi trasformati è quel-la di evitare al consumatore il lavaggio,la mon-datura e il taglio,offrendo così un elevato con-tenuto di servizio e praticità d’uso.I prodotti di IV gamma,però,presentano gene-ralmente una shelf-life (durata di vita) limita-

■ MARCO DALLA ROSA, PIETRO ROCCULI ■Università di Bologna

Campus di Scienze degli Alimenti, Cesena

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ta ad alcuni giorni,determinata dalla combi-nazione di più fattori di stabilità.Le operazio-ni preliminari a cui le materie prime vengo-no sottoposte provocano,infatti,alcuni dan-ni meccanici e fisiologici responsabili dell’in-duzione e/o accelerazione di reazioni chimi-che ed enzimatiche.In seguito a tali reazioni,si manifestano nei prodotti fenomeni in par-te indesiderati, quali perdita di consistenzadei tessuti, imbrunimento enzimatico e piùin generale degradazione dei pigmenti (adesempio,clorofilla e antociani),attacco micro-bico favorito dalla percolazione di liquidi cel-lulari,processi di ossidazione dovuti alla pre-senza di ossigeno all’interno del prodotto e/onell’ambiente in cui esso si trova e reazioniaccelerate dall’influenza di fattori esterni.I metodi di conservazione adottati si basanosull’utilizzo di diversi fattori di stabilità.Il con-trollo di questi fenomeni indesiderati vieneeffettuato mediante la combinazione di dueo più interventi tecnologici,ciascuno dei qua-li realizzato in modo non drastico (mild),per noncausare al prodotto danni provocati da pro-cessi tecnologici troppo spinti.Tali tecnolo-gie mild ben si adattano alla produzione diprodotti biologici, vista l’assenza dell’impie-

go di conservanti propriamente detti e di altretecnologie di stabilizzazione “pesanti”.I prodotti di IV gamma sono stati introdottiin Europa all’inizio degli anni Ottanta, circaun decennio dopo la loro comparsa negli Usa.Nel 2000, Inghilterra e Francia risultavano iPaesi europei caratterizzati dal maggior turn-over di questi prodotti (rispettivamente 490e 332 milioni di euro di consumi), seguiti daGermania ed Italia, con circa 260 milioni dieuro.Tra il 2000 ed il 2002,nel nostro Paese il con-sumo di minimally processed fruit and vege-table è rimasto più o meno inalterato,proba-bilmente a causa dell’aumento dell’inflazio-ne provocato dall’introduzione dell’euro.Sullabase delle nostre conoscenze, attualmentenon sono presenti dati economici relativi allacommercializzazione di prodotti di IV gam-ma biologici, che possano fornire un’indica-zione specifica sulla quota di mercato che rap-presentano.

CARATTERISTICHE DELLA MATERIA PRIMA Esistono precisi requisiti qualitativi che lamateria prima deve possedere per essere sot-

Prodotti di IV gamma,aspetti qualitativi e tecnologici

Il prodotto raccolto va subito refrigerato eposto in lavorazione. (Foto Arch. Crpv)

Nel processo di lavorazione la cernita è unadelle fasi più importanti. (Foto Arch. Crpv)

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toposta a questa trasformazione, specie intermini di grado di maturazione,igiene,con-sistenza,residuo secco,acidità,zuccheri,colo-re,caratteristiche organolettiche,ecc..Se tali requisiti non vengono rispettati, i pro-dotti ottenuti non avranno la conservabilitàed il livello qualitativo richiesti dal mercato(che li vuole più simili possibile al prodottofresco),né possiederanno caratteristiche tec-nologiche necessarie per la loro lavorabilità.Di seguito è rappresentato un generico dia-gramma di flusso per la produzione di fruttae verdura in IV gamma.

CONFEZIONAMENTOTra i fattori esogeni propri dell'ambiente in cuil'ortofrutticolo si troverà dopo laraccolta, il film plastico usato peril confezionamento e la tempe-ratura di mantenimento sonosicuramente i più critici. Moltospesso l'elevata qualità del pro-dotto di partenza e l'efficienzadelle fasi di condizionamento(selezione, calibrazione, taglio,sbucciatura, dipping) vengonodrasticamente ridotti a causa del-l'impiego di film plastici non ido-nei al mantenimento dell'orto-frutticolo,anche per pochi gior-ni, e/o per fratture della cosid-detta catena del freddo.L'entità di respirazione é il primoparametro che si deve conside-rare quando si parla di conser-vazione.Un'alta permeabilità delfilm al vapore acqueo provocaun rapido disseccamento super-ficiale dei tessuti vegetali, con accelerazio-ne dei fenomeni di imbrunimento a segui-to della morte cellulare.Una miscela gassosa considerata ottimaleper un prodotto intero può non essere tol-lerata dallo stesso ortofrutticolo qualoratagliato.La carenza di conoscenza del meta-bolismo dei frutti in fette, una volta confe-zionati,può portare alla comparsa di un meta-bolismo anaerobico ed all'accumulo di com-posti volatili, particolarmente odorosi, chepotrebbero compromettere la qualità delprodotto.L’ossigeno attiva le ossidazioni enzimatichee chimiche e la degradazione del beta caro-

REFRIGERAZIONEPer i prodotti trasformati al minimo la refri-gerazione è il trattamento fisico che più siadatta alla loro conservazione. La tempera-tura è il parametro che maggiormente con-diziona la shelf-life di un prodotto della IVgamma. I valori di temperatura a cui gene-ralmente vengono sottoposti tali alimentisono compresi tra 0 e 4 °C, ma in certi casiintervengono fattori biologici che possonoimporre temperature superiori.Vi sono,infat-ti, alcuni vegetali che soffrono di danni dafreddo anche quando ridotti in pezzi, per iquali sono stati definiti livelli differenziati di tem-perature da adottare durante la conserva-zione, il trasporto e la vendita.

Anche durante la lavorazione ènecessario mantenere la tempe-ratura costantemente ai valori piùbassi sopportabili e, in generale,adottare adeguati sistemi di con-trollo e misura della stessa nel cor-so delle fasi di produzione, tra-sporto, esposizione e conserva-zione.

QUALCHE INTERROGATIVO Lo sviluppo del mercato dei pro-dotti di IV gamma ha generatouna serie di interrogativi sul man-tenimento delle caratteristichenutrizionali e protettive dell’or-tofrutta così trattata e presenta-ta al consumatore.Da parte di alcu-ni commentatori non scientifici,così come da parte di autorevolifonti di informazione scientifica,sono state mosse pesanti critiche

verso i prodotti a base di frutta e vegetali diIV gamma, presupponendo un rapido dete-rioramento delle proprietà salutistiche degliortofrutticoli trasformati al minimo e confe-zionati.Tuttavia, una recente ricerca capeg-giata da uno dei maggiori studiosi di fresh-cut fruit and vegetable presenti nel panoramamondiale, ha mostrato come, in generale, lafine della shelf-life di tali prodotti sia princi-palmente legata alla perdita di fattori quali-tativi legati all’aspetto visivo ed allo sviluppomicrobico e come tali fenomeni avvenganosostanzialmente prima di una significativaperdita del contenuto nutrizionale del pro-dotto stesso.■

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tene, substrato della respirazione di cellulevegetali e microbiche. Per quel che riguar-da gli ortofrutticoli di IV gamma é impor-tante che la concentrazione di ossigeno nondiventi troppo bassa, in quanto si possonoavere fermentazioni e sviluppo di microor-ganismi anaerobi. Inoltre, l’uso di atmosferecontenenti molecole naturali con attivitàantimicrobica (ad esempio l’esanale) è uninteressante campo di applicazione di unatecnologia mild,atta al prolungamento del-la shelf-life dei prodotti di frutta biologicadi IV gamma.Per ciò che riguarda i film di imballaggio,sonogeneralmente utilizzati sacchetti in polipro-pilene e polietilene, ma vengono commer-

cializzati anche prodotti in vaschette o vassoiin polivinilcloruro o polietilentereftalato,sigil-late con film plastico.Oltre alla modulazionedegli scambi gassosi,alcuni film possono pre-sentare azione antifog,che risulta importan-te per evitare che l’umidità condensata pos-sa favorire il deterioramento del prodotto ola proliferazione dei microrganismi.È necessario ricordare che la quantità di gasche attraversa un imballaggio è inversamenteproporzionale al suo spessore e direttamenteproporzionale alla sua superficie. Dunque,nell’ottimizzare l’imballaggio per un’appli-cazione di atmosfera modificata, bisognaanche considerare il suo spessore in gioco.

CONFEZIONAMENTO CONFEZIONAMENTO CONFEZIONAMENTO

ASCIUGATURA ASCIUGATURA ASCIUGATURA

RIDUZIONE IN PEZZI RISCIACQUO LAVAGGIO (dipping)

LAVAGGIOE DISINFEZIONE

LAVAGGIOE DISINFEZIONE TAGLIO

PELATURA TAGLIO PELATURA

PRELAVAGGIO

TUBERI E RADICI FRUTTAVEGETALI IN FOGLIA

CERNITA MANUALE PRELAVAGGIO

MATERIA PRIMA SELEZIONATAIN

OUT

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Agricoltura biologica:l’orticoltura

Supplemento ad “Agricoltura” n. 11 - Novembre 2007Direttore responsabile: Franco Stefani

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