AgriColtUra

56
www.eat-ing.net Agricoltura Conoscere gli aspetti ambientali e sociali legati alla produzione e al consumo di beni agricoli

description

Conoscere gli aspetti ambientali e sociali legati alla produzione e al consumo di beni agricoli

Transcript of AgriColtUra

www.eat-ing.net

Agricoltura

Conoscere gli aspetti ambientali e sociali

legati alla produzione e al consumo di beni agricoli

Progetto EAT:ING – Educare alla Responsabilità Agroalimentare nel Territorio:

Inchieste, Natura, Giornalismo

Un’iniziativa di educazione ambientale rivolta alle scuole secondarie di primo e secondo

grado e caratterizzata da un focus sulla sostenibilità alimentare.

Un progetto finanziato da Fondazione Cariplo e sviluppato da Fondazione Eni Enrico Mattei

in collaborazione con il Centro di Studi per la Storia dell’Editoria e del Giornalismo.

Tutti i materiali realizzati a supporto della didattica sono disponibili sul sito del progetto

www.eat-ing.net

Questo capitolo è stato realizzato dai ricercatori della Fondazione Mattei

Settembre 2008

Agricoltura

www.eat-ing.net

3

Indice

Introduzione ............................................................................................................. 5 Un po’ di storia ...................................................................................................... 5 La rivoluzione verde ............................................................................................... 6 L’agricoltura moderna ............................................................................................. 8 Lavoro nei campi e macchinari ................................................................................. 9 Diritti umani ........................................................................................................ 10 Quanto, cosa e dove si produce ............................................................................. 11

Impatti ambientali ................................................................................................... 15 Il clima del pianeta sta cambiando: come l’agricoltura ne è influenzata? ..................... 16 L’agricoltura agisce sui cambiamenti climatici?......................................................... 17 Coltivare adattandosi a nuovi climi ......................................................................... 18 Quanta acqua per coltivare.................................................................................... 18 Sovrasfruttamento e sprechi di acqua ..................................................................... 20 Acque dolci troppo “salate”: la salinizzazione ........................................................... 21 Desertificazione e inondazioni ................................................................................ 21 Pesticidi e fertilizzanti: l’inquinamento di suolo e acque............................................. 22 “agrobiodiversità”................................................................................................. 25 Le serre e… l’effetto serra...................................................................................... 28

Le biotecnologie ...................................................................................................... 31 La “rivoluzione genetica” ....................................................................................... 31 Gli ogm in agricoltura ........................................................................................... 34 “brevettare” un organismo vivente ......................................................................... 36 Ogm e paesi in via di sviluppo ............................................................................... 37

L’agricoltura sostenibile............................................................................................ 38 Agricoltura biologica ............................................................................................. 38 Agricoltura integrata............................................................................................. 41 Agricoltura conservativa........................................................................................ 41 Agricoltura biodinamica......................................................................................... 42

L’arte di conservare ................................................................................................. 43

A tavola e’ estate tutto l’anno – food miles ................................................................. 45

Consumi sostenibili .................................................................................................. 46 Scegli verdura non imballata ................................................................................. 47 Scegli prodotti dell’agricoltura sostenibile ................................................................ 48 Evita sprechi di cibo.............................................................................................. 48 Scegli prodotti di stagione ..................................................................................... 49 Scegli prodotti locali o prodotti equi........................................................................ 49

Il pomodoro............................................................................................................ 50 Una vita senza pomodoro? .................................................................................... 50 Quanti tipi di pomodoro esistono? .......................................................................... 50 Pomodori a effetto serra ....................................................................................... 50 Profumo di pomodoro ........................................................................................... 51 Pomodori d’estate e passata d’inverno .................................................................... 51 Pomodori di scarto ............................................................................................... 52 Conserve di pomodoro .......................................................................................... 52

Agricoltura

www.eat-ing.net

4

Schiavi del pomodoro ........................................................................................... 53 Lo sapevate? ....................................................................................................... 53

Bibliografia ............................................................................................................. 55

Sitografia ............................................................................................................... 56

NOTA

Le parole sottolineate sono spiegate nel Glossario, scaricabile dal sito www.eat-ing.net nella

sezione Multimedia - Pdf scaricabili.

Agricoltura

www.eat-ing.net

5

INTRODUZIONE

Quando si parla di agricoltura si fa riferimento a molte attività, come la cura e la raccolta

delle piante coltivate, l’allevamento del bestiame e la silvicoltura. In questa sede

affronteremo soltanto l’aspetto legato alla coltivazione delle piante e ci soffermeremo

principalmente su quelle colture da cui si ottengono prodotti utili per l’alimentazione:

sorvoleremo, quindi, su coltivazioni come, ad esempio, le piantagioni di cotone e di tabacco,

per soffermarci, invece, sulle produzioni di alimenti destinate al consumo diretto per l’uomo

e su quelle necessarie a nutrire gli animali da allevamento. Per quanto riguarda nello

specifico l’allevamento del bestiame rimandiamo al capitolo interamente dedicato alla

zootecnia.

Un po’ di storia

Prima di inventare l’agricoltura l’uomo era per lo più un cacciatore-raccoglitore. La sua

esistenza, anziché basarsi sulla stanzialità, cioè sulla tendenza a vivere nel solito luogo per

tempi molto lunghi, dipendeva dall’incessante spostamento da un luogo a un altro per poter

disporre continuamente di nuove fonti di cibo.

Infatti, fino a 10.000 anni fa, gli alimenti non venivano prodotti con l’agricoltura, così come

si fa oggi, ma venivano cercati e prelevati in mezzo alle tante risorse fornite

spontaneamente dall’ambiente. Le tribù nomadi si cibavano di prodotti selvatici commestibili

come radici, frutti, foglie, bacche, semi, uova e piccoli animali, inoltre cacciavano la

selvaggina.

Il passaggio dal nomadismo a uno stile di vita sedentario si verificò grazie alla cosiddetta

“rivoluzione agricola”, grazie alla quale alcune popolazioni si affrancarono dalle risorse

spontanee della natura e fondarono le prime economie basate sullo sfruttamento della terra.

Molti studiosi ritengono che nella storia dell’umanità questa fase di transizione sia

cominciata oltre 10.000 anni fa in una regione precisa: la Mezzaluna Fertile, una fascia di

territorio ricca di corsi d’acqua che si trova fra Palestina, Iraq, Siria e Turchia.

Sono state fatte alcune ipotesi su come potrebbe avere avuto origine la coltivazione delle

piante in quest’area del Medio Oriente; una delle più diffuse sostiene che il “caso” abbia

giocato un ruolo chiave. È molto probabile che qualche popolazione mediterranea del

Agricoltura

www.eat-ing.net

6

Neolitico abbia scoperto, per pura coincidenza, che nei punti in cui venivano lasciati cadere i

semi di una pianta selvatica commestibile, come per esempio un cereale, si potevano

rigenerare piante dello stesso tipo.

Da qui alla presa di coscienza delle potenzialità dei semi probabilmente non dovette passare

molto tempo. Presto i nostri progenitori si resero conto che piantando i semi dei vegetali

commestibili si potevano ottenere piante con le stesse caratteristiche, e, a volte, perfino con

caratteristiche migliori. Gli uomini selezionarono tra le piante le più produttive e nutrienti e

ogni area del mondo ebbe il suo cereale d’elezione: il grano nei paesi mediterranei, il sorgo

nel continente africano, il riso in Asia e il mais in America. Attorno a queste piante, definite

da Fernand Braudel “piante di civiltà”, si organizzò l’intera vita di quelle civiltà1.

Il risultato fu un mutamento progressivo e radicale sia del sistema di vita dell’umanità sia

del suo modo di interagire con la natura, da cui ebbe inizio la storia dell’agricoltura.

La rivoluzione verde

Quaranta anni fa il mondo cominciò a temere che a distanza di poco non ci sarebbe stato

cibo a sufficienza per tutti: si prevedeva, infatti, un raddoppio della popolazione nel giro di

una generazione e si temeva che miliardi di persone sarebbero morte di fame vista

l’incapacità della terra di produrre il cibo necessario.

Queste previsioni apocalittiche non trovarono riscontro nella realtà; infatti, nonostante un

effettivo incremento della popolazione, la produzione di cibo tenne il passo2, grazie anche al

lavoro di alcuni scienziati che svilupparono delle nuove varietà di riso, mais e grano ad alto

rendimento.

Nei primi anni Sessanta iniziò pertanto a dare i suoi frutti la “rivoluzione verde”, un termine

usato per descrivere il fenomenale aumento della produttività agricola mondiale: in Asia, ad

esempio, la produzione di cereali è duplicata in 25 anni, dal 1970 al 1995; anche in Sud

America si sono ottenuti buoni risultati, mentre nell’Africa Sub Sahariana i miglioramenti

sono stati molto modesti.

1 M. MONTANARI, Il cibo come cultura, Laterza, Bari, 2004, p. 8

2 F. PEARCE, Un pianeta senz’acqua, Il Saggiatore, Milano, 2006, pp. 41-42

Agricoltura

www.eat-ing.net

7

Con la rivoluzione verde sono state introdotte nuove varietà di piante, dette “ibride”, più

ricettive ai nutrienti, più veloci nella maturazione e in grado di crescere in ogni stagione,

permettendo così più raccolti nell’arco dell’anno. Inoltre ha fatto il suo ingresso un massiccio

impiego di fertilizzanti chimici e di pesticidi (diserbanti e antiparassitari) e un aumento

nell’utilizzo di macchinari pesanti in agricoltura.

Oltre ai benefici legati all’aumento della produttività agricola, la rivoluzione verde ha avuto

anche degli effetti negativi3. Innanzitutto la coltivazione delle nuove varietà migliorate e

l’allevamento di nuove razze di bestiame hanno provocato l’abbandono e l’estinzione di

molte varietà locali e tradizionali: la conseguenza di questo è stata una riduzione notevole di

biodiversità agricola.

In secondo luogo, l’utilizzo massiccio di pesticidi e fertilizzanti chimici ha causato un serio

degrado ambientale e ha minacciato la salute delle persone impiegate in agricoltura.

Inoltre, ha gravemente intaccato le risorse idriche mondiali. Infatti, le nuove varietà di

colture, introdotte con la rivoluzione verde, sono altamente efficienti in termini di resa per

ettaro ma inefficienti rispetto all’utilizzo dell’acqua: ne necessitano enormi quantità. Nel

corso degli anni si è dato avvio a imponenti lavori di ingegneria idraulica che hanno portato

al miglioramento dell’irrigazione dei campi.

Oggi, circa il 70% di tutta l’acqua prelevata dai fiumi e dalle riserve idriche sotterranee

viene sparso sui 270 milioni di ettari di campi coltivati che producono complessivamente un

terzo del fabbisogno alimentare mondiale4.

Infine, malgrado la maggiore produttività agricola, la fame è ancora diffusa. La rivoluzione

verde, infatti, ha offerto i propri benefici ai contadini che avevano del denaro da investire e

sufficienti risorse come terra e acqua. I contadini poveri che non avevano né l’uno né l’altro

sono stati esclusi da questo processo di crescita, molti, addirittura, sono diventati ancora

più poveri e sono stati espropriati delle proprie terre.

3 FAO, http://www.fao.org/kids/it/revolution.html

4 FAO, The state of food and agriculture 2007, Roma, 2007, p. 153

Agricoltura

www.eat-ing.net

8

L’agricoltura moderna

Il passaggio dalla “vecchia agricoltura” all’ “agricoltura moderna” è segnato dalla seconda

rivoluzione agricola ossia dalla rivoluzione verde.

All’inizio del XIX secolo, in Europa e nei paesi dal clima temperato, erano predominanti dei

sistemi agricoli basati sulla diversificazione delle colture e sull’allevamento degli animali

senza il ricorso al maggese, cioè quella parte di un campo lasciata a riposo o a pascolo.

La policoltura, cioè la produzione di una larga varietà di prodotti agricoli, aveva lo scopo

principale di soddisfare direttamente i bisogni della popolazione agricola: ogni azienda

agricola cercava di coltivare grano, patate, frutta e verdura, di crescere maiali, polli e quindi

di ottenere uova e latte, e infine cercava di produrre il proprio vino, il burro, il formaggio, il

pane. Insomma si cercava di produrre tutto il necessario per un’alimentazione completa. Il

surplus confluiva nei mercati locali dove veniva venduto.

Oggi invece le aziende agricole sono specializzate nella produzione di un ridotto numero di

colture, prodotte in grandi quantità in modo da avere un’eccedenza consistente da vendere

non solo ai mercati locali ma anche a livello internazionale.

Si è affermata dunque la monocoltura, ossia la coltivazione intensiva di un’unica specie

vegetale. Il bisogno di sussistenza dell’azienda agricola è passato quindi in secondo piano,

perché lo scopo principale dell’azienda agricola è quello della vendita dei propri prodotti.

L’agricoltura moderna, in quanto figlia della rivoluzione verde, è pertanto caratterizzata dai

seguenti fattori5:

� Meccanizzazione: grazie all’impiego di macchinari in agricoltura la produzione è

aumentata moltissimo. Oggi un agricoltore può lavorare da solo più di 200 ettari (pari a

2 Km quadrati), mentre quando l’agricoltura era totalmente manuale ogni contadino

riusciva a lavorare solo 1 ettaro di terra!

� Uso di fertilizzanti: grazie ai fertilizzanti anche la produttività è aumentata, passando dai

10 quintali di grano per ettaro dei campi a coltivazione manuale, agli oltre 50 quintali

per ettaro dell’agricoltura meccanizzata che usa sostanze chimiche di sintesi per

aumentare la velocità di crescita delle piante.

5 M. MAZOYER, L. ROUDART, A history of world agriculture, Earthscan, London, 2006, pp. 379 - 395

Agricoltura

www.eat-ing.net

9

� Selezione delle piante coltivate: l’uso di fertilizzanti chimici da solo non è sufficiente! Per

rendere il loro utilizzo profittevole, è necessario infatti coltivare varietà di piante che

siano in grado di assorbire le aumentate quantità di minerali fornite dai nuovi

fertilizzanti: ecco perché sono state selezionate piante sempre più produttive e capaci di

assorbire crescenti quantità di fertilizzanti.

� Selezione degli animali domestici: meccanizzazione e fertilizzanti hanno reso disponibili

grandi quantità di nutrimenti per gli animali: sono state quindi selezionate specie animali

in grado di consumare quantità crescenti di mangime e di trasformarli efficientemente in

carne, latte e prodotti derivati.

� Protezione dei raccolti: le spese per i macchinari, per la benzina e per i fertilizzanti sono

piuttosto elevate, tanto da rappresentare circa la metà del valore dei guadagni ottenuti

con il raccolto; gli agricoltori fanno il possibile oggi per evitare che il raccolto vada perso,

per non sprecare le risorse investite! Per impedire che proliferino insetti dannosi per le

coltivazioni, funghi, batteri o virus, gli agricoltori fanno uso di pesticidi e diserbanti.

� Specializzazione delle aree: oggi nel mondo determinate aree sono specializzate nella

produzione di alcuni prodotti: cereali, bestiame, vite, frutta e verdura. Questo è stato

reso possibile, da un lato, dalle potenzialità offerte dai mezzi di trasporto moderni, che

consentono alle imprese agricole di non preoccuparsi di produrre tutto ciò che serve alla

comunità, visto che è possibile reperirla sul mercato! Dall’altro lato l’utilizzo di pesticidi

ha permesso agli agricoltori di smettere di praticare la rotazione delle colture (un

metodo che consente di migliorare le proprietà del suolo e di evitare la proliferazione di

organismi nocivi per le piante).

Lavoro nei campi e macchinari

La terra dei campi è la fonte principale sia di cibo che di reddito per quasi metà della

popolazione mondiale. Il numero di persone che nel mondo lavorano in agricoltura è in

continuo aumento. Tra il 1950 e il 2000 si è passati, infatti, da 809 milioni di persone

impiegate in agricoltura a oltre un miliardo (1.319 milioni)6! Tuttavia, la forza lavoro del

6 E. MILLSTONE, T. LANG, The Atlas of food, Earthscan, London, 2003, p. 48

Agricoltura

www.eat-ing.net

10

settore agricolo è cresciuta molto meno negli ultimi anni rispetto a quella degli altri settori

produttivi.

Nei paesi industrializzati, la maggior parte del lavoro agricolo è svolto dalle macchine, per

questo i lavoratori agricoli sono diminuiti drasticamente nel corso del XX secolo.

In Italia, ad esempio, dal 1979 al 2004 i lavoratori agricoli sono diminuiti moltissimo,

passando da circa 7 milioni a 2,5 milioni di unità7 e oggi rappresentano meno del 5% della

forza lavoro complessiva; in Francia, nell’arco di un secolo, i lavoratori agricoli sono passati

dal 50 % della forza lavoro complessiva a solo il 3%! L’agricoltura, infatti, è ormai

meccanizzata, fa ricorso cioè a una serie di macchinari, come ad esempio i trattori, la

mietitrebbiatrice, la seminatrice di precisione, che rendono più efficiente il lavoro nei campi.

La meccanizzazione dell’agricoltura è iniziata all’inizio del XIX secolo, ma la vera svolta è

avvenuta un secolo dopo, con l’invenzione del motore a combustione interna che ha reso

possibile la rapida diffusione dei trattori agricoli. Oggi, in alcuni paesi del mondo, come gli

USA, il Canada e alcuni paesi d’Europa, il numero di trattori è talmente alto che supera il

numero complessivo dei lavoratori agricoli8!

Nei paesi in via di sviluppo, invece, dove la meccanizzazione dell’agricoltura è ancora

lontana, il lavoro degli uomini, aiutati da una modesta attrezzatura e dagli animali, è la

principale risorsa, anche in termini energetici, per produrre cibo.

Non bisogna poi dimenticare tutte quelle persone che non lavorano la terra, ma “lavorano

per la terra”: si tratta di coloro che producono fertilizzanti e pesticidi, macchinari agricoli e

via dicendo.

Diritti umani

Il settore agricolo alimenta a livello mondiale situazioni di scarsa tutela dei diritti umani. Le

persone emigrate, in paesi come l’Italia, ad esempio, spesso lavorano senza regolare

7 FAO, The state of food and agriculture 2007, Roma, 2007, p. 141

8 E. MILLSTONE, T. LANG, The Atlas of food, Earthscan, London,2003, p. 32

Agricoltura

www.eat-ing.net

11

contratto e senza alcuna tutela giuridica in termini di retribuzione, di infortuni sui luoghi di

lavoro e di previdenza sociale.

Il mancato rispetto dei diritti umani di questi lavoratori agricoli, spesso stagionali, è un tema

di estrema attualità in Italia, soprattutto a seguito dell’inchiesta shock di Fabrizio Gatti9 e

del rapporto pubblicato da Medici Senza Frontiere10, in cui vengono documentate le pessime

condizioni di vita a cui sono costretti diverse migliaia di stranieri impiegati nei campi e nelle

serre in diverse località del Sud Italia.

Anche la violazione dei diritti dei minori è un aspetto scottante della produzione agricola. Di

quasi 128 milioni di bambini vittime dello sfruttamento del lavoro minorile, in tutto il

mondo, il 69%, circa 150 milioni, lavorano in agricoltura. I bambini lavorano per molte ore

sotto il sole cocente, sono esposti ai pesticidi tossici e spesso si feriscono con taglienti lame

e altri pericolosi strumenti agricoli11. Il lavoro estenuante nei campi viola il loro diritto alla

salute, all’educazione e alla protezione dallo sfruttamento e da lavori pericolosi.

Quanto, cosa e dove si produce

Essendo l’agricoltura la prima attività dell’uomo, i paesaggi agrari sono diffusi in tutti i

continenti e in tutte le popolazioni. L’agricoltura ha da sempre disegnato il paesaggio con i

colori delle diverse coltivazioni e con le forme che esse assumono a seconda della

morfologia dei luoghi. Pensate alle distese di terrazzamenti della Liguria, ad esempio,

oppure alle risaie che si estendono a perdita d’occhio nella Pianura Padana e al grano che

colora di “giallo oro” i campi estivi del Centro e Sud Italia.

Così come per le industrie, anche la distribuzione delle attività agricole è disuguale tra i

paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo il mondo.

In America del Nord e in Europa sono ampiamente diffusi paesaggi rurali, dove

l’agricoltura ha carattere intensivo. In queste zone, vasti terreni sono soggetti ad una

coltivazione continua; in questo modo, facendo uso anche di moderni macchinari, si

9 F. GATTI, Io schiavo in Puglia, L’Espresso, 2006, http://espresso.repubblica.it 10 MEDICI SENZA FRONTIERE, Una stagione all’inferno, Roma, 2007 http://www.medicisenzafrontiere.it

11 HUMAN RIGHTS WATCH, http://www.hrw.org/

Agricoltura

www.eat-ing.net

12

producono enormi quantità di merce destinata all’esportazione e alla produzione

industriale.

Viceversa, nella maggior parte delle nazioni africane, asiatiche e dell’America Latina,

l’agricoltura rappresenta ancora un’attività di sussistenza. La produzione agricola, ottenuta

con tecniche tradizionali, serve solo a soddisfare i bisogni di poche persone. Oltretutto, in

queste regioni è molto diffusa l’agricoltura itinerante, un’attività molto precaria e

soprattutto dannosa per il paesaggio. Essa consiste nel disboscamento di superfici più o

meno ampie, dopo che la vegetazione è stata incendiata. La terra viene quindi messa a

coltura, ma, non essendo né curata, né concimata, viene resa sterile e abbandonata. In

questi stati è, inoltre, molto diffusa la monocoltura. Estesi territori vengono coltivati con

un determinato tipo di pianta, generalmente quella più richiesta per le esportazioni.

Questo, chiaramente, impoverisce l’eterogeneità del paesaggio.

Ma cosa viene coltivato e dove?

Nel 2004, i 270 milioni di ettari di campi coltivati nel mondo, hanno prodotto più di 2

miliardi di tonnellate di cereali e 1,3 miliardi di tonnellate di frutta e verdura12!

Figura 1 – Produzione mondiale di cereali. Fonte FAO

Produzione mondiale di cereali (2004)

49%

3%

3%

17%10%

18%

Cina India Stati uniti d'America

Francia Ex Unione sovietica Altri 180 paesi

12 FAOSTAT, http://faostat.fao.org/default.aspx

Agricoltura

www.eat-ing.net

13

Figura 2 – Produzione mondiale di frutta e verdura. Fonte FAO

Produzione mondiale di frutta e verdura (2004)

3%

5%

9%37%

44%

2%

Cina India Stati Uniti d'America

Brasile Italia Altri 180 paesi

Paesi come Cina, India, Stati Uniti d’America, Italia, Francia, Brasile ed ex-Unione Sovietica,

da soli, contribuiscono alla produzione di oltre la metà di queste quantità di cereali, frutta e

verdura; mentre tutti gli altri 180 paesi del mondo, insieme, ne producono poco meno della

metà!

Per avere un’idea della diffusione nel mondo dei terreni coltivati e della loro produttività può

essere utile osservare la cartina sottostante (Figura 3).

Agricoltura

www.eat-ing.net

14

Figura 3 – Estensione delle coltivazioni nel mondo, 2001. Fonte: Rapporto FAO 2006

La domanda mondiale di cereali sta registrando negli ultimi decenni una costante crescita,

sia per l’incremento demografico sia per l’aumento dei redditi che ha portato ad un aumento

nei consumi di prodotti di origine animale13: agli animali infatti è destinata una quota

notevole di cereali, basti pensare che solo negli Stati Uniti agli allevamenti è destinato il

70% della produzione di mais, a livello mondiale invece finisce negli allevamenti l’80% della

produzione di soia14.

13 WORLDWATCH INSTITUTE, State of the world 2006: focus Cina e India, Edizioni Ambiente, Milano, 2006, p. 57 14 Ibidem, p. 84

Agricoltura

www.eat-ing.net

15

IMPATTI AMBIENTALI

Coltivare la terra e nutrirsi dei suoi prodotti è da sempre un’attività che l’uomo svolge

tenendo in considerazione le condizioni climatiche e ambientali tipiche del territorio. Con il

progresso e le moderne tecnologie l’uomo ha pian piano superato i limiti imposti

dall’ambiente, aumentando così le pressioni sull’ambiente stesso.

L’uomo, quindi, ha modificato il paesaggio per renderlo più produttivo, trasformando il suolo

in campi coltivati, bonificando zone umide, terrazzando pendii, convertendo le foreste in

pascoli. L’agricoltura ha un’influenza sull’ambiente nella misura in cui ne utilizza le risorse e

produce sostanze - naturali e chimiche - che vengono poi immesse nei diversi comparti

ambientali, suolo, acqua e atmosfera.

Per coltivare, ad esempio, un campo di mais, oltre all’energia proveniente dal sole, occorre il

suolo con i suoi sali minerali e le sostanze nutritive, servono i concimi, l’acqua per irrigare, il

fertilizzante chimico per sostenere la crescita delle piante; serve, poi, che il mais sia

protetto dagli attacchi di insetti, funghi e parassiti, cosa che in natura avviene grazie alla

presenza di altri organismi animali e vegetali che si nutrono di questi insetti. L’uomo spesso,

però, interviene per evitare che la coltivazione venga attaccata e mangiata dai parassiti con

sostanze chimiche molto potenti, ma altrettanto nocive e pericolose per tutto l’ambiente e

per l’uomo.

L’immissione di queste sostanze nell’ambiente e l’utilizzo delle risorse naturali alterano gli

equilibri naturali e rendono fragile l’ambiente, che cerca di compensare gli effetti

determinati dall’attività agricola, così come gli effetti prodotti da ogni attività antropica.

Qualora si verifichino, però, delle condizioni di forti cambiamenti climatici, soprattutto a

scala mondiale, siano essi causati da eccessivi input da parte dell’attività dell’uomo, o siano

conseguenza di una naturale evoluzione del pianeta, i sistemi agricoli diventano incapaci di

mantenere gli alti livelli di produzione richiesti, poiché dipendono direttamente dalle

condizioni del suolo, dell’atmosfera e dell’acqua.

Agricoltura

www.eat-ing.net

16

Il clima del pianeta sta cambiando: come l’agricoltura ne è influenzata?

Il clima della Terra sta cambiando e di ciò vi è oggi evidenza scientifica. La temperatura

media del pianeta è aumentata di 0,8 °C nell’ultimo secolo (in Europa è aumentata di 1 °C).

Alcuni gas sono stati da tempo individuati come responsabili del surriscaldamento globale e

del cosiddetto “effetto serra”, in particolare l’anidride carbonica (CO2), il metano (CH4) e il

protossido d’azoto (N2O). Queste sostanze sono presenti naturalmente in atmosfera, ma

vengono prodotte in concentrazioni molto elevate dalle attività dell’uomo (uso di

combustibili fossili per trasporti e per attività industriali, cambio di uso del suolo e

deforestazione).

Le condizioni climatiche generali sono diventate maggiormente variabili. Le precipitazioni

sono aumentate nelle regioni dell’Europa settentrionale, uragani e tempeste sono sempre

più frequenti, mentre al sud si verifica un calo delle precipitazioni e un aumento della

siccità.

Analisi statistiche mostrano che il rischio che si verifichino eventi catastrofici in futuro è

sempre più alto e con esso i possibili danni economici correlati.

L’Europa meridionale e il bacino del Mar Mediterraneo, in particolare, sono tra le zone a

maggiore rischio di siccità, mentre le aree montuose, come le Alpi, rischiano di subire

profonde alterazioni dell’assetto dei propri ghiacciai e dei corsi d’acqua, a causa

dell’aumento della temperatura.

Nei prossimi decenni le coltivazioni subiranno probabilmente degli sfasamenti temporali, i

raccolti dovranno essere anticipati dall’estate alla primavera e sarà necessario applicare una

rotazione delle colture introducendo varietà che richiedono meno acqua rispetto al mais e

alle altre poche coltivazioni oggi selezionate.

Alla luce dei vasti effetti che i cambiamenti climatici stanno esercitando sull’intero pianeta

nel medio e lungo periodo, il contesto delle politiche con cui i Paesi regolano e orientano le

proprie azioni nel settore dell’agricoltura è destinato a prendere in considerazione una

duplice sfida: da un lato la necessità di ridurre le emissioni atmosferiche dei “gas serra”

(GHG) (mitigazione), dall’altro l’esigenza di adattare le attività antropiche alle nuove

condizioni climatiche allo scopo di ridurne gli effetti negativi sull’uomo (adattamento).

In particolare l’agricoltura ha grandi possibilità di contribuire alla mitigazione dei

cambiamenti climatici, visti i notevoli impatti che esercita sull’ambiente: essa può, infatti,

Agricoltura

www.eat-ing.net

17

ridurre le elevate emissioni di metano e protossido d’azoto (provenienti dai concimi utilizzati

per fertilizzare e dalle attività zootecniche collegate), aumentare la capacità dei suoli agricoli

di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera, fornire materie prime utili a generare fonti

energetiche rinnovabili.

L’agricoltura agisce sui cambiamenti climatici?

L’agricoltura rappresenta il terzo settore più importante nell’emissione di gas serra, infatti

produce, in stretta correlazione con il settore dell’allevamento, il 9% del totale dei GHG

emessi in atmosfera da attività antropiche.

Il contributo maggiore dell’agricoltura è dato dalle emissioni di protossido d’azoto (N2O)

derivanti dall’applicazione di fertilizzanti organici e inorganici sui suoli da coltivare (5%),

seguito dalle emissioni di metano (CH4) provenienti dal concime e dai processi digestivi dei

ruminanti.

Il ruolo dell’agricoltura nelle emissioni atmosferiche dipende, infatti, dal tipo di aziende

agricole presenti sul territorio e dalle forme di allevamento intensivo o estensivo a cui esse

si dedicano.

Vi è inoltre da considerare che le emissioni di gas serra provenienti da quelle attività

agricole che richiedono l’uso di energia (ad esempio, il carburante per i macchinari, l’energia

elettrica per illuminare e per svolgere le attività all’interno degli stabilimenti, etc.) non

vengono calcolate15 all’interno delle emissioni prodotte dal settore agricolo, ma sono

attribuite al settore energetico.

Lo stesso discorso può essere fatto per quantificare il carbonio che il suolo può

naturalmente assorbire (fenomeno detto “carbon sequestration”) aiutando così a ridurre

l’anidride carbonica in eccesso in atmosfera: questo tipo di contributo non viene attribuito al

settore agricolo, ma conteggiato in relazione all’uso del suolo e ai cambiamenti di uso del

suolo.

Per questi motivi, misurare gli effetti dell’agricoltura sui cambiamenti climatici è più

complesso che per altri settori come quello industriale, poiché i calcoli sulle emissioni di gas

15 Secondo quanto prevede la Politica Comunitaria Europea

Agricoltura

www.eat-ing.net

18

serra prodotte dai sistemi agricoli devono considerare anche i complessi processi biologici ed

ecologici coinvolti.

Coltivare adattandosi a nuovi climi

Affinché l’agricoltura possa continuare ad essere un settore produttivo occorre applicare

soluzioni che adattino i vecchi sistemi agricoli alle nuove condizioni climatiche. L’obiettivo è

ridurre la vulnerabilità delle coltivazioni e aumentare la resilienza delle aree rurali sia dal

punto di vista ambientale, sia economico, ossia aumentare la capacità delle attività agricole

di recuperare la produttività dopo eventi catastrofici, come siccità, uragani, alluvioni.

Le aziende agricole, per adattarsi alle diverse disponibilità di risorse, possono modificare la

rotazione delle colture per fare un uso migliore dell’acqua, regolare i periodi di semina in

funzione di temperature e precipitazioni, utilizzare varietà di coltivazioni maggiormente

resilienti a ondate di caldo e di siccità e ripristinare siepi, filari di piante e aree cespugliose

tra un’area coltivata e l’altra per ridurre la perdita di acqua dal terreno e dalle coltivazioni

(aumentando le zone di ombra e riducendo l’evapotraspirazione delle piante).

In Europa, alcuni degli Stati Membri (Finlandia, Spagna, Francia, Regno Unito) stanno già

implementando azioni volte ad adattare le attività produttive agricole alle nuove condizioni

climatiche e, parallelamente, conducono studi e ricerche per valutare gli impatti dei

cambiamenti climatici sull’agricoltura. In particolare le misure adattative riguardano la

capacità di prevenire eventi estremi correlati al clima come inondazioni, uragani o siccità e

di limitare gli effetti derivanti dall’innalzamento delle temperature e dall’intensificazione

delle variazioni climatiche.

In Germania, ad esempio, il periodo di semina di mais e zucchero è stato anticipato di 10

giorni, nella Francia meridionale addirittura di 20 giorni. In alcuni casi l’adattamento richiede

forme di investimento in macchinari ed infrastrutture per migliorare, ad esempio, il sistema

di irrigazione.

Quanta acqua per coltivare

L’agricoltura consuma il 70% dell’acqua prelevata in tutto il mondo da fiumi, laghi e falde

sotterranee; in particolare, i paesi in via di sviluppo sono responsabili del 95% dell’acqua

Agricoltura

www.eat-ing.net

19

complessivamente destinata all’agricoltura, soprattutto per dell’applicazione delle tecniche di

agricoltura irrigua applicate principalmente in Cina, India e Pakistan.

Nonostante il consumo pro capite di acqua sia diminuito dal 1980 passando da 700 a 600

metri cubi all’anno, l’uso di acqua per coltivare è aumentato del 100% tra il 1961 e il 2001 e

la previsione è che aumenti esponenzialmente negli anni, anche in vista della crescita

demografica continua, dell’espansione delle aree urbane e della crescente industrializzazione

dei paesi emergenti.

Anche la superficie di terreni irrigui in Europa è in aumento, con conseguente

impoverimento delle risorse idriche e peggioramento della qualità delle acque, con fenomeni

di salinizzazione e di degrado dei suoli.

Attualmente, circa il 30-40% delle disponibilità di prodotti agricoli a livello mondiale

derivano dal 16% di superficie agricola irrigata e si stima che nei prossimi anni il contributo

dato dall’agricoltura irrigua alla produzione alimentare tenderà ad aumentare.

L’Italia dedica a scopi irrigui circa il 60% dei circa 56 miliardi di metri cubi annui di acqua

dolce consumata ed è al primo posto in Europa sia per i consumi di acqua per abitante, sia

per la maggiore estensione agricola irrigata, pari a 4,5 milioni di ettari.

L’irrigazione è praticata con modalità diverse a seconda delle aree geografiche e delle zone

climatiche, con vari gradi di sofisticazione e di tecnologia: irrigare è utile per stabilizzare la

produttività delle colture e, nei paesi tropicali, per garantire più produzioni nello stesso

anno, nonché rese più elevate. L’irrigazione è importante anche in zone aride o semi-aride,

che altrimenti sarebbero inadatte a sostenere alcune colture.

Oggi più di 1,2 miliardi di persone vive in aree di scarsità idrica ed entro il 2025, secondo il

Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), più di 3 miliardi di persone

conosceranno la condizione di stress idrico16.

Da un lato, quindi, l’irrigazione rappresenta uno strumento di sempre maggior rilevanza ai

fini delle disponibilità alimentari, dall’altro costituisce la principale forma di consumo delle

risorse idriche a livello mondiale.

16 UNITED NATIONS DEVELOPMENT PROGRAMME, Human Development Report, 2006

Agricoltura

www.eat-ing.net

20

Sovrasfruttamento e sprechi di acqua

Il divario tra il rifornimento idrico e la domanda di acqua sta aumentando in molte parti del

mondo: in quelle aree che già oggi soffrono di carenza di acqua, la crescente siccità sarà il

maggior vincolo alla crescita e allo sviluppo agricolo, con conseguenze sulla sicurezza

alimentare.

Le alterazioni del clima determineranno soprattutto un decremento della disponibilità idrica

annua in molte parti del mondo.

In Europa, soprattutto nelle aree meridionali e centrali dell’Europa, diminuirà sempre più la

disponibilità di acqua, a causa di una continua diminuzione delle precipitazioni estive e a

fronte di elevate richieste idriche per le coltivazioni. Pensate che la quantità di acqua

sufficiente ad irrigare un ettaro di risiera è la stessa che serve ai bisogni di 100 nomadi con

450 capi di bestiame in tre anni, o a 100 famiglie urbane nell’arco di due anni.

Inoltre, nei Paesi del Sud del mondo, l’acqua utilizzata per l’irrigazione rappresenta ben il

91% del consumo idrico (rispetto al 39% dei Paesi ad alto reddito), ma la produzione

agricola è pari ad un terzo di quella dei paesi industrializzati, poiché metà dell’acqua

destinata all’irrigazione evapora per le elevate temperature, oppure si perde per strada a

causa di perdite lungo le reti idriche che distribuiscono l’acqua. Per risolvere il problema

degli sprechi occorre introdurre tecnologie più moderne come l’irrigazione a goccia e

rinnovare le reti, ma spesso gravi problemi finanziari e politici limitano queste scelte.

L’uomo preleva per irrigare molta più acqua di quanta il pianeta possa rifornire: i prelievi

per usi irrigui superano, infatti, in molte zone la capacità di apporto dei corsi d’acqua, delle

piogge e quella di ricostituzione delle riserve naturali.

Per questi squilibri, ogni volta che le piogge tardano a venire, rispetto ai cicli naturali,

scoppiano ad esempio carestie, come quella che ha colpito qualche anno fa alcune regione

dell’Africa sub-sahariana, oppure senza che si verifichino eventi catastrofici lentamente si

consumano le riserve idriche fino ad esaurirle: si calcola che in Giordania tra 35 anni le

riserve acquifere sotterranee saranno completamente esaurite e che, per ricostituirle,

occorreranno migliaia d’anni.

Negli Stati Uniti il fiume Colorado, già dal 1960, non arriva più al mare, se non in anni di

precipitazioni eccezionali, poiché si prelevano ingenti quantità di acqua lungo il suo corso

prima che giunga nell’Oceano Pacifico. Nella regione africana del Sahel, sia a causa di una

Agricoltura

www.eat-ing.net

21

prolungata siccità, che del diminuito afflusso dei fiumi, le cui acque sono state deviate per

usi irrigui, il lago Chad si è ridotto del 75% negli ultimi 30 anni. Ma la vicenda più esemplare

è la morte del lago Aral (che era il 4° lago più grande del mondo), nel cuore dei deserti

dell’Asia Centrale. Alcune repubbliche asiatiche dell’ex Unione Sovietica hanno deviato il

corso dei due fiumi che rifornivano il lago, per coltivare riso e cotone, due coltivazioni

estremamente bisognose d’acqua soprattutto se coltivate in terreni aridissimi. Questa scelta

ha ridotto la superficie del Lago Aral del 70%; ciò ha provocato un ulteriore aumento della

concentrazione di sali nelle sue acque – già salate in passato ma ricche di pesce – aggravata

dalla presenza di inquinanti e pesticidi che, convogliati per anni nello lago dai fiumi o drenati

dai campi di cotone, sono oggi concentrati ai livelli massimi. L’inquinamento sta generando,

oltre alla distruzione dell’ecosistema lacustre, anche problemi sanitari gravissimi alle

popolazioni locali: anemia, mortalità infantile, artriti reumatoidi, reazioni allergiche.

Acque dolci troppo “salate”: la salinizzazione

Coltivare in climi aridi, oltre ai problemi che derivano dalla necessità di reperire grandi

quantità d’acqua e di “intrappolarla” con dighe e invasi artificiali, ha portato l’uomo a

scoprire il fenomeno della salinizzazione. Questo fenomeno naturale consiste nel progressivo

aumento di sali minerali nel terreno, fino a renderlo non più adatto alla coltivazione.

Questo avviene in concomitanza di due situazioni: cattivo drenaggio del terreno e forte

evaporazione delle aree irrigate. L’acqua che il terreno non è in grado di assorbire subito

evapora e cede al suolo il suo contenuto minerale.

Desertificazione e inondazioni

I cambiamenti climatici, la distruzione delle foreste temperate e tropicali, le pratiche

agricole intensive, il dissesto idrogeologico sono tra le cause che portano a desertificazioni e

inondazioni.

Già nel 1992, durante il Summit mondiale delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo di Rio

de Janeiro, si affermava che la desertificazione è il "degrado delle terre aride, semi-aride e

sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche ed attività

umane".

Agricoltura

www.eat-ing.net

22

La desertificazione si concretizza con la progressiva riduzione dello strato superficiale del

suolo e della sua capacità riproduttiva ed è un fenomeno ben più vasto dell’espansione dei

deserti sabbiosi. La desertificazione è una delle più gravi emergenze ambientali e oggi

minaccia circa 1,3 miliardi di persone in oltre 100 Paesi e in un quarto delle terre del pianeta

(venti anni fa erano 57 milioni, nel 1984 erano saliti a 135 milioni), di cui 800 milioni sono

gravemente denutriti. La situazione è particolarmente drammatica in Africa, ma vi sono

vaste aree inaridite o minacciate anche in Asia, in America Latina, nel Nord del

Mediterraneo, e anche in Italia (27% del territorio).

Le inondazioni sono invece fenomeni dei quali abbiamo sicuramente maggiore percezione,

se non altro perché ci riguardano da vicino. Il 2002 è stato l’anno record per il numero e la

gravità di alluvioni nel mondo. Ben 190 da gennaio ad agosto. Il numero più alto negli ultimi

18 anni. Danni stimati per almeno 1.300 miliardi di euro che hanno colpito prevalentemente

Brasile, Australia, Cina, Russia, Afghanistan e Europa.

Il sovrasfruttamento delle risorse idriche comporterà, quindi, possibili conflitti per l’uso

dell’acqua in agricoltura rispetto ad altre destinazioni, a cui è indispensabile che il settore

agricolo risponda, sviluppando piani di gestione della risorsa idrica per ridurre gli sprechi e

per aumentare l’efficienza d’irrigazione attraverso l’uso di colture adatte alla specifica

situazione meteoclimatica, sociale ed economica, il riuso per l’irrigazione delle acque reflue

depurate, l’uso di sistemi di irrigazione di dimensioni ridotte e di sistemi di drenaggio

artificiale che permettano di evitare il fenomeno della salinizzazione.

Pesticidi e fertilizzanti: l’inquinamento di suolo e acque

I pesticidi sono sostanze utilizzate in agricoltura per garantire raccolti abbondanti e di buona

qualità a discapito sia di erbe spontanee che sottraggono spazio e risorse alla crescita delle

piante coltivate, sia di insetti e funghi che si nutrono delle parti più nutrienti delle

coltivazioni stesse.

I pesticidi, in base all’organismo vivente che attaccano, si dividono in insetticidi, fungicidi ed

erbicidi (anche detti fitofarmaci o prodotti fitosanitari): sono sostanze chimiche sintetizzate

in laboratorio distribuite sui campi coltivati spesso attraverso dei nebulizzatori insieme

all’acqua e, per questo, si depositano non solo sulle piante e sui frutti che poi mangiamo,

ma anche sul terreno e nell’acqua piovana che si ricongiunge poi ai fiumi, ai laghi fino al

mare. Alcuni pesticidi possono anche infiltrarsi nel suolo profondo e arrivare a contaminare

Agricoltura

www.eat-ing.net

23

le acque sotterranee di falda, riducendo la loro qualità per l’uso potabile. La salute umana

viene, quindi, messa a rischio dai pesticidi non solo perché questi contaminano gli alimenti

vegetali e animali che consumiamo, ma anche perché possono trovarsi nell’acqua che

beviamo.

Si calcola che ogni anno vengano immesse nella biosfera 250 milioni di tonnellate di prodotti

organici di sintesi, tra cui 2 milioni di tonnellate di pesticidi (300 mila tonnellate nella sola

Unione Europea).

In Italia, i prodotti fitosanitari sono distribuiti su circa il 70% della Superficie Agricola

Utilizzata (SAU). Negli anni si è registrato un calo delle quantità dei principi attivi contenuti

nei prodotti fitosanitari distribuiti per uso agricolo (76,3 milioni di kg nel 2001, 10% in meno

rispetto al 1997), ma è aumentata la concentrazione, ossia è stata aumentata la quantità

distribuita per ogni ettaro di superficie trattabile (8,3 kg/ha nel 2001, 52,6% in più rispetto

al 1997).

I pesticidi, oltre a essere tossici per i parassiti contro cui vengono utilizzati, hanno effetti

nocivi e letali per la stragrande maggioranza degli organismi viventi e dei sistemi biologici.

Un pesticida è, quindi, molto dannoso per la biodiversità, poiché è tossico per tutti gli

organismi e riduce la varietà delle specie animali e vegetali che naturalmente vivrebbero

nelle zone limitrofe alle coltivazioni. Inoltre, i pesticidi uccidono anche quegli animali e

quelle piante che potrebbero aiutare l’agricoltore, come ad esempio un insetto impollinatore.

Molte di queste sostanze sintetizzate artificialmente dall’uomo vengono definite dagli

scienziati “xenobiotici”, proprio perché, essendo totalmente sconosciute ai processi naturali

degli ecosistemi (xeno = diverso; biotico = vivente), non possono essere rimosse

dall’ambiente attraverso la normale degradazione chimica effettuata dai microrganismi. Gli

animali che assumono accidentalmente pesticidi, non potendo degradare queste sostanze, si

difendono “accumulando” le molecole tossiche nel proprio organismo per non farle più

circolare. Questo fenomeno è noto come bioaccumulo e ha degli effetti negativi esponenziali

via via che si risale la catena alimentare fino all’uomo. Per questa ragione, un pesticida, che

a causa del dilavamento del terreno o attraverso uno scarico agricolo finisce in un corpo

idrico (come un fiume o un lago), può entrare nella catena alimentare acquatica fino ad

arrivare all’organismo umano, per esempio attraverso il consumo di pesce.

Date le loro caratteristiche xenobiotiche e il loro potere di bioaccumulo, i pesticidi sono

anche molto persistenti nell’ambiente. Il DDT, un noto pesticida largamente impiegato in

Agricoltura

www.eat-ing.net

24

agricoltura durante il dopoguerra, a partire dagli anni ’70 è stato vietato in tutti i paesi

avanzati per la sua elevata tossicità nei confronti dell’uomo e di tutti gli altri animali.

Nonostante ciò, a distanza di 30 anni, la sua presenza viene ancora rilevata nei gusci delle

uova e nei tessuti di molte specie animali, soprattutto quelle che vivono a stretto contatto

con l’acqua.

Negli anni una serie di direttive comunitarie sono state emanate al fine di ridurre i rischi

derivanti dall’uso dei fitofarmaci, definendo una serie di limiti alle loro concentrazioni nella

frutta e nei vegetali, nei cereali e nei prodotti di origine animale.

I fertilizzanti sono, invece, sostanze contenenti azoto (N) e fosforo (P) utilizzate in

agricoltura per incrementare la crescita delle piante. Esistono fertilizzanti naturali, come il

concime derivante dagli animali allevati, e fertilizzanti sintetici, prodotti in laboratorio.

Negli ultimi 40 anni l’uso dei fertilizzanti sintetici è cresciuto di quasi otto volte, nel tentativo

di velocizzare la crescita delle coltivazioni e quindi di aumentare la produzione agricola

annua. Tuttavia, la somministrazione di così elevate quantità di fertilizzanti non garantisce

una crescita proporzionale: infatti, circa la metà dei fertilizzanti che oggi vengono applicati

alle colture resta sui terreni e poi finisce nelle acque sotterranee e superficiali, poiché le

piante coltivate non possono assorbire nei propri tessuti più di una certa quantità.

Se una larga percentuale dei fertilizzanti si disperde nell’ambiente si producono due tipi di

danno: ambientale e per la salute umana.

Una volta disciolti nelle acque superficiali, questi composti persistono, a volte cambiando la

propria struttura molecolare, ma continuando a costituire dei nutrienti per le piante e le

alghe, siano essi in un fiume, in un lago o in mare. I corpi idrici sono abitati da molti tipi di

alghe e di piante acquatiche che, avendo a disposizione grandi quantitativi di nutrienti,

crescono molto velocemente, causando le cosiddette “esplosioni algali”. I pesci e altri

organismi si nutrono delle alghe senza però riuscire a consumarle interamente. Le alghe in

eccesso muoiono e vengono decomposte dai microrganismi utilizzando grandi quantità di

ossigeno disciolto in acqua, lo stesso ossigeno che serve a tutti gli organismi acquatici per

respirare. L’acqua povera di ossigeno porta alla morte molti animali, piante e

microrganismi: questo fenomeno è detto “eutrofizzazione” e nella maggior parte dei casi è

causato proprio dalla presenza di fertilizzanti in eccesso, anche se talvolta può dipendere da

altri fattori.

Agricoltura

www.eat-ing.net

25

Oltre che nei fiumi, nei laghi e nei mari, i fertilizzanti possono raggiungere le falde acquifere

dove scorrono le acque sotterranee teoricamente assolutamente potabili, ma

potenzialmente inquinate dall’azoto presente nei fertilizzanti (oltre che da altri

microinquinanti organici).

La presenza di nitrati (composti dell’azoto) nelle falde acquifere è misurata e controllata da

normative europee e nazionali, ma in molti casi supera i limiti imposti dalla legge. In Italia

l’area più colpita è la Pianura Padana, ma anche gli abitanti di altre zone dell’Italia centrale,

come la media e bassa valle del Metauro, a causa dell’alta concentrazione di nitrati (sopra i

50 mg/lt) non possono bere l’acqua di falda, se non miscelata con altra acqua a più basso

contenuto di nitrati (spesso acqua superficiale depurata). Non esiste a tutt’oggi un metodo

economicamente ragionevole per rimuovere i nitrati dall’acqua. Solo dopo anni di pratiche

agricole sostenibili si può sperare di assistere ad un abbassamento dei valori dei nitrati.

“Agrobiodiversità”

Gli scienziati hanno finora identificato circa 1,4 milioni di specie animali e vegetali sulla terra

e quasi ogni giorno una nuova specie si aggiunge alla lista.

Questa varietà di vita è essenziale per gli esseri umani. Dipendiamo da essa per il cibo, per

le sostanze curative, per l’acqua, per l’energia e per molto altro.

La biodiversità è, tuttavia, sempre più minacciata dalla pressione esercitata dall’uomo, la cui

popolazione mondiale è in continua espansione, e dal degrado degli ecosistemi naturali

determinato dalle attività antropiche.

Le specie selvatiche rischiano l’estinzione se gli habitat in cui vivono vengono insidiati da

inquinamento, urbanizzazione, deforestazione. Questo processo distruttivo può essere

accelerato da una cattiva gestione dell’agricoltura, delle foreste e delle risorse ittiche.

La biodiversità agricola è rappresentata da una quantità innumerevole di piante e animali

che servono a nutrire e curare gli esseri umani. La si trova nelle varietà di colture con

caratteristiche nutrizionali specifiche, nelle razze di bestiame che si sono adattate ad

ambienti ostili, negli insetti che impollinano i campi, nei microrganismi che rigenerano il

suolo agricolo.

Agricoltura

www.eat-ing.net

26

Anche in agricoltura la biodiversità è in pericolo. Gli esseri umani per il cibo dipendono

infatti da un numero sempre più ridotto di prodotti agricoli e questo riduce la possibilità che

alcune delle piante coltivate e degli animali allevati sappia adattarsi a cambiamenti

ambientali drastici.

Circa 10 mila anni fa, gli esseri umani, a partire dalla biodiversità che esisteva in natura,

hanno iniziato a raccogliere semi e piante selvatiche e a coltivarle, scegliendo le varietà più

produttive o quelle più resistenti ad avverse condizioni climatiche. Più o meno nella stessa

epoca, hanno cominciato ad addomesticare anche gli animali, sfruttando la loro forza,

mangiandone la carne e bevendone il latte.

Anche oggi la diversità genetica rimane essenziale affinché la produzione agricola mondiale

possa continuare ad essere sostenibile.

Contadini ed agronomi ne hanno, infatti, bisogno per adattare le piante alle mutevoli

condizioni di vita o per espandere la produzione in nuove aree non coltivate in precedenza.

La diversità genetica delle piante (diversità fitogenetica) è fondamentale per migliorare i

rendimenti ed avere colture che producano più cibo e con più alto valore nutrizionale.

Oggi, quattro specie – grano, mais, riso e patate – forniscono da sole più della metà delle

calorie vegetali della dieta umana, mentre circa una dozzina di specie animali fornisce il

90% del consumo mondiale di proteine animali.

Oltre alla varietà di specie usate a scopo alimentare, è fondamentale che sia mantenuta la

diversità genetica all’interno delle diverse specie: molti agricoltori hanno adottato qualità

uniformi di piante e animali ad alto rendimento, ma quando si abbandona la diversità, le

varietà e le razze possono estinguersi, così come i loro tratti specifici.

La spinta per un aumento della produzione agricola e dei profitti ha, infatti, orientato la

scelta su un numero limitato di varietà di piante e di razze animali ad alto rendimento.

Questo è un altro retaggio della “rivoluzione verde”: molti agricoltori, invece di coltivare

un’ampia varietà di piante come nel passato, si sono concentrati su un’unica coltura da

reddito, chiamata monocoltura, che ha ridotto sensibilmente la biodiversità agricola nel

mondo. Le piante da monocoltura sono spesso varietà ibride di una specie tradizionale. Una

migliore varietà produce di più, così il contadino non si preoccupa di piantare la varietà più

vecchia, che lentamente sparisce. Con l’agricoltura tradizionale, i contadini tendevano a

coltivare una vasta varietà di piante e spesso allevavano anche il bestiame. Con l’avvento

Agricoltura

www.eat-ing.net

27

della monocoltura, le pratiche agricole tradizionali sono state in gran parte abbandonate. Un

gran numero di varietà di piante e razze di animali sono silenziosamente scomparse. Questa

sparizione è conosciuta come “estinzione”, ed è irreversibile.

L’agricoltura sta, quindi, perdendo la capacità di adattarsi ai cambiamenti ambientali, come

il riscaldamento globale o nuovi insetti nocivi e malattie. Se le attuali disponibilità alimentari

non riescono ad adattarsi ai mutamenti dell’ambiente, ci potremmo trovare veramente in

grave difficoltà. È estremamente importante proteggere queste risorse e assicurarsi che

siano usate in modo sostenibile. Gli agricoltori, come custodi della biodiversità del pianeta,

hanno la possibilità di coltivare e mantenere le piante e gli alberi locali e di riprodurre gli

animali autoctoni, assicurandone così la sopravvivenza.

Ma la perdita di biodiversità non riguarda solo l’agricoltura. Le foreste sono forse il più

importante deposito di diversità biologica, ma ogni anno perdiamo migliaia di ettari di

copertura forestale. Gli oceani, i laghi e i fiumi del pianeta brulicano di vita, ma lo

sfruttamento eccessivo e metodi di pesca dannosi per l’ambiente minacciano la biodiversità

acquatica.

Gli esperti sono seriamente preoccupati per questa rapida diminuzione delle riserve

genetiche. Disporre di una vasta gamma di caratteristiche uniche permette di selezionare

piante ed animali in grado di rispondere a mutamenti di condizione. Ciò fornisce, inoltre, agli

scienziati la materia prima di cui hanno bisogno per sviluppare varietà di colture e di razze

più produttive e resistenti.

Per i contadini poveri, la biodiversità può essere davvero la migliore difesa contro la fame:

infatti, nelle regioni del mondo dove i livelli di sottonutrizione sono i più alti, i contadini

hanno bisogno di colture che crescano bene in condizioni climatiche difficili avverse,

piuttosto che di varietà con un buon rendimento in condizioni favorevoli, o di animali di

taglia più piccola ma più resistenti alle malattie.

Anche i consumatori, sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo, traggono

beneficio dal disporre di un’ampia varietà di piante ed animali, perché ciò contribuisce in

modo decisivo ad una dieta nutriente: spesso le comunità rurali hanno un accesso limitato

ai mercati e diventa indispensabile la disponibilità della più ampia gamma di alimenti locali.

Preservare le piante, gli animali ed il loro ambiente vuol dire, infine, salvaguardare una serie

di funzioni essenziali che la natura fornisce: il suolo, grazie al lavoro silenzioso e continuo di

Agricoltura

www.eat-ing.net

28

insetti, batteri, funghi, vermi, diventa fertile e gli agricoltori possono coltivare gli alimenti; il

bestiame, i funghi ed i microrganismi scompongono il materiale organico, trasferendo gli

elementi nutritivi al terreno; formiche ed altri insetti tengono sotto controllo i parassiti; api,

farfalle, uccelli e pipistrelli impollinano gli alberi da frutta; le paludi e gli stagni filtrano gli

agenti inquinanti; le foreste ostacolano le inondazioni e limitano l’erosione; ecosistemi

integri negli oceani aiutano a mantenere stabili ed in buona salute le risorse ittiche,

garantendo, quindi, anche alle generazioni future la possibilità di continuare a pescare.

L’impegno internazionale affinché siano conservati piante ed animali nelle banche genetiche

e nei giardini botanici e zoologici è di vitale importanza. Per difendere questo prezioso

patrimonio è stato adottato il Trattato Internazionale sulle Risorse Fitogenetiche per

l’Alimentazione e l’Agricoltura, entrato in vigore il 29 giugno 2004.

Le serre e… l’effetto serra

Le coltivazioni effettuate in serra si dicono anche “colture protette”, poiché la produzione di

frutta e ortaggi, si esegue appunto in un ambiente protetto, influendo sul controllo dei

fattori ambientali che condizionano la crescita della pianta.

Nel sistema agro-industriale italiano, le serre rivestono una notevole importanza economica

sia per la loro estensione, oltre 40 mila ettari, sia per la produzione di prodotti ortfrutticoli

freschi a largo consumo e di prodotti floricoli.

In questi ultimi anni, in misura sempre crescente, la coltivazione in serra è stata oggetto di

un complesso processo evolutivo condotto attraverso l'ammodernamento tecnologico della

fase produttiva degli alimenti.

La coltivazione in serra, sebbene trovi nelle aree mediterranee condizioni climatiche più

favorevoli, deve risolvere problemi di ordine tecnico, ambientale ed energetico, poichè, per

definizione, deve contrastare i fattori ambientali naturali, come la temperatura, l’acqua e il

nutrimento tipici di un clima.

Le ”protezioni” impiegate per creare una serra vanno dal semplice tunnel in plastica, posto

sulla singola fila di colture, alle barriere antivento, ai tunnel in film plastico, fino alle serre in

in ferro od in alluminio, con coperture in vetro o in plastica, materiale, quest’ultimo, che ha

portato ad un crescente sviluppo delle serre negli ultimi decenni.

Agricoltura

www.eat-ing.net

29

Le colture protette interessano prevalentemente le colture orticole (circa 23 mila ettari), in

cui prevalgono ortaggi come i pomodori e i peperoni (appartenenti alla famiglia delle

solanacee) e come le zucchine, il cocomero, il melone, il cetriolo, la melanzana (della

famiglia delle cucurbitacee), oltre alle varietà floricole (coltivate per oltre 4 mila ettari) e in

misura minore alle coltivazioni arboree da frutto.

La serra è un sistema agricolo molto complesso, in cui l’impiego delle diverse tecnologie

innovative disponibili cerca di risolvere il contrasto esistente tra l’esigenza di far crescere le

colture, da un lato, e la necessità di limitare gli impatti di tipo energetico, ambientale ed

economico, dall’altro.

Tra le funzioni di controllo dei fattori ambientali più importanti, vi sono il riscaldamento del

terreno, il riscaldamento o raffreddamento dell’aria, l’aerazione, l’ombreggiamento con

schermature, l’illuminazione e, ovviamente, l’irrigazione con aggiunta di fertilizzanti.

Le potenzialità della coltivazione in serra sono notevoli: in media una serra consente di

aumentare di molte volte il valore della produzione ottenibile per unità di superficie nel

corso di un anno. Il problema delle serre è, però, energetico: questa è, infatti, la voce che

incide maggiormente nel costo di produzione delle colture in serra, oltre che costituire un

grave impatto a livello ambientale.

In Italia il “condizionamento”, ossia la regolazione dei fattori ambientali, riguarda circa il

30% delle serre e considera come fattori principali da controllare la temperatura, l’umidità,

il contenuto d’anidride carbonica dell’aria, la temperatura del terreno, l’intensità e durata

della luce. Circa il 20-30% delle serre italiane sono dotate d’impianti di riscaldamento.

Si calcola che per la sola climatizzazione il consumo diretto di energia rappresenta circa il

95% dell’energia globalmente necessaria alla produzione, con una incidenza sul costo totale

di produzione del 20-30%.

A ciò vanno sommati i consumi energetici indiretti, relativi ai materiali di struttura e

copertura in vetro e, soprattutto, in plastica: per le colture protette, in Italia, ogni anno, si

consumano circa 80 mila tonnellate di plastica, con notevoli problemi legati alla gestione del

materiale di scarto.

Anche se la serra pare un sistema svincolato dal territorio, i fattori esterni come il clima

locale, l’esposizione, la pendenza del terreno, l’altitudine e la ventosità influenzano

enormemente il bilancio energetico della serra.

Agricoltura

www.eat-ing.net

30

È per tale motivo che l’attenzione della ricerca si rivolge necessariamente sia verso una

tipologia di serra a “climatizzazione passiva o spontanea”, detta serra ”bio-climatica”,

oppure verso soluzioni di tipo industriale che ottimizzino il clima interno con sistemi

automatici molto efficienti.

Agricoltura

www.eat-ing.net

31

LE BIOTECNOLOGIE

La “rivoluzione genetica”

Alla luce della crisi alimentare attuale, per aumentare la produzione agricola a livello

mondiale è possibile espandere la superficie coltivata, ma le aree ad oggi disponibili sono

sempre meno: in Asia, ad esempio, il suolo coltivabile è già tutto utilizzato.

In ogni caso, l’estensione di aree coltivabili consentirebbe un incremento della produzione

agricola solo del 20%, con impatti ambientali sulle risorse naturali sempre più significativi.

In alternativa sarebbe possibile intensificare la produzione stessa, introducendo tecniche

ancora più invasive di quelle attualmente adottate, ma ciò porterebbe ad un aumento non

superiore al 10%.

Il contributo più significativo all’aumento della disponibilità dei prodotti agricoli sembra

derivare, invece, dal miglioramento delle tecnologie: questo determinerebbe il 70% in più di

produzione agricola mondiale.

Le biotecnologie, così come definite dalla Convenzione sulla Diversità Biologica nel 1992,

non riguardano solo gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM), ma un insieme di

prodotti come i vaccini, le varietà migliorate, le piante micropropagate (ossia libere da

virus).

L’applicazione delle tecnologie all’agricoltura deve avere come scopo principale la risoluzione

dei problemi di fame e povertà nei paesi in via di sviluppo, consentendo di incrementare la

produzione dei piccoli agricoltori locali, e deve rispondere a rigidi criteri legati alla

biosicurezza, ossia alla salute dell’uomo, alla tutela della biodiversità e alla sostenibilità

ecologica.

Il Brasile, l’India e la Cina, paesi ad alto tasso di crescita, stanno attualmente ottenendo

risultati avanzati nel campo delle biotecnologie agricole Tra i paesi in via di sviluppo, invece,

23 paesi sono capaci di applicare le biotecnologie attraverso progetti di sviluppo; 14

sviluppano e applicano alcune biotecnologie.

Agricoltura

www.eat-ing.net

32

Grazie all’introduzione di varietà di colture ad alto rendimento, di prodotti chimici e di nuove

tecniche di irrigazione, la cosiddetta Rivoluzione Verde degli anni ’60 e ’70 ha incrementato

la produttività dei raccolti e ha aiutato milioni di persone a combattere fame e povertà.

Oggi però molti piccoli coltivatori non riescono ad andare oltre un’agricoltura di sussistenza

e ogni giorno più di 854 milioni di persone, secondo le ultime stime della FAO, non hanno

abbastanza da mangiare. Sono miliardi coloro che soffrono di carenze di oligoelementi, una

forma insidiosa di malnutrizione dovuta ad una dieta squilibrata. E nei prossimi trent’anni ci

saranno altri due miliardi di persone al mondo da nutrire - mentre le risorse naturali da cui

dipende l’agricoltura diventano sempre più fragili.

L’uso delle biotecnologie in agricoltura, la “Rivoluzione Genetica”, può dare una risposta a

questi problemi? Esistono due scuole di pensiero al riguardo che portano avanti negli ultimi

decenni un dibattito a livello mondiale.

La modificazione biologica ad opera dell’uomo si perde nella notte dei tempi e può

probabilmente farsi risalire a quando i nostri antenati hanno cominciato ad usare

microrganismi per fare il pane, il vino e il formaggio. La moderna biotecnologia è stata resa

possibile grazie all’applicazione di tecniche di biologia molecolare, che consistono nel

“tagliare e incollare” i geni da una cellula all’altra.

Gli OGM – Organismi geneticamente modificati, sono unnuovo tipo di ingegneria genetica ,

oggi al centro di una polemica in corso.

I suoi sostenitori affermano che è essenziale per combattere l’insicurezza alimentare e la

malnutrizione nei paesi in via di sviluppo. Gli oppositori replicano che rischia di causare

gravi danni all’ambiente, di aumentare la fame e la povertà e di aprire la strada al totale

controllo delle grandi multinazionali sull’agricoltura tradizionale e sulla produzione

alimentare.

Da un lato, ci sono valide argomentazioni a favore della modifica della composizione

genetica delle colture alimentari.

Una produttività agricola intensificata e una minore variazione stagionale delle scorte,

ottenuta dalle coltivazioni OGM, potrebbero far incrementare la quantità e la varietà dei

prodotti alimentari a disposizione. Non solo, ma grazie gli OGM si potrebbero ottenere

colture resistenti ai parassiti e alla siccità e ridurre così il rischio di perdere i raccolti a causa

delle scarse precipitazioni e delle malattie. Si potrebbero migliorare le varietà vegetali con

Agricoltura

www.eat-ing.net

33

l’aggiunta di maggiori elementi nutritivi e vitamine per combattere le carenze alimentari che

colpiscono così tanti poveri nel mondo. Si potrebbero coltivare le terre marginali,

aumentando la produzione alimentare complessiva.

La biotecnologia potrebbe inoltre consentire di ridurre l’uso di pesticidi tossici e di migliorare

l’efficacia dei fertilizzanti e di altri correttori della composizione del suolo.

Dall’altro lato, però, la valutazione scientifica degli effetti che l’ingegneria genetica applicata

alle colture potrebbe avere sull’ambiente e sulla salute umana è ancora agli inizi e dovrà

essere condotta caso per caso.

La FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, sottolinea la

necessità di garantire che gli eventuali vantaggi della biotecnologia in agricoltura siano

condivisi da tutti, e non solo da pochi eletti. Gli agricoltori e i consumatori poveri dei paesi

in via di sviluppo potrebbero trarne grandi benefici, ma finora, tranne in alcuni casi, nello

sviluppo del settore biotech pare che i problemi dei poveri siano ignorati, a favore delle

multinazionali.

Contrariamente alla “rivoluzione verde”, introdotta con un programma internazionale di

ricerca agricola pubblica avente lo scopo specifico di creare e trasferire tecnologie al mondo

in via di sviluppo come beni pubblici gratuiti, la “rivoluzione genetica” è principalmente

condotta dal settore privato, che punta allo sviluppo di prodotti commerciali destinati ad un

vasto mercato.

Attualmente sono in atto programmi di ricerca biotech, sia privati che pubblici, su oltre 40

colture, ma esistono pochi grandi programmi pubblici, o privati, che affrontino i problemi dei

piccoli agricoltori dei paesi poveri e, soprattutto, che investano in modo significativo nelle

nuove tecnologie genetiche per le cosiddette “colture orfane”, ad esempio il fagiolo

dell’occhio, il miglio, il sorgo, che sono invece decisive per l’alimentazione e le condizioni di

vita dei più poveri del mondo.

Sono state trascurate anche le colture alimentari basilari per le popolazioni povere - grano,

riso, mais bianco, patata e manioca. Si presta, inoltre, poca attenzione a caratteristiche

delle coltivazioni biotech che potrebbero aiutare queste popolazioni - tolleranza alla siccità e

alla salinità, resistenza alle malattie, maggiore valore nutritivo, per concentrarsi

maggiormente sulla resistenza agli erbicidi.

Agricoltura

www.eat-ing.net

34

Le biotecnologie possono decisamente avere un grande potenziale nella lotta alla fame, ma

ancora troppe questioni rimangono senza risposta.

Come rendere disponibili per il maggior numero di agricoltori nel maggior numero di paesi le

tecnologie della Rivoluzione Genetica? Seguendo quale direzione di ricerca le biotecnologie

potrebbero rappresentare un beneficio diretto per i poveri e chi metterà a punto nuove

tecniche per la maggioranza dei paesi in via di sviluppo, troppo piccoli in termini di

potenzialità di mercato per attrarre grossi investimenti privati e troppo deboli dal punto di

vista delle capacità scientifiche per sviluppare innovazioni proprie? Come possiamo facilitare

lo sviluppo e la diffusione internazionale di organismi transgenici sicuri e promuovere la

condivisione della loro proprietà intellettuale per il bene pubblico?

Un’altra questione importante: come assicurare che i paesi, in particolare quelli in via di

sviluppo con difficoltà finanziarie, riescano ad istituire adeguati sistemi di valutazione dei

rischi per l’ambiente e la salute umana, sia prima che durante l’impiego delle biotecnologie?

Gli OGM in agricoltura

Gli Organismi Geneticamente Modificati (OGM) rappresentano una delle più discusse

biotecnologie ad oggi utilizzate in agricoltura per aumentare la produzione.

Dal 1997 al 2007 la superficie mondiale coltivata con OGM si è decuplicata, passando da 11

a 114 milioni di ettari.

Le piante oggetto di modificazioni genetiche sono soprattutto mais, soia, colza, papaia,

zucca e cotone.

Tra i principali Paesi in cui vengono coltivati OGM, gli Stati Uniti sono in testa, con il 50%

della superficie globale coltivata ad OGM, seguiti da Argentina, Brasile e Canada. In Italia la

coltivazione di OGM a scopi commerciali non è consentita, tuttavia l’Italia importa dall’estero

OGM per soddisfare il proprio fabbisogno interno, come ad esempio dagli Stati Uniti, da cui

provengono soia e mais transgenici che confluiscono nel 60% del nostro cibo.

Uno degli obiettivi delle coltivazioni GM (Geneticamente Modificate) è rappresentato dalla

capacità della pianta GM di essere resistente agli erbicidi utilizzati per eliminare le piante

infestanti, in modo tale che l’agricoltore possa applicare in modo diffuso il diserbante con la

garanzia di non eliminare la propria coltura.

Agricoltura

www.eat-ing.net

35

Gli OGM più diffusi nel 2006 sono stati soprattutto soia (57%), mais (25%), cotone (13%) e

colza (5%). Per la prima volta, sempre nel 2006, è stata coltivata negli USA l’erba medica

(su circa 80 mila ettari).

L’intervento dell'ingegneria genetica ha permesso di modificare queste colture per conferire

loro principalmente due caratteristiche: la resistenza agli erbicidi e la resistenza agli insetti.

Il 68% degli OGM coltivati sono stati “costruiti” in modo che siano in grado di sopravvivere

all’irrorazione degli erbicidi, mentre il 19% determina la morte di quegli insetti che si

nutrono della pianta stessa (“esprimendo” la proteina Bt, che attacca l’apparato digerente

dei parassiti e ne determina la morte).

Infine, il 13% è composto da piante che presentano entrambi i caratteri di resistenza ad un

erbicida o di resistenza ad insetti.

La tendenza attuale della ricerca internazionale sembra essere maggiormente orientata

verso la creazione di OGM resistenti a organismi patogeni, come i virus, più che agli erbicidi,

e verso l’individuazione di geni portatori di qualità e resistenti a stress ambientali.

Già prima dell’arrivo degli OGM, le principali industrie sementiere selezionavano, con metodi

tradizionali (cioè per incroci successivi), le piante più adatte ad assorbire fertilizzanti o più

resistenti ai pesticidi. Con l’avvento dell’ingegneria genetica, le multinazionali

dell’agrochimica che producono fertilizzanti e pesticidi, come Bayer, Monsanto, Syngenta,

BASF e Dupont, hanno esteso le loro attività anche alla produzione sementiera con

l’obiettivo di creare coltivazioni OGM funzionali all'uso di input chimici. In questo modo si

vendono semi transgenici corredati di prodotti che aumentano la produttività delle

coltivazioni, come gli erbicidi, senza danneggiare le colture.

L’esempio più noto è quello della Monsanto, multinazionale agrochimica che ha investito

nella ricerca biotecnologica per sviluppare sementi che resistessero al suo principale

prodotto: l’erbicida Round Up. Il brevetto sul suo principio attivo, il glifosato, era scaduto

nel 2000 esponendo la Monsanto alla concorrenza di altre aziende. La risposta della

multinazionale sarebbe dovuta essere quella di ridurre il prezzo del Round Up e di rinunciare

ad una parte dei profitti, per continuare a garantirsi un livello alto di vendite. Gli Ogm

“Round Up Ready” (resistenti al glifosato) sono stati una soluzione ottimale: chi avrebbe

acquistato le sementi Monsanto sarebbe stato vincolato all’utilizzo dell’erbicida “abbinato”.

In questo modo la concorrenza non avrebbe trovato spazi di mercato da occupare.

Agricoltura

www.eat-ing.net

36

“Brevettare” un organismo vivente

Le leggi di molti Paesi permettono di brevettare i semi GM trasformandoli, quindi, in un

prodotto di proprietà dell’azienda.

L’azienda che vende agli agricoltori i pacchetti “OGM-pesticida” guadagna, quindi, in tre

passaggi diversi: nella vendita del pesticida, nella vendita della coltura transgenica

resistente al pesticida e nell’applicazione dei diritti sul brevetto (royalties), che si

concretizza con un sovrapprezzo rispetto alle sementi tradizionali. In particolare, l'azienda

può esigere che gli agricoltori ricomprino i semi ogni anno, o che paghino i diritti sulla

tecnologia della semente transgenica quando utilizzano una parte del raccolto precedente

per la nuova semina.

D’altro canto i contadini non sono convinti che sia giusto riconoscere questi diritti speciali

alle aziende che vendono i semi GM: è vero che esse hanno messo a punto delle

caratteristiche nuove nei loro prodotti, ma è anche vero che la materia prima di partenza, il

DNA delle specie viventi, è un patrimonio comune, frutto di centinaia di milioni di anni di

evoluzione naturale e interazioni anche con l’uomo, specialmente con gli allevatori e i

contadini di migliaia di generazioni.

Da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti , con una sentenza della del 1980, ha stabilito

che un microrganismo che “mangiava il petrolio” poteva essere brevettato (il brevetto

appartiene all’industriale Chakrabarty), come se fosse stato un ritrovato tecnologico “frutto

dell’ingegno umano” e non un essere vivente, tutte le aziende sementiere, e poi

agrochimiche, hanno cominciato a rivendicare diritti sulle piante ottenute in laboratorio,

come se fossero semplici manufatti.

Fino all'arrivo degli OGM ogni contadino poteva conservare una parte del raccolto per

riseminare alla stagione successiva senza dover niente a nessuno. Invece, da quando

comincia a produrre coi semi “inventati” e brevettati dai biotecnologi di un'industria, ad ogni

semina dovrà pagare una quota, anche se l'industria non fa più nessuno sforzo. Un po' come

comprare una mucca, curarla ed alimentarla a proprie spese e dover pagare una tassa a chi

ce l'ha venduta tutte le volte che la mungiamo.

In Europa non esiste una posizione di divieto alla coltivazione di OGM e gli Stati Membri

possono decidere se destinare parte della propria produzione agricola agli OGM. La Direttiva

Agricoltura

www.eat-ing.net

37

2001/18/CE stabilisce, quindi, le procedure di valutazione, valide all’interno dell’Unione

Europea, a cui devono essere sottoposte le sementi per poter essere classificate nel

Catalogo Comunitario e successivamente commercializzate all’interno dell’Unione Europea.

La Spagna è al primo posto tra i paesi europei per la coltivazione di OGM, con 75 mila ettari

di organismi geneticamente modificati, seguito dalla Francia con 22 mila ettari.

In Italia, la coltivazione di OGM è destinata ai soli scopi di ricerca – e non commerciali – con

particolare attenzione al mais (sperimentazione riprodotta nel 98% dei casi), seguito da

pomodoro (48%), barbabietola (39%), melanzana e cicoria (10%).

Tuttavia, la crescente domanda alimentare e il mancato investimento dell’Italia in ricerca e

sviluppo di varietà di mais più produttive e più adatte alle esigenze italiane fanno sì che

l’Italia diventi sempre meno autosufficiente per l’approvvigionamento di mais e soia,

alimenti che vengono, quindi, importati da paesi produttori di OGM, con conseguente rincaro

dei costi per il consumatore.

OGM e paesi in via di sviluppo

Per attenuare il diffusissimo problema della denutrizione le coltivazioni di OGM dovrebbero

raggiungere soprattutto i paesi in via di sviluppo, dove, però, gli investimenti in

biotecnologie agricole riguardano solo il 4% dei complessivi 3 miliardi di dollari investiti dalle

10 principali multinazionali nel mondo17.

I paesi in via di sviluppo dovrebbero dunque avere la possibilità di acquisire conoscenza e

sviluppare autonomamente strumenti per utilizzare gli OGM a proprio vantaggio (e non a

vantaggio del mercato dei paesi occidentali).

Ma per fare ciò occorre la volontà politica, affinché l’1% del PIL agricolo dei paesi in via di

sviluppo (e non l’attuale 0,1%) sia investito in ricerca per sviluppare OGM specifici per l’area

geografica in esame.

17 FAO, www.fao.org

Agricoltura

www.eat-ing.net

38

L’AGRICOLTURA SOSTENIBILE

L’agricoltura sostenibile nasce in risposta ai problemi ambientali provocati dalla “rivoluzione

verde” e dai suoi metodi produttivi ad alto impatto ambientale (intenso utilizzo di acqua, di

pesticidi e fertilizzanti chimici).

Proprio per evidenziare il contrasto tra questi due metodi produttivi, il movimento mondiale

verso l’agricoltura sostenibile è stato definito “la vera rivoluzione verde”.

Coltivare in modo sostenibile significa promuovere la biodiversità, tutelare l’ambiente,

prediligere le produzioni locali, garantire il rispetto dei diritti umani dei lavoratori, tutelare le

comunità e assicurare la sostenibilità economica del sistema agricolo senza dimenticare i

piccoli produttori.

Per poter arginare gli impatti ambientali delle moderne produzioni agricole e per poter

quindi rendere l’agricoltura più sostenibile, una delle soluzioni adottate è il ritorno ai

tradizionali metodi di coltivazione del passato, come, ad esempio, l’agricoltura biologica o

quella conservativa. Allo stesso tempo, l’incontro tra saperi tradizionali e nuove filosofie, in

un’ottica sostenibile, ha dato vita a nuove tecniche come l’agricoltura integrata e

l’agricoltura biodinamica.

Agricoltura biologica

Esistono vari metodi per poter coltivare in modo sostenibile e l’agricoltura biologica è uno di

questi: si tratta di un metodo di produzione definito e disciplinato a livello comunitario dal

Regolamento CEE 2092/9118 e a livello internazionale dall’International Federation of

Organic Agricolture Movements - IFOAM19

Il metodo di produzione biologico rispetta l’ambiente perché non ricorre a prodotti chimici di

sintesi, come pesticidi e fertilizzanti; contro i parassiti, usa invece prodotti di origine

naturale (rame, zolfo, estratti di piante) e, per fertilizzare il terreno, utilizza concimi

naturali. I prodotti dell’agricoltura biologica non sono, però, totalmente privi di residui di

prodotti chimici di sintesi, a causa della presenza nel suolo e nelle acque di inquinanti

provenienti dai campi dove queste sostanze vengono utilizzate.

18 REGOLAMENTO CEE 2092/91, http://europa.eu/ 19IFOAM, http://www.ifoam.org/

Agricoltura

www.eat-ing.net

39

Inoltre, l’uso di elementi presenti in natura, come il rame e i concimi, non esclude che vi sia

danno per l’ambiente, ma almeno garantisce che le sostanze introdotte siano riconosciute

dai microrganismi e biodegradate nel tempo: in natura, infatti, praticamente tutte le

sostanze possono provocare un danno ad organismi viventi, ma quello che permette di

identificare una sostanza come tossica è la dose che provoca effetti dannosi. Come diceva

Paracelso “È la dose che fa il veleno” e, finché sostanze tossiche introdotte nell’ambiente

possono essere smaltite e metabolizzate dagli organismi presenti, l’inquinamento resta

contenuto.

Altre caratteristiche proprie dell’agricoltura biologica riguardano:

� la rotazione delle colture, in questo modo, da un lato si impedisce ai parassiti di trovare

l'ambiente favorevole al loro proliferare, e dall'altro si utilizzano in modo più razionale e

meno intensivo le sostanze nutrienti del terreno;

� l’aratura superficiale;

� l’utilizzo di insetti utili per contrastare gli insetti dannosi per le coltivazioni;

� la presenza di siepi divisorie e alberi che danno ospitalità ai predatori naturali dei

parassiti e fungono da barriera fisica a possibili inquinamenti esterni;

� il ricorso ad energia proveniente da fonti rinnovabili;

� l’assenza di OGM – Organismi Geneticamente Modificati;

� la coltivazione contemporanea di piante diverse, l'una sgradita ai parassiti dell'altra.

L’agricoltura biologica non è un sistema innovativo, infatti, prima dell’invenzione dei

pesticidi e dei fertilizzanti chimici, era l’unica tipologia di coltivazione utilizzata al mondo! In

molti dei paesi del mondo in cui la “rivoluzione verde” degli anni ‘60 non è arrivata, ancora

oggi si coltiva in modo del tutto biologico! Basti pensare che l’80% dei coltivatori dei paesi

in via di sviluppo non dovrebbero cambiare in alcun modo i loro sistemi di produzione se

decidessero di essere certificati “biologici”20! Oltre che in questi paesi, che producono

biologico senza certificazione, l’agricoltura biologica a livello mondiale è praticata in oltre

20 E. MILLSTONE, T. LANG, The Atlas of food, Earthscan, London,2003, p. 56

Agricoltura

www.eat-ing.net

40

120 nazioni! Secondo le più recenti indagini, sono attualmente coltivati a biologico circa 31

milioni di ettari da oltre 634 mila aziende agricole.

Il continente con l’estensione maggiore di superfici coltivate a biologico, pari al 39% del

totale mondiale, è l’Oceania; al secondo posto si colloca l’Europa (23%) seguita dall’America

Latina (19%); in Asia, Nord America e Africa le superfici coltivate a biologico non sono

molto diffuse.

Le nazioni con maggiori superfici destinate al biologico sono l’Australia (con poco meno di

12 milioni di ettari), l’Argentina (3,1 milioni), la Cina (2,3 milioni), gli Stati Uniti (1,6

milioni) e l’Italia (1,07 milioni).21

Distribuzione percentuale delle produzioni biologiche per continente nel 2005

39%

23%

19%

9%

7%3%

Oceania Europa America Latina Asia Nord America Africa

Fonte: Fibl - IFOAM

21 ISMEA, Il mercato dei prodotti biologici, tendenze generali nelle principali filiere, 2007, p. 10

Agricoltura

www.eat-ing.net

41

Agricoltura integrata

L’agricoltura integrata si propone di garantire un minor impatto ambientale, di tutelare la

biodiversità e di ridurre i rischi per la salute dei lavoratori agricoli e dei consumatori,

riducendo al minimo l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi (come pesticidi e fertilizzanti) e

prediligendo, al loro posto, prodotti naturali.

Si utilizza il sistema della lotta integrata, che prevede l’utilizzo di strumenti molteplici e

combinati sapientemente fra di loro per combattere gli attacchi parassitari: metodi che

valorizzano le risorse naturali oltre che i meccanismi di regolazione degli ecosistemi e

metodi chimici sono accuratamente equilibrati. Il risultato è una riduzione (rispetto al

massimo ammesso per legge) del residuo di fitofarmaci sul prodotto che mangiamo,

assicurando un maggiore rispetto ambientale e riducendo le fonti attuali di inquinamento

agricolo dell'ambiente.

Inoltre questo sistema cerca di utilizzare l’acqua in modo razionale, previene i fenomeni

erosivi e garantisce la fertilità del suolo, praticando l’avvicendamento colturale oltre che la

pratica “sovescio” che consiste nell'interramento di apposite colture allo scopo di mantenere

o aumentare la fertilità del terreno.

Agricoltura conservativa

L'agricoltura conservativa consiste in una serie di pratiche agronomiche che permettono una

migliore gestione del suolo, limitano gli effetti negativi sulla sua composizione e struttura,

sul contenuto di sostanza organica e sul processo di erosione e conseguente degradazione.

L’agricoltura conservativa si distingue per l’utilizzo di alcune tecniche, come, ad esempio, la

semina diretta sul terreno non lavorato o lavorato al minimo e l’assenza di bruciatura o

interramento dei residui delle colture.

I vantaggi di questo sistema produttivo sono molteplici: si passa dalla riduzione del

consumo di energia, dovuto al modesto impiego di macchine agricole, alla conseguente

riduzione di emissioni di CO2 in atmosfera. Inoltre altri benefici consistono nella riduzione

Agricoltura

www.eat-ing.net

42

dei costi di produzione e, in un ottica etica, nella salvaguardia dell'ambiente e delle risorse

naturali per le generazioni future.22

Agricoltura biodinamica

L’agricoltura biodinamica, ispirata all’ ”antroposofia” di R. Steiner, si basa sul presupposto

che l’azienda agricola è un vero e proprio organismo vivente autosufficiente, inserito nel più

grande organismo vivente cosmico, alle cui influenze soggiace. I ritmi cosmici influenzano i

calendari di semina, coltivazione e raccolta. Le tecniche più utilizzate sono le rotazioni

agricole, i preparati biodinamici, il compostaggio, le lavorazioni non distruttive del terreno e

la concimazione di qualità attraverso i sovesci e le concimazione con compost biodinamici.

22 EUROPEAN CONSERVATION AGRICULTURE FEDERATION (ECAF), http://www.ecaf.org/

Agricoltura

www.eat-ing.net

43

L’ARTE DI CONSERVARE

Forse è banale ricordarlo, ma i succhi di frutta, la pasta, la marmellata, gli spinaci “4 salti in

padella”, la passata di pomodoro e i carciofini sott’olio che mettiamo nel nostro toast farcito

sono tutti prodotti agricoli che subiscono un processo di trasformazione alimentare. Alcuni di

questi prodotti vengono processati solo per essere conservati a lungo, altri subiscono un

processo di trasformazione che produce un alimento differente (dal grano alla pasta o al

pane), altri ancora invece vengono cucinati per essere facilmente preparati dal consumatore

frettoloso che non ha tempo da perdere in cucina.

L’arte della conservazione degli alimenti ha origini molto lontane: da sempre l’uomo ha

dovuto relazionarsi con la stagionalità dei prodotti alimentari e con i ritmi annuali di crescita

delle piante; da sempre ha cercato di modificare e contrastare i tempi naturali della

produzione agricola, da un lato differenziando le colture in modo da poter avere tutto l’anno

prodotti commestibili (pomodori d’inverno e cavoli d’estate), dall’altro elaborando metodi

efficaci di conservazione dei prodotti vegetali, per poterli utilizzare tutto l’anno.

Aristotele consigliava di avvolgere le mele in uno strato d’argilla per isolarle dall’aria e

quindi per farle durare più a lungo; ma nei secoli i metodi di conservazione più usati furono

quelli dell’essiccazione al sole (es. fichi o pomodori secchi), della salatura (es. capperi), e

della affumicatura con l’ausilio del fumo (tecnica utilizzata maggiormente per carne e

pesce). Altri procedimenti furono quelli a base di aceto (es. cetrioli sott’aceto) e di olio (es.

carciofi sott’olio) oppure di zucchero (es. marmellate di frutta).

Altre tecniche, come quella della fermentazione, consentirono all’uomo di inventare prodotti

come la birra o di conservare verdure come il cavolo (es. crauti)23. Non dimentichiamo poi i

frigoriferi e congelatori! Con la nascita dell’industria del freddo, che mise a disposizione i

primi frigoriferi, si ebbe la svolta decisiva nel campo della conservazione degli alimenti, che

oggi si mantengono a lungo senza che il loro sapore venga alterato.

La lavorazione del cibo, insomma, è un processo antico, ma solo con l’industrializzazione del

XIX sec, grazie ai nuovi processi tecnologici e con l’avvento dei consumi di massa, hanno

iniziato ad emergere le grandi imprese di trasformazione alimentare. Oggi sono numerose,

23 M. MONTANARI, Il cibo come cultura, Laterza, Bari, 2004, pp. 17-22

Agricoltura

www.eat-ing.net

44

in Italia e nel mondo, le grandi aziende dell’industria alimentare che producono pasta, pane,

biscotti, conserve e via dicendo.

Tutti i passaggi e le fasi della produzione e trasformazione industriale sono da tenere in

considerazione se si vuole avere un’idea completa degli impatti ambientali e sociali causati

dalla filiera agroalimentare nel suo insieme.

Agricoltura

www.eat-ing.net

45

A TAVOLA E’ ESTATE TUTTO L’ANNO – FOOD MILES

La frutta e la verdura che mangiamo ogni giorno proviene spesso da molto lontano anche se

non ne siamo consapevoli. Mangiamo meloni provenienti dal Brasile, arance provenienti

dalla Spagna, banane e ananas provenienti dal sud America.

La distanza tra il produttore e il consumatore si è estesa notevolmente da quando il

commercio mondiale di cibo è cresciuto. Il risultato è che oggi le catene di fornitura sono

lunghe e molto complesse e di conseguenza noi consumatori spesso non conosciamo la

provenienza dei cibi che mangiamo, né tanto meno gli impatti ambientali generati dal

trasporto di cibo sulle lunghe distanze. Lo sapevate che un mazzo di lattuga prodotta in

California e spedita via aereo a Londra emette circa 5 chilogrammi di anidride carbonica?

Il trasporto aereo è di sicuro il più inquinante, ogni tonnellata di prodotti trasportata via

aerea emette infatti 799 grammi di CO2 al chilometro; il trasporto via gomma ne emette

98,6 mentre quello via mare solo 13 grammi24!

Sulle nostre tavole è estate tutto l’anno, pomodori, zucchine e fragole sono prodotti

tipicamente estivi, ma noi li mangiamo anche d’inverno: li importiamo dall’altro emisfero

terrestre, dove è estate mentre da noi è inverno. Tonnellate su tonnellate di gas serra

vengono emesse indirettamente ogni anno dal consumo di frutta e verdura fuori stagione! Vi

basti pensare che la frutta e la verdura importate che una sola famiglia consuma in una

settimana percorre complessivamente distanze tali che, se sommate, equivarrebbero a

numerosi viaggi intorno all’equatore! Fate voi il calcolo!

Un chilo di.. .. trasportato in aereo.. .. emette

Lattuga Dalla California a Londra 5 kg di CO2

Asparagi Dal Cile a New York 4,7 kg di CO2

Carote Dal Sudafrica a Londra 5,5 kg di CO2

24 E. MILLSTONE, T. LANG, The Atlas of food, Earthscan, London,2003, pp. 66 - 67

Agricoltura

www.eat-ing.net

46

CONSUMI SOSTENIBILI

Pasta, pane, olio, caffè, tè , zucchero, conserve, frutta fresca e verdura sono tutti prodotti

agricoli che non mancano sulle nostre tavole.

In Italia i derivati dei cerali (pane e pasta), frutta e verdura, zucchero, caffè, the e olio

pesano complessivamente per circa il 38% su tutti gli acquisti agroalimentari delle

famiglie25.

Composizione della spesa domestica nazionale di prodotti agro-alimentari nel 2006

23,4%

18,2%

16,8%

14,8%

8,9%

5,7%

5,5%

3,9%2,8%

Carne, salumi, uova Latte e derivati Ortofrutta

Derivati dei cereali Ittici Bevande analcoliche

Bevande alcoliche Olio e grassi Zucchero, sale, caffè, the

Fonte: elaborazione su dati ISMEA – ACNielsen Homescan

Gli italiani sono i maggiori consumatori di pasta a livello mondiale: ognuno di noi ne

consuma in media 27 chili all'anno (il triplo rispetto agli Usa e agli altri Paesi europei); sono

invece 66 i chilogrammi di pane consumati per persona in un anno26.

25 ISMEA, Gli acquisti alimentari in Italia: tendenze recenti e nuovi profili di consumo, 2007, p. 12 26 COLDIRETTI, www.coldiretti.it

Agricoltura

www.eat-ing.net

47

La maggior parte del pane (55,5%) viene acquistato presso i punti della grande

distribuzione, in prevalenza nei supermercati; solo il 28% del pane viene acquistato dal

panettiere!

Anche frutta e verdura vengono acquistate prevalentemente nei supermercati,

rispettivamente il 54% e il 49%; dai fruttivendoli viene acquistato circa il 20% della frutta e

della verdura, così come al mercato, dove si acquista il 18% della frutta e il 20% della

verdura.

Il modo per rendere questi consumi più sostenibili è semplice: si tratta di piccoli

accorgimenti che possono diminuire il nostro impatto ambientale sull’ambiente. Vediamo

come.

Scegli verdura non imballata

Avete idea di quanti imballaggi alimentari finiscono nella spazzatura ogni giorno?

Provate a prestare attenzione a tutte le vaschette di frutta e verdura che buttate dopo aver

riposto il loro contenuto nel frigorifero, oppure ai sacchetti di plastica, a quelli di carta, alle

confezioni di cartone che contengono la pasta e così via.

Al supermercato, la frutta e la verdura sono spesso imballate in vaschette a volte più

voluminose e pesanti di quello che contengono! Uno spreco di risorse, in termini di energia e

materia prima, impiegate per produrre gli imballaggi che, una volta diventati rifiuto, si

trasformano in un problema da smaltire.

Provate a scegliere la verdura e la frutta meno imballate, in molti supermercati è ancora

possibile farlo, altrimenti nei mercati rionali o dal fruttivendolo potete scegliere ciò che

volete e riporlo in sacchetti di carta, evitando così di dover buttare via vaschette di plastica.

Poi, in pochi supermercati, ancora per il momento, è poi possibile acquistare prodotti sfusi,

caffè, cereali, pasta, riso, legumi, spezie, frutta secca. Ciò consente di ridurre sensibilmente

l’impatto ambientale, che oggi in Italia è generato da circa 11 milioni di tonnellate all’anno

di imballaggi destinate in gran parte a trasformarsi in rifiuti, di cui solo una parte può essere

riciclata, a patto che noi consumatori differenziamo gli imballaggi!

Agricoltura

www.eat-ing.net

48

Scegli prodotti dell’agricoltura sostenibile

Come abbiamo visto l’agricoltura industriale ha impatti negativi sull’ambiente: scegliere

prodotti provenienti dall’agricoltura biologica certificata, dall’agricoltura integrata,

biodinamica o conservativa è un gesto che consente di diminuire notevolmente il proprio

contributo all’inquinamento del pianeta. Se, poi, abitate in zone circondate dalle campagne,

è molto probabile che la cascina vicino a casa venda una parte di carne e ortaggi, di

produzione propria, che eccedono rispetto al fabbisogno della cascina stessa.

Evita sprechi di cibo

Ogni giorno finiscono nelle discariche italiane 4 mila tonnellate di alimenti che gli italiani

acquistano ma non consumano: il 15% del pane e della pasta e il 12% della verdura e della

frutta. Ognuno di noi in un anno butta in pattumiera circa 27 Kg di cibo commestibile e,

insieme ad esso, butta via anche più di 500 euro di spesa.

D’estate, poi, aumenta la deperibilità degli alimenti: secondo la Coldiretti un frutto su

quattro rischia di essere sprecato! Per ottimizzare la spesa e non buttare via niente, la

Coldiretti ha elaborato un vademecum con i consigli da seguire per mantenere la freschezza

della frutta e verdura acquistata dal campo, al banco del rivenditore fino alla tavola dei

consumatori.

1. Nel punto di vendita effettuate acquisti ridotti e ripetuti nel tempo e scegliete i frutti

con il giusto grado di maturazione, non appassiti; verificate l'etichettatura e preferire

le produzioni e le varietà locali che non essendo soggette a lunghi tempi di trasporto

garantiscono maggiore freschezza; preferite varietà di stagione che hanno tempi di

maturazione naturali.

2. Per quanto riguarda il trasporto, fate la spesa poco prima di recarvi a casa ed evitate

di lasciare troppo a lungo la frutta e verdura dove il sole e le alte temperature

favoriscono i processi di maturazione. Mantenete separate le confezioni delle diverse

varietà di frutta e verdura acquistate, quindi riponetele in contenitori di carta

piuttosto che in buste di plastica.

3. Tra le mura domestiche, mantenete separata la frutta e verdura che si intende

consumare a breve da quella che si intende conservare più a lungo: la prima può

essere messa in un portafrutta al buio eventualmente coperta da un tovagliolo e

Agricoltura

www.eat-ing.net

49

comunque lontano dai raggi del sole, mentre la seconda va posta in frigorifero, ma

lontano dalle pareti refrigeranti.

Scegli prodotti di stagione

Frutta e verdura fuori stagione sono presenti tutto l’anno sulle nostre tavole, provengono

dalle coltivazioni in serra o dall’estero: scegliere di mangiare prodotti di stagione significa

diminuire l’inquinamento prodotto dal trasporto di questi beni sulle lunghe distanze ma

anche evitare il costo energetico delle produzioni in serra.

Scegli prodotti locali o prodotti equi

I prodotti della terra che vengono da lontano, come abbiamo visto, emettono molti gas

effetto serra a causa del trasporto aereo o su gomma. Del cibo prodotto all’estero spesso

non si hanno nemmeno informazioni certe sulle condizioni dei lavoratori o sul rispetto dei

loro diritti umani: in molti casi si verificano abusi, anche qui in Italia.

Per avere garanzie sulla tutela dei diritti delle persone che, nel mondo, producono cibo

basta prediligere gli alimenti del commercio equo e solidale (Ctm Altromercato, Fair trade),

prodotti e messi in commercio nel rispetto dei diritti umani e volti ad aiutare lo sviluppo

delle comunità.

Agricoltura

www.eat-ing.net

50

IL POMODORO

Una vita senza pomodoro?

In Italia è ben difficile immaginare di vivere senza pomodoro! Sulla pizza, sulla pasta,

nell’insalata.. in molti dei piatti della nostra tradizione culinaria figura il pomodoro, un

vegetale appartenente alla famiglia delle Solanacee, che matura in estate e ama i climi

temperati. Il suo valore alimentare è scarso mentre è elevato il suo valore vitaminico. Infatti

il colore rosso vivace è indice della presenza del licopene e del beta carotene, precursore

della vitamina A. Il pomodoro è anche ricco in vitamina C, acido citrico e acido malico. La

coltivazione di questo ortaggio rosso, che riveste un ruolo così importante nella nostra dieta,

ha una lunga tradizione in Italia: oggi il nostro Paese figura al terzo posto nella graduatoria

mondiale per la produzione e l'esportazione.

Quanti tipi di pomodoro esistono?

Pomodori di Pachino, San Marzano, “cuore di bue”, “ciliegino”… quanti tipi di pomodoro

esistono? In Italia sono registrate 300 varietà di pomodori, mentre quelle registrate nel

mondo sono più di 1700. Solo 60 di queste sono però le tipologie commercializzate.

Pomodori a effetto serra

Come riusciamo a mangiare pomodori tutto l’anno? Semplice: li coltiviamo in serre che

simulano le condizioni di temperatura e luce della stagione estiva!

Le serre servivano un tempo per proteggere i prodotti invernali più delicati dalle gelate, ma

oggi vengono utilizzate principalmente per produrre al di là delle stagioni, le zucchine, i

fagiolini verdi e i pomodori, rendendo così possibile la loro presenza sui banchi del

supermercato tutti i giorni dell’anno! Per coltivare in serra viene utilizzata una notevole

quantità di energia per riscaldare, irrigare, illuminare e areare artificialmente. Tutte queste

azioni sono necessarie per creare le condizioni ideali per la crescita del pomodoro fuori

stagione, condizioni che in natura si verificano, d’estate, senza tutto questo spreco di

energia!

Inoltre, le serre hanno un notevole impatto sull’ambiente: considerate ad esempio le

emissioni di gas serra derivanti dai combustibili utilizzati per il riscaldamento, soprattutto

Agricoltura

www.eat-ing.net

51

nelle regioni del Nord, dove i consumi raggiungono valori di 40 kg/m2/anno di gasolio per

una serra utilizzata tutto l’anno.

Profumo di pomodoro

Avete mai provato ad annusare ad occhi chiusi prima un pomodoro comprato al

supermercato, magari d’inverno, e poi uno del mercato rionale o del mercato dei contadini,

acquistato nel periodo estivo? Di sicuro, nel primo caso, non avrete sentito il tipico profumo

di pomodoro che invece vi avrà colpito annusando il pomodoro estivo raccolto pochi giorni

prima! I pomodori che troviamo al supermercato, d’inverno soprattutto, vengono raccolti

ancora verdi, nelle serre dove vengono coltivati fuori stagione ( il pomodoro è un ortaggio

estivo): vengono raccolti non ancora maturi perché prima di arrivare sul banco del

supermercato devono affrontare un viaggio abbastanza lungo con diverse tappe, si parla per

questo di “catena lunga di fornitura”. Durante i giorni di viaggio, spesso su ruote, e durante

quelli di stoccaggio e distribuzione, i pomodori fanno in tempo a maturare.. e ad emettere

un sacco di CO2! I pomodori che troviamo al mercato dei contadini o al mercato rionale,

invece, sono stati raccolti d’estate, pochi giorni prima della vendita, quindi già maturi, rossi

e profumati: non hanno nemmeno affrontato un lungo viaggio perché provengono dai campi

nelle vicinanze – in questo caso si parla di “catena corta”.

Pomodori d’estate e passata d’inverno

Mangiare pomodori freschi d’inverno non è una buona idea perché non fa bene all’ambiente,

non apporta nessun beneficio alla salute e non procura nemmeno soddisfazione al palato!

Mangiare pomodori d’inverno, come abbiamo visto, significa nutrirsi di verdura fuori

stagione prodotta nelle serre che consumano molta energia ed emettono notevoli quantità

di gas serra. Mangiare pomodori fa bene alla salute perché questi ortaggi contengono una

particolare sostanza, il licopene, che combatte i radicali liberi. Ma uno studio effettuato dal

centro di scienze dell’invecchiamento dell’Università di Chieti ha dimostrato che la quantità

di licopene presente nei pomodori raccolti ancora verdi è nettamente inferiore alla quantità

della stessa sostanza presente nei pomodori cresciuti al sole e raccolti maturi! Quindi per

beneficiare delle proprietà antiossidanti del pomodoro è preferibile mangiarne d’estate!

Agricoltura

www.eat-ing.net

52

E d’inverno per condire la pasta usate la passata di pomodoro. Il pomodoro è un prodotto

dell’estate, il suo sapore e il suo profumo sono massimi al momento della maturazione: è

per questo che le aziende che producono la passata di pomodoro, acquistabile tutto l’anno,

utilizzano i pomodori raccolti d’estate!

Pomodori di scarto

Il pomodoro è prodotto in tutta Italia, ma in pieno campo è coltivato soprattutto in Puglia,

Campania, Emilia-Romagna, Calabria e Sicilia.

I pomodori prodotti in serra vengono raccolti quando sono poco maturi, in pratica ancora

verdi, così che, al loro arrivo sui banchi del supermercato, saranno quasi maturi e quindi

pronti alla vendita. Il consumatore è contento di trovare al supermercato il pomodoro tutti i

giorni dell’anno, anche se questo comporta meno sapore, meno bontà e meno benefici per

la salute. Quello che conta è l’aspetto, i pomodori devono essere tutti belli e quelli che non

lo sono vengono scartati. Pensate che ne vengono buttati via circa il 10% perché non adatti

a essere commercializzati. Uno spreco inutile di cibo, al quale poi bisogna aggiungere il dato

più sconvolgente: un altro 15% di pomodori non viene nemmeno raccolto perché il prezzo di

vendita è troppo basso e quindi non conviene nemmeno raccoglierli!

Conserve di pomodoro

Per avere il pomodoro a disposizione tutto l’anno, preparare delle conserve di pomodoro è

sempre stata una soluzione perfetta: come si fa ancora oggi in molte delle case italiane, si

comprano i pomodori ben maturi e, a seconda della tradizione familiare, si conservano in

vasetti di vetro interi, a pezzetti oppure dopo averli passati, stando molto attenti alla

sterilizzazione delle conserve!

A livello industriale si è iniziato a produrre concentrati, passate e pelati dopo la metà

dell’ottocento. Molte delle industrie conserviere oggi utilizzano pomodori coltivati seguendo i

principi della produzione integrata, che prevede un impiego limitato di sostanze chimiche di

sintesi, come pesticidi e fertilizzanti, che inquinano le falde acquifere e impoveriscono il

suolo.

Agricoltura

www.eat-ing.net

53

Schiavi del pomodoro

Un paio di anni fa venne pubblicata l’inchiesta shock del giornalista Fabrizio Gatti27 sui

braccianti stagionali in provincia di Foggia: “Sono almeno cinquemila. Forse settemila.

Nessuno ha mai fatto un censimento preciso. Tutti stranieri. Tutti sfruttati in nero.”

Il pezzo denunciava la violazione dei diritti umani di questi immigrati che lavorano nella

raccolta dei pomodori: “..è la stagione dell'oro rosso: la raccolta dei pomodori. La provincia

di Foggia è il serbatoio di quasi tutte le industrie della trasformazione di Salerno, Napoli e

Caserta. I perini cresciuti qui diventano pelati in scatola. Diventano passata. E, i meno

maturi, pomodori da insalata. Partono dal triangolo degli schiavi e finiscono nei piatti di

tutta Italia e di mezza Europa. Poi ci sono i pomodori a grappolo per la pizza.”

Sottopagati, sfruttati, picchiati, alloggiati in tuguri senza acqua e servizi igienici migliaia di

lavoratori extracomunitari lavorano in nero e nella piena violazione dei diritti umani per

raccogliere i pomodori e la verdura che mangiamo ogni giorno : “Alloggiano i loro braccianti in tuguri pericolanti, dove nemmeno i cani randagi vanno più a dormire. Senza acqua, né

luce, né igiene. Li fanno lavorare dalle sei del mattino alle dieci di sera. E li pagano, quando

pagano, quindici, venti euro al giorno. Chi protesta viene zittito a colpi di spranga.”

La manodopera immigrata è di vitale importanza per il settore agricolo, non solo in Puglia,

ma in tutta Italia, come nella provincia di Mantova, ad esempio, dove vengono prodotti i

meloni. Troppo spesso i lavoratori extracomunitari vengono fatti lavorare in nero, perché al

produttore costa molto meno: i lavoratori in questo modo non sono tutelati e spesso la

fatica nei campi, dove gli straordinari sono la regola, è causa di incidenti gravi

Lo sapevate?

• Il pomodoro è una pianta originaria dell'America e fu importata in Europa dagli spagnoli

nel secolo XVI, ma in un primo tempo fu utilizzata come pianta ornamentale da giardino,

infatti si credeva che il pomodoro fosse un frutto velenoso! Nel secolo XVIII il pomodoro

iniziò ad essere apprezzato come alimento e si diffuse nelle cucine: quando poi il

27 F. GATTI, Io schiavo in Puglia, in “L’Espresso”, 2006, www.espresso.repubblica.it

Agricoltura

www.eat-ing.net

54

progresso tecnologico lo permise, si iniziò la sua trasformazione e conservazione su scala

industriale.

• Dai residui della lavorazione del pomodoro è possibile ottenere materiale plastico

biodegradabile. Lo sostiene una ricerca dell' Icb-Cnr (Istituto di chimica biomolecolare-

Consiglio nazionale delle ricerche) e Itpc-Cnr (Istituto di chimica e tecnologie dei

polimeri) entrambi di Pozzuoli. Si tratta di una buona opportunità, anche in termini

ambientali, pensate a quante bucce di pomodoro vengono scartate ogni anno a seguito

della trasformazione del pomodoro fresco in passata! Per averne un’idea basta sapere

che uno stabilimento di medie dimensioni, in Italia, trasforma in una stagione, 110 mila

quintali di pomodoro fresco producendo almeno 2500 quintali di scarti (bucce e semi)!

Agricoltura

www.eat-ing.net

55

BIBLIOGRAFIA

FAO, The state of food and agriculture 2007, Roma, 2007 - scaricabile dal sito web

www.fao.org

FAO, Livestock’s long shadow. Environmental issues and options, Roma, 2006 - scaricabile

dal sito web www.fao.org

F. GATTI, Io schiavo in Puglia, in “L’Espresso”, 2006, www.espresso.repubblica.it

INTERNATIONAL FOOD POLICY RESEARCH INSTITUTE, Green revolution: Curse or blessing?,

Washington, 2002

ISMEA, Gli acquisti alimentari in Italia: tendenze recenti e nuovi profili di consumo, 2007

ISMEA, Il mercato dei prodotti biologici, tendenze generali nelle principali filiere, 2007

ISTAT, La ricostruzione delle serie storiche regionali dei principali indicatori riguardanti

l'occupazione, 2006, http://www.istat.it

E. MILLSTONE, T. LANG, The Atlas of food, Earthscan, London, 2003

M. MAZOYER, L. ROUDART, A history of world agriculture, Earthscan, London, 2006

MEDICI SENZA FRONTIERE, Una stagione all’inferno, Roma, 2007

http://www.medicisenzafrontiere.it

M. MONTANARI, Il cibo come cultura, Laterza, Bari, 2004

A. PARENTI, Il WTO, Il Mulino, Bologna, 2002

F. PEARCE, Un pianeta senz’acqua, Il Saggiatore, Milano, 2006

UNITED NATIONS DEVELOPMENT PROGRAMME, Human Development Report, 2006

WORLDWATCH INSTITUTE, State of the world 2006: focus Cina e India, Edizioni Ambiente,

Milano, 2006

Agricoltura

www.eat-ing.net

56

SITOGRAFIA

INTERNATIONAL FEDERATION OF ORGANIC AGRICULTURE MOVEMENTS

www.ifoam.org

COMMISSIONE EUROPEA

http://ec.europa.eu/index_it.htm

HUMAN RIGHTS WATCH

http://www.hrw.org/children/labor.htm

FAOSTAT, Statistical database of the Food and Agriculture Organization of the United

Nations

http://faostat.fao.org/default.aspx

EUROPEAN CONSERVATION AGRICULTURE FEDERATION (ECAF)

http://www.ecaf.org/italia/italiano.htm

ASSOCIAZIONE PER L’AGRICOLTURA BIODINAMICA

http://www.rudolfsteiner.it/biodinamica/agricoltura/index.html