Aforismi e Discorsi Del Buddha

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  • AFORISMI E DISCORSI DEL BUDDHAPREFAZIONE E SCELTA A CURA DI MARIO PIANTELLITRADUZIONI DI EUGENIO FROLA E PIO FILIPPANI-RONCONI

    EDIZIONI TEA

    Editori Associati S.p.A. Via Monte di Piet 1/A - 20121 Milano

    "1967 e 1968 UTET, corso Raffaello 28, 10125 Torino Edizione su licenza della UTET dai Volumi I e II del Canone Buddhista appartenenti alla Collezione dei Classici delle religioni sezione I ""Le religioni orientali"" diretta da Oscar Botto 1988 Editori Associati S.p.A., Milano "

    per la Prefazione

    Prima edizione TEA ottobre 1988

    Stampa: Officine Grafiche Stianti, Sancasciano-Firenze

    PREFAZIONE"La scelta di testi buddhistici che il lettore si trova fra le mani un po'

    diversa da quelle correnti, in cui all'esigenza di presentazione dottrinale si sovrappongono variamente preoccupazioni apologetiche, tentativi di ricostruzione ""biografica"" della vicenda terrena del Buddha, pregiudizi in sintonia con la ""de-mitizzazione"" caratteristica dell'orizzonte culturale d'Occidente negli ultimi due secoli. In s rispettabilissime e non prive d'interesse, siffatte antologie tendono tuttavia ad ingenerare nei non ""addetti ai lavori"" un duplice equivoco. Da un lato, infatti, i passi - pervenutici attraverso un secolare lavoro di correzioni e messe a punto pi o meno standardizzate secondo l'ottica dell'una o dell'altra scuola - sono suscettibili d'esser recepiti dal lettore non avvertito come veridica testimonianza del pensiero stesso dell'antico asceta sulle cui labbra son posti gli insegnamenti ch'essi trasmettono, che - tutti - saranno cos ritenuti in sostanza esenti da alterazioni ed elaborazioni. Dall'altro lato, il contenuto di tali insegnamenti, ridotto all'osso e spogliato di tutta la variopinta ricchezza della visione del mondo indiana che fa da sfondo alla predicazione buddhistica, appare, nella sua stringatezza e nella sua tecnicit, al tempo stesso singolarmente ""moderno"" e insopportabilmente arido ci che in realt non . Ci siamo sforzati, attingendo alle versioni gi portate a termine da Eugenio Frola e Pio Filippani-Ronconi, di mettere a disposizione di chi nutra qualche interesse per il Buddhismo antico una immagine di esso

  • abbastanza fedele da evitare letture ingenuamente ""fondamentaliste"" e da mostrarne insieme la complessit e l'articolazione mitica. La nostra cura di rispettare l'integrit dei materiali, forniti senza tagli n adattamenti (al di fuori delle ripetizioni espunte gi nei testi dell'edizione in lingua pali, in base ad ovvie esigenze editoriali!), ha in qualche misura limitato la vastit della selezione di ""aforismi e discorsi del Buddha"" che proponiamo in questo volume, ma restano sufficienti elementi al quadro per alimentare questa ambizione."

    "Colui che sarebbe stato in futuro oggetto come Buddha, del culto di milioni di uomini, Gautama l'asceta (muni, ""silenzioso"", o sramana, ""sforzantesi"" in vista della purificazione e del conseguimento della liberazione dal ciclo delle rinascite) trascorse la sua esistenza, elemosinando il vitto quotidiano e predicando i suoi precetti, nella piana gangetica orientale qualche tempo prima dell'invasione da parte d'Alessandro il Macedone della provincia del Sindh (327-325 a.C.) La sua datazione oggetto di controversie e dipende dalla correlazione che s'intende stabilire con la consacrazione dell'imperatore Asoka della dinastia dei Maurya, la quale sembra aver avuto luogo verso il 270 a. Cristo. Fonti indiane, a noi pervenute anche in versione tibetana e cinese, pongono la morte del fondatore del Buddhismo un secolo innanzi tale data mentre la tradizione singalese la spinge a duecentodiciott'anni prima di essa. Altre testimonianze, che parlano di centosedici anni tra i due eventi, o pongono Gautama verso la met del VI secolo a.C., godono di minor considerazione. I fatti di cui possiamo esser sicuri - o quasi quanto a lui e al suo entourage sono relativamente esigui: nei decenni della sua vita itinerante (si sarebbe spento verso l'ottantina), egli ottenne un certo prestigio presso la ""borghesia"" urbana ed esponenti dell'aristocrazia dei regni locali, tra cui primeggiavano quello dei Magadha, allora retto da Bimbisara della dinastia Haryanka, deposto e fatto uccidere dal figlio Ajatasatru, e quello dei Kosala governato da Prasenajit, a sua volta detronizzato dal figlio Virudhaka. La politica espansionistica di quest'ultimo fin per assoggettare, ancor vivo Gautama, la piccola repubblica aristocratica degli Sakya, nella terra dei Kosala settentrionali (Uttarakosala), oggi a cavallo del confine indonepalese. Gautama stesso era probabilmente originario di quella zona, come attesta il suo epiteto di Sakyamuni (""Asceta degli Sakya""). Il nome simbolico di Siddhartha (""Che ha raggiunto il suo scopo""), la nascita in una famiglia principesca o addirittura regale, i nomi dei genitori (Suddhodana e Mayadevi), la conquista della bellissima sposa Yasodhara, l'abbandono del palazzo paterno a seguito del turbamento insorto dall'incontro traumatizzante con la realt del male nel mondo, esemplificato in un vegliardo, un infermo e un morto, sono tratti d'una leggenda atemporale che si sovrappone ad una biografia certo meno nota nei suoi inizi che nel suo esito, esattamente come avverr per Ges nei racconti evangelici. Invero la qualit del meraviglioso che circonda il Buddha ricorda sotto alcuni rispetti,

  • quella che in tali racconti ci familiare. Lo vediamo misurarsi con il Maligno (Mara, ""l'uccisore"", divino e demoniaco principe del mondo dominato dal desiderio) in una serie di tentazioni simboleggianti le possibili deviazioni dalla sua vocazione di maestro spirituale - la sfida a tramutare una montagna in oro l'offerta della regalit e del dominio sul mondo... e, pi insinuante di tutte, la tentazione ad abbandonare subito la vita e le sue pene, senza giungere ai fastigi dell'insegnamento e ai suoi mille scacchi e delusioni. Lo vediamo camminare sulle acque, discendere dal cielo su una scala d'oro e di gemme con ai fianchi gli dei Brahma ed Indra, dichiarare solennemente ""chi vede me, vede il Dharma"", la legge universale che, nella visione buddhista, prende in qualche modo il posto di Dio... Insomma, si direbbe che una sorta di archetipo comune sia sotteso alle narrazioni indiane e a quelle fiorite sulle rive del Mediterraneo. Le prime sono probabilmente pi antiche, e meglio inquadrate - nei loro elementi straordinari - di quelle che circondano il Cristo. Cos la nascita del Buddha dal fianco materno, senza passare per la via umiliante dei comuni mortali, riprende il mito della nascita del dio Indra, gi noto fin dall'epoca dei Veda, mentre il docetismo occidentale riproduce con minor convinzione - e minor successo - il discorso sul corpo ultraterreno (lokottara) del Buddha, destinato a divenire, con i maestri del ""Grande Veicolo"" (Mahayana), un corpo fantasmatico (Nirmanakaya) proiettato dall'eterna Realt che fa tutt'uno con il Dharma (Dharmakaya) e destituito d'ogni funzione al di l dell'impartir la dottrina agli esseri umani prigionieri dell'illusione cosmica. Ben pi concreti sono i tratti relativi alla morte, avvenuta (dopo aver consumato un indigesto piatto di ""delizie porcine"", offerto a Gautama dal fabbro Cunda) nel parco presso Kuginagara, a qualche distanza dall'attuale Patna. Altrettanto attendibili sembrano i dati relativi ai parenti di cui Gautama si circondava (la zia Gautami, che lo avrebbe allevato, posta, non senza resistenze e perplessit, a capo d'una comunit di ascete; i cugini di Ananda e Devadatta, il quale ultimo avrebbe tentato di alienargli una parte dei discepoli e addirittura d'assassinarlo; il figlio Rahula), cos come ad altri personaggi di varie condizioni sociali che gli erano specialmente vicini, dal barbiere Vaisalin ai due brahmani rispettivamente designati col matronimico Sariputra e con l'appellativo del gotra o clan brahmanico d'appartenenza, Kasyapa. Il caso di quest'ultimo, succeduto al fondatore come capo della comunit (sangha), identico a quello dello stesso Gautama, il cui nome quello d'un gotra originato dal saggio Gotama, veggente di alcuni inni del Rgveda. Ci sembrerebbe indicare che il Buddha fosse in realt anch'egli un brahmano, i tentativi di conciliare la tradizione, che lo fa invece appartenere alla stirpe guerriera degli ksatriya, con questo fatto sono poco convincenti. Che i nobili Sakya si fregiassero di un epiteto derivato dal loro guru familiare Kapila, il quale era un Gautama, una notizia che non pare trovare conferme al di l del testo del poema Saundarananda di Agvaghosa (che - a corroborare la sua asserzione - ascrive erroneamente all'eroe divino Krsna l'appartenenza a

  • un gotra diverso da quello del fratello Balarama!). Siamo intorno al I secolo d.C.: in quest'epoca i tratti biografici leggendari sono gi definitivamente consolidati. La ricerca dell'appoggio delle dinastie regnanti nel subcontinente indiano, molto spesso d'origine ksatriya, e la polemica sempre pi accesa con i brahmani - e la loro eredit culturale - possono aver giocato nella confezione di tali tratti."

    "Il primo testo che si propone qui al lettore, il Mahapadanasuttanta, registra puntualmente la versione in discorso; ma il suo interesse sta piuttosto nella grandiosa cornice che fornisce alla vicenda, ormai fissata canonicamente del principe Siddhartha. Questa vi viene toccata, in effetti, soltanto per sommi capi, mentre si narra il suo archetipo eternamente ripetentesi, esemplificato dalla biografia d'un Buddha del remoto passato, chiamato Vipascit (in pali Vipassi ""L'intelligente"")."

    "In un mondo destinato a ripresentare periodicamente le stesse situazioni, salvo dettagli accidentali di minore importanza, Gautama perde la sua unicit: la trama del suo destino si scopre costituire semplicemente un momento dell'avvicendarsi delle et cosmiche, ciascuna con il suo uomo-Dio (questo il senso abituale dell'epiteto Bhagavat, ""Possessore di maest divina"", piuttosto che ""Beato"", come tradizionalmente si traduce nelle lingue occidentali). Vengono sottolineate discrepanze e concordanze fra i vari Buddha, ma le seconde contano, evidentemente, ben pi delle prime: esse obbediscono ad una legge eterna che il pio buddhista invitato a contemplare con rapita meraviglia."

    "Sempre gli stessi sono i momenti della nascita, gl'incontri che scatenano l'angoscia del futuro Buddha, ""Colui la cui mente naturata di comprensione"" (Bodhisattva, in pali Bodhisatta), sempre gli stessi sono i trentadue segni prodigiosi che contraddistinguono il suo corpo impareggiabile, soprattutto sempre la stessa la verit ch'egli giunge ad esperire al culmine della sua meditazione, nel ""risveglio"" che ne fa, a pieno titolo, il ""Desto"" (Buddha) della sua epoca. Tutto ci, nella storia di Vipascit, si svolge su uno sfondo che ripete, ingigantendoli, i caratteri del mondo indiano contemporaneo ai redattori del testo: in questa preistoria - in cui il fatale declino delle cose ancora non incide nel tessuto stesso dell'esistere umano - si vive ottantamila anni, i discepoli sono contati a milioni, le regge hanno la bellezza e il fasto d'una fiaba. Occorre tenere presente come una siffatta visione sia solidale con i dati della biografia di Siddharta, ed anzi tragga, alla stessa stregua, la sua legittimazione da un discorso posto sulle labbra del Buddha in persona, come uniformemente il caso dei diversi sutra (""fili"" onde si dipana l'insegnamento) contenuti nei Canoni delle varie scuole buddhistiche. Quello da cui i nostri testi son tratti, unico a sopravvivere nella sua intera estensione e in redazione ""popolare"" (nella lingua pali, basata sulla parlata stessa dei tempi del Buddha, anzich nel sanscrito - pi o meno artificialmente regolarizzato - adottato per tempo

  • dagli altri indirizzi dottrinali), appartiene alla ""setta"" affermatasi come ortodossia di stato nell'isola di Ceylon a met del XII secolo d.C., quella che faceva capo al ""Gran cenobio"" (Mahavihara), affermatasi in un definitivo trionfo contro le rivali grazie al favore del re Parakkama Bahu I. Essa, che reclama per s l'antico titolo di ""Dottrina degli Anziani"" (Theravada) - gi portato dal partito conservatore nato con lo scisma della comunit buddhista consumatosi in occasione del Concilio di Pataliputra, tenutosi sotto Agoka -, fornisce oggi una guida spirituale ai popoli di tutta l'Indocina, l dove la repressione non ne ha indebolito la presa, ed la sola sopravvissuta tra le numerose consorelle della pi antica stagione del Buddhismo indiano. Nella loro struttura attuale, i diversi testi che compongono il Canone in lingua pali furono messi per iscritto all'epoca di Ges, in occasione d'un Concilio tenutosi nella capitale di Ceylon, Anuradhapura, dominato dalla figura del re Vattagamam, poi pi volte rimaneggiati nei secoli successivi, fino alla revisione in concomitanza con il Concilio tenutosi in Birmania tra il 1868 e il 1871, sotto il re Mindonmin. Dove il confronto con le corrispondenti parti dei Canoni d'altre ""sette"", come i Mahisasaka e i Sarvastivadin, possibile, questo lavoro di alterazione emerge limpidamente, come hanno dimostrato in particolare le ricerche di Andr Bareau. Il fondo comune ai diversi Canoni comprendeva sia testi orali direttamente risalenti alla comunit attorno a Gautama, sia pie leggende, talora adattate da altra fonte, che dovevano specialmente esser diffuse nei centri, meta di pellegrinaggio, ricollegati all'una o all'altra tappa importante della carriera del Buddha: l'illuminazione, a Gaya, la prima predicazione, a Varanasi (Benares), la morte, a Kuginagara... In origine dovette trattarsi di passi brevi o brevissimi, concatenati soltanto in seguito dalla paziente fatica dei diascheuasti."

    "Il secondo testo che figura nella nostra scelta appunto un saggio di quella che pot essere tale primitiva consistenza delle testimonianze confluite poi nei grandi sutra. Si tratta delle parole ""profferite"" dal Buddha (Udana), in forma poetica e spesso oscura, in occasione di determinate circostanze. L'asceta Gautama, negli altri testi solitamente impassibile e impersonale, privo di qualsiasi profilo individuale plausibile (a differenza della sua cerchia, in cui il carattere dei vari discepoli spesso lumeggiato in modo verisimile - e coerente - dal punto di vista delle loro diverse reazioni agli incidenti narrati), qui invece effonde, trasportato dall'emozione, l'animo suo e ci appare molto pi umano e vicino alla ""storicit"" dei personaggi dell'agiografia occidentale. Non mancano, invero, nelle ottantadue brevissime porzioni del testo, strutturate come altrettanti sutra, elementi mirabili e apparizioni ultraterrene, che danno ai ""fioretti"" del Buddha un profumo affine a quello dei racconti francescani che c'incantano nelle nostre pagine trecentesche. La sistemazione semicronologica dei passi, cos come l'uso di epiteti invalsi relativamente tardi, quali quello di Tathagata (""Colui ch' in tal guisa pervenuto""), mostrano, beninteso, che anche qui

  • intervenuto un certo lavoro d'adattamento, ma la natura stessa dei materiali depone a favore della loro sostanziale antichit."

    Il terzo testo, che con le sue parti in versi sembra riecheggiare le strutture espositive del precedente, un compendio di norme per l'uomo che vive nel mondo,

    "dettate al giovane Sirigalaka, da cui il suo titolo (Singalovadasuttanta). Esso apre una serie d'insegnamenti che segnaliamo qui in quanto si presentano come non strettamente indirizzati agli asceti. Tali materiali costituiscono un aspetto del Buddhismo antico generalmente poco valutato: accade persino di leggere che le scuole del cosiddetto ""Grande Veicolo"" (Mahayana) avrebbero esse sole volto ai ""laici"" un interesse che era prima interamente concentrato sulla prassi dei ""monaci"". La rivalutazione della figura del Bodhisattva rispetto a quella dell'Arhat (Il ""rispettabile"" asceta che ha raggiunto la perfetta comprensione della dottrina ed certo di aver messo fine al meccanismo delle rinascite), centrale nel Buddhismo antico, starebbe a testimoniare tale evoluzione. In realt non soltanto ritroviamo nei testi canonici tutta una precettistica indirizzata ai ""laici"" in quanto privati, ma anche una teoria della regalit e dei suoi compiti specifici. Le sottesa una visione della storia del mondo, dell'umanit e del viver sociale che appare saldamente radicata nella visione indiana del tempo ciclico, con il suo progressivo degenerare, da epoche auree di rispetto del Dharma e di paradisiaca pace universale, fino alla dura realt quotidiana del matsyanyaya, la sinistra legge del pesce grande che divora il pesce piccolo, fondamento della politica e legittimazione del contratto sociale che affida al monarca la gestione esclusiva della violenza (danda, ""il bastone"") che accompagna il potere."

    "Il quarto testo, l'Agannasuttanta, si occupa appunto di tale tematica, con un'esposizione di notevole interesse diretta a due brahmani, del gotra Vasistha e del gotra Bharadvaja rispettivamente. Le caratteristiche dei quattro grandi gruppi sociali indiani, ksatriya (che, significativamente, sono posti innanzi a tutti gli altri!), brahmani, vaisya (""quelli del popolo"", produttori di ricchezze) e sudra (""servitori"") sono passate in rivista, in quanto suscettibili di biasimo o di lode, senza far distinzione tra le tradizionali incombenze e i corrispondenti profili deontologici, che tanta parte prendono nella letteratura non buddhistica, mentre si censura espressamente la dottrina del primato dei brahmani, fondamento della prospettiva ortodossa dell'ordinamento castale. L'origine di quest'ultimo poi rintracciata, assieme a quella della societ nel suo complesso, in una catena d'eventi che inizia con un vero e proprio mito del peccato originale, posto come causa di ogni tipo di differenziazione, a cominciare dall'apparire del tempo segnato dalle evoluzioni dei corpi celesti. Nutrizione, rapporti sessuali e propriet compaiono via via, progressivamente inquinando l'originaria

  • purezza di esseri tutti eguali tra loro, fino a render necessaria l'espropriazione della libert individuale con la scelta di un detentore della regalit. Quasi a far da contraltare a questo culmine negativo, ecco sorgere la prassi ascetica, fondata su un'esigenza di recupero della primitiva condizione beata, superando ogni differenziazione in una sorta di ""regressione all'utero"" pre-sociale. L'alternarsi dei cicli cosmici provvede, ovviamente, una alternativa a questa fuga all'indietro individuale, garantendo la fine dei mali del mondo attuale, allorch esso avr toccato l'estremo della sua parabola d'abbiezione e di sofferenza, con il ritorno automatico all'et dell'oro."

    " quanto si discute nel quinto testo della nostra scelta, il Cakkavattisihanadasuttanta, che prende nome dal ""ruggito leonino dell'Imperatore"". La figura di questi designata con l'epiteto di a Colui che fa girare la ruota"" (Cakravartin), ma anche il Buddha (che - potenzialmente - era destinato al ruolo di monarca universale, ove non avesse perseguito la via della conoscenza liberatrice) ""Quegli che mette in moto la ruota"" del Dharma! In effetti, l'ideologia del dominio imperiale propria della dinastia dei Maurya, in cui il simbolismo della ruota centralissimo, pervade ancora la prima parte di questa analisi del declino della societ e della qualit della vita, in concomitanza con l'eclissarsi via via della funzione regale. Si direbbe quasi che il disagio conseguente al crollo dei Maurya e alla frammentazione del quadro politico indiano nei secoli immediatamente precedenti l'era cristiana pesi sulla visione espressa nella narrazione, qui diretta ad un'assemblea di discepoli. Invece di assistere ad un brusco rivolgimento, come avviene nella dottrina non buddhistica delle et cosmiche, il lettore si trova innanzi, una volta giunto al punto di assoluta negativit sociale, ad un lento ritorno ai valori gi abbandonati e al conseguente miglioramento della qualit della vita, che ripercorre, con una sorta di moto pendolare, l'arco del declino dianzi tratteggiato. Ci che l'asceta, con il suo deciso e coerente invertire la tendenza negativa, compie nello spazio d'una sola esistenza, la societ attinge con una lenta e faticosa riforma dei costumi fino al ritorno all'assoluta positivit delle origini. Alla figura messianica di Kalkin, il futuro avatara del dio Visnu, che con il suo bianco destriero e la sua spada invincibile riporter, per l'ortodossia brahmanica, il secolo aureo, subentra qui la promessa del Buddha futuro, Maitreya (""Il compassionevole""), destinato a venire quando i tempi saranno maturi, piuttosto che a provocarne egli stesso, drammaticamente, la fine. Scomparso il ruolo divino di direzione della vicenda del mondo, il suo dipanarsi resta affidato alle leggi impersonali del divenire. Ad esse non sfuggono gli stessi di, a cominciare da Brahma, che la tradizione non buddhista vuole manifestatore delle cose tutte. Costui, che ha larga parte nei miti accentrati nella carriera del Buddha, viene spogliato della sua funzione cosmogonica e ricondotto nel novero degli esseri soggetti al ciclo delle rinascite."

  • "Il sesto testo documenta, tra l'altro, gli esiti di questo processo. Brahma, venuto in esistenza per un processo spontaneo e legato soltanto al consumarsi del deposito di meriti accumulati in un precedente ciclo cosmico, ignora la propria origine ed identit, convinto, in buona fede, d'essere il Signore e l'Origine degli esseri. La sua posizione ci rammenta irresistibilmente quella dello Yhwh veterotestamentario nella rilettura operata dagli gnostici: demiurgo all'oscuro delle pi profonde realt che, atemporalmente, lo precedono, costui dichiara con le parole di Isaia (XLV, 5): ""Io sono il Signore e non c' alcun altro; fuori di me non c' dio"", esattamente come qui, nel Patikasuttanta, Brahma proclama: ""Io sono Brahma, il Gran Brahma, l'onnipotente, il padrone, il fattore, il creatore, l'altissimo, l'ordinatore, il possente padre di ci che fu e sar!"" Si tratta di un passo abbastanza rilevante, da venir riprodotto in pi versioni: la pi nota nel lunghissimo Brahmajalasutta (II, 3, 5)."

    "Invero il Buddhismo antico ha molti tratti in comune con le scuole della gnosi mediterranea: ci vale specialmente per la valutazione sostanzialmente negativa dell'esistenza mondana in s, dominata da forze ciecamente protese al suo perpetuarsi (ipostatizzate nel sinistro Mara), contrapposta ad una Realt assolutamente altra, trascendente e ineffabile (che qui , naturalmente, rappresentata dal concetto-limite del Nirvana). Non sappiamo se vi sia stata una effettiva connessione tra le due gnosi, ma molto porta a supporlo: cos apprendiamo da un'iscrizione di Asoka ch'egli aveva spedito missionari a diversi sovrani ellenistici, mentre Clemente Alessandrino mostra di conoscere l'esistenza del Buddha e il nome di sua madre, Maya, sembra figurare nelle aretalogie isiache. In ogni caso, la nozione dell'ignoranza del presunto manifestatore del mondo s'inserisce chiaramente nel disegno della vicenda spirituale indiana: vi si allude in forma enigmatica gi nella chiusa del famoso Nasavyasukta del Rgveda (X, 129, 6-7): ""Chi davvero sa, chi qui potrebbe enunciare dond' stata generata, dond' questa manifestazione?... Se invero la stabil o se invero no, Colui ch' di questo mondo l'eccelso Supervisore, nel sublime spazio celeste, Costui soltanto lo sa, se pure non l'ignora!"", mentre nella Brhadaranyakopanisad (I, 4) troviamo uno sviluppo del tema come fondamento del timore, oscuro e ingiustificato, provato dal S (Atman) venuto in esistenza al principio dei tempi. Al contrario, nelle cosmogonie mediterranee degli antecedenti significativi alla dottrina in discorso non sono facilmente reperibili! Il Patikasuttanta ha anche altri motivi d'interesse: le rivalit fra gli antichi asceti, a colpi di prodigi e di straordinarie operazione di potenza, vi appare vividamente, e porta con s un meraviglioso tutto indiano. Non manca neppure la favola con animali per protagonisti, un genere accolto largamente nei racconti delle vite anteriori del Buddha (Jataka), e diffusosi nei secoli in tutto l'antico Oriente, dove se ne constata

  • l'impiego per ammaestramento e per diletto come nei racconti d'Esopo e Fedro che ci sono familiari."

    "Il settimo testo apre il discorso sugl'insegnamenti centrali del Buddhismo antico, orientati a guidare la prassi ascetica e a fornire ad essa le basi teoretiche indispensabili all'attingimento dei suoi frutti pi elevati. Appunto da tali frutti prende nome il Samannaphalasutta, che introduce quale interlocutore del Buddha il possente e sinistro monarca dei Maghada, Ajatasatru ("" Colui il cui nemico scilicet capace di vincerlo - non ancora nato""), designato col matronimico Vaidehiputra (""Figlio di [Cellana, principessa] dei Videha""). Ancorch la narrazione non vi faccia esplicitamente riferimento, gravano sullo sfondo del dialogo cupe vicende, che ne coinvolgono entrambi i protagonisti. Su consiglio del malvagio cugino di Gautama, Devadatta, Ajatasatru avrebbe organizzato una congiura contro l'anziano genitore e, una volta ottenutane l'abdicazione, l'avrebbe messo a morte - otto anni prima della estinzione del Nirvana di Gautama stesso. Quando si consideri che il defunto re, Bimbisara, era ritenuto assai favorevole al Buddha, e che, sempre per istigazione di Devadatta, Ajatasatru avrebbe consentito a un attentato contro il maestro (lasciando libero sulla sua strada il feroce elefante da battaglia Dhanapala), l'impeccabile cortesia con cui questi gi si rivolge permetter d'apprezzarne vieppi il distacco dal mondo e l'equanimit. L'autocrate ci appare - secondo un modello ideale di regalit attenta alle speculazioni pi sottili dei maitres--penser contemporanei testimoniato da numerosi testi dell'India antica, a cominciare dalle famose a Domande di re Menandro"" (Milindapanha) - curioso degl'insegnamenti eterodossi rispetto alla tradizione brahmanica e ne riassume concisamente i principali. Si tratta di un prezioso repertorio di notizie sulla predicazione di guide spirituali contemporanee a Gautama, che consente di cogliere lo sfondo su cui egli viene a situarsi, sebbene la presentazione delle dottrine rivali sia - qua e l - deformata quasi ai limiti della caricatura. Cos, se ancora possibile riconoscere i tratti del severo fatalismo di Gopala ""il Bardo"" (Maskarin), fondatore della ""setta"" degli Allvika, la complessa etica del Tainismo, fondata quanto quella buddhistica - e pi di essa! - sulla non-violenza (ahimsa), non emerge affatto dalle parole riportate del suo iniziatore, Vardhamana ""il Vincitore"" (Jina, epiteto dello stesso Gautama), a il Grande Eroe"" (Mahavira), ""il Facitore del guado"" dell'oceano delle rinascite (Tirthamkara). Designato con l'epiteto di a Libero da nodi"" (Nirgrantha) e col patronimico Nayaputra (""Figlio del [principe Siddhartha della schiatta dei] Naya""), questi presentato da Ajatasatru che era suo parente! - discettante sulla figura dell'asceta in oscuri rapporti con le ""acque"" (vari), forse metafora del flusso di materia entro la coscienza - in concomitanza con la condotta egoisticamente motivata - (asrava), o allusione alla rappresentazione mentale dell'alluvione destinata a spazzar via le contaminazioni mentali (varunidharana), importante momento dello yoga

  • jainistico. In contrasto con l'inconcludente caos delle esposizioni a suo tempo ascoltate da Ajatasatru, il Buddha gli spiega con persuasiva eloquenza l'ascesi e i suoi frutti. Dapprima egli lo conduce ad ammettere - in un linguaggio sorprendentemente ""democratico""! - la promozione di status goduta nella societ indiana da ogni asceta, prescindendo dalla sua prassi e dalle dottrine ad essa soggiacenti, poi traccia, sullo sfondo quasi picaresco dei costumi poco dignitosi o troppo liberi della massa degli yogin itineranti dei suoi tempi, un quadro delle regole di vita per i propri seguaci, in termini prevalentemente negativi. Segue la precettistica positiva, che vien dipanando, in termini standardizzati costantemente ripresi nel Canone pali, il percorso meditativo seguito dall'asceta buddhista, gradino per gradino. Gli stati di consapevolezza via via attinti sono descritti e illustrati con attraenti similitudini, ma Ajatasatru, pur favorevolmente impressionato dalla lunga serie d'istruzioni, si limita ad una professione di rifugio nel Buddha ed alla confessione del proprio parricidio, senza deporre le insegne regali per la veste ocra del rinunciatario. Gautama commenta che la macchia contratta col parricidio stesso gli ha precluso la comprensione ultima del Dharma cos pazientemente insegnatogli."

    Ancora una volta si respira il meraviglioso nell'ottavo testo, il Kevaddhasutta, dove una classificazione delle varie capacit paranormali attingibili mediante l'ascesi seguita dalla narrazione dei viaggi celesti di un praticante, che riprende un tema caro alla letteratura apocalittica in Occidente. La ricerca d'un substrato unitario dei quattro elementi che formano il mondo, mentre spinge alla sua ascesa in reami paradisiaci l'asceta, animato da un astratto spirito d'indagine intellettualistica, offre il destro al redattore della narrazione per porre in rilievo al solito la nescienza di Brahma. Essa sbocca in ultimo nella scoperta del fine, ben pi esistenzialmente significativo, del Nirvana. Su questo sfondo s'inserisce nuovamente la presentazione standardizzata dell'iter ascetico del perfetto discepolo del Buddha.

    "La pratica meditativa, fondata sull'esercizio continuato dell'attenzione non coinvolta portata sui diversi momenti della vita psicofisiologica, , anzitutto, resa attraente, nell'esposizione diretta ai ""laici"", attraverso l'elenco dei suoi sottoprodotti, appartenenti alla sfera del folklore yogico, mentre agli ""addetti ai lavori"" essa interessa come via di superamento delle false identificazioni dell'""io"" con l'uno o l'altro settore dell'esistenza esteriore Si tratta di utilizzare la consapevolezza (vyjana, lett. ""conoscenza comprensiva""), momento culminante del processo di percezione dell'universo oggettuale e ubi consistam del senso d'identit personale, come strumento di indebolimento e poi di negazione di questa stessa identit, identificata dal pensiero buddistico (ma non sappiamo se dallo stesso Gautama!) con l'Atman del lessico brahmanico, il S imperituro ed

  • atemporale che funge, appunto, da testimone della vita dei sensi e della mente. ""Questo non sono io, questo non il mio Atman"", ripete il meditante buddhista, prendendo in considerazione i vari strati della propria struttura corporea e dei propri flussi e riflussi sensoriali e psichici, sistemati in cinque skandha (""complessi"", ""aggregati"") via via pi intimi. La conclusione che non vi da nessuna parte un Atman suscettibile d'essere scoperto. Fino a qui l'indagine buddhistica riproduce, mutatis mutandis, quella vedantica, fondata negli antichi insegnamenti delle Upanisad. Ma mentre quest'ultima sbocca nella presa di coscienza di un Atman ch' il puro soggetto immanente nell'indagatore, irriducibile al mondo oggettuale su cui la ricerca s'era esercitata fino a quel momento, il procedere buddhistico s'arresta alla disidentificazione e proclama che l'Atman stesso uno pseudo-concetto. Questa comprensione liberatrice possibile soltanto quando gl'""ingorghi"" impuri della vita mentale (asrava) sono stati vinti dalla paziente fatica di riorientamento di essa, cui la prassi ascetica in primissimo luogo mira."

    "Il nono testo, fondamentale per la comprensione di tale prassi, chiamato Mahasatipatthanasuttanta, dai quattro ""pilastri dell'attenzione/memoria"" (smrtyupasthana) su cui esso particolarmente indugia. Di notevole rilievo vi la presentazione delle quattro Nobili Verit (Aryasatya) legate alla predicazione buddhistica fin dalle origini, che ripropongono la scoperta del disagio esistenziale (duhkha; il termine non designa soltanto il dolore e la sofferenza, ma pi in generale ogni forma di esperienza negativa e traumatizzante) seguendo il formalismo dell'antica medicina indiana: a) individuazione della presenza del morbo in base alla constatata presenza dei sintomi di esso; b) ricerca dell'eziologia del morbo; c) accertamento dell'efficacia della rimozione delle cause del morbo, in quanto producente la scomparsa dei sintomi; d) prescrizione della cura vera e propria. Questa consiste nell'Ottuplice Sentiero (Astangamarga), probabilmente la pi antica sistematizzazione dell'iter ascetico buddhistico, le cui tappe sono qui chiaramente descritte. Il nesso tra disagio esistenziale e coinvolgimento involontario nel rapporto con l'oggetto, sentito come sete (trsna) nei confronti dell'oggetto medesimo, il punto forte della struttura delle Nobili Verit, e la sua scoperta tutt'uno con il ""risveglio"" che fa di Gautama il Buddha della sua epoca. Tale nesso viene esplicitato per tempo - in stretta associazione con una teoria del ciclo delle rinascite che si sforza di fare a meno della nozione di un Atman trasmigrante di corpo in corpo - attraverso l'analisi del processo del pratityasamutpada (""sorgere in concomitanza con il verificarsi di condizioni date""). Si tratta del momento teoretico sentito come di maggiore importanza nel Buddhismo antico, rivalutato poi anche dalle scuole del ""Grande Veicolo"", in ispecie da quella che fa capo al maestro Nagarjuna (II secolo d.C.), che fonda in esso la sua

  • dottrina della vacuit (sunyata) di tutti i momenti del divenire, in quanto destituiti di autonomia ontologica."

    "Ad esso dedicato il decimo testo, che prende il nome di Mahanidanasuttanta dalle tappe del processo in discorso, presentate come altrettante cause/condizioni (nidana) nei confronti delle tappe immediatamente successive. Vi si trova anche una critica articolata delle teorie relative all'Atman (reso con ""anima"" dal Frola) che mostra ancora una volta l'attenzione degli ambienti buddhistici alle componenti del pensiero indiano diverse dal loro indirizzo. Giova ricordarlo, il Buddhismo anche una ""filosofia""! Segnaliamo altres la corrispondenza stabilita tra i diversi stati di meditazione ed una serie di condizioni paradisiache sempre pi elevate. Si tratta di una nota caratteristica della riflessione indiana sullo yoga fin dall'epoca pre-classica, che ritroviamo tanto in testi tecnici come il commento agli Yogasutra ascritto a Vyasa, quanto nelle dominanti sillogi puraniche ed agamiche che ispirano la pi matura visione induistica. Del resto, la tradizione assegna una visione siffatta gi ai maestri di Gautama, che l'avrebbero guidato rispettivamente all'attingimento del settimo ed ottavo stato sopracosciente: Arada Kalama di Vaisall, nel territorio della repubblica aristocratica di Vrjji, e il meno caratterizzato Udraka Ramaputra di Rajagrha, l'antica capitale dei Magadha. Di fatto, la capacit di accedere via via a queste stazioni sempre pi rarefatte di esercizio dell'attenzione, fino ai gradi di attenzione vuota in cui la pratica culmina, sono condizione necessaria, ma non sufficiente alla esperienza terminale del Nirvana. Allorch il Buddha stesso si spegne, tale esperienza detta comportare dapprima l'ascesa fino alla condizione pi elevata, quella in cui non v' pi presenza n assenza d'attenzione (naivasamjnanasamjnayatana), indi la ridiscesa graduale allo stato di consapevolezza empirico. Come un pendolo che abbia descritta in tal modo interamente la propria curva, acquistando movimento ed energia, la coscienza del movente riparte poi verso gli stati pi elevati fino a raggiungere la quarta esperienza. Qui, a met tra il mondo delle forme (rupadhatu) e quello dell'informe (arupyadhatu), quasi aprendosi uno spazio interstiziale per uscire definitivamente dal cosmo, il Buddha si estingue (Mahaparinibbanasuttanta, VI, 8-9). A parte il ricorso al motivo ""pendolare"", che gi avevamo notato a proposito delle et cosmiche, questo passo (in cui concordano sostanzialmente le varianti della narrazione appartenenti ai diversi Canoni in lingua diversa dalla pali sopravvissuti fino a noi, mostrandone l'antichit!) rivela l'importanza tutta particolare della ""via di mezzo"" fra affermazione e negazione, tanto spesso reperibile nelle fonti buddhistiche. Val la pena di segnalare che, appunto in corrispondenza della divisione fra i due mondi accennati, i maestri del ""Grande Veicolo"" pongono il ""corpo fruitivo"" del Buddha (Sambhogakaya), sempre risplendente innanzi alla visione trascendente dei bodhisattva. L'estinzione dell'asceta

  • Gautama viene cos a configurarsi come una sorta di riassorbimento nella sua realt archetipale..."

    L'undicesimo testo ci trasporta ancora una volta nei mondi divini, con maggior vividezza del consueto e una certa rivalutazione del ruolo di Brahma (o almeno di un Brahma!). La narrazione della entit celestiale dalla quale trae nome il Janavasabhasuttanta, ancorch destinata, ancora una volta, a servir da quadro ad un'esposizione di temi dottrinali, folgora di luci trascendenti e anticipa le vivaci visioni dei sutra mahayanici.

    "Terminata la visitazione di questi materiali, si spera che il lettore, ormai edotto dei contenuti e del tono degl'insegnamenti buddhistici, sia in grado di apprezzare e gustare la gemma dell'apoftegmatica in lingua pali, che chiude la scelta propostagli: Il dodicesimo testo , infatti il famoso Dhammapada (""Impronta del Dharma""), raccolta di 423 strofe, molte delle quali reperibili, con le circostanze in cui furono pronunciate, in altre porzioni del Canone. L'elevatezza dei precetti, la sobria dignit dell'espressione, l'uso sapiente delle similitudini, la vigorosa impostazione stilistica, l dove le ripetizioni veicolano l'appassionata convinzione del poeta-maestro, fanno di questa breve eppur grande opera un classico degno di figurare nella biblioteca spirituale dell'umanit."

    MARIO PIANTELLI

    NOTA BIBLIOGRAFICA

    Nella presente edizione, si sono conservate le annotazioni dei curatori, P. Filippani-Ronconi ed E. Frola, contenute nella pi vasta edizione del Canone Buddhista (2 Voll., UTET, Torino 1967-68) cui il lettore rimandato per approfondimenti e per una sommaria bibliografia ragionata.

    "Pi vasta la bibliografia che correda il bel saggio di 0. BOTTO, Buddha, Esperienze, Fossano 1974, PP. 209-221 (ristampato per i tipi di Mondadori nella collana ""Uomini e religioni"", 1984) e quella in appendice alla Storia del Buddhismo, di A. PEZZALI (EMI, Bologna 1983, PP.391-433). Vale la pena di ricordare, comparsi pi di recente, Der buddhistische Kanon: eine Bibliographie, di G. GRONBOLD (Harassowitz, Wiesbaden, 1984), di speciale interesse per rendersi conto dell'imponente letteratura che fa da sfondo ai testi qui presentati, e En suivant Bouddha, di A. BAREAU (Lebaud, Paris 1985), con una vasta scelta dai Canoni delle diverse ""sette"" del Buddhismo antico, ordinata biograficamente e colma di preziose annotazioni.

  • Degna di nota anche la bibliografia sparsa nelle note del Buddhismo e Cristianesimo in dialogo, di M. ZAGO (Citt nuova, Roma 1985), che contiene pi di quanto non prometta il titolo. Recente la traduzione italiana del saggio di H.W. SCHUMANN, Der Histortsche Buddha, Diederichs, Koln 1982 (trad. it., Il Buddha storico, Salerno, Roma 1986), con una bibliografia circostanziata, cosa come La spiritualit buddhista, ancora di M. ZAGO (Studium, Roma 1986), con piccola bibliografia alle pp. 7579 e scelta di testi in appendice. Da ultimo, si possono segnalare le traduzioni italiane dei classici The Central Philosophy of Buddhismo, di T.V.R. MURTI (Allen & Unwin, London 1955; it., La filosofia centrale del Buddhismo, Ubaldini, Roma 1983), Buddhism Thought in India, di E. CONZE (Allen 8, Unwin, London 1962; trad. it., il pensiero del Buddhismo indiano, Ed. Mediterranee, Roma 1988) e Buddhist Philosophy in Theory and Practice, di H. GUEETHER (Shambala, Berkeley 1971; trad. it., La filosofia buddhista nella teoria e nella pratica, Ubaldini, Roma 1975), che aiuteranno il lettore ad orientarsi nei labirinti delle diverse scuole di pensiero buddhistiche."

    M.P.

    Aforismi e discorsi del Buddha

    MAHAPADANASUTTANTA(LA GRANDE LEGGENDA)

    PRIMA PARTE

    Cos ho sentito:

  • "1. Un tempo il Sublime dimorava a Savatthi nel Jetavana, il parco di Anathapindika, in una piccola capanna di Rosa Muschiata. Allora a molti monaci, tornati dal giro di elemosina, dopo il pasto, nel rotondo padiglione di Rosa Muschiata, insieme seduti, insieme riuniti, sorse una conversazione sui tempi passati: ""Cos erano i tempi passati, cos erano i tempi passati""."

    2. Ud il Sublime col divino orecchio purificato, sorpassante la condizione umana, la conversazione di quei monaci. Allora il Sublime, sorto da sedere, si diresse al rotondo padiglione di Rosa Muschiata ed entratovi si sed su di un apprestato sedile. Sedutosi il Sublime si rivolse ai monaci:

    Ajatasatru Per quale conversazione, o monaci, siete ora insieme seduti, quale era il mutuo discorso ora interrotto? .

    "Cos essendo stato detto, un monaco disse al Sublime cos: ""Ecco, o signore, a noi, tornati dal giro di elemosina, dopo il pasto, nel rotondo padiglione di Rosa Muschiah, insieme seduti, insieme riuniti, sorse una conversazione sui tempi passati: "" cos erano i tempi passati, cos erano i tempi passati"". Questa la mutua conversazione interrotta allorquando comparve il Sublime ""."

    "3. ""Non desiderereste voi, o monaci, udire un discorso sui tempi passati ? ""."

    Di ci tempo , o sublime, di ci tempo, o Benvenuto, ci che il sublime vorr dire sui tempi passati i monaci, udendo dal Sublime, lo ricorderanno.

    Pertanto udite , o monaco, o ponete ben mente: io parlerS, o signore, assentirono i monaci al Sublime.Il Sublime cos disse:"4. ""Fu nel 9l evo, o monaci, che Vipassi il Sublime Santo, Perfetto,

    perfettamente Svegliato, sorse nel mondo; fu nel 31 evo, o monaci, che Sikhi il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sorse nel mondo; fu nel medesimo 31 evo che Vessabhu il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sorse nel mondo. Fu nel nostro felice evo, o monaci, che Kakusandha il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Konagamana il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo che Kassapa il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sorse nel mondo. E fu nel nostro felice evo, o monaci, che io attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, son sorto nel mondo."

    5. Vipassi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Sikhi, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Vessabhu, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Kakusandha, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei brahmani. Konagamana, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita

  • brahmano, sorse nella classe dei brahmani. Kassapa, o monaci, il Sublime, Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita brahmano, sorse nella classe dei brahmani. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sono di nascita nobile, sorsi nella classe dei nobili.

    6. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanfia. Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kassapa. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sono di famiglia Gotama.

    7. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 80.000 anni. Di Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 70.000 anni. Di Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 60.000 anni. Di Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 40.000 anni. Di Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 30.000 anni. Di Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 20.000 anni. A me, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, un breve insignificante tempo di vita, facilmente danneggiabile, colui che ora vive a lungo vive cent'anni o poco pi.

    8. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una bignonia. Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di un loto bianco. Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto. perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di un albero di sala. Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una acacia. Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una ficus glomerulata. Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione al tronco di una ficus indica. Io, o monaci, attuale Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunsi l'illuminazione al tronco di una ficus religiosa.

    9. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Kanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Abhibhu e Sambhava, eccelsa

  • nobile coppia. A Vessabha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Son e Uttara, eccelsa nobile coppia. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Vidhura e Sarijiva, eccelsa nobile coppia. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli di nome Bhiyyos e Uttara, eccelsa nobile coppia. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato fu una coppia di discepoli di nome Tissa e Bharadvaja, eccelsa nobile coppia. A me, o monaci, ora una coppia di discepoli di nome Sariputta e Moggallana, eccelsa nobile coppia.

    10. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di discepoli. Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di queste classi fu di 80.000 monaci. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di discepoli. Una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste classi fu di 70.000 monaci. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di discepoli. Una di queste classi fu di 80.000 monaci, una di queste classi fu di 70.000 monaci, una di queste classi fu di 60.000 monaci. A Vessabha o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di discepoli, di 40.000 monaci. A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, questa classe fu di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A Konagamana, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di discepoli di 30.000 monaci. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, questa classe fu di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una sola classe di discepoli di 20.000 monaci. A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, questa classe fu di discepoli tutti liberi dagli asava.

    A me, o monaci, attualmente una sola classe di discepoli di 1350 monaci. A me, o monaci, questa classe di discepoli tutti liberi dagli asava.

    I l. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente

  • Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Khemankara. A Vessabhu o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Upasannaka A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Buddhija. A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Sotthija. Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Sabbamitta. A me, o monaci, ora personale attendente, nobile personale attendente, il monaco Ananda.

    12. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Bandhuma, la divina Bandhumati fu madre e genitrice. La citt di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma.

    A Sikhi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Aruna, la divina Pabhavati fu madre e genitrice. La citt di nome Arunavati fu capitale del re Aruna.

    A Vessabhu, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Suppatita, la divina Yasavati fu madre e genitrice. La citt di nome Anopama fu capitale del re Suppatita.

    A Kakusandha, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il brahmano di nome Aggidatta, la brahmana Visakha fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Khema. La citt Khemavati era la capitale del re Khema.

    A Konagamana, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il brahmano Yannadatta, la brahmana Uttara fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, era re Sobha. La citt di nome Sobhavati era la capitale del re Sobha.

    A Kassapa, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il brahmano Brahmadata, la brahmana Dhanavati fu madre e genitrice. In quel tempo, o monaci, fu re Kiki. La citt di nome Baranasi (1) fu la capitale del re Kiki.

    "A me, o monaci, padre il re Suddhodana, la divina Maya fu madre e genitrice. Capitale la citt di Kapilavatthu""."

    Cos parl il Sublime. Cos avendo parlato, il Benvenuto sorse da sedere e rientr nella dimora.

    13. Allora, ai monaci, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa conversazione:

    " meraviglioso, o amici, straordinario, o amici, la grande potenza, la grande maest del Compiuto. Infatti certamente il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata

  • della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio cos furono questi Sublimi"". E che, o amici? Al Compiuto non forse presente una suprema forza, tale che essendo a lui ben presente questa suprema forza, il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di discepoli, li ricorda nei principali discepoli: "" cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio cos furono questi Sublimi""""."

    Questa era la mutua conversazione dei monaci.14. Allora il Sublime, fattasi sera, uscito dalla meditazione, si diresse al

    rotondo padiglione di Rosa Muschiata. Entrato sed sull'apprestato sedile, sedutosi cos il Sublime si rivolse ai monaci:

    Per quale conversazione, o monaci, siete assieme seduti, quale era la mutua conversazione ora interrotta?.

    Cos essendo stato detto, i monaci dissero al Sublime cos:" Ecco, o signore, a noi, dopo la dipartita del Sublime, sorse questa

    conversazione: meravigliosa, o amici, straordinaria, o amici, la grande potenza, la grande maest del Compiuto. Infatti certamente il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: ' cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio cos furono questi Sublimi'. E che, o amici? Al Compiuto non forse presente una suprema forza, tale che essendo a lui ben presente questa suprema forza, il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nelle classi di discepoli, li ricorda nei principali discepoli: ' cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio cos furono questi Sublimi '. Forse che gli di diedero al Sublime questa possibilit con cui il Compiuto ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno superato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione, li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li

  • ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: ' cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni Proprio cos furono questi Sublimi'?"". Questa era la mutua conversazione interrotta allorquando comparve il Sublime""."

    "15. o Proprio, o monaci, cos dal Compiuto ben conosciuta una regola universale per la conoscenza della quale il Compiuto, ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spinta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: "" cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni"". Proprio cos furono questi Sublimi. Gli di (2) diedero questa possibilit al Sublime, colla quale il Sublime ricorda gli antichi Buddha, totalmente estinti, che hanno troncato gli impedimenti, interrotto l'andare, esausto il circolo, spenta l'agitazione; li ricorda nella stirpe, li ricorda nel nome, li ricorda nella famiglia, li ricorda nella durata della vita, li ricorda nei principali discepoli, li ricorda nelle classi di discepoli: "" cos furono durante la vita quei Sublimi, questi i nomi, queste le famiglie, questi i comportamenti, queste le dottrine, questi i saperi, queste le dimore, queste le liberazioni. Proprio cos furono questi Sublimi"". Non desidereste voi, o monaci, udire un altro discorso sui tempi passati? ""."

    Di ci tempo, o Sublime, di ci tempo, o Benvenuto. Quell'ulteriore discorso sui tempi passati, che il Sublime ci far, i monaci avendolo udito lo ricorderanno .

    Pertanto udite, o monaci, e ponete ben mente: io parler .S, o signore, assentirono i monaci al Sublime.Il Sublime cos disse:"16. ""Fu proprio, o monaci, il 91 evo quello in cui Vipassi il Sublime

    Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, sorse nel mondo. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di nascita nobile, sorse nella classe dei nobili. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu di famiglia Kondanna. Di Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, la durata della vita fu di 80.000 anni. Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, raggiunse l'illuminazione, al tronco di una bignonia. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu una coppia di discepoli, di nome Khanda e Tissa, eccelsa nobile coppia. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, furono tre classi di discepoli. Una di queste classi fu di 6.800.000 monaci, una di queste classi fu di 100.000 monaci, una di queste classi fu di 80.000 monaci. A Virassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, le tre classi furono di discepoli tutti liberi dagli asava. A Virassi, o

  • monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu personale attendente, nobile personale attendente, un monaco di nome Asoka. A Vipassi, o monaci, il Sublime Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato, fu padre il re di nome Bandhuma, la divina Bandhumati fu madre e genitrice, la citt di nome Bandhumati fu capitale del re Bandhuma."

    "17. Ecco o monaci, il Bodhisatta (3) Vipassi, trapassando dal coro degli di Tubista (4) entr consapevole, cosciente nel grembo della madre. E questa una regola. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta, trapassando dalla classe degli di Tubista, entra nel grembo della madre, allora nel mondo, coi suoi di, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e brahmani, colle sue generazioni di di e di uomini, un immenso eccelso splendore si manifesta, sorpassante il divino splendore degli di. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali questo sole e questa luna, cos potenti, cos magnifici, non penetrano colla loro luce, anche l si manifesta un immenso, eccelso splendore sorpassante la divina magnificenza degli di. E gli esseri, col sorti, per quello splendore mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di 10.000 mondi freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la divina magnificenza degli di. Questa una regola. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta entrato nel grembo della madre, allora quattro figli di di sopravvengono dalle quattro regioni per protezione: "" Non il Bodhisatta, non la madre del Bodhisatta, o uomo, o non uomo, o chicchessia offenda"". Questa una regola."

    18. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta sceso nel grembo della madre, la madre rimane naturalmente (5) osservante le regole di comportamento: si astiene dall'uccidere, si astiene dal non dato, si astiene da [cattivo stato per] brama, si astiene da menzogna, si astiene da vino, liquore, bevande eccitanti. Questa una regola.

    19. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta scese nel grembo della madre, nella madre del Bodhisatta non sorge pi pensiero di desiderio vincolante nei riguardi di uomini e, senza pensiero pungente, la madre del Bodhisatta non con mente passionale verso alcun uomo (6). Questa una regola.

    20. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta sceso nel grembo della madre, la madre del Bodhisatta, pur nel possesso dei cinque tronchi del desiderio, pur dotata e provvista dei cinque tronchi del desiderio, li domina. Questa una regola.

    "21. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta sceso nel grembo della madre, alla madre del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata la madre del Bodhisatta, sana di corpo. La madre del Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero, con ogni, anche pur minimo, organo. Come, o monaci, vi fosse un gioiello prezioso, puro, eccellente, a otto facce, ben tagliato, trasparente, chiaro, provvisto di ogni

  • qualit, ed in questo vi fosse infilato un filo azzurro, o giallo, o rosso, o bianco, e vi fosse un uomo di buona vista che avendolo preso in mano lo guardasse: ""questo un gioiello prezioso, puro, eccellente, a otto facce, ben tagliato, chiaro, trasparente, provvisto di ogni qualit, in cui infilato un filo azzurro, o giallo, o rosso, o bianco (7)"". Proprio cos, o monaci, quando il Bodhisatta sceso nel grembo della madre, alla madre del Bodhisatta non sorge alcuna tristezza. Beata la madre del Bodhisatta, sana di corpo. La madre del Bodhisatta vede il Bodhisatta nella parte sinistra dell'utero con ogni pur minimo organo. Questa una regola."

    22. E vi , o monaci, questa regola: sette giorni dopo la nascita del Bodhisatta, la madre del Bodhisatta compie il suo tempo, e risorge nel coro degli di Tubista. Questa una regola.

    "23. E vi , o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono dopo aver portato nel loro ventre nove o dieci mesi, non cos la madre del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; infatti la madre del Bodhisatta porta nel suo ventre il Bodhisatta dieci mesi. Questa una regola (8)."

    "24. E vi , o monaci, questa regola: mentre le altre donne partoriscono sedute o giacenti, non cos la madre del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta; in piedi la madre del Bodhisatta partorisce il Bodhisatta. Questa una regola."

    25. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre per primi lo accolgono gli di, posai gli uomini. E questa una regola.

    "26. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre non tocca la terra e quattro figli di di si pongono, sorreggendolo, di fronte alla madre: "" Sii felice, o divina, un figlio molto potente ti nato "". Questa una regola."

    27. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre, esce mondo, immacolato di siero, immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurit, deterso, puro. Come, o monaci, ponendo una gemma preziosa su una stoffa di Casi la gemma preziosa non macchia la stoffa di Casi, n la stoffa di Casi macchia la gemma preziosa, perch l'una e l'altra sono pure, proprio cos, o monaci, allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre esce mondo, immacolato di siero, immacolato di muco, immacolato di sangue, immacolato di ogni impurit, deterso, puro. Questa una regola.

    28. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre, due sorgenti d'acqua, sgorganti dal cielo, una di fredda, l'altra di calda acqua, sono lavacri al Bodhisatta ed alla madre. Questa una regola.

    "29. E vi , o monaci, questa regola: appena nato il Bodhisatta, rizzandosi su entrambi i piedi, girandosi verso settentrione, compie sette passi, riparato da un bianco ombrello, scruta tutti i punti cardinali e con voce di toro dice: "" Il primo io sono del mondo, il supremo io sono del mondo,

  • l'eccelso io sono del mondo, questa l'ultima nascita, non vi sar pi per me ripetersi di vita "". Questa una regola."

    "30. E vi , o monaci, questa regola: allorquando il Bodhisatta esce dal grembo della madre, allora nel mondo coi suoi di, colle sue schiere di Mara, colle sue schiere di Brahma, coi suoi asceti e brahmani, colle sue generazioni di di e di uomini, un immenso, eccelso splendore si manifesta sorpassante il divino splendore degli di. Ed anche nei mondi intermedi, infelici, disordinati, bui, oscuri, nei quali questo sole e questa luna, cos potenti, cos magnifici, non penetrano colla loro luce, anche l s manifesta un immenso, eccelso splendore sorpassante la divina magnificenza degli di. E gli esseri, col sorti, per quello splendore mutuamente si riconoscono: "" Vi sono certo altri esseri qui sorti "". E questo universo di 10.000 mondi freme, trema, si muove. Un immenso, eccelso splendore si manifesta nel mondo sorpassante la divina magnificenza degli di. Questa una regola."

    "31. Essendo, o monaci, nato il fanciullo Vipassi, fu annunciato al re Bandhuma: ""Un fanciullo, o divino, ti nato, guardalo, o divino"". Il re Bandhuma, o monaci, visto il fanciullo Vipassi, fatti chiamare i brahmani astrologi, disse: "" Guardino, o signori, i brahmani astrologi questo fanciullo "". E guardarono, o monaci, i brahmani astrologi il fanciullo Vipassi, indi dissero cos al re Bandhuma: "" Felice tu sei, o divino, un molto potente figlio ti nato. Un gran tesoro tu hai, o gran re, una buona fortuna tu hai, o gran re, se nella tua famiglia un tale figlio nato. Questo fanciullo, o divino, provvisto dei trentadue segni di grande uomo, ed a colui che provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane nella casa un re giratore della ruota, giusto legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore della sicurezza del regno, possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di palazzo, il tesoro della guida. Questi sette. Inoltre egli avr mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra, sino al confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governer. Se invece abbandona la casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo libero da ogni velame."

    32. E di quali, o divino, trentadue segni (9) questo fanciullo provvisto, ed a chi cos provvisto, due destini sono possibili, se rimane nella casa un re giratore della ruota, giusto legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore della sicurezza del regno, possessore dei sette reali tesori ? I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di palazzo, il tesoro della guida. Questi sette. Inoltre egli avr mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra, sino al confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governer. Se invece abbandona la casa per l'anacoretismo, diventa

  • un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo libero da ogni velame.

    Questo giovane, o divino, ha piedi ben fatti, e che il fanciullo, o divino, abbia i piedi ben fatti ci ad un grande uomo e proprio segno di grande uomo.

    A questo fanciullo, o divino, sono tracciate sotto le piante dei piedi delle ruote con mille raggi, col loro cerchio, col loro mozzo, complete in ogni particolare, e che al fanciullo, o divino, siano tracciate sotto le piante dei piedi delle ruote, con mille raggi, col loro cerchio, col loro mozzo, complete in ogni particolare ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha snello il calcagno e che il fanciullo, o divino, abbia snello il calcagno ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha lunghe dita e che il fanciullo, o divino, abbia lunghe dita ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha morbidi e snelli mani e piedi e che il fanciullo, o divino, abbia morbidi e snelli mani e piedi ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha netti e proporzionati mani e piedi e che il fanciullo, o divino, abbia netti e proporzionati mani e piedi ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha le caviglie centrate sui piedi e che il fanciullo, o divino, abbia le caviglie centrate sui piedi ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, muscoloso come un'antilope e che il fanciullo, o divino, sia muscoloso come una antilope ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocca e ricopre con ambo le mani le ginocchia e che il fanciullo, o divino, ritto, senza flettersi, tocchi e ricopra con ambo le mani le ginocchia ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha il pene interamente coperto dalla sua guaina e che il fanciullo, o divino, abbia il pene interamente coperto dalla sua guaina ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha la pelle coloro dell'oro che il fanciullo, o divino, abbia la pelle coloro dell'oro ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha la pelle liscia, e per la levigatezza della pelle la polvere e la sozzura non gli attaccano e che il fanciullo, o divino, abbia la pelle liscia, per la levigatezza della pelle la polvere e la sozzura non gli si attacchino ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha peli solitari, ciascun pelo nasce da ciascun poro e che il fanciullo, o divini, abbia peli solitari, ciascun pelo nasca da ciascun poro ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

  • Questo fanciullo, o divino, ha i peli ricci, un pelo ricci nasce da ogni poro e che il fanciullo, o divino, abbia i peli ricci, un pelo riccio nasca da ogni poro ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha peli neri, di colora scuro, avvolti su s stessi, rivolti verso destra e che il fanciullo, o divino, abbia peli neri, di colora scuro, avvolti su s stessi, rivolti verso destra ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha nelle membra la schiettezza di Brahma e che il fanciullo, o divino, abbia nelle membra la schiettezza di Brahma ci ad un grande uomo proprio segni di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha sette bozze e che il fanciullo, o divino, abbia sette bozze ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha il corpo simile a quello di vecchio leone e che il fanciullo, o divino, abbia il corpo simile a quello di vecchio leone ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha ampie le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia ampie le spalle ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha le proporzioni del fico bagnano: quale di lui l'altezza tale l'apertura delle braccia, quale di lui l'apertura delle braccia tale l'altezza e che il fanciullo, o divino, abbia le proporzioni del fico bagnano: quale di lui l'altezza tale l'apertura delle braccia, quale di lui l'apertura delle braccia tale l'altezza ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha rotonde le spalle e che il fanciullo, o divino, abbia rotonde le spalle ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha sensi assai acuti e che il fanciullo, o divino, abbia sensi assai acuti ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha la mascella leonina e che il fanciullo, o divino, abbia la mascella leonina ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha 40 denti e che il fanciullo, o divino, abbia 40 denti ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha i denti piani e che il fanciullo, o divino, abbia i denti piani ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha i denti intatti e che il fanciullo, o divino, abbia i denti intatti ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha i denti bianchi e che il fanciullo, o divino, abbia i denti bianchi ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha lunga la lingua e che il fanciullo, o divino, abbia lunga la lingua ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

  • Questo fanciullo, o divino, ha la voce di Brahma e che il fanciullo, o divino, abbia la voce di Brahma ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha soave la voce quale di cucolo e che il fanciullo, o divino, abbia soave la voce quale di cucolo ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha nerissimi gli occhi e che il fanciullo, o divino, abbia nerissimi gli occhi ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha gli occhi bovini e che il fanciullo, o divino, abbia gli occhi bovini ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha tra le vellose sopraciglia un bianco ciuffo di morbidi peli, e che al fanciullo, o divino, sia tra le vellose sopraciglie un bianco ciuffo di morbidi peli ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    Questo fanciullo, o divino, ha il capo pari ad un turbante, e che al fanciullo, o divino, il capo sia pari ad un turbante ci ad un grande uomo proprio segno di grande uomo.

    "33. Proprio di questi trentadue segni di grande uomo provvisto, o divino, questo fanciullo, ed a colui che provvisto dei trentadue segni di grande uomo due destini sono possibili: se rimane nella casa un re giratore della ruota, giusto, legittimo re, conquistatore delle quattro regioni, stabilizzatore della sicurezza del regno, possessore dei sette reali tesori. I sette reali tesori sono: il tesoro della ruota, il tesoro dell'elefante, il tesoro del cavallo, il tesoro del gioiello, il tesoro della donna, il tesoro del ministro di palazzo, il tesoro della guida. Questi sette. Inoltre egli avr mille figli valorosi, di bell'aspetto, vincitori dei nemici. Egli la terra, sino al confine dell'oceano, senza mazza, senza spada conquistata, colla legge governer. Se invece abbandona la casa per l'anacoretismo, diventa un Santo, Perfetto, perfettamente Svegliato e per lui il mondo libero da ogni velame""."

    Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatti rivestire i brahmani astrologi di nuove vesti li soddisf di tutti i loro desideri.

    "34. Allora o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi procur una nutrice. Alcuni lo dissetavano, alcuni lo lavavano, altri lo portavano, altri ancora lo curavano nelle sue membra. Dalla nascita, o monaci, sul fanciullo Vipassi fu steso giorno e notte un candido ombrello. "" Non il freddo, n il caldo, n la polvere, n l'impurit, n la rugiada gli siano di noia'. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e gradito a molte persone. Come, o monaci, il loto azzurro, od il loto rosso, od il loto bianco sono cari e graditi a molte persone, proprio cos, o monaci, il fanciullo Vipassi fu caro e gradito a molte persone. Cos egli era portato di grembo in grembo."

    35. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi, era piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo, bellissimo. Come, o monaci, sul monte Himavant vi

  • l'uccello di nome Kararika il cui canto piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo, bellissimo, proprio cos, o monaci, il fanciullo Vipassi appena nato era piacevolissimo, amabilissimo, dolcissimo, bellissimo. Cos egli era portato di grembo in grembo.

    36. Appena nato, o monaci, al fanciullo Vipassi, in conseguenza delle sue [precedenti] azioni si rese manifesto l'occhio divino col quale vedeva giorno e notte per un intero yojana.

    "37. Appena nato, o monaci, il fanciullo Vipassi attento vedeva come vedono i trentatr di. "" Desto il fanciullo vede "", o monaci,"" Vipassi, Vipassi, Vipassi (10), cos sorse questo nome al fanciullo. Allora, o monaci, il re Bandhuma quando sedeva in giudizio, preso sulle ginocchia il fanciullo Vipassi lo istruiva nel diritto. Dunque, o monaci, il fanciullo Vipassi, seduto sulle ginocchia del padre, osservando, riosservando, progred con metodo nel diritto: "" osservando, riosservando il fanciullo progredisce con metodo nel diritto "". E dunque, o monaci, al fanciullo Vipassi, essendo stato molte volte detto "" Vipassi, Vipassi "", cos sorse il nome."

    38. Allora, o monaci, il re Bandhuma al fanciullo Vipassi fece costruire tre palazzi. Uno per la stagione delle piogge, uno per l'inverno, uno per l'estate, e lo soddisf nei cinque tronchi del desiderio. Allora proprio, o monaci, il fanciullo Vipassi, nel palazzo per la stagione delle piogge, rimaneva i quattro mesi della pioggia, circondato da donne e da strumenti musicali, n mai scendeva a terra dal suo palazzo.

    SEZIONE DELLA NASCITA

    FINE

    SECONDA PARTE

    l. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte migliaia di anni, si rivolse al maestro di scuderia:

    Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per vederne il territorio .

    " S, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto apprestare un ben domo equipaggio, annunci al giovane Vipassi: "" pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e pertanto tempo ""."

    Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il territorio del parco.

    "2. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo decrepito, chino come la trave di un tetto, appoggiato al

  • bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda et; allora si rivolse al maestro di scuderia:"

    Com', caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli altri, il suo corpo non come quello degli altri?.

    Quest'uomo, o divino, vecchio .E perch, caro maestro di scuderia, costui vecchio.Egli, o divino, vecchio perch ormai non gli resta pi lunga vita .E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto

    all'invecchiare, incontrer io stesso la vecchiaia?.Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad

    incontrare la vecchiaia.Pertanto, caro maestro di scuderia, sbito riportami dal territorio del

    parco al palazzo reale." S, o divino . Cos, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al

    giovane Vipassi, lo ricondusse al palazzo reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, medit: ""Ecco ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia""."

    3. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, cos disse:

    Si , caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, stato felice, caro maestro di scuderia, il giovane nel territorio del parco?.

    Di certo, o divino, il giovane non si divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il giovane non stato felice nel territorio del parco.

    E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del parco? .

    "Vide, o divino, il giovane, mentre era portato-attraverso il territorio del parco, un uomo decrepito, curvo come la trave di un tetto, appoggiato al bastone, tremulo, che andava malfermo per la tarda et; allora cos mi disse: ' com', caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi capelli non sono come quelli degli altri, il suo corpo non come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, vecchio '. ' E perch, caro maestro di scuderia, costui vecchio?'. 'Egli, o divino, vecchio perch ormai non gli resta pi lunga vita'. ' E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad invecchiare, incontrer io stesso la vecchiaia? '. ' Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad invecchiare, ad incontrare la vecchiaia '. ' Pertanto, caro maestro di scuderia, sbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' S, o divino'. Cos, o divino, ubbidendo al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, medit: ' ecco ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia ' ."

  • "4. Allora, o monaci, al re Bandhuma cos fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non abbandoni il regno, che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei brahmani astrologi ! ""."

    Allora, o monaci, il re Bandhuma procur con molta abbondanza al giovane Vipassi soddisfazioni nei cinque tronchi del desiderio, affinch il giovane Vipassi avesse da assumere il regno, affinch il giovane Vipassi non uscisse di casa per l'anacoretismo, affinch non si avverasse la parola dei brahmani astrologi. Quindi, o monaci, il giovane Vipassi, nel possesso e nel godimento dei cinque tronchi del desiderio, si dilett.

    5. Dunque, o monaci, il giovane Vipassi, passati molti anni, molte centinaia di anni, molte migliaia di anni, si rivolse al maestro di scuderia:

    Appresta, caro maestro di scuderia, un ben domo equipaggio, andremo attraverso il parco per vederne il territorio .

    " S, o divino ed il maestro di scuderia, o monaci, obbedendo al giovane Vipassi, fatto apprestare un ben domo equipaggio, annunci al giovane Vipassi: "" pronto, o divino, il ben domo equipaggio, e pertanto tempo""."

    Allora, o monaci, il giovane Vipassi, montato sul domo equipaggio, fu portato attraverso il territorio del parco.

    "6. Vide, o monaci, il giovane Vipassi, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto, dolente, gravemente infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover esser mosso da altri, portato da altri; allora si rivolse al maestro di scuderia:"

    Come , caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli degli altri, il suo aspetto non come quello degli altri ? .

    Quest'uomo, o divino, ammalato .E perch, caro maestro di scuderia, costui ammalato ? .Egli, o divino, per le sue afflizioni divenuto ammalato .E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto

    all'ammalarmi, incontrer io stesso la malattia?.Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare

    la malattia.Pertanto, caro maestro di scuderia, sbito riportami dal territorio del

    parco al palazzo reale." S, o divino . Cos, o monaci, il maestro di scuderia, ubbidendo al

    giovane Vipassi, lo ricondusse al palazzo reale. Allora, o monaci, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, medit: ""Ecco ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia ""."

    7. Allora, o monaci, il re Bandhuma, fatto chiamare il maestro di scuderia, cos disse:

    Si , caro maestro di scuderia, divertito il giovane nel territorio del parco, stato felice, caro maestro di scuderia, il giovane nel territorio del parco? .

  • Di certo, o divino, il giovane non si divertito nel territorio del parco, di certo, o divino, il giovane non stato felice nel territorio del parco.

    E che vide, caro maestro di scuderia, il giovane mentre era portato attraverso il territorio del parco?.

    " Vide, o divino, il giovane, mentre era portato attraverso il parco, un uomo afflitto, dolente, gravemente infermo, giacente sui suoi escrementi, in condizioni di dover essere mosso da altri, portato da altri; allora cos mi disse: ' Com', caro maestro di scuderia, quest'uomo: i suoi occhi non sono come quelli degli altri, il suo aspetto non come quello degli altri ? '. ' Quest'uomo, o divino, ammalato '. ' E perch, caro maestro di scuderia, costui ammalato? '. ' Egli, o divino, per le sue afflizioni divenuto ammalato '. ' E che forse, caro maestro di scuderia, sono io stesso soggetto ad ammalarmi, incontrer io stesso la malattia? '. ' Tu, o divino, ed io, tutti noi siamo soggetti ad ammalarci, ad incontrare la malattia'. ' Pertanto, caro maestro di scuderia, sbito riportami dal territorio del parco al palazzo reale '. ' S, o divino '."

    "Cos, o divino, ubbidendo al giovane Vipassi lo ricondussi al palazzo reale. Allora, o divino, il giovane Vipassi, rientrato al palazzo reale, addolorato, triste, medit: ' ecco ora ben nota la nascita: certamente in conseguenza della nascita si sperimenta la vecchiaia, si sperimenta la malattia ' ""."

    "8. Allora, o monaci, al re Bandhuma cos fu: "" Che il giovane Vipassi per questo non abbandoni il regno, che per questo non esca dalla casa per l'anacoretismo, che non si avveri la parola dei brahmani astrologi!""."

    Allora, o monaci, il re Bandhuma procur con molta abbondanza al giovane Vipassi soddisfazioni