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AD LIMITEM

PAESAGGI D’ETÀ ROMANA NELLO SCAVO

DEGLI ORTI DEL SAN FRANCESCO IN LUCCA

a cura di

Giulio Ciampoltrini

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Mostra Lucca, Polveriera ex Caserma Lorenzini

gennaio – giugno 2007

a cura di Elisabetta Abela e Susanna Bianchini

calco

SACI s.r.l.

ha collaborato alla mostra Laura Guidi

una realizzazione HATHOR artemusicaspettacolo graphic designer Antonio Nardone

Hanno partecipato allo scavo Elisabetta Abela, Susanna Bianchini, Serena Cenni

Bianca Balducci, Irene Monacci, Maila Franceschini Sara Alberigi, Alessandro Giannoni

Catalogo a cura di

Giulio Ciampoltrini

Finito di stampare nella Tipografia Menegazzo in Lucca

Viale San Concordio 903 gennaio 2007

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Indice

Abbreviazioni bibliografiche 6 UGO GIURLANI, Presidente della Polis S.p.A. Premessa 7 GIULIO CIAMPOLTRINI Ad limitem. Un paesaggio suburbano di Lucca romana dallo scavo degli Orti del San Francesco 9 GIULIO CIAMPOLTRINI Paesaggi urbani e rurali di una colonia augustea 13 I. I nuovi volti della città 15 II. Ordinati paesaggi: la centuriazione della piana di Lucca 31 ELISABETTA ABELA – SUSANNA BIANCHINI Il kardo e i campi. Archeologia di un paesaggio lucchese d’età romana I. Tracce del paesaggio agrario suburbano d’età romana 43 II. La strada romana: tecnica costruttiva e interventi di restauro 47 GIULIO CIAMPOLTRINI Condizioni ambientali e vita economica in una colonia augustea dell’Etruria settentrionale. Considerazioni sui materiali dallo scavo del kardo degli Orti del San Francesco 59 Appendice: le unità stratigrafiche (SERENA CENNI, MAILA FRANCESCHINI, IRENE MONACCI) 73

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Abbreviazioni bibliografiche

Agri divisi: Gli agri divisi di Lucca. Ricerche sull’insediamento negli agri centuriati di Lucca fra Tarda

Repubblica e Tarda Antichità, a cura di G. CIAMPOLTRINI, Siena 2004. Arpentage romain: G. CHOUQUER – F. FAVORY (con A. ROTH-CONGÈS), L’arpentage romain.

Histore des textes – Droit – Techniques, Paris 2001. CASTAGNOLI, Lucca: F. CASTAGNOLI, La centuriazione di Lucca, Studi Etruschi, XX, 1948, pp.

285-291. CIAMPOLTRINI, Prima cerchia: G. CIAMPOLTRINI, Lucca: la prima cerchia, Lucca 1995. CIAMPOLTRINI, Prosopographia Lucensis: G. CIAMPOLTRINI, Prosopographia Lucensis. Un contri-

buto per la storia della società lucchese fra I e II secolo d.C., Actum Luce, XVII, 1988, pp. 71-96.

CIAMPOLTRINI – ANDREOTTI, Ponte del Botronchio: G. CIAMPOLTRINI – A. ANDREOTTI, Bo-scaioli, carrettieri, cacciatori. Il ponte del Botronchio di Orentano (Castelfranco di Sotto, Pisa), Rassegna di Archeologia, 18 B, 2001, pp. 145-173.

CIAMPOLTRINI – RENDINI, Temi figurativi: G. CIAMPOLTRINI – P. RENDINI, Temi figurativi nelle terrecotte architettoniche tardorepubblicane di Lucca, Ostraka, III, 1, 1994, pp. 61-72.

Conspectus: Conspectus formarum terrae sigillatae Italico modo confectae, Bonn 1990. CVArr2: A. OXÉ – H. COMFORT – PH. KENRICK, Corpus Vasorum Arretinorum, Bonn 2000. Dimore dell’Auser: Le dimore dell’Auser. Archeologia architettura ambiente dell’antico lago di Sesto,

Lucca 2005. Giardini sepolti: I giardini sepolti. Lo scavo degli Orti del San Francesco in Lucca, a cura di G. CIAM-

POLTRINI, Lucca 2005. Glarea stratae: Glarea stratae. Vie etrusche e romane nella piana di Lucca, a cura di G. CIAMPOLTRI-

NI, Firenze 2006. In Silice: In Silice. Lo scavo della chiesa di San Ponziano in Lucca, a cura di G. CIAMPOLTRINI,

Lucca 2006. KEPPIE, Colonisation: L. KEPPIE, Colonisation and veteran settlement in Italy, 47-14 B.C., Rome

1983. Lachmann: Gromatici veteres ex recensione C. Lachmanni, diagrammata edidit A. Ruddorfius / Die

Schriften der römischen Feldmesser, a cura di F. BLUME – K. LACHMANN – A. RUDDORF, Berolini 1848.

La colonia e la montagna: La colonia e la montagna. Archeologia d’età augustea a Lucca e nella valle del Serchio, a cura di G. CIAMPOLTRINI, Ponte Buggianese 2006.

SCHMIDT, Centuriazione romana: G. SCHMIDT, Atlante delle sedi umane in Italia. III. La centuria-zione romana, Firenze 1989.

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Premessa

«Un proficuo cammino comune»: così si definiva, poco più di un anno fa, il percorso intra-

preso dalla Polis S.p.A. d’intesa con la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana per far sì che il recupero urbanistico dell’area della ex Caserma Mazzini – di cui la costruzione di un parcheggio interrato non è che una componente – si trasformasse anche in un affascinante viaggio in un lembo del sottosuolo urbano e nella ricostruzione, attraverso l’archeologia, di dimenticati momenti della storia della città.

Il cammino è proseguito, da allora, con una successione di scoperte che hanno proiettato in un passato sempre più lontano i ‘giardini sepolti’ che comparivano nel titolo della pubblica-zione e della mostra che presentava al grande pubblico i risultati dei primi sei mesi dei lavori.

I ‘giardini sepolti’ e riemersi nello scavo non si sono conclusi, infatti, con quelli rinascimen-tali voluti dai Francescani Osservanti al loro arrivo in Lucca nella seconda metà del Quattrocen-to. Strato dopo strato, allargando l’area dello scavo fino a raggiungere dimensioni decisamente impegnative per chi doveva coordinare la documentazione stratigrafica (oltre 16000 metri qua-drati sono stati millimetricamente esplorati con metodo archeologico), sotto i Giardini degli Os-servanti sono affiorati gli orti medievali. Infine, è emerso un paesaggio d’età romana in cui le trac-ce delle divisioni campestri si intrecciavano con i resti di attività metallurgiche e – soprattutto – di una via di ghiaia che gli archeologi hanno proposto di riconoscere come kardo maximus della centuriazione lucchese d’età augustea.

Nel momento in cui la prima fase di recupero dell’area si conclude con l’apertura al pub-blico di un nuovo ‘giardino’, che intende evocare nel nome l’affascinante Giardino degli Osser-vanti, la Polis ha voluto accogliere l’invito della Soprintendenza e completare il lavoro intrapreso nel dicembre del 2005 con la mostra ‘I giardini sepolti’, rendendo disponibili anche i risultati de-gli scavi del 2006 in una mostra e con un volume.

Ancora una volta i locali della Polveriera della ex Caserma Lorenzini, compresi all’interno di uno spazio gestito dalla Polis stessa, si sono resi disponibili – grazie al Comune di Lucca – ad accogliere i materiali archeologici restituiti dallo scavo, in una cornice che li renda fruibili al pub-blico. L’asse portante della mostra è il calco della via di ghiaia, che integra la suggestione delle immagini dello scavo e dei reperti.

Si deve serenamente ammettere che lo scopo primario dell’intervento nella ex Caserma Mazzini non era recuperare la storia di un pezzo di campagna lucchese divenuto città nel Medio-evo; con altrettanta franchezza, si deve però sottolineare che questo risultato non è stato solo ef-fetto dei vincoli di tutela del patrimonio archeologico.

Infatti, la presenza sul cantiere di un gruppo di archeologhe entusiaste e piene di passione non poteva non essere contagiosa anche per tutte le maestranze che hanno partecipato alla fatica e all’impegno dello scavo, dai tecnici della Polis fino ai vari livelli delle imprese esecutrici del la-voro. I momenti di stanchezza e di stress non sono naturalmente mancati, ma, alla fine, l’impegno comune e la condivisione degli obiettivi hanno consentito di rispettare i tempi di rea-lizzazione dell’opera senza che questo significasse trascurare il più sottile degli strati archeologici che apparivano nello scavo.

Aver ritrovato paesaggi sepolti ed averli saputi ricomporre è certamente importante, costi-tuisce un arricchimento significativo della storia di Lucca e, in prospettiva, della dotazione muse-ale della città.

Ma altrettanto importante è aver dimostrato che una serena collaborazione può coniugare passato e presente, salvaguardia delle memorie sepolte e proiezione di una città in un’innovazione che trovi proprio dal radicamento nel passato la vitalità più genuina: i rinati Giardini degli Osser-vanti ne sono – così ci si augura – una dimostrazione.

dott. Ugo Giurlani Presidente Polis S.p.A.

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Giulio Ciampoltrini

AD LIMITEM. UN PAESAGGIO SUBURBANO DI LUCCA ROMANA DALLO SCAVO DEGLI ORTI DEL SAN FRANCESCO

Uno scambio di terreni fra Andrea, figlio del defunto gastaldo Pietro, e il vescovo di Lucca

Geremia, getta nell’856 un fascio di luce sul paesaggio del suburbio di Lucca cresciuto nella con-trada di Cipriano, al di fuori della porta orientale della città, intorno all’asse viario che, ereditan-do anche fisicamente le strutture della via romana che da Lucca portava a Firenze, conservava la vitalità che nel secolo precedente era stata esaltata dalla fondazione di due chiese, promosse da due delle massime famiglie della Lucca longobarda, e rispettivamente dedicate a San Michele – oggi ripetuta dal San Micheletto – e a San Bartolomeo – oggi sepolto sotto il San Ponziano1.

Andrea cede al vescovato due appezzamenti posti prope Silice, quindi verosimilmente lungo il tracciato inghiaiato della strada romana, e riceve in cambio un pezzo di terra posto prope Ci-priano, ad Limite2.

Limes ha un vasto campo di accezioni, ma è anche il termine ‘tecnico’ che indica una via del sistema centuriale, il reticolato di strade e altre opere infrastrutturali (canali, fossati) che nel mondo romano è base catastale per l’assegnazione di terre e, spesso, anche delle opere di bonifica indispensabili per consentire un’equa assegnazione o distribuzione di terre. Che nel caso della lo-calità ad Limite(m) (recuperando la desinenza perduta nel latino altomedievale) in Cipriano que-sta sia l’origine del toponimo ancora conservato nell’Alto Medioevo era stato dimostrato dalla ricostruzione della centuriazione della colonia Lucensis che Ferdinando Castagnoli aveva potuto proporre già negli anni Quaranta del Novecento3, e che vedeva correre il primo kardo a est del kardo maximus della centuriazione – segnato in sovrapposizione del kardo maximus della città, ri-petuto da Via Fillungo – proprio all’altezza della chiesa di San Ponziano, già San Bartolomeo prope Silice.

La lunga avventura dello scavo degli antichi Orti del San Francesco, sepolti e quasi dimen-ticati dapprima nei piazzali della caserma Mazzini, e poi in un anonimo parcheggio sterrato, ini-ziata nel 2005 per fare di un’imponente opera di riqualificazione urbana anche un significativo momento di recupero di pagine perdute della storia lucchese, aveva già dato intense emozioni al gruppo di archeologi (o meglio: archeologhe) che fra l’estate e l’autunno del 2005 aveva riportato alla luce le tracce dei rinascimentali Giardini degli Osservanti, sepolti a loro volta sotto gli orti dei Francescani del Seicento e del Settecento4.

Nell’inverno del 2006 erano emerse le vicende del suburbio medievale di Tracchiassi, luogo di un’‘arte del fuoco e della terra’ come la produzione dei mattoni – indispensabile alla compiuta crescita della città romanica5, ma proprio per i rischi del fuoco da mantenere all’esterno dello spazio urbano – e poi del primo orto del San Francesco, sede anche delle attività di cantiere che ancora per gran parte del Trecento avevano accompagnato il compimento della grande opera del-la chiesa e del convento.

1 Si rinvia a In silice, pp. 13 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 2 Materiali e documenti per servire all’Istoria del Ducato di Lucca, V, 2, a cura di D. BARSOCCHINI, Luc-

ca 1837, pp. 439 s., n. 730. 3 CASTAGNOLI, Lucca. 4 Una prima presentazione in Giardini sepolti; sintesi in G. CIAMPOLTRINI – C. SPATARO, Area della

ex Caserma Mazzini, già Orti del San Francesco; I servizi del San Francesco in età moderna (XVI-XVIII secolo), Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, 1, 2005, pp. 31 ss.

5 Per queste G. CIAMPOLTRINI, Archeologia lucchese d’età comunale: le mua urbiche e le terre nuove, Ar-cheologia Medievale, XXIV, 1997, pp. 455 ss.

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L’area dello scavo al termine dei lavori, vista da sud.

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A queste si intrecciava, nel settore meridionale del complesso, la storia di una comunità che nel San Francesco aveva trovato un punto di riferimento spirituale tanto intenso da cercare l’estremo riposo proprio negli spazi adiacenti alla chiesa, in particolare nei momenti terribili delle pestilenze e delle morie del Tardo Medioevo – le frecce scagliate dagli angeli saettanti o le falci agitate dai diavoli delle miniature del Sercambi6.

Sul finire dell’inverno lo scavo si stava esaurendo sui sedimenti di ghiaie ‘geologici’, e si sta-va ormai ammettendo che le cave di argilla aperte nell’area stessa delle fornaci di laterizi doveva-no aver ridotto le stratificazioni d’età romana ai minimi lacerti di opere agrarie che in qualche punto era stato possibile cogliere al di sotto delle canalizzazioni medievali e rinascimentali. Ma nella primavera proprio l’ultimo saggio portava in luce, singolarmente conservata, al margine o-rientale dell’area esplorata, una ‘strada di ghiaia’ – una via glareata – che l’orientamento indicava compresa nel sistema della centuriazione romana (un limes, dunque), e che le stratificazioni con-nesse ai suoi rifacimenti permettevano di datare con precisione all’età augustea: era il kardo – la via orientata nord-sud del sistema centuriale – che diveniva poco più a sud il limite del documen-to dell’856.

All’entusiasmo della scoperta si accompagnano di norma, nell’attività dell’archeologo, la fa-tica e il tedio dell’interpretazione.

Nel caso della glareata degli Orti del San Francesco, invece, l’analisi dei dati accumulati in poche settimane di lavoro, che avevano visto le appassionate fatiche delle archeologhe (in rigoro-so ordine alfabetico: Elisabetta Abela, Bianca Balducci, Susanna Bianchini, Serena Cenni, Maila Franceschini, Irene Monacci), assecondate dalla pazienza delle maestranze della Terra, Uomini, Ambiente, e dalla consueta disponibilità di tutte le componenti della Polis S.p.A. impegnate nei lavori, ha portato a scoperte ancor più emozionanti di quelle offerte dal ‘mitico’ momento dello scavo.

Riportata sulla cartografia oggi disponibile, la Carta Tecnica della Regione Toscana, in sca-la al 2.000 e al 10.000, infinitamente più raffinata di quella che aveva consentito al Castagnoli la sua sintesi magistrale, la via degli Orti del San Francesco si rivelava spostata di qualche decina di metri rispetto a quanto ci si sarebbe atteso, ma perfettamente inserita in un quadrettato ‘canoni-co’ – con lato di m 710, quindi – in cui ricadevano altri frammenti della grandiosa opera di boni-fica della centuriazione, come il Rio di Vorno o il fosso della Formica.

Non solo: seguendo le indicazioni della manualistica agrimensoria romana si doveva esclu-dere che la via fosse un limes ‘normale’ – subruncivus, come suona il termine tecnico. L’ampiezza superstite o comunque documentata portava infatti, inevitabilmente, ad interpretarla come kardo maximus, l’asse nord-sud del sistema della centuriazione di Lucca, ortogonale ad un asse est-ovest che è segnato dal lato meridionale delle mura, oggi tracciato da Corso Garibaldi.

Le informazioni offerte dal corpus dei gromatici romani, per il caso di centuriazioni tracciate nel territorio di città già provviste di mura, consentivano di confortare la proposta.

Alla storia della nascita di una colonia augustea dell’Etruria settentrionale narrata da una via di ghiaia si intrecciavano le storie raccontate dai materiali – i traffici e i consumi di beni ali-mentari, le attività dei fabbri – e, soprattutto, la storia di crisi ecologiche dovute a fattori climati-ci che era possibile recuperare anche nell’evidenza storiografica, in sincronismo con la sequenza di alluvioni del Tevere dei primi decenni del I secolo d.C. ricordate da Dione Cassio e da Tacito.

Grazie alla disponibilità di un ambiente ‘polivalente’ come la ex polveriera della Caserma Lorenzini, messa a disposizione dal Comune di Lucca come deposito archeologico attrezzato, e al supporto garantito dalla Polis S.p.A., anche con la realizzazione del calco di un tratto della gla-reata, eseguito dalla S.A.C.I. s.r.l., è stato possibile presentare queste storie al pubblico che nell’archeologia non cerca solo o tanto lo stupore del meraviglioso e della scoperta, ma anche e soprattutto la concretezza di un’analisi che si proponga di ricomporre le tracce lasciate nella terra

6 G. SERCAMBI, Le illustrazioni delle Croniche nel codice Lucchese, con commenti storico ed artistico di

O. BANTI e M.L. TESTI CRISTIANI, Genova 1978, p. 154, n. 381; p. 209, n. 490

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in uno scenario in cui la vita quotidiana di una ‘colonia’ dell’Etruria settentrionale riesca ad in-trecciarsi con la ‘grande storia’ dell’impero augusteo.

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Giulio Ciampoltrini

PAESAGGI URBANI E RURALI DI UNA COLONIA AUGUSTEA L’iscrizione – oggi ai Musei Vaticani – posta dalla figlia Memmia sul monumento funerario

del padre L. Memmius C. f. ne ripercorre alla prima linea, nell’asciutto stile del cursus honorum, la carriera senatoria, conclusa al raggiungimento della pretura, dopo la questura e il tribunato della plebe; il corpo dell’iscrizione dà maggiore ‘visibilità’ agli altri incarichi coperti da Lucio Mem-mio, e, fra questi, con le due linee che ne precisano la natura, alla carica di praefectus leg(ionum) XXVI et VII Lucae ad agros dividundos1:

L(ucius) Memmius C(ai) f(ilius) Gal(eria tribu) q(uaestor) tr(ibunus plebis) pr(aetor)

frumenti cur(ator) ex s(enatus) c(onsulto) praefectus leg(ionum) XXVI et VII

Lucae ad agros dividundos pontifex Albanus

Memmia filia testamento suo fieri iussit. La deduzione di una colonia formata dai veterani di due legioni delle guerre del secondo

triumvirato, la XXVI e la VII, è dunque indicata con il termine ‘tecnico’ di agrorum divisio2, e trova nel senatore Lucio Memmio una sorta di ‘fondatore’, la cui opera deve essere posta fra gli anni successivi alla battaglia di Filippi (41 a.C.) e di Azio (30 a.C.); probabilmente dopo questo secondo evento, come argomenta Keppie3.

Lucca condivide dunque, in questo volgere di tempo, la sorte dell’intera Etruria setten-trionale, che viene drasticamente trasformata nel paesaggio agrario da centuriazioni che coprono pressoché senza eccezione le pianure del Valdarno e del pedemonte appenninico, e riorganizzano o rimodulano anche la rete delle città4. La deduzione di una colonia a Florentia, definitivamente assegnata all’età augustea dai dati dei nuovi scavi5, offre un punto di riferimento essenziale al nuovo assetto dell’Etruria settentrionale, con un polo urbano che controlla uno snodo itinerario cruciale; le dimensioni della colonia sono tali che la centuriazione deve estendersi, seppure con diverso orientamento, anche nel territorio della vicina Pistoia, che mantiene lo status di munici-pium6.

A Pisa, la colonia Iulia Opsequens Pisana svolge un ruolo portuale fondamentale, al termine delle vie d’acqua – l’Arno e l’Auser/Serchio – essenziali non solo al nuovo aspetto della regione, ma anche ad assicurare il rifornimento a Roma del materiale da costruzione (pietra e legname) fornito dall’Etruria settentrionale, indispensabile ai progetti urbanistici di Augusto, come emerge

1 CIL VI, 1460 = XIV, 2264; su di lui, Real-Encyclopädie der classischen Altertumwissenschaft, XV, 1,

col. 621, s.v. Memmius (15) (F. MILTNER); KEPPIE, Colonisation, pp. 174 ss. 2 Arpentage romain, pp. 408 e 426. 3 KEPPIE, Colonisation, pp. 174 ss. 4 G. CIAMPOLTRINI, Note sulla colonizzazione augustea nell’Etruria settentrionale, Studi Classici e Orien-

tali, 30, 1981, pp. 44 ss.; SCHMIDT, Centuriazione romana, tavv. XXVII-XXXIV. 5 Si veda G. DE MARINIS, Firenze: archeologia e storia dell’insediamento urbano. I. Un profilo di sviluppo,

in Alle origini di Firenze. Dalla preistoria alla città romana, a cura di G. CAPECCHI, Firenze 1996, pp. 36 ss., in particolare pp. 38 ss.

6 Per gli aspetti archeologici, da ultimo G. CIAMPOLTRINI – E. PIERI – F. FABBRI – A. CATAPANO, Paesaggi perduti della Valdinievole. Materiali per l’insediamento etrusco e romano nel territorio di Mon-summano Terme, Rassegna di Archeologia, 17, 2000, pp. 255 ss., in particolare pp. 260 ss.

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14 Paesaggi urbani e rurali

indirettamente dalle pagine di Strabone7. L’ampio entroterra, fino al basso corso dell’Era, viene reso disponibile allo sfruttamento agricolo con un’imponente centuriazione, il cui ruolo anche di opera di bonifica è palese8.

Fig. 1. La pertica di Lucca: in grigio le pianure con tracce di centuriazione. Come Volaterrae, che con una colonia Augusta (quindi posteriore al 27 a.C.) riceve coloni,

almeno nelle piane della Valdera e forse della Valdelsa9, Lucca sembra destinata soprattutto ad accogliere i veterani – di due legioni, quindi certamente in numero di alcune migliaia – nei suoi vasti territori pianeggianti. La pertica – termine ‘tecnico’ per l’insieme del territorio centuriato – di Lucca, in effetti, doveva comprendere non solo la piana dell’Auser, ma anche la fascia pianeg-giante che si distende tra le colline di Montecarlo, il Montalbano, l’Arno (fig. 1): due distinte centuriazioni sono ricomponibili nel territorio di Monsummano10 e fra Arno e Arme, l’emissario del sistema fluviale formato dalla Nievole e dalle due Pescie11.

7 STRABO, V, 2, 5; G. CIAMPOLTRINI, Note per l’epigrafia di Populonia augustea, Rassegna di Archeo-

logia, 12, 1994-1995, pp. 591 ss. 8 G. CIAMPOLTRINI, Un rilievo funerario d’età augustea dalla Bassa Valdera, Prospettiva, 108, 2002,

pp. 84 ss.; più in generale, ID., Il territorio in età romana, in Pontedera dalle prime testimonianze al Quattrocento, Pisa 2004, pp. 55 ss., in particolare pp. 60 ss.

9 CIAMPOLTRINI, art. cit. a nota precedente, pp. 60 ss.; per l’evidenza epigrafica da Montecatini Val di Cecina, che ha offerto una risolutiva conferma a Liber Coloniarum, pp. 214 s. Lachmann, si veda M. MUNZI – N. TERRENATO, La colonia di Volterra. La prima attestazione epigrafica ed il quadro archeo-logico, Ostraka, III, 1, 1994, pp. 31 ss.

10 CIAMPOLTRINI et alii, art. cit. (nota 6), pp. 260 ss. 11 Su questa centuriazione, da ultimo Agri divisi, pp. 79 ss. (G. CIAMPOLTRINI).

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I. I nuovi volti della città Se Florentia si rivela, grazie alla crescente consistenza della documentazione archeologica,

una tipica città augustea, nel rapporto organico fra città e e territorio e nell’applicazione degli schemi urbanistici e architettonici, anche Lucca manifesta i segni della ‘rifondazione’ coloniale non solo nel territorio, ma anche nel tessuto urbano (fig. 2).

Nonostante l’esaltazione della pax assicurata dall’ordine augusteo sia uno dei temi condut-tori della propaganda imperiale, Florentia è immediatamente dotata di una cinta muraria, in late-rizio, che ne asseconda la costruzione con un circuito turrito, in cui si aprono porte adeguate alle esigenze poliorcetiche maturate nel cinquantennio delle guerre civili12. Le mura sono essenziali non solo per assicurare il decoro della fondazione, nello spirito ‘vitruviano’, ma anche perché la colonia ha evidentemente un ruolo strategico, non tanto nei confronti di remoti nemici esterni, quanto piuttosto come piazzaforte, affidata al lealismo dei veterani e alla loro devozione all’imperatore e alla sua casa, contro possibili antagonisti interni del potere di Augusto; la posi-zione all’incrocio con l’Arno delle vie di terra che attraversano l’Etruria interna ne fa ovviamente la ‘base’ ideale per il controllo dell’intera regione.

Fig. 2. Rinnovamenti urbanistici d’età augustea a Lucca: i monumenti.

12 DE MARINIS, art. cit. (nota 5), pp. 38 ss.

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16 I nuovi volti della città

Lucca era già provvista, dalla fondazione come colonia Latina, nel 180 a.C.13, di una cer-chia di mura comunque adeguata al tono urbano.

È possibile, tuttavia, che gli eventi alluvionali succedutisi fra II e I secolo a.C.14 ne avessero compromesso l’efficienza, almeno in alcuni tratti. L’altrimenti oscuro cenno di Lucano all’aruspice Arruns, convocato all’inizio del conflitto tra Pompeo e Cesare dalle deserta moenia Lucae15, troverebbe in questa luce una possibile chiave di interpretazione, anche se la vitalità di Lucca negli estremi anni della Repubblica che traspare dalla scelta come sede per l’incontro del primo triumvirato, nel 55 a.C., e dalla commendatizia di Cicerone per il maggiorente cittadino L. Castronius Paetus, nel 46 a.C.16, parrebbe incompatibile con il disinteresse delle strutture am-ministrative cittadine per le mura, essenziali nei tormentati anni delle guerre civili, tanto più che alle lotte tra fazioni si intrecciava un disagio sociale tale da generare il brigantaggio che nell’Etruria centro-settentrionale aveva assunto le forme acute che sono indirettamente testimo-niate dal numero dei ripostigli monetali di questi anni17.

L’evidenza archeologica, tuttavia, segnala almeno due casi di intervento sulle mura nella prima età augustea.

Sul lato meridionale, nell’area del San Girolamo (fig. 2, A 1; 3), alle mura viene addossato un reticolato di strutture in ciottoli legati da malta (31, 29, 210-213) che forma l’ossatura di un terrapieno solidamente datato alla media età augustea, probabilmente entro il 10 a.C., dalla co-spicua componente ceramica alternata all’inerte terroso (22-24-28-30, 214-215)18.

La struttura pare una variante, probabilmente applicata anche nella colonia augustea di Ao-sta, dell’ordito di consolidamento del terrapieno delle mura previsto da Vitruvio con uno schema ‘a denti di sega’ (pectinatim … quemadmodum serrae dentes solent esse)19, ed è dunque immediata l’ipotesi di riconoscervi un’opera di restauro, o di irrobustimento, di un tratto contiguo alla por-ta urbica meridionale. Resta altrettanto valida la possibilità che il terrapieno potesse fungere da base per opere perdute, come – ad esempio – un castellum aquarum, se si volesse ricorrere al mo-dello offerto dalle strutture erette a ridosso della porta meridionale di Firenze20.

13 Per questo, da ultimo G. CIAMPOLTRINI, Culture in contatto. Etruschi, Liguri, Romani nella valle del

Serchio fra IV e II secolo a.C., in I Liguri della Valle del Serchio fra Etruschi e Romani. Nuovi dati e pro-spettive di valorizzazione, Atti del Convegno Lucca 8 ottobre 2004, a cura di G. CIAMPOLTRINI, Luc-ca 2005, pp. 48 ss.; sulle mura, CIAMPOLTRINI, Prima cerchia.

14 Una peculiare evidenza per questi è offerta dallo scavo in località Alle Cascine di Capannori (Lucca); lavori 2006 per la costruzione del nuovo casello autostradale di Capannori, diretti dallo scrivente.

15 LUCANI, Pharsalia, I, vv. 584 ss.: placuit Tuscos de more uetusto acciri uates. / quorum qui maximus a-euo / Arruns incoluit desertae moenia Lucae.

16 CICERO, Epistulae, Ad familiares, I, XIII: Ad Brutum: L. Castronius Paetus, longe princeps municipii Lucensis, est honestus, gravis, plenus officii, bonus plane vir et quum virtutibus, tum etiam fortuna, si quid hoc ad rem pertinet, ornatus; meus autem est familiarissimus, sic prorsus, ut nostri ordinis observet neminem diligentius; quare ut et meum amicum et tua dignum amicitia tibi commendo: cui quibuscumque rebus commodaveris, tibi profecto iucundum, mihi certe erit gratum. Vale.

17 G. CIAMPOLTRINI, «In un monticello fra la città di Massa e Populonia». La coppa di C. Valerius Naso (CIL XI, 8126) e il ripostiglio “Gavorrano 1873”, Rassegna di Archeologia, 20 B, 2003, pp. 143 ss., in particolare p. 153, anche per il ripostiglio dal Compitese, ritrovato nel 1874, e deposto intorno al 55 a.C.

18 La colonia e la montagna, pp. 74 ss. (G. CIAMPOLTRINI – E. ABELA). 19 VITRUVI, De Architectura, I, 5, 7: Item interiore parte substructionis fundamentum distans ab exteriore

introrsus amplo spatio, ita uti cohortes possint quemadmodum in acie instructae ad defendendum supra latitudinem aggeris consistere. Cum autem fundamenta ita distantia inter se fuerint constituta, tunc inter ea alia transversa, coniuncta exteriori et interiori fundamento, pectinatim disposita quemadmodum serrae dentes solent esse conlocentur; cum enim sic erit factum, tunc ita oneris terreni magnitudo distributa in parvas partes; neque universa pondere premens poterit ulla ratione extrudere muri substructiones.

20 Per questa G. MAETZKE, Firenze. Scavi nella zona di Por Santa Maria, Notizie Scavi, 1948, pp. 71 ss.; da ultimo P. RENDINI, Scavi nei depositi: il sectile di Firenze (ritrovato) e i mosaici della valle dell’Albegna, in Atti del IX Colloquio AISCOM (Aosta 2003), a cura di C. ANGELELLI, Ravenna 2004, pp. 191 ss.

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I nuovi volti della città 17

Fig. 3. Le strutture d’età augustea nell’area del San Girolamo.

Fig. 4. L’area di sca-vo nel palazzo dei Nobili.

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18 I nuovi volti della città

Fig. 5. Veduta dello scavo nell’ambiente 3 del palazzo dei Nobili.

Fig. 6. Bronzo di C. Clovius per la terza dittatura di Cesare, dalla US 9 dello scavo del palazzo dei Nobili.

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I nuovi volti della città 19

L’ipotesi di una sistematica opera di ‘revisione’ del circuito murario è comunque conforta-ta dalle indicazioni dello scavo condotto nel 2006 nell’area del palazzo dei Nobili, sul lato set-tentrionale della cerchia (fig. 2, A 2; 4-5)21.

Il circuito murario tardorepubblicano, conservato nello zoccolo di base in calcare, è co-steggiato all’esterno da una via glareata (fig. 4, 9) la cui frequentazione si protrae fino allo scorcio finale del I secolo a.C.: un freschissimo bronzo di C. Clovius, praefectus di Cesare nella sua terza dittatura, del 45 a.C. (fig. 6)22, finito inglobato fra la terra e i ciottoli del manto stradale, conce-de infatti un termine cronologico assoluto coerente con i frammenti di ceramica a vernice nera cui è associato.

Si deve dunque porre negli anni del triumvirato o nella prima età augustea la costruzione della struttura (15) che taglia la glareata 9, formata da un paramento di liste e blocchi di arenaria giallastra, probabilmente delle cave di Guamo, legati da terra e da povera malta, disposti su filari tendenzialmente regolari, progressivamente aggettanti, e emplecton di terra e scaglie della lavora-zione della pietra stessa.

La struttura, risparmiata solo per brevissimo tratto dalle trasformazioni medievali e rina-scimentali dell’area, si innesta obliquamente sul filo delle mura, e parrebbe aver piuttosto il ruolo di paramento del terrapieno – soprattutto di ghiaie (16) – che copre anche, per un brevissimo tratto, proprio in corrispondenza dell’innesto delle due strutture, lo zoccolo delle mura. La sua vita, d’altronde, sembra assai breve, giacché i livellamenti limosi che la coprono (6, 8) restitui-scono sigillate databili ancora entro l’età augustea, e comunque non oltre i primi decenni del I secolo d.C.

Pur nell’enigmaticità della sequenza, l’ipotesi più immediata è che la struttura 15 altro non sia che il paramento esterno di un’opera di risarcimento dell’ordito murario – affidata soprattut-to alla potenza del terrapieno – in un punto del tracciato particolarmente sensibile, in corrispon-denza della concavità del lato settentrionale che è tradizionalmente correlata alla contiguità delle mura ad un braccio dell’Auser. L’ipotesi che un evento alluvionale, cui offrirebbero un terminus post quem i materiali inglobati nella glareata, abbia compromesso il paramento delle mura, e che si sia ovviato ricucendo provvisoriamente il tracciato con un avancorpo che poteva anche fungere da torre, o almeno da base per macchine ossidionali, è quanto meno suggestiva; la datazione all’età augustea è coerente anche con la tecnica muraria. Esaurito il compito, forse dopo un più organico ‘restauro’ del circuito murario, l’avancorpo affidato alla struttura 15 poté essere sman-tellato, tanto che una nuova via glareata (13) va almeno in parte a sovrapporglisi, recuperando il ruolo della glareata extramuranea 9.

L’impegno rivolto al circuito murario potrebbe indicare che anche Lucca – seppure in sca-la minore rispetto a Firenze – era compresa nella strategia augustea di controllo ‘interno’ del ter-ritorio affidata al lealismo dei veterani.

Il rilievo della città come terminale a sud degli Appennini di vie di valico traspare dalla scelta come sede del convegno triumvirale del 55 a.C.; l’evidenza archeologica, offerta dallo scavo del sito della Murella di Castelnuovo di Garfagnana, per il consolidamento nella prima età augu-stea dell’itinerario transappenninico che attraverso la valle del Serchio raccordava la rete itinera-ria dell’Etruria settentrionale a quella della Pianura Padana23 rende plausibile uno scenario che vede Lucca acquisire in questo torno di tempo il ruolo di crocevia itinerario cui dovrà tanta parte della sua fortuna nella Tarda Antichità e nel Medioevo.

21 Opere propedeutiche al restauro e al recupero dell’ex sede della Banca d’Italia, con la direzione dello

scrivente, e la collaborazione di Elisabetta Abela e Serena Cenni. 22 M.H. CRAWFORD, Roman Republican Coinage, Cambridge 1974, p. 486, n. 476/1b (per il partico-

lare della stella); A. BANTI – L. SIMONETTI, Corpus Nummorum Romanorum, I, Firenze 1972, pp. 122 s., n. 176, As vel Dupondius: D/ caesar dic ter; busto alato e drappeggiato a d. della Victoria, con collana e stella nel campo a sn.; R/ c clovi praef; Minerva gradiente a s. con trofeo.

23 La colonia e la montagna, pp. 57 ss. (G. CIAMPOLTRINI – P. NOTINI – C. SPATARO).

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20 I nuovi volti della città

I materiali progressivamente accumulati da venticinque anni di archeologia urbana aprono qualche scorcio di luce anche sulla ridefinizione augustea del cuore della città, il Foro.

Dalla sequenza di scavi condotti sul finire degli anni Ottanta del secolo scorso nella sede della Banca Nazionale del Lavoro, sul lato occidentale della Piazza San Michele (fig. 2, B), e per una singolare serie di coincidenze anche negli edifici contigui, è emerso un arcipelago di fram-menti di strutture che permette almeno a grandi linee di tratteggiare la dinamica degli edifici pubblici, dalla tarda età repubblicana24 alla riorganizzazione monumentale d’età augustea25.

La coerenza tipologica delle strutture e la datazione offerta dalle sequenze stratigrafiche hanno invitato a ricomporre i lacerti di mura e pavimentazioni nello schema di uno dei più for-tunati tipi urbanistico-architettonici dell’età augustea, il criptoportico che modula lo spazio in cui spicca il tempio (fig. 7)26.

Il criptoportico di Aosta (fig. 8) – per non citare che uno dei casi distribuiti fra le fonda-zioni augustee d’Italia, Gallia, Spagna – propone un modello convincente per interpretare il complesso di strutture che fu esplorato lungo Via di Poggio (fig. 9) come lato meridionale di un criptoportico caratterizzato dal paramento esterno di blocchi di calcare, inglobati nelle fonda-zioni (112), e da strutture cementizie (111, 23-63) legate da un terrapieno consolidato da getta-te di malta (103, 106).

L’edificio seppellisce i relitti di una struttura tardorepubblicana in blocchi di calcare ca-vernoso (113), disposta con un orientamento rigorosamente est-ovest, che si discosta da quello delle strutture augustee, leggermente declinante verso sud, e proprio dell’assetto urbano che è ancora ripetuto da Lucca.

Dell’area modulata dal criptoportico era leggibile in questo settore essenzialmente un lem-bo di pavimentazione in blocchi di marmo (5), pertinente – come conferma la canalizzazione che corre in parallelo al margine occidentale – all’angolo sud-occidentale dell’ambiente, verosimil-mente scoperto, chiuso dalla struttura 29, che doveva immettere nel cortile in cui sorgeva l’edificio templare riconosciuto negli interrati del settore settentrionale dell’isolato.

L’elevato, superstite nell’angolo nord-orientale perché inglobato nelle fondazioni di edifici medievali e rinascimentali (fig. 10, 104), è caratterizzato da un paramento di blocchetti di calca-re parallelepipedi, disposti su filari tendenzialmente regolari ed esaltati dall’opera di stilatura (fig. 11); è coerente con la datazione all’età augustea proposta dalla sequenza stratigrafica riconosciu-ta sul fianco settentrionale, che restituisce materiali riconducibili agli anni intorno al 30-20 a.C., e con i relitti del rivestimento marmoreo, che offrono un’inequivocabile conferma all’esegesi del monumento e segnalano la pronta recezione nella colonia dei modelli architettonici elaborati nel crogiolo di imprese edilizie dell’Urbe nei primi anni di Augusto.

Il tempio, con l’altare allineato al suo spigolo nordorientale (56), sostituiva, occupandone fisicamente lo spazio, un edificio – anch’esso verosimilmente sacro – eretto nei decenni iniziali del I secolo a.C., provvisto di una pavimentazione musiva di cui resta la cornice con meandro continuo in nero (7), e l’assise inferiore della parete orientale, in blocchi di travertino modanati (58).

Anche per questo edificio l’orientamento indiziato dalla cornice musiva è est-ovest, mentre il complesso augusteo è ‘organicamente’ declinato verso sud.

24 Per questo G. CIAMPOLTRINI – P. RENDINI, Lucca e il suo territorio: nuovi pavimenti in signinum e in commesso laterizio, in Atti del X Colloquio AISCOM (Lecce 2004), a cura di C. ANGELELLI, Tivoli 2005, pp. 821 ss.

25 La colonia e la montagna, pp. 9 ss. (G. CIAMPOLTRINI), riedizione di G. CIAMPOLTRINI, Monu-menti lucchesi d’età augustea. I: i resti dell’area del Foro, in Aeimnestos. Miscellanea di Studi per Mauro Cristofani, a cura di B. ADEMBRI, Firenze 2005, pp. 745 ss.

26 Si veda da ultimo E.-M. LUSCHIN, Cryptoporticus. Zur Entwicklungsgeschichte eines multifunktionalen Baukörpers, Ergänzungsheft zu den Jahresheften des Österreichischen Archäologischen Instituts, 5, Wien 2002, passim.

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Fig. 7. Proposta di ricostruzione del criptoportico del Foro di Luc-ca.

Fig. 8. Il criptoportico di Aosta: planime-tria schematica.

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Fig. 9. Planimetria dello scavo nell’area meridionale della Banca Nazionale del Lavoro

(Piazza San Michele in Foro – Via di Poggio).

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Fig. 10. Planimetria dello scavo nell’area settentrionale della Banca Nazionale del Lavoro (Piazza San Michele in Foro – Corte Portici).

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Fig. 11. La tecnica muraria della struttura 104.

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Fig. 12. Ara marmorea da Piazza San Michele in Foro. Lucca, Mus. Naz. di Villa Guinigi.

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26 I nuovi volti della città

Fig. 13. L’ara marmorea da Piazza San Michele: particolare del festone con gorgoneion. L’imponenza dell’opera di rinnovamento urbanistico augusteo di questo settore almeno

del Foro è tale da rendere immediata la proposta di collocare negli spazi incorniciati dal cripto-portico l’ara marmorea che fu ritrovata nel 1983 nel cortile interno della Banca Nazionale del Lavoro, qualche metro appena a sud dall’altare collegato al tempio 104.

Finita in livellamenti quattrocenteschi, che indicano la data del suo primo ritrovamento, l’ara – oggi il monumento di maggior rilievo nel Museo Nazionale di Villa Guinigi (fig. 12) – po-teva essere in effetti collocata proprio davanti al tempio, cui è coeva. L’analisi del sistema decora-tivo applicato ha infatti condotto a datarla negli stessi anni fra il 30 e il 20 a.C. in cui fu eretto e dotato di rivestimento marmoreo il tempio, e di riconoscervi la mano di maestranze formate nel-la Roma della prima età augustea27. In particolare le protomi taurine, cui è appeso il corposo fe-stone naturalistico di fiori e frutta, segnano una delle estreme attestazioni di un fortunato tema decorativo tardorepubblicano, rapidamente sostituito in età augustea dal bucranio. L’apparato decorativo, infine, recepisce «alcuni dei motivi più nuovi e simbolicamente allusivi, creati apposi-tamente per la decorazione degli edifici pubblici più caratteristici del periodo proto-augusteo, quegli aurea templa tra cui ricadono i santuari del divo Giulio, e, soprattutto, di Apollo in Cir-co»28.

Fra questi assume un rilievo particolare il gorgoneion che campisce una delle quattro lunet-te modellate dai festoni (fig. 13), chiuso fra urei che, oltre a replicare un tema iconografico atte-

27 La colonia e la montagna, pp. 35 ss. (P. RENDINI), riedizione di P. RENDINI, Monumenti lucchesi

d’età augustea. II: l’ara di Piazza San Michele in Foro, in Aeimnestos, cit. (nota 25), pp. 756 ss. 28 La colonia e la montagna p. 54 (P. RENDINI).

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stato per l’appunto nel tempio di Apollo in Circo, sono un’evidente allusione all’Egitto appena conquistato.

La sequenza di innovazioni urbanistiche della prima età augustea si fa dunque stringente: fra il 30 e il 10 a.C. la città è un grande cantiere, che la dota di monumenti idonei ad adeguarla all’immagine ‘classica’ della città augustea (il tempio con criptoportico) e che ne garantiscono la sicurezza e il decoro esteriore (le mura).

Probabilmente in questo volgere di tempo si pone mano anche alla costruzione di un edifi-cio pubblico essenziale alla città augustea, il teatro29. Il teatro è il vero ‘cuore’ della vita pubblica cittadina, perché gli spettacoli sono anche – se non soprattutto – i momenti in cui gli eventi della vita politica e amministrativa, locale e dell’impero, sono condivisi e comunicati all’intero corpo sociale, che partecipa agli spettacoli in una distinzione degli spazi che riproduce, esaltandole, le scansioni di censo e di ammissione agli onori e agli oneri della vita pubblica locale.

29 Per gli edifici di spettacolo di Lucca, nel contesto dell’Etruria settentrionale d’età augustea, G.

CIAMPOLTRINI, Municipali ambitione. La tradizione locale negli edifici per spettacolo di Lucca romana, Prospettiva, 67, 1992, pp. 39 ss.

Fig. 15. Sezione rico-struttiva (ipotetica) del teatro di Lucca.

Fig. 14. Resti del teatro di Lucca: planimetria.

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Fig. 16. Tecnica muraria del teatro di Lucca.

Fig. 17. Strutture del teatro emerse nei saggi 2006 nel complesso di Santa Zita.

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Per questo ruolo di ‘rappresentazione’ non solo di spettacoli, ma anche della vita politico-amministrativa, per il teatro della città augustea si predilige una collocazione intramuranea, ma nelle immediate adiacenze di una rilevante porta urbica, che favorisca l’accesso alla città dal terri-torio.

Quasi a sottolineare la proiezione della città verso l’Appennino e la Pianura Padana, il tea-tro di Lucca viene costruito a ridosso delle mura, e a breve distanza dalla porta settentrionale (fig. 2, C; 14).

La tecnica costruttiva impiegata (fig. 16) è pressoché identica a quella descritta nelle strut-ture del Foro, anche se l’ordito lapideo viene guidato da isolati ricorsi di laterizi, impiegati anche per gli archi dell’apparato di sostruzione della cavea; il ricorso, per alcuni tratti particolari del pa-ramento, a blocchi di calcare cavernoso, è una delle estreme attestazioni dei modi edilizi d’età tardorepubblicana, che conferiscono un particolare tono ‘arcaizzante’ all’edificio.

Se per il complesso del criptoportico del Foro poteva essere ipotizzato, per l’ampio dispie-gamento del marmo e per le raffinate soluzioni della decorazione, l’intervento euergetico dell’imperatore, con il contributo di Augusto ai ‘suoi’ veterani ampiamente attestato in altre co-lonie, l’austerità dell’edificio teatrale impone piuttosto di chiamare in causa l’impegno della città per dotarsi comunque di un edificio indispensabile a qualificare il tono urbano dell’età augustea, anche ricorrendo alle ‘economiche’ soluzioni accessibili a comunità in cui l’assenza di famiglie di alto censo pregiudicava la fonte primaria di finanziamento delle opere pubbliche cittadine: la li-beralità dei maggiorenti. Per ricorrere alla sintesi di Tacito, un secolo dopo, si muoveva a Lucca l’‘ambizione municipale’, contrapposta all’abundantia pecuniae che a Volterra ‘imponeva’ alla gens egemone nella città in età augustea, i Caecinae, di contribuire alla costruzione del teatro segna-lando l’impresa con un’iscrizione adeguata all’impegno finanziario esibito all’intera cittadinan-za30.

In effetti, la conservazione del solo anello esterno di sostruzioni (fig. 14) ha fatto supporre che la parte interna della cavea fosse affidata esclusivamente al legno (fig. 15), evitando dunque di ipotizzarne una perdita totale, in contrasto con l’estesa conservazione delle strutture dell’anello esterno, superstite – a ridosso della parete meridionale della chiesa di Sant’Agostino – persino nella crypta in summa cavea. Anche il II ordine è variamente conservato negli elevati di una serie di edifici oggi in proprietà privata (fig. 14; 16), fino a chiudere il semicerchio nell’orto del monaste-ro di Santa Zita. Lo stato attuale dei resti superstiti riflette con precisione la descrizione del mo-numento offerta tre secoli fa da Libertà Moriconi31.

La proposta sembra trovare conforto anche nel recente recupero di un tratto – pur minimo – dell’edificio scenico. Nella primavera del 2006, in effetti, nel complesso di Santa Zita (fig. 14, asterisco) uno scavo per la messa in opera di un ascensore ha colto una poderosa struttura ce-mentizia, in cui si apre una nicchia pavimentata in lastre di marmo accuratamente connesse da grappe in ferro (fig. 17) che la presenza di incassi indica destinate ad accogliere una statua o un altare, e che dunque pare riferibile all’edificio scenico32. Di conseguenza, questo doveva essere addossato alle mura, il cui tracciato in questo settore è indicato da ritrovamenti del XVII e XIX secolo nell’area di Sant’Agostino33.

30 CIAMPOLTRINI, art. cit. a nota precedente, p. 47, con il richiamo a Tacito (Annales, IV, 62: nam co-

epto apud Fidenam amphitheatro Atilius quidam libertini generis, quo spectaculum gladiatorum celebraret, neque fundamenta per solidum subdidit neque firmis nexibus ligneam compagem superstruxit, ut qui non abundantia pecuniae nec municipali ambitione sed in sordidam mercedem id negotium quaesivisset…). Per Volterra Il teatro romano di Volterra, a cura di G. CATENI, Firenze 1993, in particolare, per la dedica e l’intervento euergetico dei Caecinae, M. MUNZI, Il teatro romano di Volterra. L’architettura, ivi, pp. 41 ss.

31 CIAMPOLTRINI, art. cit. (nota 29), p. 40, con il riferimento a L. MORICONI, Memorie istoriche sopra le Antichità di Lucca, ms., pp. 93 ss. (dell’esemplare nell’Archivio di Stato di Lucca, Manoscritti 35).

32 Saggi aprile 2006, con la collaborazione di Susanna Bianchini e Alessandro Giannoni. 33 CIAMPOLTRINI, Prima cerchia, p. 19.

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Una ‘cornice’ solida, costruita in parte sfruttando le mura, in parte con i più semplici degli schemi di sostruzione disponibili nell’età augustea, per una cavea che poteva applicare la tecno-logia del legno, del resto in uso ancora per la prima età imperiale anche per impegnativi edifici scenici: questo doveva essere il teatro che ‘coronava’, non senza impegno per le casse della coloni-a, il volto ‘ufficiale’ della città augustea, che per il tessuto edilizio residenziale ‘privato’ poteva invece contare sulle decorose domus costruite fra lo scorcio finale del II e la prima metà del I se-colo a.C., come dimostra l’ormai fitta sequenza di pavimentazioni musive e cementizie emerse dagli scavi urbani34.

34 G. CIAMPOLTRINI – P. RENDINI, Pavimenti in signinum e sculutatum dall’Etruria centro-

settentrionale, in Atti del III Colloquio AISCOM (Bordighera 1995), Bordighera 1996, pp. 573 ss.; CIAMPOLTRINI – RENDINI, Temi figurativi, pp. 61 ss.; CIAMPOLTRINI – RENDINI, art. cit. (nota 24), pp. 821 ss.

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II. Ordinati paesaggi: la centuriazione della piana di Lucca Ancor più vistoso che nella città è il segno del nuovo ordine nel territorio. Già la colonia Latina era stata accompagnata da una centuriazione che aveva avuto come

primo scopo la bonifica della pianura sino a quel momento percorsa dai rami dell’Auser, opera indispensabile per garantire un’equa assegnazione di terre ai coloni35.

Alcuni indizi – in particolare l’orientamento rigorosamente nord-sud di uno dei sistemi di bonifica esplorati nell’area di Casa del Lupo di Capannori36 – inducono a sospettare che la cen-turiazione tardorepubblicana si dispiegasse con un orientamento ancorato ai punti cardinali, e-stendendo al territorio l’impianto urbanistico cui si adeguano le reliquie di strutture tardorepub-blicane incontrate – come si è visto – nell’area del Foro, sotto il rinnovamento augusteo.

Il sistema di bonifica tardorepubblicano, forse lacerato dagli eventi ambientali avversi che hanno trovato una drammatica evidenza archeologica nello scavo dell’area del nuovo casello au-tostradale al Frizzone di Capannori37, poteva essere compromesso al punto da non essere ritenu-to recuperabile; per questo, o per altri motivi francamente indefinibili, la centuriazione d’età au-gustea fu tracciata con una lieve declinazione verso est, dilatando nel reticolato di vie e fossi con maglie di 20 actus (m 710 circa) l’orientamento del sistema viario cittadino.

È questo l’ordito profondo del sistema agrario, di infrastrutture viarie, di fosse e canali, della piana di Lucca, sopravvissuto per ambi lembi, soprattutto a sud e a est della città, alle crisi ecologiche dell’alto e del tardo Medioevo, che fu riconosciuto e descritto da Ferdinando Casta-gnoli già negli anni Quaranta del Novecento, sulla scorta della cartografia dell’Istituto Geografi-co Militare, integrata dagli strumenti offerti della fotografia aerea che proprio in quegli anni si stava profilando come essenziale per l’indagine sulla topografia antica (fig. 18)38.

Sulla scorta del dato topografico Castagnoli poteva compiutamente recuperare a Lucca, avallando la proposta già del Pais, il passo del Liber Coloniarum riferito a Luni: ager Lunensis ea lege qua et ager Florentinus. limites in horam sextam conuersi sunt ed ad occidentem plurimum diri-gunt cursus, termini aliqui ad distinctionem numeri positi sunt, alii ad recturas linearum monstran-das39.

Proprio l’orientamento dei decumani verso sud – ad horam sextam – è coerente infatti con quello della centuriazione dell’ager Lucensis, mentre l’ager Lunensis si è rivelato sì centuriato, ma con un orientamento che, condizionato dalla peculiare idrografia della piana versiliese in cui si distende, è completamente diverso40. Dunque, anche per la facilità dello scambio Lunen-sis/Lucensis nella tradizione manoscritta, si impone l’emendamento al testo gromatico, e, di con-seguenza, si potranno anche recuperare per la colonia di Lucca i termini di riferimento giuridico-amministrativi riferiti, nello stesso Liber, alla colonia Florentina: colonia Florentina deducta a triu-muiris, adsignata lege Iulia, centuriae Caesarianae in iugera CC, per kardines et decimanos41.

La lex triumvirale chiamata in causa è verosimilmente quella citata nell’incipit della sezione del Liber dedicata alla provincia Tuscia, una lex agris limitandis metiundis42 che specifica che qui conduxerit decimanum latum ped(es) XL, kardinem latum p(edes) XX facito, et a decimano et kardine (maximo) quintum quenque facito ped(es) XII, ceteros limites subruncivos latos p(edes) VIII facito43.

35 Si rinvia in generale a Agri divisi, pp. 17 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 36 G. CIAMPOLTRINI, Insediamenti e strutture rurali nella piana di Lucca fra tarda Repubblica e prima

età imperiale, Rivista di Topografia Antica, XIV, 2004, pp. 15 ss. 37 Scavi 2006, diretti dallo scrivente, con la collaborazione di Michelangelo Zecchini. 38 CASTAGNOLI, Lucca. 39 Liber Coloniarum, p. 223 Lachmann. 40 Si veda ad esempio SCHMIDT, Centuriazione romana, tav. XXXIV. 41 Liber Coloniarum, p. 213 Lachmann. 42 Arpentage romain, p. 437. 43 Liber Coloniarum, pp. 211 s. Lachmann.

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Fig. 18. La centuriazione di Lucca nella ricostruzione del Castagnoli (da Studi Etruschi). Nella varietà metrologica potenzialmente disponibile, stando a Igino Gromatico e alla sua

opera de limitibus44, la lex agris limitandis metiundis prevedeva dunque una rigorosa gerarchia, che dava il massimo rilievo al decumanus maximus, con un’ampiezza di quasi m 12 (al piede romano di cm 29,6), e di quasi m 6 al kardo maximus, mentre per i limites ‘normali’ (subruncivi), l’ampiezza della sede stradale si restringeva a m 2,35 circa, salvo che per i quintari, fondamentali nell’assetto dell’ordinamento agrimensorio45.

La sequenza di informazioni ‘tecniche’ assicurata dal corpus agrimensorio impone dunque di identificare nel kardo maximus della colonia la via glareata emersa nell’area degli Orti del San Francesco, quasi al limite della vastissima area sondata fra 2005 e 200646.

L’orientamento, infatti, è coerente con quello del sistema centuriale d’età augustea, e nella lacunosità di questo, come di gran parte degli altri kardines dell’ager Lucensis, acquista un peculia-re rilievo la sopravvivenza di un segmento all’estremo margine meridionale della piana di Lucca, in un tratto del Rio di Vorno evidentemente canalizzato in età augustea (fig. 19-20).

44 HYGINI GROMATICI, de limitibus, I: Limites lege late patere debent secundum constitutionem, qui agros

dividi iusserint. Non quia modus ullus ex mensura limitibus adscribitur: solum lex observari debet. Maxi-mus decimanus et cardo plus patere debent sive ped. XXX, sive ped. XV, sive ped. XII, sive quot volet cuius auctoritate fit. Ceteri autem limites, qui subruncivi appellantur, patere debent ped. VIII.

45 Si veda Arpentage romain, pp. 438 ss. 46 Per l’analisi puntuale dei dati, si rinvia a ABELA – BIANCHINI, infra, pp. 43 ss.

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Fig. 19. La centuriazione a sud-est di Lucca (dalla Carta Tecnica Regione Toscana).

D’altro canto, la sede della glareata – benché il limite orientale non sia stato individuato

con certezza – è comunque più ampia degli 8 piedi dei subruncivi, e anche dei 12 dei quintari o actuari; ammettendo la pertinenza alla sede stradale anche dei fossati laterali, si arriva anzi senza particolare difficoltà ai m 5,92 previsti per il kardo maximus.

Già si era ipotizzato che il decumanus maximus della colonia fosse la via che correva in ade-renza al lato meridionale delle mura cittadine.

La posizione extraurbana anche del kardo porrebbe Lucca fra quelle coloniae in cui, come annota Igino Gromatico, illustrando il caso anche con una vignetta (fig. 21), kardo maximus et decimanus non longe a ciuitate oriuntur. nam in proximo esse debent, immo, si fieri potest, in ipsa colo-nia inchoari: sed quom vetusta municipia in ius coloniae transferuntur, stantibus iam muris et ceteris moenibus limites primos nisi a foris accipere non possunt47. Stando al gromatico, dunque, la presenza di mura che impediva di tracciare ‘fisicamente’ il crocevia di base alla centuriazione imponeva di spostare all’esterno dell’area cittadina l’origine del sistema centuriale.

Pur correndo il rischio di un circolo vizioso, nel caso di Lucca si dovrebbe dunque veder confermata la rottura della centuriazione augustea rispetto a quella tardorepubblicana, con un reticolato che non poteva essere fatto partire dal ‘cuore’ della città proprio per la presenza delle mura (stantibus iam muris et ceteris moenibus).

Se non si volesse evitare il groviglio di ipotesi, si potrebbe sospettare che proprio il rettifilo del tratto meridionale delle mura tardorepubblicane – forse determinato anche in questo settore, come in altri48, dall’andamento dei corsi d’acqua che lambivano la città – condizionò l’orientamento della centuriazione augustea, che dovette dunque cercare anche per il kardo ma-ximus una soluzione interamente extraurbana.

47 HYGINI GROMATICI, de limitibus constituendis, p. 178 Lachmann. 48 Si rinvia in merito a CIAMPOLTRINI, Prima cerchia, pp. 22 ss.

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Fig. 20. La centuriazione a sud di Lucca.

Fig. 21. Schema di centuriazione con decumanus maximus e kardo maximus extraurbani nel de limitibus constituendis di Igino Gromatico (dal Lachmann).

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Fig. 22. La centuriazione nel suburbio orientale di Lucca.

Fig. 23. Saggi 2004 nell’area di Quinto (Capannori).

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È possibile infine che la porta settentrionale e meridionale della cerchia tardorepubblicana, proprio per i condizionamenti del sistema idrografico della piana, non giacessero sullo stesso asse: si dovrà osservare che il kardo maximus della città, segnato almeno nel settore settentrionale dalla Via Fillungo, corre circa m 35 (un actus) a ovest rispetto alla griglia in cui ricade il kardo dell’area degli Orti, e a cui aderisce, peraltro, anche il canalizzato fosso della Formicola, che a sud della città offre uno dei migliori esempi di conservazione dei kardines (fig. 20).

In effetti la conservazione dei decumani, che data la posizione della città rispetto all’agro centuriato hanno un ruolo rilevante nell’assicurare le comunicazioni fra città e campagna, è di gran lunga superiore a quella dei kardines, destinati – quasi senza eccezioni – solo alle comunica-zioni locali.

La stessa effimera vita del kardo degli Orti, dopo qualche tentativo di recupero succeduto a eventi alluvionali che lo avevano compromesso, parrebbe ricadere in questo contesto, anche se almeno l’innesto con la via publica Luca Florentiam, in coincidenza con un’area sepolcrale (fig. 22) nell’Alto Medioevo conservava ancora, nell’inequivocabile toponimo ad limite(m), memoria della glareata centuriale49. È da valutare, semmai, l’ipotesi che il kardo maximus potesse tenden-zialmente svolgere il ruolo di ‘tangenziale esterna’ della città, offrendo un comodo raccordo fra la via Luca Florentiam e la via Luca Parmam, che usciva dalla porta settentrionale della città50.

La sua vitalità potrebbe dunque essere stata condizionata dalle stesse esigenze ‘centripete’ a cui si deve la fortuna dei decumani: era sufficiente trascurarne la manutenzione per rendere marginale un itinerario che, come dimostra l’intensità dei traffici attestata dalle solcature dei car-ri, era in grado di ridimensionare l’accentramento dei traffici e degli itinerari indispensabile alla vita della città.

Il rilievo dei decumani nel sistema stradale della piana centuriata di Lucca sta trovando progressivamente conferme archeologiche, con i manufatti stradali che ne assecondarono la co-struzione, e con la dotazione di pavimentazioni glareate.

La stessa citata via publica Luca Florentiam attraversava la pianura, fino al piede delle colli-ne di Porcari e Montecarlo, attestandosi su un decumanus, raggiunto dopo un tratto obliquo su-bito fuori la porta orientale della città (fig. 19; 22).

Ai toponimi-miliario Quarto, Quinto, Settimo, che ne punteggiavano il percorso fra Ca-pannori e Porcari, si è aggiunta nel 2004 la concreta evidenza di un segmento messo in luce dai lavori per la costruzione del raccordo fra la Via Romana e la Via del Frizzone, proprio in coinci-denza con la contrada di Quinto (fig. 19; 23-24: 27)51.

In particolare, il saggio condotto fra il canalizzato corso del Frizzone e l’odierna Via Ro-mana ha permesso non solo di esplorare la via publica, ma anche una via obliqua rispetto a que-sta, che verosimilmente fiancheggiava un corso d’acqua (un ramo dell’Auser, o il possibile ante-cedente del Frizzone), e resti di una struttura che potrebbe aver svolto un ruolo di ‘accoglienza’ (fig. 23).

La sede stradale, sia nella via publica (fig. 24) che in quella obliqua (fig. 25), è ottenuta da ciottoli fluviali – eventualmente integrati da frammenti laterizi – collocati dirttamente sul suolo limoso-argilloso di base; ciottoli di maggiori dimensioni, in particolare nella via publica, svolgono il ruolo di contenimento laterale della glareata (fig. 24). Infine, fosse laterali garantiscono il dre-naggio dell’area, indispensabile soprattutto nell’ambiente umido che in questo tratto della pianu-ra la via Luca Florentiam doveva attraversare.

49 In merito In Silice, pp.13 ss. (G. CIAMPOLTRINI; A. GIANNONI); per il documento dell’856, su-

pra, pp. 9 ss. 50 Per l’evidenza archeologica si veda La colonia e la montagna, pp. 58 ss. (G. CIAMPOLTRINI – P.

NOTINI – C. SPATARO – E. ABELA). 51 Glarea stratae, pp. 65 ss. (G. CIAMPOLTRINI).

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Fig. 24. La glareata della via publica Luca Florentiam nei saggi 2004 a Quinto.

Fig. 25. La glareata della via obliqua.

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La tecnica di costruzione del manto stradale non mostra dunque sostanziali differenze ri-spetto a quella osservabile nel kardo degli Orti di San Francesco, a dimostrazione dell’omogeneità dei metodi con cui si dotò la piana di Lucca di un sistema di infrastrutture in grado di assecondare lo sfruttamento delle risorse agricole del territorio, integrandosi duttilmente – come dimostrano soprattutto le evidenze archeologiche della bassa piana, corrispondente all’attuale alveo bonificato del lago di Sesto/Bientina – con le occasioni di traffico e di movimen-to offerte dalle vie d’acque, e in particolare dal corso dell’Auser, con l’intreccio dei suoi rami.

A questo proposito, è particolarmente suggestiva la ‘storia’ del rettifilo stradale che, per circa m 500, offriva una scorciatoia terrestre ai traffici lungo l’Auser, fra le odierne contrade del Grotto e del Chiarone. L’evidenza delle fotografie aeree e satellitari ha infatti recentemente per-messo di rivalutare la glareata scavata nel 1984, con il suo manto profondamente inciso dalle sol-cature prodotte dal transito dei carri dei carri (fig. 26), e ha indotto ad ipotizzare che in corri-spondenza dei due abitati si trasbordassero carichi dalle barche al carro, per evitare un tratto del corso d’acqua che l’andamento meandriforme poteva rendere particolarmente difficile alla navi-gazione, o, semplicemente, per sfruttare un rettilineo reso facilmente carreggiabile dalla solidità del manto glareato52.

Fig. 26. La via glareata al Chiarone di Capannori.

52 Glarea stratae, pp. 91 ss. (G. CIAMPOLTRINI – C. SPATARO)

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Fig. 27. La centuriazione nel territorio capannorese.

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Fig. 28. Il ponte di legno sul decumanus del Botronchio (Castelfranco di Sotto, Orentano).

Fig. 29. Il chiavicotto di un perduto decumanus al Frizzone di Capannori: veduta dello scavo.

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Fig. 30. Il chiavicotto di un perduto decumanus al Frizzone di Capannori: planimetria e prospetti.

L’integrazione fra vie d’acqua e vie di terra è ancor più evidente per il percorso che, ancora

nella bassa piana, congiungeva l’agro centuriato alle colline delle Cerbaie, possibile ager compa-scuus della colonia. La fotografia aerea aveva permesso di riconoscere un decumanus, conservato solo nel tratto che va dal ramo orientale dell’Auser che solca la piana alle Cerbaie, proprio perché

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fornito in questo tratto di una sede strutturata, in buona parte su un terrapieno di ghiaie ricavate dalle Cerbaie stesse; ancor più impegnative, tuttavia, furono sia la costruzione del ponte su piloni di legno con cui si superava il braccio dell’Auser che quasi lambiva il piede delle Cerbaie (fig. 28), che le continue manutenzioni cui il manufatto stradale dovette essere sottoposto, fino alla sosti-tuzione, nella media età imperiale, con un vero e proprio viadotto ligneo che attraversava una pianura ormai avviata, almeno nei tratti marginali, all’impaludamento53.

Più che da queste opere, l’ager Lucensis è tuttavia segnato da una rete di vie campestri – i limites subruncivi, con i loro 8 piedi di larghezza – resa ancor più capillare dall’intreccio di limites intercisivi che permettono di giungere all’interno delle centuriae, disegnano e modellano gli appez-zamenti agricoli, assistono insediamenti che non sempre si dispongono sui limites, e, replicando il modello proposto alle porte della città, sono fiancheggiati da aree sepolcrali.

Questo è il paesaggio agrario proposto dalla fattoria individuata dall’indagine di superficie del Gruppo Archeologico “Quarto” di Capannori al Tosso, a sud-ovest di Tassignano, scavata fra 2002 e 2003, che si dispone in uno dei lembi di pianura (fig. 27) che riescono ancor oggi a con-servare i segni della centuriazione nella stessa scansione dei campi, ma non è contigua ad alcun limes54; o dalla sequenza di saggi diagnostici che nell’area del Frizzone di Capannori, a cavaliere dell’Autostrada Firenze-Mare, sta progressivamente arricchendo di particolari l’ambiente e il si-stema di insediamenti d’età etrusca e romana.

L’area è attraversata da uno dei decumani meglio conservati della piana, nell’area di Parez-zana, ma qui perso già nelle vicende ecologiche dell’Alto Medioevo. Al completo smantellamento della sede stradale – che tuttavia poteva essere di sola terra battuta, come altre vie, pubbliche e private, della piana55 – supplisce la conservazione del chiavicotto, con spallette in tegole fratte, fondo ancora in tegole, copertura in blocchi di pietra (fig. 29), che permetteva ad un modesto corso d’acqua di superare il decumanus, in un punto in cui questo era fiancheggiato da almeno due aree sepolcrali56. L’ampiezza della sede stradale ricostruibile ipotizzando che il chiavicotto servisse a sottopassare una via allineata al sistema centuriale (fig. 30, in grigio) porta a dimensioni pressoché coincidenti con gli 8 piedi previsti per i limites subruncivi.

Il reticolo della centuriazione, con la sua gerarchia di limites, finisce dunque per rivelarsi strutturato non solo per la ‘gestione’ del territorio, ma anche per condurre comunque alla città, il cui ruolo centrale è esaltato dai nuovi monumenti del Foro e dal teatro. Gli ideali di vita geor-gica e bucolica – per richiamare Virgilio – che rimodellano le campagne con l’impegno dei vete-rani delle due legioni, si coniugano al tono urbano che la colonia si dà, in un equilibrio che per-mea degli ideali augustei anche la quotidianità di una modesta città ‘di provincia’.

Se fare dei figli dei veterani di Filippi o di Azio nuovi legionari, o nuovi pretoriani, era forse uno degli scopi non secondari della struttura politico-sociale delle colonie augustee, a Lucca il successo fu raggiunto e conservato, almeno per qualche decennio per i legionari, per due secoli per i pretoriani: le iscrizioni funerarie d’età giulio-claudia dei legionari lucchesi restituite dalle province renane o danubiane sono anche il monumento ad una costruzione sociale57 che l’indagine archeologica sta progressivamente rivelando nella molteplicità dei suoi aspetti.

53 CIAMPOLTRINI – ANDREOTTI, Ponte del Botronchio, pp. 145 ss. 54 Agri divisi, pp. 45 ss. (G. MILLEMACI). 55 G. CIAMPOLTRINI, Vie rurali d’età romana nell’ager Lucensis. Nuove acquisizioni, in Viabilità e inse-

diamenti nell’Italia antica, Atlante Tematico di Topografia Antica, 13, 2004, pp. 147 ss. 56 CIAMPOLTRINI, art. cit. a nota precedente, pp. 147 ss.; per le necropoli del Frizzone, G.

CIAMPOLTRINI – C. BIGAGLI – A. PALCHETTI, Lo spazio dei morti. Primi dati sulla necropoli roma-na del Frizzone (Capannori), in Dimore dell’Auser, pp. 101 ss.

57 Ancora utile, a questo proposito, CIAMPOLTRINI, Prosopographia Lucensis, pp. 71 ss.

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Elisabetta Abela – Susanna Bianchini

IL KARDO E I CAMPI. ARCHEOLOGIA DI UN PAESAGGIO LUCCHESE D’ETÀ ROMANA

I. Tracce del paesaggio agrario suburbano di età romana Lo scavo per la realizzazione del parcheggio interrato nella ex casema Mazzini ha interessa-

to una vasta area, di circa m2 16.000, nella zona nord-est della città, che in età romana era situa-ta all’esterno della cinta muraria, a una distanza appena superiore ai m 300 (fig. 1).

In questo periodo l’area non era urbanizzata ed aveva una destinazione prevalentemente agricola, ma vi potevano trovare collocazione favorevole anche attività artigianali, data l’abbondante disponibilità di acqua dovuta alla vicinanza del ramo settentrionale del fiume Auser. Questa caratteristica ne segnò l’assetto nel corso dei secoli, in cui si succedettero continui inter-venti di bonifica, messi in opera con complessi sistemi di fosse e canalizzazioni, funzionali allo sfruttamento del terreno1.

Le evidenze più antiche, riferibili all’età romana, sono state rilevate nei livelli inferiori dello scavo, a contatto con le formazioni naturali di ghiaie e sabbie.

Queste affiorano alla quota di –3,60 m in una fascia che attraversa diagonalmente l’area di scavo, da nord-ovest verso sud-est, mentre appaiono più profonde nei settori sud-ovest ed est, con quote comprese tra –4, 00 e –4, 20 m.

Materiali di età romana, in prevalenza ceramici, sono stati recuperati in uno strato a com-posizione mista (526), costituito da lenti di sabbia e argilla, di colore marrone-verde, con presen-za di frustoli di laterizi, pietrisco e rari ciottoli; tale livello, depositato sopra il suolo naturale, è stato documentato su tutta l’area, alla quota di –3,30/–3,50 m di profondità, con spessore varia-bile (fig. 2). La stessa sequenza stratigrafica è stata documentata anche sul limite est dello scavo, dove, a contatto con le ghiaie fluviali, sono venuti in luce i resti più consistenti di età romana, in particolare l’asse viario riconducibile alla centuriazione della piana lucchese.

La frequentazione di epoca romana è testimoniata principalmente da resti di canalizzazioni che incidono il suolo più antico (526) e le ghiaie sottostanti (585), distinguibili sul terreno solo per la differenza di colore del riempimento, costituito da un sedimento argilloso grigio scuro ac-cumulatosi sul fondo. Le tracce, spesso evanescenti, per il modesto spessore della sedimentazione conservata, consentono di delineare un sistema di canali rettilinei e ortogonali, orientati secondi i punti cardinali (fig. 1). Al centro dell’area è ricostruibile un canale orientato nord-sud, attestato da due segmenti giacenti sul medesimo allineamento, rilevati rispettivamente nel settore nord (753, fig. 4 A) e nel settore sud (477); ad una distanza di m 89 ne è stato individuato un altro (1229), con andamento parallelo, posto a lato dell’asse viario romano, che presenta un fondo concavo con ampiezza massima di cm 85, colmato da terreno argilloso grigio-blu (1230: fig. 4 B).

La stessa distanza è stata riscontrata tra due canali orientati est-ovest, ortogonali a quello centrale, dei quali a nord si conserva un tratto esteso per m 27 (563) e largo circa cm 100, a sud (655) una porzione lunga m 12 (fig. 4 C). La misura di m 89 è riconducibile, nel sistema romano, a 300 piedi, pari a 2½ actus, cioè ad un ottavo del lato della centuria canonica; questo dato quin-di potrebbe non essere casuale, ma corrispondere alla ripartizione interna del territorio centuria-to nella fascia suburbana orientale.

1 Per un quadro complessivo delle opere di bonifica attuate nell’area dal Medioevo al Settecento si veda

Giardini sepolti, pp. 17 ss. (E. ABELA – S. BIANCHINI).

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44 Tracce del paesaggio agrario suburbano

Fig. 1. Lo scavo degli Orti del San Francesco: strutture e stratificazioni di età romana. Una conferma sembrerebbe fornita anche dagli altri canali rilevati (729, 668, 1019), che si

dispongono a distanze regolari di circa m 22 dagli allineamenti descritti (fig. 1), indicando così un’ulteriore suddivisione in quarti, corrispondente a 75 piedi romani.

Le dimensioni degli appezzamenti sono sostanzialmente congruenti con quelle definite dai sistemi di fossati incontrati nel tratto sud-orientale dell’agro centuriato lucchese, a Casa del Lupo di Capannori, sia nel sistema di fosse ‘rosso’, tardorepubblicano, che in quello ‘celeste’, attribui-bile per orientamento alla centuriazione d’età augustea2.

Un indizio della presenza di attività artigianali nell’area è fornito dal ritrovamento di due buche (658 e 659) situate nell’angolo nord – ovest dello scavo (fig. 3), ricavate nello strato di frequentazione romana (526); queste sono caratterizzate dalla forma quadrangolare, con pareti verticali, arrossate e indurite per effetto del calore, e fondo piano (fig. 4 D), in un caso parzial-mente rivestito da ciottoli; il riempimento conteneva una consistente quantità di scorie ferrose miste a carbone e cenere, tale da rendere plausibile l’ipotesi che si tratti di forni per lavorazioni metallurgiche3. 2 G. CIAMPOLTRINI, Uomini e fossi. Archeologia delle bonifiche nello scavo di Casa del Lupo di Capannori,

in Dimore dell’Auser, pp. 97 ss. 3 Le caratteristiche di queste due buche presentano forti analogie con quelle rilevate nella serie di forni me-

tallurgici scoperti nell’area del complesso Galli Tassi, databili al IV secolo d.C.: E. ABELA – S. BIAN-

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Tracce del paesaggio agrario suburbano 45

Fig. 2. Sezione nord con un tratto della stratificazioni all’età romana.

Fig. 3. Sezione ovest dello scavo in corrispondenza delle buche 658 e 659. Complessivamente i dati acquisiti sull’assetto della zona in età romana, per quanto limitati

a sedimentazioni di modesto spessore, compromesse dagli eventi alluvionali succedutisi nel corso dei secoli, consentono comunque di ricostruire un paesaggio agrario scandito dalle opere di boni-fica; la scoperta della strada romana, riconosciuta come asse fondamentale della centuriazione di età augustea4, ha poi fornito un caposaldo di primaria importanza non solo a tale ricostruzione ma alla conoscenza dell’intero territorio lucchese in età romana.

CHINI, La scoperta delle mura romane e le trasformazioni di un quartiere urbano tra il II secolo a.C. e il tardo medioevo, in Nella terra nel tempo. Gli scavi archeologici del complesso Galli Tassi di Lucca, Atti del Convegno, Lucca, Villa Bottini,10 maggio 2004, a cura di G. CIAMPOLTRINI – E. ABELA – S. BIAN-CHINI, Rivista di Archeologia Storia Costume, XXXIV, 1-2, 2006, pp. 45 ss.

4 Per l’inquadramento della centuriazione della piana di Lucca, supra, pp. 31 ss.

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46 Tracce del paesaggio agrario suburbano

Fig. 4. A: il canale 753, distinguibile per il colore grigio; B: il canale 1229 rilevato nella sezione nord

a lato della strada romana; C: il fondo del canale 655; D: la buca 659 al termine dello scavo.

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II. La strada romana: tecnica costruttiva e interventi di restauro I resti della strada sono venuti in luce nel settore sud-est, prospiciente la via dei Bacchetto-

ni, durante la fase finale dei lavori di scavo, proprio sul limite dell’area. La scoperta è stata particolarmente sorprendente poiché la sedimentazione archeologica in

questo settore era apparsa compromessa sino a notevole profondità da opere di escavazione mo-derne, relative alla costruzione del maneggio coperto, oggi noto come palestra Bacchettoni5, e al-la messa in opera di una serie di grandi cisterne per il combustibile necessario ai veicoli della ca-serma “Giuseppe Mazzini”, che ha occupato l’area fino agli anni Ottanta del Novecento. Le ci-sterne, in particolare, erano state disposte in fila in direzione est-ovest e alloggiate direttamente sul livello di ghiaia naturale a circa m 4 di profondità6, causando la distruzione della stratigrafia archeologica in tutta la fascia meridionale del settore (fig. 1).

Il tratto di strada conservato, orientato nord-sud, con una lieve declinazione a est, ed este-so per oltre m 16 (fig. 5; 6) è localizzato a nord dell’area compromessa dalle cisterne, ma un lem-bo di sedimentazione rilevato a ridosso del muro perimetrale del parcheggio ha consentito di do-cumentarne una sezione anche nella parte sud, a circa m 8 di distanza, tracciandone quindi il profilo per almeno m 24.

Lo scavo ha permesso di definire diverse fasi di sistemazione del piano stradale, che, dopo la prima realizzazione, fu oggetto di rifacimenti mirati a garantirne la funzionalità nel corso del tempo.

La pavimentazione stradale più antica (1161), rilevata ad una profondità compresa tra –4,00 e –4,48 m7, fu realizzata con l’impiego quasi esclusivo di ciottoli di fiume di medie e piccole dimensioni, posti di piatto e ben serrati con terreno compatto, a matrice limo-argillosa, di colore marrone, misto a ghiaia arrotondata, pietrisco e rari frammenti di laterizi (fig. 7).

L’aspetto cromatico complessivo della strada presentava una dominante grigio-azzurra, do-vuta alla prevalenza di ciottoli di arenaria, con inserti bianchi costituiti da elementi di pietra cal-carea.

La superficie aveva un aspetto irregolare e fortemente segnato dall’uso, con un andamento complessivo leggermente convesso, a pendenza più accentuata sui margini per favorire il deflusso delle acque piovane; una serie di solchi longitudinali, testimonianza del passaggio ripetuto di car-ri, interessava la parte mediana della sede stradale per un’ampiezza massima di circa m 1,80, un avvallamento era particolarmente evidente nel settore nord, raggiungendo i cm 10 di dislivello.

Nel suo sviluppo longitudinale (fig. 8), da nord verso sud, la carreggiata presentava una prima modesta depressione, dovuta verosimilmente all’usura intensa della superficie, seguita poi da un deciso rialzamento, oltre il quale la strada degradava progressivamente, mostrando nel trat-to sud una marcata pendenza, forse causata da un cedimento del terreno, come sembrerebbe in-dicare la lacuna nella pavimentazione a ciottoli visibile nell’angolo sud-est (fig. 5).

5 L’edificio, originariamente destinato a cavallerizza coperta per la Scuola Allievi Ufficiali di Complemento

a Lucca, fu costruito nel 1932 dal Comune di Lucca e ceduto all’Amministrazione Militare (ARCHIVIO STORICO COMUNALE LUCCA, Bt. 435, fasc. I).

6 Le quote sono riferite al piano stradale in corrispondenza della Cappella di Santa Lucia, sul limite ovest dello scavo; tale livello risulta più alto di un metro rispetto a quello della Via dei Bacchettoni, quindi le cisterne raggiungevano la profondità di m 3 rispetto a quest’ultimo piano stradale.

7 Anche in questo caso, la profondità rispetto alla Via dei Bacchettoni è di –3,00/3,48 m.

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Fig. 5. Planimetria della prima glareata (1161, a sinistra) e del rifacimento (1174, a destra).

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Fig. 6. Veduta della glareata, da sud.

Fig. 7. Fotopiano di un settore della glareata.

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Fig. 8. Sezione nord-sud (D’-E’-E) della glareata, e veduta da nord.

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Fig. 9. Sezione est-ovest (A-A’) della fase più antica della strada 1161 con la cunetta laterale 1220.

Per il tipo di pavimentazione la strada si connota come via glareata – cioè caratterizzata dall’impiego di ghiaia e pezzame lapideo fine nella realizzazione del summum dorsum – una tecni-ca generalmente utilizzata dai Romani per la viabilità extraurbana che, in ambito locale, è docu-mentata nella via publica Luca Florentiam, sia nel tratto esplorato nell’area della chiesa di San Ponziano8, che in quello emerso a Quinto di Capannori9, ma che a Lucca trova un’attestazione anche all’interno della città, nel caso del kardo rilevato sotto il complesso Galli Tassi10.

La carreggiata presentava dimensioni notevoli, attestandosi su un’ampiezza di circa m 3, corrispondenti a 10 piedi romani, che i limiti dell’area di scavo hanno consentito di rilevare solo in un settore; nella metà sud della porzione indagata l’acciottolato stradale definiva uno slargo di forma regolare, esteso verso ovest per circa cm 85, che potrebbe essere interpretato come l’innesto di un asse viario ortogonale. Una conferma a tale ipotesi sembrerebbe indicata dalla sua ampiezza, pari a m 3. Lungo il margine ovest della carreggiata, dal profilo irregolare ma ben defi-nito, è stato identificato un canale (1220) largo in media cm 70-80, corrispondente alla cunetta laterale funzionale al deflusso delle acque piovane dalla strada (fig. 9; 10 A); una cunetta analoga era situata sicuramente anche sul lato est, oltre i limiti dell’area di scavo: tenendo quindi in con-siderazione la presenza dei due canali, la superficie complessiva interessata dall’asse stradale rag-giungeva l’ampiezza di circa m 5,90, pari a 20 piedi romani.

Nel settore nord il canale indagato era adiacente all’acciottolato, mentre deviava verso o-vest in corrispondenza dello slargo, proseguendo poi con andamento rettilineo ad una distanza di circa cm 60-70. I successivi interventi di escavazione, necessari a mantenerne la funzionalità, ne hanno asportato i margini superiori, ma nella parte conservata il canale presentava una sezione con pareti leggermente inclinate e fondo concavo, profondo in media cm 50, salvo nel tratto inte-ressato dallo slargo dove risaliva bruscamente di quota, attestandosi sui cm 20 di profondità; il dislivello creava una sorta di displuvio, che condizionava lo scorrimento delle acque in entrambe le direzioni, sia verso nord sia verso sud. Il canale fu ricavato incidendo lo strato di ghiaie naturali (1224) di origine fluviale, interessate anche dagli interventi necessari alla realizzazione della mas-sicciata stradale (fig. 10 A). Lo scavo ha evidenziato, infatti, la presenza di uno scasso profondo in media cm 50, a pareti concave, praticato nello strato di ghiaie incoerenti, fino a raggiungere un livello più stabile composto da sabbia a granulometria grossolana, ben compattata, di colore gri-gio (1163). La fossa fu quindi colmata con le stesse ghiaie (1162), ma selezionando gli elementi di maggiore pezzatura, sistemati e costipati per migliorarne la stabilità (fig. 10 B), in modo da re-alizzare una sorta di rudus, che costituì il fondo del piano stradale (1161).

8 Si veda In Silice, pp. 15 ss. (G. CIAMPOLTRINI; A. GIANNONI). 9 Si veda supra, pp. 36 ss. 10 Si veda ABELA – BIANCHINI, art. cit. (nota 3), pp. 34 ss.

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Fig. 10. A: la glareata 1161 con la preparazione 1162 sul limite sud dello scavo: a sinistra la cunetta 1220, a destra la lacuna colmata da depositi; B: la preparazione 1162, sistemata sullo strato di sabbia na-

turale1163; C: sezione trasversale della strada con la cunetta 1220 e il rifacimento 1225.

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Fig. 11. Sezione est-ovest (C-C’) con il rifacimento della cunetta laterale 1225.

L’uso prolungato dell’asse viario è testimoniato anche in questa fase iniziale da un primo intervento di rifacimento della cunetta laterale, naturalmente soggetta ad interrarsi: la sezione trasversale (fig. 11) evidenzia, infatti, una seconda fossa (1225), di minore ampiezza e profondità, ricavata nel sedimento argilloso che aveva colmata la cunetta originaria (fig. 10 C).

Lo scavo della massicciata stradale non ha restituito reperti utili a definire la datazione del-la fase di costruzione del manufatto, ma proprio il riempimento della cunetta laterale (1220) ha offerto un contesto ceramico che – grazie alla tipologia e al campionario di bolli in terra sigillata – definisce con alta precisione il quadro cronologico del periodo iniziale d’uso della strada, circo-scrivendolo all’età augustea11.

Il piano stradale originario fu sottoposto ad un primo rifacimento, localizzato nella metà meridionale del settore indagato, a seguito di un evento di natura alluvionale che determinò la deposizione di un sedimento sabbioso di colore variabile dall’ocra al grigio (1154).

Tale strato raggiungeva lo spessore massimo di cm 40 in prossimità del limite sud della car-reggiata conservata, colmando la depressione definita dall’andamento della strada originaria (fig. 12 A), per poi assottigliarsi progressivamente verso nord, fino a congiungersi con la porzione di strada posta a quota più alta.

Il piano stradale fu quindi ripristinato consolidando la superficie del sedimento e sisteman-do una nuova pavimentazione, composta da ciottoli di dimensioni medio-grandi disposti in modo non uniforme, lasciando ampi settori in semplice terra battuta (1174) e riducendo l’ampiezza della carreggiata a m 2,40 (fig. 5, a destra); anche questo secondo acciottolato presentava pro-fondi solchi longitudinali lasciati dal passaggio dei carri.

Lo stesso sedimento alluvionale (1154), che determinò il rialzamento di un settore della strada, obliterò completamente lo slargo corrispondente all’innesto di una viabilità ortogonale e colmò la cunetta laterale (1225) rendendone necessario il rifacimento.

Le sezioni trasversali (fig. 13) chiariscono la sequenza d’interventi anche in questo caso, e-videnziando un terzo fossato (1227) ricavato poco più ad ovest dei canali precedenti, dei quali ha distrutto parzialmente i margini (fig. 12 B).

11 La presenza di pochi frammenti di ceramica a vernice nera non è sufficiente ad anticipare la datazione al

II secolo a.C., trattandosi con ogni probabilità di materiale residuo. Per l’inquadramento dei materiali, infra, pp. 60 ss.

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Fig. 12. A: il settore sud della strada, con i due livelli 1161 e 1174 separati dal sedimento 1154; B: la cunetta 1227 al termine dello scavo; a lato si notano le due cunette precedenti riempite;

C: la sezione nord dello scavo con il deposito alluvionale 1159.

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Fig. 13. Sezioni est-ovest (A-A’ e B-B’) con il piano stradale 1174 e la cunetta laterale 1227.

La nuova cunetta presentava minore profondità, in media cm 25, e profilo a pareti svasate e fondo concavo; lo scorrimento dell’acqua, attenuata la pendenza della strada nella porzione me-ridionale e eliminati i dislivelli che caratterizzavano la cunetta più antica (1220), risultò indiriz-zato ancora verso sud.

Sul lato opposto rimase in uso il piano stradale originario (1161), sebbene parzialmente coperto da lenti di terra depositatesi sull’acciottolato, fino al verificarsi di un secondo e più con-sistente evento alluvionale.

Il sedimento argilloso (1159), di colore grigio e consistenza plastica, conservato lungo il la-to ovest della strada, segnò l’abbandono definitivo del primo acciottolato stradale, verosimilmen-te sommerso da tale deposito che raggiunse lo spessore massimo di cm 40 (fig. 12 C), colmando anche la cunetta laterale (1227) e il fossato parallelo alla strada rilevato nella sezione nord dello scavo e descritto in precedenza (1229).

L’asse viario in questo caso fu ripristinato nel settore nord (fig. 8), asportando lo strato al-luvionale che si era depositato sulla carreggiata e predisponendo un fondo stradale più idoneo, costituito da terreno a matrice limo-sabbiosa, di colore marrone, compatto, contenente fram-menti di laterizi (1153). Su tale preparazione fu sistemato un nuovo manto stradale (quota – 3,70 m), costituito ancora da ciottoli di medie dimensioni, disposti di piatto e ben serrati con frammenti di laterizi, pareti di anfore e ghiaia più fine (1152); la carreggiata, conservatasi solo in un tratto limitato, presentava in superficie fitte solcature lasciate dai carri (fig. 14 A).

In sintesi quindi, con tale rifacimento, la strada acquistò un andamento uniforme, definito a nord dal nuovo acciottolato (1152) e a sud dal piano in terra battuta (1174), consolidato in precedenza e probabilmente mantenutosi perché già situato ad una quota superiore.

La sequenza stratigrafica messa in luce nella sezione nord (fig. 15) ha consentito d’identificare la presenza di una cunetta laterale di servizio alla strada anche per quest’ultima fa-se: si tratta di una fossa a pareti svasate e fondo concavo (1231), larga cm 95, profonda 30, e si-tuata ad una distanza di circa un metro dal margine della carreggiata.

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Fig. 14. A: l’acciottolato 1152 con i solchi lasciati dai carri; B: i due piani stradali nella sezione della parete sud dello scavo.

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Fig. 15. Sezione est-ovest (D-D’-C’) con la sequenza dei piani stradali e delle cunette laterali.

Fig. 16. Sezione est-ovest della parete sud dello scavo: veduta e restituzione.

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La serie d’eventi che interessò il piano stradale è ben esemplificata nella sezione conservata lungo il limite sud dell’area di scavo, a circa m 8 di distanza dal settore indagato (fig. 14 B): si di-stinguono chiaramente i due acciottolati sovrapposti, corrispondenti rispettivamente al piano o-riginario (1161) e all’ultimo rifacimento superiore (1152), realizzato sullo strato di preparazione (1153).

Sono ben visibili anche i due canali laterali, di servizio (1155 e 1156) al piano stradale più recente, riempiti da terreno argilloso di colore grigio, di cui quello ovest è corrispondente alla cunetta rilevata nella sezione nord (1231). L’ampiezza di questa carreggiata appare ulteriormente ridotta rispetto a quella originaria, attestandosi su m 2,25 (fig. 16); la quota del piano stradale, posta a –3,30 m, indica che la strada risaliva verso sud con una pendenza media inferiore al 2%, mentre quella più antica risulta complessivamente alla stesse quote comprese tra –3,90 e –4,00 m, documentate nel tratto nord; quest’ultimo dato potrebbe avvalorare l’ipotesi di un cedimento naturale del terreno per spiegare la maggiore profondità riscontrata nella porzione centrale.

La sezione evidenzia le ultime fasi d’uso dell’asse viario, con un primo deposito alluvionale accumulatosi ai margini della carreggiata (1151), seguito poi da un consistente strato di terreno marrone, a composizione mista (1150), formatosi verosimilmente in età medievale, che obliterò definitivamente la strada.

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Giulio Ciampoltrini

CONDIZIONI AMBIENTALI E VITA ECONOMICA IN UNA COLONIA AUGUSTEA DELL’ETRURIA SETTENTRIONALE.

CONSIDERAZIONI SUI MATERIALI DALLO SCAVO DEL KARDO DEGLI ORTI DEL SAN FRANCESCO

Actum deinde in senatu ab Arruntio et Ateio an ob moderandas Tiberis exundationes verterentur

flumina et lacus, per quos augescit; auditaeque municipiorum et coloniarum legationes, orantibus Flo-rentinis ne Clanis solito alveo demotus in amnem Arnum transferretur idque ipsis perniciem adferret. congruentia his Interamnates disseruere: pessum ituros fecundissimos Italiae campos, si amnis Nar (id enim parabatur) in rivos diductus superstagnavisset. nec Reatini silebant, Velinum lacum, qua in Na-rem effunditur, obstrui recusantes, quippe in adiacentia erupturum; optume rebus mortalium consuluisse naturam, quae sua ora fluminibus, suos cursus utque originem, ita finis dederit; spectandas etiam reli-giones sociorum, qui sacra et lucos et aras patriis amnibus dicaverint: quin ipsum Tiberim nolle prorsus accolis fluviis orbatum minore gloria fluere. seu preces coloniarum seu difficultas operum sive superstitio valuit, ut in sententiam Pisonis concederetur, qui nil mutandum censuerat.

Il dibattito svoltosi nel Senato nel 15 d.C. contrappone in versione estrema – nella sintesi di Tacito1 – due strategie di contrasto a disastri ambientali che potrebbero essere valutate anche da una moderna ‘politica dell’ambiente’: un ventaglio di interventi incisivi, capaci di trasformare radicalmente le condizioni ecologiche; un rispetto totale della natura, in cui la scelta ideologica di conservazione dell’ambiente si intreccia, velandoli, ai problemi finanziari posti da impegnative opere di regimazione.

Il progetto presentato da Lucio Arrunzio, come capo del collegio dei curatores riparum et alvei Tiberis, e da Ateio Capitone, per i curatores aquarum, derivava dall’incarico affidato alle loro ‘commissioni’ in quello stesso anno, quando un’ennesima, devastante alluvione del Tevere, a bre-ve distanza dalle esondazioni del 5 e del 12 d.C., aveva inflitto gravissimi danni all’Urbe: eodem anno continuis imbribus auctus Tiberis plana urbis stagnaverat; relabentem secuta est aedificiorum et hominum strages. igitur censuit Asinius Gallus ut libri Sibyllini adirentur. Renuit Tiberius, perinde di-vina humanaque obtegens; sed remedium coercendi fluminis Ateio Capitoni et L. Arruntio mandatum2.

Nel dibattito in Senato, al grandioso – fin quasi alla megalomania – progetto di deviazione degli affluenti del Tevere (il Clanis/Chiana e il Nera) si oppongono i rappresentanti delle città italiane che avrebbero visto compromesso l’equilibrio ecologico su cui fondavano la loro prospe-rità: Firenze, minacciata dalla deviazione della Chiana in Arno; Terni e Rieti, contrari ai drastici interventi progettati sul corso del Nera. Obliquamente e in conclusione, Tacito non manca di ventilare il reale motivo per cui si rinunciò al progetto: sensibilità per le ragioni delle città itali-che, religioso rispetto della natura, ma anche – se non soprattutto – la difficultas operum fa sì che prevalga il parere di Pisone, qui nil mutandum censuerat.

Per i Fiorentini l’incubo di vedere le acque dell’Arno accresciute da quelle del Clanis pote-va essere ancor più terribile proprio perché anche l’Etruria settentrionale non doveva essere an-data immune da eventi ambientali avversi, evidentemente generati da una sequenza climatica ca-ratterizzata da piovosità elevata (continuis imbribus, come annota Tacito).

È recentissima l’individuazione, nei livelli del ramo dell’Auser/Serchio che raggiungeva Pi-sa, delle tracce di un’alluvione d’età augusteo-tiberiana, responsabile di uno dei disastri navali

1 TACITI, Annales, I, 79. 2 TACITI, Annales, I, 76. Si veda The Annals of Tacitus, Books 1-6, II, a cura di F.R.D. GOODYEAR,

Cambridge 1981, p. 170 (per I, 76); pp. 178 ss. (per I, 79), con il rinvio a J. LE GALL, Le Tibre

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che stanno alimentando gli scavi di Pisa-San Rossore3; già lo scavo del ponte del Botronchio4, sul ramo orientale dell’Auser/Serchio che attraversa la piana del Bientina, aveva però segnalato una cesura nella frequentazione del manufatto che trova in monete del 6 a.C. un terminus post quem, e che era stato ovvio attribuire ad un evento ambientale, verosimilmente un’alluvione5.

Una risolutiva conferma a questo contesto ambientale è stata offerta dai materiali dei livel-lamenti alluvionali che seppelliscono la prima glareata del kardo degli Orti del San Francesco.

Fig. 1. Presenze dei tipi morfologici nei contesti di Lucca-San Girolamo, Lucca-San Francesco,

Sant’Ippolito di Anniano.

Gli strati 1227 e 1159, infatti, restituiscono materiale ceramico numericamente consisten-

te, ancorché in condizioni di notevole frammentazione e leggermente fluitato, a conferma della

fleuve di Rome dans l’antiquité, Paris 1953, pp. 29; 150 ss.; per le alluvioni del 5 e del 12, DIO, LV, 22, 3; LVI, 27, 4; LVII, 14, 8.

3 Si rinvia a Le navi antiche di Pisa. Guida archeologica, a cura di A. CAMILLI – E. SETARI, Milano 2005, p. 45 (D. BARBAGLI), con altra bibliografia, per l’alluvione d’età augusteo-tiberiana.

4 Supra, p. 42, fig. 28. 5 CIAMPOLTRINI – ANDREOTTI, Ponte del Botronchio, pp. 150 ss.

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natura delle sedimentazioni in cui giacciono; la presenza di sigillata italica ne circoscrive la for-mazione entro i primi due decenni del I secolo d.C. (fig. 1).

Alle sequenze crono-tipologiche da tempo acquisite per questa classe ceramica si aggiun-gono infatti i contesti restituiti in anni recentissimi dallo stesso territorio della colonia: il com-plesso dei materiali del San Girolamo, in area urbana, chiuso intorno al 10 a.C.; un livellamento nell’insediamento rurale di Sant’Ippolito di Anniano, a Santa Maria a Monte, nell’agro centuria-to fra Arno e Arme/Usciana, databile entro i primi anni di Tiberio, come confermano repertorio morfologico e tipologia dei bolli, con la presenza di almeno un esemplare in planta pedis e di uno entro trifoglio6.

Fig. 2. Tipi morfologici della sigillata italica attestati nei contesti del San Francesco (dal Conspectus).

6 Per il San Girolamo, supra, p. 16, con il rinvio a La colonia e la montagna, pp. 74 ss. (G. CIAMPOL-

TRINI); per Sant’Ippolito di Anniano, Agri divisi, pp. 86 ss. (G. CIAMPOLTRINI); supra, p. 14, fig. 1, per la centuriazione fra Arno e Arme.

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Fig. 3. Sigillata italica nelle US 1227 (1) e 1159 (2) del San Francesco.

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Fig. 4. Sigillata italica a rilievo nei contesti di Lucca-San Girolamo.

Fig. 5. Fram-menti di coppa di sigillata itali-ca a rilievo dalla US 6 di Lucca, palazzo dei No-bili.

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Fig. 6. Ceramiche a pareti sottili da Lucca-San Girolamo.

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Condizioni ambientali e vita economica 65

Data la natura delle stratificazioni, nei due sedimenti del San Francesco compaiono anche forme della piena età augustea, o di lunga durata, come la forma 37, con uno (1227) e due (1159) esemplari, e la 88, con un esemplare dallo strato 1159; tuttavia, il grosso delle testimonianze si distribuisce fra l’avanzata età augustea e i primi decenni del I secolo d.C.

Hanno un ruolo particolarmente significativo il ‘piatto con orlo verticale convesso’ f. 18 (fig. 2)9, presente nello strato 1227 con la variante 18.2 (fig. 3, 1 A), e attestato da un frammento anche in 1159, ma leggermente più elevata è la presenza della forma che ne eredita progressiva-mente il ruolo a partire dai primi decenni del I secolo d.C.: la f. 2010, documentata nelle varianti 20.3-4 con un esemplare in 1227 (fig. 3, 1 B), e con tre in 1159.

Il servizio da tavola in sigillata in uso a Lucca in questi anni sembra sostanzialmente limita-to a questo ‘piatto’ – catinus, catillus, nella terminologia coeva11 – e ad una una ‘forma profonda’ – acetabulum, paropsis12 – che può essere rappresentata dalla coppa ‘tronco-conica con orlo verti-cale’ (f. 23)13, presente con due esemplari della variante 23.2 in 1159; dalla versione carenata (f. 27.1)14, che compare in 1227, con un esemplare (fig. 3, 1 B), e con due in 1159; dalla f. 33.115, documentata in 1159 da due esemplari.

Nell’arco di oscillazione di questa famiglia di forme, che giungono fin oltre la metà del I secolo d.C., fornisce un punto di riferimento cronologico più stringente il nucleo di bolli dallo strato 1159.

La bottega aretina di M. Perennius Ante(ros) (fig. 3, 2 A) è attiva intorno agli anni della na-scita di Cristo16, mentre opera a Pisa, fra la media età augustea e quella tiberiana, l’officina di Cn. Ateius in cui sono attivi i liberti Cn. Ateius Crestus, attestato da un bollo in cartiglio rettangolare (fig. 3, 2 B)17, e Zoilus, attestato con due esemplari rettangolari in 1159 (fig. 3, 2 C-D)18 e con un mutilo esempio circolare in 1227 (fig. 3, 1 D)19.

Mentre è avventurosa l’ipotesi di assegnare allo stesso Ateius un bollo lacunoso del quale è leggibile solo la finale (fig. 3, 2 F), acquista un particolare interesse il bollo rettangolare con la firma Thalasi (con legatura e s retrograda: fig. 3, 2 E).

È una variante dei marchi di un’officina attestata da pochi esemplari, che offre – assieme all’esemplare in bollo a trifoglio da Anniano20 – un elemento a sostegno della datazione dell’attività di Thalassi(-) fra l’età augustea e la tiberiana, e per una collocazione a Pisa; ne viene anche confortata l’identificazione con il Thal(-) che già si è ipotizzato operasse a Pisa21. La di-stribuzione in Sardegna e in Africa Proconsolarte dei manufatti di Thalassi(-) sembra punteggiare

7 Conspectus, p. 56. 8 Conspectus, p. 66. 9 Conspectus, p. 82. 10 Conspectus, p. 86. 11 G. CAMODECA, Graffito con conto di infornata di sigillata tardo-italica da Isola di Migliarino (Pisa),

in Territorio e produzioni ceramiche. Paesaggi, economia e società in età romana, Atti del Convegno In-ternazionale Pisa 20-22 ottobre 2005, a cura di S. MENCHELLI – M. PASQUINUCCI, Pisa 2006, pp. 205 ss., in particolare pp. 213 ss.

12 CAMODECA, art. cit. a nota precedente, pp. 213 ss. 13 Conspectus, p. 92. 14 Conspectus, p. 100. 15 Conspectus, p. 110. 16 CVArr2, p. 319, n. 1393, variante 1. 17 CVArr2, p. 204, n. 698, Crestus (1), varianti 31 e 33; efficace sintesi, con ampissima bibliografia,

sulle manifatture pisane di sigillata in M. PASQUINUCCI – S. MENCHELLI, Pisa ed Isola di Migliari-no: città, territorio e produzioni di sigillata, in Territorio e produzioni ceramiche, cit. (nota 11), pp. 217 ss.

18 CVArr2, p. 510, n. 2544, variante di 12 per l’esemplare con palma finale (fig. 3, 2 C). 19 CVArr2, p. 512, variante di 47. 20 CVArr2, pp. 432 s., n. 2218, 1; Agri divisi, p. 88, fig. 9, 4 (G. CIAMPOLTRINI). 21 CVArr2, p. 432, n. 2216.

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66 Condizioni ambientali e vita economica

una delle più trafficate rotte fra le coste tirreniche e l’Africa, in cui Pisa doveva svolgere un ruolo rilevante.

L’assenza di bolli in planta pedis, ovviamente, dato il numero complessivamente esiguo del-le restituzioni, non può avere valore assoluto, ma nell’insieme è plausibile che il contesto sia sta-to alimentato da scarti d’uso formatisi in epoca non molto posteriore alla diffusione di questo ti-po di stampigliatura, negli anni intorno al 15 d.C. Il decennio fra il 10 e il 20 d.C., in conclusio-ne, può essere ragionevolmente considerato il momento in cui un evento alluvionale dislocò sca-richi di scarti d’uso ceramici e macerie, accumulatisi in qualche decina d’anni, e, soprattutto, ne-gli ultimi anni dell’impero di Augusto, e li sedimentò nei limi degli strati 1227 e 1159.

I due complessi consentono dunque non solo di sottolineare la drammaticità della crisi climatica che investì le opere di bonifiche della centuriazione augustea a pochi decenni dalla loro realizzazione, ma permettono anche di valutare la continuità nelle attività economiche della città che trovano un indicatore nei materiali ceramici. Rispetto ai contesti del San Girolamo, più anti-chi di un quarto di secolo circa, e ampiamente alimentati ancora dalle manifatture aretine, i livel-lamenti del San Francesco tracciano infatti l’imponente affermazione delle officine ceramiche di Pisa, in particolare di Ateius e dei suoi schiavi e liberti, capaci di acquisire quasi la totalità del mercato non solo in un sito sull’Arno come Anniano, permeabile ai traffici fluviali avviati da Pisa, ma anche in città cui l’articolazione sociale dovrebbe assicurare una maggiore partecipazione ai commerci. Il successo delle sigillate di manifattura pisana, nel corso dei primi decenni del I seco-lo d.C., non segnala invece apprezzabili distinzioni fra Anniano22 e Lucca.

La presenza appena percepibile di sigillata con decorazione a rilievo, con minuti frammenti che salvano schemi vegetali difficilmente attribuibili (fig. 3, 1 E; 3, 2 G)23, conferma il carattere decisamente ‘privilegiato’ delle ceramiche sigillate con decorazione a rilievo, rispetto alla produ-zione ‘liscia’, che già emergeva dalle stratificazioni del San Girolamo24.

Il mercato cittadino, in effetti, come testimoniavano questi contesti, non è insensibile al fa-scino della produzione a rilievo aretina. A San Girolamo sono documentati molti dei produttori di questa ceramica della prima e media età augustea, da C. Annius, con una scena circense di cui restano solo i frammenti di metae (fig. 4, 1) a M. Perennius, con una figura di tibicine peculiare del suo repertorio (fig. 4, 2), a Rasinius, al cui patrimonio di stampigliature appartiene la danza-trice con il kalathos di un frammento (fig. 4, 3), per giungere infine agli schemi vegetali ‘protobar-gatei’ con archetti intrecciati (fig. 4, 4).

Un significativo documento del gusto augusteo è stato offerto dalla US 6 del Palazzo dei Nobili25, in cui erano finiti frammenti di un ‘calice con orlo pendente pronunciato’ forma Con-spectus R 2.2.126 con la figurazione di un essere capripede, nel quale dovrà essere ragionevolmente identificato Pan, piegato sulle ginocchia e in atto di tendere un nastro al quale è appesa una lepre (fig. 5). I tipi non sembrano fin qui attestati nei repertori della produzione aretina27, ma l’esegesi è plausibile anche per il ruolo di ‘cacciore di lepri’ segnalato, nell’iconografia della divinità, dal lagobolon – la mazza per uccidere il roditore – che lo connota.

La caccia, se è valida la lettura che si propone del frammento, è affidata all’insidia di un laccio, come vagheggia l’usuraio Alfio in un epodo di Orazio: ut trudit acris hinc et hinc multa cane

22 Agri divisi, pp. 88 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 23 Per i frammenti con tralci, sono possibili richiami ai manufatti ateiani di Arezzo o di Pisa: si veda ad

esempio B.P.M. RUDNICK, Die verzierte Arretina aus Oberaden und Haltern, Mainz am Rhein 1995, pp. 171 ss.; per i frammenti con sequenza di rosette e palmette orizzontali, puntuale è il con-fronto con uno schema applicato da P. Cornelius, aretino: C. TROSO, Il ceramista aretino P. Corne-lius. La produzione decorata a rilievo, Firenze 1991, p. 113, n. 359, tav. 61.

24 La colonia e la montagna, pp. 80 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 25 Supra, p. 19. 26 Conspectus, p. 168. 27 F.P. PORTEN PALANGE, Katalog der Punzenmotive in der arretinischen Reliefkeramik, Mainz 2004;

in particolare, per i tipi di Pan pp. 168 ss.; per i tipi di lepre, pp. 275 ss.

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Condizioni ambientali e vita economica 67

/ apros in obstantis plagas / aut amite levi rara tendit retia / turdis edacibus dolos / pavidumque leporem et advenam laqueo gruem / iucunda captat praemia28; il lagobolon completerà l’opera. La presenza di un fregio di ‘pigne’, al di sotto della sequenza di ‘bottoncini’, avvicina il frammento ad un e-semplare da Pisa firmato da M. Perennius Tigranus, cui già era stato riferito anche un frammento dal San Girolamo (fig. 4, 5)29.

Una sostanziale continuità nei consumi traspare anche da altre classi ceramiche. Lo stato di frammentazione impedisce di apprezzare nei consunti materiali dal San France-

sco il repertorio di forme e di sistemi decorativi della produzione di pareti sottili che integra nella mensa le forme di sigillata.

Le coppe e i poculi ampiamente attestati nel San Girolamo con le forme Marabini XXXI (fig. 6, 1 e 7), XXXVI (fig. 6, 2-5 e 9), XXXII (fig. 6, 6 e 8) nelle varianti d’età augustea, provvi-ste di decorazione incisa o applicata30, sono appena riconoscibili nei frammenti consunti del San Francesco (fig. 7 A), che sembrano semmai segnalare la progressiva affermazione della coppa emi-sferica forma XXXVI, come nei contesti tardoaugustei e tiberiani di Anniano31, confermando la coerenza nei consumi di forme da mensa fra città e campagna tracciata nel territorio di Lucca, dall’età triumvirale fino alla piena età giulio-claudia, dai complessi della Murella di Castelnuovo di Garfagnana, Lucca-San Girolano e ora Lucca-San Francesco, Anniano32.

Altrettanto evidente sembra invece la distinzione nei consumi di beni alimentari commer-ciati in anfore.

Già si è osservato che i contesti urbani rilevano una presenza decisamente più consistente dei consumi di vino di importazione, attestato soprattutto dalla ampia ed eterogenea famiglia di anfore Dressel 2-4, e di garum, il cui consumo è testimoniato soprattutto dai contenitori di pro-venienza betica raccolti nel gruppo delle Dressel 7-1133.

I sedimenti 1227 e 1159, in effetti, si aggiungono ai contesti del San Girolamo nel traccia-re un filo continuo di acquisizioni di queste due famiglie di contenitori: Dressel 2-4 (fig. 7 B), prodotte nel campionario di impasti che ne tradisce la molteplicità di centri produttori, tirrenici e ispanici; Dressel 7-11 ispaniche (fig. 7 C).

Anche i pochi frammenti di lucerne, fra i quali spicca un’ansa – probabilmente pertinente ad una lucerna a volute – configurata a semiluna (fig. 7 D)34, ribadiscono la cesura fra consumi urbani e rurali segnalata alla Murella e a Anniano, che trova – nella difficoltà di recuperare ade-guate testimonianze delle produzioni ceramiche da cucina35 – un’ulteriore indice nella presenza, fra il materiale laterizio, di un frammento di lastra di rivestimento fittile (fig. 7 E), che va ad ag-giungersi alle altre testimonianze delle produzioni di terrecotte architettoniche lucchesi d’età re-pubblicana36.

28 HORATI, Epod., II, 35 ss.: «… e prende al laccio la lepre paurosa e la gru straniera …». 29 Il motivo è redazione leggermente appiattita di un tema attestato in esemplari firmati da M. Perennius

Bargathes: H. DRAGENDORFF – C. WATZINGER, Arretinische Reliefkeramik mit Beschreibung der Sammlung in Tübingen, Reutlingen 1948, p. 204, nn. 299-300, tav. 19.

30 Si rinvia a La colonia e la montagna, pp. 80 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 31 Agri divisi, pp. 94 s. (G. CIAMPOLTRINI). 32 Si veda G. CIAMPOLTRINI – P. NOTINI – C. SPATARO – E. ABELA, Traffici e consumi ceramici

nella valle del Serchio d’età augustea, in Territorio e produzioni ceramiche, cit. (nota 11), pp. 191 ss., in particolare pp. 197 ss.

33 CIAMPOLTRINI et alii, art. cit. a nota precedente, pp. 197 ss.; La colonia e la montagna, pp. 88 ss. (G. CIAMPOLTRINI).

34 Si veda A. LEIBUNDGUT, Die römische Lampen in der Schweiz. Eine kultur- und handelsgeschichtliche Studie, Bern 1977, p. 28, n. 4, con altri riferimenti.

35 Per queste a Lucca La colonia e la montagna, pp. 88 ss. (G. CIAMPOLTRINI). 36 CIAMPOLTRINI – RENDINI, Temi figurativi; E. ABELA – S. BIANCHINI, La mostra, in La città na-

scosta. Venti anni di scoperte archeologiche a Lucca, a cura di E. ABELA – S. BIANCHINI, Lucca 2002, pp. 11 ss.

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68 Condizioni ambientali e vita economica

Se l’attività di traffico – almeno nel campo coperto dalle testimonianze ceramiche – sem-bra nell’insieme relativamente limitata, e la consistenza delle produzioni alimentari locali, soprat-tutto nel caso dell’olio e del vino, è tale da circoscrivere le importazioni ai beni connotati come ‘di pregio’ (nel caso dei vini) o a quelli non prodotti in loco (come il garum), la vivacità manifat-turiera della città augustea traspare nella presenza di scorie ferrose anche nei contesti del San Francesco.

Fig. 7. Frammenti a pareti sottili (A), di anfore (B-C), di lucerne (D) e terracotte architettoniche (E) dal San Francesco.

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Condizioni ambientali e vita economica 69

Scorie ferrose e di bronzo, un frammento di crogiolo ceramico ancora con concrezioni di

bronzo (fig. 8) e un frammento di tubiera fittile (fig. 9) dal San Girolamo, in effetti, indiziavano che già in età augustea la città doveva essere sede di un’attività metallurgica che anticipava e pre-parava la fabrica di spathae tardoantica37, ma dato il carattere dei sedimenti era arduo proporre una localizzazione delle officine.

Fig. 8. Crogiolo frammentario con concrezioni di bronzo da Lucca-San Girolamo.

Nel caso del San Francesco, invece, l’interpretazione come forni di fucina da fabbro delle

fosse emerse al margine occidentale dello scavo degli Orti (658-658), in effetti38, è concretamen-te avallata dalla consistenza di scorie ferrose nei sedimenti alluvionali, tale anzi che pare non in-verosimile anche l’ipotesi che l’insediamento da cui derivano i materiali dilavati dalle alluvioni dei decenni iniziali del I secolo d.C. non avesse carattere residenziale, ma fosse piuttosto un ag-glomerato produttivo, un’officina di fabbri che potevano operare – anche per evidenti motivi di sicurezza – al di fuori dello spazio urbano, in un’area contigua alla città ed assistita da una rete di strade che concludeva il percorso fluviale delle materie prime indispensabili a questa attività –

37 La colonia e la montagna, pp. 94 s. (G. CIAMPOLTRINI). 38 ABELA – BIANCHINI, supra, p. 44.

Fig. 9. Frammento di tubiera fittile da Lucca-San Girolamo.

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70 Condizioni ambientali e vita economica

ferro e legname – quasi anticipando la vocazione dell’area alle ‘arti del fuoco’ che troverà limpida espressione nelle fornaci di laterizi medievali di Tracchiassi39.

39 Giardini sepolti, pp. 13 ss( G. CIAMPOLTRINI), ecc.

Fig. 10. La fucina un fabbro di Aqui-leia (parti-colare di stele al Museo Arch. Na-zionale di Aquileia).

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Condizioni ambientali e vita economica 71

Fig. 11. La fucina di Vulcano (Piero di Cosimo, Vulcano e Eolo).

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72 Condizioni ambientali e vita economica

L’assenza di minerali, la presenza di sole scorie, invita a ricostruire un processo produttivo-

commerciale articolato, che vede il ferro giungere a Lucca non allo stato grezzo, di minerale, ma dopo un primo processo di raffinazione, verosimilmente condotto nell’area di estrazione. Il mo-dello di trasformazione del minerale descritto da Strabone per l’Elba e Populonia ancora in età augustea troverebbe dunque conferma40.

La tipologia delle strutture impone di ricomporre il possibile insediamento produttivo non tanto nella forma della bottega di fabbro ‘municipale’ che trova una splendida testimonianza ico-nografica, nell’Italia della prima età romana, nel fregio sullo zoccolo di un monumento funerario aquileiese (fig. 10)41, quanto piuttosto in impianti semplificati, formati da una semplice fossa ter-ragna in cui si provvedeva all’arrostimento del semilavorato ferroso per trasformarlo in lingotti ad alto tenore di metallo42, o direttamente in manufatti, e in cui la temperatura di lavorazione del metallo era ottenuta con un sistema di mantici e tubiere. La vitalità del tipo di fucina, pur sentita come ‘arcaica’, è tale che Piero di Cosimo, agli albori del Cinquecento, potrà darne una spetta-colare restituzione iconografica, attribuendola, nel Vulcano ed Eolo finito alla National Gallery of Canada di Ottawa, ad una umanità primitiva (fig. 11).

Si tratta evidentemente di una tipologia di lunga durata, ma non priva di funzionalità, se nella Populonia della Tarda Repubblica i forni (fusori o di fucina) sono ancora strutturati in que-sto modo43 e nella stessa Lucca sembra possibile ricomporre, nell’area del Galli Tassi, un impian-to tardoantico formato da una ‘batteria’ di fucine del genere44.

Storie di fabbri, di traffici, di un territorio in equilibrio perennemente minacciato, che permettono di popolare i monumenti e le domus della città augustea e le fattorie degli agri divisi con una società variegata e articolata di agricoltori, di artigiani, di mercanti. Sono i liberti che grazie alle attività imprenditoriali – forse anche nella metallurgia, oltre che nei commerci e nella stessa agricoltura – raggiungono il successo consacrato dapprima (in età augustea) dalla carica di magister Mercurialis, poi dal sevirato, e i nati liberi, figli e nipoti dei coloni augustei, radicati in una terra la cui feracità richiede un continuo impegno di bonifica, che cercano fortuna nelle le-gioni e nelle coorti pretorie o urbane di Roma: la società di una colonia augustea che traspariva dai monumenti funerari di Lucca romana e dei Lucchesi dispersi nel mondo45 trova in un sedi-mento alluvionale del suburbio una silenziosa testimonianza.

40 STRABO, V, 2, 6. 41 Si veda ad esempio Tesori della Postumia. Archeologia e storia intorno ad una grande strada romana alle

radici dell’Europa, Milano 1998, p. 519, n. V.35 (C. TIUSSI). 42 Si veda la sintesi di C. DOMERGUE, Les mines et la production des métaux dans le monde méditerra-

néen au Ier millénaire avant notre ère. Du producteur au consommateur, in L’artisanat métallurgique dans les sociétés anciennes en Méditerranée Occidentale. Techniques, lieux et formes de production, a cura di A. LEHOËRFF, Rome 2004, pp. 129 ss., in particolare pp. 137 ss. e pp. 144 ss.

43 Si veda L. CHIARANTINI – M. BENVENUTI – S. GUIDERI, Recenti ricerche sui processi di produzione del ferro nel Parco di Baratti e Populonia nel I millennio a.C., Rassegna di Archeologia, 21 B, 2004-2005, pp. 171 ss., in particolare pp. 175 ss., con ampia bibliografia.

44 ABELA – BIANCHINI, supra, pp. 44 s. 45 Ancora CIAMPOLTRINI, Prosopographia Lucensis, in particolare pp. 88 ss.

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Canalizzazioni e resti di attività artigianali (Settori I-IV) 103 (I-IV) Terreno a matrice limo-argillosa,

di colore marrone-giallo, contenente ciottoli di piccole dimensioni, ghiaia, fru-stoli di laterizi; presenta uno spessore no-tevole, che raggiunge in alcune zone il metro.

Terreno ortivo formatosi gradualmente a partire dall’età bassomedievale.

Copre 414. 414 (I-IV) Terreno a matrice limo-sabbiosa,

di colore giallo contenente rari frammenti laterizi; presenta notevole spessore fino al metro.

Potente accumulo di origine alluvionale. Coperto da 103. Copre 477, 526, 563, 655, 658, 659,

668, 729, 753, 1020. 477A (III) Taglio con andamento rettilineo

e orientamento nord-sud; presenta pareti verticali e fondo concavo, a situato a est della cava di argilla 443.

Canale di età romana, allineato a 753. Taglia 526. Riempito da 477B. 477B (III) Riempimento costituito da terre-

no limo-argilloso, di colore grigio-giallo, mediamente compatto, con frammenti la-terizi e ghiaia.

Coperto da 414. Riempie 477A. 526 (I-IV) Strato a composizione mista, co-

stituito da lenti di sabbia e argilla, di co-lore grigio-verde, con depositi di manga-nese. Contiene frustoli di laterizi, pietri-

sco, rari ciottoli di piccole dimensioni e frammenti ceramici fluitati.

Sedimentazione di origine alluvionale con tracce di frequentazione di epoca roma-na.

Coperto da 414 e 525. Tagliato da 477, 563, 655, 658, 659,

668, 729, 753, 1019. Copre 583, 585. 563A (II-IV) Taglio di forma rettilinea, con

andamento est-ovest; presenta pareti ver-ticali e fondo concavo.

Canale di età romana. Taglia 526. Riempito da 563B. 563B (II-IV) Riempimento costituito da

terreno limo-argilloso, di colore grigio-verde.

Riempie 563A. Coperto da 414. 583 (I-IV) Strato a matrice sabbiosa, me-

diamente friabile, di colore grigio chiaro, con lenti di argilla.

Sedimentazione di origine alluvionale, naturale.

Coperto da 526. Copre 584. 584 (I-IV) Strato a matrice limo-sabbiosa,

di colore marrone, mediamente friabile. Sedimentazione di origine alluvionale,

naturale. Coperto da 583. Copre 585. 585 (I-IV) Strato costituito da ciottoli di

piccole e medie dimensioni, misti a sab-bia grigia.

Ghiaie fluviali di formazione naturale. Coperto da 584.

APPENDICE: LE UNITÀ STRATIGRAFICHE

(Serena Cenni – Maila Franceschini – Irene Monacci)

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74 Le unità stratigrafiche

655A (I) Taglio con andamento rettilineo e orientamento est-ovest; presenta pareti verticali e fondo concavo.

Canale di età romana. Riempito da 655 B. Taglia 526. 655B (I) Terreno a matrice limo-sabbiosa,

di colore marrone-grigio, con frustoli di laterizi e pietre.

Riempie 655A. Coperto da 414. 658A (II) Buca di forma quadrangolare con

pareti verticali, arrossate e indurite, e fondo piano rivestito di ciottoli. Situata lungo il limite nord-ovest dell’area di sca-vo.

Buca-forno per lavorazioni metallurgiche. Taglia 526. Riempito da 658B. 658B (II) Riempimento costituito da terre-

no limo-sabbioso, di colore marrone chiaro, contenente carbone e scorie ferro-se, frammenti laterizi e ceramici.

Coperto da 414. Riempie 658A. 659A (II) Buca di forma quadrangolare con

pareti verticali, arrossate e indurite, e fondo piano; situata lungo il limite nord-ovest dell’area di scavo.

Buca-forno per lavorazioni metallurgiche. Taglia 526. Riempito da 659B. 659B (II) Riempimento costituito da terre-

no limo-sabbioso, di colore marrone chiaro, contenente carbone, cenere, sco-rie ferrose e frammenti laterizi.

Coperto da 414. Riempie 659A. 668A (I) Taglio con andamento rettilineo e

orientamento est-ovest. Canale di età romana. Riempito da 668B. Tagliato da 660. Taglia 526.

668B (I) Terreno argilloso di colore grigio-

blu. Riempie 668A. Coperto da 660B. 729A (II) Taglio con andamento rettilineo e

orientamento est-ovest; presenta pareti verticali e fondo concavo.

Canale di età romana. Taglia 526. Tagliato da 722. Riempito da 729B. 729B (I) Terreno argilloso, di consistenza

plastica e colore grigio-blu, contenente rari frammenti di laterizi e ghiaia.

Coperto da 414. Riempie 729A. 753A (II-IV) Taglio con andamento rettili-

neo e orientamento nord-sud; presenta pareti verticali e fondo concavo.

Canale di età romana, allineato al 477. Taglia 526. Riempito da 753B. 753B (II-IV) Strato a matrice argillosa di

colore blu, con lenti di sabbia di colore marrone-giallo.

Coperto da 414. Riempie 753A. 1019 (III) Taglio con andamento rettilineo

e orientamento nord-sud; presenta pareti verticali e fondo concavo.

Canale di età romana. Taglia 526. Tagliato da 904, 894. Riempito da 1020. 1020 (III) Terreno a matrice limosa, misto a

sabbia e ghiaia. Coperto da 414. Riempie 1019.

(S.C.)

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Le unità stratigrafiche 75

Il kardo (Settore V) 1150 (V) Strato di terreno a matrice limo-

argillosa, di colore marrone giallo; con-tiene frammenti di laterizi, pietrisco, ar-desia e carboncini.

Terreno ortivo formatosi in età medieva-le; oblitera la strada romana.

Copre 1151, 1152, 1168, 1172, 1175, 1176, 1177, 1178.

Tagliato da 1075, 1164, 1166, 1170, 1171.

1151 (V) Strato di terreno a matrice limo-

argillosa, di consistenza plastica e colore marrone-grigio, con scarsa presenza di frustoli di laterizi.

Deposito di natura alluvionale che oblite-ra parzialmente il piano stradale 1152.

Coperto da 1150, 1223. Copre 1152, 1153, 1154, 1155, 1156,

1157, 1158, 1159, 1160. Tagliato da 1168, 1175, 1176, 1177,

1178. 1152 (V) Piano con orientamento nord-sud,

realizzato con ciottoli di piccole e medie dimensioni, misti a frustoli e rari fram-menti di laterizi e serrati con ghiaia fine. Presenta superficie irregolare, segnata da solchi, con margini inclinati.

Piano stradale più recente, in fase con le canalette 1156=1231, sul lato ovest, e 1155 sul lato est.

Coperto da 1150, 1151. Copre 1153. 1153A (V) Taglio con andamento nord-sud,

pareti inclinate e fondo piano. Taglio creato per alloggiare la prepara-

zione 1153 e il piano stradale 1152. Taglia 1154, 1159. Riempito da 1153B. 1153B (V) Riempimento a matrice limo-

sabbiosa di colore marrone con presenza di frustoli laterizi.

Costituisce la preparazione al piano stra-dale 1152, dopo la fase alluvionale rap-presentata da 1159.

Coperto da 1151, 1152. Riempie 1153 A. Copre 1161, 1174. 1154 (V) Strato di terreno a matrice sabbio-

sa di colore giallo-grigio, con scarsa pre-senza di frustoli di laterizi.

Deposito di natura alluvionale. Coperto da 1151, 1159, 1174, 1223. Tagliato da 1153A, 1155A, 1156A. Copre 1161, 1224, 1228. 1155A (V) Taglio con pareti inclinate e fon-

do piano, rilevato nella parete sud del settore di scavo, a est del piano stradale 1152.

Probabile canaletta con andamento nord-sud, di servizio al piano stradale 1152.

Taglia 1154, 1163. Riempito da 1155B. 1155B (V) Riempimento a matrice argillosa

di colore grigio. Coperto da 1151. Riempie 1155A. 1156A (V) Taglio con pareti inclinate e fon-

do lievemente concavo, rilevato nella pa-rete sud del settore di scavo, ad ovest del piano stradale 1152.

Probabile canaletta con andamento nord-sud, di servizio al piano stradale 1152 sul lato ovest.

Uguale a 1231. Taglia 1154. Riempito da 1156B. 1156B (V) Riempimento a matrice argillosa

di colore grigio-blu. Coperto da 1151. Riempie 1156A. 1157 (V) Strato a matrice limo-sabbiosa di

colore marrone-grigio, con frustoli di la-terizi, carboncini e pietrisco, rilevato nel-la parete sud del settore di scavo, ad o-vest del piano stradale 1152.

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76 Le unità stratigrafiche

Potrebbe trattarsi di un piano di calpe-stio localizzato a lato della fossetta 1156.

Coperto da 1151. Copre 1158. 1158 (V) Terreno a matrice sabbiosa, a gra-

nulometria grossolana, di colore marro-ne-giallo.

Coperto da 1151, 1157. Copre 1159. 1159 (V) Strato a matrice argillosa di colore

grigio-blu, contenente numerosi fram-menti ceramici di età romana, tra cui ter-ra sigillata italica.

Deposito di natura alluvionale, cui segue il rifacimento del piano stradale con il ri-empimento 1153 e l’acciottolato 1152.

Coperto da 1151, 1158. Tagliato da 1153A, 1156A, 1231A. Copre 1154, 1161, 1220B, 1224, 1226,

1227B, 1230. 1160 (V) Strato di forma allungata e inclina-

ta, costituito da terreno a matrice limo-sabbiosa di colore bruno-grigio scuro, mi-sto a carboncini; rilevata nella parete sud del settore di scavo, ad ovest del piano stradale 1152.

Sacca di terreno probabilmente formata da una radice.

Coperto da 1151. Copre 1154. 1161 (V) Piano costituito da ciottoli di pic-

cole e medie dimensioni, frustoli di late-rizi e ghiaia arrotondata di piccole di-mensioni, misti a terreno di colore mar-rone a matrice limo-argillosa. Si sviluppa in direzione nord-sud, con superficie irre-golare, segnata da solchi, leggermente convessa.

Piano stradale più antico, in fase con la canaletta 1220, sul lato ovest.

Coperto da 1153, 1154, 1159, 1174. Copre 1162. 1162A (V) Taglio con orientamento nord-

sud, a pareti leggermente inclinate e fon-

do leggermente concavo, rilevato in corri-spondenza del piano stradale 1161.

Trincea praticata per alloggiare la prepa-razione al piano stradale 1161.

Taglia 1224, 1163. Riempito da 1162. 1162B (V) Strato composto da ghiaia arro-

tondata, di dimensioni medie e piccole, mista a sabbia a granulometria grossola-na, di colore marrone-grigio e consistenza friabile.

Costituisce il corpo stradale relativo al piano 1161.

Riempie 1162A. Coperto da 1154, 1161. 1163 (V) Strato composto da sabbia a gra-

nulometria grossolana, di colore marro-ne-grigio.

Accumulo naturale. Coperto da 1154, 1228, 1224. Tagliato da 1162A, 1155A. 1174 (V) Terreno a matrice sabbiosa, di co-

lore giallo, di consistenza molto compat-ta, con piccoli inclusi di ceramica di epo-ca romana e ciottoli di piccole dimensio-ni, esteso nella parte sud dell’area interes-sata dalla glareata 1161.

Piano stradale corrispondente ad un pri-mo intervento di restauro di 1161, suc-cessivo alla deposizione del sedimento al-luvionale 1154 e localizzato solo nella parte sud dell’area indagata. In fase con la canaletta 1227 sul lato ovest.

Copre 1161, 1154. Coperto da 1153B. 1220A (V) Taglio canaliforme, con orienta-

mento nord-sud, ubicato subito a ovest di 1161. Presenta pareti appena inclinate e fondo concavo.

Canaletta di deflusso delle acque in fase con il piano stradale più antico 1161.

Taglia 1224. Riempito da 1220B. Tagliato da 1227A.

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Le unità stratigrafiche 77

1220B (V) Riempimento a matrice limo-argillosa, di colore grigio-blu, con presen-za di frustoli di carbone e rari frammenti ceramici.

Coperto da 1154, 1159. Riempie 1220A. Tagliato da 1225, 1227A. 1224 (V) Strato composto da ghiaia arro-

tondata di piccole e medie dimensioni mista a sabbia a granulometria grossola-na, di colore marrone-grigio.

Deposito di formazione naturale. Coperto da 1149, 1154, 1159. Copre 1163. Tagliato da 1220, 1227, 1229. 1225 (V) Taglio canaliforme con orienta-

mento nord-sud, ubicato ad ovest di 1220; presenta pareti inclinate e fondo concavo.

Intervento di ripristino della canaletta di servizio alla strada sul lato ovest, dopo un primo interramento corrispondente al se-dimento argilloso 1220B.

Taglia 1220. Riempito da 1226. Tagliato da 1227. 1226 (V) Riempimento a matrice sabbiosa,

di colore variabile da giallo a grigio-blu, con scarsa presenza di ghiaia di piccole dimensioni.

Riempimento riferibile allo stesso evento alluvionale che determinò la deposizione del sedimento sabbioso 1154.

Coperto da 1154, 1159. Riempie 1225. Tagliato da 1227. 1227A (V) Taglio canaliforme con orienta-

mento nord-sud, ubicato ad ovest di 1226.

Canaletta per il deflusso delle acque di servizio alla strada sul lato ovest, in fase con il restauro del piano stradale 1174.

Riempito da 1227 B. Taglia 1224, 1225, 1226, 1220.

1227B (V) Riempimento a matrice argillosa, di colore blu, di consistenza molto com-patta, contenente frammenti ceramici di età romana.

Riempimento riferibile allo stesso evento alluvionale che determinò la formazione del sedimento 1159 e il successivo ripri-stino del piano stradale rappresentato da 1152 e 1153.

Coperto da 1159. Riempie 1227A. 1228 (V) Strato a matrice limo-sabbiosa, di

colore giallo-grigio, con pietrisco e ciot-toli di medie dimensioni, rilevato solo nella sezione est dell’area di scavo.

Coperto da 1154. Copre 1163. 1229 (V) Taglio canaliforme con probabile

orientamento nord-sud, ubicato ad ovest di 1227 e parallelo ad essa. Rilevato solo nella sezione nord dell’area di scavo, pre-senta pareti inclinate e fondo concavo.

Canale in fase con 1227. Riempito da 1230. Taglia 1224. 1230 (V) Riempimento a matrice limo-

argillosa, di colore grigio-blu, contenente frammenti laterizi e ceramici. Rilevato solo nella sezione nord dell’area di scavo.

Riempimento riferibile allo stesso evento alluvionale che determinò la formazione del sedimento 1159.

Coperto da 1159. Riempie 1229. 1231A (V) Taglio canaliforme con probabile

orientamento nord-sud, situato ad ovest del piano stradale 1152. Rilevato solo nella sezione nord dell’area di scavo.

Si tratta probabilmente della canaletta di servizio alla strada sul lato ovest, nella fa-se corrispondente al rifacimento del pia-no stradale 1152.

Uguale a 1156. Taglia 1159. Riempito da 1231B.

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78 Le unità stratigrafiche

1231B (V) Riempimento a matrice limo-sabbiosa, di colore marrone-giallo, con presenza di pietrisco e frammenti di late-rizi.

Riempie 1231A.

(M.F – I. M.)

L’inizio dei lavori.

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Le unità stratigrafiche 79

La fine dello scavo.

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