Accattoli

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I L R EGNO - ATTUALITÀ 18/2013 623 tavolta parto dal bas- so: dai racconti delle telefonate di Fran- cesco alle persone tribolate. Ma spe- ro di arrivare in alto: a farmi un’idea di che cosa intenda quando dice, nel- l’intervista alle riviste dei gesuiti: «Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo». Si possono «curare le feri- te» anche al telefono? Provo ad an- dare oltre la curiosità del cronista sul- le telefonate a chi e come, voglioso di capire qualcosa di quell’intervento di cura. Nella lista delle telefonate bergo- gliane – in tutto simili a quelle che fa- ceva da cardinale – due su tre han- no per destinatari i feriti della vita. Lascio da parte le chiamate ai bam- bini che gli mandano disegni, ai ra- gazzi che gli scrivono dopo Rio, agli sposi che festeggiano i quarant’anni di nozze. Ne scelgo dieci tra lettere e chiamate con forte intenzione. PUOI CONTARE SU DI ME PER QUALUNQUE COSA Il 17 luglio scrive a una detenuta di Buenos Aires che gli aveva manda- to ostie fatte da lei e gli aveva raccon- tato la sua storia di perdizione e ri- scatto: «Cara Gabriela, ringrazio per la fiducia e anche per le ostie. Da do- mani celebrerò la messa con queste ostie e posso assicurarle che è una co- sa che mi emoziona. La sua lettera mi ha fatto riflettere e pregherò per lei. Mi rallegra e mi dà sicurezza sapere che anche lei prega per me». Il 7 agosto chiama Michele Fer- ri, 40 anni, di Pesaro, da tempo co- stretto alla carrozzella e fratello di Andrea, il titolare di alcuni impian- ti di benzina ucciso due mesi prima da un dipendente e da un suo compli- ce. «Ciao Michele, sono papa Fran- cesco» racconta d’aver sentito nella cornetta, incredulo che fosse lui ma subito convinto dai riferimenti al- la lettera con cui gli aveva narrato la propria difficoltà a «credere ancora in Dio». «Mi ha detto che ha pian- to quando ha letto la lettera che gli avevo scritto. Mi ha aiutato a vede- re una luce nel mio tunnel». Miche- le dice al papa che anche la mamma avrebbe aiuto a sentirlo e Francesco, il 25 agosto, richiama per parlare con la mamma Rosalba. L’8 agosto chiama una connazio- nale, Josefina, colpita da grave malat- tia, che vive a Gualeguaychú e gli ave- va scritto chiedendo d’essere accom- pagnata nell’invocazione della gua- rigione: «Continuerò a pregare per te e già sai che puoi contare su di me per qualunque cosa di cui avrai bi- sogno». «Quando ho sentito la voce del papa al telefono mi è sembrato di es- sere toccata dalla mano di Dio»: co- sì un’altra argentina, Alejandra Pe- reyra, di 44 anni, vittima di uno stu- pro da parte di un poliziotto, chiama- ta il 25 agosto. «Il papa mi ha det- to che non sono sola e mi ha chiesto di avere fiducia nella giustizia. Mi ha raccontato che riceve migliaia di let- tere ogni giorno e che la mia gli ave- va colpito il cuore». «Sono una ragazza madre con un divorzio alle spalle, poi mi sono fidanzata con un uomo. Quando a giugno ho scoperto di essere incinta ho saputo la verità: era sposato, ave- va un figlio e voleva che abortissi»: Anna Romano, 35 anni, di Arezzo, scrive al papa la sua disperazione. Il 3 settembre Francesco la chiama. «Non avrei mai immaginato che un giorno il pontefice potesse azzerare ogni distanza chiamandomi al cellu- lare come fosse un amico. Mi ha ras- sicurata dicendomi che il bimbo era un dono di Dio, un segno della prov- videnza e che ero stata coraggiosa e forte. Gli ho detto che intendevo bat- tezzarlo ma che avevo paura che non fosse possibile perché sono una ra- gazza madre, già divorziata e lui mi ha rassicurata: “Sono convinto che non avrai problemi a battezzarlo, ma se ci fossero lo battezzo io”». IO PREGO PER TE, TU PREGA PER ME Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto in carcere dopo un arresto per ubriachezza, da cinque anni si batte per avere la verità su quella morte so- spetta e fa avere al papa un dossier su 57 casi di malagiustizia. Il papa la ri- ceve il 12 settembre con i familiari di altri cinque deceduti in carcere: «Mi ha posato le mani sulla testa e mi ha accarezzato il viso mentre parlavo. Ci ha chiesto di pregare per lui e ci ha assicurato di pregare per noi». Il 14 settembre chiama Michael Di Marco, un ragazzo distrofico di 15 anni, di Pinerolo, che gli aveva scritto sperando di poterlo incontrare: «Sta- vo cucinando, a momenti svenivo; ha chiesto di Michael, gliel’ho passato», racconta la mamma Antonella. Mi- chael: «Non era uno scherzo, l’ho riconosciuto dall’accento argentino. Gli ho risposto che se anche sono sul- la carrozzina sto bene. Non mi so- no emozionato molto. Il papa mi ha messo subito a mio agio. Mi ha det- Chiesa, ospedale da campo Le telefonate di Francesco IO NON MI VERGOGNO DEL VANGELO S

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tavolta parto dal bas-so: dai racconti delle telefonate di Fran-

cesco alle persone tribolate. Ma spe-ro di arrivare in alto: a farmi un’idea di che cosa intenda quando dice, nel-l’intervista alle riviste dei gesuiti: «Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo». Si possono «curare le feri-te» anche al telefono? Provo ad an-dare oltre la curiosità del cronista sul-le telefonate a chi e come, voglioso di capire qualcosa di quell’intervento di cura. Nella lista delle telefonate bergo-gliane – in tutto simili a quelle che fa-ceva da cardinale – due su tre han-no per destinatari i feriti della vita. Lascio da parte le chiamate ai bam-bini che gli mandano disegni, ai ra-gazzi che gli scrivono dopo Rio, agli sposi che festeggiano i quarant’anni di nozze. Ne scelgo dieci tra lettere e chiamate con forte intenzione.

pUoi contare SU di meper qUalUnqUe coSa

Il 17 luglio scrive a una detenuta di Buenos Aires che gli aveva manda-to ostie fatte da lei e gli aveva raccon-tato la sua storia di perdizione e ri-scatto: «Cara Gabriela, ringrazio per

la fiducia e anche per le ostie. Da do-mani celebrerò la messa con queste ostie e posso assicurarle che è una co-sa che mi emoziona. La sua lettera mi ha fatto riflettere e pregherò per lei. Mi rallegra e mi dà sicurezza sapere che anche lei prega per me». Il 7 agosto chiama Michele Fer-ri, 40 anni, di Pesaro, da tempo co-stretto alla carrozzella e fratello di Andrea, il titolare di alcuni impian-ti di benzina ucciso due mesi prima da un dipendente e da un suo compli-ce. «Ciao Michele, sono papa Fran-cesco» racconta d’aver sentito nella cornetta, incredulo che fosse lui ma subito convinto dai riferimenti al-la lettera con cui gli aveva narrato la propria difficoltà a «credere ancora in Dio». «Mi ha detto che ha pian-to quando ha letto la lettera che gli avevo scritto. Mi ha aiutato a vede-re una luce nel mio tunnel». Miche-le dice al papa che anche la mamma avrebbe aiuto a sentirlo e Francesco, il 25 agosto, richiama per parlare con la mamma Rosalba. L’8 agosto chiama una connazio-nale, Josefina, colpita da grave malat-tia, che vive a Gualeguaychú e gli ave-va scritto chiedendo d’essere accom-pagnata nell’invocazione della gua-rigione: «Continuerò a pregare per te e già sai che puoi contare su di me per qualunque cosa di cui avrai bi-sogno». «Quando ho sentito la voce del papa al telefono mi è sembrato di es-sere toccata dalla mano di Dio»: co-sì un’altra argentina, Alejandra Pe-reyra, di 44 anni, vittima di uno stu-pro da parte di un poliziotto, chiama-ta il 25 agosto. «Il papa mi ha det-to che non sono sola e mi ha chiesto di avere fiducia nella giustizia. Mi ha raccontato che riceve migliaia di let-tere ogni giorno e che la mia gli ave-va colpito il cuore». «Sono una ragazza madre con un divorzio alle spalle, poi mi sono

fidanzata con un uomo. Quando a giugno ho scoperto di essere incinta ho saputo la verità: era sposato, ave-va un figlio e voleva che abortissi»: Anna Romano, 35 anni, di Arezzo, scrive al papa la sua disperazione. Il 3 settembre Francesco la chiama. «Non avrei mai immaginato che un giorno il pontefice potesse azzerare ogni distanza chiamandomi al cellu-lare come fosse un amico. Mi ha ras-sicurata dicendomi che il bimbo era un dono di Dio, un segno della prov-videnza e che ero stata coraggiosa e forte. Gli ho detto che intendevo bat-tezzarlo ma che avevo paura che non fosse possibile perché sono una ra-gazza madre, già divorziata e lui mi ha rassicurata: “Sono convinto che non avrai problemi a battezzarlo, ma se ci fossero lo battezzo io”».

io prego per te,tU prega per me

Lucia Uva, sorella di Giuseppe, morto in carcere dopo un arresto per ubriachezza, da cinque anni si batte per avere la verità su quella morte so-spetta e fa avere al papa un dossier su 57 casi di malagiustizia. Il papa la ri-ceve il 12 settembre con i familiari di altri cinque deceduti in carcere: «Mi ha posato le mani sulla testa e mi ha accarezzato il viso mentre parlavo. Ci ha chiesto di pregare per lui e ci ha assicurato di pregare per noi». Il 14 settembre chiama Michael Di Marco, un ragazzo distrofico di 15 anni, di Pinerolo, che gli aveva scritto sperando di poterlo incontrare: «Sta-vo cucinando, a momenti svenivo; ha chiesto di Michael, gliel’ho passato», racconta la mamma Antonella. Mi-chael: «Non era uno scherzo, l’ho riconosciuto dall’accento argentino. Gli ho risposto che se anche sono sul-la carrozzina sto bene. Non mi so-no emozionato molto. Il papa mi ha messo subito a mio agio. Mi ha det-

Chiesa, ospedale da campole telefonate di Francesco

““io non mi vergogno del vangelo

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to: io prego per te, tu prega per me». «Sono Monica, la mamma di Chiara Massi, la mia unica figlia di 19 anni che, due mesi fa, al termine di una giornata di mare trascorsa con me e con il padre, mi è stata porta-ta via mentre, a bordo di un motoci-clo, tornava a casa con Marco, il suo ragazzo». Così Monica Ciccalè, di Sant’Elpidio a Mare, aveva scritto a Francesco all’inizio di settembre, ri-cevendo poco dopo una risposta per lettera in cui il papa le prometteva di pregare per lei e per la famiglia, «af-finché possa avere consolazione». La notizia arriva ai giornali il 1° ottobre. Il 28 settembre Francesco chiama Gianna Chierotto, madre di Tizia-no, l’alpino di Arma di Taggia (Im-peria) ucciso in Afghanistan 11 me-si prima: «Siamo stati al telefono 10 minuti e abbiamo parlato tanto di Ti-ziano. All’udienza generale gli avevo lasciato l’album con le foto e le fra-si che Tiziano ci scriveva e sabato ne abbiamo parlato. Ho avuto la sensa-zione di non avere un papa dall’altra parte del telefono, ma un papà».

Un matrimonio fallito nel qUale ha pUre abortito

Leggendo di seguito queste no-tizie che troviamo sui giornali ogni settimana, intravvediamo l’intenzio-ne terapeutica di chi le fa. Tre fami-liari di persone morte tragicamente, un disabile, una malata grave, una detenuta con chissà quale storia, per-sone convinte di aver subito un torto mortale nella carne di un congiun-to, una donna violentata, una ragaz-za madre. Una prima idea possiamo rica-varla dal caso della ragazza madre con divorzio alle spalle, decisa a far nascere il bambino e intenzionata a battezzarlo: oltre a consolarla, che ci dice il papa? Forse lo stesso che ave-va detto, sempre nell’intervista alle riviste dei gesuiti, con questa inter-pellanza ai confessori: «Penso anche alla situazione di una donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fal-lito nel quale ha pure abortito. Poi questa donna si è risposata e ades-so è serena con cinque figli. L’aborto le pesa enormemente ed è sinceramen-te pentita. Vorrebbe andare avanti

do, anche con la nostra predicazio-ne, ogni tipo di malattia e di ferita. A Buenos Aires ricevevo lettere di per-sone omosessuali, che sono “feriti so-ciali” perché mi dicono che sentono come la Chiesa li abbia sempre con-dannati. Ma la Chiesa non vuole fa-re questo (…). Nella vita Dio accom-pagna le persone, e noi dobbiamo ac-compagnarle a partire dalla loro con-dizione. Bisogna accompagnare con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire la cosa più giusta». Lì parlava ai confessori, ma lo Spirito soffia dove vuole.

Sceglie le più impegnative per le SUe riSpoSte

La cura è dunque – per papa Francesco – un momento dell’annun-cio. E l’annuncio un momento della cura. Ambedue dovrebbero svolgersi nell’incontro, nel colloquio, nel con-tatto anche fisico. «Io vedo con chia-rezza – dice ancora alle riviste dei ge-suiti – che la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di cu-rare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimi-tà (…). Curare le ferite, curare le fe-rite… E bisogna cominciare dal bas-so». Non tanto con i piani pastora-li, dico io, o con encicliche, o con or-ganismi specializzati, o su vasta sca-la, ma fermandoci quando scendia-mo da Gerusalemme a casa nostra, avendo compassione di chi incontria-mo mezzo morto all’uscita della me-tro, non scappando dopo aver fatto cadere una moneta su una mano te-sa. Non c’è chi non riceva richieste d’aiuto dal pianeta della disperazione e uno dice: sono troppe, come faccio a tenere conto di tutte. Il papa con le sue telefonate segnala un metodo di risposta: riceve migliaia di lettere e sceglie le più impegnative. Non fa rispondere d’ufficio ma lo fa di per-sona, esponendosi con promesse, cer-cando parole di Vangelo, mettendo l’anima per chi l’ha cercato. Vedo questo in quelle telefonate e non mi pare poco.

Luigi Accattoliwww.luigiaccattoli.it

nella vita cristiana. Che cosa fa il confessore?». Non credo che Francesco vo-glia dirci soltanto che i confessori dovranno cercare di guidare quella donna e le sue sorelle sui sentieri del-la misericordia. Ci dice di più: forse ci vuole indicare come, in mezzo a simili situazioni di peccato e di gra-zia, si possano rintracciare elementi di esemplarità evangelica, vie e segni di santità.

predicando e cUrando ogni malattia e ogni ferita

Ha usato la parola santità raccon-tando egli stesso – senza che ci fosse-ro cronache dei giornali – una telefo-nata di cura: l’ha fatto nell’incontro del 16 settembre con i parroci di Ro-ma, quando – argomentando che «la Chiesa non crolla perché oggi, come sempre, c’è tanta santità quotidiana» – ha accennato al dialogo telefonico che aveva avuto il giorno prima, do-menica 15 settembre, con una donna di Buenos Aires che gli aveva invia-to una lettera scritta su un tovagliolo di carta: «La donna, che fa le pulizie nell’aeroporto della capitale argenti-na, ha un figlio tossicodipendente e disoccupato. E lavora per lui, speran-do nel futuro del ragazzo. Questa è santità» (il racconto è nella cronaca de L’Osservatore romano del 17 set-tembre). Non sembra di stare in una pagina del Vangelo di Luca? La cura dei feriti va insieme al-la predicazione, nella veduta di pa-pa Bergoglio. Lo dice alle riviste dei gesuiti: «Dobbiamo annunciare il Vangelo su ogni strada, predicando la buona notizia del Regno e curan-

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