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AUTORI VARI

CORSO DI

SCENEGGIATURA  

EDIZIONI RANXEROX

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UNA PREMESSA

Questo ciclo di lezioni on line, del tutto gratuito, si propone di affrontare

alcune questioni speciche poco sottolineate dei manuali di sceneggiatura. Tutti gli aspiranti sceneggiatori di solito muovono dalla convinzioneche per scrivere una buona sceneggiatura si debba partire da un plotefcace o da una buona storia. Questa convinzione è in parte legittima,ma può oscurare un altro e fondamentale aspetto. Non esiste storia senzapersonaggi. Certo possono esistere storie avvincenti indipendentementedai personaggi che le vivono, ma è ingannevole pensare che si possaprescindere dalla creazione di personaggi in qualche misura autonomi

dalla storia che rappresentano e che vivono. Una storia senza personaggio con personaggi puramente funzionali allo sviluppo della storia, rischiadi risultare una storia senz’anima, meccanica, tutta governata dall’altoe secondo schemi pressati. Una storia è sempre storia di qualcuno. Ilprimo lavoro che dovrebbe essere fatto da uno sceneggiatore, di cinema,di fumetti, ma anche da un romanziere, è quello della costruzione delpersonaggio protagonista e degli altri personaggi. A questo lavoro ci

si dedica troppo poco e il risultato è che nella produzione letteraria diquesti anni pochissimi sono i “nuovi personaggi” che si sono impressiindelebilmente nella memoria dei lettori. Cominceremo dunque conuna serie di lezioni dedicate alla creazione del personaggio, pur tenendo

presente che questo lavoro è in parte diverso dal normale lavoro disceneggiatura e di scrittura. Ci sono infatti eccellenti sceneggiatori deltutto incapaci di dare vita a personaggi memorabili e al contrario ottimi

inventori di personaggi che non riescono poi a farli vivere in storie chene mettano compiutamente in luce le caratteristiche. La creazione di unpersonaggio, inoltre, non è qualcosa che si impari seguendo soltantouna tecnica. Grandi scrittori hanno partorito personaggi indimenticabilie altri molto fragili, indipendentemente dalle loro intenzioni e dal lorosforzo. Il personaggio, quando prende vita sulla carta o sullo schermo, hasempre in sé un qualcosa di imponderabile che, a contatto con il pubblico,può svilupparsi in modo imprevisto dallo stesso autore, a volte persinoopposto. Un caso celebre è quello di D’Artagnan. Molti si sono chiesti,no a farlo diventare un luogo comune, come mai “I Tre Moschettieri”

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sia stato intitolato così, quando i protagonisti sono quattro, anzi quando

il vero protagonista è l’aspirante moschettiere D’Artagnan. In realtà,basta leggere attentamente il romanzo per capire la scelta di Dumas.Per Dumas, D’Artagnan non è affatto il protagonista, ma il tramiteche ci conduce ai veri protagonisti Athos, Portos e Aramis. Dopo avermeditato sul successo del suo romanzo e della gura di D’Artagnan inparticolare, in “Vent’anni dopo” Dumas si preoccupa di chiarire a chi nonl’avesse ancora capito, che D’Artagnan non è nulla senza gli altri tre, omeglio, senza di loro, è un semplice soldataccio destinato a una carrieraabbastanza oscura e a una sconfortante mediocrità. Eppure, al di là deichiarimenti dell’autore, D’Artagnan resta per i lettori il vero protagonista.Sottolineo questo per rimarcare come nella popolarità di un personaggio

agiscano qualità che il lettore aggiunge e attribuisce indipendentementedalla volontà dell’autore, no a diventare in qualche modo co-autore. Ilpersonaggio, che in certi casi l’autore non nasconde di odiare francamente(vedi il caso di Conan Doyle per Sherlock Holmes) viene talmente amatodal lettore, diventa a tal punto oggetto di una sorta di tranfert emotivoda parte del pubblico, da assumere l’indipendenza di un glio rispettoal padre: un’altra e distinta persona, ben al di là delle intenzioni di chi

gli ha dato vita. Dunque accingendomi ad illustrare alcune tecniche dipresentazione di un personaggio-protagonista, sulla base di esempi trattidal cinema che è la principale base di riferimento di queste lezioni, trovoanche indispensabile premettere che nessuna di queste tecniche di per ségarantisce della riuscita di un lm, di un fumetto, di un’opera narrativa.Impadronirsi delle tecniche, non vuol dire affatto imparare un infallibilecodice che ci permetterebbe di controllare la risposta e le reazioni del

pubblico. Questa impostazione dirigista, frutto di un’errata sindromedel controllo, snatura ogni apprendimento tecnico. Nessuna tecnica puòessere sostituita alla creatività, nessuna tecnica può venire scambiata peruna sorta di Razionalità Superiore che produce effetti sicuri e misurabili.La tecnica è solo uno strumento, un attrezzo da usare e da trasformare nelcorso della creazione. E nessuna tecnica per quanto fondata su precedentie sperimentate tradizioni può venire considerata denitiva, né garantire unrisultato automatico. Questo lo pensano solo i funzionari televisivi ed è perquesto che si vedono poi dei programmi desolanti. 

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PER PARTECIPARE 

Non è necessario iscriversi a una membership, inviare i propri dati o altro,basta scrivere alla mail [email protected]. La prima lezione èon line dal mese di marzo 2005. La seconda da ne aprile, congiuntamenteai primi commenti e contributi scritti inviati al sito. Gli aggiornamentisaranno mensili. Per la fase d’avvio non ci daremo scadenze di tempotroppo brevi e ravvicinate, per lasciare un po’ di tempo all’iniziativa perfarsi conoscere.

Le lezioni che seguono e che saranno periodicamente pubblicate sul sito,

presenteranno degli esempi che non vanno semplicemente letti, ma visti estudiati in concreto. Quando dunque troverete indicata e sommariamentedescritta la scena di un certo lm, dovrete procurarvela e vederla più volte,in modo da coglierne anche aspetti magari non esplicitamente sottolineatinella lezione. Le vostre osservazioni e i vostri commenti saranno pubblicatie discussi in questa sede, in modo da fare di queste lezioni uno spazioaperto, di scambio e comune verica. Lo stesso avverrà per gli esercizi che

 verranno di volta in volta suggeriti. 

Inne, pur essendo questo primo ciclo dedicato alla Creazione delPersonaggio, al contrario dei normali manuali di sceneggiatura partiremodando il personaggio per già creato. Esamineremo cioè alcune tecniche dipresentazione del personaggio protagonista, tratte da lm in cui l’incipit,l’inizio, coincide con la presentazione e denizione del personaggio stesso.

Questo ci permetterà di non partire da suggerimenti astratti e generici checondizionino il percorso creativo, in genere differente per ogni autore, mada un esame concreto del risultato nale e delle principali tecniche usateper produrlo.

 A volte potrò commentare i vostri suggerimenti e i vostri spunti narrativi,ma la cosa migliore sarebbe che possiate commentarli gli uni con gli altri.Dunque se volete partecipare a questa comune verica, indicate semprela vostra mail in modo che gli altri possano, se lo credono, scrivervidirettamente e senza necessariamente passare da questo sito. Chi però

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 volesse per sua scelta di riservatezza non comunicare la propria mail sulsito, non è obbligato a farlo. Anzi, pubblicherò la vostra mail solo se lochiedete voi stessi esplicitamente. Una cosa però cui è bene vi abituiateda subito (mi riferisco in questo caso agli aspiranti sceneggiatori), è che illavoro di sceneggiatura, nel cinema, non è mai un lavoro solitario: non sololo sceneggiatore il più delle volte lavora insieme ad altri sceneggiatori, masi trova sempre a dover discutere le sue tracce con il regista, con gli attori,con i reparti, con la produzione, e dev’essere disponibile ad accoglieresuggerimenti e modiche. Questo distingue il lavoro dello sceneggiatoreda quello del normale scrittore. Un lm è un’opera collettiva, persino illm più marcatamente d’autore. Non abbiate mai paura della discussione,delle critiche, né risentitevi per dover revisionare il vostro lavoro. E’ giusto

e fondamentale che uno sceneggiatore sostenga le proprie convinzioni eresista a cambiamenti che sente sbagliati, ma un bravo sceneggiatore deveal contempo mantenere sempre una grande apertura al punto di vistaaltrui , anche quando è motivato da esigenze apparentemente “estranee”(per esempio quelle economiche, che in un lm contano moltissimo). Inquesta sede ovviamente non stiamo montando nessun lm, ma sarebbecomunque bello se questo scambio potesse servire a mettere in contatto

tra loro degli aspiranti sceneggiatori che magari in futuro potrebberolavorare insieme. Se invece siete dei semplici appassionati di cinema, noninteressati a diventare sceneggiatori, se preferite limitarvi a leggere questelezioni, oppure ad esprimere il vostro parere in forma anonima, nessunproblema. 

 A nessuno verrà rilasciato alcun tipo di attestato di partecipazione, perché

non ne abbiamo né titolo, né intenzione. Questo è solo uno spazio a vostra disposizione, nei limiti in cui intenderete usarlo. Qualche minimaregola ce la daremo man mano, la prima riguarda chi intende partecipareagli esercizi, ed è abbastanza ovvia: cercate di attenervi di volta in voltaagli esercizi proposti senza sbrodolare troppo, né prevaricare sugli altri,inviando dunque contributi sintetici e di semplice lettura. Questa non èuna chat in cui fare sfoggio di sé e replicare ad ogni piè sospinto. E’ soloun corso sui generis, informale, aperto, ma con una sua struttura denitache vi sarà chiara seguendolo. Quando da un argomento si passerà ad unaltro, cercate di non tornare sul precedente perché ciò costringerebbe chi

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segue il corso a ricominciare sempre daccapo e chi cura il sito a continuiaggiornamenti che non siamo in grado di garantire. In conclusione, perchi vuole partecipare agli esercizi: avete un mese di tempo per esplorareil modello indicato, poi passeremo al successivo. In fase d’avvio, nelasceremo passare due o tre di mesi, per permettere a chi non ha saputosubito di questo corso, di aggregarsi, poi terremo un ritmo più spedito.

Ultimo avviso: non fatevi prendere da paranoia. In altre parole, non temeteche vostri spunti o idee possano venire rapinati da altri, perché in questasede non si tratta di scrivere un lm compiuto, dal principio alla ne, madei semplici esercizi di composizione, sulla base di modelli diffusi. Nonpubblicherò qui vostri soggetti o progetti compiuti, ma suggerimenti e

commenti su lm e singole scene di lm già realizzati, oltre che vostreesercitazioni, frammenti, prove di messa in scena o semplici opinioni inmerito. Del resto, troppo spesso si pensa che una difesa oltranzista dellapropria “proprietà intellettuale” difenda l’originalità del nostro lavoro,in realtà poi si verica che lavorando ciascuno nella propria privatasegretezza, poi si nisca per scrivere tutti le stesse cose. Un atteggiamentopiù aperto, di confronto costante con gli altri, permette invece a ciascuno

di noi di poter scegliere meglio, tra tante opzioni, quella che più si adattaal nostro intimo sentire ( e all’oggetto della nostra narrazione), è cioègaranzia di maggiore originalità del nostro lavoro. Personalmente horitenuto utile pubblicare (ripeto: gratuitamente) questo corso perchéricevo molte lettere da aspiranti sceneggiatori di cinema o di fumetti,oltre che soggetti e sceneggiature spesso pieni di idee interessanti, mainevitabilmente carenti sotto il prolo delle tecniche drammaturgiche.

Sono inoltre convinto che non si smette mai di imparare a sceneggiare, checioè sia indispensabile, anche per sceneggiatori già affermati, continuarea studiare, vedendo e smontando i lm nei loro meccanismi, tutti i lm,anche quelli che non ci piacciono e che non sono in sintonia con quanto vorremmo raccontare o con il nostro stile. Sono dunque benvenuti anchei contributi di chi già lavora come sceneggiatore e sia disponibile a metterea disposizione degli altri la sua esperienza. Ogni rappresentazione è unpunto di vista. Più punti di vista siamo disponibili ad accogliere e valutarecriticamente, più ci si aprono delle possibilità narrative.

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PRIMA LEZIONE 

COME SI PRESENTA IL PROTAGONISTA (I)Quando lo sceneggiatore presenta il personaggio protagonista, si trova adover soddisfare due distinte esigenze: una è informativa. Si tratta cioè difornire al pubblico le informazioni di base utili a identicare il personaggionei suoi connotati essenziali, cioè la sua “carta d’identità”. L’altra èespressiva. La semplice lettura di una carta d’identità non basta infatti adenire le caratteristiche psicologiche di un personaggio, né il suomomento emotivo, né il suo temperamento.

 Troverete in tutti i manuali di sceneggiatura indicazioni sulla creazionepreliminare di uno schemadi denizione del personaggio, proprio sulla base del modello “cartad’identità”: età, luogo di nascita, professione, sesso, aspetto e segniparticolari. I manuali precisano immancabilmente che è bene per un autoredenire in anticipo anche altri dettagli, per esempio sulla famiglia delpersonaggio, se ha genitori ancora in vita, fratelli, gli, coniugi e altri

parenti, se ha tic o gusti particolari, quale sia il suo grado di istruzione, ilsuo curriculum vitae, le sue principali qualità/punti di forza e i suoi difetti/debolezze. Insomma tutti i dettagli utili a comprenderlo anche se poi moltidi questi dettagli non verranno affatto utilizzati nella storia. I manuali disceneggiatura però in genere trascurano di precisare e avvertire che tuttiquesti utili approfondimenti del personaggio, poi condizionerannopesantemente il lavoro dello scrittore. Umberto Eco, in una recente

intervista rilasciata a Enrico Ghezzi, ha giustamente sottolineato: “quandoio decido che il mio personaggio ha sessant’anni ed è nato a Padova, già misono in qualche modo legato. Ci saranno cose che potrà fare e altre chenon potrà fare.” Insomma: ogni caratteristica ssata a priori, da un lato ciapre un possibile scenario creativo, dall’altra ci limita ed esclude altripossibili sviluppi e scenari. Nella fase di ideazione di un personaggioquesto deve essere tenuto ben presente. In pratica, la narrazione potràessere più libera se si parte da poche denite caratteristiche, da arricchiremagari nel corso della narrazione, mentre sarà tanto più vincolata quantopiù vasta sarà la gamma di caratteristiche pressate. Inoltre l’informazione

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da dare al pubblico sul personaggio, al principio di una storia, sarà piùfacilmente sintetizzabile quanto meno sarà diffusa. In particolare nellascrittura cinematograca, la natura di un personaggio va mostrata inazione, cioè nei fatti e nei comportamenti, non è sufciente, anzi è spessostucchevole comunicarla a parole. L’informazione non deve dunque maiessere staccata dalle esigenze espressive. Non tutti i dettagli della biograadi un personaggio hanno eguale valore dal punto di vista espressivo.Bisogna scegliere quali sono i caratteri dominanti, quelli che intendiamosottolineare nel corso del racconto, e presentarli subito in modo efcace,perché possano venire riconosciuti a colpo d’occhio, senza bisogno dispiegazioni eccessive. Esamineremo mese per mese , per aggiornamentisuccessivi, alcune differenti tecniche di presentazione del personaggio

protagonista, tra le tante possibili. Per questo mese cominciamo con unatecnica classica e cioè … 

1. L’ingresso ritardato, ovvero: “ dicono di lui”. 

Questo genere di presentazione del protagonista può essere anche denito“teatrale”, in quanto l’origine è tipica del teatro e in particolare del teatro

da “capocomico”. Se guardate le commedie di De Filippo o di Govi, ingenere la scena iniziale presenta dei personaggi di contorno grazie ai quali

cominciamo a conoscere l’ambiente (la scena) e il protagonista, che èancora assente, ma al centro dei loro discorsi. Tutti parlano di lui. Quandopoi il protagonista nalmente entra in scena, salutato da un applauso, è giàal centro dell’attenzione e prima ancora che si muova e parli, il pubblico hapotuto avere delle informazioni sul suo conto e coltivare delle attese. In

questo genere di presentazione “sociale”, inoltre, si offre al pubblico unapluralità di punti di vista sul personaggio. In questo modo, i pareri su di luipossono risultare contrastanti e contraddittori. Il personaggio non vienepresentato solo per quel che è, ma anche per come è interpretato/vissutodagli altri. Alla chiarezza delle informazioni si sovrappone una zona diincertezza e di mistero: il personaggio potrebbe non essere affatto come viene dipinto dagli altri, o avere risvolti occulti. Paradossalmente, la nostracuriosità cresce quanto più diverse sono le opinioni espresse sulpersonaggio. Da un lato cominciamo a conoscere chi è, dall’altro cidomandiamo “ma chi sarà mai veramente?” 

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Uno smagliante esempio cinematograco di questa tecnica dipresentazione è nel trailer di “Citizen Kane” (Quarto Potere) di Orson Welles. Potete trovare questo trailer nei contenuti speciali di uno qualsiasidei DVD della serie RKO, disponibili in italiano. Il trailer inizia con unmicrofono che entra in campo a captare la voce di Orson Welles, il quale,dopo una rapida e vivace presentazione del cast, lascia la scena aipersonaggi di contorno, senza mai mostrare se stesso. E i comprimariesprimono tutti opinioni violentemente contrastanti sul protagonistaCharles Foster Kane, alimentando in questo modo la curiosità delpubblico.Come introduzione a questa carrellata di pareri sul protagonista, Welles ha

subito precisato: “Non so che dirvi di lui, c’è così tanto da dire…”Ed ecco le opinioni:

“Charles Foster Kane ha dato inizio alla guerra, ma se non fosse stato perlui, gli USA avrebbero il Canale di Panama?”“ E’ un comunista!” 

“ Governatore? Quando gli elettori e sua moglie sapranno cos’ho scopertosu di lui e una certa biondina, non lo eleggeranno neanche spazzino!”

“ Lo sposerò la settimana prossima. Alla Casa Bianca.” “ Certo che lo amavo. Gli ho dato 60 milioni di dollari!” 

“ Per forza lo amo. E’ l’uomo più ricco d’America.” 

“ E’ un pazzo.” 

“ E’ meraviglioso.” 

Conclude Welles, sempre fuori campo: “Signore e signori, non so cosapenserete del sig. Kane. Non ne ho idea: io ho solo recitato il suo ruolo.

Beh, Kane è un eroe. E una canaglia. Una nullità e un uomo d’oro, unformidabile amatore, un grande americano e un gran bastardo. Dipende dachi ve ne parla. Qual è la verità su Charles Foster Kane? Venite al cinema elo scoprirete da soli.” 

Da notare.1. I pareri espressi su Kane, violentemente contrapposti, sono tutti decisi.Nessuno esprime dubbi o valutazioni ambigue. Il dubbio deve restare tuttodel pubblico. L’autore non sta semplicemente usando una tecnicapubblicitaria, né sta soltanto distribuendo i ruoli tra i personaggi del lm,

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tutti deniti a seconda dell’opinione espressa su Kane, ma sta ancheafdando un ruolo al pubblico: quello di formarsi un suo proprio giudizio.2. Le opinioni su Kane vengono espresse in forme sintetiche, colorite edefcaci (non lo eleggeranno neanche spazzino, gli ho dato 60 milioni didollari). I personaggi secondari, ciascuno con la propria personalità e il suolinguaggio, parlando di Kane presentano anche se stessi e incuriosiscono aloro volta. 3. Pur nei contrastanti pareri, vengono date alcune informazioni certe:Kane si muove su uno scenario politico (vengono nominate la guerra, ilcomunismo, gli elettori, la Casa Bianca), la sua vita privata è sfoggiata inpubblico (amori, scandali, ricchezza) ma nasconde dei misteri (come sicomporta sotto sotto con sua moglie e le altre donne? Quali sono le sue

arti seduttive? Come ha fatto i soldi? ).4. La storia, nel suo sviluppo, si regge sul mistero della personalità diKane. E’ questo il suo vero motore narrativo. 

Rispetto a quanto detto in precedenza e a quanto insegnato dai manuali disceneggiatura, qui si usa come punto di forza espressivo non quantoconosciamo del personaggio, ma proprio tutto quello che non conosciamo

affatto. La tecnica capovolge la regola. Il compito dell’autore in apparenzaera quello di spiegare il protagonista, ma è stato svolto molto meglio e piùcoerentemente alla storia, non spiegandolo affatto, anzi afdando algiudizio del pubblico la valutazione nale. ( Del resto,quando la comunicazione non si preoccupa di stimolare il nostro spiritocritico e il nostro libero giudizio, ci declassa a popolo bue). 

Commento. Il lm Citizen Kane ( 1940) è stato tradotto in italiano con iltitolo Quarto Potere. Infatti il lm parla del potere della stampa. Ma diquesto tema, nel trailer, non c’è traccia. Non si fa parola del tema centraledel lm! Questo potrebbe indurre molti a pensare che il trailer è sbagliato.Non sarebbe stato più corretto informare il pubblico che il misteriosoKane è un magnate della Stampa? Come mai tra le informazioni contenutenel trailer proprio questa, così decisiva, non c’è? Anzitutto, di lm sulpotere della stampa ce ne erano già stati parecchi e scegliendo di centrare iltrailer su questo aspetto, Citizen Kane non sarebbe apparso come un lmoriginale, ma come un altro lm sulla stampa. In secondo luogo, “la

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stampa” non è una persona. E’ un tema. Centrare il trailer su un temaavrebbe voluto dire offrire al pubblico una percezione astratta, ideologica,del lm. Con la sua scelta, Welles esprime con grande efcacia che ilcentro di una rappresentazione non può essere un Tema, ma deve essereun Uomo. Il che illustra perfettamente quando dicevo al principio: unastoria senza personaggi, una storia puramente “tematica”, non ha forza.D’altra parte Welles è assolutamente onesto e veritiero nel sottolineare chesi tratta della storia di un personaggio. Il lm inizia con Kane bambino. E’una biograa, che molti interrogativi rendono inquietante. E inne (ma quisi esce dal campo delle “regole e delle tecniche di composizione” e si entranel campo della genialità pura) scegliendo di tacere al pubblicoun’informazione essenziale, Welles si comporta esattamente come la

Stampa, che proprio mentre asserisce di informare sui fatti essenziali, e alcontempo “democraticamente” propone al pubblico opinioni contrastantiin proposito, occulta contenuti fondamentali, cioè cose che peropportunità o convenienza “è meglio non si sappiano”. La comunicazionemediatica è esattamente questo. Il trailer di Welles, tacendo il contenutofondamentale del lm (il Potere della Stampa e della Comunicazione) lorivela nondimeno sotto metafora, e ne usa spudoratamente i meccanismi,

con corrosiva ironia. 

Sviluppo del modello. Ho scelto di illustrare questo modello come primotra i tanti, perché si tratta del modello più antico. Dicendo che è di origineteatrale ho implicitamente chiarito che lo si ritrova già nella tragediaclassica ( questa è la funzione del “coro”: introdurre e commentare ilcarattere del protagonista e le vicende in cui è implicato), in Shakespeare,

insomma in secoli di teatro no a giorni nostri. Va precisato che un inizioafdato al “coro” non è una semplice introduzione, ma è già di per sénarrazione: infatti ci presenta a confronto, da subito, il personaggio e ilproprio ambiente, il singolo e la collettività che ne valuta il carattere e leazioni. Se la nostra narrazione non considera centrale il rapportoindividuo-gruppo, questo tipo di inizio non è il più adatto. Tuttavia questomodello ha dato vita nel corso del tempo a molte varianti. Il fatto che sitratti di un modello antico non signica affatto che sia un modellosorpassato. L’esempio fornito dal trailer di Welles, ci mostra in modomolto preciso che dall’iniziale contesto teatrale già il modello si sposta

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 verso un modello di comunicazione che ha a che vedere con l’inchiestagiornalistica. In molti lm successivi questo legame è stato esplicitato alpunto che il modello non è stato usato soltanto come inizio utile allapresentazione del protagonista e alla sua entrata in scena, ma comestruttura dell’intero racconto. Nei lm Zelig, Lenny, Harry ti presentoSally, Man on the Moon, il modello, sotto forma di interviste“giornalistiche”, scandisce tutti i passaggi della narrazione, dal principioalla ne. Le regole base di questo modello si ritrovano anche in lm chenon contengono riferimenti esplicitamente teatrali, né giornalistici.Prendiamo ad esempio il recente La maledizione della Prima Luna di Gore Verbinski. Il titolo originale del lm è Pirates of the Caribbean (Pirati deiCaraibi) e gli sceneggiatori Ted Elliot e Terry Rossio si preoccupano subito

di destare la curiosità del pubblico su questo protagonista collettivo: ipirati. Nella scena d’apertura, vediamo un grande vascello che fende lanebbia. A prua, una bambina scruta il mare. Il lm, prodotto dalla Disney,si rivolge anche a un pubblico infantile e in questa bimba che cerca diorientarsi nella nebbia, curiosa di veder apparire qualcosa , gli spettatoripiù giovani possono immediatamente identicarsi. A bordo, il “coro” ( ilcapitano del vascello, il nostromo, il padre della bambina) discute di pirati:

c’è chi li vorrebbe impiccare, c’è chi li teme per le loro gesta feroci, c’è chicerca di smussare i toni (il padre della bimba) per non impressionaretroppo la piccola. Lei, candidamente, esprime un’opinione contrastante: vorrebbe incontrarli, questi famosi pirati che hanno acceso la suaimmaginazione. Ora la corrente trascina un ombrellino bianco, simbolo dicandore, e poi dalla nebbia appare un giovane naufrago, anche lui unragazzino, esanime sul rottame di una nave. Quando la nebbia si apre, ci

appare un altro vascello in amme e la supercie del mare disseminata dirottami. Non si tratta più di semplici discorsi sui pirati, ma delladimostrazione visiva, concreta, di quello che i pirati, ancora invisibili,possono fare. Anche qui c’è chi cerca di smussare: potrebbe essersi trattatodi un semplice incidente, ma è ormai chiaro che questa spiegazione è soloun patetico tentativo di tranquillizzare. Il naufrago viene portato a bordo eafdato alla vigilanza della bambina, che ha all’incirca la stessa età. Labimba scopre al collo del ragazzo un medaglione con efgiato il teschiosimbolo della pirateria. Dunque quel ragazzo non è una vittima, ma unpirata! Sarebbero quelli i terribili corridori del mare? Dei ragazzini? La

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bimba decide di proteggerlo e nasconde il medaglione.Insomma: vediamo qui in azione il nostro modello di riferimento, in tutti idettagli: 1. Si esprimono opinioni contrastanti sui pirati, 2. Le opinionisono espresse in un linguaggio vivace e inequivocabile e ci permettono dicapire il diverso atteggiamento e le diverse caratteristiche dei singolipersonaggi del coro; 3. Ne ricaviamo alcune informazioni certe: il mare èbattuto dai pirati, c’è una grave emergenza in corso, l’atmosfera è gravidadi attesa e pericolo, ma tutto è immerso nel mistero, inclusa l’identità delgiovanissimo naufrago che potrebbe essere vittima o aggressore; 4. Ilmotore della storia è il mistero circa l’identità dei pirati: sono creaturedemoniache, affascinanti avventurieri o cos’altro? E cosa rappresentadavvero il misterioso medaglione, al contempo rafnato esteticamente e

intimidatorio con quel teschio che vi campeggia al centro?In conclusione: un modello antico non è necessariamente un modellosuperato. Difdate di chi sostiene che le forme di rappresentazioneereditate dal passato sono “vecchie” e come tali da abbandonare. Si trattainvece di archetipi, di fondamenti della rappresentazione, di cui unosceneggiatore deve avere consapevolezza, imparando a svilupparli e adadattarli di volta in volta alle proprie esigenze di racconto.

Esercizio. Cercate altri esempi cinematograci di questa tecnica dipresentazione del personaggio ed esploratene le varianti. Provate poi suqueste basi a scrivere un inizio di storia, sempre con presentazione delprotagonista da parte degli altri personaggi e ingresso ritardato del

protagonista stesso, ma in diverse versioni, indicando tra le possibili varianti quale risulti per voi la più efcace. Considerate anche casi in cui il

modello è applicato male ed evidenziatene gli errori. Nella ricerca deimateriali, non è infatti indispensabile fare riferimento a dei capolavori o adei lm ben realizzati. Jerry Lewis nella sua scuola di cinema, usa dipreferenza lm decisamente brutti. Per imparare a individuare gli errori èmolto utile guardare dei lm mal riusciti. Gli errori degli altri ci abituano ariconoscere più facilmente i nostri. Cercate però di non citare lm tropposconosciuti o introvabili per non mettere in difcoltà chi leggerà i vostriesempi.

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SECONDA LEZIONE: COME SI PRESENTA IL PROTAGONISTA 

Nella precedente lezione abbiamo visto il protagonista presentato dal“coro”. Qui esamineremo il modello opposto. Il protagonista appare perprimo ed è lui a condurci alla scoperta degli altri personaggi. Questogenere di approccio non esclude affatto la rappresentazione dell’ambientesociale, ma attribuisce all’individuo e alla sua psicologia un ruolo da subitopiù autonomo e centrale. Non è attraverso l’ambiente sociale checomprendiamo e giudichiamo l’individuo, ma è attraverso un individuoesemplare che comprendiamo e giudichiamo la società.

Porre al centro del racconto una biograa, in cinema, non signicanecessariamente raccontare l’intera vita di un personaggio (come in CitizenKane). Può bastare la narrazione di un momento del tutto particolare della vita del protagonista, un momento unico che tuttavia ce ne illumina i trattipsicologici fondamentali. Non ci interessa, in questo caso, sapere qualisiano state le esperienze infantili del personaggio, né come egli sviluppi econcluda la propria esistenza. La morte del protagonista può anche essere

raccontata, se necessaria al disegno compiuto della sua personalità, ma leconclusioni possono essere molte e diverse: aperte verso nuovi e possibilisviluppi, chiuse come un cerchio che torna su se stesso riaffermando unasorta di permanente “stato dell’anima” di cui il personaggio è e restaprigioniero, oppure chiuse in quanto destinate a non ripetersi perché“superate”. Lo stesso vale per la nascita o l’infanzia . Si possonoraccontare se sono fondamentali per comprendere la genesi del carattere

del protagonista, le contraddizioni della sua attuale condizione sociale epsicologica, ma possono anche venire considerate per “date” e implicite,soprattutto se il ritratto psicologico del protagonista non è di tipopsicoanalitico classico, ma comportamentale. Sta all’autore, insomma,scegliere il percorso. Qui ci limiteremo ad esaminare come si presenta ilprotagonista da subito e “in azione” e come si possa, a partire da lui,incontrare il suo ambiente e gli altri personaggi. Presenterò due esempitratti da Il Laureato (The Guaduate, 1967) di Mike Nichols, con DustinHoffman, e da Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli , conStefania Sandrelli. 

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2. A partire dal protagonista.

 A) Il Laureato (The Guaduate, 1967) di Mike Nichols, con DustinHoffman. Sceneggiatura di Calder Willingham e Buck Henry , tratta dalromanzo di Charles Webb.

I dati di partenza su cui si trovano a lavorare gli sceneggiatori sono questi:Benjamin Braddock ha appena concluso i suoi studi in un college dell’Este torna all’ovest ( a Los Angeles). Il suo periodo di formazione è concluso.Si trova a dover decidere cosa fare della sua vita. E’ confuso, smarrito.

1. Il lm inizia da un primo piano di Ben in aereo. Le prime informazionice le da l’altoparlante di bordo. Signore e signori, stiamo iniziando il nostroatterraggio su Los Angeles (…) dopo quattro ore e mezzo di volo.L’informazione è voce di fondo. La macchina da presa (MDP) restaconcentrata sul volto di Ben, sguardo nel vuoto, un’espressione insiemetesa e assente, che il giovane protagonista mantiene anche dopol’atterraggio, quando lo vediamo (sui titoli di testa) camminare da fermo,

trasportato dal tapis roulant dell’aeroporto, come un sonnambulo.

2. Ritroviamo , sempre in PP, il protagonista a casa, in camera sua, con lostesso sguardo nel vuoto e un acquario alle spalle. Suo padre lo raggiunge,ma la MDP resta su Ben. Il padre lo vediamo entrare in campo, ma non glisottrae neppure per un secondo l’attenzione del pubblico.

Padre: Ehi, ma che fai? Gli ospiti sono tutti giù, Ben. Sono impazienti di vederti.Ben: Senti, puoi dire che ho bisogno di restare solo, per un po’.Padre: Ma sono tutti i nostri amici più cari. Non ti hanno più visto daquando sei nato. Cosa c’è, Ben?Ben: Sono un po’… 

Padre: Preoccupato? Ben: Beh… 

Padre: Per che cosa? Ben: Forse per il mio avvenire. 

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Padre: In che senso?Ben: Non lo so. Io vorrei che fosse… 

Padre: Che fosse come?Ben: Diverso.

Entra la madre di cui udiamo la voce fuori campo e che sollecita il glio ascendere e a mostrarsi agli amici di famiglia.

3. Ben è sceso in salotto. La MDP continua a non staccare mai da lui e dalsuo volto. Gli altri personaggi che gli si affollano intorno sono apparizionifugaci che lo salutano o ne commentano il passaggio con chiacchiere dicircostanza. Apprendiamo da queste chiacchiere che Ben ha superato l’età

dei primi amoretti (cioè che presto dovrà farsi una famiglia) che per lalaurea gli è stata regalata un’Alfa Romeo (il che rimarca anche il benesseredella sua famiglia), che ha vinto un premio accademico, e altreinformazioni che hanno la stessa impersonale distanza delle comunicazionidell’altoparlante all’aeroporto: è stato capitano della squadra di corsacampestre, capo del circolo dei dibattiti, condirettore e poi direttore delgiornale del college. In sostanza, un ottimo studente, che riceve

l’approvazione piena del suo ambiente sociale, riunito a festeggiarlo. Malui, per quanto cortesemente, sfugge. Un amico di famiglia lo prende daparte e gli dà un consiglio per il suo avvenire, che suona come unammonimento: Voglio dirti una parola sola, solo una parola. Mi ascolti?Plastica! L’avvenire del mondo è nella plastica. Tra le tante presenze, nenotiamo bene soltanto una. Una signora elegante che siede in disparte, abere e fumare , e tiene d’occhio Ben, consapevole del suo disagio (la

signora Robinson). Ben si rifugia di nuovo in camera sua, ad osservarel’acquario. La porta si apre e la signora Robinson fa il suo ingresso, sicuradi sé, invadente, ma come lui estranea e diversa rispetto all’ambienteconvenzionale del salotto.Da notare.1. La prima immagine del protagonista è in aereo, sguardo nel vuoto. Maquell’espressione non è occasionale, frutto del jet lag o dell’ansiadell’atterraggio. E’ lo stato d’animo che, senza bisogno di parole, già citestimonia la condizione del protagonista. Si potrà osservare che questogenere di scelta ( seguire il protagonista n dal principio in PP,

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concentrando su di lui e sul suo volto tutta l’attenzione del pubblico)attiene alla regia, non al lavoro dello sceneggiatore, ma in questo caso nonè affatto così. Questa stessa espressione assente tornerà diverse volte nelcorso del lm e aforerà di nuovo nel nale. E’ il marchio distintivo, nonsolo dello stato d’animo, ma del carattere del protagonista. E’ insommauna scelta narrativa.

2. Per maggiore chiarezza, quanto ci era stato espresso in modo puramente visivo, viene poi chiarito nel dialogo con il padre. Il protagonista,sollecitato, spiega di sentirsi confuso, e in sostanza “diverso”. Non èsoltanto il contenuto del discorso a illuminarci sullo stato confusionale delprotagonista, ma anche la forma smozzicata, incerta, delle sue risposte al

padre. Però da tanta incertezza, nasce una risposta chiara, unadichiarazione esplicita. In una sola parola: diverso.

3. Le voci del “coro” , a contrasto, oltre a offrirci nuove informazioni sulprotagonista, ne danno un giudizio positivo, carico di soddisfazione e diattese, ma l’imbarazzo di Ben conferma, nei fatti, il suo senso di estraneitàrispetto all’ambiente. Da cosa è diverso? Dalla plastica (anche qui: una sola

parola, a compendiare le attese conformiste che gli altri ripongono in lui).Il nostro protagonista non vuole fare il protagonista, riuta il suo ruolo.Eppure la MDP continua a seguire lui. Il protagonismo di Ben sta nellasua riluttanza ad assumere il ruolo assegnatogli socialmente. Nel suoatteggiamento, si riconferma diverso. La lunga sequenza si chiudecircolarmente, riportandolo nella sua stanza di fronte all’acquario. Edall’irruzione della signora Robinson, nasce la prima e decisiva svolta del

racconto.

Commento - Nel ritratto cinematograco del protagonista, i fatti, icomportamenti, le azioni o le non-azioni (ciò che si vede) precedono lespiegazioni verbali, e poi le seguono, per correggerle o rafforzarle. Ilracconto cinematograco mostra prima di spiegare a parole. E’ raccontoper immagini. Non dimenticate mai che il cinema nasce muto. Non è laparola , il linguaggio verbale a occupare (come alla radio, o come ancor piùin letteratura) il centro della comunicazione, ma quello che si vede e chedecidiamo di far vedere. Quando dunque volete presentare da subito, n

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dalla prima inquadratura, il protagonista, ricordate di metterlo in unasituazione/condizione che ci faccia da subito (senza bisogno di parole)capire non solo chi è sicamente, ma come si sente, e qual è il segnodistintivo del suo carattere. Questa situazione dev’essere chiara edesemplare. Una metafora, se volete (l’aereo che sta atterrando, lostordimento del “ritorno a casa”) ma mostrata concretamente. Figuratevila scena mentalmente, proiettatevela. Non pensate che questo sia il lavorodel regista. Il regista potrà scegliere una diversa messa in scena, ma è beneche pur senza scendere in dettagli di movimenti di macchina e in minuziestilistiche, lo sceneggiatore non perda comunque mai il focus del racconto:ciò che ne deve occupare, visivamente, il centro.Per differenza. Quanti lm iniziano con una panoramica della città in cui si

svolge la vicenda? Con un aereo che atterra, prima di vedere in azione ilprotagonista? Questa sorta di inquadratura di codice, che ci informa sulluogo in cui si svolge la vicenda, o ci offre un puro prologo visivo su cuimagari appoggiare i titoli di testa, non è di alcun rilievo in una storiapsicologica che intende concentrarsi sul vissuto del protagonista e porrelui al centro della vicenda. Possiamo informare il pubblico circa il “dove”in altro modo, non mostrando il luogo, ma facendolo capire da voci di

fondo.E ancora: quanti sceneggiatori avrebbero resistito alla tentazione dimostrarci il Laureato al College, vedendolo nel contesto dei suoi amici perpoi sottolineare la differenza tra lui e il contesto famigliare? Opresentandolo magari impacciato nel ricevere la laurea in toga? Ma questopassaggio è superuo se l’oggetto della nostra narrazione non è ladifferenza tra la vita studentesca e quella famigliare, ma il difcile

inserimento sociale di un giovane alle prese con i propri dubbi e con ipropri problemi di ingresso nel mondo degli adulti. Non cominciate maiun lm con una premessa che esce dall’oggetto della narrazione.Centratelo subito, senza indugi. Si parte dalla situazione in corso, in atto. Ela situazione, in questo caso, coincide con la presentazione del

protagonista e del suo carattere. Non basta che il protagonista entri inscena. Come ci entra? Come ci appare? In che momento? In qualecondizione psicologica? Questo è il punto. Noi dobbiamo coglierlo edesprimerlo gurativamente. Ne stiamo dipingendo il ritratto. Non bisognadisperdersi in dettagli estranei a questo scopo.

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B) Io la conoscevo bene (1965) di Antonio Pietrangeli , con StefaniaSandrelli. Soggetto e sceneggiatura di Antonio Pietrangeli, RuggeroMaccari, Ettore Scola.

Per quanto questo lm non sia tratto da un romanzo, è esplicital’intenzione degli autori di voler raccontare una Madame Bovary degli anni60. Invece di una vita “da romanzo”, Adriana, la nostra, illetterataprotagonista, sogna una vita “da cinema”. E’ una bellissima ragazza,candida e un po’ svanita, che non considera il suo corpo, costantementeoggetto di mire maschili, come un qualcosa da esibire con erezza o su cuispeculare, ma come una sorta di dotazione naturale, vissuta senza malizia

alcuna, anzi con indolenza. Il suo sogno è quello di uscire da una vita durae ingrata, meschina, di cui pure non si lamenta, per diventare una presenzasullo schermo. 

1. Il lm inizia con la panoramica di una spiaggia desolata. Ombrellonichiusi, cartacce disseminate, brutte case sul fondo, sabbia grigia. Lapanoramica si conclude su Adriana stesa a prendere il sole, in solitudine.Dai piedi, la MDP sale al suo costume da bagno, alla sua schiena nuda, alsuo volto, con gli occhi chiusi, di ragazza assopita e inerte. Non èchiaramente lì per esibirsi visto che è sola. E’ innocente nel suo mostrarsi.Il programma musicale di canzonette che risuona dalla sua radio atransistor è terminato. Una mosca sembra svegliare Adriana che laallontana con un sofo, senza un gesto, e resta ad occhi chiusi. Si ode ilsegnale orario. Ore 15.30. Adriana continua a restarsene semi assopita.Cominciano le notizie del giornale radio. Importanti avvenimenti politici.

Subito Adriana si alza, raccoglie le sue cose e se ne va. Pochi passi di corsasugli zoccoli e già si ritrova in una periferia di palazzoni, strade assolate esemideserte. Si ferma a un baracchino di bomboloni, il cui maturo gestoresonnecchia. Si fa allacciare da lui il reggiseno.

 Adriana: Presto, capitano, che sennò faccio tardi. 

Capitano: Chi c’ha fretta, vada piano.

 Adriana: Grazie, capitano.

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 Altra corsetta zoccolando. Un uomo sta bagnando la strada con unapompa di gomma. Adriana lo chiama per nome, si fa annafare pertogliersi la sabbia di dosso. Lo ringrazia. Corre ad alzare la saracinesca dellabottega di un parrucchiere. Entra, corre nel retrobottega. Si togliel’accappatoio e si distende di nuovo, su un lettino. Inerte come all’inizio.

2. Stacco. Adriana al lavoro. Fa le mèches a una cliente. Fa cadere persbaglio una lozione. Ha un rapido ash. Si ricorda di un’aggressionesessuale subita passivamente sul pianerottolo di casa da parte di un uomoche nella foga, con un calcio, ha spedito una bottiglia a infrangersi suigradini. Riprende il lavoro, distratta, svanita. A ne turno, mentre ilproprietario della bottega entra in negozio per controllare l’incasso,

 Adriana è ancora sul lettuccio del retro a leggere, o più esattamente asfogliare, un fumetto di quart’ordine (Demoniak). L’uomo, più che maturo,sprovvisto del minimo fascino, le si siede accanto e le accarezza le gambeparlando d’altro. Lei continua a leggere.

Proprietario: E lascia perdere sto libro!

Si china su di lei.

 Adriana: Ma non potrebbe essere più gentile?

Però lascia fare, rassegnata, indolente.

3. Stacco. Adriana si vede in compagnia di Vittorio Gassman. Si vede sullo

schermo accanto a lui. E’ una sua proiezione nella proiezione. La sera,infatti, Adriana fa la maschera in un cinema. Scambia qualche piccolachiacchiera con una sua collega. Accompagna un cliente al suo posto enemmeno si accorge che lui si stanca di seguirla e va a sedersi per contosuo.

Da notare- Rispetto al Laureato, qui non ci sono parole che confermano ospiegano fatti o circostanze inerenti al personaggio. Il personaggiocompare e dal suo atteggiamento, dai suoi piccoli comportamenti,comprendiamo chi è. Un ritratto indubbiamente difcilissimo da rendere

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perché ricco di sottili sfumature, e che in questo caso non può avvalersidella parola per spiegarsi, perché di “parole” Adriana non ne ha adisposizione. Non è un’intellettuale: ignora il giornale radio, vive dicanzoni, di fumetti ordinari e di sogni cinematograci, porta in giro ilproprio corpo rassegnata alla libidine maschile. E’ abituata a cancellare iricordi spiacevoli che riaforano alla sua mente. Subisce. Chiede solo unpo’ di gentilezza. La stessa semplice gentilezza che caratterizza la suaingenua disinvoltura e familiarità nei rapporti umani.Con molta maggiore radicalità del precedente esempio e con un compitoestremamente più difcile ( rafgurare la psicologia di un personaggioapparentemente sereno eppure tragico, come viene compiutamenterivelato dal suo suicidio nale, superciale ed estremamente sensibile,

sospeso tra speranza e rassegnazione, protagonista e vittima, indipendentee succube dell’ambiente) Adriana viene raccontata mostrandola, non inazioni clamorose, ma per minimi dettagli di vita, senza che mai il raccontoperda di presa diventando insignicante o noioso. Anche qui, il momento iniziale ( l’inerzia dell’abbandono del suo corpo alsole su una spiaggia marginale e disastrata) è già un compiuto ritratto delpersonaggio, non mera premessa a un racconto che verrà dopo. E l’inizio è

anche un insospettabile preannuncio, a violento contrasto, della ne. Giaceinerte sulla sabbia e giacerà sull’asfalto dopo esserci gettata dalla nestra.Ci siamo limitati alla presentazione del personaggio, ma il lm è dastudiare tutto per vedere con quale mirabile uidità vengono, attraverso Adriana, presentati gli altri personaggi, tutti maschili, che le si affollanointorno. Il coro maschile non darà mai giudizi su di lei come “persona”,tutti potranno dire, un domani “Io la conoscevo bene”, ma nessuno ha

fatto il minimo sforzo per conoscerla veramente, e chi forse avrebbepotuto farlo, è passato quasi inosservato agli occhi di Adriana,permanentemente sognanti un “altrove” che non esiste, se non inimmagine, un altrove “fantasma”.

Commento- I grandi personaggi vivono dal loro primo apparire. Non soloquelli che rappresentano uno “stato dell’animo”, ma anche quelli chehanno una pura evidenza simbolica. Tarzan è un uomo bianco, nudo, che

compare su un albero e ulula come un animale. E’ già tutto in questa primaimmagine. Dracula appare in un castello in rovina, come un’ombrainquietante che emerge dai secoli. Non c’è alcun bisogno di raccontarne

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l’origine. Se si vuole, lo si può fare, e lo si è fatto. Ma al pubblicocinematograco, a noi, non importa nulla di Lord Greystoke, o dellebattaglie del principe valacco Vlad Drakul. Ci basta vederli apparire perchéessi esistano senza vita precedente e ci parlino senza parole. La loro primainquadratura è già fondamentale, è già una rivelazione. Una presentazionequalsiasi, sciatta, non evidente di per sé, è una presentazione mal pensata emal scritta, in genere rivelatrice solo del fatto che noi stessi che scriviamonon abbiamo ancora chiaro chi sia il nostro personaggio. Non lasciamociossessionare da tutti i dettagli biograci, dalla “carta d’identità” cheabbiamo stilato di lui prima di cominciare a raccontarlo, nonpreoccupiamoci di fornire subito al pubblico una massa di informazionisul suo conto. Concentriamoci sul suo ritratto e cerchiamo di renderlo

espressivo sin dal primo momento.Ma in pratica, come possiamo descrivere questa prima apparizione delpersonaggio? Così come uno sceneggiatore può pensare (a torto) che la“messa in scena” sia compito esclusivo del regista, può anche pensare chela caratterizzazione psicologica, i gesti e le azioni più normali e quotidiani,siano dominio e competenza degli attori e che sia superuo sottolinearli.Non è così, perché è anche dalle azioni minime che riusciamo a

comprendere e far comprendere un personaggio. Questo però nonsignica affatto inzeppare la sceneggiatura di indicazioni. Può chiarirequesto punto un altro esempio (tratto dalla sceneggiatura del lm WhiteHeat del 1948/49 , lm di Raoul Walsh con James Cagney). Glisceneggiatori descrivono così il personaggio femminile di Verna, al suoprimo apparire: Verna si muove dal letto alla porta, serrandosi la vestagliaalla vita. Il suo volto è bellissimo, algido come la neve. La losoa di Verna

è semplice: e io cosa ci guadagno?Come potete vedere, non è necessario che lo sceneggiatore, nello script, sidiffonda in lunga descrizione della psicologia del personaggio e in un

pignolo elenco di gesti, anzi la sua presentazione dev’essere sintetica eccante esattamente come la presentazione visiva e centrare subito ilpunto. Il regista poi, nel lm, sceglierà di rappresentare Verna ancoradistesa a letto, per sottolineare meglio la sua natura da “bambola viziata”,ma quelle poche righe sulle caratteristiche dominanti del personaggio nehanno già dettato il ritratto, sico e psicologico.

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Esercizio- I due esempi sopra proposti (Il Laureato e Io la conoscevobene) sono quasi inarrivabili nella loro perfezione stilistica, ma se sidevono cercare dei modelli di riferimento è sempre meglio considerare ipiù impeccabili, non certo per imitarli banalmente, ma per assimilarne lalezione (e confrontandoli ad esempi meno riusciti, sarà più semplicescovare le pecche di questi ultimi).Se avete un personaggio in testa, provate a presentarlo come se dovesteraccontarlo in una sola immagine. Cercatela questa immagine iniziale eriassumetela in pochissime righe (come nell’esempio proposto da WhiteHeat). Questo esercizio potrebbe sembrare più semplice del precedente(c’è molto meno da scrivere), ma in realtà è parecchio più difcile. Potràesservi utile scrivere dapprincipio una descrizione lunga (vi aiuterà a

chiarirvi le idee), ma successivamente riducetela della metà e poi ancoradella metà, no a centrare l’essenziale, nel modo più espressivo ed efcace.

(La prossima lezione e gli altri aggiornamenti saranno on-line a nemaggio. Nella lezione prenderemo le mosse da Gilda del 1946 di Charles Vidor e Io e Annie del 1977 di Woody Allen. Nel primo esamineremo ilproblema della “voce fuori campo” , aggiunta alla presentazione visiva del

protagonista; nel secondo quello della “voce-volto” in campo, cioè delprotagonista che si presenta al pubblico direttamente, “confessandosi” allamacchina da presa. Due ulteriori gradini dell’approfondimento dellaPresentazione del Protagonista ).

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 TERZA LEZIONE 

In questa lezione si prendono in esame altri due modelli di presentazionedel protagonista, modelli molto diversi tra loro, ma che hanno unacaratteristica in comune: il protagonista è anche il narratore del lm.Questa soluzione corrisponde, in romanzo, al racconto in prima persona.I due diversi modelli sono:1. La voce fuori campo ( o Voce Off) del protagonista si sovrappone allascena, anche quando lo stesso protagonista già compare nella scena. E’ unmodello che proviene dalla narrativa e in particolare dal “noir”, dai gialli incui il protagonista (spesso un detective, ma non necessariamente)ricostruisce e racconta i fatti dopo che essi sono avvenuti. Il racconto è

dunque racconto del passato, la voce narrante è la voce della memoria: lamemoria del protagonista e la “futura memoria” di chi ascolterà il suoracconto. Billy Wilder ha usato questo modello in modo esemplare in duesuoi capolavori:La Fiamma del Peccato , in cui il protagonista-narratore siconfessa al registratore, già moribondo, e Viale del Tramonto in cui ilprotagonista-narratore è addirittura un morto, il suo racconto è dunque ilracconto di un fantasma. C’è sempre un tono di confessione drammatica,

anche quando il racconto non indulge affatto al sentimentalismo, in questoprocedimento narrativo. Usarlo fuori da questo contesto non è in linea dimassima consigliabile.2. Il protagonista parla direttamente al pubblico, in voce e in persona,guardando nella macchina da presa e presentandosi, spesso su sfondoneutro. Questo modello proviene dal teatro, dove si chiama à part. Nellacommedia dell’arte e nel teatro settecentesco derivato dalla commedia

dell’arte (vedi Marivaux o Goldoni) la rappresentazione, al principio o incorso, viene come congelata e sospesa. Il protagonista fa un passo avanti esi rivolge direttamente alla platea, a volte per rivelare propri pensierinascosti ( che devono restare nascosti agli altri personaggi) a volte perinstaurare un rapporto diretto con il pubblico, uscendo così dalla storianarrata e rivelandosi come narratore, commentatore, persino come autoredella messa in scena. Questo modello è tipico della commedia brillante. C’èinfatti un’evidente ironia nel fatto che il protagonista prenda, comenarratore, “distacco” dalla vicenda e persino da se stesso comepersonaggio. 

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Cos’hanno in comune dunque questi modelli? Il coro, che nel modello“parlano di lui” della Prima Lezione esercitava di fatto il ruolo di chiintroduce al pubblico il protagonista e riferisce le premesse indispensabili acomprendere la storia che seguirà, perde la sua coralità, non è un insiemedi voci, ma una galleria di gure distinte: “gli altri personaggi” . Non è ilcoro (la società) a narrare i fatti, ma lo stesso protagonista (l’individuo). La vicenda è tutta raccontata dal punto di vista del protagonista. L’oggettivitàdi quanto accade è dunque una ricostruzione soggettiva.Questo comporta una scelta che dominerà tutta la narrazione successiva. Ilprotagonista può raccontare solo fatti cui ha assistito personalmente o dicui è venuto direttamente a conoscenza. Dunque lo sceneggiatore non

potrà facilmente staccare su un’altra situazione, su eventi paralleli che ilprotagonista non ha vissuto e non conosce. Il protagonista sarà sempre inscena. E quando non ci sarà dovrà comunque essere al corrente di quantoè accaduto indipendentemente da lui.Il genere drammatico e quello comico si prestano particolarmente ai duediversi modelli proprio perché in entrambi il protagonista, le sueriessioni, la sua esperienza di vita, sono il vero centro della narrazione. E

la narrazione è anche racconto della sua “presa di coscienza”. Questo non signica però che ogni altro personaggio debba diventare perforza di cose secondario, anzi è vero l’opposto. Nei due lm di cuiesamineremo in breve l’inizio, ma che vi raccomando di vedere nella lorointerezza, l’esperienza del protagonista è segnata dall’incontro con unadonna (con un altro da lui, anzi una sua opposizione). Fin dal titolo èchiaro che quest’altra persona è presentata dal protagonista come la vera

protagonista della vicenda che lo ha visto coinvolto. Infatti il primo lm siintitola Gilda e il secondo, nell’originale, Annie Hall (solo nella versioneitaliana è diventato Io e Annie). Il protagonista narratore ( Glenn Ford nelprimo lm, e Woody Allen nel secondo) mentre si presentano, in realtàcedono o “simulano” di cedere la scena alla donna che drammaticamentenel primo caso, simpaticamente nel secondo, hanno travolto la loro vita.Insomma l’ego trip abbastanza inevitabile in questo genere di racconto viene opportunamente corretto da una sorta di cessione della scena“all’altra”, e l’autobiograa del protagonista è anche la storia di unacontraddizione svelata, di un cambiamento nella propria vita, di

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un’irruzione “fatale” che ha spezzato il narcisismo del protagonista ecompromesso/svelato la sua nta quanto esibita sicurezza diautosufcienza. Tutte queste implicazioni vanno tenute ben presenti, quando si sceglie diusare questi modelli.Usare la voce fuori campo come puro espediente di comodo persintetizzare certi passaggi della vicenda è una soluzione poco efcace epiuttosto misera, che può risultare fastidiosa. Si può invece benissimousare la voce fuori campo di un terzo personaggio che non è né ilprotagonista né la protagonista, ma un testimone della vicenda, una sortadi “coro” individuale . E’ la soluzione brillantemente usata da ClintEastwood, nel suo recente Million Dollar Baby.

Usare l’autopresentazione al pubblico è anche più rischioso, anzitutto se ilprotagonista non è un uomo di spettacolo o un movie maker che peresprimersi d’abitudine usa la cinepresa (o la web cam) e il proprio corpod’attore, invece della carta scritta e del semplice racconto orale. Nell’autopresentazione visiva inoltre è implicita una buona dose di spudorata“sincerità” e di esibizionismo, dunque il modello applicato a unpersonaggio che non abbia queste caratteristiche non risulterebbe

coerente, né credibile.In conclusione, questi modelli sono da usare con estrema consapevolezzae legano la narrazione molto di più di quelli presentati nelle due precedentilezioni. E va anche osservato che mentre i modelli delle prime due lezionisi possono sposare (guardate per esempio l’inizio di Lawrence d’Arabiache ci presenta il protagonista in corsa folle sulla sua motocicletta permorire subito, e poi alla sua celebrazione solenne dopo i funerali, mette in

scena il coro che “parla di lui”) i due diversi modelli presentati in questalezione molto difcilmente possono venire mescolati ad altri.

1. GILDA (1946) Soggetto di E.A.Ellington; Adattamento di Jo Elsinger;sceneggiatura di Marion Personnett ( revisionata dalla produttrice/sceneggiatrice Virginia Van Upp); regia di Charles Vidor.

- Il protagonista maschile. Johnny Farrell ci appare, scarmigliato, in un vicolo mentre gioca a dadi. Lasua voce fuori campo recita: Per me un dollaro era un dollaro in ogni

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lingua. Era la mia prima sera in Argentina e non sapevo molto degliabitanti del posto, ma conoscevo i marinai americani e sapevo che erameglio starne alla larga.” Johnny vince una bella mazzetta di dollari eprudentemente si allontana. Verrà fatto subito oggetto di un’aggressione ela affronterà con calma imperturbabile, n quando uno sconosciuto, unnuovo e misterioso personaggio destinato ad essergli amico e socio,giungerà a scacciare il ladro.

Il protagonista, un giocatore d’azzardo, ci viene subito presentato inazione. E’ un uomo che si gioca la vita a dadi. Esperto e abituato afronteggiare i rischi. In un minuto di rappresentazione, il suo ritratto è giàcompiuto.

 A rapidi stacchi vedremo Johnny passare dalle stalle alle stelle. L’uomo chelo ha salvato nel vicolo è proprietario di una lussuosa sala da gioco, nellaquale Johnny fa rapidamente carriera no a diventare braccio destro delcapo. Il suo amico si da a tal punto di lui, da lasciargli la gestione dellasala, quando è in viaggio.

- La protagonista femminile.Gilda appare dopo un quarto d’ora dall’inizio del lm. La suapresentazione non è improvvisa come quella di Johnny, ma ritardata inmodo esasperato. Il biscazziere amico di Johnny è tornato da uno dei suoi viaggi e Johnny lo va a trovare. C’è un’altra presenza in casa, si senterisuonare una musica dal primo piano e una voce femminile che canta. Idue salgono le scale, attraversano una porta, sostano, in ascolto: Johnny è a

disagio come se presagisse il peggio, l’altro è ero ma anche stranamentemelliuo. Attraversano un’altra porta. Per primo, il padrone di casa: Gilda,sei presentabile? Finalmente lei entra in campo, in primo piano, sollevandola testa di scatto e gettando i lunghi capelli all’indietro. Sì. Nota la presenzadi Johnny, si fa più controllata, si tira su una spallina, ma fa la dura eaggiunge una frasetta che suona allusiva: Lo sono più del necessario. Chesignica? Ha già conosciuto Johnny? E’ stata una conoscenza intima?

Il lm è un noir. Gilda ha tutte le caratteristiche della femme fatale. Non èimportante sapere da dove viene, come e quando il biscazziere l’ha

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conosciuta, perché l’ha sposata. E’ importante vederla e coglierne ilcarattere: le piace il lusso, le piace cantare e curare il suo corpo, sa usare

no in fondo il suo fascino, non è una sentimentale o se lo è, lo nascondesotto un atteggiamento sprezzante.

Commento 

La prima cosa da segnalare è che la sceneggiatura di questo lm è statarielaborata no all’ultimo, passando da diverse mani. Intere scene sonostate aggiunte a lavorazione quasi ultimata e tra queste, due davverofondamentali: i numeri musicali di Rita Hayworth ( Put the blame on me, Amado mio). Le due canzoni illuminano un contrasto interiore del

personaggio, da un lato la sua era consapevolezza di essere “unapeccatrice” (Put the blame on me), dall’altro la sua capacità di essereun’amante appassionata e devota, quando ciò è inevitabile ( Amado mio,love me forever) . Molti dialoghi vennero corretti a lm già terminato.Questo per farvi capire che il lavoro dello sceneggiatore non è daconsiderarsi affatto concluso a copione terminato. Il lavoro dello/deglisceneggiatori è sempre suscettibile di miglioramento e accompagna il lm

no all’ultimo momento utile prima dell’edizione denitiva. Questacontinua revisione può certo seminare qualche incertezza e anche qualchelungaggine nel racconto ( intorno alla metà del lm, il racconto di Gilda sifa piuttosto confuso e certo smarrisce la brillantezza dell’inizio), ma puòanche irrobustire il lm con dei momenti che risollevano l’attenzione delpubblico, narrativamente fondamentali ed espressivamente molto intensi.Studiatevi bene le scene che intercorrono tra la presentazione di Johnny e

quella di Gilda, in particolare l’incontro di Johnny con il biscazziere (BallinMundson) dove il dialogo pare la era dell’irrealtà e dell’improbabilità,scelta di grandissimo coraggio che da un lato asseconda la rapidità,dall’altra ci introduce a un mondo e a una vicenda in cui “tutto puòaccadere”, anche se come presto capiremo, la vicenda è predestinata, i suoisviluppi “inevitabili”. E’ una storia che nasce e nisce sotto l’insegna delFato. E questo dà anche ragione della scelta iniziale, cioè del farlaraccontare dalla voce off del protagonista.Seppure entrambe fulminanti, le apparizioni del protagonista (subito incampo) e della protagonista 

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(ingresso ritardato) sono opposte e ci mettono dunque di fronte a duepersonaggi contrapposti. Il protagonismo maschile è un protagonismodella presenza costante, quello femminile è protagonista anche nella suaassenza, perché sa farsi aspettare e desiderare , e poi non delude certol’attesa, anzi la supera. E’ immagine pura, assoluta protagonistadell’inquadratura, oltre che del lm.Le prime parole dei due sono scolpite. Per me un dollaro era un dollaro inogni lingua. Johnny si presenta attraverso la sua losoa di vita. Sono piùpresentabile del necessario. Gilda non parla della sua losoa, ma del suocorpo. La sua consapevolezza è consapevolezza sica. La sua ironia è unalama a doppio taglio: parla di sé, ma è anche un messaggio rivolto aqualcuno.

2. ANNIE HALL (Io e Annie) (1977) Scritto da Woody Allen e MarshallBrickman. Regia di Woody Allen.

- Il protagonista maschile. Alvy Singer ( il personaggio interpretato da Woody Allen) parla, su fondoneutro, direttamente al pubblico, di fronte alla MDP che rimane ssa su di

lui.C’è una vecchia storiella. Due vecchiette sono ricoverate nel solitopensionato per anziani e una di loro dice: Ragazza mia, il mangiare qui fa veramente pena. E l’altra: Sì, è uno schifo, ma poi che porzioni piccole! …Beh, essenzialmente è così che io guardo alla vita: piena di solitudine, dimiserie, di sofferenze, di infelicità e disgraziatamente dura troppo poco. Ec’è 

un’altra battuta che è importante per me. E’ generalmente attribuita aGroucho Marx, ma credo dovuta all’origine al genio di Freud e che è inrelazione con l’inconscio e che recita così, parafrasandola: Non vorrei maiappartenere a nessun club che contasse tra i suoi membri uno come me…Questa è la fottuta chiave della mia vita di adulto nei confronti delledonne. Sapete, ultimamente i pensieri più strani attraversano la mia menteperché sono sui quaranta e penso di attraversare una crisi o che so, chi losa… oh, io non mi preoccupo di invecchiare, non sono di quei tipi…lo so,quassù mi si apre una piazzetta, ma peggio di questo per ora non mi èsuccesso, anzi credo che migliorerò invecchiando… il tipo virilmente

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calvo, cioè l’esatto contrario del tipo argentato distinto, ecco… e se no,nessuno dei due, divento uno di quelli che perdono i lini di bava dallabocca, vagano per i mercatini con la borsa della spesa sbraitando contro ilsocialismo… Annie e io abbiamo rotto e io ancora non riesco a farmeneuna ragione.

Il protagonista, un commediografo di successo, ma in particolare uncreatore di battute, si presenta senza bisogno di chiarire il suo mestiere,semplicemente dicendo una serie di battute. Attraverso le battute ci chiarisce la sua losoa di vita. Ci chiarisce anche ilsuo carattere autoironico, ma anche autoindulgente. La sua attitudine adivagare, la sua inclinazione alla logorrea. Ci mette parecchio ad arrivare al

punto, ma quando lo fa è deciso, chiaro e inequivocabile. Io e Annieabbiamo rotto.

Il protagonista continua la sua auto-presentazione risalendo all’infanzia (che vediamo in alcune divertenti scene esemplari), alla sua famiglia, al suoquartiere, al suo successo da adulto, al suo migliore amico, nché loritroviamo importunato all’ingresso di un cinema da qualcuno che lo

riconosce vagamente per averlo visto in TV. Dall’inizio del lm sonopassati circa 9 minuti.Il racconto è stato svolto a rapidi stacchi. Più di trent’anni sono passati inquesti nove minuti. 

- La protagonista femminile. Alvy, fuori dal cinema, era in attesa di Annie. Sopraggiunge un taxi. Lei

scende, con un abito molto anni 70, casual, curato, ma senza sfoggio dieleganza né di seduzione. Non guarda neppure in faccia Alvy.Le sue primeparole sono: Sono proprio di pessimo umore.

Il lm è una commedia. L’attesa per l’apparizione della protagonista c’è,ma è un’attesa senza mitizzazioni, quotidiana. Lei scende da un taxi. LaMDP non ce la mostra in PP, né da sola, ma a contrasto con l’ansia el’atteggiamento normalmente risentito di lui, subito spezzato da una presa

di distanza: niente discussioni, sono di pessimo umore. Come dire: unfatto mio, tu non c’entri niente. Lui non è un avventuriero, lei non è unadark lady. Sono due di noi. 

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Commento.

Nell’assoluta diversità dei due lm, divisi da trent’anni, da generi opposti,da bianco e nero e colore, avrete notato le analogie narrative. Un minutoper la presentazione di Johnny, tre per l’enfatica auto-presentazione di Alvy. Un passaggio narrativo in “riassunto” per sintetizzare il vissuto delprotagonista e portarci al vero punto focale della storia: l’apparizione diLei. Di una Lei attesa. Di una Lei che si fa attendere.Le scene “riassuntive” sono comunque, in entrambi i casi, ben lontanedalla frettolosità di una narrazione sbrigativa e puramente informativa.Sono anzi costruite, in ogni singolo stacco, come scene con un principio e

una ne. Il passato è presentato per tappe e per momenti esemplari.Il dialogo riveste una funzione essenziale. I protagonisti maschili sipresentano attraverso la loro losoa di vita. Le protagoniste femminiliattraverso la loro condizione, il loro essere nell’istante.I protagonisti maschili narrano la storia (e narcisisticamente si inscrivononella Storia) , le protagoniste femminili sono la vita, prima e al di là dellabiograa. I primi “si proiettano”, le seconde “sono” (proiettate quanto si

 vuole, ma in fondo inattingibili). I primi rievocano, le seconde vengonoevocate.Si può legittimamente obiettare a questa differenza di “ruolo”, del tuttoculturale, ma quasi sempre presentata come “naturale”, come “regola”.Non è sufciente considerare che il primo lm (Gilda) è stato scritto dadue sceneggiatrici e prodotto da una donna. I ruoli deniti sonocomunque quelli.

Si può raccontare una situazione capovolta? Dove cioè sia Lei anarrare, e Lui ad essere narrato? Naturalmente sì, ma senza smarrire laconsapevolezza di quanta attenzione anche psicologica sia necessariaper distinguere i ruoli e presentarli (nel primo quarto d’ora del lm) nelmodo più coerente. L’impresa è tale da far tremare i polsi se si considerache nessuno ha nora osato fare un remake di Gilda “dal punto di vistadi Gilda” , però Diane Keaton in Looking for Mr. Goodbar (In cerca diMr.Goodbar) qualcosa del genere lo ha fatto, e con notevole efcacia.

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Esercizio

L’esercizio che vi propongo questo mese ha lo scopo di vericare sequalcuno di voi si è preso la briga di studiare i lm n qui proposti.Dunque anche se potete continuare a mandare i vostri elaborati, questa volta consiglio di scegliere uno dei lm n qui esaminati e vederlocon attenzione, scena per scena. Rispondendo in particolare a questadomanda: a parte l’inizio del lm, quale scena del lm vi ha colpito dipiù? Descrivetela. E valutate: Cosa accade al protagonista in questa scena?Dove è collocata questa scena, a che punto del lm? Perché secondo voi èesemplare e cruciale?Il prossimo aggiornamento, ai primi di luglio. Nella prossima lezione, apartire da Taxi Driver di Martin Scorsese esamineremo il protagonista

presentato in soggettiva dello stesso protagonista, cioè attraverso ilsuo modo di vedere la realtà. L’identicazione del pubblico con ilprotagonista,viene spinta avanti al punto di farci vedere il lm con gliocchi stessi del protagonista.

QUARTA LEZIONE: IL PROTAGONISTA 

1. TAXI DRIVER. La sceneggiatura originale 

Il testo integrale e originale della sceneggiatura si può trovare in parecchisiti. Per esempio in: 

http://perso.wanadoo.fr/chabrieres/texts/taxidriver.html 

Lo sceneggiatore Paul Schrader premette alla sceneggiatura vera e propriauna citazione letteraria e una descrizione del protagonista del lm TravisBickle. 

Citazione: “La solitudine, ben lungi dall’essere un fenomeno raro ecurioso, è la condizione fondamentale ed inevitabile dell’esistenza umana.”(Thomas Wolfe) 

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Descrizione del protagonista: 

 TRAVIS BICKLE , anni 26, magro, tosto, il tipico solitario. A prima vistadi aspetto gradevole, persino attraente; saldo e tranquillo, con un sorrisodisarmante e imprevedibile che gli illumina volto. Ma dietro questo sorriso,nei suoi occhi scuri, nelle sue guance scavate, si possono leggere i segnidell’insicurezza, del vuoto e della solitudine. Sembra arrivato da una terradove fa sempre freddo e in cui la gente a stento si parla. Muove la testa,cambia espressione, ma i suoi occhi restano sempre ssi, senza il minimobattito di ciglia, a scrutare il vuoto. 

 Travis usa vagare per la New York notturna, ombra tra altre ombre

più cupe. Nessuno fa caso a lui, non ce ne sarebbe motivo, Travis siconfonde con l’ambiente. Veste in jeans, stivali da cowboy, una camicia western a quadretti, e un giaccone militare con un’ etichetta con suscritto:”Compagnia King Kong 1968-70” 

Odora di sesso: sesso malato, represso, solitario, ma sempre sesso. E’un maschio rude, energico. Guida senza meta. Solo a uno sguardo più

ravvicinato si nota ciò che a prima vista sfugge: è una molla troppocompressa, sul punto di scattare. Travis Bickle tende alla violenza, come lanotte al giorno. 

IL FILM COMINCIA ALL’ESTERNO DI UN GARAGE DI TAXI DIMANHATTAN. 

Su un’insegna consunta si legge: ENTRATA TAXI. Vetture gialle entranoed escono. E’ INVERNO , la neve è ammucchiata negli angoli, il ventoschia. 

DENTRO IL GARAGE , un’innità di taxi parcheggiati. Echeggianorumori di motori, chiacchiere di tassisti. Fumi di vapore riempiono l’aria. 

INTERNO CORRIDOIO UFFICI. Su una porta, il cartello 

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UFFICIO DEL PERSONALE 

Marvis Cab Company ( e altre indicazioni di cooperative e compagnie ditrasporto pubblico)

L’UFFICIO DEL PERSONALE è disordinato e pieno di carte. Fogliettidi appunti appiccicati a parete. Il calendario sul mese di Marzo. Lascrivania ingombra di rapporti, moduli, e una vecchia macchina da scrivere.Cogliamo la conversazione già iniziata tra il Capo Ufcio Personale e ungiovane in piedi davanti alla sua scrivania. Il giovane è Travis Bickle. Vestein jeans, stivali e giaccone militare. Fa un tiro dalla sua sigaretta senza ltro. 

Il Capo Ufcio è arrivato al lavoro già stanco. Travis è l’ennesimo che gli

tocca esaminare, ma lo sguardo intenso del giovane lo incuriosisce,strappandolo dalla noia della routine. 

CAPO UFFICIO (voce f.c.) Nessun problema con l’ufcio immigrazione? 

 TRAVIS ( voce f.c.) 

No, signore. 

CAPO UFFICIO ( voce f.c.) Ce l’hai la patente? 

 TRAVIS ( voce f.c.) Sì. 

CAPO UFFICIO 

Perché vuoi fare il tassista? 

 TRAVIS 

Di notte non riesco a dormire. 

CAPO UFFICIO 

Ci sono i cinema porno, per questo… 

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 TRAVIS 

Lo so. Ci ho già provato. 

Il Capo Ufcio si sta incuriosendo. Travis è indenibile, freddo edistaccato. Parla automaticamente, come se la bocca si muovesseindipendentemente dal pensiero. 

CAPO UFFICIO 

E allora che fai? 

 TRAVIS 

 Vado in giro. Metropolitane, autobus. Vedo cose. Ho pensato che 

potrei anche essere pagato per questo. 

CAPO UFFICIO 

Qui non abbiamo bisogno di spostati, ragazzo. 

Un ebile sorriso spunta sulle labbra di Travis.

 TRAVIS 

Lei scherza. E chi altri andrebbe in giro nel South Bronx o ad Harem di

notte? 

(continua il dialogo, alla ne del quale il capo ufcio dà a Travis unmodulo da riempire) 

 TITOLI DI TESTA –Scene di Manhattan notturna. E’ primavera. La neveè diventata fango. Una sottile pioggerella bagna una miserabile notte nelquartiere dei cinema. 

Fermiamoci qui. 

2. ANALISI DELLA SCENEGGIATURA 

Lo Sceneggiatore usa uno schema caratteristico del cinema “sociale” e i cuiparametri sono stati ssati dal giornalismo: Dove (un deposito di taxi aManhattan), Quando (Fine inverno/ Marzo/Giorno), Chi (Travis Bickle),

Cosa( Travis cerca lavoro come taxista), Perché ( soffre d’insonnia).Consuma queste informazioni in un prologo. Dopo di che, inizia il lm verso e proprio, con un salto di tempo che ci permette di vedere che Travis

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si è procurato il lavoro. La sceneggiatura tuttavia, per quanto scrupolosa ea prima vista impeccabile, non corrisponde pienamente, anzi si discostaparecchio dal ritratto del protagonista tracciato al principio dallo stessosceneggiatore. Dov’è nito l’uomo “che si confonde con l’ambiente?”. Travis non si confonde affatto, tanto che il capo ufcio del personale , chene ha viste di tutti i colori, si incuriosisce subito di lui. Dunque Travis èpresentato come “un tipo strano”, per il capo ufcio è probabilmente uno“spostato”. Al rilievo, Travis ribatte con ironia (Chi se non uno spostatoandrebbe in giro di notte nel South Bronx?). Dov’è nita la sua distanza, lasua estraneità, il suo “parlar poco”, se reagisce così prontamente? E il fattoche Travis sia “una molla compressa” , che nasconda in sé qualcosa dipatologico, una carica inespressa di violenza? Basta l’aggettivo “spostato” a

denire questo tratto del suo carattere, sul quale è costruito l’intero lm?Non è troppo debole come sottolineatura? In altre parole, lo sceneggiatoreracconta un personaggio assai diverso da quello che si riprometteva diritrarre. Nella sua descrizione iniziale, aveva rimarcato soprattutto lecaratteristiche dello sguardo di Travis. Ma di questi occhi scuri aperti sul vuoto, nello script non è rimasta traccia. Tutto è risolto in modo verbale. Travis “parla automaticamente”, poi di colpo rivela un insospettabile

spiritaccio facendo dell’ironia sui tassisti ( al momento e nel postosbagliato, dato che chiede d’essere assunto, ed è dunque quanto maiimprobabile che si metta a scherzare ribaltando sull’intera categorial’appellativo di “spostato”). Il regista Martin Scorsese, evidentementeattratto dal ritratto del protagonista offerto in premessa dallosceneggiatore, si propone di rispettarlo e di fatto riscrive la sceneggiatura.Non è un semplice lavoro di montaggio, è proprio una riscrittura che usa

uno schema di presentazione totalmente diverso. 

3. TAXI DRIVER – Il lm 

Partono subito i titoli di testa. Nessun prologo, siamo già in piena azione.Da una nuvola di vapori e di gas di scarico appare un’automobile chescivola avanti sulla strada, lenta e sinistra. Nell’auto, di Travis vediamo soloun DETTAGLIO degli occhi, scuri, dilatati, spalancati sul nulla. Attraversoil parabrezza dell’auto, bagnato di pioggia, vediamo con gli occhi di Travisil paesaggio urbano: tutto, le architetture, i personaggi, i movimenti, è

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incerto e impreciso, macchie di colore acceso, che hanno la consistenza diimmagini deliranti.Stacchiamo sull’ingresso di Travis ( di spalle) nell’ufcio del personale. Travis porge al capo ufcio il numero del suo appuntamento. Il tipo,stanco e sbrigativo, pone a Travis le domande di rito, guardandolo appena.Non è affatto attratto da lui, non gliene importa proprio niente. E’ lostesso capo ufcio a chiedere a Travis se è disposto a lavorare nel SouthBronx (il che è ben più realistico e psicologicamente credibile). Il capoufcio si scioglie un po’ e mostra interesse solo quando apprende che Travis è stato nei marines. Anche il capo ufcio ha fatto il marine e ciò glibasta per entrare in maggior condenza. E’ a questo punto che i due sipermettono qualche battuta, perché il ghiaccio è stato rotto.

 Altro importante cambiamento, il lungo dialogo della sceneggiatura èridotto della metà. Tutto è così più rapido e incalzante, perde di teatralità,non di realismo, però, anzi tutto ci appare più “vero” e credibile. 

4. COMMENTO 

 Anche la sceneggiatura più accurata e corretta può essere migliorata . Lasceneggiatura più giusta è quella che esprime meglio, n dal principio, il

carattere che volevamo dare al protagonista. Il lm vuole parlarci di comela solitudine e il vuoto esistenziale diano forma a una patologia diffusa chenel nostro personaggio sfocia nella violenza più dissennata. Questo non ètema da rimandare a dopo. Ciò dev’essere chiarito subito. Fin dalle primeimmagini dobbiamo entrare nel clima, sentire che stiamo assistendo a unlm inquietante. Entrando per un attimo nello sguardo di Travis, vedendoil mondo come lo vede lui, possiamo cogliere il suo stesso delirio. Nella

prima sequenza Scorsese inquadra di Travis soltanto ciò che gli premesottolineare: gli occhi, il suo sguardo da insonne spalancato sul nulla, ilmuoversi delle sue pupille da un lato all’altro, senza soffermarsi su nulla inparticolare. Solo dopo, in ufcio, vediamo il protagonista in PP e losentiamo parlare. Nel seguito del lm, Scorsese continua a presentarci ilpersonaggio, ricorrendo a tutte le tecniche possibili: la sua camminata ( untopos del cinema americano: il modo di muoversi e di camminare di unpersonaggio lo qualica anche più del vestito), lo vediamo a casa sua,mentre compila una sorta di diario, sentiamo la sua voce fuori campo checi chiarisce i suoi pensieri, a un certo punto verrà presentato anche con il

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“dicono di lui”. E’ una caratteristica di Scorsese quella di saper miscelarecon tecnica suprema tutti i modelli rappresentativi per offrire un ritratto atutto tondo. Ma ciascun modello di rappresentazione va piazzato al puntogiusto. Il più forte espressivamente (la soggettiva del protagonista) ndall’inizio. Gli altri dopo, a sottolineare, rimarcare, spiegare, aggiungeredettagli. Il pubblico va subito preso per la gola, senza attese. Le primeimmagini devono essere forti, dare immediatamente il senso di cosa stiamoraccontando.Non dovrebbe esservi difcile reperire copia del lm. Se leggete l’inglesestampatevi la sceneggiatura originale e confrontatela al lm realizzato inmodo da vericare i cambiamenti narrativi apportati. Questo vi sarà moltoutile a comprendere come nel passaggio dalla carta scritta alle riprese, tutto

possa e debba essere migliorato per guadagnare in credibilità ed efcacia.Spesso gli sceneggiatori (non è certo il caso di Paul Schrader) pensano dipotersi accontentare di una sorta di canovaccio che poi toccherà al registae agli attori adattare. Eppure uno scrittore di racconti o di romanzi fa lostesso lavoro che in questo caso ha fatto Scorsese: riscrive più volte lestesse pagine, sposta dei blocchi, cerca il miglior equilibrio e la miglioreefcacia espressiva. Anche uno sceneggiatore deve imparare a fare lo

stesso, non per perfezionismo ne a se stesso, ma per aderire alle propriepremesse. Insomma: scrivete una descrizione puntuale del vostroprotagonista, di ciò che lo caratterizza in profondo, e poi vericate daquesto punto di vista il vostro script chiedendovi: sono riuscito a renderequel che volevo da subito, presentando il protagonista? I modi perraccontare una scena sono quasi inniti, ma non ce ne sono molti perrispettare le nostre stesse premesse. Bisogna saper scegliere il migliore, se

possibile prima che ce lo suggerisca il regista o l’attore. E per far ciòbisogna scrivere e riscrivere, sperimentando diverse soluzioni, senza maiaccontentarci della prima, che può anche essere tecnicamente corretta, manon corrispondente alla forza dell’idea iniziale. 

5. CONCLUSIONE 

In questo primo ciclo di lezioni abbiamo analizzato quattro modelli cherappresentano ciascuno un diverso grado di avvicinamento al protagonista:1. visto attraverso gli altri ( dicono di lui); 2. visto in se stesso (protagonista in campo dalla prima inquadratura);3. Identicato con il

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narratore (voce off o voce in campo con confessione diretta al pubblico);4. Presentato dall’interno ( vedendo attraverso i suoi occhi). In tutte questepresentazioni abbiamo anche visto che il protagonista conserva un certogrado di mistero. E’ su questo mistero che si fa leva per rendere il pubblicoattento al racconto. Ora che avete un quadro generale di riferimento,tornate al vostro progetto di lm, e scegliete quale o quali modi dipresentazione si adattano meglio a quanto volete esprimere.Non dimenticate di studiare i lm che sono stati proposti nelle lezioni.Non basta leggere i brevi riassunti e le citazioni che avete trovato nellelezioni. Uno sceneggiatore deve imparare a scrivere avendo già un’idea diquale può essere il risultato nale. Confrontare il lm realizzato al progettoiniziale serve a scoprire ed evitare errori (non solo errori di sceneggiatura,

ma anche di messinscena, potendo anche accadere che la sceneggiaturaoriginale sia migliore del girato). Nel prossimo ciclo affronteremo ilproblema dei tempi narrativi, cioè di come sviluppare il racconto.Le lezioni riprenderanno a settembre. Prendetevi l’estate per fare i vostriesercizi con calma. Potrete scegliere diversi modelli o uno in particolare. Valutate soprattutto quale corrisponda meglio al ritratto che avete stilatodel vostro protagonista. A settembre torneremo sul tema del primo ciclo

affrontando, come alcuni di voi hanno chiesto, un aspetto di complementoe cioè come si delinea un protagonista nei telelm televisivi e nei serial.Cambia qualcosa rispetto a certe regole cinematograche?

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 QUINTA LEZIONE: IL PROTAGONISTA NEL SERIAL TV  

IL PROTAGONISTA NEL SERIAL TV  Lettura dal manuale di Stuart Kaminski 

Stuart Kaminski è un noto scrittore, autore di molti gialli, spessoambientati a Hollywood nel mondo del cinema e pubblicati anche in Italianel Giallo Mondatori. Ha inoltre curato i dialoghi americani di C’era una volta in America di Sergio Leone e collaborato a molti serial televisivi elm per la TV. Nel 1988 ha pubblicato, insieme a Mark Walker, un ottimomanuale per aspiranti sceneggiatori televisivi: Writing for television (DellPublishing) ricco di indicazioni e di preziosi consigli . Da questo suo

lavoro , traggo alcuni spunti che ci permetteranno da un lato di riepilogarecerte cose dette a proposito della creazione della gura del protagonista,dall’altra di esplorare la differenza tra cinema e televisione da questo puntodi vista. 

La prima indicazione prende a pugni un luogo comune e cioè che il cinematende a rappresentare degli EROI mentre la televisione preferisce come

protagonisti le PERSONE COMUNI. In realtà, sottolinea giustamenteKaminski, in televisione l’attore come “MODELLO DIRIFERIMENTO” ha più importanza della persona comune. Cosa siintende con questo? Due cose: 1. In televisione molto più che in cinema ilracconto si costruisce intorno all’attore, scelto prima ancora di mettersi ascrivere. Un Medico in Famiglia è , per fare un esempio, la serie di Banprima che la serie di Nonno Libero. Questo comporta che il personaggio

 va tagliato sulla misura dell’interprete e non viceversa. 2. Il personaggioappare come un uomo comune, ma in realtà è un uomo comune moltoparticolare, da un lato esemplare (un nonno modello, sempre per usare ilriferimento a Ban/Nonno Libero) dall’altro con caratteristiche del tuttoproprie, personalizzate al dettaglio, che lo rendono estremamente diversorispetto alla media.Per esercitarsi a forgiare un simile tipo di personaggio, Kaminski proponequesto esercizio:

- Immaginare movimenti, scene e ruoli prima di scriverli. Pensare

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situazioni qualsiasi: una donna si inla in una coda passando avanti. Cosafa il protagonista, come reagisce? Pensa alle tue possibili reazioni e perdifferenza a quelle del protagonista. 

In altre parole, l’autore deve mettersi nella situazione, pensare alle propriereazioni abituali e istintive. L’autore da questo punto di vista non è affattodiverso dalla generalità delle persone. Cosa facciamo quando siamo in codae qualcuno ci passa davanti? Il comportamento più diffuso e normale (inItalia) è questo: si fa nta di niente contenendo l’irritazione, ma basta cheuno protesti e subito ci associamo alla protesta e si cerca di respingere ilprepotente. Il nostro protagonista invece deve avere un comportamentodiverso a seconda del carattere che vogliamo attribuirgli: per esempio

potrebbe essere un furbo di tre cotte che cavalca la protesta e approttadel momento di caos per passare lui primo in la, oppure potrebbe cercaredi mediare e perdere tempo facendosi passare avanti tutti gli altri, o ancoraconvincere l’intruso che si è inlato nella coda sbagliata, eccetera…insomma il protagonista non deve avere reazioni comuni, ma distinguersidalla massa con un comportamento esemplare, in senso positivo onegativo, e in modo da suscitare simpatia in entrambi i casi. Nonno Libero,

per tornare al nostro esempio, non reagisce come la maggior parte deinonni, è un interventista dal buon cuore e tutte le sue azioni devono esseremolto signicative da questo punto di vista. Non è il solito nonno, è ilnonno che tutti sogneremmo di avere.Per denire l’azione/reazione del protagonista è anche molto importanterispettare il genere del nostro racconto. Cioè, in generale: 

- La tragedia assume che i personaggi sono superiori all’uomo comune ( ea voi ). Commedie umane , storie sentimentali e thriller presuppongonopersonaggi comuni. Commedie decisamente comiche suppongono che ilpersonaggio sia inferiore a voi. 

Il protagonista di un racconto drammatico e a forti tinte deve distaccarsidall’uomo comune, fare cose che nessun uomo comune farebbe, ancheperché non ne sarebbe capace. Il protagonista di un racconto quotidiano

che ad esempio abbia a che fare con il mondo delle professioni, devecondividere maggiormente il destino della persona comune ( e dei suoicolleghi), perché se se ne distaccasse troppo, il racconto diventerebbe

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irrealistico: non può essere, ad esempio, una persona che non ha maidelusioni d’amore, che non mostra alcuna debolezza, che non sbaglia innessun caso e i cui comportamenti siano totalmente estranei a quelli dellacategoria cui appartiene: la sua vittoria nale , se c’è, dev’essere anche una vittoria contro queste umane debolezze o contro lo standard previstoall’interno della propria professione. In una serie decisamente comica,invece, normalmente il protagonista deve apparire più fesso, più ingenuo,più pieno di difetti di noi. Questo non gli impedisce di essere un vincente, vedi il caso di Forrest Gump o per restare in campo televisivo, di Mr.Bean,di Colombo o di Monk. Naturalmente il fatto che il protagonista ci appaiacome un ritardato, va usato per sottolineare un’assoluta genialità in questoritardo: il suo essere diverso, addirittura alieno, gli conferisce qualità del

tutto eccezionali, la capacità di risolvere le emergenze in modoparadossale, impraticabile sia per un eroe che per una persona comune.Per denire a tutto tondo il protagonista, Kamisnki suggerisce di stilareuno…

- Schema biograco del personaggio. Nel cinema, la conoscenza della vitadel personaggio serve come premessa, in Tv costituisce la base costante e

lo svolgimento. 

Scheda da riempire: 

PERSONAGGIO : DATA E LUOGO DI NASCITA : FRATELLI E/O SORELLE( DATE E LUOGHI DI NASCITA) : 

GENITORI ( DATE E LUOGHI DI NASCITA ) : MADRE (provenienza sociale, genitori, fratelli e/o sorelle, livello diistruzione, esperienze): PADRE (idem): LIVELLO DI ISTRUZIONE DEL PERSONAGGIO: ESPERIENZE DI LAVORO DEL PERSONAGGIO: INDIRIZZO E OCCUPAZIONE ATTUALI DEL PERSONAGGIO: PRINCIPALI AMICI E CONOSCENTI DEL PERSONAGGIO: CASA O APPARTEMENTO DEL PERSONAGGIO (Com’è e comesembra): 

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 AMBIENTE DI LAVORO DEL PERSONAGGIO (Com’è e comesembra ): DESCRIZIONE FISICA DEL PERSONAGGIO (Inclusi altezza e peso): CHE TIPO DI MACCHINA HA IL PERSONAGGIO (se ce l’ha)? QUAL E’ IL SUO GUARDAROBA? 

NOME E INDIRIZZO DEL MEDICO, DENTISTA, AVVOCATODEL PERSONAGGIO: IL PERSONAGGIO HA PROBLEMI DI SALUTE? QUANDO E’ STATO DAL MEDICO L’’ULTIMA VOLTA EPERCHE’? 

DOVE FA LO SHOPPING IL PERSONAGGIO? ( Qualche negozio inparticolare? Pasticceria per esempio?) 

Esempi di domande da porsi. 

1. Qual è il cibo preferito del vostro personaggio? Quale cibo invece odia? 1. Qual è il suo amico o parente del cuore, il colore preferito, il posto da visitare, lo sport, il gioco, l’abbigliamento, l’autore, il lm , lo showtelevisivo, l’attore? 

2. Cosa gli piace ( o gli piaceva ) e cosa odia ( o odiava ) a scuola?3. Livello di reddito del personaggio. Dove tiene i soldi? Che se ne fa? 4. Che voce ha il personaggio? 5. Che attore o attori potrebbero interpretarlo? 

6. Il vostro personaggio dorme bene? Se sogna, che sogni fa? 

7. Rapporto del personaggio con la pulizia di casa. Come si pulisce gli abitiil personaggio? Da solo o li manda in lavanderia? 

8. Il personaggio ha un animale? L’ha mai avuto? Che tipo di animale ecosa gli è successo? 9. Il personaggio come si giudica? Quali aspetti del suo carattere apprezzae quali no? Come mai tanti dettagli? Parlando delle caratteristiche di un protagonistacinematograco, abbiamo sottolineato che una delle prime, se non laprima, è il mistero: cioè non conosciamo (il pubblico non deve conoscere)una quantità di dettagli biograci del personaggio, perché sarà il racconto,la vicenda, a farceli scoprire, illuminandoci solo riguardo a quelli che ciinteressano ai ni della vicenda. Nelle sit com e nei telelm televisivi

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invece abbiamo ore e ore a disposizione per raccontare il carattere delpersonaggio, seguiamo passo passo la sua vita quotidiana, spesso ilracconto non è altro che il diario della vita del personaggio. La casa delpersonaggio è un ambiente fondamentale, spesso l’ambiente principale,come il suo ambiente di lavoro. Le persone che incontra abitualmente,parenti, amici, colleghi sono i suoi costanti co-protagonisti. Le circostanzeche chiunque di noi attraversa nella vita, diventano altrettanti spunti perintere puntate. Ad esempio: si può incentrare un’intera puntata sul fattoche Colby abbia il mal di denti, oppure sull’improvvisa visita di un parenteimportuno, o su un problema scolastico di un glio, o sulla ricorrenza diun compleanno eccetera. In altre parole dobbiamo sapere tutto della vitadel personaggio. E dobbiamo saperlo in anticipo, non aspettare di

deciderlo volta per volta, altrimenti rischieremmo di raccontare unpersonaggio incoerente e dipendente dalle situazioni, mentre deveaccadere il contrario: le situazioni servono a mettere in luce lecaratteristiche del personaggio. In telelm tipo Ally McBeal oppure ISoprano, le singole puntate sono da un lato costruite intorno a un eventodominante, ma dall’altro fanno parte di una continuity molto serrata nellaquale tornano personaggi e ambienti delle puntate precedenti, in continua

evoluzione verso sviluppi successivi. Il racconto della vicenda della singolapuntata deve intrecciarsi con un racconto che non appartiene solo allasingola puntata, ma all’intera serie e che è in teoria innito, sembra cioèarrivare a una stretta, a una conclusione, ma ogni conclusione è soloapparente perché ingenera nuovi sviluppi e complicazioni. Anche neldialogo , non possiamo permetterci di essere semplicemente funzionali agliavvenimenti della puntata, ma dobbiamo obbligatoriamente inserire quelle

che in cinema o in letteratura sarebbero delle digressioni, ma che in unserial sono invece delle continue messe a punto delle caratteristiche delpersonaggio: per esempio possiamo vedere Tony Soprano davanti allatelevisione che commenta ( a parole o con una semplice espressione) unlm e in ciò rimarca i suoi gusti. Quello che in cinema potrebbe esseresoltanto una perdita di tempo, in un serial televisivo è invece unasottolineatura importantissima , è l’elemento che mantiene unito ilracconto.Insomma la televisione estremizza quello che abbiamo già fatto notare nelcinema: senza personaggio non c’è racconto.

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E’ il caso di aggiungere una postilla sul fumetto seriale. Intendo perfumetto seriale quello in cui le singole avventure sono costruite intorno aun eroe o personaggio protagonista , come accade in Topolino, Diabolik, iSuper Eroi, i fumetti Bonelli. Ho letto e continuo a leggere molte propostedi soggetti che giungono da lettori e aspiranti sceneggiatori per questo oquel personaggio. Il difetto fondamentale è che chi manda questi spunticrede che nell’esame della proposta da parte dei curatori della serie pesisoprattutto la valutazione della storia in sé, e dell’idea più o meno originale,più o meno geniale che è alla base del soggetto. Sbagliato. I commenti piùfrequenti sono: questa cosa Dylan Dog non la farebbe mai, quest’altra nonla direbbe mai. Insomma: non si tratta semplicemente di rispettare lecaratteristiche del personaggio per “adattarle” alla storia, ma di pensare

storie che consentano al personaggio di estrinsecare al meglio le suecaratteristiche. Il personaggio non è un pretesto per raccontare quello che vogliamo noi. Senza uno studio attento del personaggio, è impossibilescrivere un soggetto che funzioni, in quanto non basta che il soggettofunzioni di per sé, deve funzionare per il personaggio. Non dobbiamopiegare il personaggio alle nostre esigenze, ma viceversa raccontare una vicenda che consenta al personaggio di dispiegare le sue caratteristiche,

quelle che lo differenziano da un altro personaggio. E ricordare sempreche i lettori non leggono il nostro episodio, ma leggono un episodio della vita del personaggio, un episodio della serie. Persino la struttura narrativadella serie corrisponde alla natura del personaggio: una serie raccontata per

frammenti, in continuo bilico tra incubo e realtà, come Dylan Dog, è cosìperché è così il personaggio. Narrata in un altro modo, noncorrisponderebbe più al protagonista. Questo non signica che non si

possano mettere in campo delle varianti , ma questo va fatto con estremaattenzione. Bisogna sapere che sono varianti e regolarle. Si può scrivere“sopra le righe” solo se sappiamo molto bene dove passano le righe. Ilritmo narrativo di una serie è il ritmo del personaggio. Tex ad esempio haun ritmo lento. Scene lunghe, lunghi dialoghi di riepilogo o dipreparazione, scene d’azione che prendono molte pagine. Questo non èsolo il ritmo della storia, è il ritmo di Tex come personaggio. Magico ventoè invece un personaggio più inquieto: sempre in frenetico inseguimentoper impedire qualcosa di apparentemente ineluttabile, a volte assente(mentre tutti si agitano intorno, facendo una confusione d’inferno, lui

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aspetta di intervenire al momento decisivo). Dunque quello che vogliamofar accadere deve rispettare un ritmo più convulso, a stacchi rapidi, senzaindugi. Se così non fosse, non sarebbe più un’avventura di Magico Vento.Se volete scrivere una storia per Magico vento, pensate al vento: rafcheimprovvise, calma sempre interrotta, mutamenti di direzione, assenze. E’ ilpersonaggio con le sue caratteristiche a determinare lo stile del racconto,non viceversa.

SESTA LEZIONE: RUOLO E ATTEGGIAMENTO DELPERSONAGGIO 

1. La prima impressione è quella che conta 

 Analizzeremo più avanti i problemi di struttura narrativa , ma accennosubito a una questione importante che ci permetterà di approfondire iltema del protagonista. Gli studi fatti sull’attenzione da parte del pubblico,anche indipendentemente dal cinema, hanno avuto una notevoleevoluzione nel corso degli anni, ma almeno su un punto restano concordi,ed è questo: l’attenzione del pubblico è più alta all’inizio di una

rappresentazione ed è dunque all’inizio che gli sceneggiatori devonoafdarsi per sottolineare gli elementi portanti della storia, quelli insommache fondano il racconto e che devono rimanere ssati nella mente dellospettatore. Per quanto riguarda il protagonista questo signica che essodeve essere presentato in un modo che lo caratterizzi inequivocabilmenteda subito. Questo non signica affatto che poi nel corso del lm ilprotagonista non possa subire delle evoluzioni o dei cambiamenti anche

traumatici, ma va sempre tenuto presente che la prima impressione è quellache conta. Se la prima volta che vediamo apparire il nostro protagonistaquesti, per esempio, è arrabbiato e sta litigando con qualcuno, dobbiamotener conto che questa sua apparizione lo marchierà e cioè il pubblico lointerpreterà come un incazzato sempre pronto ad esplodere. La situazionedi partenza denisce il protagonista, non può essere un momentooccasionale e secondario. Quando dunque ci troviamo da sceneggiatori afare apparire il nostro protagonista dobbiamo studiare una situazione, unatteggiamento, un modo di essere che già lo presenti compiutamente nelsuo “essere”. Abbiamo, nelle precedenti lezioni, citato molti esempi in

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proposito, per esempio il personaggio di Dustin Hoffman ne Il Laureato,presentato subito con l’aria persa e confusa di un ragazzo sbalestrato che sitrova a dover affrontare qualcosa di nuovo per lui, un rientro a casa che èanche un ingresso nel mondo degli adulti, e che lo fa sentire un estraneo.Queste sono le caratteristiche fondamentali del personaggio che vogliamoraccontare, quelle che ci guideranno durante tutto l’arco della storia. ( Seancora non siete riusciti a procurarvi il lm, è appena uscito su DVD e VHS in allegato a Repubblica e L’Espresso). La storia di questopersonaggio è anche una storia di scoperta della sessualità (con la signoraRobinson prima, con sua glia poi) ma questa storia il lm la raccontaall’interno di un tema più grande , cioè l’uscita dall’adolescenza e il sensodi estraneità generazionale proprio di molti ragazzi del 68. Se il lm fosse

iniziato con Dustin Hoffman in aereo che lancia qualche occhiata furtiva alsedere della hostess, avremmo nito per raccontare un lmcompletamente diverso, cioè la storia di un giovane arrapato alle prese conle proprie timidezze. L’inizio insomma condiziona non solo il personaggio,ma tutto il senso del racconto e un inizio sbagliato può portarci fuoristrada, ma soprattutto confondere il pubblico.Riepilogando in modo più semplice quanto spiegato la volta scorsa sulla

base dei consigli di sceneggiatura di Stuart Kaminski, la prima cosa chedobbiamo fare è chiarirci il ruolo del nostro protagonista, ruolo da cuidipende l’atteggiamento che dovrà assumere.

2. Ruolo del protagonista.

Per chiarirci subito le idee ci sarà utile distinguere tra alcuni ruoli

fondamentali :a) Ruolo Attivo (o Eroe) b) Ruolo Passivo (o Seguace )c) Ruolo Reattivo (o Anti-Eroe ) 

a) Un personaggio da Ruolo Attivo è un leader, cioè un uomo o una donnache a qualsiasi età scegliamo di rappresentarlo, ha una sua natura di leadernaturale rispetto al gruppo. E’ un personaggio che coltiva dei progetti edescogita soluzioni per realizzarli. Questo genere di personaggio, che ha ilsuo scenario favorito (anche se non esclusivo) nei lm d’azione, appena

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entra occupa il centro della scena ( e dell’inquadratura). L’attore che nellastoria del cinema americano ha in qualche modo codicato questo ruolo equesto modo di apparire è James Cagney. Se recuperate qualcuno dei suoilm, vedrete che questo “essere al centro” anzi “occupare il centro dellascena” è applicato alla lettera. Cagney entra in un ambiente e subito va adisporsi al centro, sicuro di sé e dominatore, spesso inquadrato a mezzobusto e leggermente da sotto, per sottolinearne la natura , appunto,dominante. Il primo piano è più spesso dedicato a personaggi costruiti suuna psicologia sottile o misteriosi, il mezzo busto è il modo di appariredell’eroe, da Cagney allo Stallone di Rocky e Rambo . Come si puòfacilmente dedurre, il protagonista non si limita a presentarsi, non solochiarisce la propria centralità, ma si colloca anche in un preciso quadro di

“genere”. Il protagonista di un lm comico, soprattutto se è un comicoche usa molto il suo sico , cioè non puramente verbale, compare dipreferenza a gura intera ( confrontate per esempio le entrate in scena di Jerry Lewis o di Jim Carrey) cosa che gli consente di esprimersicompiutamente attraverso il suo modo di muoversi. Simili scelte diinquadratura, certo, competono più al regista che allo sceneggiatore, ma èbene che lo sceneggiatore ne sia consapevole nel costruire la scena , anche

se è intenzione sua e del regista, trasgredirle. La situazione che mettiamo inscena deve essere tale da fare cogliere immediatamente al pubblico che èentrato in scena il personaggio “centrale”, un personaggio che creagerarchia, rispetto al quale tutti gli altri hanno ruoli ben diversi: dicontorno, di supporto, di ostacolo, di antagonismo, ma comunque tuttideniti rispetto a lui. Considerate ad esempio la presentazione delpersonaggio di Charles Bronson nel lm di Sergio Leone C’era una volta il

 west. Leone non usa affatto una presentazione tradizionale alla Cagney etrasgredisce in molti modi, eppure il modello narrativo è molto preciso. Vediamo dei brutti cef in attesa in una stazioncina sperduta del west. Traloro anche volti di caratteristi molto noti agli appassionati del cinema western. E’ subito chiaro che si tratta di “cattivi” , ma il pubblico vienecondotto a pensare che siano dei cattivi fondamentali nella storia cheinizia: Leone ce li mostra uno per uno, ne riconosciamo bene i volti, in PP,ce li presenta mentre fanno azioni minutamente descritte ( uno ad esempiogioca con una mosca che lo infastidisce no a imprigionarla nella cannadella pistola) .Tutto farebbe pensare che si tratti insomma di personaggi

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fondamentali, tanto vengono caratterizzati. Insieme avvertiamo che datoche si trovano tutti in attesa, non sono dei protagonisti perché il loro ruolodipende da colui che essi aspettano, da quell’eroe ancora invisibile che saràil vero protagonista. Anche se stanno zitti, con la loro stessa attesa, ci“parlano di lui”, ce lo fanno attendere da pubblico esattamente come loattendono loro da personaggi. Arriva un treno. I personaggi si alzano,pronti a vedere spuntare l’eroe-nemico tanto atteso, che però non scendedal treno. Attesa delusa. Il treno riparte e scivola come un sipario teatraleper mostrarci dal lato opposto del binario, Charles Bronson. Dopodiché ipersonaggi che lo hanno introdotto, restano tutti uccisi sotto i suoi colpi.Leone ci sorprende perché da un lato porta all’esasperazione la nostraattesa, dall’altro smentisce le attese più prevedibili perché quelli che

avevamo considerato come cattivi fondamentali, vengono invece spazzatisubito via dall’eroe , al principio del lm. Questo ci dice anche molto sulprotagonista-eroe. Se ha eliminato così alla svelta dei professionisti, chissàa cos’altro ci farà assistere nel seguito della storia. Inoltre: se è scesodall’altro lato del treno, è un uomo che ragiona, che ha un suo piano e chesa contrastare quelli altrui. Inne, non è uomo facilmente prevedibile:sembra che tenga in mano una valigia, ma nella stessa mano ha già pronta

la pistola e la estrae in modo da sorprendere i banditi e noi stessi che nonl’avevamo notata. Più attivo di così il protagonista non potrebbe essere,anche se le sue azioni sono tutt’altro che frenetiche e la sua posizione quasistatica. E’ attivo perché la situazione non esiste senza di lui, nessun altropersonaggio potrebbe essere attivo senza di lui ( si limitano ad aspettarlo) eperché è un calcolatore, ha un progetto ed è pronto ad eseguirlofreddamente e con successo.

b) Il protagonista della nostra storia può anche non avere caratteristiche daeroe, essere un uomo della strada che nella scala gerarchica non occupa laprima posizione. Tuttavia dobbiamo subito chiarire che è lui che ciinteressa raccontare, non il suo capo. Qui bisogna fare molta attenzione: seil nostro protagonista è un subordinato, non deve però apparire come una“spalla”. Watson non potrà mai essere il protagonista. Watson esisteperché racconta Sherlock Holmes . La spalla è altra cosa dal ProtagonistaPassivo, la spalla non può esistere indipendentemente dall’Eroe . IlProtagonista Passivo invece è un uomo o una donna che, al contrario

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dell’Eroe, subisce gli eventi , a volte impara a fatica a reagire, altre voltepreferisce ignorarli richiudendosi in se stesso o sfuggendoli. Non è unuomo che fa progetti , ma che subisce e segue i progetti degli altri e cercadi adattarvisi o di scansarli. Un esempio di questo genere di personaggiopossiamo trovarlo nel ruolo di Marlon Brando nel lm Fronte del Porto diElia Kazan. E’ il membro di una banda di gangster, un ex pugile un po’rincoglionito, che non conta nulla e viene spesso preso in giro dagli altri, see quando viene considerato. Cioè tutto il contrario di un eroe. Gli autori celo presentano ai margini (letteralmente) del suo gruppo d’appartenenza,schivo, con il volto che sembra voler evitare la macchina da presa. Rispettoa un Cagney che va ad occupare il centro della scena, Brando ( e JamesDean) ci presentano un protagonista che se ne sta ai margini e che si lascia

scoprire (anche dalla macchina da presa) solo un poco per volta. Nel corsodella storia, saranno più gli eventi che la sua volontà a imporgli un ruolo“eroico”, lui non ha fatto nulla per volerlo e subisce persino questo, comeuna sorta di Calvario non accettato, ma fatale, imposto dal destino.Confrontate l’entrata in scena di Brando in Fronte del Porto e quella dellostesso Brando ne Il Selvaggio e vi sarà subito facile capire che non si trattapuramente di scelte attoriali, ma di racconto. La rappresentazione de Il

Selvaggio non potrebbe essere più classica: a mezzo busto, alla guida dellasua moto e al comando della sua banda di motociclisti. Tutt’altra cosa cioèdal suo comparire marginale, quasi inosservato, semi di spalle, all’inizio diFronte del Porto.

c) L’Anti-eroe porta alle estreme conseguenze il ruolo di Brando in Frontedel Porto. Non si tratta solo di un marginale, si tratta di un totale estraneo

al suo contesto e persino a un ruolo codicato dalla tradizione. Tutte lecaratteristiche dell’eroe in lui sono capovolte. Se un eroe è forte, lui è undebole. Se l’eroe è un modello di virtù, lui ha mille vizi. Se l’eroe sa semprecosa fare, lui è sempre in balia del momento e delle occasioni. Ciò nonsignica che non riesca a reagire, ma che le sue soluzioni dovranno essereanch’esse estranee a quelle dell’uomo comune. Saranno le reazioni diDustin Hoffman in Rain Man, di Peter Sellers in Oltre il Giardino, del giàcitato in una precedente lezione detective Monk, o di un Forrest Gump.L’immagine-simbolo di Forrest Gump ce lo presenta seduto su unapanchina. Fate attenzione, non su una sedia, ma su una panchina, cioè un

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tipo di sedile pubblico, destinato ad ospitare più persone, sul quale unuomo in solitudine già di per sé ci appare incongruo. Sembra n da questaimmagine che non siano gli altri, il coro, ad aspettare lui, ma lui adaspettare gli altri, altri che non arrivano. Ma Forrest Gump non ha neppurel’atteggiamento e l’espressione di chi soffre la propria emarginazione. Lasua panchina è anche un punto d’osservazione, il punto (pubblico) da cuiguarda il mondo e su cui si espone agli sguardi del mondo. Guarda noi e viene guardato da noi. Isolato, eppure centrale, come un eroe. Sedutoeppure attivo. Estraneo, ma disponibile a tutto ciò che può accadere. Nonè ovviamente indispensabile che un simile personaggio sia border-line,matto, autistico… abbiamo già visto ne Il Laureato che può anche trattarsidi un ragazzo qualunque, sperduto come qualunque altro ragazzo della

propria generazione, che se e quando reagisce lo fa non nel modo previstodal codice e dalle regole sociali, ma in modo creativo nel senso più letteraledel termine, cioè inventandoselo sul momento, senza riessione, népreparazione, senza cioè il calcolo caratteristico dell’Eroe. Un esempiorecente e italiano di Anti-Eroe è il protagonista del lm di PaoloSorrentino Le conseguenze dell’amore, magistralmente interpretato da Toni Servillo. Se non avete ancora visto questo lm, be’ allora l’esercizio di

questa lezione è :comprate il DVD e studiatevelo attentamente, perchésono molto rari gli esempi di cinema italiano attuale così espressivi eattenti sul piano del racconto. Un uomo isolato e silenzioso, nell’ovattatoambiente di un albergo svizzero, che attende non si sa cosa, che è lì non sisa a fare cosa, che osserva e si lascia osservare quasi avesse rinunciato a vivere. Eppure è un eroe, nel senso che all’occorrenza, sta studiare progettie strategie e portarli al successo, ancorché un successo non certo da happy

end, e che segue il suo destino senza tuttavia supporre di poterlogovernare. Uno straordinario personaggio che era difcilissimo non soloraccontare,ma presentare. Studiate come le scelte di rappresentazione e imovimenti della macchina da presa ci facciano da subito entrare in sintoniaemotiva con il personaggio. La macchina da presa gli gira intorno. E ilnostro sguardo circolare è come il suo, come lo sguardo del protagonistache si guarda lentamente intorno, non vago , ma sempre centrato su unfocus preciso: scruta le cose e le persone, cerca i dettagli e insieme se netiene fuori. 

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Nella prossima lezione cominceremo ad affrontare i problemi di strutturadel racconto, con un breve excursus sugli studi relativi all’attenzione, comeaccennato nelle prime righe di questa lezione. Ho vericato durante questoprimo ciclo che i vostri contributi ed esercizi sono stati numerosi e vivaci,potete continuare a mandarli e ora che il panorama delle opzioni narrativedovrebbe esservi più chiaro, potete anche riprendere in mano i vostri primiscritti e lavorarci di nuovo con maggiore consapevolezza. Ho notatoinvece una grande disattenzione rispetto a quanto qui più volteraccomandato e cioè lo studio dei lm. Applicarsi a leggere un lm,seguirlo nei suoi sviluppi, scoprire le soluzioni di racconto, svelarne i difettie le inadeguatezze oltre che i pregi, è fondamentale. Il miglior repertorio ditecniche e soluzioni narrative non è, né può essere un manuale, ma i lm

stessi. Se non si confronta mai ciò che abbiamo in testa con i modiespressivi altrui, difcilmente si progredisce sul piano espressivo. Il puntonon è affatto copiare (anche perché come diceva Totò: “a inventare sonocapaci tutti, è copiare che è difcile.”) ma comprendere che raccontare nonè qualcosa che appartiene semplicemente al talento e alle disposizioni più omeno naturali di un individuo, ma è un patrimonio collettivo da conoscereed esplorare. Il ruolo di chi crea e il ruolo di chi “fa la critica” sono distinti,

ma solo in un senso, cioè che chi crea deve anche imparare ad esserecritico (di se stesso oltre che degli altri) mentre un critico puòtranquillamente fare a meno di essere un artista.

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SETTIMA LEZIONE: STRUTTURA DELLA SCENEGGIATURACINEMATOGRAFICA (I) 

Premessa – Questa lezione e quella del prossimo mese saranno più lunghedelle precedenti e molto più tecniche. Vi consiglio di stamparvele e distudiarvele con calma. E’ un po’come alla scuola guida. Le lezioni cheinsegnano i componenti e il funzionamento del motore, possono venireconsiderate da chi le segue noiose e superue: “Sono qui per imparare aguidare. Insegnami i comandi e i segnali stradali da rispettare, non miinteressa come l’auto funziona in sé, nei suoi meccanismi. Se non funzionabene o se si scassa ci penserà il meccanico.” Un simile ragionamento nonpuò essere fatto da un bravo pilota che deve conoscere molto bene il

motore, anche per imparare a modicarlo sulla base delle proprie esigenze.Lo sceneggiatore oltretutto, da questo punto di vista, a differenza delregista e degli attori, come ruolo può venire avvicinato più al meccanicoche al pilota. Lo sceneggiatore è quello che mette a punto l’auto prima chequesta si metta in viaggio.

1. La curva dell’attenzione 

Durante il servizio militare ebbi occasione di assistere alla proiezione di unlmato didattico prodotto dalla NATO. Sorprendentemente, ogni tanto illmato veniva interrotto dall’apparizione di Mickey Mouse che suonava latromba per risvegliare l’attenzione assopita degli spettatori. Ci venne inseguito spiegata la teoria che stava alla base di questa “trovata”.L’attenzione del pubblico ha un ciclo di circa venti/venticinque minuti.

Parte abbastanza sostenuta e raggiunge il suo picco dopo i primi sette/dieci minuti, poi cala costantemente no a raggiungere il minimo dopo,appunto, venti/venticinque minuti. Se la lezione continua oltre questolimite, l’attenzione risale mantenendosi abbastanza costante per altri venticinque minuti, ma non raggiunge mai l’apice dei primi dieci minuti.Lo sforzo di un comunicatore, dunque, deve essere duplice: usare i primidieci minuti per ssare le informazioni fondamentali nella mente dellospettatore, e poi rallentare la caduta dell’attenzione, mantenendola alta conpiccole “scosse”, “svolte narrative” o “colpi di scena”. Dato che i militarinon vanno tanto per il sottile, il trucco escogitato ( l’apparizione divertente

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di Topolino e lo squillo improvviso di tromba) presuppone che a quelpunto l’allievo (dopo il bombardamento informativo dei primi dieciminuti) abbia ormai le palpebre semi-abbassate e stia per crollare nelsonno. E’ evidente che siccome alla base dei processi di attenzione c’è lamotivazione del soggetto, un conto è assistere per obbligo a un noiosolmato didattico, tutt’altro conto è andare al cinema, pagare il biglietto peruno spettacolo che si è scelto, e, in un ambiente raccolto che non consentemolte distrazioni, assistere a un lm che si presuppone di propriogradimento. Tuttavia la Curva dell’Attenzione è stata presa molto sul seriodagli studiosi delle tecniche di comunicazione verbale, dai pubblicitari , daiproduttori di programmi televisivi e, in misura crescente nel corso deglianni dal cinema americano, sempre più orientato all’Industria

dell’Intrattenimento, più che alla creazione artigianale/artistica .Prendiamo ad esempio un lm recente: Van Helsing di Stephen Sommers,che pare in preda a una vera ossessione di “mantenimento dell’attenzione”,cosa che si crede di ottenere con l’accumulo di scene d’azione al limitedella congestione, supportate da musiche roboanti. E’ questo per la verità,un eccesso che può facilmente portare all’effetto contrario. I vecchimaestri dell’horror sapevano bene che le punte massime di tensione si

ottenevano con il silenzio. Esagerare gli effetti visivi e acustici puòcondurre lo spettatore a una sorta di sonno ipnotico: il cervello, perdifendersi dall’aggressione,”stacca” e lo spettatore si addormenta.Supporre che l’attenzione possa essere mantenuta alta con continue eaggressive “trovate” invece che con l’interesse del racconto e una sapienteregolazione dei ritmi narrativi, è pericolosissimo per chi fa cinema. Nellescuole di sceneggiatura americane hanno però preso piede nel tempo

teorie di segmentazione di ogni istante del racconto che sempre piùrigidamente fanno riferimento agli studi sull’attenzione, prescrivendopassaggi obbligati di racconto al ne di stimolare costantemente ilpubblico. La più celebre e inuente di queste teorie è dovuta a Syd Field,lettore di sceneggiature e consulente di molte grosse major, docente dinumerosi corsi per aspiranti sceneggiatori e autore di diversi libri e manualisul tema. Ne potete trovare una puntuale spiegazione, con esercizi,nel suolibro The Screen-writer’s Workbook ( Exercises and Step-by-StepInstructions for Creating a Successful Screenplay) (Dell Publishing) , chequi di seguito analizzeremo sinteticamente e criticamente. Già n dal

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titolo, comunque, risulta molto chiaro che per Syd Field, il successo di unlm risiede in una sceneggiatura che applichi in ogni suo segmento delleprecise regole di comunicazione. 

2. Il metodo di Syd Field

a) Il modello base 

Syd Field denisce un modello base di lm: durata due ore circa diproiezione, suddivise in centoventi scene, dunque della durata media di unminuto. E un minuto di narrazione visiva corrisponde all’incirca ad unapagina di sceneggiatura. Dunque la lunghezza media di una sceneggiatura

di un lm di due ore, è di circa centoventi pagine.Nulla da eccepire, n qui. Un simile modello può venire denito “medio”ormai da molti anni, anche se il cinema delle origini conosceva una varietàmolto maggiore di format ,varietà che l’attuale produzione di lm in videosembra poter riportare in auge. Comunque, a questo modello possiamotranquillamente attenerci. Una prima istruzione si può già ricavare: i tempi narrativi di un lm sono

molto stretti e concentrati. Non dimenticate mai che dovete raccontare la vostra storia in un paio d’ore. Un lm non è un romanzo che può durarequanto pare a voi. Ogni fase del racconto deve venire sviluppata inriferimento al tempo globale della narrazione. In sostanza: evitate discrivere scene troppo lunghe. I tempi di un lm, anche del più realisticodei lm, non sono affatto “realistici”, non imitano cioè quelli della vitareale, li ricreano. Quando scrivete una scena, buttatela pure giù come vi

 viene, ma poi controllate quante pagine vi ha preso, rileggetela da capogurandovela nel suo svolgersi, recitatene i dialoghi ad alta voce,cronometrate la sua durata. Se la scena si prolunga per troppi minuti , seoccupa troppe pagine, cancellate tutto quanto è superuo concentrandovisul suo contenuto essenziale, su quel che serve veramente al racconto esulle punte espressive. Se, per esempio, tutte le volte che un personaggio viene a contatto con un ambiente, voi lo fate entrare, ci descrivete il modoin cui si presenta agli altri, ciò che fa e che dice, e poi concludete con la suauscita dall’ambiente e magari proseguite con una scena di passaggio in cuisi sposta da questo all’ambiente successivo, be’ tutto questo risulterà alla

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ne di una lentezza mortale, ammorbante per lo spettatore. Megliomostrare il nucleo dell’azione già in corso, eliminando testa e coda. Inoltreevitate, se non strettamente indispensabile, di allineare le scene con unordine prevedibile e scontato. Luis Bunuel disse: “Se alla conclusione diuna scena un personaggio dice all’altro: ci vediamo all’Hotel Ambassador,la scena successiva non può essere ambientata all’Hotel Ambassador.Dovunque, ma non lì.” Questo genere di raccordi tra scena e scenapossono essere comodi e a volte anche utili, ma se insistiti, niscono pernegare una regola fondamentale del cinema: il racconto procede a stacchi.Su questo punto torneremo in seguito.

b) Suddivisione della sceneggiatura

- I Tre Atti

Syd Field suddivide una sceneggiatura in tre momenti fondamentali, cioètre Atti. Nel Primo Atto, la presentazione del /dei protagonisti e dellasituazione (d’ambiente e di tema); nel Secondo Atto lo sviluppo, cioè ilcomplicarsi della vicenda con l’ingresso di altri personaggi e con

l’insorgere di conitti e difcoltà; nel Terzo Atto, lo scioglimento, cioè daun lato il compimento delle premesse implicite nell’inizio, dall’altro ilsuperamento delle difcoltà incontrate in senso positivo (il protagonista cela fa) o negativo ( il protagonista soccombe).Si può osservare che la divisione di un racconto in questi tre momenti, nonè specica del cinema, ma può applicarsi a molte altre forme di racconto (musicale, letterario, teatrale) . Ogni racconto, ha un inizio, uno sviluppo e

una ne. Questa è certamente una struttura fondamentale, anche sebisognerebbe aggiungere che non è affatto, al contrario di quantocomunemente si crede, l’unica forma possibile di racconto. La struttura diun racconto può essere, ad esempio, anche circolare ( nel caso in cui ilnale riproduca l’inizio) , oppure per frammenti, o anche trasgredire unordine narrativo cronologico con un prima e un poi, o ripercorrere semprela stessa vicenda, ma da diversi punti di vista, a partire dai quali la vicendanon ci appare mai come la stessa. Non è nemmeno infrequente che ilracconto resti totalmente aperto e non si concluda affatto. Tuttavia ladivisione in tre atti resta la struttura fondamentale di un racconto e specie

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in chi comincia ad affrontare i problemi della scrittura, è consigliabileattenervisi se non altro per dare un ordine alle idee e alle diverse fasi delracconto. Dunque quando pensate una storia e ne scrivete il soggetto,tenete sempre presente questa tripartizione e ssate in modo chiaro qualidebbano essere l’inizio, lo sviluppo e la conclusione. Questo primo schemanon esclude che in corso di scrittura voi poi non possiate cambiare questoprevisto a priori per le singole parti. Per molti scrittori è molto piùimportante la scrittura stessa che la programmazione, cioè per questiscrittori le linee fondamentali di una storia emergono nel concreto, mentrela storia viene scritta. E’ scrivendo che spesso vengono in mente sviluppi esvolte che a freddo non avevamo previsto. Altri scrittori invece nonriescono proprio ad andare avanti se non hanno chiaro n dal principio il

percorso complessivo degli eventi, per loro la scrittura è l’esecuzione di unprogetto. Nessuno può sostenere che sia migliore uno scrittore del primotipo o uno scrittore del secondo tipo. Questo non ha nulla a che fare conl’Oggetto Racconto, ha invece a che fare con il Soggetto Scrittore . Finchénon avete scoperto bene che tipo di scrittore siete, è saggio mantenere una via mediana e cioè: scrivete una scaletta di quanto vi proponete diraccontare, a partire dai tre momenti fondamentali ( inizio, sviluppo e

conclusione) e mettendo in ordine, all’interno dei singoli momenti, lediverse cose che prevedete debbano accadere, ma non applicate tropporigidamente questa scaletta e all’occorrenza cambiatela se dalla scritturaconcreta emergono in voi idee e spunti che vi spingono a modicare (conmaggiore o minore radicalità) il progetto originario. Tuttavia questa suddivisione in Tre Atti, come si è osservato al principio,non ci dice ancora nulla sulla specicità del racconto cinematograco e

dunque Syd Field non si limita a questa prima indicazione, spingendosioltre, nell’esame scrupoloso di ogni singolo Atto ( nella sua specicitàcinematograca) e delle diverse fasi narrative all’interno di ogni singolo Atto.Qui le indicazioni diventano estremamente minute e richiederebberotroppo spazio per essere esaminate. Mi limiterò dunque ai cennifondamentali, rinviando chi fosse interessato ad approfondire, al testosopra segnalato di Syd Field.

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- Equilibrio delle parti

 Anzitutto Syd Field ripartisce così i tempi dei tre Atti. Primo Atto , dallascena 1 alla scena 30. Secondo Atto, dalla scena 31 alla scena 90. Terzo Atto dalla scena 91, alla scena 120. Cioè nell’equilibrio generale, losviluppo (il Secondo Atto) deve occupare pari spazio al Primo e alSecondo Atto sommati. Cioè signica , come indicazione agli aspirantisceneggiatori, che la Presentazione non deve prolungarsi troppo, per nontradire l’attesa del pubblico che si entri nel cuore della vicenda vera epropria, e che la conclusione non deve essere “sbrodolata” . Anche qui,come indicazione di massima può risultare utile, ma non sta scritto danessuna parte che obbligatoriamente un racconto cinematograco debba

essere scandito così e con questi tempi. Né è obbligatorio che il raccontodebba essere per forza equilibrato nelle sue parti, questa è una scelta cheriguarda l’autore, è un fatto eminentemente stilistico che non può venireprescritto, pena la riduzione di ogni autore ad esecutore di progetti

industriali pre-formattati nei dettagli.Ora: è proprio questa seconda opzione che viene scelta da Syd Field,ilquale proseguendo nell’esame dei singoli Atti, prescrive ad esempio, nel

caso del Primo, una ulteriore tripartizione: tre momenti di dieci minuticiascuno, dedicati alla progressiva individuazione del focus narrativo, cioèdai primi dieci minuti in cui necessariamente la presentazione è piùgenerale e generica, ai secondi dieci minuti in cui si individuano conmaggiore precisione il carattere del protagonista e il tema da narrare(quello che ci interessa di più tra i tanti possibili), al terzo segmento in cuisi stringe ancora di più su un protagonista che ha ormai denito il suo

obiettivo e sul nucleo centrale della vicenda.Ma Syd Field non si ferma a questo. Prescrive ai suoi studenti di stendereuna scaletta estremamente precisa e dettagliata, al punto da suddividere la vicenda nei suoi singoli istanti, cioè tutte le cose che devono accadere, unaper una, ciascuna da appuntare su un foglietto separato e numerato. Siprescrive anche un certo numero di foglietti per ogni segmento dell’ Atto,in modo da poter assegnare un ritmo preciso e ordinato alla narrazione.Esaminerò nella prossima lezione alcune reazioni degli autori di cinema aquesto modo di intendere e di organizzare il lavoro di scrittura, qui pernon rendere troppo astratto il problema, ho cercato di sottoporre la

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indicazioni di Syd Field a una verica sperimentale, cui egli stesso invita isuoi allievi.Cioè per stabilire se queste indicazioni servano davvero a individuare ilModello Vincente di racconto, cioè la Sceneggiatura di Sicuro Successo, hoscelto abbastanza a caso quattro lm, di epoche, di stile e di genere moltodiversi tra loro, ma tutti egualmente premiati da un indubbio successo siasul piano commerciale che su quello dell’apprezzamento estetico. Hoesaminato questi lm al videoregistratore, cosa che ciascuno di voi puòfare, per vedere se effettivamente il loro modo di scandire la vicendacorrisponda allo schema tracciato da Syd Field. 

- A qualcuno piace caldo ( di Billy Wilder) 

Il lm inizia come un lm d’azione tipicamente gangsteristico:inseguimenti, sparatorie, irruzioni della polizia in bische. Dopo una decinadi minuti così, si presentano i due protagonisti (due musicisti di jazz) JackLemmon e Tony Curtis che scappano nel corso di una retata e poi cercano,invano, un altro ingaggio. Al quindicesimo minuto, apprendono che l’unicoingaggio possibile è in un’orchestra femminile. L’altra protagonista del

lm, Marilyn Monroe, compare solo al minuto 24 (in singolarecoincidenza, si può osservare, con la prevedibile essione della curvadell’attenzione. Nel caso, bastano altre curve a risollevare subito ilpubblico).Grosso modo si può affermare che questo lm non smentisce affatto ilmodello di Syd Field, anche se presenta una sua indubbia originalità peresempio presentandoci un lungo prologo d’azione, quasi che non si

trattasse affatto di una commedia, ma di un lm di gangster. Nei primidieci minuti , i veri protagonisti non ci sono neppure. Questo lm èdunque un prezioso esempio di come lo schema possa ( debba, direi) venire interpretato con la massima libertà creativa e non venir inteso comeuna “gabbia” entro la quale incastonare gli avvenimenti. 

- L’esorcista ( di William Friedkin) 

Dopo un misterioso ash urbano iniziale (notturno, su una casa normale,ma immersa in un’atmosfera spettrale) il lm si sposta su un lungo prologoassolato nell’Iraq del nord, dove sono in corso scavi archeologici nel corso

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dei quali Max Von Sidow rinviene una statuetta di un demone e ha inseguito oscure premonizioni e visioni, si torna poi con uno stacco brutaleallo scenario metropolitano. Dopo questi primi dieci minuti di racconto, ci vengono presentati i personaggi della madre di Reagan e di Reagan stessa (un ragazzina posseduta dal demonio, ma non lo sappiamo ancora) . Lamadre è un’attrice e sta studiando un copione per la scena che dovrà girareil giorno dopo e , verso l’alba, viene destata da strani rumori che sembranoprovenire dalla softta. Reagan, appura la madre, non si è svegliata e paredormire placidamente nel suo letto. Il lm prosegue con un tono diracconto del tutto anti-avventuroso, come una normale storia di vitaquotidiana. Il percorso narrativo è reso in modo non lineare , anzi del tuttospiazzante, quando vediamo che il lm in cui la madre di Reagan recita, è

un lm tipicamente anni 70 sulla Contestazione. Il racconto proseguemolto lentamente da qui in poi, facendoci intendere che Reagan soffre diqualche misterioso disturbo che richiede esami clinici, ed è solo dopo 45minuti di lm che questo genere di disturbi si manifesta in un’azionedavvero inquietante: Reagan appare in camicia da notte nel salotto dovesua madre intrattiene degli ospiti e piscia sul tappeto.Questo lm non prolunga il prologo oltre i dieci minuti e in questo senso,

ma solo in questo senso, può venire letto alla luce dello schema di SydField, ma poi prosegue con uno stile narrativo tutto suo, che spiazzacontinuamente il pubblico con salti di genere e di ritmo, quasi fosse unmontaggio di lm diversi, e che prima di entrare nel vivo della vicendaprolunga la nostra attesa a dismisura.Il rigido schema di Syd Field è inapplicabile alla lettura di questo lm. 

- Il sorpasso ( di Dino Risi) 

I protagonisti compaiono n dai titoli di testa e ci vengono presentati nelcontesto di una Roma deserta, in piena estate. La svolta del decimo minutoè rappresentata dall’uscita dei due da Roma, a bordo di una velocemacchina sportiva. La guida di Vittorio Gassman è così disinvolta che ilsuo compagno di viaggio Jean Louis Trintignant, osserva: “ Sono nellemani di un pazzo!”. Si entra insomma nel pieno della vicenda, con unascena che è già una premonizione dell’incidente stradale che chiuderàdrammaticamente il lm. Ma questo il pubblico non lo sa ancora, non può

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ancora leggere questa scena e quella battuta come un “segnale”, perchéquesto evento è raccontato in assoluta uidità con quelli che lo precedonoe lo seguono. In altre parole, il pubblico non ha alcuna chiara percezioneche il racconto sia entrato in una nuova fase. Non c’è nessun colpo discena , nessun salto narrativo, nessun “cambiamento apparente di genere”che ci segnali che stiamo entrando in un’altra fase del racconto. Il sorpassoci insegna qualcosa di molto prezioso: lo sceneggiatore deve avere unascaletta ( senza una scaletta che già prevedesse quel nale, la scenadell’uscita da Roma con l’auto che strombazza e va a gran velocità e labattuta di Trintignant non sarebbero state signicative) , ma il pubbliconon deve essere costretto a riconoscerla. La struttura di una narrazionedeve essere ben presente a uno sceneggiatore consapevole, ma il pubblico

non deve necessariamente accorgersene, anzi in una narrazione uida èbene che non la avverta neppure.

- Shrek ( di Andrew Adamson e Vicky Jenson ) 

Nei primi dieci minuti si presentano l’Orco Shrek (protagonista del lm) eil suo asino, in una scena molto animata in cui li vediamo vittime della

persecuzione e della paura di contadini superstiziosi. Dopodiché quando ci spostiamo nel rifugio di Shrek il lm svoltapresentandoci una vera e caotica irruzione di personaggi di favole diverse:la Bella Addormentata, il Pifferaio Magico, Cappuccetto Rosso eccetera. Il vero tema del lm è appunto “il mondo delle favole” che visto come uninsieme, anarchicamente mischia racconti separati in un’unica narrazione,avventurosa , ironica e parodistica.

 Anche questo lm corrisponde solo in modo molto libero alla scaletta diSyd Field. 

- In conclusione 

Dagli esempi di cui sopra, risulta insomma chiaramente che ( si faccia omeno riferimento alla curva dell’attenzione) il criterio secondo cui dopodieci minuti di lm si deve entrare nel vivo della vicenda e far “decollare”la narrazione, non è senza fondamento. Ma che prescrivere uno stile dinarrazione punto per punto, minuto per minuto, oltre a violentare la

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libertà stilistica del narratore, non è affatto di per sé garanzia né diSuccesso, né di Qualità. Casca a fagiolo una citazione di Piaget, il grandepedagogo, che ha tra l’altro studiato attentamente i meccanismidell’attenzione nei bambini: “Ascoltare una sinfonia è ben più che ascoltareuna serie di note musicali separate”. In altre parole il ritmo , la uidità,l’equilibrio oppure gli squilibri che vogliamo introdurre in una narrazione,non attengono affatto alle singole parti della narrazione e non possono

 venire stabiliti a priori, pena una semplicazione letale della comunicazioneespressiva. Filosocamente il problema può venire accostato al celebreparadosso di Zenone della Freccia Ferma. Cioè , se si considera il tracciatocompiuto dalla freccia scoccata, essendo esso composto da un insiemeinnito di punti, c’è sempre un punto che dovrà venire attraversato dalla

freccia prima del successivo, dunque la freccia non si muove affatto e il suomovimento è pura apparenza. Ora: una pellicola cinematograca ècomposta da fotogrammi e il movimento è appunto frutto di un’illusione.Fotogrammi di per sé immobili, proiettati a un certo ritmo,vengonopercepiti dall’occhio in una sequenza mobile. Ma se noi facciamo ilprocedimento inverso e frammentiamo il movimento nelle sue singolecomponenti, no al singolo fotogramma, il risultato di questo modo di

procedere è che il lm non esiste più! Il singolo fotogramma , di per sé,non ha neppure la dignità estetica di una fotograa, in quanto non è fattoper essere visto nella sua singolarità, ma in sequenza.Dividere la sceneggiatura in singoli istanti parcellizzati, può avere l’effetto,del tutto rovinoso, di distruggere il movimento, la uidità narrativa, lapercezione del racconto come un unicum. In altre parole, se l’assunto diSyd Field era quello di educare i suoi studenti a un racconto unito ed

equilibrato, il risultato è l’opposto: un racconto macchinale che procede ascatti, prevedibile in ogni sua fase ( se non altro perché visto applicatopedissequamente in centinaia e centinaia di lm) , senza vere alterazioni diritmo e senza movimento alcuno. Il Motore Immobile.

-Esercizio: come affrontare la Scaletta.

Il consiglio che mi sento di dare agli sceneggiatori esordienti è dunque distudiare sì una partitura del lm nei suoi momenti essenziali, ma di nonapplicare una struttura troppo rigida e vincolante al racconto.

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Ci sono ben altri vincoli strutturali di cui un lm deve tenere conto equesti li vedremo nella prossima lezione.Nell’attesa, cominciate comunque ad esercitavi a scrivere una scaletta della vostra storia, dividendola in tre atti al ne di poterla intendere come unpercorso d’insieme nel quale ogni momento (ogni cosa che devesuccedere) sia pensato in rapporto con il tutto e con la durata complessiva.Ma tenete anche in conto che quasi mai la scaletta coincide con ilmomento ispirativo di un lm. Lo stimolo per un racconto può esserefornito anche da una sola scena, da un singolo momento espressivo. A unosceneggiatore molto di rado capita di incontrare un regista che gli raccontiuna storia nel suo completo percorso. Molti registi, non necessariamente“visionari”, possono dirvi: nel lm deve esserci questo, e vi raccontano

una situazione. Per esempio, per riferirsi a un noto lm di Dario Argento:il protagonista assiste a qualcosa di terribile, vorrebbe chiudere gli occhi,ma non può, perché le sue palpebre in qualche modo sono bloccate. Alregista interessa raccontare questa situazione angosciosa. Il punto è comearrivarci, come collocarla nell’insieme del lm, come elaborarla ( studiandoad esempio come poter realisticamente bloccare le palpebre delprotagonista o a quale evento terribile egli venga fatto assistere e da chi,

perché eccetera). Insomma : il più delle volte in partenza ( quando si pensaa un lm) non c’è affatto, non c’è ancora un racconto, ma c’è unasituazione fortemente emotiva, attorno alla quale costruire racconto.Spesso queste situazioni sono molte di più di una e dunque occorrescoprire come legarle tra loro in un racconto unitario. Se parto da singolimomenti climax, situazioni fortemente espressive, e poi costruisco ilracconto, allora la scaletta è il risultato di un’elaborazione di elementi sparsi

da approfondire e chiarire. Dunque i famosi foglietti da mettere in lapossono anche essere scritti prima della scaletta e approfonditi ben più chein una riga essenziale. I momenti dominanti di un lm possono venireintesi non come scansioni del racconto, ma come momenti fondanti delracconto. In questo caso, il racconto dipende da loro, non sono loro adipendere dal racconto.Schematizzando: un modo di raccontare è partire dalla storia e poipiazzare ogni tanto un Mickey Mouse che suona la tromba, giusto per darequalche scossa al pubblico. Resta però il fatto che in questo modo laforzatura si avverte, perché Mickey Mouse non c’entra nulla con la storia

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che sto raccontando. Anzi la storia di per sé potrebbe venire raccontatasenza Mickey Mouse, se fossi in presenza di un pubblico molto motivatoche non ha bisogno alcuno d’essere costantemente risvegliato.Un modo completamente opposto di raccontare è: la storia mi serve soloper arrivare a Mickey Mouse, che è comunque la parte più divertente dellm, più Mickey Mouse ci sono, meglio è, la storia è mero pretesto.E inne c’è un modo più “equilibrato” di raccontare, che non consisteaffatto nel dedicare un minutaggio sso alle singole parti di un lm, manell’articolare la narrazione uidamente in modo che ( come nell’esempiodel Sorpasso) i singoli episodi e gli scatti narrativi di un lm non sianosemplicemente assemblati e neanche siano percepibili come momentidistinti dal pubblico. Lo sceneggiatore deve avere in testa una struttura, ma

il pubblico deve assistere a una storia, mentre la struttura può benissimorisultargli invisibile. E la storia è altrettanto importante dei singoli elementiche la compongono e la scandiscono. L’insieme e i singoli momenti sitengono l’un l’altro.Non intendo dare un giudizio di merito su queste tre procedure, ciascuna asuo modo legittima, ma mostrare che il cosa e il come raccontare nonsono mai riconducibili a un unico modello.

Cosa voglio raccontare? E’ la prima domanda da porsi: riguarda la sceltadel tema centrale, la denizione del protagonista, del genere, di quello chemi preme mostrare, anche di singole scene o situazioni. E’ una fase libera eanarchica, da affrontare con la massima carica esplorativa, senzapreoccuparsi di incongruenze, passi falsi, digressioni . In cinema è la fasein cui “si va a ruota libera” , occupata da lunghe conversazioni anche senzacentro apparente, anche apparentemente improduttive, ma assolutamente

fondamentale per trovare un’intesa tra sceneggiatori, tra questi e il registae/o il produttore e/o l’attore protagonista. E’ la fase in cui anche losceneggiatore attraversa il caos per afferrare gli elementi veramenteessenziali su cui fondare il proprio racconto.La seconda è: Come voglio raccontare? Quale ritmo, quale stile espressivoesprime meglio il senso ( non solo contenutistico, anche emotivo) diquesto lm? Anche questa fase è esplorativa. Non la si decidesemplicemente a priori ma sperimentando nel concreto la scrittura, peresempio, come suggerito dalla prime lezioni di questo corso, provando apresentare il protagonista , studiando il modo più efcace di

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rappresentarlo in una situazione denita. Questo genere di esercizio èquello che avete fatto scrivendo la prima scena del vostro lm esottoponendola a revisioni no a trovare la versione per voi piùconvincente e corrispondente al racconto che avete in testa. Le scelte chefate nei primi dieci minuti di lm, vi condizioneranno per tutto il racconto.Una falsa partenza non è recuperabile, va ripensata e riscritta.Soltanto dopo aver chiarito a voi stessi e con il regista questi aspettifondanti del lm allora potete passare alla stesura di una scaletta cherappresenti un primo ordine da dare agli elementi del racconto e che vifunzioni da modello di riferimento nel corso della sceneggiatura vera epropria.

OTTAVA LEZIONE: IL TEMPO DEL CINEMA 

1. Tempo cinematograco e tempo reale 

Uno dei più strenui detrattori del Metodo Syd Field che abbiamoanalizzato nella scorsa lezione è il regista/autore brasiliano Ruy Guerra,che insegna cinema all’Università di Rio de Janeiro e lamenta, come moltiautori europei del resto, l’inuenza dominante di certi modelli industrialiamericani di narrazione cinematograca. Alla base dell’insegnamento diRuy Guerra ci sono acute riessioni sullo spazio e sul tempo nel raccontocinematograco. Qui lasciamo perdere lo Spazio che attiene a scelte di tipo

registico più che di sceneggiatura e ci concentreremo sul Tempo. ,Traggole informazioni dal documentario/intervista A linguagem do Cinemapurtroppo non disponibile in italiano, ma se qualcuno di voi conosce ilportoghese (o legge le didascalie in inglese) può trovarlo tra i contenutispeciali del Dvd Opera do Malandro (Coinceito Audiovisual), un musicaldel 1985 con musiche di Chico Buarque. Ruy Guerra osserva anzitutto chein un lm, qualsiasi lm, anche il più realistico, di realistico non c’è nulla.Di fronte alla proiezione di un lm noi assistiamo ai fatti con unapercezione assolutamente diversa da quella che abbiamo nella vitanormale. Le diverse immagini sono inquadrate da più punti di vista (nella

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realtà noi ne abbiamo uno solo): la continuità e l’ordine tra questi differentipunti di vista è frutto del lavoro di montaggio. E’ inesatto sostenere chenoi vediamo il lm attraverso la macchina da presa. Noi vediamo un unicospettacolo che è il risultato della mescolanza di punti di vista differenti(inquadrature diverse), esperienza che non ci è dato vivere nella realtà enemmeno sul set. Nel montaggio si attua una sintesi tra molti punti di vista, anche opposti (campo/controcampo) e tra tutti i punti di vista“girati” alcuni vengono scartati. Sullo stesso tema, ma da un’angolaturadifferente, anche Sergio Citti ebbe a dire: “appena si dice azione, la verità ènita.” Il regista romano, proprio lui per il quale le etichette di realismo,neo-realismo, realismo grottesco, si sono sprecate, voleva con ciòintendere che un lm, qualsiasi lm, non è una riproduzione della realtà,

ma la rafgurazione di una realtà ttizia che ha regole diverse da quelledella vita quotidiana. Di questa realtà ttizia fa parte il Tempo del cinema,che non è lo stesso della vita reale. Nella vita reale, in cinque minuti nonriusciamo a farci nemmeno un caffè, in un lm in cinque minuti possonoaccadere moltissimi avvenimenti. Gli eventi in una sceneggiatura nonpotete raccontarli con i tempi della vita reale, bisogna stringere,concentrarsi sul momento focale della scena, sintetizzare il dialogo

cercando la massima efcacia in poche righe. In altri casi, una sequenzache in sceneggiatura descrivete in due righe, può venire dilatata peresigenze espressive. Voi scrivete per esempio: “Lo Sceriffo attraversa laMain Street deserta”, ma ciò può dar luogo nel lm a un’alternanza diinquadrature che ci fanno vivere la tensione del momento, la solitudinedello sceriffo, la desolazione di una città già fantasma, anche se il peggiodeve ancora venire. E il ticchettio inesorabile di un orologio scandisce

l’attesa rendendola più angosciosa. (Il lm è High Noon, cioèMezzogiorno di fuoco di Fred Zinnemann, 1952). 

Esercizio - Inlate il VHS di un lm qualsiasi nel vostro lettore e fateloandare ad avanzamento veloce. Vedrete che mentre certe scene riuscite acoglierle, altre diventano illeggibili perché l’alternanza delle inquadraturenel montaggio è troppo rapida. Quasi sempre, sono le scene d’azione adesigere un numero maggiore di punti di vista (e di inquadrature) montati inmodo serrato. 

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Questo signica che il tempo di un lm non è affatto uniforme: una scenaferma di dialogo tra due personaggi seduti al tavolo di un bar può duraredi più di una scena d’azione nella quale all’improvviso delle bande criminalifanno irruzione nel bar e scatenano una sparatoria (un maestro di questaalterazione dei tempi è Michael Cimino, il lm è Year of the Dragon del1985). La durata del dialogo rispetto all’azione, non signica affatto,narrativamente, che il dialogo è più importante di quanto accade dopo. Ildialogo è dilatato perché ciò conferisce più potenza all’inferno che siscatena successivamente. Il contrasto tra questi due tempi rendetrascinante l’intera scena. Essere presenti sui set dove si girano i lm èun’esperienza che tutte le scuole di sceneggiatura giustamenteraccomandano agli sceneggiatori debuttanti perché si abituino a capire

cos’è un lm in concreto, nel suo farsi giorno dopo giorno, frammentodopo frammento. Ma altrettanto utile, forse anche di più, è per unaspirante sceneggiatore frequentare una sala di montaggio per capire qualelavoro si fa sul ritmo delle immagini, sui tempi della narrazione ( e quantesequenze si scorciano per ottenere una resa più efcace). Il lavoro dellosceneggiatore è più vicino a quello del montatore (il quale monta leimmagini con la sceneggiatura sotto mano) che a quello del regista. A sua

 volta il regista spesso si trova a ripensare una scena scritta e a girarla in unaltro modo perché ha in mente un certo montaggio, un certo tempo dellanarrazione. Se lo sceneggiatore è consapevole di queste esigenze, potràscrivere una sceneggiatura più adeguata. 

2. Tempi del dialogo 

Umberto Eco, nelle postille al Nome della Rosa e in diverse interviste, hasostenuto che il suo romanzo si prestava particolarmente al cinema, perchéscrivendolo aveva immaginato i dialoghi in tempo reale. Ad esempio si erarafgurato il cortile di un convento con una certa lunghezza e nel suoromanzo aveva condotto il dialogo tra due monaci nel tempo (reale) delloro percorso lungo il cortile. Secondo Eco, questo è cinema. No, questo èil contrario del cinema. Il cinema non basa i suoi tempi sui tempi reali, masul tempo scandito dal montaggio (e preparato in sceneggiatura). Questo Tempo non ha nulla, ma proprio nulla di realistico. Riguardospecicamente al dialogo, ciò non vuol dire che il dialogo debba diventare

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un puro codice, un linguaggio neutro e/o di maniera, telegraco e rivoltosoprattutto a fornire informazioni essenziali alla comprensione della storia. Anche se la realtà del cinema è altra cosa rispetto alla vita, un lm raccontacomunque i rapporti tra persone, non tra burattini. Quando unosceneggiatore scrive un dialogo “neutro” senza caratterizzazioni oppuretroppo letterario, si sentirà quasi sempre dire dall’attore che deveinterpretarlo: “adesso devo mettermelo in bocca”, il che signica chel’attore cercherà di fare propria la battuta, di darle un’espressività consonaal proprio personaggio, un contento emotivo più evidente, di cambiarlarendendola meno scritta e più parlata. Nei “parlati” della vita reale ci sonouna quantità di pause, ripetizioni, interruzioni, parentesi. Di rado ildiscorso è univoco, centrato su un obiettivo denito, spesso circoscrive un

problema, ma non va dritto al suo centro. Questo nei dialoghi di un lmrisulterebbe noiosissimo: presumere che si possa tranquillamente trasferireun dialogo quotidiano in una scena cinematograca è in linea di massimasbagliato. Ma sarebbe sbagliato anche spogliare il linguaggio da ogni sensodi veridicità, facendo adoperare ai personaggi una lingua di puraconvenzione che non esiste in nessuna conversazione reale. Inessioni,caratterizzazioni, pause,vanno sfruttate perché sono preziose sotto il

prolo della veridicità e dell’espressività. Sui problemi del dialogotorneremo più avanti, ma suggerisco n d’ora un esercizio utile ai ni diindividuare i giusti tempi di un dialogo. 

Esercizio – Inlatevi un registratore in tasca e registrate una conversazionedi nascosto. E’ meglio se non siete coinvolti nella conversazione, anzil’ideale sarebbe che le due o più persone che stanno conversando e che

state registrando fossero per voi dei perfetti sconosciuti. In questo modo vi mettete dal punto di vista di uno estraneo (lo spettatore) che cerca dicapire non solo i contenuti della conversazione, ma la personalità di chi staparlando, i retroscena, cioè quel non detto che tra le persone che dialoganoè dato per assodato, ma che noi non conosciamo affatto. Trascrivete laconversazione. Vi renderete conto anzitutto che una banalissimaconversazione può nella realtà durare quanto un lm intero, e poi che inmolti passaggi il contenuto non è affatto chiaro, che la comunicazionespesso divaga, si avvita, che si impiegano troppe parole, qualche voltaanche sbagliate, per esprimere concetti semplici. Noterete però che qua e

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là nel dialogo aforano delle vere perle espressive: linguaggio non scritto eneppure abituale perché legato alla personalità di chi parla, ma capace direndere una situazione, uno stato emotivo, in poche, efcaci parole. E ipunti in cui l’altro interrompe, per sollecitare chiarimenti, per obiettare,non sono casuali. Nella conversazione tra due persone non c’è solo lacomunicazione di un contenuto “oggettivo”, ma vi si esprime la relazionetra due caratteri, il loro interagire. Adesso prendete la trascrizione dellaconversazione e cominciate a ridurla, in modo da concentrarlaprogressivamente sul suo contenuto espressivo essenziale. Se unaconversazione a tavola nella vita può durare per tutta la durata del pasto, incinema sarà una scena di un minuto. Non è un semplice riassunto/sintesiche dovete fare, ma una specie di “dado”: il brodo c’è lo stesso, ma

concentrato. Dicendo che il brodo c’è lo stesso, voglio intendere che lepause, le caratterizzazioni, le incertezze, le asperità di una normaleconversazione devono restare, ma in un tempo ristretto. Il brodo va inqualche modo “solidicato”. Ma state anche bene attenti a non perderviquelle “perle” che di per sé sono delle “epigra” , sono “scolpite”, cioèsanno rendere efcacemente il contenuto essenziale (della conversazionecome del rapporto in atto tra le persone che conversano) attraverso una

metafora, un motto, una denizione colorita che può assumere un valoreesemplare (es: “i furbetti del quartierino”). E’ importante imparare dalleconversazioni reali, essere ladri di linguaggio. Proprio perché la lingua diun lm è parte di una narrazione, cioè di una realtà ttizia, è essenziale cherisulti credibile e che conservi quella stessa capacità di inventare linguaggioche è propria delle conversazioni quotidiane . Il doppiaggio ci ha abituati aun linguaggio di codice estremamente lontano dalla vita reale, una lingua

che nessuno parla. Ma se ascoltate lo stesso dialogo in originale scopriretefacilmente quanto sia più ricco di sfumature, di inessioni e di “veridicità”(insisto su questo termine perché “veridico” è in cinema l’unico possibileequivalente di “vero”). Se scrivete i dialoghi di un lm scansate con cura latentazione di scrivere nella lingua generica del doppiaggio: scrivendo nellanostra lingua, dobbiamo usare la lingua delle persone che ci circondano. Lalingua è nostra in quanto collettiva, ri-conoscibile.

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3. I tempi emotivi 

Che la narrazione cinematograca debba essere rapida (abbiamo adisposizione un’ora e mezza o due per raccontare la nostra storia, nonpossiamo farla durare quanto pare a noi) non signica affatto che debbaessere frettolosa e superciale. Prendiamo ad esempio due lm, moltodiversi e lontani tra loro. Il primo è The Penalty di Wallace Worsley, conLon Chaney (1920). E’ stato di recente pubblicato in Dvd dalla Kino Video e se anche lo ordinate in edizione originale senza conoscerel’inglese… è un lm muto, dunque potete godervelo lo stesso. Se sapetel’inglese, però, è meglio perché nel Dvd , tra i contenuti speciali, c’è unaScene Comparison cioè un confronto tra le pagine del romanzo (da cui il

lm è tratto), quelle corrispondenti della sceneggiatura e le scene/inquadrature realizzate nel lm. Questo confronto vi farà capireperfettamente i passaggi tra le differenti versioni della stessa storia(romanzo, sceneggiatura, lm). (I lm muti, sia detto per inciso, non vannotrascurati, perché la scansione dei tempi della narrazione cinematogracainizia da lì. E lì si sono affrontate e vinte le battaglie in teoria piùimpossibili: ad esempio trarre un bellissimo lm da un complesso

capolavoro letterario come L’Uomo che ride, senza neppure potersiavvalere dei dialoghi. Altro che chiacchierate in tempo reale!). Il secondolm è invece molto più recente e apparentemente non ha nulla a che vedere con il primo. E’ L’Uomo Ragno di Sam Raimi. Ma come cercheròdi mostrarvi confrontando due scene di questi due lm, ci sono regoledella narrazione per immagini che a ottanta e passa anni di distanza nonsono cambiate e che hanno a che fare con l’argomento di questa lezione: il

 Tempo del Cinema. E in particolare con un aspetto: come rendere ipassaggi emotivi che caratterizzano lo sviluppo di un’azione. 

a) The Penalty  

Lon Chaney interpreta nel lm uno spietato gangster incattivito con ilmondo intero perché quand’era ragazzo, dopo un incidente che gli eraoccorso, un giovane medico inesperto, lo aveva curato con frettolosaimperizia, amputandogli le gambe. A distanza di anni, Chaney scopre chela glia del medico (ormai diventato un rispettato professionista),

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appassionata scultrice, cerca un modello per un scultura molto particolare:un busto di Satana. Chaney riesce a farsi prendere come modello, in fondochi meglio di lui: non solo è una gura davvero diabolica, ma è per tragicaironia un busto umano vivente. Chaney vuole attuare una sua strategia vendicativa: affascinare la glia del dottore, magari suscitando la sua pietà,per legarla a lui e vendicarsi così dell’operazione subita da parte del padredella ragazza (il piano in realtà è più intricato, ma qui è inutile addentrarsinella storia). La scena che analizziamo è assai complicata. Ormai il lavoro èquasi nito. La ragazza dice al suo modello: “Come posso ringraziarvi perl’aiuto che mi avete dato?” Lui ha un fremito, quasi di tenerezza ( dunquesi è innamorato!) e ne resta confuso. Risponde: “A lavoro nito, restiamoin contatto.” Lei ha uno sguardo perplesso e difdente. Lui si lancia in

un’appassionata dichiarazione d’amore. Lei ne resta sorpresa e raggelata.Prova sentimenti contrapposti : incredulità, spavento, pietà… nchéscoppia in una risata isterica. Lui incupisce. I suoi lineamenti si distorconoin un’espressione di odio. Cerca di afferrare la ragazza e cade a terra. Sirisolleva inferocito e si trascina verso di lei che fugge atterrita per poibloccarsi sulla soglia, in ansia. “Quasi istantaneamente “ (precisa ladidascalia) lui realizza d’aver perso il controllo, rivelando la sua natura

malvagia e i suoi scopi vendicativi. Finge di sentirsi male, simula un’intensasofferenza interiore, prende tempo cercando di rimediare all’errorecommesso. Si batte il petto e si proclama disperatamente infelice, chiedeperdono per aver pensato a lei come oggetto dei suoi impossibili desideri.Lei si calma. Lui spiega che la risata di lei per lui è stata come acido versatosulle ferite interiori. Scruta l’effetto delle sue parole. Lei si torce le mani, adisagio. Gli spiega d’aver riso nervosamente: lui l’aveva spaventata. Rientra

nella stanza. Lui capisce d’avercela fatta. Di nuovo le chiede perdono.Siamo dunque di fronte a un’azione molto barocca e difcile darappresentare (nel Dvd potete confrontarla con la corrispondentedescrizione del romanzo e con la prima traccia di sceneggiatura) dove sipassa per stati d’animo contrapposti e per contrapposte azioni: è tutto unesprimere e un dissimulare. Quanto tutto ciò sia ben lontano dalla vitareale dovrebbe esservi evidente: nella realtà un simulatore contiene le sueemozioni, sempre, qui invece non si contiene affatto: è sincero quando siinfuria, è esageratamente teatrale quando nge, è esplicito nei passaggiperché le sue passioni intime si rivelano nelle espressioni del suo volto e

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nel suo atteggiamento. Questa non è solo la grammatica del cinema muto,è la grammatica del cinema: didascalie o meno, l’interiorità va esteriorizzataperché il pubblico possa capire. L’atto rivela l’animo, il discorso interiore , ipensieri intimi, si fanno esteriori, manifestandosi in comportamenti edespressioni. La scena è condotta su una dinamica emotiva. Nella suabrevità, non trascura nessun singolo passaggio. C’è in questa scansionesequenziale minuta qualcosa del fumetto: un congelare i singoli istanti inframmenti inequivocabili, ciascuno di quali descrive gurativamente unmeccanismo psicologico in atto. Se l’azione è rapida, non è tuttaviasbrigativa. Ogni singolo passaggio viene espresso in un tempo concentrato.Non si cancella la dinamica psicologica, la si esplora per rapidi frammenti.

b) L’Uomo Ragno 

Il giovane Peter Parker manifesta all’improvviso i suoi superpoteri. Nonessendo ancora consapevole d’essere diventato un Uomo-Ragno, ètalmente sconvolto dalla scoperta che fugge e si nasconde in un vicolo.L’espressione del suo volto rivela che non ha capito cosa gli è accaduto eche se lo sa chiedendo. Si guarda il polso, dove ha una strana cicatrice a

forma di ragnatela. Là dove è stato punto da un ragno, è rimasto unostrano arrossamento della pelle. Cambia l’inquadratura, ora è più all’alto,con in PP una grossa ragnatela. Peter alza il capo e la guarda. Ha unsospetto. Torna a guardarsi la mano. L’inquadratura adesso è un macro-ingrandimento quasi da microscopio.Notiamo delle bizzarre inorescenzeche spuntano dai pori della mano di Peter: non sono esattamente peli,somigliano a zampe di ragno, con appendici prensili. Peter appoggia il

palmo della mano contro il muro. Avverte che i suoi polpastrelli hannoacquisito un tocco “da ventosa”. Comincia a risalire il muro. Ci riesce.Esulta. 

Come vedete, anche se siamo in un lm sonoro, abbiamo anche qui unasequenza muta, persino più muta di quella di The Penalty, perché senzadidascalie e perché c’è un solo personaggio in scena, in preda a turbamentiinteriori. Uno sceneggiatore distratto probabilmente lo avrebbe fattoparlare da solo, perché esprimesse ad alta voce il suo sconcerto “cosa mista succedendo?” , “cos’è questa cicatrice?” “Sì, qui è dove mi ha punto il

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ragno” eccetera. Ma la sequenza avrebbe perso efcacia. Noi pubblicodobbiamo vedere quello che vede Peter Parker e fare lo stessoragionamento che sta facendo lui. Così la rappresentazione è veramenteefcace. Anche qui, come in fumetto, ogni singolo passaggio vienemostrato, ogni azione corrisponde a un tempo psicologico, a unragionamento. Le singole fasi, dallo sconcerto iniziale alla riessione, dallarivelazione all’esultanza nale, ci sono tutte. Nulla di tutto ciò è realistico:nel tempo reale passare da un trauma alla scoperta che ciò che ci è capitatoe che ci ha spaventato è invece una nuova opportunità, un potere acquisitodi cui essere eri e felici, è un processo molto lungo e complesso. Qui viene sbrigato in un minuto. Eppure è verosimile, ci appare tale, perchénessun passaggio viene trascurato. Questo è il tempo concentrato del

cinema. 

Esercizio – Riprendete il vostro protagonista. Qualunque sia il percorsonarrativo che avete previsto per raccontare la sua storia, ci sarà senz’altro(deve esserci) un momento in cui il protagonista entra in conitto nonsolo con le difcoltà esterne, ma anche con se stesso. E’ un momentocruciale, in cui egli affronta le proprie contraddizioni e le supera dopo un

conitto interiore. Provate a scandire i singoli momenti, le fasi di questoconitto. In altre parole , scalettate una singola scena , frammentandola inistanti, e cercate di esprimere in ciascuno di questi istanti la soluzione chesi fa largo nella mente del protagonista. Potrebbe essere una scena a due(le esitazioni, gli avanti e indietro, i passi falsi in una dichiarazioned’amore), oppure un “a solo” (cosa devo fare? Come posso uscire dallasituazione problematica in cui mi trovo). Ma ricordate che questo conitto

dev’essere “esternato”, espresso in atteggiamenti esteriori che rendanochiaramente decifrabile al pubblico il percorso psicologico attraversato dalprotagonista. In sceneggiatura, precisate i singoli passaggi. Non si trattatanto di fornire indicazioni all’attore, ma di scandire la scena perché ilracconto risulti verosimile ed efcace.

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NONA LEZIONE – I TEMPI NELLA SCENEGGIATURA (I) 

Le scene mute 

In questa lezione approfondiremo i punti indicati nella lezione scorsa. Anzitutto abbiamo visto che nella scansione narrativa di un lm il “temporeale” deve venire usato con molta parsimonia e se il rallentamento che neconsegue ha una sua funzione espressiva. Per esempio nella serie ISoprano, a volte il tempo reale viene usato per distaccarsi un momentodalla sequenza degli avvenimenti e offrire al pubblico, non solo e nontanto una pausa nella concitazione del racconto, ma un approfondimentopsicologico sul personaggio che, ad esempio, quella pausa non sa

godersela: i suoi gesti sono meccanici, la sua testa è altrove, c’è un disagioindenibile nella sua solitudine ( e si può essere soli anche in compagnia). Anche qui si tratta in realtà di un tempo reale alterato, perché questogenere di scene durano pochi secondi, ma sembrano durare a lungo,perché il montaggio non stacca, la macchina da presa segue il movimento“naturale” del personaggio in piano sequenza, oppure resta ssa. Se staccaè per enfatizzare, con un primo piano, uno sguardo nel vuoto, una sorta di

apnea emotiva. Per esempio, Tony Soprano in vestaglia sta guardando fuoridalla nestra. Non ci viene mostrato cosa sta guardando. Sarebbe inutile eanche sbagliato mostrare l’esterno perché Tony non sta guardando proprioniente. E’ questo che vogliamo sottolineare. Di queste scene, come dicontrappunto all’azione, ma fondamentali, ce ne sono diverse nel già più volte citato Il Laureato. Più che di vero e proprio tempo reale, si puòparlare di “tempo sospeso”. E’ un errore (in linea di massima) usare queste

scene in senso descrittivo: per esempio per mostrare la vita quotidiana diun personaggio attraverso le sue minute operazioni. Vogliamo raccontarela noiosa ripetitività della vita di una casalinga? Beh, sarebbe sbagliato vedere la casalinga che rientra in casa, tira fuori la spesa, dispone nei variscomparti quello che ha comprato, sceglie di cucinare qualcosa, comincia apreparare… tutto in tempo reale. Così annoieremmo anche il pubblico.Raccontare la noia non vuol dire raccontare in modo noioso. Se quello checi interessa, narrativamente, è mostrare che la casalinga in questione soffredi questa sua condizione, come di un vuoto nel quale è sprofondata, alloraè più efcace mostrare per stacchi il suo ripetitivo affaccendarsi e poi

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indugiare per qualche secondo, mentre l’acqua bolle sul fuoco, sullaprotagonista seduta su una sedia con lo sguardo assente. Quando siscrivono queste scene in sceneggiatura, bisogna descrivere la situazionecon grande sobrietà, concentrandosi sul senso emotivo della situazione.Stiamo parlando di scene quasi sempre mute, senza dialoghi. A volte, dasceneggiatori, può prenderci il dubbio che siano troppo statiche, troppopoco esplicite. Ci diamo poco degli attori. E se non riuscissero arenderne il senso? Così aggiungiamo qualcosa. La casalinga di primaaccende la radio o la TV mentre continua le sue ripetitive operazioni incucina. Oppure squilla il telefono. La cosa la scuote. Era solo qualcuno cheaveva sbagliato numero. Delusione. Crediamo così di aver chiarito megliola situazione, di aver offerto qualche maniglia di sicurezza all’attore

facendo accadere delle cose. In realtà rischiamo di appesantire la scena e diperdere il suo nucleo espressivo. D’altro canto, molte scelte estetiche e diracconto, nel cinema si fanno per necessità. Il cinema non si fa sulla carta,è una cosa molto concreta. Chi scrive deve sapere in anticipo cosa si puòpermettere e cosa no. Quanti giorni di ripresa sono previsti? Quali sono ledimensioni della troupe? Gli attori, il regista, il direttore della fotograasaranno adeguati o dovremo fare di necessità virtù? Tutte queste cose

bisogna saperle prima di mettersi a scrivere. Altrimenti sarà difcilescrivere anche una singola scena.

Prendo un altro esempio da un vecchio libretto che ho ritrovato ,pubblicato nel 1959, quando ormai era già diffuso, con l’otto millimetri, ilcinema amatoriale. All’epoca i ragazzi che si procuravano una piccolamacchina da presa non si accontentavano più di usarla per immortalare

matrimoni, nuove nascite, gite famigliari e scene varie di vita tra amici eparenti . Nasceva il lm maker dilettante che già provava a girare deipiccoli lm di pochi minuti, lm in genere muti, perché pochi possedevanouna camera con registratore e un proiettore sonoro. Questi piccoli lmerano il più delle volte improvvisati, senza alcuna sceneggiatura. Manualetticome questo di Leopold Eugeen Vermeiren ,intitolato Brevi spunti esceneggiature per i vostri lm (Biblioteca del Cineamatore, Edizioni delCastello, Milano) si proponevano non solo di suggerire delle brevisceneggiature, ma di mostrare praticamente come scriverle. Nel brevesketch lmato che ho scelto tra gli altri (alterandolo un pochino per

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stringere e per maggiore efcacia “didattica”) , si racconta l’attesa cheprecede un appuntamento galante.

- (PP) Interno di un salotto. Un orologio segna le cinque meno cinque. Accanto all’orologio sta una fotograa di Rosetta. Una mano la prende.- (PP) Enrico , un tipo piuttosto corpulento, vestito molto bene come perun appuntamento galante, guarda teneramente la fotograa. Poi guardal’orologio.- (CL) Enrico va alla tavola apparecchiata a festa per due, sulla qualestanno bicchieri, vino e liquori. Nel mezzo c’è una grande torta.- (CM) Con meticolosa cura, il tenore ritocca la decorazione della tavola eguarda di nuovo l’orologio. 

- (PP) L’orologio segna le cinque meno due minuti.- (CM) Enrico diventa po’ impaziente. Va alla nestra e guarda la strada. - (PP) Un orologio alla parete segna le cinque precise. - (CM) Enrico cammina nervosamente su e giù per la stanza. Guarda il suoorologio da polso, poi l’orologio da parete, poi di nuovo la fotograa diRosetta. - (PP) L’orologio segna alcuni minuti dopo le cinque. 

- (PPP) La mano di Enrico tamburella nervosamente sul tavolo.- (PP) Fuori dalla porta. Un dito preme il campanello. - (PP) Nell’appartamento. Il volto di Enrico si rischiara felice.- (CM) Enrico corre veloce alla porta.- (PP) Appare oltre la soglia un ragazzo dell’Ufcio Telegraco.- (CM) Enrico , sconcertato, ritira un telegramma. - (CM e PP) Di nuovo nel salotto. Enrico ha aperto il telegramma e lo sta

leggendo. Lo abbassa, deluso e afitto. Guarda verso la tavola imbandita.- ( CM) La tavola imbandita.- (CL) Enrico attraversa lentamente la stanza. Legge ancora una volta iltelegramma. Si ferma di fronte alla fotograa.- (PP) La mano di Enrico prende la fotograa di Rosetta e la gira verso laparete.- (CM e PP) Enrico va alla tavola imbandita e si siede lentamente. Il suosguardo vaga sulla tavola. Si versa un liquore. Poi prende un pezzo di torta.- (PP) Enrico mangia la torta. Il suo sguardo è assente. Poi si concentrasulla torta. E’ buona.

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- (PP) L’orologio segna le cinque e dieci minuti.- (CL,CM, PP alternati) Enrico sta mangiando avidamente. Metà della tortase n’è già andata. L’espressione di Enrico è di intensa soddisfazione. Si ètolto la giacca e la cravatta, libero da ogni formalità. E continua adabboffarsi.

In questa e altre scenette molto semplici, il primo scopo dell’autore delmanualetto è insegnare come si scaletta una situazione, come si puòscandire il tempo, e come alternare inquadrature molto semplici ( PrimoPiano, Campo Medio,Campo Lungo) per dare un ritmo a una scena che intempo reale risulterebbe noiosa. Come potete vedere, il tempocinematograco non è tempo reale. Gli stacchi ci permettono la sintesi.

L’insistenza sugli orologi segnala il passare dei minuti. Ma dieci minutisono per il pubblico passati in pochi secondi. Ogni stacco ci ripresenta ilprotagonista in una situazione emotiva cambiata: da attesa duciosa adattesa nervosa, da attesa delusa a delusione compensata. Abbiamoraccontato, senza bisogno di dialoghi, l’evoluzione degli stati d’animo delprotagonista e anche il suo carattere: in fondo la sua vera passione èmangiare, della danzata poteva anche fare a meno.

 Tuttavia questo è anche un tipico esempio di cosa fare quando non ci sipuò dare degli attori, che nel caso di un lm amatoriale non sono deiprofessionisti. In questo caso, staccare spesso e usare molti dettagliconsente di evitare quei passaggi intermedi, da uno stato emotivo all’altro,che solo un attore esperto sarebbe in grado di esprimere. Se riprendiamol’esempio fatto sopra a proposito della nostra scena della casalinga,difcilmente un attore dilettante saprebbe sintetizzare in un’unica

posizione, in uno sguardo nel vuoto, lo stato d’animo del personaggio. Inquesto caso dunque, usare la telefonata permette una maggiore resa.Sarebbe velleitario cercare intensità espressiva in chi non può darla. Inne,riguardo all’uso abbastanza esasperato, nell’esempio di Enrico, dei primipiani, va osservato che al contrario di quanto si potrebbe pensare, il primopiano non è per un attore professionista il climax della sua performance.Un bravissimo regista di lm western all’italiana ( Giulio Petroni) si trovòin Tepepa a girare con Orson Welles che interpretava nel lm il ruolo delcattivo. Ora, nel cinema classico americano, i primi piani sono rari: vengono usati per particolari sottolineature, e in genere sono riservati ai

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protagonisti. Un bel primo piano, all’epoca, richiedeva anche unapreparazione molto accurata delle luci . Il primo piano di una diva,destinato a fare di lei un’icona, poteva comportare anche una giornataintera di preparazione. Non era cosa da sbrigare al volo. Era un ritratto. Welles restò dunque stupito dalla quantità di primi piani girati alla svelta daPetroni , primi e primissimi piani per di più riservati spesso a semplicicomparse e a guranti. Ne chiese il motivo: “Perché tutti questi primipiani?” E Petroni osservò giustamente: “Il primo piano drammatizza. Anche un attore cane sembra un bravo attore.” L’abuso dei primi piani chesi fa nelle novelas televisive non è soltanto dovuto ad ovvi motivi didimensione dello schermo, ma anche al fatto che stringendo sulle facce,anche un attore poco espressivo risulta efcace. 

Ora analizzeremo invece un altro caso. Un caso dove ci si può dare degliattori (e del regista). Una scena che non può certo venire denita come dipausa o d’attesa e nemmeno come semplice approfondimento dellapsicologia del personaggio. Una scena molto complessa, tratta dalla Dolce Vita di Fellini. E’ la famosa scena nale. Sulla spiaggia c’è un mostruosopesce morto che desta la curiosità di tutti. Ciascuno ha la sua reazione:

stupore, indifferenza, divertimento, persino tenerezza. E il protagonista?Gli sceneggiatori scrivono:

- Marcello non sa staccare il suo sguardo da quello del pesce. Si direbbeche lo guardi come un messaggio da decifrare, giunto a conclusione di unanottata vuota e persa, o forse a conclusione di tutto.

Saggiamente, gli sceneggiatori ( Fellini, Flaiano, Pinelli, Rondi) non fannoesprimere verbalmente questo sentimento dal protagonista. Gli altripersonaggi lo hanno fatto. Lui no. Non perché Marcello sia dipinto comeun antisociale o un introverso. Ma perché Marcello stesso non ha paroleper denire la sua emozione di fronte all’indecifrabile sguardo/messaggiodel pesce. Sarebbe stata una pacchianata se Marcello avesse mormorato: èla ne di una nottata vuota, la ne di tutto… ( e quante pacchianate delgenere si fanno nei lm, soprattutto quando si vogliono sottolineare a tuttii costi i signicati presunti “alti”!) Proseguiamo.

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- Marcello si allontana di qualche passo. E’ sempre più nauseato, stanco,forse oppresso da oscuri presentimenti, da un’angoscia accumulata e cheora sembra stia toccando il fondo. Qualcosa però lo distrae… 

- Sono piccole, dolci gure femminili apparse sulla spiaggia, dalla pineta. Sidirebbero bambine. Esse si avvicinano al mare, tranquille, sicure,allegre,come sono le ragazze quando stanno in compagnia.

- Come sollevato da quella vista, Marcello le osserva attento, attratto, quasigià con un lieve sorriso sulle labbra. Si sentono le loro voci gaie e un po’sciocche.

- Marcello, che aguzza lo sguardo come se ne riconoscesse una, getta via lasigaretta e va loro incontro con le mani in tasca.

-Sono di fronte.

- Marcello le sta a guardare con un mezzo sorriso. Tutte lo sorpassanoocchieggiando e sorridendo, tranne una. Resta ferma davanti a Marcello: è

timidissima, eppure lo guarda diritta negli occhi, educata e sicura.

Com’è stata narrata n qui la scena in sceneggiatura? I tempi sono scanditisui passaggi emotivi del protagonista rispetto a ciò che vede. Le denizionidi questi stati d’animo sono chiare eppure , se ci fate caso, sono molti i“forse” , i “sembra” , i “quasi” . Ciò denisce anche lo stile dellarappresentazione: si vuole esprimere qualcosa di sottile, di indeterminato,

qualcosa che non si è ancora ssato nella mente del protagonista e chetanto meno deve venire impresso nella mente del pubblico. Tanto sonoinequivocabili nei loro giochi le ragazzine, tanto è, per contrasto, smarritoil protagonista . E di questo smarrimento noi spettatori dobbiamo esserepartecipi. Tutto ciò può essere espresso perfettamente in un tempo“sospeso” e con una scena muta. Non bisogna avere paura delle scenemute. Sono cinema, come e spesso più delle scene ttamente dialogate. Iproblemi per la sceneggiatura iniziano infatti da qui. Da quando i due(Marcello e la ragazza) si parlano.

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MARCELLO: Tu… come ti chiami?PAOLA( stupita, ma lievissimamente, come se egli già lo dovesse sapere) :Paola ! MARCELLO: Ma noi… mi pare…ci conosciamo… 

Paola accenna di sì, più volte, molto decisa, con la testa, con un sorriso tratrionfante e impacciato.

MARCELLO: Sai … che non mi viene in mente…PAOLA: Lavoravo a Tor Vaianica… portavo da mangiare alla signora… 

MARCELLO ( con allegra sorpresa) : Ah, sì… adesso mi ricordo: Paola… 

 Tutti e due sono stranamente lieti dell’incontro: c’è qualcosa diprofondamente gioioso nella loro espressione.

MARCELLO: E cosa fai qui?PAOLA (con naturalezza): Lavoro.( ma si sente obbligata a precisare) Qui alla Pensione Amal… 

( e furbescamente nella sua assoluta ingenuità)Si guadagna di più!Paola ha un sorriso.(Con un guizzo) Adesso io e le mie compagne siamo venute a farci un bagno…

Guarda impaziente, infantile, allegra,verso le sue compagne, che tirandosi

su le sottane, alcune, altre in costume, stanno bagnandosi le gambe pocopiù in là.Si vede che ha molta voglia di raggiungerle, di stare con loro, di divertirsicon loro.

Marcello però ha ancora qualcosa, non sa nemmeno lui cosa, da dirle. Vorrebbe trattenerla.

MARCELLO: Aspetta…hai visto cosa hanno pescato? Vieni a vedere… 

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Priva di vero interesse per la cosa, ma incapace di dire no all’uomo, Paolalo segue verso il gruppo dei pescatori.

Il gruppo si è frattanto diradato. Gli amici di Marcello si stannoallontanando dall’altra parte, lungo la spiaggia. E alcuni pescatori sono giàchini ad arrotolare le reti, al loro lavoro quotidiano.

Il pesce è ancora lì, sotto il sole. Ma ormai è superato: è un poveropescione morto.

 Anche il suo occhio è come spento, forse perché camminandogli accanto,qualcuno gli ha fatto cadere sopra un po’ di sabbia.

MARCELLO: Vedi?

Paola guarda un momento il pesce : poi – benché sempre gentile esorridente – alza lievemente le spalle come a mostrare che di quella bestiale importa poco.

PAOLA: E’ un pesce. 

E, con un guizzo improvviso, corre verso le sue compagne. La sua corsa èun po’ esagerata ed è piena di una dolce goffaggine infantile. Correndo si volta un attimo verso Marcello , come per scusarsi, con inconscia crudeltà.

PAOLA: Addio!

Rimasto lì accanto al pesce, Marcello è incerto: non sa se seguirla,chiamarla… 

MARCELLO (a voce quasi bassa): Paola!

Ma Paola corre, corre verso le sue compagne. A un certo punto si ferma, sitoglie le scarpe, e continua a correre scalza.

Marcello si muove lentamente, andandole dietro. Essa è già laggiù, nella

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luce freschissima della mattina, che entra in acqua, raggiungendo le sueamichette. Si sentono le loro voci,le loro lunghe risate un po’ scioccherelleche non niscono mai.

Marcello è preso da una profonda , inesplicabile commozione: ma non sanemmeno lui se è per dolore o per gioia, per disperazione o speranza.

Così raggiunge il punto dove Paola ha lasciato le sue scarpe. Egli si china ele tocca; poi le prende in mano.

Sono delle povere, graziose scarpine da poche lire, un po’ scalcagnate. 

La commozione di Marcello è struggente.

Guarda laggiù, nel mare fermo e luminoso, le ragazzette che impazzanofelici misteriose messaggere di una nuova vita.

Così termina il lm. Che la scena sia ben scritta non c’è dubbio. Eppure…guardatevi il lm. La scena non c’è più. O meglio è stata radicalmente

cambiata. Così descrive il cambiamento l’aiuto regista di Fellini GiancarloRomani:

Il nale è il cambiamento più importante. Marcello, stanco e svuotato, sistacca dal gruppetto intorno al pesce e va a sedere sulla sabbia pocolontano. A questo punto Paola, che sta giocando con altre bambine oltre lafoce di un piccolo ume, lo vede e lo chiama. Marcello non la riconosce e

il rumore del mare gli impedisce di sentire quello che lei gli grida. Così idue sulle due rive del ume, si guardano a lungo sorridendo e cercando dicapirsi con la mimica. (…) Finché la pittrice tedesca si stacca dal gruppodegli amici e prende Marcello per mano riconducendolo tra loro.

( Questo testo, come il testo della sceneggiatura, sono stati tratti dal libroLa Dolce Vita, a cura di Tullio Kezich, Cappelli Editore 1959).

Insomma: da una scena molto parlata, con un lungo dialogo, a una scenamuta e simbolicamente molto più efcace: i due sono separati da un

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umiciattolo, non possono raggiungersi, non riescono a sentirsi, vorrebbero comunicare, ma è impossibile. Non solo per il rumore delmare: sono troppo diversi. Quella allegra ingenuità, per Marcello èseducente, ma inattingibile. Una sua amica lo riporta nel gruppo.

Non si torna più sul pesce, ormai è veramente passato, non è piùimportante. La ripetizione sarebbe stata troppo voluta, forzata. Non c’èpiù la commozione, un po’ troppo patetica e retorica, di Marcello. Tutta lascena viene concentrata su un unico momento simbolico: Marcello nonpotrà mai ritrovare l’innocenza. Non ha neppure il tempo per rietterci,per dolersene. E’ un fatto. Viene portato via e lui si lascia trascinare. Nonpuò andare altrove.

Cosa se ne può dedurre? I dialoghi possono a volte spiegare troppo e cosìpresumendo, aggiungere, divagare, allontanarsi dal centro espressivo, direcose che non servono a niente ( lavoro alla pensione Amal), e veniresottolineati/contrappuntati troppo didascalicamente da immaginisimboliche inequivocabili: il pesce non stupisce più nessuno, è un poveropescione morto; le scarpine di Paola raccolte da Marcello, trascinano

metafore (ingenuità=povertà=semplicità); la commozione di Marcellocomporta una presa di coscienza un tantino tardiva e ipocrita, una pianginada paradiso perduto che certo si attaglia poco al personaggio noradescritto e pare quasi una concessione a quel moralismo che il lm di persé rigetta. Se l’innocenza dev’essere “nuova innocenza”, qualcosa diindenibile che sorge , allora non deve essere spiegata ricorrendo alpassato, non può essere rimpianta. La speranza non sta in un ritorno agli

antichi valori smarriti.

Di nuovo, il segreto è la sintesi. Bisogna stare molto attenti a non volerdire troppe cose, perché si rischia di sommergere l’unica che conta veramente. E’ la situazione di per sé che dev’essere esemplare. Se la sispiega troppo, la sua magia sfugge. Basta lasciar parlare le immagini. C’è undetto popolare che recita: “ A furia di togliere foglie da un carciofo allane non resta niente.” Carmelo Bene giustamente rovesciò il detto: “ Afuria di togliere qualcosa resta.” Il lavoro del cinema è questo: giungereall’essenziale, fosse pure questo essenziale l’inafferrabilità di una visione.

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Certo non si può chiedere a uno sceneggiatore esordiente di perveniresubito a questo risultato. Ma n dal principio è bene tenere in mente cheper scrivere un buona sceneggiatura, bisogna imparare a togliere, asottrarre. Non dovete dimostrare di saper scrivere tanto, ma di saperscrivere quello che conta, di centrare sempre il focus espressivo. Date unritmo, un divenire alla scena. Non cercate di simulare il tempo reale,trovate il tempo giusto di quella scena. Non è indispensabile raccontarlainquadratura per inquadratura. Lo stile americano ( cui si ispirava ilmanualetto di Vermeiren sopra citato) è molto utile per conferire un ritmoal racconto e per farvi familiarizzare con la dinamica della “narrazione perimmagini”. Lo stile classico italiano (come si può vedere dallasceneggiatura di Fellini) è ricco di indicazioni per gli attori e di sfumature

letterarie, molto attento nel precisare il senso di una scena, più libero nelnon-suggerire inquadrature, ma d’altra parte ha anch’esso bisogno di tempie scansioni precise, non può diventare (come purtroppo sta diventando daanni) un puro canovaccio. Il senso che volete dare alla scena e ai suoisingoli momenti dev’essere molto chiaro sulla carta. Può anche esseresbagliato, si potrà revisionare con una riessione successiva. Ma è bene chesia preciso. Se il tracciato è chiaro, sarà chiaro anche nei suoi inciampi. Si

presterà ad essere discusso e migliorato, anzi stimolerà gli attori e il registain questa direzione. Se è indeterminato e vago produrrà sbagli molto piùgravi, frutto dell’improvvisazione del momento, sbagli o passi falsi che poinon si potranno più correggere.

ESERCIZIO- In molti dei contributi e delle prove di sceneggiatura che migiungono da voi, risulta evidente una scarsa attenzione all’immagine, tanto

che basta leggere i dialoghi per capire la storia. Ma un lm non è unasequenza di dialoghi . Il cinema nasce in assenza di dialoghi. Provate ariprendere in mano quello che avete scritto e pensate per un momentod’essere tornati all’epoca del muto. Fate in modo che siamo le immagini equello che accade (o non accade) a raccontare la storia. Provate a narrare lastessa scena senza il dialogo.

La prossima lezione sarà dedicata ai dialoghi ed esamineremo cos’è undialogo cinematograco e in cosa si differenzi dal dialogo scritto di unromanzo o dai dialoghi e/o pensieri di un fumetto.

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DECIMA LEZIONE: FUNZIONI DEL DIALOGO 

 Abbiamo visto nella scorsa lezione come il cinema in quanto “narrazioneper immagini” non abbia necessariamente bisogno di dialoghi perraccontare una storia. Anche se non siamo più ai tempi del cinemamuto, nei lm contemporanei, che il sonoro possono tecnicamentepermetterselo, il ricorso a scene mute è diffuso e spesso queste sceneassumono nel contesto un fascino del tutto particolare (basti pensare alcelebre inizio di 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick). Dunque qual è ilruolo del dialogo in un lm se in teoria se ne può fare anche a meno?Distinguiamo alcune funzioni essenziali:

1. Funzione espressiva

La parola, l’espressione verbale, sono sempre in rapporto con ilcomportamento, con lo stato emotivo particolare del personaggio inun certo momento della storia, non sono cioè un testo puramentescritto (letterario) ma una comunicazione verbale che ci rivela molto del

personaggio. Ci rivela la sua origine (dall’inessione), il suo livello culturale(dalla vastità del vocabolario, dai termini scelti, dalla proprietà o menodel linguaggio), il suo atteggiamento nei confronti degli altri e della vitanon in termini ideologici, ma come “psicologia in atto” (uso o menodell’ironia, concisione o verbosità, giudizi meditati o frettolosi, timidezza ospudoratezza, franchezza o simulazione, eccetera) .Prendiamo come esempio un dialogo tratto dal lm La Febbre del Sabato

Sera (1977) sceneggiatura di Norman Wexler, ma prima vediamo ladescrizione che Wexler ci dà del protagonista Tony Manero.

“ Il suo modo di camminare per strada è una performance. Tony hadiciotto anni, quasi diciannove, è alto, ben proporzionato, si muove constudiata disinvoltura e una punta di spavalderia. Ha un bel volto e quandoè rilassato suscita un’istintiva simpatia che lo rende amabile. La suapersonalità acquista luce dal contesto, lo fa spiccare sugli altri ( prodigo dibuoni consigli con gli amici, sicuro e macho con le donne). In famiglia èimbronciato e cocciuto: rispetta i genitori, ma non si da gran che di loro,

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prevede in anticipo le loro domande e le loro critiche nei suoi confronti.Spesso appare pensoso, ma se gli si chiede a cosa stia pensando, non sadirlo. Vive in un eterno presente, il futuro per lui si limita al prossimo week end in discoteca. Tuttavia ci sono dei momenti , rari e privati, subitorimossi, in cui avverte qualche vaga preoccupazione sull’insieme della sua vita. Mangia, di fretta e con indifferenza, meccanicamente, senza provarnepiacere, dando così l’impressione non d’essere un ghiottone, ma uninsaziabile affamato che tuttavia non si cura del cibo se non come meroalimento. E’ un ballerino superbo, forte e pieno di grazia, si muove uidoe preciso, con una presenza notevolissima e una bravura indubitabile. Inpista, si fermano tutti per guardare lui. E’ l’indiscusso re della compagnia”.

Come si vede, prima di fare agire e parlare il suo personaggio, Wexler sipreoccupa di caratterizzarlo nei dettagli. Non è un caso che questi dettaglicomincino dal modo di camminare e di muoversi, che includano il suomodo di mangiare … insomma si comincia dalla “sicità” per fondare sudi essa le caratteristiche psicologiche e il suo modo di “rapportarsi” con glialtri.Passiamo alla descrizione che Wexler ci fa della sua partner Stephanie

Mangano. 

“ Stephanie, vent’anni, altezza media, slanciata, con un volto intenso eattraente, lunghi capelli neri con la scriminatura centrale, è in affannosaricerca di cambiare se stessa , eliminando le tracce delle sue originipopolari nel quartiere di Bay Ridge e di rimodellarsi in una donnasosticata, esperta delle cose del mondo, o quanto meno di tutto ciò che

lei considera alla moda. Di fatto è un’amabile simulatrice, a mezzo tra dueidentità diverse, piena di arie e supponente, sempre in cerca di far colpo aldi là di quanto le è possibile, una frustrata… ma in qualche modo riscattatada un senso giocoso e ironico del ruolo che recita e da una naturaledisposizione all’ingenuità, alle gaffes, a una sostanziale trasparenza del suocomportamento. La cosa più importante è che la sua dolcezza di fondo e ilsuo coraggio ce la rendono simpatica anche quando le sue parole o azionirisultano offensive.”

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Chiariti così i personaggi, il dialogo tra loro non diventa altro chel’espressione delle reciproche caratteristiche. 

SCENA / BAY RIDGE STREET Esterno Sera 

 Tony e Stehanie a passeggio. 

STEPHANIE: Dove lavoro io, vedo gente straordinaria… così… diversadalla gente di Bay bridge. TONY: Gli snob invece degli slob (in gergo per : zoticoni) STEPHANIE: Cosa?  TONY: Bay Ridge non è la parte peggiore di Brooklyn... non è mica un

inferno… STEPHANIE: No, però non è Manhattan . Tu non hai idea di come siadiverso, di come cambi tutto di là del ume. La gente è fantastica, gli ufcisono fantastici, le segretarie fanno tutte lo shopping da Bonwit Taylor.Persino gli intervalli di pranzo sono fantastici. Ti lasciano anche un paiod’ore per seguire i tuoi interessi… abbiamo visto, ho visto… Giulietta eRomeo di Zefrelli.

 TONY: E’ di Shakespeare. L’ho studiato a scuola.STEPHANIE (facendo sfoggio di cultura): Zefrelli era il regista. Dellapellicola, voglio dire... il lm. TONY: Romeo avrebbe anche potuto aspettare un attimo. Non dovevaprendere quel veleno così alla svelta.STEPHANIE (sulla difensiva): E’ così che prendevano il veleno a queitempi. 

La scena continua in un caffè e gli elementi qui tracciati vengonoapprofonditi e dilatati con un vivace tono da commedia, ma noi possiamoanche fermarci qui per rimarcare alcune cose. 

1. Dobbiamo fare incontrare i due personaggi e questo incontro èun’occasione per conoscerli nelle loro differenze.2. Si va subito al punto con un giudizio in cui Stephanie cerca didifferenziarsi dal suo quartiere. Parla apparentemente di un tema generico ,ma esprime se stessa.

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3. Tony scherza, non la prende molto sul serio, anche se evita di prenderlaapertamente in giro o di polemizzare. Anche Tony rivela se stesso: nonè un bullo da quattro soldi, rispetta la ragazza, cerca di capire le sueconvinzioni senza ritenersi implicitamente offeso.4. Lei alla prima obiezione scherzosa, già fatica a reggere il gioco. Nonriesce a simulare no in fondo. E’ un’ingenua e fa anche simpatia conquesto suo atteggiamento.5. E’ Stephanie ad avere le battute più lunghe. Tony agisce di rimessa conbrevi notazioni, a contrasto con l’impacciata verbosità di lei. Stephanie usasempre gli stessi aggettivi: pronuncia la parola beautiful ( che ho tradotto“fantastico”) indifferentemente per le persone, gli ufci, persino gliintervalli di lavoro.

In conclusione: il modo di parlare , l’uso del linguaggio, sonoestrinsecazioni di un personaggio, devono dunque essere sempre coerential personaggio. In un dialogo tra due personaggi le differenze di linguaggiotra i due si devono notare, perché sono parte della differenza dei caratteri. Non fate parlare i personaggi tutti nello stesso modo. Anche se si trattadi personaggi dello stesso quartiere, dello stesso ambiente sociale, dello

stesso livello culturale, si tratta tuttavia di individui diversi e questa lorodiversità deve venire espressa in quello che dicono e nel modo in cui lodicono. Ciò che dicono e anche quello che non dicono è rivelatorio delloro atteggiamento.

2. Funzione informativa 

In un dialogo si forniscono anche informazioni al pubblico sulla storia.Questa funzione tuttavia deve essere usata con grande parsimonia e benregolata. Nella tragedia greca un ruolo codicato è quello del messaggeroche per esempio giunge in scena a raccontare com’è andata una battaglia.In cinema è molto rischioso usare questo espediente perché in cinema glieventi si mostrano, non si narrano a parole, tanto meno eventi di grandepotenzialità spettacolare, come una battaglia. Tuttavia, dare sinteticamentedelle informazioni può essere molto utile a stringere i tempi dellanarrazione e a offrire qualche coordinata essenziale. 

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Prendiamo ad esempio questa battuta del detective privato Sam Spade nellm Il Falcone Maltese (1941) sceneggiatura di John Huston. 

SCENA – SALOTTO DELL’APPARTAMENTO DI SPADE. InternoGiorno. 

Spade al telefono.

SPADE: Pronto… c’è il Sergente Polhaus? … sì… sono Sam Spade( attesa). Ciao, Tom… senti, ho qualcosa per te. Le cose stanno così: Thursby e Jacobi sono stati uccisi da un certo Wilmer Cook… sì, sui vent’anni, un metro e sessanta. Vestito grigio di lana, soprabito grigio

, camicia con il colletto morbido, cravatta chiara di seta. Lavora per uncerto Kasper Gutman. Cura questo Gutman. Pesa più di cento chili…è coinvolto anche quel Cairo… sì… adesso stanno andando al Hotel Alexandria ma sono pronti a tutto quindi vedi di muoverti… non credoche si aspettino di venire pizzicati… stai attento quando affronti ilragazzo… Proprio così. Molto. Beh, buona fortuna, Tom.

Come si vede, l’informazione non viene in questo caso fatta ltrareall’interno di un dialogo, ma viene comunicata proprio per tale. Comeun’informazione. Il detective parla con un poliziotto e segue regole dicomunicazione chiare e svelte, con dati segnaletici. Tutto è rigoroso edessenziale. Si dà per scontato che il poliziotto sappia valutare l’importanzadell’informazione senza bisogno che Spade la sottolinei troppo e la precisimaggiormente.

Prendiamo ora un altro caso, in cui un personaggio racconta a un altro unevento cui non abbiamo assistito e che non ci viene mostrato. Il seguentedialogo è tratto dal lm Conoscenza Carnale (1971) , sceneggiatura di JulesFeiffer. Sono in scena Jonathan e Sandy, compagni di stanza al collegenegli anni 40, all’epoca entrambi ancora vergini.

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SCENA- CAMPUS Esterno Notte 

 Jonathan e Sandy camminano lungo la strada che conduce al lorodormitorio. Foglie secche sul terreno.

 JONATHAN: E allora?SANDY: Mi ha detto di toglierle la mano dalla tetta.  JONATHAN: E allora? SANDY: Le ho detto che non volevo. JONATHAN: E allora?SANDY: Mi ha detto che non capiva come facevo a trovarlo divertente sea lei non andava.

 JONATHAN ( disgustato) : Gesù!SANDY: Così io le faccio: credevo di piacerti. JONATHAN: Sì? SANDY: E lei fa: mi piaci per altri motivi. JONATHAN: Altri motivi?! SANDY: Così io le ho spiegato perché ne sentivo proprio bisogno… 

 JONATHAN: Cioè cosa le hai detto? 

SANDY: Beh… che per me era la prima volta. JONATHAN: La prima volta cosa? Cosa hai detto esattamente?SANDY: Beh, di preciso non ricordo… che lei era la prima ragazza cheavevo provato a toccare. JONATHAN: Le hai detto così? SANDY: Ho sbagliato? JONATHAN: Io non l’avrei fatto.

SANDY: Lei così è stata più carina .  JONATHAN: Più carina in che senso?SANDY: Mi ha messo la mano sulla sua tetta. JONATHAN: Vuoi dire che tu gliel’hai messa e che lei ce l’ha lasciata.SANDY: No, lei l’ha presa e me l’ha messa sopra. JONATHAN: Te l’ha presa così… e te l’ha messa qui?SANDY: Proprio così. Non sapevo più che pensare. JONATHAN: No , eh?SANDY: Voglio dire… era una cosa amichevole tra noi… e lei di colpo èdiventata un tantino aggressiva. 

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 JONATHAN: E poi?SANDY: Le ho chiesto se era vergine. JONATHAN: Stai scherzando!SANDY: Ho sbagliato? … Comunque , sì, lo è. JONATHAN: Lo dice lei. Cos’hai rimediato alla ne? Una mano sulletette o due?SANDY: Mi ha messo anche l’altra mano sull’altra tetta. JONATHAN: Ti ha messo su… tutte e due le mani? Due mani?SANDY: Sì, così io le ho detto: e tu con le tue mani cosa ci fai? JONATHAN: No, non gliel’hai detto!SANDY: Mi è scappato!  JONATHAN: E allora?

SANDY: Lei… per essere precisi… mi ha tirato fuori l’uccello. JONATHAN: Che contaballe! E poi? E poi?SANDY: L’ha fatto. JONATHAN: Ha fatto cosa?

Sandy fa il gesto della masturbazione con la mano, ghignando.

 JONATHAN: Sei un contaballe! Davvero ti ha fatto… ? 

Sandy salta su e giù eccitato. Scoppiano a ridere tutti e due.

In questa scena Feiffer (lo sceneggiatore) mostra a contrasto i duepersonaggi: Jonathan (interpretato nel lm da Jack Nicholson) personaggiopotenzialmente sciovinista e sessista, cinico nei confronti delle donne, e

Sandy ,(interpretato da Art Garfunkel) più convenzionale e anche un po’stupidotto, tuttavia non certo uno che si tira indietro per troppa timidezza.Nel dialogo, Sandy sta informando Jonathan su come è andato un suoincontro con una ragazza. Contravvenendo apparentemente alla regolaper cui gli avvenimenti al cinema vanno mostrati, non semplicementeriferiti, Feiffer in realtà sottolinea quello che lui vuole raccontare, cioè nonl’incontro sessuale in sé, ma il modo diverso in cui i due amici affrontanoil problema della loro verginità. Sono loro i protagonisti. La ragazza è unpretesto, è un’occasione per conoscere i due amici a confronto. Non èimportante mostrarla, anzi sarebbe incongruo. Ritroviamo questa tecnica

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di dialogo in molti lm di Scorsese e di Quentin Tarantino (tanto perfare due esempi) : i personaggi si raccontano storie vissute. Queste storienon vengono mostrate, nemmeno in FLASH BACK, perché non sonoil vero oggetto della narrazione. L’oggetto sono e restano i personaggi, illoro modo di raccontare e di interagire. Si parte da un contenuto di tipoinformativo ma in realtà lo si usa in funzione espressiva. Quando in unlm avete necessità di far raccontare un fatto, ricordatevi sempre che il vero oggetto della narrazione sono i personaggi che in quel momentoassumono la funzione di narratori. Sandy, nella scena che abbiamoesaminato, non è un messaggero , cioè il semplice e neutro latore di unanotizia, ma è un protagonista che attraverso il racconto di un’esperienza vissuta esprime se stesso, il suo carattere.

3. Funzione enunciativa 

In un dialogo i personaggi possono anche esporre i propri punti di vista suun qualche argomento o chiarire i propri progetti e le proprie intenzioni.Fate attenzione perché anche questo ha stretta attinenza con la descrizioneche stiamo dando del personaggio. Evitate di usare il personaggio per

mettergli in bocca opinioni vostre , di voi che scrivete. Le opinioni devonosempre essere quelle di quel tipo di personaggio, servono a farcelocomprendere meglio.Prendiamo ad esempio alcuni giudizi tranchant dell’anziana attrice NormaDesmond, una celebrità del muto ormai decaduta, nel lm Viale del Tramonto (1950) sceneggiatura di Charles Brackett e Billy Wilder. Nellascena, l’anziana attrice incontra un giovane sceneggiatore (Gillis).

GILLIS: Il vostro volto non mi è nuovo. Voi siete Norma Desmond.Facevate molti lm. Eravate grande.DESMOND: Io sono grande. E’ il cinema che è diventato piccolo.GILLIS: Sì, qualcuno deve avere sbagliato qualcosa...DESMOND: E’ morto. Finito. C’era un tempo in cui in questo lavoroavevamo addosso gli occhi dell’interno mondo. Ma non era abbastanza.Oh no! Loro volevano anche le orecchie. Così hanno aperto le loroboccacce e cominciato a parlare, parlare, parlare….GILLES: Ecco perché si vende il pop corn. Te ne prendi una scatola e ti ci

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tappi le orecchie.DESMOND: Colpa dei caporioni, nei loro begli ufci! Prendevano gliidoli e li infrangevano. I Fairbanks, i Chaplin, i Gilbert, i Valentino. Eadesso cosa gli è rimasto? Delle nullità… un pugno di ranocchi incoloriche gracidano!

Più tardi, Norma parla a Gillis di un suo progetto di sceneggiatura. 

NORMA: Quanto dev’essere lunga una sceneggiatura, oggi? Cioè…quante pagine?GILLIS: Dipende dal lm… se è Paperino o Giovanna d’Arco . NORMA: Questo sarà un lm molto importante. L’ho scritto io stessa. Ci

ho messo degli anni.GILLIS ( guardando la pila di fogli sul tavolo): Qui ce n’è abbastanza persei lm importanti.NORMA: E’ la storia di Salomè. Credo che lo dirigerà De Mille.GILLIS: Uh-uuhNORMA: Abbiamo fatto molti lm, insieme.GILLIS: E voi reciterete nel ruolo di Salomè?

NORMA: E chi sennò?GILLIS: Chiedevo. Non sapevo che stavate progettando un rientro. NORMA: Odio quella parola. E’ un ritorno. Un ritorno ai milioni dipersone che non mi hanno mai perdonato d’aver abbandonato lo schermo. 

Le opinioni di Norma sul cinema, i suoi progetti folli. Il personaggio,comparso nel lm mentre sta seppellendo la sua scimmia in giardino,

grazie al dialogo non viene presentato semplicemente come una pazza,ma come una donna con ferme opinioni e con progetti. Il cinismo con ilquale lo sceneggiatore disoccupato Gillis le dà corda fa da contrappunto. Anche in questo caso, in cui nel dialogo si pronunciano giudizi e sienunciano intenzioni, non ci si discosta dalla prima ed essenziale funzionedel “parlato”, quella espressiva.

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4. Funzione dialettica 

In un dialogo si mettono a confronto almeno due personaggi. Abbiamo visto in tutti gli esempi precedenti come questi due personaggiinevitabilmente niscano per contrapporsi . Certo, non è strettamenteindispensabile che i loro punti di vista si scontrino, uno dei due personaggi(come nel caso di Jonathan) può sollecitare l’altro, oppure (come nel casodi Gillis) assecondare l’altro, eppure nel confrontarsi si mostrano diversi.Insomma un dialogo mette sempre in scena una dialettica tra due punti di vista differenti. Se un personaggio dice la sua e tutti gli altri si limitano adargli ragione, non siamo più in presenza di un dialogo, ma di unmonologo assertivo. La funzione di un dialogo è dunque

fondamentalmente espressiva, ma non unilaterale. Un dialogo ci mostrapiù spesso di quanto non accada nella vita reale (popolata da dialoghi trasordi) personaggi che si ascoltano l’un altro, che si prendono più o menosul serio, e che ribattono alle parole degli altri. Anche quando uno dei duepersonaggi all’apparenza si limita a fare da spalla , anche se , come Jonathan, continua a ripetere semplicemente: “ E allora?” , nella suainsistenza, nel suo chiedere maggiori dettagli , dice implicitamente:”io

sono qui e sono diverso da te” . Bisogna stare molto attenti a non aderiretroppo ad un personaggio, lasciando agli altri un mero ruolo di supporto, odi passiva complicità. Un dialogo vive di contrapposizione. La scena in cuiSam Spade parla al telefono, non richiede contrapposizione alcuna edunque non ha alcun bisogno di mostrarci l’interlocutore. Ma se noi vediamo l’interlocutore, dobbiamo dargli un ruolo, una presenza attiva. Ilsuo intercalare ha anche il risultato ritmico di spezzare le battute dell’altro,

di impedire che i dialoghi diventino discorsi (come nella tradizione teatralee letteraria ).Il tempo del Discorso, non è un tempo cinematograco.Come abbiamo osservato nella precedente lezione, il montaggio accorcia iltempo degli eventi reali. Il parlato in cinema vive anch’esso di montaggio.Senza alternanza di battute, fermiamo il ritmo. Possiamo farlo se è uneffetto consapevole che vogliamo dare. Ma se invece crediamo checonsentire a un personaggio di dire tutto quello che ha da dire di lato ,possa abbreviare il tempo complessivo della scena, beh allora ci sbagliamoclamorosamente. La somma di molte piccole frasi scambiate risultacomunque più veloce di un monologo. Le interruzioni non sono pause,

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sono un elemento ritmico (accenti che conferiscono dinamicaall’espressione verbale) e sono un elemento dialettico grazie al qualeciascun personaggio prende luce e rilievo dall’altro, pur esprimendo sestesso.

ESERCIZIO 

Utilizzate l’esempio proposto in questa lezione (da La Febbre del SabatoSera). Scrivete i proli dei due personaggi protagonisti della vostra scena didialogo e fate in modo che il dialogo esprima le loro caratteristiche.Fin dalla prima lezione ho sottolineato la necessità di stilare dei proli dei vostri personaggi. Pochi però lo hanno fatto. In genere preferite passare

subito alla sceneggiatura delineando alcune scene. In questo modo perònite per scoprire il vostro personaggio in corso d’opera cioè man manoche lo scrivete e accumulate incoerenze che poi vi ritroverete a dovercorreggere.In tutti i manuali si insiste su soggetto/scaletta/trattamento/sceneggiaturacome fasi principali del lavoro dello sceneggiatore. Ma è indispensabileanche concentrarsi sul prolo dei personaggi, che anzi dovrebbe essere la

fase preliminare a tutte le altre. Quando avete scritto il prolo dei vostripersonaggi, tenetelo sempre in vista mentre sceneggiate e vericate sempreche i comportamenti, le azioni, il modo di parlare e di esprimersi,corrispondano alle caratteristiche che voi stessi avete ssato di quel certopersonaggio. Può capitare che scrivendo vi venga in mente una svolta, unacorrezione, un’integrazione al personaggio. Allora correggete il prolo, matenetelo sempre come guida, perché questa correzione avrà

necessariamente la sua inuenza su tutte le scene in cui compare ilpersonaggio. Tony Manero, nel lm succitato, balla anche quandocammina .Non dobbiamo far capire che è un ballerino nato solo nella suascena di ballo in discoteca. Il ballo pervade tutta la sua vita. E’ il suo mododi muoversi che appare tanto naturale, sottolinea lo sceneggiatore, quantostudiato. Se non tenete presente l’unità del personaggio, il vostropersonaggio diventerà una sorta di Frankenstein che in una scena sicomporta e si esprime in un modo e in un’altra in un altro, e l’attore che lointerpreta avrà di conseguenza grossi problemi nel dare coerenza a unsimile personaggio. Oppure può capitarvi di fare esprimere il vostro

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personaggio in modo neutro e meramente funzionale, senzacaratterizzazione alcuna. In questo modo perderà qualsiasi caratteristicadistintiva ed esporrete l’attore a dubbi anche più grandi nell’interpretarlo:per caratterizzare una battuta troppa neutra, magari gli conferirà un’ironiache non avevate affatto previsto, oppure drammatizzerà eccessivamenteuna battuta casuale e da non sottolineare troppo. Tutto quello che si scrive in una sceneggiatura, non serve a voi chescrivete, ma ai reparti: al regista, agli attori, ai costumi, allo scenografo, aldirettore della fotograa eccetera. Ciascuno di essi leggerà la scena dal suopunto di vista per capire come renderla al meglio nell’ambito del proprioruolo. Di conseguenze le indicazioni devono essere molto precise e nonoffrire il destro a interpretazioni troppo varie e “libere” , altrimenti

l’insieme della scena perderà ogni coerenza narrativa. Ora: l’asse dellacoerenza narrativa è rappresentato dai personaggi . Delineare bene ipersonaggi è il fondamento della narrazione. E il dialogo ,in quantoespressione dei personaggi, non può risultare efcace se non vi ècostantemente chiaro chi sono le persone che stanno parlando. 

 APPENDICE – Il dialogo nei fumetti 

Molte delle cose dette sopra a proposito della sceneggiatura

cinematograca valgono anche per una sceneggiatura a fumetti. Ilconfronto è estremamente utile anche per chi si interessa solo disceneggiatura cinematograca, perché certe caratteristiche soprarichiamate risultano addirittura esaltate in fumetto, altre invece sonoopposte. Prenderò come base i fumetti Bonelli in quanto più assimilabili al

cinema: i tempi della narrazione sono più dilatati rispetto a un fumettoMarvel , le azioni sono descritte in sequenza, le scene di dialogo sono piùampie . Inoltre i fumetti Bonelli di ultima generazione usano un linguaggiomeno classicamente “da fumetto” e più vicino alle sfumature della linguaparlata usata nel cinema. 

1.Quando avete necessità di una lunga scena di dialogo tra due o piùpersonaggi, anzitutto cercate di suddividerla in due o più scene, cioè inambienti diversi. Se riesaminate la scena di dialogo tratta da La febbre delSabato Sera, noterete che è suddivisa in due scene diverse (come del resto

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quella di Viale del Tramonto): una all’esterno e un’altra all’interno. Nellaprima i personaggi si muovono passeggiando , nella seconda sono sedutiin un bar uno di fronte all’altra. Il dialogo è continuato, come se si trattassedi un’unica scena, ma differenziare gli ambienti permette di renderla visivamente più mossa, meno monotona e di variare le inquadrature. Infumetto questo è anche più importante, in quanto si tratta di disegni: nonabbiamo a disposizione né attori , né movimento. Il rischio di unarappresentazione troppo statica è dunque molto più elevato. 

2.Ha grande importanza che i due personaggi dialoghino davvero, cioè cheuno dei due non si limiti a una presenza da bella statuina. Anche questa èun’esigenza più forte nel fumetto che in cinema. Normalmente in un lm,

una scena di dialogo tra due persone sedute a un tavolo, si gira così: primasi gira un master, cioè un’inquadratura in cui i due personaggi appaionoinsieme nell’ambiente e recitano la scena dal principio alla ne. Poi si rigirala stessa scena in favore di uno dei due personaggi . Poi la si rigira a favoredell’altro. (Le inquadrature possono essere differenziate: PP dei duepersonaggi distinti, oppure con presenza in quinta di spalle

dell’interlocutore, o master più stretti in cui i due personaggi si vendono

entrambi ma più isolati dall’ambiente). Anche in questo caso però si giral’intera scena: il personaggio che parla non viene ripreso solo quando parla, ma anche quando ascolta. Quest’ultimo si chiama “piano d’ascolto” epermette di far interagire i personaggi. Un personaggio anche se non parla,può essere espressivo per le reazioni che suscitano nella sua espressionemuta le parole dell’altro. Inoltre, è molto monotono in cinema continuarea staccare ripetitivamente tra uno che parla e l’altro che risponde. Il

montatore avrà più chance se potrà alternare il totale del master con i PP, icampi e controcampi, i piani in cui gli attori parlano e quelli in cuiascoltano. Tutto ciò muove la scena e le conferisce ritmo, e inoltre aiuta amascherare possibili errori , ad eliminare pause di troppo o a inserirne senecessario, eccetera. In un fumetto questo movimento va reso sulla tavola,badando a non ripetere nella stessa tavola vignette identiche e badandoanche a non creare effetti fastidiosi come ad esempio due vignettesovrapposte con piano identico anche se i personaggi rappresentati nella vignetta cambiano. La vignetta, al contrario di un’inquadraturacinematograca che è disposta nel tempo, prima o dopo le altre, è disposta

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nello spazio, cioè (nella tavola) insieme alle altre e una rappresentazionegraca monotona e ripetitiva ha in genere un effetto sgradevole. In unfumetto lo sceneggiatore è in certo modo anche regista della messa inscena, deve cioè precisare le inquadrature ( cosa che non è costretto a farein una sceneggiatura cinematograca) se non altro per dare al disegnatoreuna traccia di impostazione della tavola nel suo insieme. Vi basteràguardare con attenzione delle scene di dialogo in un fumetto Bonelli percapire le varie tecniche che si usano, spesso mutuate dai campi/controcampi caratteristici del cinema, ma spesso più libere (per esempiocon totali dall’alto, o con fondo bianco, in cui magicamente l’ambientesparisce) per ottenere una maggiore varietà graca nella pagina.

3. Le esigenze di sintesi proprie della battuta cinematograca, in unfumetto sono anche più stringenti. Le parole in un fumetto sono disegnatedentro la nuvola (il balloon) che è un elemento graco esso stesso per ilquale va previsto quando si disegna, uno spazio apposito. E’ evidente chese il balloon è troppo pieno di parole, diventa talmente grande che coprebuona parte del disegno o costringe a effetti bruttissimi per esempio diballoon drappeggiati attorno alla testa e alle spalle del personaggio oppure

a colonne di balloon in cui lo stesso dialogo viene suddiviso in singolefrasi, ma con la conseguenza esteticamente poco piacevole di rafguraresulle teste dei personaggi dei cono gelato a palle sovrapposte . Un balloonche ospiti più di trentacinque parole ( inclusi gli articoli) nisce pernuocere al disegno dei personaggi e della scena, mangiandosi gran partedello spazio disponibile. Dunque se avete necessità di fare dire una lungabattuta a un personaggio, dovrete comunque badare a suddividerla non

solo in più balloon, ma in più vignette. D’altro canto anche un eccesso dipiani d’ascolto (con balloon da fuori campo) è un effetto sgradevole infumetto . Dunque è buona regola in un dialogo che il personaggioprincipale non sia il solo a parlare, ma anche all’altro siano date occasionidi interruzione, di commento, di richiesta di chiarimento o di supporto alragionamento fatto dall’altro. I monologhi esaltano la staticità: in fumetto(che è di per sé statico) abbiamo esigenza di cambiare le inquadrature piùspesso che in cinema, evitando le ripetizioni.

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ESERCIZIO – Quando in un fumetto si deve scrivere una scena didialogo, ci si può anche occupare delle inquadrature in un secondomomento. Cioè: scrivete il dialogo, con botte e risposte, quasi si trattassedi un dialogo quotidiano, tra due personaggi reali che sviluppano unaconversazione. Non preoccupatevi in questa fase della misura e dellalunghezza della scena. Scritto questo primo brogliaccio, sintetizzatelo:togliete le frasi di passaggio, quelle che comportano ragionamentitroppo complessi, quelle più digressive rispetto all’argomento centrale.In altre parole cercate di concentrarvi sul contenuto fondamentaledella conversazione e asciugate di conseguenza il primo testo. Dopoaver fatto questo, riprendete di nuovo il testo del dialogo da capo ecercate di condensare ancora, cioè di vericare se ogni singola battuta

che avete scritto può venire espressa con meno parole. Questo riguardaanche la coloritura espressiva della frase. Una metafora, un’espressioneparticolarmente ccante rendono sempre di più di un freddoragionamento. Il linguaggio deve essere molto chiaro ed inequivocabile.Dato che in fumetto non abbiamo a disposizione degli attori e che è moltodifcile per un disegnatore rendere le minime sfumature dell’espressionedi un volto, è bene che le parole da sole , puramente scritte, senza che

se ne possa udire il tono, siano trasparenti: una frase ironica dev’essereesplicitamente ironica nella scelta stessa delle parole usate, è meglio serisulta buffa piuttosto che “sottilmente ironica” perché la sottigliezza saràsempre molto difcile da cogliere dal disegno. Se il vostro personaggiopronuncia una battuta commuovente, è importante che sia il testo stessoa commuovere. Se il disegnatore non darà una particolare accentuazioneal volto del personaggio ( che so, una lacrima che scende , uno sguardo

rivolto in basso, il capo chino, la fronte corrugata eccetera ) l’effettoche avete voluto dare resterà comunque nel testo. Anzi spesso non èconsigliabile caricare troppo l’espressione del personaggio perché potrebbedar luogo ad effetti un po’ ridicoli: stupori, perplessità, isterismi, ghigni,che certo fanno parte dell’iconograa fumettistica, vanno però regolati aseconda di quanto avviene. L’eroe non può stupirsi allo stesso modo difronte a un evento del tutto prodigioso o ad un evento semplicementeinatteso. Il dialogo (o i pensieri) aiutano indubbiamente a precisarel’intensità emotiva , accentuandola o stemperandola dove necessario.Una volta sintetizzato così il dialogo, cominciare a suddividerlo in

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 vignette, per capire bene quante tavole occupa la scena. Un numeroeccessivo di tavole di dialogo nello stesso ambiente, diminuisce le chancedel disegnatore e lo costringe a innite capriole per non ripetersi . Perdisegnare qualcos’altro, a volte ci si trova costretti a passare all’esterno e vedere i balloon dei personaggi che dialogano spuntare da una nestra,oppure ad inquadrare la scena in campo lungo con i due personaggi chedialogano sullo sfondo e delle comparse in PP. Questo tipo di scelte sonosempre molto discutibili in quanto distraggono l’attenzione. Il volto o ilgesto di una comparsa in PP può diventare indebitamente protagonistaa scapito dei personaggi protagonisti. Lo stesso vale per gli oggetti . Ildisegnatore può divertirsi a disegnare in PP un vaso cinese gracamentemolto elaborato, con i due protagonisti che chiacchierano sul fondo. Ma

perché mai un vaso dovrebbe essere protagonista della scena? Se nellastessa scena questo dettaglio di scenograa ha un’importanza narrativa( per esempio per farci capire che si tratta di un locale cinese di unacerta eleganza, oppure perché successivamente quel prezioso vaso verràspaccato) allora ha un senso metterlo. Se invece è una pura belluria daornamento, una furbizia per evitare di stare sempre sui personaggi,allora questo dettaglio è soltanto distraente . E’ molto meglio, di fronte

a una scena di dialogo che si sviluppa per parecchie pagine, cercare altresoluzioni: per esempio quella già indicata di suddividere il dialogo in piùambienti con i personaggi in movimento, oppure abbreviando ancora lascena no a raggiungere una dimensione accettabile in termine di numerodi pagine. Qui ovviamente si aprono delle alternative, diverse a secondadello stile del fumetto e dell’autore : su Tex un dialogo in un internopuò durare anche più di otto pagine, su Magico Vento è molto raro che

una scena di dialogo in un ambiente duri più di due pagine, al massimopuò arrivare a quattro. Vale qui , per lo spazio, quanto detto nella lezioneprecedente per il tempo. Lo spazio nel fumetto, non ha solo il valoregraco prima ricordato, ma corrisponde anche a un tempo diverso dilettura. E’ ovvio che se il lettore deve leggere molti balloon, impiegheràper quelle pagine più tempo di quanto non ne impieghi per delle tavoledi pura azione senza balloon o con pochissimi balloon. Certo se questetavole sono particolarmente interessanti sotto il prolo visivo, il lettoresi soffermerà di più sulle immagini, ma in linea di massima nelle tavole incui ci sono molte battute da leggere, il tempo di lettura necessario è più

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ampio di quelle in cui prevale il colpo d’occhio. Insomma: un fumetto conpochissimi dialoghi può apparire senz’altro più vivace di un fumetto conmolti balloon, però il lettore si troverà a nirlo molto prima e potrebberestare deluso per non aver letto abbastanza.Scrivendo un fumetto è sempre bene tenere equilibrato il tempo di lettura.Dialoghi e azione vanno bilanciati con cura. Esagerare in dialoghi espiegazioni, rallenta e stanca. Esagerare in azione lascia l’impressione cheil racconto latiti o sia stato sbrigato troppo in fretta. In linea di massima vanno riservate più pagine all’azione, rispetto a quelle riservate al dialogo,se non altro perché le prime vengono lette più in fretta. Dunque uno stileequilibrato non è ad esempio otto tavole di dialogo e otto tavole d’azione.Le pagine di dialogo dovrebbero essere la metà. Naturalmente, ripeto, ciò

attiene alle scelte stilistiche dell’autore, non è una regola valida per tuttie in tutti i casi, né vale per tutte le storie. Tenete però presente che unascena di dialogo come quella di Jonathan e Sandy in Conoscenza carnale èquasi impossibile da realizzare in fumetto: diventerebbe immobile, di unaripetitività graca insopportabile e troppo lunga alla lettura. Un continuobotta e risposta a piccole frasi, in fumetto comporta una moltiplicazionedelle vignette all’eccesso, oppure un’alternanza di balloon a gelato tra i due

protagonisti che non si adatta alle caratteristiche grache di tutti i fumettie che oltretutto comporta una distonia espressiva: il dialogo si sviluppa,mentre i due protagonisti restano espressivamente ssi. Se in cinema ilrapido botta e risposta esalta i valori ritmici e accorcia, in fumetto accadeesattamente il contrario. E’ particolarmente sintomatico sottolinearequesto se si tiene presente che lo sceneggiatore di Conoscenza Carnale, Jules Feiffer, è anche un grande autore di fumetti. I fumetti di Feiffer sono

egualmente molto dialogati, ma se li confrontate al suo lm, non potretenon rilevare che in essi il dialogo risulta maggiormente condensato, inpoche battute essenziali ed esemplari.

Gianfranco Manfredi 

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 APPUNTI DI

SCENEGGIATURA 

Un lm racconta una serie di azioni che delle persone compiono indeterminate situazioni. Per iniziare a scrivere una sceneggiatura bisognaavere un’idea di cosa si vuol far fare a queste persone, ai personaggi,di quali situazioni gli si vuole far affrontare, di quali luoghi gli si vuolfar visitare. Nonostante tutti gli sforzi che uno scrittore può fare, èpraticamente impossibile trovare un’idea assolutamente originale,riecheggerà sempre qualcosa di già visto in un altro lm, o letto in un

libro, o sentito in una canzone... L’importante, comunque, è non copiare,ma prendere spunto. Si può partire dalla stessa idea, dallo stesso puntodi partenza, di un altro autore, per poi prendere tutt’altra direzione ed

arrivare in un luogo completamente diverso. In parole povere: pur avendouna storia simile, il lm può (e deve) essere completamente diverso. Lastoria non deve mai sembrare quella di un qualcosa di già visto, anche sespesso l’incrocio tra diverse cose già viste può sembrare persino qualcosadi nuovo. La storia deve sembrare una variazione interessante di un temaconosciuto. Non è mai buona idea, comunque, descrivere ciò che si scrivecome “un incrocio tra questo e quello, con un po’ di quest’altro”. Questo vale in ogni campo della scrittura creativa, ma è vero soprattutto nelcinema.Esistono milioni di modi diversi per sviluppare la stessa idea, quindibisogna avere ben presente n dall’inizio deve si vuole arrivare quando siinizia a scrivere. Facciamo qualche esempio di idea per dei lm:

- Un ragazzo ed una ragazza si amano, ma sono costretti a tenere segreta laloro relazione.- Un criminale, dietro la promessa della libertà, viene incaricato direcuperare un uomo che può salvare il mondo dalla distruzione.- Un uomo torna dal regno dei morti per vendicarsi dei propri assassini.- Durante una missione scientica un gruppo di studiosi entra in contattocon una razza aliena sconosciuta.

- Ad un esperto poliziotto di colore viene assegnato un nuovo compagno,bianco e più giovane. I due si trovano subito invischiati in un complicatocaso di omicidio.

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Suonano familiari? Dovrebbero, perché la prima idea è quella che sta allabase di “Romeo e Giulietta”, ma è molto semplice e può essere facilmenteadattata (e lo è stata) alle situazioni più diverse. La seconda è la storia di“1997: Fuga da New York ”, ma se specichiamo che il prigioniero deve viaggiare nel tempo diventa quella de “L’Esercito delle 12 Scimmie”. Lastoria dell’uomo che resuscita è comune a “Il Corvo” ed al più recente“Spawn”, ma va detto che entrambi i lm sono basati su dei fumetti. Laterza è l’idea su cui si basa “La cosa da un altro mondo”, ma basta decideredi ambientarla nello spazio e diventa “ Alien”. Inne possiamo ammirare lacoppia di poliziotti bianco-nero sia in “Arma Letale” che in “Se7en”.Come potete vedere, dunque, le idee ricorrono, si riciclano, vengonocopiate, ma vengono anche e soprattutto modicate. Quindi ricordatevi

sempre che per quanto buona sia l’idea di partenza quello che conta veramente è il modo in cui viene sviluppata. Certo che se si parte da unabuona idea...Quando si ha la possibilità di scrivere ciò che si vuole si nisce spessoper ssare il foglio bianco per ore. La cosa migliore da fare, la primaregola dello sceneggiatore, è scrivere di ciò che si conosce, il che non vuol dire scrivere la propria autobiograa, ma piuttosto narrare la storia

di un personaggio con cui abbiamo qualcosa in comune e che si muovein un ambiente simile a quello che conosciamo. Il protagonista del nostrolm, che lo vogliamo o no, avrà sempre qualcosa in comune con noi,perché siamo noi a dargli vita, a decidere cosa deve dire e fare, ma questesomiglianze non dovrebbero essere l’aspetto principale del personaggio,a meno che non abbiamo avuto una vita veramente molto curiosa edinteressante.

Ma come si fa a sapere quando si ha un’idea veramente buona? Beh,all’inizio tutte le idee sembreranno buone, e quest’impressione si faràsempre più forte man mano che il tempo passa e quel dannato fogliocontinua a ssarci in tutto il suo candore. Bisogna cercare di dar liberosfogo alla propria fantasia, bisogna osservare tutte le idee che ci nuotanonella testa no a che non abbiamo veramente l’impressione di aver pescatoquella giusta. Allora prendiamo questa “grande idea” e guardiamola meglio.Ponetevi questa domanda: “È sufciente per essere l’idea base del miolm?”. Quanto più tempo ci avete messo per trovarla, tanto più il vostro“sì” sarà convinto. Bene, sappiate che un’idea sola non è mai sufciente!

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Certo, ci sono un sacco di lm “mono-ideistici” (e scusate il neologismo),ma nessuno di questi è veramente valido quando si pensa esclusivamentealla trama. L’idea centrale di un lm dev’essere eccitante, affascinante edeve apparire diversa da tutto quello che si è visto o sentito no a quelmomento, e la vostra sceneggiatura dovrà essere piena zeppa di buoneidee, soprattutto se ci sono scene d’azione. Per quanto grandi possanoessere le esplosioni che vi immaginate, il pubblico le ha già viste. Perquanto rossi possano essere i vostri umi di sangue, il pubblico ne ha vistidi più spaventosi. Fino a questo punto, ed in genere anche quando la storiasarà completa, l’idea si potrà riassumere con una sola frase, con una solaimmagine: la locandina che viene appesa fuori dai cinema. Molto spesso lalocandina è sufciente ad evidenziare le differenze che un lm ha rispetto

agli altri lm che partono dalla stessa idea. Nel manifesto di “Arma Letale”si vedono Mel Gibson e Danny Glover spalla a spalla con le pistole inmano, mentre in quello di “Se7en” erano riportati solamente i sette peccaticapitali ed il titolo del lm. Nel primo caso il lm è incentrato su ciò chei protagonisti fanno, sul loro carattere e sul rapporto che si viene a crearetra di loro; nel secondo i due poliziotti agiscono in relazione a ciò che il“cattivo” fa, è lui che ha il controllo del lm, anche se lo vediamo poco.

Cercate di visualizzare la locandina del vostro lm. È interessante? Èoriginale? È comprensibile? Se non vi sembra abbastanza interessantecercatene un’altra. Se assomiglia a quella di un altro lm cercatene un’altra.Se non sapete come riassumere il lm in una sola immagine cercateneun’altra. Di idea, non di locandina.

Scrivere il soggetto

Diamo per scontato che alla ne, dopo indicibili sofferenze, siate riuscitiad avere un’idea interessante e avete l’impressione di poterne veramentefare un intero lm, perché avete anche delle altre idee su come sorprendereil pubblico ed evitare che si addormenti dalla noia. Prima di mettersi ascrivere la sceneggiatura vera e propria è meglio scrivere la scaletta dellm, il soggetto. In pratica si tratta di decidere che tipo di persone voleteche i vostri personaggi siano, quali sono le loro caratteristiche principali,dove volete che l’azione si svolga e cosa questi personaggi dovranno fare,quali problemi si troveranno ad affrontare.

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Capita spesso di lavorare ad una sceneggiatura insieme ad altre persone.L’equazione per cui più teste pensano, più brillante sarà il risultato nonè sempre vera, anzi è spesso vero il contrario: può capitare di trovarsi indisaccordo, di avere visioni opposte dello stesso problema, di interpretarein maniera diversa i personaggi. Questo succede soprattutto se non siha molta familiarità con i propri compagni di lavoro, o se si è abituatia lavorare da soli, in piena libertà. Il pericolo maggiore, in questi casi,è quello di cercare di imporre sempre le proprie idee, perché a questopunto anche gli altri vorranno fare lo stesso ed il risultato nale sarà unasceneggiatura eterogenea e discontinua. Come lo si può evitare? Beh,innanzitutto bisogna entrare nell’ordine di idee che questa volta si fa partedi una squadra e che bisogna giocare con gli altri, insieme agli altri. Bisogna

mettersi in testa che anche gli altri possono avere buone idee, e che anchenoi possiamo averne di cattive. Potrà capitare che più di una persona pensidi avere l’idea giusta per sviluppare una scena, potrà capitare che entrambele idee siano valide, ma potrà anche capitare che nessuna di queste losia veramente. Una cosa molo utile da fare quando si scrive in gruppoè porsi tutte le domande che una scena ci suggerisce, questo perchéognuno potrebbe avere dei dubbi diversi da quelli degli altri sull’effettiva

efcacia di una scena. Portare all’attenzione degli altri questi dubbi aiuteràsenz’altro a trovare la soluzione per i problemi che nascono mano a manoche si scrive. La regola fondamentale dello scrivere in gruppo ve l’ho giàdetta: bisogna essere un giocatore di squadra.

 Anche se la cosa appare contestabile il modo migliore per dare un buon

ritmo alla storia è dividere lo sviluppo dell’azione in tre parti, in trecapitoli:

- un’introduzione, in cui vengono presentati i personaggi principali, in cuisi fa capire come e dove vivono e si inizia a presentare il problema chedovranno affrontare nel corso del lm;- una parte centrale dell’intreccio, in cui questo problema si sviluppa,sconvolgendo la vita dei personaggi. In pratica è il momento di svilupparela vostra “grande idea”;- un nale, in cui i personaggi risolvono (o forse no) la situazione in cui

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si erano venuti a trovare e si concludono anche le sottotrame, le ideesecondarie che avevate inserito nel lm.Soprattutto siate ben sicuri di avere qualche idea interessante perognuno di questi capitoli e di avere un deciso cambio di situazioneapprossimativamente a metà lm. Come ho detto questa tecnica apparemolto contestabile, ma deriva direttamente dal teatro dell’antica Greciae se praticamente tutti i lm sono scritti seguendo questo procedimento,una sua efcacia dovrà pur averla. Non fatevi troppi problemi, comunque:siamo talmente abituati a vedere e leggere storie strutturate in questomodo che nirete per scrivere il vostro soggetto rispettando questa regola,anche se potreste persino non rendervene conto.

Se state scrivendo una cosa in piena libertà, un “soggetto originale”, nonfatevi problemi a dar libero sfogo alla vostra fantasia. Non chiedetevi seuna scena è realizzabile, quando costerebbe o come bisognerebbe costruireil set in cui girarla, non sono problemi vostri. Chiedetevi piuttosto se lascena è plausibile, se è importante all’interno del lm, e soprattutto se èinteressante. Se avete l’impressione che serva solo per allungare il brodo,

mettetela da parte e sperate di non averne bisogno. Non buttatela via,però, perché potreste averne bisogno: nello sviluppo della sceneggiatura,infatti, potreste decidere di cambiare un po’ la storia e nire per averebisogno proprio di quel tipo di scena.

Quello che avete in mano a questo punto è più o meno la trama del lm.

È molto importante che la storia possa realmente interessare chi legge,e che possa anche interessare lo spettatore tipo, deve succedere qualcosache valga la pena di narrare in un lm. Ora immaginate di parlare condei vostri amici di ciò che avete appena scritto. Sarebbero interessati? Vorrebbero saperne di più? Vorrebbero leggere la sceneggiatura? Siateonesti con voi stessi, mentire a questo punto sarebbe come mentirescrivendo sul vostro diario.

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Se la vostra storia ha la possibilità di interessare qualcun altro al di fuoridi voi e di vostra mamma potete iniziare seriamente a dar vita ai vostripersonaggi. A questo punto del lavoro dovete occuparvi solo del vostroprotagonista, ed eventualmente di un personaggio non protagonistache è comunque molto importante nell’economia del lm, in genere il“cattivo” di turno. Gli altri li “disegnerete” man mano che faranno laloro apparizione nella storia. Iniziate col fare una lista di tutto ciò che ilpubblico ha bisogno di sapere sul vostro protagonista, sottolineate le coseche il pubblico deve sapere subito, ed inne fate una lista di quello chenon volete dire al pubblico, ma che comunque condizionerà la psicologia,e quindi le azioni, del vostro protagonista. Fate in modo di avere bene inmente le sue abitudini, i posti dove gli piace andare, il suo modo di parlare,

il tipo di persone che gli piace frequentare. Quando avete messo su cartatutte queste cose e siete sempre convinti di quello che volete far fare aipersonaggi, siete pronti per iniziare a scrivere la sceneggiatura.

Questa è la prima parola in una sceneggiatura. Dallo schermo nero sipassa, più o meno lentamente, all’immagine iniziale. Si “Dissolve in:”.

Esistono tre modi diversi per scrivere una sceneggiatura. Derivano dalleabitudini in uso in tre paesi tra i più “cinematogracamente sviluppati” delmondo.

Nella forma italiana il foglio viene diviso in due colonne: nella colonnadi sinistra vengono date tutte le indicazioni relative alla parte visiva, leazioni dei personaggi e le descrizioni degli ambienti. In quella di destra cisono quelle relative al sonoro, cioè i dialoghi, i rumori ed alle volte anchele musiche. Succede spesso, in Italia, che il regista collabori alla scritturadella sceneggiatura, quindi in questo caso si decide subito il modo in cuisi dovrà girare e montare una scena, indicando il tipo di inquadratura dausare, numerando ogni scena e spesso anche ogni inquadratura.

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138 - EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTE 

(C.M.) - Plissken esce in strada eda un’occhiata alla radiobussola, poi si guarda intorno e camminaverso la mdp, fno ad una rampa di

scale che scende. Inizia a scendere.

Musica proveniente dall’internodel teatro.

 

Si sente sbattere la porta delteatro.

(P.M.) - Plissken si volta di scatto a fucile spianato.

(P.M.) - Cabbie fa un passo versoPlissken con le mani in alto. Ètranquillo.

CABBIE: Ehi... Sei Iena Plissken,è vero?

 

(P.M.) - Plissken lo fssa senza

 abbassare il fucile. 

PLISSKEN: Che cosa vuoi?CABBIE (f.c.): Niente.

Plissken abbassa il fucile. 

(C.M.) - Cabbie sorride.Si avvicina a Plissken, ma questi ricomincia ascendere le scale.Cabbie si avvicina alla rampa e lo guarda.

CABBIE: Io ti credevo morto.

 

CABBIE: Ehi... Non vorraigironzolare là sotto, Iena.

La forma americana è quella che, gracamente, si avvicina di più ad unromanzo. Si riempie il foglio dal margine sinistro a quello destro, e si cercadi dare al racconto una scorrevolezza letteraria. I dialoghi sono scritti alcentro della pagina, leggermente rientranti su entrambi i lati rispetto altesto normale, in modo da permettere di capire, già ad un primo colpod’occhio, se nella pagina sia raccontato un dialogo od una scena d’azione.Non ci sono indicazioni tecniche di alcun tipo, per non rendere troppo“pesante” la lettura a persone che non hanno una perfetta conoscenzadella tecnica cinematograca.

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EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTELa grande porta si apre e Plissken esce chiudendoselaalle spalle.Da un’occhiata alla radiobussola, poi osserva la strada

e cammina fno a che non raggiunge una rampa di scale chescende.Da un’occhiata giù, poi inizia a scendere.D’improvviso la porta del teatro si apre!Plissken si volta di scatto a fucile spianato.Cabbie cammina verso di lui, con le mani alzate. Nonsembra per niente spaventato.

CABBIEEhi... Sei Iena Plissken, è vero?

Plissken lo guarda, un po’ sorpreso.PLISSKEN

Che cosa vuoi?

CABBIENiente.

Plissken abbassa il fucile.CABBIE (continua)

Io ti credevo morto.

Plissken si volta e riprende a scendere le scale.Cabbie si avvicina e lo guarda.

CABBIEEhi... Non vorrai gironzolare là sotto, Iena.

Nessuna risposta.

In Francia i registi tendono ad improvvisare notevolmente durante le

riprese, come si nota chiaramente guardando il lm “Effetto Notte” diFrançois Truffaut, così le sceneggiature spesso riportano solo la tracciadei dialoghi, le frasi più importanti che i personaggi dicono ed il sensogenerale dei loro discorsi. Sarà proprio il regista a completare le battutedurante le riprese, seguendo l’ispirazione del momento. Proprio per questola lunghezza delle sceneggiature “francesi” può variare notevolmente, adifferenza di quella americana e quella italiana, che per un lm di durata

normale in generale si aggirano intorno alle 90-100 pagine. Ovviamente diindicazioni tecniche neanche parlare...

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138 - EST. RETRO DEL TEATRO - NOTTEPlissken esce dal teatro seguendo la traccia dellaradiobussola. Percorre la strada fno a che non arriva

ad una rampa di scale che scendono. D’improvviso unrumore lo fa voltare, a fucile spianato. È Cabbie, cheavanza verso di lui, tranquillo, con le mani alzate. L’hariconosciuto, è per questo che ha deciso di seguirlo.CABBIE: Io ti credevo morto!Plissken non gli presta attenzione e si mette a scenderele scale. L’idea non piace a Cabbie che, urlando, cercadi dissuaderlo dall’andare là sotto. Ancora una voltaPlissken lo ignora.

Questi sono tre modi diversi di narrare la stessa scena: il primo incontrotra Iena Plissken (Kurt Russell) e Cabbie (Ernest Borgnine) in “1997: Fugada New York ”. La sceneggiatura originale, scritta nel 1980 da Nick Castlee John Carpenter, sembra una via di mezzo tra il metodo italiano e quelloamericano, perché l’azione è divisa in inquadrature e ci sono indicazionirelative al modo di montare le scene. Questo perché i due scrittorisapevano che Carpenter avrebbe poi diretto il lm. Ma se fosse stata scritta

in tempi più recenti, o da qualcun altro, sarebbe senz’altro più simile alsecondo esempio, che è quello in voga nella Hollywood di oggi ed un po’in tutto il mondo. Nel terzo esempio, inne, il modo di narrare dipendemolto dal rapporto tra sceneggiatore e regista. Come detto non ci sonodialoghi, se non quel “Ti credevo morto” che sarà una frase ricorrentenegli incontri tra Iena e gli abitanti di New York, e tutte le azioni vengonoaccennate piuttosto brevemente.In pratica, dunque, la sceneggiatura non è altro che il romanzo del lm, unracconto che narra ciò che si vedrà poi sullo schermo. Un racconto che,invece di essere diviso in capitoli, è diviso in scene. Ogni scena, come avete visto, inizia con un titolo, che ne denisce il tempo ed il luogo. Si specicase l’azione si svolge all’aperto (Est. - Esterno) o all’interno di una qualchecostruzione (Int. - Interno). In fase di sceneggiatura, soprattutto se nondovrete essere il regista del lm, non è conveniente immaginare comegirare la scena, anche per evitare di restare troppo delusi per la riuscita

nale sullo schermo. Quindi se una scena si svolge in casa verrà sempredenita come “Int.”, anche se pensiamo sia una buona idea riprenderla dafuori la nestra. La stessa cosa vale per le scene ambientate in auto. Nel

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titolo si specica anche il luogo preciso in cui una scena si svolge (camerada letto, strada, sottoscala...) ed il momento del giorno (mattina, giorno,sera, notte).Nel descrivere la scena è preferibile iniziare dalla cosa più importantesullo schermo. Se un uomo delle pulizie sta mettendo a posto un ufcioconverrà cominciare la scena con la descrizione delle sue azioni, per poipassare a descrivere l’ambiente, mano a mano che lui si muove, in mododa rendere più scorrevole ed interessante la descrizione dei luoghi. Tutti glielementi importanti devono essere citati, ed è preferibile evitare di perderetempo descrivendo particolari inutili. Se per il lm non ha importanzache la tuta da lavoro dell’uomo delle pulizie sia blu invece che gialla, alloranon ne ha neanche per la sceneggiatura; ma se nella scena seguente viene

ritrovato il cadavere dell’uomo con indosso una tuta di colore diverso,allora bisogna descriverla, e bisogna farlo subito.La sceneggiatura è scritta al tempo presente, come se le cose stesseroavvenendo in questo momento. Imparate a fare una forza di questofatto, perché scrivere al tempo presente può dare al lettore l’impressionedi essere dentro la vicenda. Per ottenere questo risultato, però, bisognascrivere in maniera valida, come se si trattasse veramente di un romanzo.

Coniugate effettivamente i verbi al presente, non al gerundio (evitate‘sta camminando’, ‘sta entrando’ e roba del genere). Il presente è piùimmediato, più diretto. Cercate anche di evitare di scrivere frasi tipo‘sta per...’ o ‘inizia a...’, perché danno l’impressione che l’azione delpersonaggio sia interrotta. Ovviamente fa eccezione il caso in cui l’azione venga effettivamente interrotta, come quando Iena Plissken inizia ascendere le scale ma sente un rumore alle sue spalle che lo fa voltare a

fucile spianato.Fate in modo che ciò che scrivete sia scorrevole, piacevole e che abbia unproprio ritmo associato al ritmo della scena: se ad esempio state scrivendouna scena d’azione fate in modo che la lettura sia veloce, non perdetevi inparticolari inutili. Usate sempre frasi corte; date al lettore la possibilità diprendere mentalmente ato e tenete presente che se usate troppo spessola congiunzione ‘e’ la vostra prosa risulta probabilmente sgraziata e pocoscorrevole.Spesso vi può sembrare che una frase sia a posto, ma quando la leggete a voce alta vi faccia accapponare la pelle. Bene, tenete presente che il lettore

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ha sempre l’impressione che voi avete leggendo a voce alta, quindi seavete un dubbio rileggete ciò che avete scritto e vi renderete conto delledifcoltà che incontrerà chi legge.Se state narrando un’azione lunga o complessa dividetela in tante frasibrevi. In questo caso è conveniente citare il soggetto solo nella prima fraseed usare solamente dei pronomi nelle successive.Ricordatevi sempre che il vostro compito è quello di stupire il lettore, nondi colpire lo spettatore, perché se il produttore che legge il vostro lavoronon è interessato da ciò che avete scritto non ne farà mai un lm.È importante che il lettore non abbia un cattivo impatto visivo guardandola pagina. Sarebbe preferibile che la lettura scorresse verso il basso dellapagina, piuttosto che verso il lato destro. La cosa, però, è tutt’altro che

facile. Un modo per ottenere questo effetto è quello di andare a capo ogni volta che l’azione “passa” ad un diverso personaggio, o quando lo stessopersonaggio compie azioni diverse (date un’altra occhiata alla scena di“Fuga da New York ” scritta all’americana e ve ne accorgerete). Come hodetto questa tecnica è abbastanza difcile da utilizzare in maniera corretta,perché nisce per far aumentare vertiginosamente la lunghezza dellasceneggiatura. Conviene allora utilizzarla solamente nelle scene d’azione,

che meglio si prestano ad essere “spezzate”.Spesso capita che il lettore annoiato tenda a saltare le didascalie perpassare direttamente al blocco del dialogo. Come si può evitare cheaccada? Beh, il modo migliore è quello di rendere veramente interessanteogni scena, in modo che il lettore non voglia saltare nulla per non correreil rischio di perdere delle azioni chiave, ma non sempre questo è possibile. Anche qui, allora, si può provare a barare e dare l’impressione che ci sia

meno roba da leggere. Un modo per farlo è contenere ogni blocco diazione entro le quattro righe. Non quattro frasi, quattro righe. Se l’azionerichiede più di quattro righe, spezzatela. A meno che non abbiate intenzione di dare la sceneggiatura ad un attorefamoso che possa aiutarvi a convincere un produttore a comprarvela,è sempre meglio non identicare i propri personaggi con gli attori che vorreste li interpretassero, ossia non esagerate con la precisione delledescrizioni siche. Questo perché il lettore potrebbe farsi un’idea diversae non riuscire a capire la vostra scelta. Se, invece, avete proprio intenzionedi dare il vostro lavoro a qualche attore, allora fate in modo che si senta al

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centro della storia, dategli l’impressione che avete avuto in mente sempre esolo lui per quella parte. Deve credere che il lm non possa esistere senzadi lui.Quando si scrive un dialogo bisogna annotare il nome del personaggioche parla, eventualmente segnalando se questi si trova fuori dall’immagine(f.c.), se si tratta della voce del narratore (v.o.) o se la voce si senteattraverso il telefono o una radio (ltrata). Nel caso che il personaggio stiacontinuando un discorso iniziato in precedenza ed interrotto da qualcuno

o qualcosa, lo si fa notare (continua). In genere un personaggio compiequalche azione mentre parla, soprattutto se sta facendo un discorso lungo.Si indica quest’azione interrompendo il dialogo e descrivendola, per poiriprendere il dialogo.

Una sceneggiatura cinematograca non è un copione teatrale, in cui lascena viene sempre descritta all’inizio e non ci sono indicazioni sulle azionidei personaggi, se non le più importanti. In una sceneggiatura bisognaindicare tutto quello che i personaggi fanno, fosse anche solo grattarsi latesta. Le didascalie con le azioni, poi, vengono narrate nella successionetemporale in cui avvengono, non vengono scritte all’inizio della scena ebasta. In una sceneggiatura i dialoghi si alternano con le didascalie, mano a

mano che i personaggi parlano e si muovono. Il difcile, però, è descriverele azioni dei personaggi in modo da non sembrare opprimenti neiconfronti degli attori che dovranno poi interpretare il lm, perché ancheloro leggeranno il vostro scritto.Qualche pagina fa si parlava dei tre capitoli in cui è divisa, di solito, unasceneggiatura. Ma quanto devono essere lunghe queste tre parti? Quantodev’essere lunga tutta la sceneggiatura? Beh, in genere un pagina equivale

ad un minuto di lm. Questa equazione non è sempre vera, perché, comeabbiamo visto, lo stile di scrittura dipende molto dallo sceneggiatore, eda che tipo di azioni sta raccontando. Comunque diciamo per comoditàche una pagina corrisponde ad un minuto di lm. Allora, un lm duramediamente 90-120 minuti. È molto pericoloso pensare ad un lm lacui durata vada oltre le due ore. Questo perché per andare in attivo unlm deve incassare il doppio di quello che è costato. Un lm di tre oreobbligherà i gestori dei cinema a fare uno spettacolo in meno ogni giorno.Quindi il pubblico giornaliero sarà comunque inferiore a quello cheavrebbe avuto lo stesso lm se fosse durato un’ora di meno. Il vostro lm

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dovrà avere una longevità fuori dal comune (cioè dovrà rimanere nellesale cinematograche molto più tempo del normale) per incassare quantoun altro lm più corto, e ricordate che non tutti i lm sono “Titanic”.In genere le sceneggiature tendono ad avvicinarsi di più alle 120 pagineche alle 90. Questo perché teoricamente un lm di due ore da più tempoper sviluppare meglio la storia ed i personaggi rispetto ad uno di un’ora emezza. Evitate di allungare a 120 una sceneggiatura di 90 pagine. Scrivetela sceneggiatura e lasciatela della lunghezza che vi è venuta, al massimotagliando delle scene per ridurne la lunghezza. Non cercate di portarlaarticialmente a 120 pagine, perché il 90% di quello che aggiungerete saràsolamente inutile, se non dannoso.Comunque, tornando alla sceneggiatura, dove mettiamo gli inizi dei

capitoli? Le possibilità sono due. La prima consiste nello scrivere trecapitoli di lunghezza uguale, il che vuol dire, ipotizzando di avere unasceneggiatura di 90 pagine, “cambiare il passo” a pagina 30 e a pagina60. Un’altra possibilità è quella di dedicare meno tempo all’introduzioneed al nale per avere un secondo capitolo, una parte centrale della storia,più estesa. Questo vuol dire 25 pagine per la prima e terza parte e 40 perla seconda. Se avete uno sviluppo della trama veramente eccitante potete

permettervi di dedicarci più tempo, ma dato che capita molto spesso chela parte centrale di un lm risulti essere la più noiosa e sembra sempre chenon ci siano abbastanza idee per riempire le pagine, conviene mantenere itre capitoli della stessa lunghezza. Questo da alla storia un ritmo sostenuto,perché ogni 30 pagine succede qualcosa, e soprattutto la parte centralerisulta particolarmente avvincente perché, con il “colpo di scena” di metàlm, succede qualcosa di interessante ogni 15 pagine. È molto importante

il modo in cui presentate il vostro protagonista la prima volta. Spessocapita di avere a disposizione una scena introduttiva per il protagonista,prima che il personaggio si ritrovi effettivamente dentro l’azione. Questascena dev’essere una specie di carta d’identità, una fotograa istantaneadel protagonista, qualcosa che resti impresso nella mente dello spettatorelungo tutto il lm. A questo punto è molto importante la lista che si èfatta all’inizio, quella riguardante ciò che il pubblico deve conoscere delpersonaggio. In particolare ciò che deve sapere subito. Quello che bisognariuscire a fare è creare una scena che illustri tutti gli elementi che fannoparte di questa lista. Certo, non è facilissimo, ma se volete che la vostra

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sceneggiatura abbia un buon ritmo dovete fare in modo di non essereobbligati a perdere tempo ogni volta che succede qualcosa per rivelare alpubblico un lato del carattere e della vita del vostro protagonista.Prendiamo ad esempio la prima scena de “I Predatori dell’Arca Perduta”:mentre una sovrimpressione ci avvisa che ci troviamo in Sud Americanell’anno 1936 vediamo Indiana Jones attraversare velocemente lagiungla. Le guide che l’accompagnano scappano una ad una, impaurite.Quando Indy raggiunge il Tempio, in compagnia di una sola persona,scopriamo perché tutti gli altri sono scappati (“Nessuno è mai uscito vivo da lì”). Appena entrati i due vengono assaliti da un gran numero diragni e trovano lo scheletro di colui che li ha preceduti nell’esplorazionedel Tempio. Dopo aver saltato una botola senza troppi problemi ed aver

evitato trappole a pressione sul pavimento Indy è nalmente davanti ad unidolo d’oro, che era ciò che stava cercando. Prende un sacchetto pieno disabbia e lo svuota un poco per renderlo pesante, ad occhio e croce, quantola statuetta. Con una mossa velocissima sostituisce l’idolo con il sacchetto.Soddisfatto si appresta ad uscire quando inizia a crollargli tutto addosso.Indy cerca di scappare, ma per saltare la botola getta l’idolo alla guida, chescappa lasciandolo lì. Lui salta la botola e si inla sotto un muro che si sta

chiudendo, evitando di nire schiacciato dal crollo. Nel rotolare sotto ilmuro, però, ha perso la frusta, e rischia un braccio per recuperarla, proprioquando il muro si chiude. Ripresa la via dell’uscita trova il cadavere dellaguida e recupera l’idolo, ma deve riprendere subito a scappare, inseguitoda un masso gigantesco. Una volta fuori Indy riceve il benvenuto di ungruppo di indigeni che lo tiene sotto tiro con delle cerbottane. Un francesecon il quale si è scontrato diverse volte (“Peccato che non la conoscano

bene come la conosco io, Belloq”) gli toglie l’idolo. Ancora una volta ilcoraggioso Indiana Jones è costretto a scappare. Gli indigeni lo inseguono,ma lui riesce ad arrivare ad un ume dove lo attende un suo amico su diun aereo. I due riescono a decollare in tempo per evitare le lance degliindigeni, ma Indy è spaventato per qualcos’altro: c’è un serpente enormesotto il suo sedile!Questa scena dura 12 minuti, ma alla ne, quando riusciremo nalmentea tirare il ato, ci troveremo già proiettati nell’atmosfera del lm e avremoscoperto diverse cose della vita e del carattere di Indiana Jones:- Siamo nella foresta amazzonica negli anni che hanno preceduto l’inizio

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della Seconda Guerra Mondiale.- Indy è un avventuriero che gira il mondo alla ricerca di tesori perduti,anche se non sappiamo ancora perché.- È una persona intelligente (si rende conto che il sacchetto di sabbia ètroppo pesante rispetto all’idolo e lo svuota) e pronta di spirito (sa comesfuggire a situazioni critiche).- È ben allenato, perché riesce a saltare la botola e a sfuggire al masso edagli indigeni.- Tiene molto alla sua frusta.- Ha un nemico di lunga data.- Ha un sacco di amici pronti ad aiutarlo in caso di bisogno.- Ha una paura folle dei serpenti.

Nel prosieguo del lm tutte queste caratteristiche verranno ripresentatein situazioni diverse, ma il pubblico le darà per scontate perché ne è già venuto a conoscenza n dall’inizio. Sarà più facile, quindi, concentrarsisull’azione vera e propria.Un modo per introdurre il vostro protagonista è quello di avere deglialtri personaggi che parlano di lui, prima ancora che il pubblico l’abbiamai visto. Il problema, però, è che in questo caso si nisce per avere una

scena di dialogo abbastanza lunga, e non bisogna dimenticare che il lmè fatto soprattutto di immagini, di azioni. È sempre meglio mostrare chedire, ed il modo migliore è mostrare il protagonista nell’esercizio “dellesue funzioni”. Tra l’altro cercate di evitare di usare sovrimpressioni,mostrate un cartello stradale od un monumento caratteristico del luogopiuttosto che scrivere dove ci troviamo. Far vedere il Duomo è sufcientea far capire al pubblico che siamo a Milano. Certo, potete sempre far

 vedere la Torre Eiffel e poi scrivere “Tokyo”, dato che a Tokyo cen’è una copia a grandezza naturale. Non esagerate nell’uso della vocenarrante, perché spesso un commento intelligente non è accompagnatoda immagini altrettanto interessanti. Non ha importanza che lavoro facciail protagonista, chi sia esattamente, dove viva e con chi abbia a che fare;dovete fare in modo che gli spettatori riescano a familiarizzare con lui ilpiù presto possibile, in modo che non siano tentati di esplorare troppo lasua psicologia durante il lm, quando la loro attenzione dovrebbe essererivolta ad altre cose.

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Ci può essere, però, il caso in cui il pubblico debba “scoprire” ilprotagonista poco alla volta. Questo succede soprattutto quando si narrala storia di un nuovo arrivato, di qualcuno che spunta fuori dal nulla eprovoca interesse nella comunità in cui cerca di inserirsi, quello che in America si chiama “new kid in town”. Se vogliamo dare agli spettatori lastessa idea che hanno i personaggi che entrano in contatto per la prima volta con il nostro protagonista allora dovremo rivelare il meno possibiledi lui, solo lo stretto indispensabile. In questo caso la cosa risulteràabbastanza problematica, perché ad ogni nuova rivelazione il pubblicoricontrollerà mentalmente tutto quello che già sa su di lui e salterannofuori tutte le incongruenze con le cose che il personaggio ha fatto e dettono a quel momento.

Oltre al protagonista ci possono essere anche altri personaggi importantinel lm, i cosiddetti co-protagonisti. Non considerateli mai secondari,

anche se lo sono. Dovete disegnarli con la stessa cura con cui create il vostro protagonista. Dovete renderli interessanti agli occhi del pubblicoquanto il protagonista. Avendo meno tempo a disposizione risulta piùdifcile esplorare tutti gli aspetti del loro carattere e della loro vita, maè proprio la cura di questi particolari nei co-protagonisti che separa un

buon lm da uno solamente mediocre. Avete mai notato, per esempio, chenei lm animati di Walt Disney i co-protagonisti sono sempre quelli piùsimpatici, quelli che restano maggiormente nella mente dello spettatore(oltre che quelli che cantano le canzoni migliori)? Tenete presente, poi,che personaggi diversi avranno un modo diverso di vedere le cose edaffrontare i problemi. Dal modo in cui si comportano e parlano deve venirfuori il loro carattere, le loro abitudini, proprio come nella vita reale. Se

avete un gruppo di protagonisti abbastanza numeroso potete rendere leloro scene più interessanti facendo in modo che abbiano un modo diversodi comportarsi nella stessa situazione, un modo diverso di commentare 

la situazione. Ad esempio un personaggio potrebbe vedere sempre il latonegativo delle cose, oppure potrebbe criticare sempre ciò che fanno glialtri... Anche se poi il resto della caratterizzazione sarà abbastanza piatta,basteranno queste sfumature per rendere ogni personaggio diverso daglialtri. Tenete sempre presente che ciò che rende interessante una scena è ilconitto che i personaggi si trovano ad affrontare. Questo non vuol dire

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che ad ogni scena ci dev’essere una rissa, ma ci dev’essere un dilemma, unadecisione importante che i personaggi devono prendere. Si può trattaredi decidere se rivelare qualcosa a qualcuno oppure tacere, se affrontareun personaggio con le buone o con le cattive, se aprire quella porta oscappare a gambe levate...Spesso in queste situazioni la cosa migliore da far fare ai propri personaggiè quella meno prevedibile, quella più sorprendente. In effetti se createun personaggio interessante e poi gli fate fare delle cose scontate ed

ovvie lungo tutto il lm nirete per rovinarlo, per cancellare la buonaimpressione che potreste aver fatto nei confronti del pubblico. Inqualunque situazione i personaggi si trovino, c’è sempre una reazioneche il pubblico si aspetterà da loro. Evitatela. Fate in modo che facciano

qualcos’altro, scavate nella vostra testa per trovare qualcosa di interessante,di inaspettato ma credibile, di verosimile. In qualunque situazione ipersonaggi si trovino, avranno sempre la possibilità di fare qualcosa dicompletamente inaspettato. Una reazione inaspettata può trasformareuna scena discreta, normale, in una scena memorabile. Ad esempio:abbiamo visto i protagonisti di “Full Monty ” discutere del fatto di nonavere lavoro per più di un’ora, vederli in la all’ufcio collocamento non

è particolarmente eccitante, soprattutto perché sono arrabbiati gli unicon gli altri e non si parlano. Sennonché nella sala si diffondono le notedella canzone di Donna Summer “Hot Stuff ” e loro, tranquillamente, simettono a ballare, incuranti degli sguardi degli altri disoccupati. Questocomportamento inaspettato, strano ma verosimile per quei personaggi,rende la scena spassosissima e assolutamente indimenticabile. Questosuccede perché sono i personaggi, il loro comportamento, a guidare lo

sviluppo della scena, e come già detto il lm è costruito soprattutto dalleazioni dei personaggi. Allora cosa si può fare? Beh, una volta che date vitaal vostro protagonista, cercate di farvi guidare da lui nello sviluppo dellastoria.

I dialoghi

In genere i dialoghi sono la cosa che, escluse un paio di scene qua e là,resta più impressa nelle menti degli spettatori. La cosa più importante,a prescindere dal tipo di lm che state scrivendo, è che i dialoghi sianorealistici. Ma anche ponendo che lo siano, questo non vuol dire che siano

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buoni. Anzi, spesso si nisce per scrivere scambi di battute incredibilmenteovvi e dialoghi quantomeno zoppicanti. Vediamo quali sono gli errori piùcomuni che si fanno in questa fase e come si può cercare di correggerli.- Il problema maggiore, e la cosa peggiore da fare, è il rischio di essereridondanti. Cioè di far dire ad un personaggio qualcosa che si è giàespresso con le immagini. Anche se in quella situazione una personareale farebbe esattamente quel commento, in un lm la cosa può nonfunzionare. Sarebbe semplicemente noioso vedere dei personaggi spiegareper lo e per segno una cosa che ci è già stata mostrata in maniera chiaracon delle immagini. Bisogna cercare di dare allo spettatore solo la parteinteressante della storia.- Nella vita reale capita che le persone, parlando, girino intorno ad un

argomento prima di affrontarlo. Raramente si dice quello che si pensa veramente, si tende piuttosto a tastare il terreno, a danzare intornoall’argomento, in modo da non fare una sparata fuori luogo. In genere,più una cosa ci interessa più difcilmente ci butteremo a testa bassasull’argomento. Dovrebbe capitare anche nei lm.- In situazioni particolari si tende a nascondere i nostri veri sentimentidicendo esattamente l’opposto di quello che pensiamo. Se tremiamo

di paura, tenderemo generalmente a dire che non siamo assolutamentespaventati. Tenderemo a nascondere la verità agli altri, e a noi stessi. In unlm i personaggi tendono troppo spesso a non rispecchiare questo aspetto. - Spesso, guardando un lm, ci capita di sentire una frase che suona moltosimile ad una che abbiamo già sentito in un altro lm. Se, andando alcinema, vi dovesse capitare di sentire una frase simile ad una che avetescritto in una vostra sceneggiatura... cancellatela subito!

- Il modo migliore di rendere un dialogo interessante è quello di renderlopiù colorito. Non nel senso di riempirlo di parolacce, ma di usare degliesempi, dei paragoni. Questo renderà i vostri dialoghi più frizzanti, piùpersonali.- È molto importante curare al massimo ogni singola battuta di dialogo,ogni singola parola. La cosa migliore da fare per rendere più interessanti i vostri dialoghi è quella di rileggerli tutti con attenzione e trovare il modomigliore per dire le stesse cose, il modo più intelligente, più brillante, piùarguto, più spiritoso.- Ogni persona parla in un modo assolutamente personale. Ognuno ha il

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proprio vocabolario, le proprie espressioni preferite, il proprio intercalare.Fate in modo che questa varietà si possa ritrovare anche nei dialoghi chescrivete. Facendo nta di non conoscere a memoria la sceneggiatura,potreste coprire i nomi dei personaggi e capire chi sta parlando solamentedal modo in cui si esprime?- Se volete avere un dialogo molto ritmato, parlato abbastanza in fretta,non potete scrivere delle battute troppo lunghe. Più le battute sono lunghepiù il ritmo della scena sarà lento. Tenete ben presente il numero di paroleche usate in ogni battuta, perché ha un’importanza enorme, anche senon esiste un vero e proprio “limite massimo”. Se volete dare al dialogoun ritmo molto sostenuto dovete scrivere dei “botta e risposta”. Spessoconviene anche riprendere, nella risposta, parte della botta: “È un buon

poliziotto” - “Adesso è un poliziotto morto”.- Un altro modo per controllare il ritmo delle scene di dialogo è quellodi far fare qualcosa ai personaggi, mentre parlano. Nella sceneggiatura sidarà un accenno all’azione che un personaggio sta compiendo quando si vuole “far prendere ato” allo spettatore, quando ci vuole un momentodi silenzio. I momenti di silenzio sono importanti quanto quelli diconversazione.

- Date allo spettatore il tempo di capire cos’ha visto, o sentito. Nonmettete mai, ad esempio, due battute divertenti una dietro l’altra, perchése il pubblico ride per la prima potrebbe non riuscire a sentire la seconda.Se poi volete dare maggior peso ad una frase fatela seguire da un istantedi silenzio, nel quale, ad esempio, l’interlocutore guarda il personaggio conaria sorpresa. Questo darà allo spettatore il tempo per riettere e la frasegli entrerà bene in testa.

- Dialogo è sinonimo di conversazione, ma quante volte, in un lm, capitadi vedere un personaggio che inizia a parlare e per fargli chiudere la boccabisogna piazzargli una pallottola in fronte? Troppe, decisamente troppe.Nella vita reale le persone fanno conversazione, non fanno discorsi, nontengono conferenze. E le conversazioni sono fatte di scambi di brevibattute. Ricordatevelo. Avete appena scritto la parola “Fine”. Pensatedi avere veramente nito? Proprio per niente. Quella che avete appenacompletato non è altro che la prima versione della sceneggiatura, e laprima versione non è mai vicina a quello che lo sceneggiatore ritiene unprodotto soddisfacente, o dovrebbe ritenere un prodotto soddisfacente.

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 Allora cosa bisogna fare per migliorare una sceneggiatura già scritta?Innanzitutto bisogna rileggerla con attenzione e cercare di capire qualisono i punti che non funzionano. Alle volte può capitare di rendersi conto che tutto lo sviluppo della storiaè una cosa terribile, oppure che quell’idea che ci sembrava brillante èin realtà veramente stupida. Ma in genere si riconoscono in un paio discene (diciamo un po’ più di un paio) i problemi che rendono debolela sceneggiatura. Una volta rintracciata una delle scene “incriminate”ci si deve chiedere se la scena ha un senso, se serve allo sviluppo dellatrama, alla comprensione dei personaggi. Se le risposte sono dei “no”,o se abbiamo dei dubbi, allora sarebbe meglio tagliare semplicemente lascena, cancellarla e buttarla nel cestino. È il modo migliore per evitare che

qualcuno possa dire che quella scena è brutta, perché nessuno avrà mai lapossibilità di leggerla. Il modo migliore per migliorare una cattiva scenaè migliorare il modo in cui i personaggi agiscono e parlano. Se una scenaè noiosa la cosa migliore è fare in modo che i personaggi si comportinoin modo del tutto inaspettato, ma non irrealistico. Dobbiamo cercare disorprendere lo spettatore.Se non riusciamo a trovare niente di inaspettato ma verosimile da far

fare ai personaggi, allora bisogna sezionare la scena e riscriverla pezzoper pezzo. In questo caso il lavoro di ricerca è molto importante. Sescriviamo di qualcosa che non conosciamo non dobbiamo stupirci seniamo per creare una scena noiosa. Più cose sappiamo sull’argomento,più facile sarà scrivere qualcosa di buono, qualcosa di nuovo. Alle volte,poi, basta caratterizzare un po’ di più la scena all’interno dell’ambiente incui si svolge, far fare ai personaggi qualcosa che in un diverso ambiente

non potrebbe fare, o qualcosa che non potrebbero fare proprio perchési trovano in quell’ambiente. Si può fare in modo che usino oggettiparticolari che si trovano solo in quel luogo. Questa è una cosa chegli scrittori di lm d’azione tengono bene a mente. Ogni volta che c’èuna scazzottata od una sparatoria vediamo sempre un sacco di cose venir distrutte, questo per dare una parvenza di originalità alla scena,per distinguerla dalle altre che ci sono nel lm. Se si usasse questoprocedimento anche in scene “normali” il lm ne gioverebbe sicuramente.Un buon modo per evitare di riempire il proprio lm di cattive idee escene noiose è quello di non esagerare con la lunghezza. Bisogna sempre

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tenere d’occhio il numero delle pagine, perché se il lm è molto lungo nonè necessariamente anche molto bello. Spesso, anzi, una lunghezza eccessivanasconde solamente una povertà di idee ed una difcoltà di espressione:non abbiamo molto da dire, allora infarciamo il tutto con qualche scenainutile, allunghiamo il brodo. È chiaro che non si può neanche scrivereuna storia di un’ora scarsa e pretendere di farci un lm “normale”, main questo caso conviene cercare idee valide per le scene da aggiungere. Veramente valide.Quindi per riuscire a scrivere una buona sceneggiatura non basta avereuna buona creatività, o aver avuto una buona idea. Alle volte non bastaneanche aver avuto due buone idee. Bisogna ricercare, scrivere, scrivere,scrivere, ricercare e scrivere. Anche se si è dotati di talento naturale per

la scrittura non ci si può certo aspettare di scrivere un capolavoro alprimo tentativo, e soprattutto di nire il lavoro in due giorni. Scrivere unlm è un lavoro impegnativo e lungo quanto, e forse più, che scrivereun romanzo. Questo perché bisogna imparare a pensare per immagini, a visualizzare nella propria mente quella che dovrebbe essere la resa naledella scena sullo schermo. E il modo migliore per riuscirci, l’unico modo,a dir la verità, è quello di scrivere molto, di continuare a scrivere a getto

continuo. Prima o poi riusciremo a sviluppare alla grande quella “grandeidea”.

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LA SCUOLA HOLDEN

CORSO DI SCENEGGIATURA

CINEMATOGRAFICA 

LE QUATTRO EPOCHE DEL CINEMA

Fissità (cinema muto, 1895): pensiamo al lm muto ed alla staticità delleimmagini, dettata dalle apparecchiature estremamente semplici.

 Trasparenza (Grifth, 1910-20): lo spettatore non si accorge della nzione;il regista accompagna lo sguardo dello spettatore

Montaggio Esibito o cinema delle attrazioni (Eszenstejn, 1926, e Godard,1960): la componente narrativa è sacricata per quella lirica, poetica; ilregista “esagera”.

Montaggio Proibito (Orson Welles, 1940): vedi “4° potere”. Quando,invece di lavorare con gli stacchi, si fa tutto con il piano sequenza. Il registaNON accompagna lo sguardo dello spettatore, che deve fare una scelta dicosa vedere (Neorealismo).

I quattro esempi

“Holliwood Party”, di Blake Edwards: seppure sia un lm ispirato allatrasparenza, la sequenza a macchina ferma con Peter Sellers nel bagno èun esempio di FISSITA’.

“Danzando sotto la pioggia”, come esempio della TRASPARENZA,specie la scena in cui gli attori e i vip arrivano alla serata degli Oscar.

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“La stagione della strega” di Romero, con i suoi elementi onirici, è unesempio di MONTAGGIO ESIBITO.

“Fargo” dei fratelli Cohen è un esempio di MONTAGGIO PROIBITO,con una sequenza che ci dà profondità di campo.

1° denizione di lm

E’ una rappresentazione soggettiva della realtà, nelle sue componentitempo e spazio.

IL TEMPO

Ogni narrazione, ogni lm si basa su un suo tempo e spazio. Il tempo sidivide in Ordine, Durata e Frequenza:

L’ORDINE: segue il modello della FABULA o quello dell’INTRECCIO,fatto di FLASHBACK e FLASH FORWARD. La fabula è la storia

da raccontare, con il suo tempo, il suo ordine cronologico. Ogninarratore con arbitraggio ordina gli elementi in un ordine suo, consono,detto Intreccio. Supponendo la fabula costruita su alcune fasi, checronologicamente chiameremo F1, F2, F3, F4, F5… Fn, l’intreccio potràpresentare un ordine di questo genere: F4, F5, F1, F3, F2. L’intrecciopresenta due effetti: il ashback, dove la narrazione si sviluppa in ordinecronologico che si arresta e torna indietro, ed il ash forward, con un

salto in avanti, ben più raro (American Beauty, Carlito’s Way, Pulp Fiction,Minorità Report).Nota di Andrea: il ricorso ai ash forward in PULP FICTION è un vizioestetico con valore semantico.

Nota mia: secondo me MINORITY REPORT è un falso intreccio, lodenirei una fabula intrecciata, perché i salti in avanti non sono di regia,

ma connaturati alla storia.

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LA DURATADeniamo alcuni parametri:0= zero Tr= tempo del racconto Ts= tempo della storiaN= variabileLa durata E’ N che va da 0 a quando Ts e Tr si concludono.

PAUSA (Tr=N, Ts=0)Quando sullo schermo non succede nulla ed il tempo reale passa, quella èuna pausa: FERMOIMMAGINE

ESTENSIONE (Tr>Ts)E’ il rallenty: i cowboy che cadono da cavallo, la rovesciata di Pelè

SCENA (Tr=Ts)Il lm è una sequenza di prese dirette: BLAIR WITCH PROJECT

SOMMARIO (Tr<Ts)

 Accorcia la realtà

ELLISSE (Tr=0, Ts=N)Una parte di storia ci viene omessa: es. i tempi morti di una storia che non vanno su pellicola (es. IL CAMPIONE, GESU’ CRISTO).

LA FREQUENZA

Ci dà la possibilità di tre ipotesi narrative:Racconto singolativo (1r/1s): ad un evento che accade una volta nellastoria noi vediamo il corrispettivo rappresentato nella pellicola per una sola volta, specie se il protagonista subisce accadimenti importanti.Racconto Ripetitivo (1r/Ns): qualcosa accade una volta nella storia ma si vede più volte nel lm (es. uno sparo)Racconto Iterativo: qualcosa che avviene “n” volte nella storia ci vienefatto vedere una sola volta (es. si vede il protagonista mangiare solo una volta durante tutto il lm, che occupa più giorni-vita).

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LO SPAZIO

Si divide in:PROFILMICO: E’ l’ambiente (scenograa e costumi), gura, luce…tuttoquello che sta davanti alla macchina da presa: per lo spettatore comunecoincide con il lm.

FILMICO:scala dei piani, che indica a quale distanza noi guardiamo qualcosa (campolungo, campo medio, gura intera FI, piano americano PA, primo pianoPP, primissimo piano PPP, particolare del corpo, dettaglio). Circa i piani,una tecnica è lo scorrere dei piani (PREDATOR).

 Angolazione, ovvero il punto di vista della telecamera rispetto all’ambiente.Campo e Fuori Campo, ovvero la scena ritratta e l’evento che si percepisce(ad es. con il suono) ma non si vede. Il fuori campo interno: se c’è separénella stanza e non si vede ma si capisce ciò che succede al di là, oppure seuno saluta alla porta un personaggio riconoscibile ad orecchio.Soggettiva/oggettiva: se io guardo attraverso gli occhi del personaggiooppure no

Montaggio/montaggio proibito (PS/PC); Scorsese non monta i suoi lm.Movimenti di camera: Panoramica (la telecamera è ssa su di un assee si muove lungo esso), carrellata (macchina che scorre sul carrello osu cameracar), camera ottica, gru-dolly, Louma (gru senza loperatoremacchina), macchina a mano, steady cam, a seguire o libera).

N.B.: c’è notevole differenza tra PP frontale e PP laterale: il primo dà un

senso di ducia, il secondo di inquietudine e di incertezza.

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Giovedì 7 Novembre 2002

CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICA

STRUTTURA IN TRE ATTI

E’la più utilizzata per strutturare una storia per il cinema. Si rifanno ad essai vari Rossellini e De Sica, Flaiano, Fellini ed Antonioni. Alcuni sceneggiatori partono dalla teoria. Esistono due modi:1°: commerciale, la struttura funziona ed io costruisco il lm sullastruttura.2°: tengo conto di questa struttura, ma se ho una storia punto a quella e

poi vedo se è il caso di usarla.

 Woody Allen ha trasgredito la struttura in tre atti: è un tentativo distravolgere la struttura, ma se lo possono permettere solo quelli che sannodi cinema e soprattutto sanno come e quando la struttura in tre atti vautilizzata.

Equazione del cinemaSi è in presenza di una storia se si ha:

“EQUILIBRIO/SQUILIBRIO”

La struttura in tre atti struttura questo passaggio, e chiude il cerchio:

“EQUILIBRIO/SQUILIBRIO/ EQUILIBRIO”Causalità vs. casualitàNel primo caso tutto il lm è una catena di causa/effetto; nel 2° caso cisono pochissimi lm, molto rari.La legge dell’imbuto

  INIZIO \ /\ /\ /  \ / FINE

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Ovvero: nella struttura in tre atti non si può tornare indietro.In una struttura ben scritta una scena non può essere in un punto qualsiasidel lm:se è alla ne: MAX causalità e MIN casualitàse è all’inizio: MAX casualità e MIN causalità

Il protagonista nella struttura in tre attiDeve seguire insieme alla vicenda l’equazione EQ/SQ/EQ. Il personaggiodi solito all’inizio è un personaggio povero, con delle potenzialità non

utilizzate. Cresce e vive lo squilibrio, propendendo per un nuovo equilibrio.Ciò richiama un concetto centrale del Cristianesimo: “il dolore comepropedeuticità alla crescita”.FILM DI DUE ORE3 ATTI  1° 2° 3°I-------------------I-----------------------------------------------I---------------------I

  ¼ ½ ¼Ogni atto ha la stessa dinamica narrativa, ad onda:/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/. In ogni atto ci sono dei momenti in cui lastoria raggiunge dei picchi emotivi, altri in cui ci si rilassa. Ciò rispecchia lanostra dinamica della fruizione dell’arte, nel senso di piacere costruttivo.Un lm che non parte da zero, e sale, ipoteticamente è un lm sbagliato.

I PLOT POINT, I TURNING POINT E L’EVENTO SCATENANTE/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/\/ è il ritmo biologico dello spettatore: i picchicoincidono a dei punti determinati della trama, i PLOT POINT, in cui lastoria subisce una modica: come uno scarto binario. Ne esistono di piùspecie:

  I TURNING POINT: ne esistono due, uno tra il primo ed il secondoatto, ed uno tra il secondo e il terzo atto. Dall’inizio del lm al primoturning point sarebbe bene evitare di dare un’emozione descrivibile con

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una curva continua, crescente: molto meglio una spezzata, seghettata, incontinua crescita.Il plot point più importante del primo atto è denito EVENTOSCATENANTE Esso divide in due il primo atto: SET UP e FASEDELLO STUPORE.SET UP: è lo status quo, la situazione statica in cui vive il protagonista dasempre, no ad ora. Lo sceneggiatore deve qui dire chi è lui, dove sia, cosafaccia, di che parla il lm: spesso il SET UP è maggiore del resto del 1°atto, e l’evento scatenante è più vicino al 1st turning point. Es. in telelmquali Arnold o X Files noi sappiamo già il SET UP, quindi lo sceneggiatoretelevisivo si può permettere di spostare l’evento scatenante all’inizio e farlocoincidere con il turning point. All’inizio di X Files c’è l’episodio all’origine

dello squilibrio.FASE DELLO STUPORE: in senso lato, potrebbe essere anche “terrore”.C’è uno scompenso che ancora non è del nostro protagonista, ma esiste:è come una stanza in cui non è ancora entrato e potrebbe (ne è in grado)non entrarci mai.HOOK Il set up

Il set up del personaggio è ancora più sottile, dandoci notizie di naturaclinica del personaggio: lui è un iperattivo, ed ha problemi con la famiglia,trascura i gli: lo stile usato è molto delicato. Ha paura di volare, sembrauno che ha poca memoria (“Ciao Laisa, Lisa, Litzie..”), e da 10 anni non va a trovare la sua madre adottiva. Ha effettuato nel tempo una serie dirimozioni, l’infanzia, ed ha rimosso di essere (o essere stato) Peter Pan, daqui la paura di volare come metamorfosi completa.

Nota di Andrea:: la trovata del disegno per esprimere l’odio verso il padreè geniale (nel disegno è ritratto un aereo in amme, dal quale si gettano idue bambini e la madre con il paracadute, mentre il padre ne è privo).

Grande fascino all’inizio del lm: inizia con un’interpretazione teatraledi “Peter Pan”: essa non è assolutamente didascalica; lo sarebbe statauna dichiarazione della maestra ai bambini “Ragazzi, oggi facciamo unarappresentazione teatrale di Peter Pan!”, e poi non vederla.Il gioco del cellulare che squilla sempreFa scrivere un discorso da dire per la cerimonia in onore di Wendy da

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un dipendente che l’anno prima aveva fatto un bilancio perfetto (freddo,povero di parole sentite, scientico).L’aereo è Pan AmLa voce sull’aereo è di Capitano Uncino.

La suggestioneLo sceneggiatore deve giocare moltissimo sulla SUGGESTIONE:scena 2: l’ingresso a casa Wendy:lui sbaglia scala, gli altri no: “Peter, è il n° 14!”lui sbaglia nome (Liza) A Wendy dice: “scusami… è da tanto che non vengo, ma ho avuto moltiimpegni…”: 10 anni!

 Wendy a Peter:”Dammi una bella strizzata!”, e Peter si limita a battere unsolo dito sulla spalla.L’uncino alla nestraL’ombra di Peter mentre lui è al telefonoDialogo alla cena: “Nat… nat… naturalmente!”

I plot point

Evento scatenante: scomparsa dei bambiniL’evento scatenante è spettacolare, è molto forte: il rischio è che quandosi usa la struttura con evento scatenante spettacolare, poi non si riesca a“riempirla”, a giusticarla.

1st turning point: quando Peter decide di andare a riprendersi i bambini

 Altri plot: padre di famiglia va a vedere la zia: tra tutti i padri di famiglia, luiè quello lì preciso, con problemi, poca fantasia…

SubPlot A o sottotema: oltre a quello ufciale del lm, c’è quello che ci viene fatto capire, che è la costruzione psicologica del personaggio (il pbdell’infanzia rimossa).

SubPlot B o secondo sottotema: denizione del personaggio nel suocontesto sociale, specie con i gli.

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“Se un atto presenta la struttura Plot/SubPlot A/SubPlot B,allora tale struttura ricade in tutti e 3 gli atti.”

In un lm il plot ci deve sempre essere : l’esistenza di un subplot Ae/o B dipende dalla bravura dello sceneggiatore: lo spessore aumenta odiminuisce se ci sono i subplot o meno.Hook è per i bambini, ma grazie all’esistenza di due sottotrame anche unapersona adulta può provare piacere e porsi delle domande con un lm delgenere.

BRAVEHEART

Evento scatenante: più di un vero e proprio evento scatenante, siamo inpresenza di una serie di eventi che si sommano: la morte degli amati zii – la morte del padre e del fratello – la morte della moglie. E’ un eventoscatenante dilazionato, come una diga che tracima, più che una diga checrolla.

MATRIX 

Evento scatenante: il dito medio dopo AUT AUT del poliziotto; lui devescegliere tra essere un esperto di informatica o Neo, l’hacker.1st Turning Point: la scelta (2° AUT AUT) tra la pillola rossa (la realtà) equella azzurra (la nzione).

Nota mia. “quello che è la fuori lo conosci..”: con questa frase lei convince

Neo a restare in macchina, mentre intanto quel “fuori” è rappresentatodalle gocce di pioggia che scorrono sul vetro, come le lettere verdi diMatrix.

SubPlot A: Ricerca di se stessi: solo quando si “ritrova”, quando scopre chirealmente sia, Neo diventa il supereroe.

Fase dello Stupore: il sorriso di Morpheus quando dice il suo “lasciate ognisperanza voi che entrate”; in più è vestito di nero e parla del Bianconiglio,e ciò per dare il dubbio, l’angoscia.

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Martedì 12 Novembre 2002CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICASECONDO E TERZO ATTO

Il secondo atto è intramezzato dal Middle Point, che lo divide in resistenzao conitto (nei confronti del nuovo mondo, alle nuove condizioni) estato di grazia; è il momento di massimo scoraggiamento. La curva delprotagonista è la seguente:

\ /\ /

\ /  a º \ / ¿ b

Un attimo prima del MP (punto a) è basso e vede ancora più in basso; nelMP, invece, il protagonista è sì al minimo storico, ma guarda in alto.

MP: è il nucleo narrativo in cui si passa dallo scoraggiamento

all’illuminazione (simile al rinforzo narrativo)

Hook Nel caso di Hook, il MP vede:Ruo in piedi, mentre Peter è seduto º DOMINIO, Peter non sa ribattere,è umiliato, non sa accettare il ruolo di protagonista; il linguaggio di Ruo èfantasioso, quello di Peter è freddo, scontato, scientico

Entrambi in piedi: il linguaggio si assomigliaPeter in piedi e Ruo lascia cadere la spada: il linguaggio di Peter decolla,mentre Ruo si limita ad un “Brutto uomo!”

Il MP si apre con la caduta della spada dalla mano di Ruo, prosegue ecresce con il cucchiaio con cui Peter scaglia il cibo immaginario, e si chiudedi nuovo con la spada, col gesto di Peter che taglia in due il cocco.

L’aver smesso di litigare, o piuttosto superato le incomprensioni, èsolamente un’illusione perché lo stato di grazia è APPARENTE. E’

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apparente solo per lo spettatore: infatti Giulietta e Romeo da quando sibaciano in poi c’è lo stato di grazia e gli spettatori stanno bene per loro,anche se sappiamo che è un amore impossibile.

IL CATTIVOQuando il lm è scritto bene, anche il cattivo ha un’evoluzione, inversarispetto a quella del protagonista.Per esempio il cattivo di Matrix è in giacca e cravatta, per cui coinvolge dipiù come cattivo: ha più richiami nella vita di tutti i giorni come uomo checome mostro.

IL SECONDO TURNING POINT

E’ la cd. CADUTA, ovvero la caduta dello stato di grazia, che si rivelaessere apparente. Per esempio in un giallo l’ispettore che pensa di esseresulle buone tracce si rende conto che sbaglia.

CLIMAX 

Siamo a metà del terzo atto. E’ una scelta che non può non avvenire: ilprotagonista deve affrontare il nemico. E’ il punto più alto in cui si trovail motivo per cui il lm esiste: Neo viene ucciso o no? Peter Pan ce la fa ono? Wallace libera la Scozia o no?

Il climax si conclude in due modi possibili: vittoria del protagonista º COMMEDIA (Peter Pan)

scontta del protagonista º TRAGEDIA, DRAMMA (Braveheart)

“Tanto più un turning point diventa un racconto e si allunga,tanto più noi stiamo lavorando bene”

BRAVEHEART: la caduta avviene proprio quando Fallace cade e scopredi essere stato tradito dal principe di Scozia: avviene un DIALOGOSILENZIOSO tra i due. Il traditore, Bruce, ha l’elmetto chiuso, così noispettatori insieme a Fallace non sappiamo che il principe è a anco del red’Inghilterra prima del loro scontro.

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MATRIX: la caduta avviene dall’oracolo. Neo crede di non essere l’eletto,sa che non è una persona speciale come gli era stato fatto credere; poi ºCLIMAX 1, Neo si lancia dall’elicottero per afferrare Morpheus che nonce la fa a raggiungerlo da solo; CLIMAX 2, prende ducia perché capisceche è L’Eletto, specie quando Trinità si salva afferrando la fune; CLIMAX3, c’è il combattimento in metropolitana; CLIMAX 4, gli sparano, e poiCLIMAX 5, quando ferma i proiettili.

“Una buona sceneggiatura dà stimoli in sintonia con il bioritmo umano”

Giovedì 14 Novembre 2002

CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICA

 JERRY MAGUIREL’evento scatenante è il gestaccio ed il “vaffanculo” del bambino; larelazione programmatica è il picco più vicino al rst turning point. Lafase di conitto è molto lunga, mentre lo stato di grazia è molto corto; ilmatrimonio anticipa la caduta (“le hai fatto il discorso?”).

COSA NON VA TRA LORO DUE:la differenza con l’altra coppia, che si bacia in bocca; loro no, lui le bacia lafronte;

l’arrivo del bambino a letto, che lei vuole che vada via, mentre lui no. Nonc’è più attrazione da parte di lui verso di lei.

Il Climax è la partita.

IL SOGGETTO

Un’idea o concept è un tema: può essere la schizofrenia in Fight Club.Chiediamoci se è adatto per il cinema o lungometraggio o no. Magari l’ideaè più adatta per il teatro. Un esempio di passaggio fallito da narrativa a lmè il lm di Giuseppe Tornatore “La leggenda del pianista sull’oceano”, chetrae spunto dal romanzo “Novecento”, che ha tra l’altro avuto un’ottimaresa a teatro. In più Tornatore modica il soggetto, introducendo una

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storia d’amore tra il pianista ed una ragazzina, che nel romanzo non c’è. Tornatore gioca molto sulla parola orale, e non sulla narrazione. La vocenarrante legge molto del libro: è il punto di debolezza del lm, che haperso la sua specicità di Film.Invece dai “Malavoglia” di Verga a “La terra trema” di Luchino Viscontiil risultato è stato ottimo: è un connubio ben riuscito; così come del restoquasi tutti i lm di Kubrick, ispirati a romanzi.

“Chiedersi se e quando una storia è cinematograca”

I concept possibili possono essere:

1) high concept: tipici in USA. C’è un’idea forte, una trama tta: le basisono la storia;

2) low concept: vedi EU. La narrazione è a maglie larghe: i punti di forzasono i personaggi.Nella nostra storia è necessaria una PREMESSA DRAMMATICA: devepotersi scatenare un conitto. Tale premessa ha un qualcosa di losoco.Essa deve potersi strutturare in AZIONE e PERSONAGGI

Perché raccontare una storiaI soldi non devono essere il primo motivoNon bisogna raccontare le storie “peggiori”Utilizzare la narrazione posticcia di racconti uditi (invece di raccontare lanostra vita raccontiamo il nostro immaginario artistico) come punto diriferimento e non come limite/obiettivo;

L’AUTOBIOGRAFIA e L’EMPATIAEsistono due tipi di narratori: quelli autobiograci e quelli empatici, iquali a loro volta si suddividono in due gure-chiave: il viaggiatore edil contadino. C’è chi dice che non interessano a nessuno, e chi invecesostiene che bisogna avere vissuto per poter scrivere. Noi riteniamoche il metodo autobiograco sia valido, a patto che si faccia selezione otravestimento di ciò che ci è successo. Naturale, quindi, il ricorso ad ellissie ashback.

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LA VEROSIMIGLIANZAIl vero punto critico sta nel rapporto tra chi scrive e chi legge:“La nostra verità deve diventare verosimiglianza; solo così è condivisibile”-Per esempio: se sono soldato durante la guerra del ’15-’18 NON è dettoche abbia una storia da raccontare. Occorre quindi fare degli innesti daattingere nell’immaginario collettivo.

LA SEDIA, LE PAROLE CHIAVE & LE REGOLE- Un racconto deve essere un po’ come una sedia perché vada bene:utile

originale

resistente

soprattutto nella struttura, dialoghi, personaggi, coerenza.

- In più deve essere strutturato su alcune parole-chiave (per “Mai stranoabbastanza” è “strano”).- Nel costruire un soggetto bisogna agganciarlo ad un mondo, e ciòimplica che lo spettatore deve sapere e capire le regole, mentre noi non

possiamo più trasgredirle.

Giovedì 21 Novembre 2002CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICADAL SOGGETTO ALLA SCENEGGIATURA

LE REGOLE DA DARSI

Fondare un mondo di fantasia, anche se verosimile, è come terraformare. Tale mondo sarà munito di regole che noi non dovremo trasgredire.Scene e sequenze hanno bisogno di una spiegazione e di un senso: se noicondurremo lo spettatore nel mondo seguendo le regole, egli starà connoi; se invece noi trasgrediremo le regole lo spettatore non ci crederà più.

“Le regole aumentano con l’allontanarsi della realtà”Da evitare:la mancanza di coerenzal’allontanarsi dalla verosimiglianza

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Le cose possono essere divise in:cose possibili e probabilicose possibili ma improbabilicose impossibili

IL PITCHIl pitch (“lancio palla”) è un racconto-ash del lm, della durata di 30-40”.E’ solo trama, contenuto.

DIFFERENZE TRA LM E CMSono essenzialmente due:è difcile che il CM sia in tre atti

il percorso tra il punto di partenza e quello di arrivo è il più linearepossibile nei CM, mentre nei LM spesso passa attraverso i mille vicoli dellacittà-soggetto.

LE DOMANDE PER UN SOGGETTOCHI?DOVE?

QUANDO?COSA?L’ultima domanda diventa COME? Quando lo raccontiamo.Il soggetto va dalle 2 alle 20 pagine; nel caso estremo di 20 pagine si parlagià di un soggetto esteso.

 Alcuni consigli:

scalettare i PLOT POINTprovare a stressare la struttura per vedere se non ha punti deboliiniziare a scrivere il soggettofare il trattamento

IL TRATTAMENTOE’ metà sceneggiatura, la fase più difcile. Se viene fatto consente discrivere più facilmente la sceneggiatura; spesso però non viene compiutoper abitudine (sbagliata?). Nel trattamento non ci devono essere più dubbi:tutte le scene devono essere descritte, tutti i plot point ssati, così come

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i picchi e i cali di tensione. Ci devono poi essere tutti i dialoghi seppureancora in forma di stile indiretto.Il trattamento è quindi fondamentale per focalizzare i punti disceneggiature a più mani.Seppure siamo ancora in assenza di dialoghi, né possiamo ricorrere aspiegazioni tecniche circa la ripresa (l’inquadratura), bisogna comunquesaper trasmettere l’atmosfera, ovvero saper rispondere.

LO STILEDobbiamo capire che lo stile della spiegazione è molto importante peresprimere una scena, così:- a frasi lunghe corrisponde un piano sequenza

- a frasi brevi corrispondono scene brevi

LO SCALETTONEMentre la scaletta prevede i 10-15 punti principali, lo scalettane è la scalettadi tutte le scene del lm. Permette di ri-strutturare il corpo ed eliminare glisquilibri.

LA SCENAE’ l’unità spazio-temporale di cui è costituito il racconto per immagini.

“se cambia il luogo o il tempo cambia la scena, così come se cambiano ipersonaggi”

es.

4 INT. STUDIO – SERAMarco e Giulia parlano tra di loro;

5 INT. STUDIO – SERAEntra anche Maria, si unisce a loro.

L’EQUILIBRIO DEL TUTTOE’ importante che ci sia un equilibrio nella propria sceneggiatura, inognsua componente. Per esempio, occorre badare al rapporto scene diurne/ scene notturne, a scene interno / scene esterna.

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L’AMPLIAMENTO E LA RIDUZIONE Ampliamento: da soggetto a sceneggiaturaRiduzione: da libro a sceneggiatura

Giovedì 21 Novembre 2002CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICAIL FORMAT DI UNA SCENEGGIATURA

LA STESURAUn consiglio: tra una stesura e l’altra è meglio lasciare lì l’idea, e raffreddareil motore; poi riprendere a freddo. Magari si può fare una seconda stesuraoccupandosi esclusivamente dei dialoghi ed una terza solo sull’azione.

La stesura “denitiva” è quasi sempre la terza / quarta.

IL FORMAT, IL CARATTERE E L’INTERLINEASono consigliate le seguenti soluzioni:

60 battute x 45 righecarattere New Courierdimensione 12

interlinea 1,5correttezza grammaticale.

Bisogna evitare brutte reazioni dell’editor o del produttore, per cuioccorre:

rispettare i format standardusare caratteri tradizionali

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1° PAGINACi va solo il titolo; poi si indica la stesura (es. “1° stesura”).LA SCENAEs.  1. INT. CASA – GIORNOOvvero:n° scena / punto / spazio bianco / dove (abbr.) / spazio bianco / luogo /spazio bianco / trattino / spazio bianco / tempo

Segue poi uno spazio bianco, dopodiché si ricomincia a scrivere.Suggerimento: meno sono le “albe&tramonti”, meglio è.

Le scene sono fatte di azioni e di dialogo:le azioni sono scritte col margine di allineamento a sx e comprendonol’estensione del foglio;

i dialoghi sono con allineamento a sx, ma rientratoEntrambi sono sbandierati a destra; lo sbandieramento dei dialoghi èrientrato rispetto a quello delle azioni.I dialoghi sono preceduti dal nome di chi parla, con il nome in

MAIUSCOLO e NON in grassetto, e centrato. Tra azione e nome di chi parla c’è una riga bianca, mentre tra il nome dichi parla e le sue parole no.Se uno fa un’azione durante il dialogo, si interrompe lo stesso e si descrivel’azione nuova.

Es. Azioneazioneazione.

 ANDREABla bla bla

MARIABla bla blaDIDASCALIE Vanno sotto al nome del personaggio. Sconsigliate: danno idea che non

riusciamo col dialogo a dare l’effetto voluto.N.B: se il personaggio parla con un braccio alzato, non è una didascalia,ma va descritta la cosa nell’azione.

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Es.MARCO(sorridendo)Bla bla bla

 ASSOLVENZA E DISSOLVENZAFrasi come “assolvenza dal nero” o “dissolvenza sul nero” sono tollerate. Vanno messe all’inizio e alla ne.

 VOCE OFF, VOCE OVER E PAUSAMarco parla e noi non lo vediamo: se Marco fa parte comunque dellascena e in quel momento è fuori campo: es. VOCE OFF (MARCO)

oppure MARCO (OFF)Marca parla, non lo vediamo e lui non è nella scena: es. VOCE OVER(MARCO) oppure MARCO (OVER)Se la voce over appartiene al narratore è una voce extra diegetica: es. VOCE OVER oppure OVER Se uno pensa è una voce over, anche se vedi il personaggioLa pausa è centrata come il nome di chi parla, in maiuscolo. Es.

MARCO

(PAUSA)bla bla bla

La telefonata:

Quando parla lui e quando parla lei sono 2 scene distinte. Occorrescegliere tra una delle seguenti tecniche:1) 31/32. INT. STANZA A/B – SERA

31, su Marco

MARCOBla bla bla

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 SILVIA (OFF)Bla bla bla

MARCOBla bla bla

2) 31/A.....

MARCO

32/A.....

SILVIA

31/B.....

MARCO

32/B......

SILVIA

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CONCETTO DI SCENA

Se il protagonista cammina per strada, entra in un portone, sale le scale,entra in casa e si siede in salotto è tutta una scena.

GRAMMATICA DELLA SCENEGGIATURA

Quando mettiamo un “.” Identichiamo il punto con uno stacco. Se noi vogliamo fare un lm e decidiamo un ritmo a questo lm (es. accelerato)abbiamo due variabili in aiuto: il numero di scene ed il numero di punti.Maggiori sono i numeri, più veloce sarà il lm. All’interno di ogni singolascena più stacchi ci sono più è movimentato.

I PERSONAGGI

Descrivere più persone:es. “un ragazzo biondo; accanto una ragazza verde; un bambino.”

periodi brevi, molta paratassi e punti: più stacchi

periodi lunghi (subordinate), poca paratassi e pochi punti: piano sequenza.

Il nome del personaggio che appare per la prima volta nell’”azione” diuna sceneggiatura va scritto tutto in MAIUSCOLO e lo dobbiamo subitodescrivere: la descrizione rientra nell’azione.Es. “Nel corridoio vedo arrivare MARCO, un ragazzo biondo e alto”.

LA SOGGETTIVA

Non possiamo scrivere “soggettiva”, ma dobbiamo farla capire comesoluzione preferita, proposta.Es. “due persone parlano, poi non le vediamo più, e vediamo la stanza incui stanno”.

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Giovedì 28 Novembre 2002CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICA

IL PERSONAGGIO

E’ l’elemento indispensabile del lm; ha abbastanza carattere per reggereuna storia.“Se vuoi raccontare di una mamma, devi farla uscire dalla mammità”I dialoghi perfetti nascono da personaggi nti, clonati. La vita di tutti igiorni è fatta di dialoghi pieni di “vuoti”.Occorre una certa capacità di attenzione, di ascolto verso la vita reale e la vita passata.

METODI PER TROVARE UN PERSONAGGIO

Personaggi incontrati nella vita reale: nel passato, presente: empatia versogli altri.“L’empatia è la capacità di dramma” Wallace in “Braveheart” è in empatia con Bruce; i personaggi di Burton

Fink sono orribili, devastanti, confusi; BF è sincero anche quando dicecose orribili, per cui lo percepiamo come vero.

Le schizofrenie sono un archivio fondamentale: bisogna ridare ad unaparte sopita di se stesso

Es. una caccola su bottone dell’ascensoreSpesso dobbiamo rendere qualcosa che è vero in verosimile, perché a volte

la realtà è inverosimile e si rendono necessari degli aggiustamenti.

Ci saranno sempre scompensi di ritmo, tematici ed altro genere, ma se nonci sono vuol dire che non riesci a sacricare delle cose del personaggio, equindi non riuscirai mai a quadrare il cerchio.Rapporto scrittore / personaggio “malato”: bisogna iniziare adaffezionarci, a soffrire per lui, a gioire insieme a lui; dobbiamo ragionaredurante la giornata a come lui farebbe a superare le difcoltà della vita ditutti i giorni.

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METODO BIOGRAFICO

Un metodo alternativo potrebbe essere quello di scrivere la biograa delpersonaggio:

aspetto psicologico

aspetto sociologico

aspetto sico

Il sico deve corrispondere correttamente al prolo psicologico.Lavorare per antitesi: vedi i “Soliti sospetti” (Kaiser Sauzee).La biograa serve specie se lavori in gruppo per rendere accessibile a tuttila tua idea del personaggio.

Essa può essere anche scritta in prima persona: è il cd. Metodo pseudo-autobiograco.

MOVIMENTI

M. maggiori: movimenti tti dai protagonisti;M. minori: m. tti da comparse e personaggi secondari.

Gli spettatori sono molto più vicini ai m. maggiori che a quelli minori;signica che essendo una storia una narrazione di eventi che cambiano ladirezione della storia stessa, tali m. devono essere molto piccoli, graduali. Ilpersonaggio si deve muovere lentamente perché altrimenti farebbero dellescelte in maniera poco realistica.

es. Se abbiamo un gangster che si vuole redimere (vedi “Carlito’s Way”)

avverrà molto lentamente.

LA FOCALIZZAZIONE

 Vedere le cose dai punti di vista del protagonista, del co-protagonista e ditutti i personaggi importanti.C’è focalizzazione zero se siamo narratori onniscienti e sappiamo lecose future: è una scelta tradizionale. Una rarità, invece, è quando c’èla focalizzazione interna. “Il grande Lebowski” è dietro le spalle delprotagonista, cioè quasi in prima persona.

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IL LAUREATOSottotesto: messa in scena, è ciò che noi vediamo, non quello che fa ilprotagonista

Scena 1: aereo, lui è sullo sfondo bianco, potrebbe essere da qualsiasi parteScena 2: aeroporto, lui sul tappeto scorrevole va in un senso, gli altrinell’altro. Lui quindi va controcorrente (è un effetto cinematograco, nonreale del lm).Scena 3: lui è di sopra, sotto c’è la festa in suo onore. E’ controcorrentenell’azione.Scena 4: movimenti minori dei personaggi. Il padre gli dice “devi esseregrande”, la madre gli sistema la giacca e gli mette a posto i capelli. C’è

un dialogo nella stanza, poi escono e si vede nello sfondo un quadro conun clown: lui in mezzo agli invitati si sente così. Ci sono due personaggimarginali, un uomo ed una donna: dicono cose scontate per quel contestoma di importanza essenziale: “è nito il tempo delle ragazze”. E’ il leitmotiv del lm e lei prova attrazione verso di lui. Il tipo gli dice “sai qual èil futuro in una parola? Plastica”.

Il regista disegna il personaggio senza ancora farlo agire, ma solo reagire. Azione? Torna sopra davanti all’acquario. C’è la signora Robinson: siinstaura n da subito la gerarchia schiavo-padrona. Lui è sottomesso mafa un’azione importantissima: dà le chiavi a lei “prenda la mia macchina e vada lei”, con maleducazione: lo sceneggiatore sta sondando la potenzialitàdi Hoffmann alla rivolta, reazione. Per tutto il primo tempo, no a quando va a letto con la sig.ra Robinson, prende ordini da tutti ma è maleducato:

trasmette le sue sfumature.La sig.ra Robinson è molto matura, furba, capace di gestirlo; ma lei non lofa per puro piacere sadico, ma lei è un’alcolizzata, ed ha avuto problemi. Sicomporta così in seguito a traumi: si è sposata non per amore ma perchéera rimasta in cinta. Lei “Bevi” e mette in mano a lui il bicchiere, e lui “Nograzie” e poco dopo lui si mette a bere.

La scena della camera da letto è piena di vuoti: i due personaggi si vedonoin tutta la loro complessità.

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Martedì 3 Dicembre 2002CORSO di SCENEGGIATURA CINEMATOGRAFICA

LO SPOT PUBBLICITARIO

Lo spot racconta una storia ma per vendere un prodotto. E’ una storia (onon–storia) piena di vincoli:1° il tempo (30”)2° il prodotto3° le condizioni in cui si operaEsistono due tipi di spot:

narrativi

non narrativi o “di trattamento” (musica, modelle, slogan e nulla più)

LO SPOT NARRATIVO

Le caratteristiche ideali:deve o dovrebbe dire una cosa soladeve farsi ricordare

deve muovere un’azioneè una storia breve che spesso è già stata dettadeve trovare un nuovo modo di vendere il prodottoil prodotto ha un ritorno maggiore se entra nella storia in maniera laterale(es. spot del latte)la musica e la regia sono importanti quanto l’ideal’uso del testimonial è buono se muove la storia (Sean Connery, Sylvester

Stallone)

IL CLAIM

Il claim è un generatore di campagna: è uno slogan che di per sé generapiù idee:es. “Toglietemi tutto, ma non il mio Breil”

“life is short”“la vita è fatta di priorità”

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Libri Consigliati: 

“INTRODUZIONE ALLA SCENEGGIATURA” di Dominique Pareth Altier, ed. Lindauto

“COME SCRIVERE UNA GRANDE SCENEGGIATURA” di Linda Singer, ed. Dino Audino

“LA SCENEGGIATURA” di Syd Field, ed. Lupetti 

“IL CINEMA OLTRE LE STELLE” di Ken Dancyger – Jeffrush, ed. Golden Maps, BUR 

“GEOGRAFIA DEL CINEMA” di Bruno Fornaia, ed. Golden Maps, BUR 

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DALLA SINOSSI ALLA

SCENEGGIATURA 

INTRODUZIONE

Il presente prontuario di sceneggiatura non è da considerarsi un manualeo un trattato sull’argomento, ma semplicemente una guida sintetica per chisi avvicina per la prima volta all’affascinante mondo di quelli che fanno ilcinema.

La gura dello sceneggiatore è fondamentale in questosettore: senza di lui un lm non avrà mai inizio, e tutte le persone addettealla realizzazione del progetto (il

produttore, il regista, gli attori, lo scenografo, il direttore della fotograa,ecc.) non entreranno mai ‘in scena’.Questa guida invoglierà l’aspirante sceneggiatore adapprofondire la materia, per poi avvicinarsi sempre più al processo

produttivo, e perché no a diventare un quotato scrittore di cinema.Scrivere per il cinema signica scrivere per immagini; che è totalmentediverso dalla composizione letteraria, dove padroneggiano elementi comel’introspezione e la funzione poetica. Uno sceneggiatore di buon livellonon deve necessariamente possedere una competenza linguistica pari aquella di un romanziere, maestro di artici letterari.Deve essere culturalmente vivo e capace di semplicare e descrivere conchiarezza ciò che vede l’obiettivo di una macchina da presa. Il tutto vascritto facendosi accompagnare da uno stile narrativo elegante, miscelatocon indicazioni tecniche indispensabili in fase di regia.

DALL’IDEA ALLA SCENEGGIATURA

Il linguaggio cinematograco, non è altro che raccontare una storia sottoforma di immagini. Si parte da un’idea, che può nascere da un tema, da

uno spunto di cronaca, da un’opera letteraria o da un’idea originale. Iltutto sta nel sintetizzare la storia in poche frasi, e non è facile. Esponetela vostra storia per iscritto in tre frasi, secondo l’azione e il personaggio.

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Prima di tutto bisogna isolare il protagonista ; poi denire lo svolgimentodell’azione. Bisogna cercare di essere il più possibile generici, sforzandosinel ‘limare’ l’idea a poche frasi. Gli stadi principali, adottati per arrivaredall’idea alla sceneggiatura sono i seguenti:

- il soggetto;- la scaletta;- il trattamento;- la sceneggiatura.

1) La sinossi è la prima stesura del soggetto di un lm. È una primaforma scritta molto sintetica dell’opera cinematograca, che permette direperire i nodi principali del racconto molto agevolmente.

2) Nel mondo del cinema, il soggetto è un breve racconto che illustraa grandi linee la trama (più propriamente detta “sinossi” o “sinopsi”)di un lm (già realizzato o ancora da realizzare). Può essere originale oadattato da un altro soggetto esistente.La lunghezza del soggetto nondovrebbe mai essere eccessiva, e solitamente va dalle tre alle dieci cartelledattiloscritte. Lo scopo principale, infatti, è quello di suscitare l’interesse di

un produttore, ed è quindi consigliabile evitare dettagli inutili (in pratica,si cerca di limitare il rischio che un singolo dettaglio possa far cestinare ilsoggetto). Nel caso il produttore trovi l’idea meritevole di essere sviluppataulteriormente..

3) Si procede a realizzare un elenco delle scene ( “scaletta”).

4) che a sua volta sarà la base di un “trattamento” più articolato, dellalunghezza di circa trenta cartelle dattiloscritte. Quest’ultimo conterrà ladescrizione delle scene principali del lm, e potrà quindi risultare utile perpresentare il progetto ad un regista.

5) Seguiranno poi una serie di ampliamenti, l’inserimento dei dialoghi e ditutti i dettagli, no a giungere alla sceneggiatura.

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Il soggetto

Il soggetto è il lm scritto sotto forma di racconto. In esso appaionol’intreccio e tutti gli elementi che costituiscono la storia. Deve contenerele tre parti essenziale della struttura narrativa, ovvero l’inizio, la partecentrale e la ne. Il soggetto aiuta lo scrittore ad organizzare la storia nellesue componenti fondamentali che in seguito si espanderanno prendendola forma più complessa della sceneggiatura. La sinossi deve essere redattain stile indiretto e privo di dialoghi. Anche se non esiste una lunghezzastandard per il soggetto, normalmente si scrivono dalle tre alle cinquecartelle dattiloscritte.

La scaletta

Il secondo passo, prima di arrivare alla sceneggiatura, è rappresentato dallascaletta ; che è l’ossatura della storia. In questa fase lo scrittore organizzauno schema che riassume i punti salienti della vicenda. Spesso la scaletta viene fatta coincidere con una successione numerata di tutte le scene, in

ordine, con una frase che ne riassuma l’azione relativa.

Il trattamento

E’ qui che la storia riassunta nel soggetto, inizia ad espandersi comeuna macchia d’olio. Seguendo lo schema della scaletta, si descrivedettagliatamente l’azione del lm, in continuità. Ogni situazione è

descritta dettagliatamente e i personaggi incominciano a prendere forma,a caratterizzarsi. Anche gli ambienti sono deniti con precisione. Neltrattamento domina l’aspetto narrativo-letterario. Nella maggior partedei casi, in questa fase vengono inseriti i dialoghi, e il trattamento vienedenominato, per gli addetti ai lavori, “scalettone”. La sua lunghezza può variare dalle trenta alle cento cartelle dattiloscritte.

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La sceneggiatura

Questo è il paragrafo più delicato del nostro prontuario. Ora che la storiaè ben strutturata, non ci resta che scriverla in termini cinematograca, cioèsotto forma di scene e sequenze. Una sceneggiatura, ovvero il copione,può essere scritta in due modi, comunemente chiamati : ‘all’italiana’ e‘all’americana’. Nel primo caso avremo il foglio diviso in due colonne : adestra gli elementi sonori e i dialoghi; a sinistra gli elementi visivi e l’azione.La sceneggiatura all’americana invece viene redatta per scene principali,dove tutti gli elementi sopra indicati sono riuniti in una progressioneuniforme. Ogni scena viene numerata e individuata in tre elementi base :luogo - interno/esterno - giorno/notte. Nel primo si indica l’ambiente(il

set), nella seconda si specica se si gira in interno o in esterno ed innesi indica se l’illuminazione della scena deve essere diurna o notturna.Segue la descrizione dell’azione con le indicazioni tecniche di ripresa, che vedremo più avanti. Una buona sceneggiatura deve essere scritta in unaforma chiara, semplice, con uno stile elegante, con pochi termini tecnicio indicazioni di regia che la inceppino. Usare paragra brevi con i verbiin forma attiva, modo indicativo e tempo presente. Anche se si racconta

un avvenimento avvenuto precedentemente, bisogna scriverlo sempre alpresente, come se la cosa stesse accadendo proprio ora. Evitare i verbicomposti. Usare verbi e sostantivi forti, e aggettivi solo se necessario dalpunto di vista drammatico. Bisogna usare parole che esprimono immaginispeciche, semplici ; evitando l’introspezione o quel tipo di informazioneche non si può mostrare sullo schermo. Alternato ai paragra, si possonoinserire i dialoghi, ssando gli spazi come segue :

Descrizione del luogo, del personaggio, dell’azione...PERSONA CHE PARLA (indicazione parentetica) Le parole che vengonodette. Descrizione...I dialoghi devono differire leggermente dalla realtà. Nella scrittura

cinematografca i dialoghi devono essere sintetici. Devono avere un

 valore scenico, cioè composto da battute che gli attori non facciano

fatica a pronunciare. I dialoghi, messi insieme devono trasmettere unacerta musicalità. Devono inoltre presentare una certa dinamicità : farscorrere la storia in avanti, senza intoppi. Il dialogo è anche un ottimo

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mezzo per far emergere la gura del personaggio, rivelando quelleinformazioni che non sono state descritte nel discorso indiretto. Perconsuetudine una pagina di sceneggiatura all’americana corrisponde acirca un minuto di lm. Per cui un lungometraggio di centoventi minuticorrisponderà ad una sceneggiatura di centoventi cartelle dattiloscritte, coninterlinea 1.

IL PARADIGMA

Su come vada concepita una sceneggiatura ci sono moltescuole e tendenze. Syd Field, uno tra i più noti sceneggiatori e insegnantiamericani del settore, ha inventato un nuovo sistema per creare una

sceneggiatura. E’ il sistema del paradigma, paragonabile ad una mappa, lastruttura drammatica di una sceneggiatura. Il paradigma è un modello, unesempio, uno schema concettuale dell’aspetto che avrà la sceneggiatura.E’ suddiviso in tre parti: un inizio, una parte centrale e una ne. L’iniziocorrisponde al primo atto, la parte centrale al secondoatto, e la ne alterzo atto. Alla ne del primo atto e alla ne del secondo, troviamoil cosiddetto colpo di scena. Esso è indispensabile per far procedere

la struttura narrativa; per aumentare la curiosità dello spettatore. E’l’ostacolo che il protagonista della storia deve superare per arrivare allarisoluzione. Una storia cosi concepita deve essere creare una atmosferadi attesa per catturare il pubblico. Poiché una pagina di sceneggiaturaequivale ad un minuto sullo schermo, il paradigma è suddiviso in manieratale da impostare un lm di centoventi minuti, cioè centoventi pagine.Il primo atto è lungo trenta pagine. Incomincia a pagina uno e continua

no al primo colpo di scena. Il secondo atto va da pagina trenta a paginanovanta ; dal punto della vicenda che comincia alla ne del primo attono al secondo colpo di scena che arriva alla ne del secondo atto. Questosecondo blocco è lungo sessanta pagine ed è tenuto insieme dal contestodrammatico denito confronto nella cui metà, a pagina sessanta, troviamola parte centrale. Inne il terzo atto, che va da pagina novanta a centoventi.Queste ultime trenta pagine sono tenute insieme dal contesto drammaticochiamato risoluzione.Quanto detto può essere, a grandi linee, schematizzato in gura, dove èstato tracciato il paradigma di un lm celebre : E.T. di Steven Spielberg.

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Ecco la trama ed il relativo paradigma :La storia: E.T. giunto sul pianeta Terra con un’astronave si perde nelbosco. Rimane solo quando i suoi sono costretti a partire senza poterlofar rientrare nell’astronave. Braccato, vaga nella periferiadella città. Viene trovato e curato da un ragazzino : Elliot. E.T. edElliot diventano,inevitabilmente, amici. Il ragazzo presenta ilvisitatore, “lo Gnomo”, asuo fratello e a sua sorella. In breve tempo Elliot ed E.T. sviluppano unsistema di comunicazione basatopiù sulle afnità di sentimenti che sul linguaggio : l’uno avverte lesensazioni dell’altro. Il piccolo visitatore, inoltre, possiede dei poteriextrasensoriali. E.T. ha nostalgia : vuole tornare a casa. Vuole telefonarea casa. Il ragazzo va in cantina e porta a E.T. tutto quello che trova : una

sega, qualche giocattolo, un saldatore, una caffettiera. Il fratello maggioredi Elliot dice che E.T. potrebbe ammalarsi. E.T. prende vari pezzi e liassembla realizzando un primitivo impianto trasmittente. La notte diOgnissanti, travestitoda gnomo, E.T. fugge nel bosco con i bambini. Regola il suo impiantodi trasmissione e invia un segnale nello spazio. Elliot ed E.T. passano lanotte nel bosco. E.T. non soffre solo per la lontananza da casa, ma anche

sicamente. Peggiora. In un disperato tentativo di aiuto, Elliot lo fa vederea sua madre. Ma è troppo tardi : E.T. sta morendo. Gli adulti prendonol’iniziativa. Cercheranno di salvarlo, ma tutto è ormai inutile : E.T. muore.Poi miracolosamente torna in vita.Paradigma :

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Come potete vedere, alla pagina ventitré della sceneggiatura troviamoil primo colpo di scena : quando Elliot è costretto a nasconderel’extraterresre nell’armadio, per paura di farlo vedere ai suoi familiari. Ametà della storia, ovvero la parte centrale (pc) individuabile a pagina 61,E.T., in preda alla nostalgia, vuole tornare a casa. Questa situazione tienecollegata la prima e la seconda metà del secondo atto. A pagina ottantaseitroviamo il secondo colpo di scena : E.T. è in n di vita. La risoluzione siha quando l’extraterreste, dopo essere morto, torna miracolosamente in vita.

SCRITTURA CINEMATOGRAFICA

Scrivere per il cinema signica scrivere per immagini, e per fare ciòoccorre che lo sceneggiatore abbia un suo punto di vista tecnico. Ingenere in ogni paragrafo di sceneggiatura va indicata l’inquadraturaappropriata. L’inquadratura è quell’immagine colta dall’obiettivo dellamacchina da presa (m.d.p.). Il regista, a secondo delle diverse angolazionidell’inquadratura, può esprimere il suo punto di vista rispetto alla realtàche vuole rappresentare. Per quanto concerne l’inquadratura bisogna

subito distinguere il campo di ripresa dal piano di ripresa. Il primocorrisponde alla porzione di spazio inquadrato; il secondo invece riguardala porzione della gura umana inquadrata. Questi due elementi dellascrittura cinematograca possono essere frazionati in otto specici puntidi vista. :- Campo lunghissimo o totale (C.L.L .):quando la macchina da presa inquadra una spazio

 vastissimo, che si perde praticamente all’innito.- Campo lungo (C.L.):molto simile all’inquadratura precedente; solo che in questo caso la guraumana è più riconoscibile nell’ambiente.- Campo medio (C.M.):quando una o più persone sono riprese per intero. Nel caso in cui vengainquadrata una persona sola , allora si avrà la Figura intera (F.I.)- Piano americano (P.A.):la gura umana è ripresa dalle ginocchia in su.- Primo piano (P.P.):

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 viene inquadrato il volto e parte del busto del personaggio.- Primissimo piano (P.P.P.):è inquadrato solo il volto.- Controcampo (Cc.):inquadratura diametralmente opposta a quella precedente.- Dettaglio/particolare:si usano per fare dei primi piani rispettivamente ad unoggetto e ad una parte specica del corpo umano.Seguono ora i movimenti della macchina da presa.- Panoramica:movimento rotatorio della m.d.p., ssa su un sostegno. Può essere verticaleo orizzontale e obliquo. Facendo un rapido movimento di macchina, da

un’inquadratura a un’altra, si avrà la panoramica a schiaffo.- Carrellata:quando la m.d.p. compie un movimento in avanti, indietro,obliquo, a destra e a sinistra. Può essere fatto sui binaridove viene posto il carrello; con il pied de poule (un carrello mobile a treruote), e con la cameracar, quando la macchina da presa e ssa su un’autoo su una moto per la strada.

- Dolly:quando la macchina da presa è montata su una gru con un bracciomobile che compie movimenti dal basso all’alto e viceversa con grandemaneggevolezza, grazie ad una serie di meccanismi pneumatici.- Steady-cam:è una macchina da presa particolare, montata sul corpodell’operatore, grazie ad un sosticato meccanismo.

 Altri elementi usati dallo sceneggiatore sono :- Stacco:è un’interruzione netta tra un’inquadratura e quellasuccessiva.- Dissolvenza:che può essere in chiusura quando l’immagine lentamente scompare nelbuio. Si dice in apertura quando l’immagine, dal buio, emerge a poco apoco. La dissolvenza è incrociata quando un’inquadratura si trasformagradualmente in un’altra.Per quanto riguarda i dialoghi, esiste un termine tecnico

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molto comune nella nomenclatura cinematograca: F.C.(fuori campo). La voce fuori campo si ha quando ilpersonaggio parla senza essere inquadrato. Possiamoinoltre avere in campo una persona che pensa, e sentire la voce interiore : in questo caso non avremo un F.C., masemplicemente scriveremo : VOCE ‘PERSONAGGIO’ Le parole che vengono pensate.

LO SVILUPPO DEI PERSONAGGI

I personaggi di un lm sono coloro che animano la storia.Lo spettatore si deve riconoscere in loro. Soprattutto ilprotagonista deve attirare l’interesse dello spettatore, suscitando dellereazioni forti. Deve avere una personalitàtale da renderlo credibile nei conitti che gli si presentanodurante il cammino. Deve avere una certa coerenza. Tuttiquesti elementi fanno sì che il personaggio siacaratterizzato. Il linguaggio cinematograco non permette di far pensareun personaggio come in un romanzo letterario.Quanto detto è solo possibile mostrarlo nell’atto di farlo, in

modo tale che il suo agire riveli di fatto ciò che stapensando. Per caratterizzare un personaggio in manieracosì dettagliata, occorre che lo sceneggiatore lo conoscaalla perfezione. E’ consigliabile, a tale proposito, costruireuna biograa contenente gli elementi che stanno alla basedella caratterizzazione del personaggio:

- l’età;

- la posizione sociale;- i rapporti interpersonali;- la psicologia, il carattere.Ovviamente tutte le informazioni legate al personaggio non vanno esaurite in un solo colpo, ma vanno rivelate poco alla volta, per mantenere desta l’attenzione del pubblico. Siincontra sempre in un racconto, un’altra gura :

l’antagonista. Esso è colui che oppone al protagonista,ostacolandolo. Anche i personaggi minori devono esserecostruiti secondo le stesse regole dei protagonisti, anche se in tono minore.

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L’ADATTAMENTO

L’adattamento consiste nel trasportare un opera letteraria o teatrale in unracconto cinematograco.Un copione cinematograco risulterà molto diverso dal romanzo o daltesto teatrale dal quale è stato tratto. Per procedere nell’adattamentooccorre innanzitutto entrare in rapporto di familiarità con l’operaoriginaria, leggendola attentamente e cogliendone i dettagli, insommaanalizzarla. Si dovrà poi schedare il racconto in base ai fatti, ai personaggie alle azioni, cercando di ricostruire la storia ordinandola per scene,

utilizzando le stesse tecniche descritte precedentemente.Una delle operazioni più complicate e quella di tradurre un romanzo in

lm. Come si sa un’opera letteraria è ricca di tanti importanti valori chedifcilmente possono essere tagliati per la versione cinematograca. l’iterpiù congeniale è quello di saper individuare le scene chiave del romanzo,per realizzarne una scaletta vera e propria. Ne consegue una progressivastruttura narrativa che piano piano ci porterà alla stesura della relativasceneggiatura. Sicuramente questo è un lavoro delicato che comportaabilità, sensibilità e tanta pazienza.

ESEMPIO DI SCENEGGIATURA

Giunti al temine di questo prontuario, eccovi un esempio disceneggiatura redatta all’italiana e poi all’americana.

SCENA 10 Terrazzo-Est. giorno. Veronica e Beatrice si sporgono dalla ringhiera

BEATRICESe qualcuno ci vede, siamofritte.

 VERONICANon stanno guardando noi,

Bea. Guardano loro.

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Una donna di una bellezza strepitosa passa in gondola sotto un ponte, eporge un grappolo d’uva al suo prescelto.Le ragazze stanno a guardare. Sono sgomente e impaurite- una paura che a tratti si fa vero e proprio orrore.

BEATRICE Dio non dovrebbe permettereche il peccato sia così bello. 

 VERONICACome dee. Livia, Imperia,Marina... 

 VERONICAQuelli non sono i loro veri nomi. Li inventano, lo sannotutti.

 VERONICANeanche “Pio” è il vero nome del Papa.

 Beatrice dà una botta a Veronica, come per rimproverarla.

Ora la stessa scena redatta all’americana.SCENA 10 Terrazzo-Est. giorno.

 Veronica e Beatrice si sporgono dalla ringhiera.BEATRICESe qualcuno ci vede, siamo fritte. VERONICANon stanno guardando noi, Bea.Guardano loro.Una donna di una bellezza strepitosa passa in gondola sotto un ponte, eporge un grappolo d’uva al suo prescelto.Le ragazze stanno a guardare. Sono sgomente e impaurite - una paura chea tratti si fa vero e proprio orrore.

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BEATRICEDio non dovrebbe permettere che ilpeccato sia così bello. VERONICACome dee. Livia, Imperia, Marina...BEATRICEQuelli non sono i loro veri nomi. Liinventano, lo sanno tutti. VERONICANeanche “Pio” è il vero nome delPapa.

Beatrice dà una botta a Veronica, come per rimproverarla.(Tratto da : “The honest courtesan” - Sceneggiatura di Jeannine Dominy).

LA FICTION TELEVISIVA

L’iter per lo sceneggiatore intenzionato a realizzare un opera destinataal piccolo schermo differisce da quello tradizionale. Se si tratta di unaserie televisiva, anziché scrivere le sceneggiature complete dei singoliepisodi, è opportuno presentare al possibile committente, in genere RAIe MEDIASET, un progetto che normalmene gli addetti ai lavori usanochiamare “Bibbia”, contenente i seguenti elementi:

- Titolo- Nome dell’autore- Formato (La durata in minuti dei singoli episodi).- Descrizione della serie (Un paragrafo che spiega e approfondisce letematice della storia proposta).- Prolo dei personaggi (descrizione dettagliata di ciascun personaggio,delineandone le caratteristiche siche, psicologiche e sociali).- Soggetti relativi ai singoli episodi (Se si tratta di una ction a lungaserialità, è sufciente presentare dei brevi paragra riassuntivi relativi alleprime puntate).

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Il tutto deve essere contenuto in una decina di pagine.Una ction va concepita adeguando lo stile al mezzo televisivo; adesempio i primi piani si preferiscono ai campi lunghi. Inoltre bisognatener conto del grado di attenzione che presta un telespettatore da casa,che non è sicuramente lo stesso di uno spettatore seduto in una salacinematograca.In ultimo vanno preventivate le interruzione dovute agli stacchipubblicitari.

IL COPYRIGHT

Quando l’aspirante sceneggiatore scrive il suo lm, pensa quasi ed

esclusivamente a chi proporlo ed eventualmente venderlo. Una voltatermina la fase di stesura della sceneggiatura, l’autore esordiente vienecolto da un altro timore: come tutelare la propria opera?In Italia il metodo più ufciale ed anche il più diffuso consiste neldepositare in S.I.A.E. (Societa’ Italiana degli Autori ed Editori) il soggettoo la sceneggiatura. In questo caso la data del deposito farà fede sullaproprietà della vostra opera.L’altro metodo, il più semplice ed economico, consiste nel spedire a sestessi, una raccomandata con il proprio soggetto o sceneggiatura. Inquesto caso la data sul timbro della spedizione farà fede sulla proprietàdella vostra opera.Molti professionisti comunque usano afdare la propria sceneggiatura adun avvocato o ad un’agenzia cinematograca.

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BIBLIOGRAFIA

- Syd Field - LA SCENEGGIATURA - Lupetti e Co. Editore, 1991

- Lucio Battistrada, Massimo Felisatti - CORSO DI SCENEGGIATURA Gruppo

 Editoriale Fabbri, 1993

- Massimo Moscati - MANUALE DI SCENEGGIATURA - Arnoldo Mondadori Editore, 1989

- Terence St. John Marner - GRAMMATICA DELLA REGIA - Lupetti e Co. Editore,

1972

- Age - SCRIVIAMO UN FILM - Pratiche, 1988

- Vincenzo Cerami - CONSIGLI A UN GIOVANE SCRITTORE - Giulio Enaudi

 Editore, 1996