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Ivan Buttignon

Trieste segreta –

Le vicende mai raccontate

Prefazione diFabio Forti

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I edizione: dicembre

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Ai miei nonni Jolanda e Marcello, Lucia e Antonio, che dasponde diverse hanno vissuto alcuni degli episodi qui narrati

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Indice 9 Ringraziamenti 11 Prefazione 27 Capitolo I

Introduzione. La Venezia Giulia verso il Governo Militare Alleato

1.1. Prologo dell’occupazione anglo-americana, 29 - 1.2. Verso il GMA. L’amministrazione straordinaria civile, 36 - 1.3. La reazione italiana di fronte al GMA, 43.

49 Capitolo II

Il GMA tra amici e nemici. Filo-italiani, indipen-dentisti, slavi anti-titoisti e comunisti patriottici (1945-46)

2.1. L’enorme sfida. I primi tentativi di governo della Zona A, 49 - 2.2. Lo slalom gigante degli anglo-americani. Il GMA tra il CLN giuliano e le sigle comuniste, 56 - 2.3. In barba agli alleati e ai titoisti. La prima riscossa filo-italiana nelle piazze triestine, 62 - 2.4. Né con Tito né con l’Italia. Il fronte anticomunista slavo, 73 - 2.5. Il braccio di ferro continua. La sfida italo-alleata dopo le prime rivendicazioni tricolori, 80 - 2.6. Quel tertium genus. Il fronte dell’indipendenza tra im-passibilità e favori alleati, 88 - 2.7. Il comunismo tricolore. Un’alternativa patriottica al nazionalismo di Tito, 91 - 2.7.1. Le azioni del PCI contro la Jugoslavia. Dalla diffidenza all’ostilità operativa, 95 - 2.7.2. Dal Fronte Comunista Italia-no al PCI della Venezia Giulia. La nascita del coordinamento comunista patriottico, 102 - 2.7.3. I rapporti tra il PCIVG e Botteghe Oscure, 107 - 2.7.4. Dalla filo-italianità de iure a quella de facto. Il PCIVG scalzato dall’Ufficio Informazioni

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e la comparsa di Vidali, 115 - 2.7.5. Il comunismo di frontie-ra tra patriottismo contingente, virtuale o reale, 120.

125 Capitolo III

Il tutti-contro-tutti. Gli scontri manichei, l’invasione titina di Trieste e gli accordi segreti USA-Jugoslavia (1947-48)

3.1. Antagonismi triangolari. GMA, italiani e slavi, 125 - 3.2. Il GMA tra scioperi e politica sindacale, 132 - 3.3. La nuova strategia filo-italiana e le reazioni del GMA, 137 - 3.4. L’invasione jugoslava della Zona A nel 1947. Un’ipotesi con-fermata, 148 - 3.5. E la Jugoslavia passa all’Occidente. Gli Accordi segreti di Brioni, 164 - 3.6. La Dichiarazione triparti-ta: tutto il TLT all’Italia, 171 - 3.7. “Il GMA è filo-jugoslavo!” La protesta dei gruppi filo-italiani, 175.

191 Capitolo IV

Le elezioni amministrative del 1949. L’Ufficio Zo-ne di Confine, gli alleati e i nuovi equilibri politici tra italianità e scontri culturali

4.1. Verso destra? L’ingerenza dell’Ufficio Zone di Confine negli equilibri politici, 191 - 4.2. Il turbinìo politico. Fronte italiano, cominformisti e GMA nella fibrillazione elettorale, 198 - 4.3. Paura di “troppo” patriottismo. Il GMA e l’italianità prima e dopo le elezioni del ’49, 207 - 4.4. Bye bye Nota tripartita. Termina un periodo, svanisce una speranza, 232.

237 Capitolo V

Conclusioni. Trieste tra segreti e misteri 245 Bibliografia

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Ringraziamenti Ringrazio sentitamente i principali collaboratori di questo vo-lume: Fabio Forti, per la premessa e la condivisione di parecchi documenti e informazioni; Paolo Radivo, per la supervisione e i consigli tecnici; William Klinger, per la trasmissione e la tradu-zione di diverse fonti, in primis alcuni documenti conservati ne-gli archivi dell’ex Jugoslava.

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Prefazione

Questa dettagliata ricerca, Trieste segreta 1945-49, costituisce un importante momento di rappresentazione storiografica del primo periodo dell’amministrazione del Governo Militare Al-leato (GMA) in quel che restava, dopo la guerra, della Venezia Giulia e di Trieste in particolare. Va precisato che in quegli an-ni ormai lontani, per “Venezia Giulia” s’intendeva una larga parte dei territori (dell’ex Impero Austro-ungarico) annessi dall’Italia vincitrice della Grande Guerra, che comprendevano le Alpi Giulie, il goriziano, il triestino, il Carso, la Carniola in-teriore, l’Istria. Attualmente, causa della sconfitta da parte dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale, tale “Venezia Giu-lia” è schematicamente ridotta alle sole Trieste e Gorizia, con un ristretto territorio contermine.

Tale definizione di “Venezia Giulia” ci proviene dal lingui-sta goriziano Graziadio Isaia Ascoli sin dal 1863. Si tratta di una configurazione geografica che trova giustificazione sulla base non solo di motivazioni storiche, ma anche culturali e lin-guistiche. Riunisce gli ideali insiti nella cultura e nel ricordo dell’antica romanità del territorio, derivata dalla gens Julia dai nomi di Giulio Cesare e di Ottaviano Augusto, creatori della “Decima Regio Venetia et Histria”, che comprendeva l’intero territorio delle “Tre Venezie” sempre dall’Ascoli identificate rispettivamente come Tridentina, Euganea e Giulia. Il confine della “Giulia” con la “Euganea”, corrispondeva grosso modo al corso del Fiume Isonzo. In tale generica area la “Serenissima Repubblica di Venezia” conferì nei secoli una profonda im-pronta di civiltà, lasciando segni culturali, storici, architettonici indelebili, ovunque ed in particolare nell’Istria e nella vicina Dalmazia.

Consideriamo ancora che già dai lontani tempi del nostro Sommo Poeta, Dante Alighieri comprendeva queste nostre tre regioni nel limite dell’Italia di allora, descritto nella Divina Commedia, al Canto nono dell’Inferno, Cerchio VI, dove ricor-

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dava: «Sì come ad Arli, ove Rodano stagna - sì come a Pola, présso del Carnaro - ch’Italia chiude e i suoi termini bagna».

Premesso questo, non mi soffermo sull’illustrazione del pre-sente prezioso lavoro, essendone privo di una competenza stori-ca specifica; ricordo solamente che sono stato in parte uno dei protagonisti che ha vissuto molte delle vicissitudini qui illustra-te, doverosamente commentate dall’Autore, indubbiamente tri-stemente sofferte da quella generazione, ormai quasi comple-tamente scomparsa, che ha subìto nelle forme più spietate, sfor-tunate, indimenticabili, le cause, gli effetti e le tragiche conse-guenze, dovute alla Seconda Guerra Mondiale nei territori del confine orientale d’Italia.

Per comprendere quando sopra esposto, debbo precisare che avendo fatto parte della Resistenza italiana nel Corpo Volontari della Libertà del CLN di Trieste, partecipando all’insurrezione contro i tedeschi il 30 aprile 1945, che il giorno dopo, il 1° maggio, fummo noi volontari italiani in vari modi “cancellati” dalla prepotenza slavo-comunista subentrata con gli stessi si-stemi precedentemente utilizzati sempre su di noi dai nazi-fascisti. Avvenne così che quelli rimasti sono stati costretti a scegliere nuovamente la clandestinità. Solamente dopo oltre cinquanta anni siamo stati invitati di scrivere quelle pagine scomode per la Storia d’Italia. Peccato però, che in tanto tempo trascorso, qualcuno meravigliato della nostra presenza e del no-stro ruolo storico ci chiese: «…Ma voi, …da dove saltate fuo-ri?»

Tutto ciò che intendo fare con questo scritto vuole rappre-sentare solamente una semplice indicazione della situazione immediatamente precedente a quanto illustrato nel presente vo-lume, che ne è conseguenza diretta.

* * * Inizio con il raccontarvi che all’Associazione Volontari del-

la Libertà, quale sodalizio patriottico e combattentistico, cui fe-cero parte coloro che accettarono serenamente e con grande convinzione il concetto di resistenza in nome dell’Italia, quali partigiani, patrioti e fiancheggiatori, che nel periodo 1943-1945 parteciparono attivamente ed in clandestinità al movimento di

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liberazione nazionale e che furono inquadrati nel Corpo Volon-tari della Libertà (CVL), braccio armato nel Comitato di Libe-razione Nazionale (CLN).

Nel CVL sono dunque confluiti coloro che accettarono di combattere per liberare il nostro paese dalla pesante occupazio-ne tedesco-nazista, operante con il contributo di quella italo-fascista, allo scopo di riscattare l’Italia, affinché potesse fare il suo ingresso nel mondo delle democrazie occidentali, facendo tesoro dei valori di libertà attuati dai loro Padri nell’importante e glorioso periodo del Risorgimento. A questo proposito va ri-cordato che il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciam-pi volle che tali volontari fossero ricordati ai posteri, quali «Pa-trioti del Secondo Risorgimento Italiano».

Infatti, le brigate partigiane che si riconoscevano apparte-nenti a un tale spirito, sì antico, ma fortemente presente all’epoca dei fatti avvenuti tra il 1943 e il 1945, furono così gli ultimi italiani che condussero la loro lotta di liberazione con quegli stessi ideali. È da rammentare ancora che nel CVL in particolare si sono riconosciuti coloro che appartenevano al mondo dei repubblicani (Giustizia e Libertà), socialisti demo-cratici, liberali e cattolici. Ricordiamo che questi patrioti hanno portato al collo un fazzoletto azzurro o verde, a seconda delle regioni dove hanno combattuto, per distinguersi nettamente dal-le Brigate partigiane che, con il fazzoletto rosso, hanno obbedi-to invece ai principi del Partito Comunista d’Italia.

In seguito a Trieste, dopo la guerra, l’atto costitutivo dell’Associazione Partigiani Italiani (API) è datato 11 ottobre 1945, in aperto contrasto con l’Associazione Partigiani Giuliani (APG) nettamente di matrice italo-slavo comunista e favorevole all’annessione della Venezia Giulia, Trieste compresa, nella Ju-goslavia di Tito1.

Quando nel marzo 1948 venne costituita, in campo naziona-le, la “Federazione Italiana Volontari della Libertà” (FIVL), eretta a Ente Morale con D.P.R. n° 430 del 16 aprile 1948,

1 Copia di tale atto costitutivo la trovate integralmente rappresentata in calce alla pre-sente relazione.

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l’API di Trieste aderì a tale nuova associazione e volle anche staccarsi dall’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (AN-PI), a causa dello schieramento di quest’ultima, dichiarata-mente di parte comunista e con una totale insensibilità per il problema della Venezia Giulia.

Fu così che l’API triestina divenne Associazione Volontari della Libertà (AVL), aderente appunto alla neo-costituita Fede-razione Italiana Volontari della Libertà (FIVL). Attualmente, a settanta anni dalla fine della seconda guerra mondiale, essendo praticamente rimasti un ristrettissimo gruppo e non avendo più ricevuto dal 2012 alcun sostegno esterno, siamo stati costretti a chiudere tale Associazione, mantenendo però il “ricordo del nome”!

Per concludere, non va mai dimenticato che l’Italia aveva perso la guerra, ed in conseguenza di ciò, noi Volontari italiani della Venezia Giulia, vogliamo rammentare agli italiani tutti che la data dell’8 settembre 1943 storicamente rappresenta il momento della resa agli Alleati anglo-americani, con tutte le dolorose future conseguenze (in primis per la Venezia Giulia) contenute nelle clausole del Trattato di pace del 1947.

* * *

Per meglio comprendere la storia scritta a Trieste e nella Venezia Giulia dai Volontari della Libertà in quegli anni bui per la nostra Patria, è importante innanzitutto capire che coloro che accettavano il concetto di Resistenza italiana dovevano, a costo di qualsiasi sacrificio, assumere con grande forza morale e materiale una presa di coscienza per la difesa nazionale di queste terre del confine orientale. Dopo l’8 settembre 1943, ap-punto, con la dissoluzione del Regio Esercito italiano ebbe luogo l’occupazione militare tedesca delle province orientali, compresa dunque la Venezia Giulia, e la costituzione dell’Adriatisches Kuestenland. Ciò significava di fatto l’annessione di terre italiane al Terzo Reich. La conseguenza immediata fu, soprattutto da parte degli ufficiali e dei soldati del nostro Esercito ormai entrati nella clandestinità, il fiorire di iniziative tese a prendere una posizione molto determinata su

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una tale catastrofe abbattutasi sul Paese ed in particolare sulle terre del confine orientale d’Italia. Per quanto riguarda la nostra città, risposero all’appello con grande entusiasmo i Carabinieri, interi reparti della Guardia di Finanza e, dopo la sua costituzio-ne, la Guardia Civica, nonché molti giovani e giovanissimi che assunsero via via il ruolo di informatori, fiancheggiatori ed in-fine validi patrioti combattenti.

Contemporaneamente, nella già vituperata Venezia Giulia si era scatenata un’altra sciagura che doveva avere degli effetti ancor più gravi. Sempre nel 1943 l’Osvobodilna fronta (Fronte di Liberazione della Slovenia), decideva la sua annessione alla Jugoslavia. Si è dovuto così combattere contro l’occupazione e l’annessione nazista, con il relativo appoggio ed aperto collabo-razionismo di coloro che continuavano a sostenere quel neo-fascismo della RSI (Repubblica Sociale Italiana), e contempo-raneamente si doveva tentare di evitare un’altra terribile realtà, l’occupazione jugoslava, che in ultima analisi significava so-prattutto una snazionalizzazione di queste terre cadendo così sotto il giogo di un’altra dittatura: quella comunista.

In quegli anni difficili il Governo italiano (Regno del Sud) era molto lontano dai gravi problemi che incombevano sulla Venezia Giulia; lo stesso Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) con sede clandestina a Milano, trattava con l’OF (Osvobodilna fronta) per condurre (solo apparentemente) la guerra partigiana ai confini orientali in modo paritetico. Del resto la stessa politica anglo-americana in quegli anni propen-deva per la Jugoslavia di Tito, che gli serviva grandemente per impegnare il più possibile l’esercito germanico nell’area dei Balcani, soprattutto per alleggerire il loro fronte dopo lo sbarco anglo-americano in Normandia. Con tale assoluta priorità, per gli Alleati, era dunque compresa o meglio capita, la volontà di annessione della Venezia Giulia a quel paese, in quanto “allea-to”; ma ciò, anche per loro, poteva valere fino ad un certo pun-to! Trieste o meglio il suo porto si rivelava sempre più estre-mamente necessario ad essere raggiunto poiché rappresentava la via più diretta e veloce per raggiungere Vienna, possibilmen-te prima delle truppe sovietiche! Quindi noi giuliani rappresen-

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tavamo un po’ lo zimbello di una situazione assurda dove tutto e tutti per svariati opportunismi politici, militari, strategici, di convenienze di varie tipologie, colore politico ed interesse, elu-devano in modo perentorio e drastico, che qualcuno non solo potesse aiutarci ma anche solo comprendere, in quale comples-sa situazione eravamo stati cacciati.

Ma anche dalle altre parti più orientali d’Italia, area del Friu-li in particolare, tutto ciò peggiorò ulteriormente la situazione politica delle forze partigiane delle Brigate “Garibaldi”, in par-ticolare quelle aderenti al Partito Comunista d’Italia, che si ac-codarono ai movimenti dell’OF e si subordinarono al comando e dipendenza del IX Korpus titino, accettando il disegno di an-nessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia.

Fu così che in quest’area del Friuli si consumò una profonda spaccatura tra la Divisione partigiana “Osoppo - Friuli” e la “Garibaldi - Natisone”. Per quanto concerne, invece, la Città di Trieste, occorre ricordare che l’attività della Resistenza italiana fu costantemente interrotta e soffocata nel sangue dalla polizia politica nazista e fascista (ricordo che il CLN giuliano fu ster-minato per ben tre volte, tanto che quello che liberò Trieste il 30 aprile 1945 rappresentò il “Quarto CLN”)2, che si serviva anche di numerosi delatori. Completavano tale greve quadro gli agguerriti e spietati reparti delle Waffen SS. Contemporanea-mente, noi partigiani italiani dovevamo evitare le intrusioni sia del IX Korpus, sia di coloro (sloveni e italiani di fede comuni-sta) che avevano aderito ai dettami dell’OF.

Alla fine di aprile 1945, in uno dei momenti più oscuri, in-certi, angosciosi della storia della nostra Trieste, mentre in tutte le altre parti d’Italia si gioiva per l’ormai certa ed imminente fine di quella spaventosa carneficina che fu la seconda guerra mondiale, qui dovevano ancora accadere dei fatti tragici che avrebbero portato a indigeste conseguenze per l’intera Venezia Giulia.

2 R. SPAZZALI, “Giovanni Paladin: patriota e democratico”, in G. PALADIN, La lotta clandestina di Trieste nelle drammatiche vicende del C.L.N. della Venezia Giulia, con altri scritti storico/politici di R. Spazzali, Del Bianco Editore, Udine, 2004, pp. 17-66.

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All’alba del 30 aprile di settanta anni fa procedemmo con l’insurrezione contro l’occupazione tedesca, nel nome d’Italia e per stroncare definitivamente quel tentativo di annessione della Venezia Giulia al Terzo Reich.

Tale ordine fu impartito da don Edoardo Marzari, Presidente del “Quarto CLN”, al CVL, al comando del ten. col. Antonio Fonda Savio (Manfredi). È stato questo, come ricordato, l’ultimo atto, di quel patriottismo risorgimentale, fortemente radicato nella città di Trieste. L’insurrezione contro le truppe germaniche che ancora occupavano saldamente la città, è stata eseguita in concomitanza con quell’ordine generale, emanato nella notte tra il 24 ed il 25 aprile dal Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI). Anche per tale ragione, Trieste non poteva essere da meno delle altre città italiane, ma si trova-va in condizioni molto diverse e come ricordato estremamente più difficili. Ormai prossimi alla città non erano i soldati delle armate anglo-americane, ma i partigiani slavo-comunisti e quel-li della IV Jugoslovenska Narodna Armija (Armata popolare jugoslava del Maresciallo Tito). Questi, che a tutti gli effetti e per noi rappresentavano ufficialmente degli alleati, non veniva-no certo per la Venezia Giulia e Trieste dalle tragedie della dit-tatura nazista con il beneplacito di quella fascista, bensì per im-porci un’altra dittatura, quella comunista ed anche, se non so-prattutto, per occupare (quindi nient’affatto per liberare) e poi annettere questi territori alla nuova Jugoslavia. Tutti coloro che combattevano per le Libertà nella Resistenza italiana ma non risultavano inquadrati sotto il comando jugoslavo, erano consi-derati dei nemici da eliminare alla pari, se non peggio, delle formazioni tedesche delle SS.

Così in quel 30 aprile 1945, il CLN da solo prese possesso militare della Città di Trieste e innalzò il tricolore italiano sul Comune e sulla Prefettura: indubbiamente, con tale atto e in nome dell’Italia, venne liberata la Città dall’occupazione tede-sca. Purtroppo questo fatto incontrovertibile, indiscutibile, è invece stato occultato, denigrato, cancellato, dimenticato, da diverse tipologie di opportunismi, prodotti da molte parti. Per-

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ché? È certamente complicato spiegarlo, ancor meno compren-derlo.

Noi Volontari della Libertà, a partire dall’anno 2002 e per una decina d’anni, attraverso una puntigliosa ricerca storica ab-biamo pubblicato diciotto volumi che illustrano, narrano, rac-contano le tragiche vicissitudini di queste terre del confine orientale d’Italia, comprendendo alcune dettagliate analisi sullo studio delle culture giuliano-dalmate che caratterizzano quest’area dove è praticamente quasi impossibile, culturalmente parlando, stabilire dove comincia e dove finisce qualsiasi tipo di competenza territoriale.

Per meglio comprendere tale complesso argomento, faccia-mo un passo indietro, nuovamente ricordando e sottolineando, che quell’insurrezione cittadina del 30 aprile era stata preparata in quegli anni bui che vanno dal 1943 al 1945, da illuminati personaggi della nostra Città ed attivata da un gruppo di undici brigate di volontari, in tutto circa 3500. La gran parte era for-mata da giovani e giovanissimi che, pensateci bene, derivavano inevitabilmente da una educazione di tipo mussoliniano-fascista, che certamente non insegnava i valori e i principi della libertà e della democrazia. Eppure furono proprio loro, con co-raggio e grande dedizione, a uscire da quella impostazione per abbracciare una democratica e libertaria, nonché, alla luce di questi concetti, di spiegarci cosa rappresenti la Patria e soprat-tutto le Libertà. Furono questi giovani a riscattare Trieste dal profondo baratro in cui era caduta a causa di una guerra senza senso, dichiarata praticamente al mondo intero; sentivano pro-fondamente la necessità di ridare alla loro città quella dignità liberale, sulla base di quei principi ormai lontani e quasi dimen-ticati, legati ai più puri valori del Risorgimento ottocentesco.

Come già ricordato, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, definì questi giovani patrioti come “Alfieri del Secondo Risorgimento Italiano”. Ma tutto ciò avvenne appena sessanta anni dopo, con l’assegnazione delle Medaglie d’Oro al Valore civile che lo stesso Presidente della Repubblica, con-cesse a don Edoardo Marzari, Presidente del “Quarto CLN”, assieme a quella al ten. col. Antonio Fonda Savio, Comandante

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del CVL, (ambedue allora da tempo scomparsi); decorazioni, queste, che in occasione del ricordo di quella insurrezione han-no finalmente rappresentano il più valido riconoscimento alla nostra Città, per rammentare ed onorare tutti coloro che presero parte a quegli avvenimenti, ben sapendo i terribili rischi che correvano nel caso che fossero giunti in città, come di fatto av-venne, prima degli alleati occidentali, i partigiani del Marescial-lo Tito!

La liberazione di Trieste del 30 aprile 1945 da parte del CLN, riconosciuta come dicevo dal Presidente della Repubblica appena nel 2002, è stata sino a quell’anno oggetto di una dam-natio memoriae, evidentemente perché scomoda e controprodu-cente a interessi legati a tetre motivazioni politico-ideologiche. A distanza di settanta anni da quegli avvenimenti, sono rimasti ben pochi quelli che possono ancora testimoniare su quei giorni ormai tanto lontani, ma insieme luminosi e tragici, della Resi-stenza italiana a Trieste. Ma quelle poche persone ancora pre-senti continuano a portare un pensiero ed un saluto a coloro che sono caduti nei combattimenti di quei giorni, altri morti di stenti nei lager nazisti, altri ancora eliminati in modo spietato da una diversa dittatura solamente perché “italiani”. Di questi ultimi, almeno 160 erano appartenenti al CLN giuliano, quindi combat-tenti della Resistenza, partigiani e patrioti, trucidati dagli uomi-ni di Tito.

Come ogni 30 aprile, gli ultimi di quel CVL di Trieste si ri-trovano sul Colle di San Giusto, attorno al simbolo che porta il nome di “Masso della Resistenza” e che raccoglie in un’unica memoria coloro che hanno sacrificato la loro vita per la Libertà e per la Patria, perché la città rimanesse italiana e approdasse a una costituenda democrazia.

A Trieste, al n° 1 di Piazza Dalmazia, una targa ricorda quell’insurrezione cittadina del 30 aprile 1945:

«Da questo edificio alle ore 5,20 del 30 aprile 1945 don Edoardo Marzari Presidente del C.L.N. di Trieste lanciò l’ordine di insurrezione e la città fu liberata dal giogo nazifasci-sta in nome dell’Italia Democratica. Associazione Volontari Li-bertà – 9 settembre 2004».

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Per coloro che volessero approfondire tale argomento, se-gnaliamo il volume del prof. Roberto Spazzali … L’Italia chiamò – Resistenza politica e militare a Trieste 1943-1947, edito per i tipi della Libreria Editrice Goriziana (2003), in cui vengono trattati a fondo la genesi e lo svolgimento di quella grande giornata che segnò per Trieste il riscatto civile da tra-mandare alla storia. Inoltre, merita particolare attenzione l’analisi storica di Marina Cattaruzza (Università di Berna) con: L’Italia e il confine orientale. (il Mulino, 2007) e l’opera dello storico statunitense Dennison I. Rusinow L’Italia e l’eredità austriaca 1919-1946 (introduzione di Marina Catta-ruzza, La Musa Talia, 2010). Qui trovate un’importante consi-derazione sul problema di Trieste su noi Volontari della Liber-tà: «fino alla fine un gruppo ristretto ma coraggioso di uomini audaci e votati alla causa, fedeli ai loro ideali e alla ferma con-vinzione, a cui erano già pervenuti da tempo, su quale fosse, per loro, la sola via percorribile».

Dobbiamo, infine, rammentare soprattutto ai negazionisti, che soltanto il 1° maggio, arrivò la già citata IV Jugoslovenska Narodna Armija, a città ormai liberata da parte del CLN, che aveva a sua disposizione i due gruppi di partigiani italiani “Giu-stizia e Libertà” articolati su quattro Brigate, e “Domenico Ros-setti” con le Brigate “Venezia Giulia”, “Ferrovieri” ,“Timavo” ed altre, assieme a molti elementi della Guardia di Finanza e della Guardia Civica. Tragicamente quel 1° maggio corrispose all’occupazione e non alla liberazione jugoslava: questi così detti “alleati” disarmarono, arrestarono, deportarono i Patrioti italiani; alcuni furono torturati e fucilati, altri internati in campi di concentramento del tutto analoghi come trattamento a quelli nazisti, diversi altri patrioti scomparvero nel nulla, molti di loro vennero infoibati. Le bandiere italiane furono strappate e sosti-tuite con quelle della nuova Jugoslavia. A questo punto eviden-zio che da quel giorno seguirono altri e ben noti tragici avveni-menti che caratterizzarono quei quarantadue giorni di occupa-zione jugoslava.

Va ulteriormente precisato che i residui nuclei di truppe te-desche costretti ad asserragliarsi in alcune roccaforti della città,