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Giovanni Maria Rossi ha curato la scelta antologica e l’introduzionedei brani delle sezioni: Le origini di un’estetica nuova; Fermentid’avanguardia [Alla ricerca del ritmo puro, Le forme dell’Espressio-nismo, Teoria e pratica del montaggio, Il sogno della rivolta]; Loschermo parlante: vecchi e nuovi codici; Nuove ondate.Chiara Tognolotti ha curato la scelta antologica e l’introduzione deibrani delle sezioni: Fermenti d’avanguardia [Riflessi, specchi e (so-vr)impressioni]; Le vie del realismo; Linguaggio e segni; Sguardid’autore.

La prima edizione del presente volume è stata edita nel daIl principe costante Edizioni

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Giovanni Maria RossiChiara Tognolotti

Idee di cinema

L’arte del film nel racconto di teorici e cineasti

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I edizione: maggio

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Indice

Premessa p. 9

Le origini di un’estetica nuova 13

Auguste e Louis Lumière (Principio del cinematografo), 13 - Maksim Gor’kij (Note rapide), 20 - Georges Méliès (Le vedute cinematografiche), 28 – Giovanni Papini (La filosofia del cinematografo), 36 - Ricciotto Canudo (Trionfo del Cinematografo), 43 - Luigi Pirandello (Quaderni di Serafino Gubbio operatore), 52

Fermenti d’avanguardia 61 ALLA RICERCA DEL RITMO PURO: Bruno Corra (Musica cromatica), 61 – Filippo Tommaso Marinetti, Bruno Corra, Emilio Settimelli, Arnaldo Ginna, Giacomo Balla, Remo Chiti (La cinematografia futurista), 69 - Walter Ruttmann (Pittura + tempo), 77 - Fernand Léger (Intorno al Ballet mécanique – A proposito del cinema), 84 RIFLESSI, SPECCHI E (SOVR)IMPRESSIONI: Louis Delluc (La bellezza del cinema – Fotogenia), 92 - Jean Epstein (Ingrandimento – Il cinematografo visto dall’Etna), 100 - Germaine Dulac (L’essenza del cinema. L’idea visiva), 106 LE FORME DELL’ESPRESSIONISMO: Béla Balázs (L’uomo visibile), 115 - Rudolf Kurtz (L’espressionismo e il film), 121 TEORIA E PRATICA DEL MONTAGGIO: Dziga Vertov (I Kinoki. Un rivolgimento), 130 - Sergej M. Ejzenštejn (Il montaggio delle attrazioni – Il montaggio delle attrazioni cinematografiche), 139 - Boris Ejchenbaum (I problemi dello stile cinematografico), 149 IL SOGNO DELLA RIVOLTA: Robert Desnos (L’erotismo – Il sogno e il cinema – Misteri del cinema), 160 - Antonin Artaud (Cinema e realtà – Stregoneria e cinema), 168 - Manifesto dei surrealisti a proposito di L’Âge d’or (L’età dell’oro), 178

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8 Idee di cinema

Lo schermo parlante: vecchi e nuovi codici 187 Sergej M. Ejzenštejn, Vsevolod Pudovkin, Grigorij Alexandrov (Il futuro del sonoro. Dichiarazione), 187 - Rudolf Arnheim (Film come arte), 192 - Walter Benjamin (L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica), 198

Le vie del realismo 209

John Grierson (Principi fondamentali del documentario), 209 - Cesare Zavattini (I sogni migliori – Alcune idee sul cinema), 218 - Roberto Rossellini (Il neorealismo), 225 - André Bazin (Ontologia dell’immagine fotografica), 233 - Siegfried Kracauer (L’esperienza e il suo materiale – Il ritorno alla realtà fisica), 241

Nuove ondate 253

Alexandre Astruc (Nascita di una nuova avanguardia: la caméra-stylo), 253 - Lindsay Anderson (In difesa del Free Cinema), 260 - François Truffaut (Il cinema francese muore sotto le false leggende), 267 - Jonas Mekas (The New American Cinema: la prima dichiarazione - Note sul New American Cinema), 277

Linguaggio e segni 289

Edgar Morin (Il cinema o l’uomo immaginario), 289 - Jean Mitry (L’immagine come segno), 298 - Pier Paolo Pasolini (Il “cinema di poesia”), 304 - Christian Metz (Cinema e psicoanalisi), 311 - Roland Barthes (Il terzo senso), 323 - Gilles Deleuze (L’immagine ottico-sonora pura: il neorealismo), 329

Sguardi d’autore 339

Robert Bresson (Note sul cinematografo), 339 - Wim Wenders (Narrare storie, menzogne indispensabili), 349 - Andrej Tarkovskij (Scolpire il tempo), 358 - Ingmar Bergman (Lanterna magica), 368 - Michelangelo Antonioni (Il “fatto” e l’immagine – La realtà e il cinema diretto), 377 - Lars von Trier (Manifesto: Dogma 95), 386

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Premessa

Il giorno e la notte, la luce e l’ombra: per migliaia di anni gli

esseri umani hanno vissuto stupiti e in parte sofferto questa dialettica primaria degli elementi. La scintilla artificiale del fuoco attenuò quel contrasto e la mobilità della fiamma, regolata dalla mano dell’uomo, arrivò ad animare le ombre. Finché qualcuno, per caso o per gioco, s’interpose tra il fuoco e una parete di pietra e mimò con le mani le corna di un alce o il volo di un gabbiano. La pratica delle ombre cinesi, in seguito perfezionata in India e a Giava con marionette di cuoio manovrate dietro uno schermo illuminato, risale alla notte dei tempi. Non sappiamo se Platone ne fosse informato; certo è che l’uso suggestivo che il filosofo greco, nel VII libro della Repubblica, ha fatto del mito della caverna e delle “proiezioni” di immagini in movimento per illustrare il cammino della conoscenza, ha fornito lo spunto a molti studiosi per ipotizzare un’origine remota dell’idea di cinema: nella camera obscura sotterranea gli spettatori incatenati vedevano scorrere sulla parete dell’antro ombre magiche che prendevano per realtà, visiva e sonora, ed era solo finzione.

Dovranno passare oltre due millenni prima che quell’intuizione platonica si materializzi nel cinematografo, dispositivo meccanico che riprende e “scrive” il movimento della luce, e da allora si sono sviluppate intorno a quel mezzo in divenire riflessioni teoriche e pratiche che ne hanno anticipato o affiancato il percorso.

Il progetto iniziale di questo volume era, antologizzando in-numerevoli scritti, quello di rivisitare le tappe che hanno condotto nel corso dei secoli all’invenzione di Thomas Alva

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Idee di cinema

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Edison e dei fratelli Lumière. Ma, per quanto affascinante e praticamente inedito, si sarebbe trattato di un lungo e avventuroso viaggio nei territori della filosofia, della storia della scienza e della tecnica, dell’ottica, dell’estetica, della magia perfino. Di una sorta di enciclopedia dello sguardo che si sarebbe snodata, dopo Platone, Aristotele e Lucrezio, attraverso il recupero della cultura scientifica ellenistica operato e filtrato dai grandi ricercatori arabi tra il IX e l’XI secolo come al-Kindi o al-Haitham, il primo a decifrare il funzionamento del nervo ottico, a registrare il fenomeno della persistenza retinica e a descrivere il meccanismo della camera oscura e dell’immagine capovolta. Sarebbe passata dalle speculazioni penetranti del francescano inglese Roger Bacon (XIII secolo), doctor mirabilis anche nella sperimentazione dei raggi luminosi e degli specchi rifrangenti; e poi ancora dalla genialità manifesta di Leonardo che poneva l’occhio umano, camera oscura per eccellenza, al centro della conoscenza dell’universo e della sua trasposizione estetica; su su, fino allo strabiliante teatro ottico del napoletano Giovanbattista della Porta, ancora in bilico tra magia naturalis, illusionismo e spettacolo barocco; per arrivare al gesuita tedesco Athanasius Kircher, abile inventore e negromante, che apriva le porte del Collegio Romano e le visioni diaboliche della sua lanterna magica alla curiosità à la mode di aristocratici e principesse. Siamo in pieno Seicento e la lanterna magica con tutte le sue varianti resterà regina dell’immaginario in Europa e nel mondo fino a tutto il XIX secolo, sconfinando anche nel XX che pure vedrà il dominio incontrastato del cinematografo.

Ma la forse irragionevole e impraticabile vastità del tragitto ci ha consigliato di lasciare sugli scaffali e nella polvere della memoria i preziosi testi di ottici, matematici, lanternisti, fisici, abati, poeti, letterati, illusionisti, fotografi, artisti, inventori, tutti abbagliati dalle potenzialità fantastiche dell’immagine in movimento, dalle imprevedibili combinazioni del gioco della luce e delle ombre, ma anche dall’impagabile equivoco che quella riproduzione di sagome evanescenti fosse più vera del vero, come nella caverna di Platone. Ognuno di loro ha aggiunto un vetrino a quel caleidoscopio luminoso chiamato precinema, fornendo spunti e suggerimenti a quanti, dopo

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Premessa 11

l’invenzione, continueranno a riflettere sul senso e la complessità del linguaggio filmico.

Partendo dal 1895, anno in cui si colloca convenzionalmente la nascita del cinematografo, questa antologia intende allora ripercorrere, in compagnia dei testi più illuminanti di teorici, scrittori e cineasti – preceduti da introduzioni esplicative -, quell’arco secolare di pensiero che va dalle prime prove fondanti degli “inventori” Lumière e Méliès alle speculazioni estetiche di Ricciotto Canudo e Jean Epstein che tra i primi rivendicarono e dimostrarono l’incomparabile essenza di un’arte nuova; dagli slanci sperimentali delle avanguardie degli anni Venti e Trenta alle vertigini formali della scuola sovietica; dalla rivoluzione del sonoro al consolidarsi dei codici narrativi; dalla rifondazione dello sguardo dei “realismi” del secondo dopoguerra al rilancio delle libertà autoriali promosso da André Bazin e dalle nouvelles vagues che hanno spazzato gli schermi degli anni Sessanta; dalle sofisticate teorie del linguaggio degli anni Settanta alle voci forti e isolate dei grandi cineasti - Bresson, Bergman, Antonioni, Tarkovskij, Wenders - che hanno solcato il mare incerto della contemporaneità.

Idee ma anche pratica di cinema: abbiamo infatti privilegiato quegli autori, quegli scritti che non scaturivano soltanto dalla riflessione teorica a tavolino, peraltro necessaria in ogni disciplina, ma soprattutto dal contatto fisico, appassionato, insano probabilmente, con il corpo-macchina del cinema e i suoi inesauribili prodotti, i film.

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Le origini di un’estetica nuova

Auguste e Louis Lumière

Le memorie dei due fratelli Lumière1 riguardo alle origini dell’invenzione che avrebbe trasformato il XX secolo, nonostan-te le riserve del padre Antoine, più poeta che profeta2, non sempre coincidevano. Il maggiore, Auguste (1862-1954), rievo-cando quegli anni nella propria autobiografia, affermava:

Era l’inizio del 1895, se ricordo bene. Camminavo in rue de la Répu-blique, a Lione, quando la mia attenzione fu attirata da numerose per-sone che si accalcavano fuori da un negozio per guardare il kinetosco-pe di Edison. Mi unii alla folla, e poiché fui subito affascinato dalle piccole immagini animate che sfilavano dentro l’apparecchio, pensai che se si fossero proiettate quelle immagini su uno schermo, in modo che un gruppo di persone potessero guardarle contemporaneamente, l’effetto sarebbe stato stupefacente. Mi proposi di studiare il problema. Feci dunque costruire un apparecchio nel quale la pellicola era trasci-nata a scatti da delle dita di caucciù impiantate su di un cilindro in ra-

1 Figli di Antoine Lumière (1840-1911), nati a Besançon, iniziarono le prime

sperimentazioni e invenzioni relative alle “riprese cronofotografiche” nella fabbrica di lastre fotografiche del padre, a Lione. È del 13 febbraio 1895 il brevetto dell’apparecchio che poi prenderà il nome definitivo di Cinématographe. Il 22 marzo di quell’anno, a Lione, i Lumière presentarono ufficialmente la loro invenzione, con il filmato La Sortie des usines Lumière/L’uscita dalle fabbriche Lumière. Il 28 dicembre, a Parigi, il cinematografo affrontò per la prima volta un pubblico pagante e segnò la data di nascita del cinema europeo, anche se non universalmente riconosciuta. Nonostante i successi, con gli inizi del nuovo secolo i fratelli Lumière abbandonarono la produzione cinematografica per altre iniziative industriali di “maggior futuro”.

2 All’uscita della prima proiezione pubblica del Cinématographe al Grand Café del Boulevard des Capucines di Parigi, Antoine Lumière, rivolgendosi all’illusionista Georges Méliès che gli aveva chiesto il prezzo dell’apparecchio, rispose deciso: «Questa invenzione non è in vendita. Per voi sarebbe la rovina. Potrà essere sfruttata per un po’ di tempo come curiosità scientifica, ma a parte questo non ha futuro».

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pida rotazione, ma questo metodo non riusciva a localizzare esatta-mente le immagini. Pensai allora di usare come dispositivo di trasci-namento una croce di Malta e di munire la pellicola di perforazioni a intervalli regolari in cui si sarebbero infilati i bracci della croce di Malta motrice. Da tre mesi circa facevo questi esperimenti quando mio fratello, che fino a quel momento mi aveva lasciato fare, si amma-lò e fu costretto a letto per qualche giorno. Una mattina mi recai da lui per sapere come stava. Mi disse che durante la notte, non riuscendo a dormire, aveva rimuginato sulla questione e che pensava di aver trova-to una soluzione razionale. Bisognava costruire un dispositivo che ag-ganciando la pellicola ferma, la trascinasse con un movimento accele-rato e poi rallentato fino a una nuova immobilità durante la quale do-veva avvenire la proiezione. Questa operazione doveva essere ripetuta quindici volte al secondo. […] Compresi subito che questo dispositivo avrebbe realizzato esattamente l’effetto che cercavamo e dunque la-sciai la questione nelle mani di mio fratello, il quale peraltro aveva trovato la soluzione in una sola notte. Ma i miei primi tentativi l’avevano senz’altro spronato a pensare al problema.3 Il più giovane Louis (1864-1948), nelle celebri interviste ri-

lasciate allo storico del cinema Georges Sadoul (1946 e 1948), si assumeva maggiori responsabilità creative:

Mio fratello Auguste mi raggiunse in fabbrica, ma era occupato da questioni di biologia. […] Dunque misi da solo a punto la fabbrica, i procedimenti di fabbricazione e le macchine. […] Ho realizzato il mio primo film [La Sortie des usines Lumière] dopo aver visto un kineto-scope Edison una sola volta, come spettatore, senza che potessi vedere il meccanismo interno. Tutti dicevano a quel tempo: bisognerebbe po-ter proiettare le immagini. Io sono riuscito a farlo. […] Io e mio fratel-lo abbiamo compiuto le nostre prime ricerche nell’estate del 1894. […] Il problema principale era quello di trovare un sistema di trasci-namento della pellicola del film. […] Mio fratello ha smesso di occu-parsi della parte tecnica del cinematografo non appena io ho trovato un dispositivo adeguato per il trascinamento. E se il brevetto del ci-nematografo è stato preso con il nome di entrambi è perché abbiamo sempre firmato insieme i lavori di cui davamo notizia e i brevetti che depositavamo. […] Io sono stato l’unico inventore del cinematografo. […] Ero malato, e dovevo stare a letto. Una notte in cui non riuscivo a dormire, ebbi improvvisamente chiara la soluzione. Si trattava di adat-tare alla condizione delle riprese il “premistoffa” del dispositivo di

3 A. LUMIÈRE, Mes travaux et mes jours (Le mie opere e i miei giorni, 1953), in L.

e A. LUMIÈRE, Noi, inventori del cinema. Interviste e scritti scelti 1894-1954, a cura di R. GORGANI, Il Castoro, Milano 1995.

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I – Le origini di un’estetica nuova 15

trascinamento delle macchine per cucire.4 Scherzi della memoria o ambizioni a parte, è ormai storia

che, dal brevetto nel febbraio 1895 alla prima proiezione pub-blica di Parigi nel dicembre di quell’anno, fu tutto un susse-guirsi di anteprime, a Lione, alla Sorbona, a Bruxelles, finché dalle abili mani dell’ingegnere Jules Carpentier (1851-1921) non uscì il Cinématographe Lumière n. 1, prototipo di una lun-ga serie di apparecchi che in breve si sarebbero mossi per ri-prendere, con un giro di manovella, le visioni che fotografi e operatori formati alla scuola di Louis, “l’ultimo degli impres-sionisti”, riuscivano a cogliere per le vie del mondo.

Un’idea, scaturita nella mente di un uomo febbricitante ma già matura sul finire del XIX secolo, restituiva a grandezza na-turale l’illusione del movimento, della prospettiva, della pro-fondità, della vita stessa. Come rilevava l’anonimo cronista di “La Poste” (30 dicembre 1895): «La fotografia ha smesso di fissare l’immobilità. Ora perpetua l’immagine del movimento. […] Quando questi apparecchi saranno rilasciati al pubblico, quando tutti potranno fotografare i loro cari, non più nella loro forma immobile, ma nei loro movimenti, nella loro azione, nei loro gesti familiari, con la parola sulla punta delle labbra, la morte cesserà di essere assoluta».

Appena nato, il cinema, gioco di luci e d’ombre, sembrava poter sconfiggere la morte.

Principio del cinematografo Fra le numerose applicazioni alle quali ha dato vita la foto-

grafia istantanea, si può dire che la cronofotografia, o fotografia del movimento, occupa oggi il primo posto.

Infatti, fin dalla prima comparsa dei rapidi procedimenti dell’emulsione al bromuro, gli studiosi pensarono di utilizzare la fotografia per fissare delle scene fuggevoli che in seguito avrebbero potuto osservare e studiare con più agio.

Nel 1874 il signor Janssen5 si servì di un apparecchio, chia-

4 Louis Lumière par Georges Sadoul (1964), in Noi, inventori del cinema, cit.

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mato revolver fotografico, per l’osservazione di fenomeni astronomici importanti; nella stessa epoca il signor Muybridge6, di San Francisco, ottenne delle serie di fotografie di oggetti in movimento, prese per mezzo di diverse camere oscure munite di obiettivi i cui otturatori venivano fatti scattare elettricamente a intervalli opportuni. Ma è al signor Marey 7 , membro dell’Istituto di Francia, che dobbiamo i lavori più completi compiuti in questa direzione. Questo studioso ha utilizzato co-stantemente la cronofotografia per studiare la locomozione animale e diversi fenomeni fisiologici rapidi. A lui dobbiamo un gran numero di dispositivi assai ingegnosi che hanno fatto di questa branca della fotografia un ausiliare prezioso delle scienze dell’osservazione. […]

Ma tutti questi scienziati si sono generalmente limitati a pro-durre delle pose in successione, in numero limitato, che costi-tuivano un’analisi del movimento ed erano destinate a essere studiate separatamente; la ricostituzione di questo movimento, vale a dire la sua sintesi, era allora considerata un problema ben lontano dall’essere risolto.

Verso l’anno 1893 abbiamo visto installarsi in Francia, pro-venienti dall’America, degli apparecchi inventati da Edison, chiamati kinetoscopio, che mostrano a spettatori isolati lunghe serie di fotografie che si succedono a intervalli molto brevi, rea-

5 Pierre-Jules-César Janssen (1824-1907), astronomo e inventore francese, fu

incaricato dall’Accademia delle scienze parigina di andare in Giappone a osservare il passaggio del pianeta Venere davanti al Sole (1874), e con il suo revolver fotografico, capace di “sparare” quarantotto scatti in successione, fu in grado di registrare su lastra quel fenomeno celeste.

6 Eadweard Muybridge (1830-1904), fotografo inglese, fu il primo a riprendere il movimento dei cavalli sulla pista di Palo Alto, in California, con una serie di apparecchi fotografici disposti in batteria e azionati direttamente dal passaggio dei quadrupedi, per arrivare così alle famose sequenze del cavallo al galoppo che, pubblicate sulla rivista «La Nature» nel dicembre 1878, fecero il giro del mondo rivoluzionando secoli di percezione del movimento animale.

7 Etienne-Jules Marey (1830-1904), medico, fisiologo e fisico, nato a Beaune, fu professore di Storia naturale al Collège de France. Studioso in particolare del movimento degli animali, nel 1873 ne analizzò graficamente le fasi in un celebre testo, La Machine animale (La macchina animale), base di tutte le successive ricerche ed esperimenti di cronofotografia effettuati con un fucile fotografico per riprendere il volo degli uccelli. Altre sue opere importanti furono Le Mouvement (Il movimento, 1894) e La Chronophotographie (La cronofotografia, 1899).

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lizzando così questa sintesi. Ma siccome la striscia sulla quale sono riprese queste fotografie è animata da un movimento con-tinuo, ogni posa, per dare un’impressione nitida, non deve esse-re vista che in un lasso di tempo molto breve, inferiore a 1/7000 di secondo.

In tali condizioni, l’illuminazione è evidentemente molto debole e di conseguenza le scene hanno poca profondità; sono necessarie almeno trenta pose per lasciare sull’occhio un’impressione di continuità sufficiente.

Il nostro cinematografo non ha questi difetti: esso permette di ridurre il numero delle pose a quindici al secondo e di mo-strare a tutta un’assemblea di spettatori, proiettandole su uno schermo, scene animate molto variate. Non essendo più limitata la profondità dentro la quale si possono cogliere gli oggetti in movimento, si arriva a rappresentare in modo avvincente l’animazione delle strade e delle piazze pubbliche.

Il principio sul quale si basa il funzionamento del cinemato-grafo è noto da molto tempo; è stato applicato a giocattoli per bambini conosciuti sotto i nomi di zootropio8, praxinoscopio9, fenachistiscopio10, e recentemente nel kinetoscopio. Il principio è quello della persistenza sulla retina delle impressioni lumino-se; è facile a capirsi. Quando osserviamo un oggetto qualsiasi, la sua immagine viene a formarsi nel fondo del nostro occhio,

8 Nel dicembre 1833 l’inglese William George Horner (1786-1837), inventore di

Bristol, aveva brevettato un giocattolo ottico cilindrico ruotante su un’asse verticale, con all’interno una striscia di carta con una serie di disegni in successione, che consentiva l’illusione del movimento a chi guardava attraverso le fessure di una ruota sovrapposta. L’apparecchio all’origine fu denominato Daedaleum, poi prese il nome di Zootrope e commercializzato.

9 Apparecchio simile al precedente: con un gioco di specchi prismatici che riflettevano le figure disegnate e la rotazione del cilindro, lo spettatore aveva l’impressione del movimento. Ne era stato inventore l’ex professore di scienze Emile Reynaud (1844-1918), che in seguito l’aveva perfezionato applicandovi una lanterna magica, fino a creare un vero e proprio teatro ottico con il quale effettuava al Musée Grévin di Parigi, fino ai primi anni del Novecento, rappresentazioni di pantomime luminose su pellicola disegnata a mano (Pauvre Pierrot/Povero Pierrot; Autour d’une cabine/Intorno a una cabina, ecc., poetiche anticipazioni del cinema d’animazione).

10 Tondo di cartone con disegni animati e fessure che, attraverso la rotazione veloce davanti a uno specchio, dava l’illusione del movimento: lo aveva realizzato e brevettato nel 1832, quasi per gioco, il fisico belga Joseph Plateau (1801-1883) per dimostrare gli effetti della persistenza delle immagini luminose sulla retina.

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disegnandosi realmente sulla membrana nervosa che lo riveste e che si chiama retina. Se l’oggetto cessa bruscamente di essere illuminato, l’immagine retinica si cancella solo progressivamen-te e, fintanto che non è completamente sparita, il nervo ottico continua a essere impressionato e l’occhio continua a vedere l’oggetto come se fosse rimasto illuminato.

La durata di persistenza delle impressioni luminose sulla re-tina varia con l’illuminazione dell’oggetto; con un’illuminazione media è di circa 2/45 di secondo, di modo che la visibilità di un oggetto, la cui illuminazione sparisce all’improvviso, è prolungata di 2/45 di secondo. Ne risulta che se un oggetto illuminato si trova davanti al nostro occhio e una mascherina viene a coprirlo, per esempio, per 1/45 di secondo, la sua immagine persisterà nel nostro occhio per 1/45 di secon-do e non ci accorgeremo neanche della sua eclissi passeggera.

Supponiamo adesso che su un nastro di pellicola siano state fotografate a intervalli di 1/15 (3/45) di secondo le pose succes-sive di un oggetto in movimento. Le diverse fotografie succes-sive si assomigliano tra di loro, vale a dire che, se si sovrappon-gono due qualsiasi di queste fotografie, le parti che rappresenta-no degli oggetti fissi combaciano perfettamente, mentre le parti corrispondenti all’oggetto in movimento occupano delle posi-zioni il cui spostamento misura in certo qual modo il movimen-to avvenuto fra gli istanti durante i quali le due fotografie sono state scattate. Appurato questo, ammettiamo che in questo modo 900 fotografie successive siano state scattate nello spazio di un minuto e proiettiamo sopra uno schermo, per mezzo di una lan-terna qualunque, la fotografia n. 1, eclissiamola e poi introdu-ciamo sul fascio luminoso una mascherina che copra la luce per 1/45 di secondo soltanto; in base a quanto abbiamo detto, il no-stro occhio continuerà a vedere l’immagine proiettata, non solo durante il passaggio della mascherina, ma anche dopo che que-sta è passata per un lasso di tempo uguale alla differenza fra 2/45 di secondo (durata di persistenza) ed 1/45 di secondo (du-rata di passaggio della mascherina), ossia 1/45 di secondo. Sup-poniamo ora che durante l’eclissi si sia riusciti a sostituire l’immagine n. 2 all’immagine n. 1. Quando la mascherina sco-prirà di nuovo il fascio luminoso, vedremo ancora per 1/45 di

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secondo l’immagine n. 1, certamente più debole, alla quale si sovrappone l’immagine n. 2, e siccome le parti immobili coin-cidono esattamente, il nostro occhio percepirà la sensazione del-la posa n. 2 dell’oggetto in movimento succeduta alla posa n. 1.

È chiaro che se si sostituiscono allo stesso modo, in periodi successivi e rapidi, la n. 3 alla n. 2, la n. 4 alla n. 3 e così di se-guito fino alla n. 900, il nostro occhio vedrà sempre la stessa immagine in cui l’oggetto in movimento passerà progressiva-mente dalla posa n. 1 alla posa n. 900.

Il nostro occhio vedrà dunque camminare sullo schermo la fotografia di questo oggetto.

Bisognava trovare un apparecchio che permettesse di pro-durre così 900 eclissi di luce al minuto, per mezzo delle quali si facessero automaticamente 900 sostituzioni di immagini succes-sive.

Nel cinematografo queste eclissi si ottengono imprimendo a un settore opaco, che ruota intorno al suo vertice, un movimento rapido di quindici giri al secondo e che è disposto in modo che, durante il suo movimento, passa sulla traiettoria del fascio lu-minoso che viene dal proiettore; a ogni passaggio, intercetterà questo fascio e di conseguenza l’illuminazione dello schermo sul quale si fa la proiezione sparirà per una frazione di secondo inferiore a 1/15. Per effettuare la sostituzione dei fotogrammi, le 900 fotografie successive sono disposte su una pellicola flessi-bile di circa 17 m di lunghezza e 35 mm di larghezza. Le di-mensioni di ciascun fotogramma sono di 25 mm di larghezza e 20 mm di lunghezza. Sui due bordi della pellicola sono perfora-te delle aperture circolari equidistanti 20 mm l’una dall’altra, nelle quali penetrano a intervalli regolari due griffe, sostenute da un telaio metallico, che servono a trascinare in basso la pelli-cola e a spostarla nell’intervallo che separa due aperture, a ogni passaggio del settore mobile opaco. Le griffe poi risalgono per agganciare la pellicola nelle due perforazioni successive, e così di seguito.

Si capisce, dunque, con quale precisione si è dovuto costrui-re questo apparecchio affinché in tutti questi movimenti il na-stro di pellicola, peraltro così fragile, restasse assolutamente in-tatto per poter servire moltissime volte. Siamo arrivati a questo

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risultato grazie al movimento alternato impresso al telaio sotto l’impulso di un eccentrico triangolare, dispositivo che costitui-sce l’oggetto fondamentale dei nostri brevetti. In questo modo, la velocità di avvio e la velocità di arresto delle griffe sono il più possibile progressive e il movimento di penetrazione o di ritrazione di queste griffe non comincia che dopo l’arresto asso-luto della pellicola, per non deteriorarne le perforazioni. Inoltre, queste perforazioni laterali del nastro permettono un adattamen-to tanto più perfetto quanto più è effettuato per mezzo delle griffe, che riprendono rigorosamente la stessa posizione alle due estremità della loro corsa. Infine, insisteremo sul fatto che il meccanismo è disposto in modo tale che il nastro resta immobi-le per due terzi del tempo che separa due fasi consecutive del movimento ricomposto, l’ultimo terzo essendo impiegato nella sostituzione di un’immagine alla seguente.

Tutti questi vantaggi riuniti fanno sì che il nostro cinemato-grafo possa essere adoperato in tutta sicurezza; fornisce risultati che non potrebbero dare apparecchi similari, nei quali masse metalliche pesanti vengono fermate all’improvviso, provocando urti e vibrazioni che non solo compromettono l’apparecchio e le pellicole, ma imprimono anche alle immagini proiettate sullo schermo delle deformazioni e un’instabilità che distruggono tut-to l’incanto dell’illusione.

Da Louis LUMIÈRE, Brochure 1898, in Louis Lumière par Georges Sadoul,

Seghers, Paris 1964 (trad. di G.M. Rossi); ed it. in L. e A. LUMIÈRE, Noi, in-ventori del cinema. Interviste e scritti scelti 1894-1954, a cura di R. GORGANI, Il Castoro, Milano 1995.

Maksim Gor’kij

La curiosità e il successo ottenuti dalla prima proiezione

pubblica del Cinématographe Lumière al Salon indien del Grand Café non passarono inosservati alla stampa parigina. Il 30 dicembre 1895 “Le Radical”, come altri quotidiani minori,

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I – Le origini di un’estetica nuova 21

usciva con un articolo dal titolo Il cinematografo. Una meravi-glia fotografica, riportando la cronaca dell’evento della serata del 28:

Una nuova invenzione, che è certamente una delle cose più curiose della nostra epoca, peraltro così fertile, è stata mostrata ieri sera al n. 14 del Boulevard des Capucines davanti a un pubblico di uomini di cultura, di professori e di fotografi. Si tratta della riproduzione, me-diante proiezione, di scene vissute e fotografate con una serie di im-magini istantanee. Qualunque sia la scena ripresa e per quanto grande sia il numero dei personaggi sorpresi negli atti della loro vita, voi li ri-vedrete a grandezza naturale, con i colori [sic], le prospettive, i cieli lontani, le case, le strade, con tutta l’illusione della vita reale. […] Già si registrava e si riproduceva la parola, ora si può registrare e riprodur-re la vita.11 Altri, come Henry Béraud su “La Dépêche de l’Ouest”, ri-

manevano colpiti dallo sguardo in macchina dei fantasmi che animavano lo schermo: «Un passante ruota la testa, si ferma, viene verso di noi, affonda lo sguardo nella nostra ombra. Ci guardava mentre lo guardavamo. Ci vedeva, doveva sicuramen-te vederci». Sorpresa ed emozioni correvano tra gli spettatori, mentre nel corso del 1896 la “meraviglia” Lumière, affidata alle mani esperte di tecnici, operatori e avventurieri, iniziava la conquista dell’immaginario e dei mercati nelle città di Francia, di Europa e del mondo intero, da Lione (gennaio), terra natale degli inventori, a Bruxelles (marzo), da Roma (marzo) a Ma-drid (maggio), da Londra (marzo) a Berlino (giugno), da New York (giugno) a Città del Messico (luglio), sfidando l’accanita concorrenza del Bioskop dei fratelli Skladanowsky12, del Tea-trografo di Robert William Paul13, del Vitascope di Thomas

11 “Le Radical”, 30 dicembre 1895, cit. in Louis Lumière par Georges Sadoul, cit. 12 Max Skladanowsky (1863-1939), lanternista di Berlino, con un apparecchio di

sua invenzione aveva iniziato già nel 1892 a fare riprese cinematografiche, perfezionandole in seguito con l’uso della pellicola di celluloide. Il 1° novembre 1895, al Wintergarten di Berlino, Max con il fratello Emil (1866-1945) effettuò la prima proiezione pubblica a pagamento in Europa, con scene di boxe e danze folcloristiche.

13 Pioniere del cinema inglese (1869-1943), aveva iniziato la sua attività contraffacendo e costruendo in serie fin dal 1894 il Kinetoscope di Edison, privo di brevetto in Gran Bretagna, per poi arrivare alla messa a punto di una macchina da presa per la proiezione di film suoi o realizzati dal socio Birt Acres (1854-1918). Rough Sea

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22 Idee di cinema

Armat14, del Biograph dell’American Mutoscope Company15, e di tutte le altre invenzioni similari con o senza brevetto.

Ma non tutti rimanevano positivamente impressionati dalle prime proiezioni cinematografiche. È noto lo scandalo suscitato a New York dal primo bacio sullo schermo in The Kiss della Edison (Il bacio, giugno 1896), dove due attori teatrali, May Irwin e John Rice, protagonisti di La vedova Jones, si scambia-vano calorose effusioni in primo piano; facendosi portavoce della morale corrente, la rivista «The Chap Book» s’indignava a gran voce: «Era già bestiale a grandezza naturale, ma non è nulla al confronto di quello che si può vedere ora. Ingrandito fino a proporzioni gargantuesche e ripetuto per tre volte, è as-solutamente ripugnante». Appena agli albori della nuova inven-zione spettacolare, già si invocava la censura.

In Russia il cinematografo Lumière fece la prima comparsa documentata nel maggio 1896, al teatro-giardino Akvarium di San Pietroburgo; a ruota, nel giugno, all’Ermitaž di Mosca il programma della “fotografia vivente in movimento” riusciva a catturare pubblico e stampa:

Immaginatevi di sedere in prima fila, davanti a voi, sul sipario, viene proiettata una grande macchia bianca rotonda (come è dipinta la neb-bia nei quadri), quando improvvisamente dalla strada ferrata vi corre incontro un treno a tutta velocità. A voi viene spontaneo saltare da un lato. Dal vagone scendono i passeggeri, mentre cominciano ad affac-cendarsi le persone in attesa, i facchini ecc., e tutto ciò si muove, cor-

at Dover (Mare grosso a Dover), di Acres, presentato alla Royal Photographic Society di Londra il 14 gennaio 1896, è considerato uno dei più famosi film del cinema delle origini e Paul il primo regista inglese.

14 Tecnico e imprenditore americano (1866-1948), aveva realizzato un modello di proiettore, il Phantascope, presentato per la prima volta ad Atlanta nell’ottobre 1895; l’apparecchio, ribattezzato Vitascope, fu acquistato e commercializzato da Edison. Il 23 aprile 1896 il Vitascope fece la sua prima apparizione pubblica al Koster & Bial’s Music Hall di New York.

15 Società di Broadway, fondata nel dicembre 1895 da Herman Casler e William Kennedy Laurie Dickson (ex assistente di Edison) insieme ad altri soci, inizialmente sviluppò il Mutoscope brevettato da Casler per poi perfezionare la cinepresa Biograph e realizzare programmi da diffondere nelle sale americane. In breve tempo divenne una delle più importanti case di produzione degli Stati Uniti.