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È uno sport nel quale ci sono moltis- simi campioni olimpici: quello della mormorazione. Lo praticano in tanti perché è facile pensare male... An- che san Paolo deve ammonire i cri- stiani di Efeso di guardarsi dalla mormorazione: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di mali- gnità». Anche il Vangelo ne parla: «e si misero a mormorare contro Gesù». "Mormorare" è il verbo della ribellione, il verbo del deserto: Dio aveva dato al popolo di Israele la manna dal cielo, ma loro continua- vano a lamentarsi e a ribellarsi. "Mormorare" è anche verbo dell'in- credulità. Quando devi fidarti cieca- mente, perché non vedi e non senti, è assai facile mormo- rare… È una mor- morazione anche il lamento di Elia: è costretto a ripararsi nel deserto per aver salva la vita (era ricercato dalla regina Gezabele). E ora dispera del- la propria vita e vuole morire. Ed ecco il suo lamento nel deserto: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Il lamento si è mutato in disperazione talmente profonda da desiderare la morte, tanta è la de- pressione che ha invaso il suo cuo- re. È fuggito per aver salva la vita, e ora vuole morire. Il cielo sembra chiuso al suo lamento. L'angelo del Signore, però, non esaudisce quel desiderio di morte, ma piuttosto quello di vita: «Alzati e mangia! Egli guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre ro- venti e un orcio d'acqua». Se c'è un angelo, significa che il cielo non è chiuso, perché qualcuno è sceso per soccorrerlo: «Su man- gia, perché è troppo lungo per te il cammino». Elia si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti...Il cielo, dunque, non era chiuso. L'ostilità degli al- tri, la fatica della lotta avevano generato in Elia paura e sconfor- to. Sono le paure che tolgono for- za alla vita, che ci inaridiscono il cuore, fino alla depressione. Il se- gno che il cielo non è chiuso non è l'assenza della fatica, delle avversità, della sofferen- za... ma è la voglia di vivere che riprende vigore, è la for- za che sente dentro grazie al pane di vita che è venuto dal cielo. Dio non ci solleva per por- tarci alla meta senza sforzo. Piut- tosto lui si abbassa e viene verso di noi. È lui che scende nella no- stra povertà, nella nostra ordina- rietà. E anche negli abissi della nostra disperazione o depressio- ne. Buon cammino! Si ricomincia... Don Raffaele A VELE SPIEGATE ottobre 2018 Numero 5 GIORNALINO PARROCCHIALE “S. MARIA DELLA ROCCELLA”

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È uno sport nel quale ci sono moltis-simi campioni olimpici: quello della mormorazione. Lo praticano in tanti perché è facile pensare male... An-che san Paolo deve ammonire i cri-stiani di Efeso di guardarsi dalla mormorazione: «Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di mali-gnità». Anche il Vangelo ne parla: «e si misero a mormorare contro Gesù». "Mormorare" è il verbo della ribellione, il verbo del deserto: Dio aveva dato al popolo di Israele la manna dal cielo, ma loro continua-vano a lamentarsi e a ribellarsi. "Mormorare" è anche verbo dell'in-credulità. Quando devi fidarti cieca-mente, perché non vedi e non senti, è assai facile mormo-rare… È una mor-morazione anche il lamento di Elia: è costretto a ripararsi nel deserto per aver salva la vita (era ricercato dalla regina Gezabele). E ora dispera del-la propria vita e vuole morire. Ed ecco il suo lamento nel deserto: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri». Il lamento si è mutato in disperazione talmente profonda da desiderare la morte, tanta è la de-pressione che ha invaso il suo cuo-re. È fuggito per aver salva la vita, e ora vuole morire. Il cielo sembra chiuso al suo lamento. L'angelo del Signore, però, non esaudisce quel desiderio di morte, ma piuttosto quello di vita: «Alzati e mangia! Egli

guardò e vide vicino alla sua testa una focaccia cotta su pietre ro-venti e un orcio d'acqua». Se c'è un angelo, significa che il cielo non è chiuso, perché qualcuno è sceso per soccorrerlo: «Su man-gia, perché è troppo lungo per te il cammino». Elia si alzò, mangiò e bevve. Con la forza di quel cibo camminò per quaranta giorni e quaranta notti...Il cielo, dunque, non era chiuso. L'ostilità degli al-tri, la fatica della lotta avevano generato in Elia paura e sconfor-to. Sono le paure che tolgono for-za alla vita, che ci inaridiscono il cuore, fino alla depressione. Il se-gno che il cielo non è chiuso non

è l'assenza della fatica, delle avversità, della sofferen-za... ma è la voglia di vivere che riprende vigore, è la for-za che sente dentro grazie

al pane di vita che è venuto dal cielo. Dio non ci solleva per por-tarci alla meta senza sforzo. Piut-tosto lui si abbassa e viene verso di noi. È lui che scende nella no-stra povertà, nella nostra ordina-rietà. E anche negli abissi della nostra disperazione o depressio-ne.

Buon cammino!

Si ricomincia... Don Raffaele

A VELE SPIEGATE

o t t o b r e 2 0 1 8 N u m e r o 5

GIORNALINO PARROCCHIALE “S. MARIA DELLA ROCCELLA”

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REDAZIONE:

Alessandro Corrado

Tommaso Cossari

Giovanni Greco

Caterina Posella

La nascita del tempo Prima parte

Il tempo è volato.

“Tempus fugit” dicevano i

latini ,a significare la vola-

tilità del tempo, l’inesora-

bile ritmo dello scorrere

degli istanti temporali.

Passati i quali sembrano

trascorsi brevi attimi di

vita. Ma no. E’ passato

solo il tempo che doveva

passare. Non esageriamo

con le sensazioni e le per-

cezioni soggettive fuor-

vianti. Chiediamoci piutto-

sto com’è nato il tempo.

Quali origini bizzarre ed

enigmatiche ha il concetto

di tempo? Viviamo tutti lo

stesso tempo? Il tempo è

una quantità privata? Il

tempo è creazione? Da

quali abissi cognitivi pro-

viene? Quando l’umanità

ha cercato di definire be-

ne cos’è il tempo? Filoso-

fi, poeti e scienziati sono

d’accordo sul comune

sentire del tempo? In-

terrogativi non pleona-

stici ma vitali e vibranti.

Il filosofo pone il proble-

ma con serietà grave

collegandolo al senso

della vita e della morte.

Un tempo per nascere.

Un tempo per vivere.

Un tempo per morire.

Trilogia abbastanza tri-

ste che non dà risposte

profonde e convincenti

ma evidenza la crisi

della modernità e la

perdita della metafisica.

Si può spiegare me-

glio? La posizione post-

moderna prevalente

afferma l’impossibilità di

costruire una realtà,

una verità, un significa-

to delle cose. Dunque,

la verità non esiste?

Comportatevi come vo-

lete. Si deve cercare di

sfuggire alla banalizza-

zione della filosofia, ri-

pensare il problema alla

radice, cercare un vali-

do ricostituente del pen-

siero. Richard Feyn-

man, premio Nobel per

la Fisica delle particelle,

ha tacciato i filosofi di

“emotività culturale” ag-

giungendo che essi so-

no sempre con noi, lot-

tando alla periferia, per

cercare di dirci qualco-

sa, ma in realtà non

hanno mai compreso le

sottigliezze e le profon-

dità dei problemi scienti-

fici. L’aspetto importante

è che il tempo e lo spa-

zio, suo compagno fede-

le di viaggio, hanno dato

origine alla vita. Se non

ci fossero spazio e tem-

po - oggi viviamo nella

quadridimensionalità

spazio/tempo - non sa-

remmo qui a raccontare

queste cose. Dopo la

scoperta delle leggi di

Keplero, DIO era stato

definito il Grande Orolo-

giaio cosmico. Governa-

tore del tempo. Come il

tempo è l’eternità e l’e-

ternità è il tempo. Il tem-

po, una volta innescato,

vola nel mare piatto del

vuoto cosmico. I fisici

propendono a favore di

un intervento straordina-

rio, un intervento divino

nelle faccende dell’uni-

verso. Secondo la teoria

della Relatività generale

di Einstein tempo e spa-

zio erano collocati l’uno

sull’altro in un grumo

infinitesimo di energia

super concentrata. Per

A V E L E S P I E G A T E

SITO WEB: www.santamariadellaroccella.it Email: [email protected]

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A V E L E S P I E G A T E

citare solo alcuni pa-

rametri calcolati con

rigore scientifico, la

condizione iniziale

dell’Universo era piut-

tosto incandescente e

indifferenziata. Tem-

perature di 1040 °K

per una realtà ristretta

di 10-33 cm, molto più

piccola della cruna di

un ago. Di qui l’inevi-

tabile grande botto

noto come BIG-BANG. Proprio con l’esplosione

di così tanta energia sono nati lo spazio, il tem-

po, la materia. Prima del BIG-BANG non esiste-

va né il tempo, né lo spazio, né la materia. I vari

ingredienti vitali si sono sviluppati con l’espan-

sione del nostro Universo. Stiamo ancora fug-

gendo da quell’immane esplosione ad un ritmo

di creazione di 15 km/sec di spazio per milione

di anni luce. Un anno luce corrisponde a circa

1013 Km (diecimila miliardi di Km). Allora la na-

scita del tempo è da ricercarsi nelle origini

dell’Universo? La risposta è affermativa. Il gran-

de botto, gli scienziati lo collocano nel tempo tra

i 15 e i 20 miliardi di anni fa, come annunciato

dalla costante di HUBBLE il cui inverso ci forni-

sce il tempo di vita dell’Universo. Dunque il BIG-

BANG è l’istante zero? Il tempo procede sempre

in avanti. E’ unidirezionale. Nessuno mai è riu-

scito a invertire l’asse temporale. Apparteniamo,

dunque, ad una sola realtà e non al pluralismo

moderno dalle tante visioni e dall’idea della veri-

tà molteplice. Dov’era il tempo che viviamo og-

gi? La fisica risponde: in una singolarità. In com-

pagnia dello spazio. All’origine dell’Universo la

cosmologia quantistica entra nel territorio esclu-

sivo di teologi e filosofi per raccontare il proces-

so della creazione. “All’inizio era il caos” recita la

Bibbia. All’inizio, infatti, direttamente dall’energia

nascono particelle e antiparticelle che costitui-

scono l’Universo primordiale. Queste collidono

tra loro e si autodistruggono generando energia

ed altre particelle che poi formeranno strutture

più complesse. Si può comprendere, quindi, la

situazione caotica e disordinata delle fasi iniziali

dell’Universo (Se non si comprende più nulla,

questo è il segno della presenza di Dio) . Il no-

stro Universo, che astronomi, cosmologi, astrofi-

sici e curiosi osservano oggi è il risultato di un

divenire cosmico molto complesso, ma spiegabi-

le. All’interno della singolarità, le leggi della fisica

classica (Newtoniana) e relativistica

(Einsteniana) vengono meno. Semplicemente le

leggi della fisica non valgono più. Un punticino

densissimo e caldissimo esplode creando il tem-

po e lo spazio. Un punticino dove la scienza si

arrende. Un’increspatura quantistica dove tempo

e spazio perdono il significato e l’incertezza è

regina assoluta. Si è tentata una nuova idea per

escludere Dio dal mondo? Probabilmente si. In

quel puntino dove si concentra l’Universo pri-

mordiale, il campo gravitazionale è così intenso

che gli effetti quantistici devono essere dominan-

ti. Di qui la necessità di descrivere il nascente

Universo con le leggi della fisica quantistica.

Lungi dall’addentrarci nell’universo microscopico

della meccanica quantistica che richiederebbe

l’uso di una matematica superiore, si tratta di

constatare come il modello quantistico permetta

di considerare il nostro Universo non come frutto

del caso,ma come una necessità imposta dalle

condizioni iniziali. Solo una precisazione. Occor-

re distinguere l’Universo quantistico da quello

gravitazionale separati da un intervallo di tempo

veramente submicroscopico:10-60 sec dall’esplo-

sione,il cosiddetto tempo di Planck. In tale tem-

po l’Universo è suscettibile di una trattazione

quantistica, dopo il tempo di Planck l’Universo è

suscettibile di una trattazione classica. Per farla

breve, dalla trattazione quantistica nascono di-

versi universi par-

titi con certi para-

metri (energia,

tempo, spazio,

materia, densità,

temperatura..). La

storia dell’Univer-

so diventa una

delle tante storie.

Giovanni Greco

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La voce dei giovani

Credo che sia stata una delle

esperienze più significative della

mia vita! Avere avuto l’opportunità

di incontrare il Santo Padre mi ha

riempito il cuore di un mix di emo-

zioni che non so nemmeno descri-

vere! Vedere inoltre quanti ragazzi

delle più svariate età meditare,

pregare e cantare al Signore mal-

grado la stanchezza, il sonno , il

caldo hanno acceso la speranza in

un mondo migliore, un mondo do-

ve è possibile realizzare i nostri

sogni senza avere paura del do-

mani!

Francesca Bulotta

A V E L E S P I E G A T E

...v

ers

o R

om

a

È stata un'esperienza

intrisa di un profon-

do significato e che

mi ha lasciato un

grande insegnamen-

to di vita, per me un

po' troppo abituato

ad assimilare concetti

razionali e pragmati-

ci: la forza dell'amore

e della fede capaci di

riempire il cuore con

gioia e voglia di vivere. Il Santo Padre e

la Chiesa, in questi giorni, hanno svelato

la grandezza e la purezza dei sentimenti

di migliaia di giovani, dimostrando con i

fatti una via alternativa alla rassegnazio-

ne e all'alienazione. Posso allora testimo-

niare di aver visto negli occhi di tantissi-

mi ragazzi e ragazze tanta dolcezza e

gentilezza e di aver ammirato i loro

principi, i loro pensieri e i loro sogni.

Ricorderò il momento in cui mi sono

commosso per le parole di Martina che

lamentava di quanto gli adulti stanno

perdendo il senso dell’aiuto reciproco,

dell’impegno per il mondo e nelle rela-

zioni. Ma soprattutto mi faranno per

sempre eco le risposte e le parole del

Santo Padre, dette con la sua consueta

schiettezza e tenerezza: "l’uomo non può

crescere da solo"; "siate voi pellegrini

sulla strada dei vostri sogni"; "lo scanda-

lo è non uscire da noi stessi per dare te-

stimonianza". Posso infine affermare di

essere tornato a casa con una rinnovata

speranza nel futuro e con delle certezze

sul mio modo di vivere il presente.

Iapello Vincenzo

"Camminando si apre Cammino"

un'esperienza indimenticabi-

le...incontrare Papa Francesco é

stato meraviglioso ed emozionante.

Molti sono stati i temi affrontati dal

Santo Padre: l'amore, il rispetto e

la fede, tre stelle che spero illumi-

neranno il cammino della mia vita e

non solo, trasmettere questo mio

vissuto ai nostri giovani in modo

che possano aprirsi all'amore verso

Dio. Mary Palaia

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A V E L E S P I E G A T E

Cammino di discernimento

Chi sono? È una domanda affatto banale, chiun-

que sia a porsela; d'altro canto nulla impone che

la risposta trovata sia corretta, tantomeno errata.

In un momento intenso e fragile quale è poi l'a-

dolescenza, la situazione si aggrava ulteriormen-

te a causa della moltitudine di stimoli - positivi e

negativi - ai quali si è sottoposti. Si è posti di

fronte a scelte che prima magari erano preconfe-

zionate per noi, a dubbi che precedentemente

non avvertivamo, a esperienze che solo adesso

possono esserci presentate. Chi sono? Il cammi-

no PerMilleStrade non si è mai arrogato di dare

una risposta a noi giovani, ai suoi partecipanti, a

me. Piuttosto ha voluto prenderci per mano e

tirarci via dalla comoda, a volte vuota, a volte

assordante quotidianità e metterci in cammino,

sulla strada. Ha voluto donarci la consapevolez-

za che troveremo il volto del Signore non nella

staticità delle nostre piccole esistenze, ma al di

fuori di noi stessi. Ci ha invitato a fare questo

passo e a viverlo attivamente, non a lasciarci

vivere dagli eventi, come spesso soliamo fare.

Ha mostrato la potenza di Dio che si fa uomo per

incommensurabile amore e che viene a cammi-

nare insieme a noi, nonostante le nostre paure,

nonostante le nostre tenebre, proprio perché con

Lui siamo capaci di trasformarle nella felicità au-

tentica, che non muore. Allora, IO, Chi sono? Nel

momento in cui questo interrogativo ci è stato

posto come tema che accompagnasse una delle

nostre giornate di cammino, subito mi sono reso

conto di quanto dia per scontate molte cose. La

risposta non può e non deve banalizzarsi in quat-

tro parole, messe insieme a cuor leggero! Nel

momento in cui dico davvero io sono si dovrebbe

accendere in me il fuoco ardente dello Spirito

Santo: in quel io sono sto affermando con poten-

za e convinzione sì al progetto di vita, alla voca-

zione che Dio ha riposto dentro al mio cuore. E

la risposta non può prefigurarsi in maniera diver-

sa, perché noi tutti figli di Dio siamo chiamati a

dare testimonianza della Verità. Gesù Cristo, ve-

ro uomo e vero Dio, mai rifiutò questa

missione e, anche laddove il dolore più

profondo lo assalse, rimise infine al Pa-

dre la fiducia più totale. Così abbiamo

provato nel nostro piccolo, combattendo

con fede stanchezza, dolori muscolari,

piaghe ai piedi, sole cocente, per rag-

giungere una risposta personale un pò

più "vera" e completa. Da questo veniva il

desiderio di proseguire insieme verso la

tappa giornaliera, ma non come conclu-

sione del momento. L'incontro con il San-

to Padre ha rimarcato come il cammino

non finisse nell'arrivo alla meta: la meta è

il momento in cui va compiuta la scelta di

continuare, il ritorno a casa non può can-

cellare quanto compiuto. Per questo bisogna

mettersi in cammino: perché proprio nell'espe-

rienza del cammino saggiamo il nostro essere

popolo con gli altri, il compenetrarsi delle singole

vite in un intreccio che non si spezza nel tempo.

Da qui scaturisce il mio comprendere che Io so-

no solo perché Noi siamo.

Paolo Trunfio

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A V E L E S P I E G A T E

Quando mi proposero di camminare per 120

km con zaino in spalla volevo inventare una

scusa per non andare. Io 20 km al giorno per

6 giorni; dormire su un sacco a pelo. No gra-

zie! Poi però la vita agisce in modo strano.

Un insieme di eventi si sono risolti nel miglio-

re dei modi e ciò mi ha spinto a pensare se

lui ha operato così con tanto amore nei miei

confronti, il minimo che possa fare e offrirgli

questa bella sudata e così mi sono deciso.

Ho riempito lo zaino di vestiti, borracce, an-

sie e preoccupazioni e sono partito. All'inizio

si parte con molta diffidenza; si cerca di capi-

re chi sono i tuoi futuri compagni di viaggio e

scatta qualche pregiudizio. La prima notte

passata a Serra San Bruno è stata a dir po-

co strana. Ci siamo ritrovati a dormire sul

pavimento, nei sacchi a pelo, con due bagni

per circa 90 ragazzi. Subito ti chiedi se ce la

farai, se riuscirai a sopportare tutto questo,

se non è troppo per uno come te, poi il son-

no prende il sopravvento e ti risvegli che è

ancora buio. Ma devi prepararti lo zaino, fare

colazione e ripartire. Le ansie della notte non

si sono placate ma il semplice fatto di cam-

minare insieme a tanti ragazzi ti dà il corag-

gio necessario per muoverti nel corso del

cammino. Si sono susseguite una grande

varietà di emozioni e sensazioni: la stan-

chezza, il conforto dei compagni di viaggio,

la gioia dei canti e delle battute per sdram-

matizzare, l'entusiasmo nel comprendere

l'importanza di quell'impresa e i primi dolori .

Infine, eccolo all'improvviso, piomba un si-

lenzio quasi assoluto. Un silenzio che dà una

sensazione di pace e di sicurezza. Dopo il

cammino seguiva il momento della tanto so-

spirata pausa. In quelle strutture capivi real-

mente il valore del gruppo; del mangiare in-

sieme, lavarsi con un tubo dell'acqua, dormi-

re lì su quel pavimento che ora era diventato

comodissimo. Durante l'esperienza impari

man mano a condividere le tue debolezze, le

tue fragilità più intime con persone che non

conoscevi, ma sapevi che erano come te

che avevano le tue stesse ansie ed espe-

rienze. E proprio questo ti dava un assoluta

pace interiore. Osservare i tuoi compagni di

viaggio; vedere che ognuno svolgeva un

compito tanto preciso quanto utile, ti fa capi-

re che sei circondato da persone che ti vo-

gliono bene e che tengono a te. Forse è pro-

prio questo il concetto di Fede: guardare

oltre le apparenze del prossimo, per capi-

re che dietro quel volto, quel modo di ve-

stire o quella atteggiamento, si nasconde

una storia. Una storia profonda che parla

di valori e sentimenti autentici; una storia

che senti tua e ciò ti fa provare amore in-

condizionato per l'altro. Con questi senti-

menti nel cuore Il cammino è diventato pia-

cevole. Non pensavo più a quanti chilometri

mancavano ma mi godevo ogni passo, ogni

goccia di sudore, persino gli incessanti dolori

alla schiena e alle spalle erano diventati

un'occasione per sorridere e fare battute con

gli altri; anche il peso dello zaino era meno

fastidioso. Non si è trattato soltanto di una

camminata ma di un occasione per affronta-

Da

R

om

a a

Pa

ler

mo

Camminando si apre cammino... l’esperienza della fede

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7 re se stessi, per accettare i pro-

pri difetti e i propri limiti. Ho tro-

vato la gioia nel riscoprire l'es-

senzialità della vita e lo stupore

di fronte alla semplicità della na-

tura. Ai momenti di intensa cam-

minata, seguivano momenti di

riflessione e di dialogo, nei quali

si è dato importanza alla condivi-

sione e al silenzio. Ed è proprio

nel silenzio che ho scavato den-

tro di me, tralasciando i rumori

dell'angoscia e delle ansie inutili.

Anzi ho ascoltato una Voce cal-

ma che mi diceva tranquillo va

tutto bene; sei prezioso nono-

stante i tuoi errori. E’ stato come

alleggerire il cuore da un peso

che io stesso avevo creato. Da

quel momento è stata tutta una

discesa verso Roma. Ed è pro-

prio lì che ho avuto un incontro

speciale. Aver visto Papa Fran-

cesco in mezzo a migliaia di gio-

vani, mi ha dato una sensazione

di tranquillità come se conosces-

si quell'uomo da molto tempo,

un po' come se fosse un anziano

parente che non vedevo da tem-

po. A quella gioia è seguita un

po' di stanchezza, che mi ha da-

to l'occasione di fermarmi e pen-

sare al cammino interiore. Sono

partito svogliato con tanta confu-

sione nella mia anima e ritorno

pieno di vita, con un cuore leg-

gero che dà importanza alle co-

se essenziali, che vede il bene

anche dove non c'è. Torno a ca-

sa con molte sensazioni, tanto

intense quanto indescrivibili e

spero di trasmettere tutto ciò alle

persone che incontrerò nel corso

della vita, per dire a tutti cammi-

nando si apre cammino.

Tommaso Cossari

A V E L E S P I E G A T E

Sulle orme di Padre Pino Puglisi

Non so da dove iniziare.. o meglio,

non so come iniziare. Per me è

sempre stato molto difficile mettere

per iscritto le mie emozioni, i miei

pensieri, ma ci tengo a raccontare

la particolare giornata vissuta a Pa-

lermo in occasione della visita di

Papa Francesco, avvenuta in con-

comitanza al 25° anniversario

dell’assassinio del Beato Don Pino

Puglisi, ucciso dalla mafia esattamente il 15 settembre 1993, nel

giorno del suo 56°compleanno. Ho accettato ben volentieri la pro-

posta per questo viaggio. Siamo arrivati lì alle 4 e mezza del matti-

no avendo vissuto la “formula uno” degli autisti del pullman. Tanti

giovani, anziani, bambini, malati aspettavano in fila pazientemente

per poter entrare nel Foro Italico, luogo della celebrazione della

messa. Ore interminabili sotto il sole cocente in cui magari pensi..”

ma chi me l’ha fatto fare? Sarei potuta rimanere a casa e guardare

il tutto in televisione seduta comodamente su una poltrona.” Attra-

verso uno schermo si vede tutto perfettamente, come se fossi lì.

Ma come, ben sappiamo, ogni esperienza vissuta realmente differi-

sce grandemente dalle cose viste in tv. E’ così…auguro a tutti, per

chi può, di vivere un’esperienza del genere in prima persona per-

ché ti insegna a non guardare solo con gli occhi, ma ad ascoltare

soprattutto con il cuore… e non importa se sei in prima o in ultima

fila perché la gioia dell’esserci in quel momento ti travolge ovunque

ti trovi. Queste esperienze insegnano a condividere quel poco che

hai con gli altri; impari a resistere e a superare i tuoi limiti. In molti

mi hanno detto che non ce l’avrei fatta perché sarebbe stata una

giornata stancante e con il mio fisi-

co esile non sarei riuscita a soppor-

tare il caldo e le tante ore di attesa.

Eppure CE L’HO FATTA! grazie alla

preghiera e alla fede, quella forza

che accomunava tutti i presenti. E

cosi, la sera rientrata a casa non

avevo un primo piano del Papa sul

mio telefono da esibire come un tro-

feo, ma dentro di me solo la sua

voce e le sue parole di SPERNAZA

e di CORAGGIO in un mondo lacerato da odi e rancori; parole forti

e confortanti che hanno cullato il mio sonno e ritengo che tutto ciò

sia un tesoro molto più prezioso. Ilaria Destito

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Iniziative parrocchiali Santa Messa

Domenica ore 11.15

Giorni feriali ore 18.00 (17.00 orario invernale)

Adorazione eucaristica

Ogni venerdì ore 17.00 (16.00 orario invernale)

Itinerario di catechesi per bambini e ragazzi

Sabato 15.30 - 16.30

Domenica 10.00 – 11.00

Catechesi per i genitori

Domenica 10.00 -11.00

Catechesi per i cresimandi adulti (inizio nel mese di novembre)

Domenica 10.00 - 11.00

Attività sportive (pallavolo e calcio) Ogni domenica pomeriggio

Incontri culturali (verranno comunicati sulla pagina Facebook

della parrocchia)

Laboratorio creativo per ragazzi (appuntamenti da concordare

con Alessandro a partire dal mese di Ottobre, si imparerà l’utilizzo

della stampante 3D e di altre attrezzature tecnologiche e creative

per la creazione di spille, adesivi, calamite e incisioni su legno e

altro)

Il percorso delle 10 parole di DIO (nel mese di novembre)