A tutto sesto

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SU QUESTO NUMERO EDITORIALE UN MATTONE IN TESTA Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La famiglia imperfetta L’angolo della poesia Contro la laicità insana dello Stato Ucraina e i Magistri Comacini numero 12 novembre 2010 La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. «Mi considero un uomo fortunato. Mi hanno pagato tutta la vita per fare un mestiere che avrei fatto gratis. Meno male che non se ne sono accorti, sarebbe stata una fregatura». Questo divertente aforisma sembra uno scherzo. Invece può rappresentare la situazione abbastanza dif- fusa di coloro che credono nella provvidenza, vivono l’ot- timismo, non smaniano per cambiare di posto, amano il proprio lavoro e si divertono migliorandolo e perfezio- nandolo, con inventiva e intraprendenza. Cosa vogliamo di più? Beh, per esempio saper trasmet- tere tutto questo ai colleghi e soprattutto ai giovani; le cassandre di turno prevedono un futuro difficile per le nuove generazioni. Probabilmente avranno ragione (anche se le risorse della persona umana sono quasi infinite): ma un tale at- teggiamento può essere un motivo di più per affrontare con positivo realismo il proprio lavoro, fare nel proprio intimo un atto di ringraziamento e «considerarsi un uomo fortunato». ‰‰ a tutto sesto note di informazione per gli amici del sesto piano Benedetto XVI: «Noi oggi abbiamo spesso un po’ paura di parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sono utili per il mondo, mostriamo che il Cristianesimo aiuta anche a migliorare il mondo, ma non osiamo dire che la sua meta è la vita eterna e che da tale meta vengono poi i criteri della vita». È vero, non sempre è facile parlare della morte e da molti viene considerato ancora come fosse cosa sgradevole e di cattivo gusto. Ho riascoltato il discorso pronunciato nel 2005 da Steve Jobs, il creatore del personal computer e della Apple, cer- tamente oggi il personaggio più noto e apprezzato nel mondo informatico: mi ha impressionato la naturalezza po- sitiva con la quale Jobs, rivolgendosi ai neolaureati della Stanford University, nel cuore della Silicon Valley, parla anche di morte, senza perifrasi. «Qualche volta la vita ci colpisce come un mattone in testa. Non perdete la fede, però. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato continuate a cercare. Non accontentatevi. Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicura- mente prima o poi avrai ragione” . Mi colpì molto e da al- lora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattino allo specchio chiedendomi “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?” E ogni qualvolta la risposta è “no” per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato. Ricor- darsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della mia vita. Perché quasi tutte le cose –tutte le aspettative, tutto l’orgoglio, tutti gli imbarazzi e i timori di fallire– semplice- mente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono an- dare in Paradiso non vogliono morire per andarci. E nono- stante tutto, la morte è la destinazione che condividiamo. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere per- ché la Morte è con tutta probabilità la più grande inven- zione della Vita.»

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notiziario per gli amici del sesto piano

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Page 1: A tutto sesto

SU QUESTO NUMERO

EDITORIALE

UN MATTONE IN TESTA

Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La famiglia imperfettaL’angolo della poesia

Contro la laicità insana dello Stato

Ucraina e i Magistri Comacini

numero 12 novembre 2010

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

«Mi considero un uomo fortunato. Mi hanno pagatotutta la vita per fare un mestiere che avrei fatto gratis.Meno male che non se ne sono accorti, sarebbe stata unafregatura».

Questo divertente aforisma sembra uno scherzo. Invece può rappresentare la situazione abbastanza dif-fusa di coloro che credono nella provvidenza, vivono l’ot-timismo, non smaniano per cambiare di posto, amanoil proprio lavoro e si divertono migliorandolo e perfezio-nandolo, con inventiva e intraprendenza.Cosa vogliamo di più? Beh, per esempio saper trasmet-tere tutto questo ai colleghi e soprattutto ai giovani; lecassandre di turno prevedono un futuro difficile per lenuove generazioni.

Probabilmente avranno ragione (anche se le risorsedella persona umana sono quasi infinite): ma un tale at-teggiamento può essere un motivo di più per affrontarecon positivo realismo il proprio lavoro, fare nel propriointimo un atto di ringraziamento e «considerarsi unuomo fortunato».

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a tutto sesto note di informazioneper gli amici del sesto piano

Benedetto XVI: «Noi oggi abbiamo spesso un po’ pauradi parlare della vita eterna. Parliamo delle cose che sonoutili per il mondo, mostriamo che il Cristianesimo aiutaanche a migliorare il mondo, ma non osiamo dire che lasua meta è la vita eterna e che da tale meta vengono poii criteri della vita».

È vero, non sempre è facile parlare della morte e da moltiviene considerato ancora come fosse cosa sgradevole e dicattivo gusto.

Ho riascoltato il discorso pronunciato nel 2005 da SteveJobs, il creatore del personal computer e della Apple, cer-tamente oggi il personaggio più noto e apprezzato nelmondo informatico: mi ha impressionato la naturalezza po-sitiva con la quale Jobs, rivolgendosi ai neolaureati dellaStanford University, nel cuore della Silicon Valley, parlaanche di morte, senza perifrasi. «Qualche volta la vita ci colpisce come un mattone in testa.Non perdete la fede, però. Dovete trovare quel che amate.E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita,e l’unico modo per essere realmente soddisfatti è farequello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fareun buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora nonl’avete trovato continuate a cercare. Non accontentatevi. Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonavacosì: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicura-mente prima o poi avrai ragione” . Mi colpì molto e da al-lora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattinoallo specchio chiedendomi “Se oggi fosse l’ultimo giornodella mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?” Eogni qualvolta la risposta è “no” per troppi giorni di fila,capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato. Ricor-darsi che morirò presto è il più importante strumento cheio abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della miavita. Perché quasi tutte le cose –tutte le aspettative, tuttol’orgoglio, tutti gli imbarazzi e i timori di fallire– semplice-mente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciandosolo quello che c’è di realmente importante. Nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono an-dare in Paradiso non vogliono morire per andarci. E nono-stante tutto, la morte è la destinazione che condividiamo.Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere per-ché la Morte è con tutta probabilità la più grande inven-zione della Vita.»

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L’ANGOLO DELLA POESIA

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Mia terradi monti amati e lontaniridammi i miei ricordi

i miei anni feliciaggrappati alle tue roccebrandelli della mia vitalasciati ai tuoi dirupi.

Rivoglio il tuo solerivoglio le tue cimerivoglio i tuoi cieli

rivoglio i tuoi azzurririvoglio i tuoi prati

rivoglio i miei ricorditutti !

RIVOGLIO

S. Rossi 2008Alpi Giulie Occidentali

È come se lentamente, ma inesorabilmente, si fosse in-sinuata nella mente di tutti noi una profonda sfiducia nellanostra possibilità di prenderci cura adeguatamente dei no-stri figli: se davvero il nostro ruolo è così delicato e impor-tante come affermano gli psicologi, e se i nostri inevitabilierrori possono determinare effetti così funesti, come pos-siamo deciderci a rischiare? Eppure, il bambino che nascein risposta alla nostra disponibilità alla vita porta in dotequalcosa per noi: la fiducia assoluta che il cucciolo d’uomoha in colui al quale viene affidato.

Questa fiducia così totale, questo essere inermi e biso-gnosi di tutto, attiva in noi un desiderio di risposta. Ognifiglio che viene al mondo desidera e merita il miglior rap-porto possibile proprio con quei genitori che gli sono toc-cati in sorte, e non con altri ipotetici genitori più perfetti...I nostri figli vogliono proprio noi, così imperfetti e in cam-mino come tutti siamo.

Mariolina Ceriotti Migliarese è neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta. Lavora inun servizio territoriale di Neuropsichiatria Infantile ed esercita attività privata comepsicoterapeuta per adulti e coppie. Da molti anni si occupa di formazione di genitorie insegnanti. Collabora con la rivista Fogli, per la quale tiene una rubrica mensile.Sposata dal 1973, ha sei figli dai 32 ai 12 anni, e due nipotine.È l’autrice del libro La famiglia Imperfetta - Come trasformare ansie & problemi insfide appassionanti, edizioni Ares 2010.Su questo stesso tema, il 9 novembre ha tenuto una conversazione per i nostri amici.

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Vittorio Peretto, progettista del verde in giro per il mondo, ci regala un altro dei suoi appunti di viaggi interra ucraina. Ma il riferimento ai Magistri richiede una premessa: chi erano?Magistri comacini erano dei costruttori, muratori, stuccatori e artisti, raggruppati in una corporazione diimprese edili itineranti attive nella zona tra il Comasco, il Canton Ticino e in generale la Lombardia. In Valle d’Intelvi, la genealogia della famiglia Scotti, ci aiuta a trovare molti riferimenti soprattutto allemigrazioni dei secoli XVII e XVIII: il capostipite Giacomo, stuccatore, tramanda il suo sapere ai figli e daquesti ai nipoti, che opereranno non solo in Italia ma anche in Germania e nella Repubblica Ceca, intrec-ciandosi con i rappresentanti di altre famiglie provenienti dalla Val d'Intelvi (i Carloni per esempio), inparticolare nella realizzazione del castello di Ludwigsburg, che si protrasse per oltre 20 anni. A Praga,dove si svilupparono numerosi progetti con continuità di lavoro, gli Intelvesi si insediarono dando vita adun intero quartiere (Malastrana), realizzando - tra l'altro - l'Ospedale e la Cappella. Le famiglie iniziaronoquindi a mandarvi i giovani per imparare le arti decorative.A Laino Intelvi ed in tutta la Valle restano comunque numerose testimonianze delle opere degli Scotti,che riprendono tutti gli stili in auge in Europa. Di particolare pregio il Palazzo Scotti, appunto a Laino. Un'ultima curiosità sulla denominazione «comacini»: il termine potrebbe derivare da cum machinis o cummacinis (riferendosi alle impalcature ed argani che questi artigiani utilizzavano nella costruzione delleloro opere) o da Como, terra d'origine di questi Maestri. Un'altra interpretazione trova una connessionecon machio e maçon, che non era altro in origine - secondo riferimenti giuridici - che un impresario co-struttore.

Ucraina

Sto andando ancora una volta in Ucraina (devo proget-tare un giardino sul Mar Nero) e lancio un pensiero aiMagistri.Il mio viaggio è ampiamente previsto, tra internet eorari, con prenotazioni e coincidenze, taxi e quant’al-tro, so prima di partire che tempo fa e se ho un briciolodi incertezza è per via di un vulcano islandese che fa lebizze. Ho un vocabolario con me, mi aspetta un co-modo albergo, ci sarà un interprete… ma loro, i Magi-stri, come viaggiavano ?!?! Sicuramente avranno avuto la loro rete di appoggi e diconoscenze, certo, ma... che fegato avevano? Dovrei provare anch’io per una volta a partire a piedi,confidando in un tratto a cavallo, uno su una chiattasu un fiume e un altro a piedi o in carrozza. Praticamente sarebbe un lavoro già il solo viaggio! Non posso fare a meno di constatare che tutte le incer-tezze del viaggio di un tempo rendono ancora più altoil valore del lavoro. Ne sono profondamente ammirato.Non sto pensando più di tanto a quanto fossero bravi afare il loro mestiere. Ragiono sulla loro inclinazioneall’avventura, alla scoperta, ai contatti nuovi, all’inte-resse certo, e ci mancherebbe! Oggi non vedo molto ditutto ciò, è più facile chiudersi, vedere gli altri come

Ucraina e i Magistri Comacini

una minaccia, eppure abbiamo strumenti fantascienti-fici per comunicare. Il loro era un messaggio di pace,di scambio, le famiglie si integravano, arrivavano le no-mine anche pubbliche. Penso partissero giovani, molto giovani. Oggi c’è Bru-netta a parlarci dei bamboccioni, bah.Arrivo a Yalta alla riunione con il cliente e con tutto lostaff coinvolto nella costruzione della villa immersa inuna foresta di Pinus pallasiana, uno splendido ende-mismo. Ci si trova nella Meeting Room dell’hotel affac-ciato sullo stesso mare che ha visto la firma dei Pattidi Yalta nel 1945. Sembra un’assemblea da Soviet Supremo, con delega-zioni da ogni dove della galassia russofona: c’è l’ucrainodelle steppe di Kharkov, il kazako, il tartaro, il russonato alle Kurili, il baltico, il crimeano convinto di es-sere stato un monaco italiano nella sua vita precedente,la serba originaria della Kraijna ma trapiantata aMosca. C’è qui un mondo spalmato su 11 o 12 fusi orari, cheva dall’Artico al mar Nero, dove vaga Giasone in cercadel Vello d’Oro. Non posso fare a meno di pensare aquanto mi piaccia l’avventura umana insita nel lavoroe mi pare che lo Scotti mi strizzi l’occhio dicendomi

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«piaceva anche a me!». Lo stesso Scotti che a Mosca,nel Museo del Monastero di Novodevijci mi compareall’improvviso, inaspettato in mezzo ad un mare diicone, con due formelle di legno dipinto con figure diSanti. Mi arrabatto a leggere la didascalia, attirato dall’evi-dente differenza stilistica con tutto ciò che mi circonda:доменико скотти ! Sento immediato un moto di sim-patia nei suoi confronti. Ma torno alla realtà della riunione quando noto con uncerto orgoglio patrio che quando il cliente sbotta spa-zientito che vuole qualità, lo fa picchiando il pugno sultavolo, gridando: «voglio Italia!». Mi ricorda NikitaKruscev che picchia la scarpa alle Nazioni Unite. Ma accidenti, mi prende un colpo! Quanti secoli sonoche una parte di mondo «vuole Italia»??? Lui lo dice ei Magistri nella testa mi si svegliano. Siamo dei feten-toni. Lasciamo ciarlare di noi come spaghetti-mafia-maccheroni e ci dimentichiamo troppo spesso cheabbiamo un’eredità millenaria densissima di significati.Quanto antidoto alla crisi ci sarebbe in un risveglio diquesto tipo? Dopo diverse ore finisce la riunione plenaria e passandonella hall prendo una rivista da portare in camera, at-tirato dalla copertina con una scultura barocca chesembra delle nostre. Nooo !!! ci risiamo ??? ora diventauna fissa... Cerco l’articolo e vedo che è proprio su Lviv, capitaledel Barocco ucraino, ex asburgica, ex galizia russa.Parla di Johan Pinsel, artista che sembra nato dal nulla,pare che non si sappia la sua provenienza. Un’ipotesimi si affaccia : che sia un Pinchetti? Dopo tutto in ci-rillico la C si legge come una S e magari una trascri-

zione via l’altra... chissà. Ora è meglio andare a dormire.Viaggio di ritorno: dall’aereo guardo la sterminata cam-pagna e mi pare di scorgere le strade e i sentieri calcatia piedi dai Magistri.

Penso che una volta arrivato a Milano cercherò le lorotracce sul suolo ucraino con internet. Ecco, ci sono, apro un pdf : Architettura del Rinasci-mento in Lviv (Leopoli): un esempio di importazioneculturale dal Mediterraneo, a firma di Olga Kozubska,docente e ricercatrice presso l’Università CattolicaUcraina. Non ve la sto a raccontare tutta perché è bene che an-diate a leggere il testo completo al link: http://www.emuni.si/press/ISSN/1855-3362/1_193-213.pdfLeggo qualcosa che sa di «globalizzazione» : il Rinasci-mento nel contesto può essere interpretato come un«linguaggio internazionale», adatto ai bisogni dei dif-ferenti gruppi di popolazione di Leopoli, in grado diunificare le voci plurali dell’architettura della città. I princìpi portati dai Magistri sono applicabili nei lavoricommissionati dalla comunità ebraica o da un mer-cante armeno, da una confraternita ortodossa o da unordine monastico cattolico. Il segno da loro lasciato si-multaneamente per clienti dalle diverse provenienze èun segno unificante all’interno della diversità culturale.L’architettura rinascimentale di Leopoli può esserevista come un esempio di dialettica di un linguaggiointernazionale e si assicura un posto nell’eredità cul-turale europea.Alla faccia delle brutte notizie che ci circondano, a meviene voglia di andare a Leopoli.

Vittorio Peretto 4

Lviv

Como, Basilica di S.Abbondio, esterno

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Uno dei più noti articoli della Costituzione italiana, dichiarache «lo Stato e la Chiesa cattolica sono indipendenti e sovra- ni» (art. 7, comma primo).Il Concilio Vaticano II, invece, ha affermato che «la comunitàpolitica e la Chiesa sono indipendenti e autonomi» (Costitu-zione pastorale Gaudium et Spes, in I documenti del ConcilioVaticano II, Ed. Paoline 1995, pag.312)Quale di queste due affermazioni – che non sono vuote for-mule ma costituiscono due diverse indicazioni di come farepolitica – riflette meglio la realtà delle cose?

I rapporti fra Chiesa cattolica e gli Stati che compongono lacomunità internazionale sono di vario genere.Si pensi ad esempio alla Cina che non riconosce neanche lalibertà religiosa, o al mondo latino-americano ove i rapportidella Chiesa con gli Stati sono complicati dal fatto che le so-cietà sottostanti sono cattoliche e nel Cristianesimo trovanoanche a volte motivazioni rivoluzionarie, che peraltro esulanodal nostro argomento.

In Italia i rapporti fra Chiesa cattolica e Stato hanno avutosorti alterne, anche solo limitandoci al periodo da Leone XIII(1810 - 1903) in poi.Come è noto, il principio del non expedit, cioè non convieneper i cattolici partecipare alla vita politica, formulato per laprima volta nel 1868, venne successivamente ripreso ed affer-mato nel modo più deciso durante il pontificato appunto diPapa Leone XIII.

Attualmente le relazioni sono dominate, dal punto di vistadello Stato italiano e della maggioranza della classe politicache fisicamente incarna lo Stato, dal principio della laicitàcome principio supremo dell’Ordinamento.Questo principio non è scritto nella Costituzione, ma è statoaffermato dalla Corte Costituzionale poco più di 20 anni or-sono, precisamente l’11 aprile 1989 con la sentenza n°203 incui ha decretato :

« I Valori richiamati (di libertà religiosa e di libertà di nonprofessare alcuna religione– parentesi nostra–) concor-rono con altri Valori – artt. 7, 8 e 20 della Costituzione – astrutturare il principio supremo della laicità dello Stato,che è uno dei profili della forma di Stato delineato nellaCarta Costituzionale»

Come si vede, anche l’art.7 concorre a formare secondo laCorte Costituzionale la laicità dello Stato come principiosupremo.E tuttavia l’art. 7 della Costituzione è fuori dalla realtà, per-ché afferma che Chiesa e Stato sono sovrani come se sitrattasse di due Stati diversi che governano su due popolidiversi, mentre così non è, evidentemente.Il popolo governato dallo Stato italiano è lo stesso popolodella Chiesa, il suo gregge, per cui non può esservi sovra-nità (assoluta) ma solo autonomia (relativa).E questo vale in tutti gli Stati del mondo.Dice infatti la Gaudium et Spes:«La Chiesa che, in ragione del suo ufficio e della sua com-petenza, in nessuna maniera si confonde con la comunitàpolitica e non è legata ad alcun sistema politico, è insiemeil segno e la salvaguardia del carattere trascendente dellapersona umana. La comunità politica e la Chiesa sono in-dipendenti ed autonome (sottolineatura nostra) l’unadall’altra nel proprio campo. Ma tutte e due, anche se a ti-tolo diverso, sono al servizio della vocazione personale esociale degli stessi uomini.Esse svolgeranno questo loro servizio a vantaggio di tuttiin maniera tanto più efficace quanto più coltiveranno fradi loro una sana collaborazione (sottolineatura nostra), se-condo modalità adatte alle circostanze di luogo e ditempo». (op. citata, pag. 312)

CONCLUSIONEIl testo pastorale è perfetto, e pensiamo proprio che non visia altro da aggiungere.

Avv. Vittorio Spera del Foro di Milano

Contro la laicità insana dello Stato

Il Capo dello Stato, Enrico De Nicola,firma la Costituzione italiana. 27 dicembre 1947