A tutto sesto n.25

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Nella società odierna è più che mai necessaria e ur- gente la presenza di famiglie cristiane esemplari. Pur- troppo dobbiamo constatare, specialmente in Europa, il diffondersi di una secolarizzazione che porta all’emargi- nazione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazione della famiglia. Si assolutizza una libertà senza impegno per la verità, e si coltiva come ideale il benessere indivi- duale attraverso il consumo di beni materiali ed espe- rienze effimere, trascurando la qualità delle relazioni con le persone e i valori umani più profondi; si riduce l’amore a emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioni istintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi di appartenenza reciproca e senza apertura alla vita. Siamo chiamati a contrastare tale mentalità! Accanto alla parola della Chiesa, è molto importante la testimonianza e l’im- pegno delle famiglie cristiane, la vostra testimonianza concreta, specie per affermare l’intangibilità della vita umana dal concepimento fino al suo termine naturale, il valore unico e insostituibile della famiglia fondata sul ma- trimonio e la necessità di provvedimenti legislativi che so- stengano le famiglie nel compito di generare ed educare i figli. Benedetto XVI, Omelia, Zagabria, 5 giugno 2011 Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. note di informazione per gli amici del sesto piano febbraio 2012 SU QUESTO NUMERO Fermare il declino dell’Occidente VII Incontro Mondiale delle Famiglie 25 a tutto sesto sulla famiglia hanno scritto... Incontro Mondiale delle Famiglie EDITORIALE Spesso sono frastornato: non tanto dal volume, che posso abbassare, quanto dall’eccesso di informazioni che irrompono dal web, dalla tele, dalla stampa, dalla pubblicità… Informazioni che non si inquadrano in una qualche gerarchia di importanza o di valori: si pre- sentano tutte con la stessa attualità. Informazioni non cercate che magari interrompono la concentrazione. Per reazione, mi viene quasi la nostalgia de Il grande silenzio, il film di Philip Gröning girato nel 2005 nella Grande Chartreuse sulle Alpi francesi. È una tenta- zione, ma se ci penso devo respingerla, perché il mio posto è qui, nel bailamme della società viva del terzo millennio. È in questo mondo, in questa civiltà caleido- scopica e affascinante che io posso (e se lo posso, devo) trovare una mia tranquillità, una serenità, una capacità di concentrazione, addirittura di meditazione e di con- templazione. Non è un’utopia. È una disciplina che si può imparare con lungo e perseverante studio. Ci sono riusciti i santoni che si ispirano alle teosofie orientali. Per noi, per i cristiani, la contemplazione è accessibile e diventa vita interiore, perché siamo aiutati in ciò dalla grazia di Dio. Non è vero che Dio concede questa grazia solo ai certosini e alle clarisse. San Josemaría ha insegnato che si può essere «contem- plativi nel bel mezzo della strada», si può cercare il si- lenzio interiore anche nel frastuono esterno. E il silenzio diventa comunicazione. Infatti, non è detto che per comunicare non si debbano utilizzare anche i silenzi. Benedetto XVI afferma che silenzio e parola sono «entrambi elementi essenziali e integranti dell’agire co- municativo della Chiesa». E specifica: «Là dove i mes- saggi e l’informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio. Una profonda rifles- sione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avve- nimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si pos- sano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad un’autentica conoscenza condivisa.»(Messaggio in preparazione della 46 ^ Giornata delle comunicazioni sociali, che si terrà il 20 maggio 2012). Mario Viscovi

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periodico di approfondimenti

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Nella società odierna è più che mai necessaria e ur-gente la presenza di famiglie cristiane esemplari. Pur-troppo dobbiamo constatare, specialmente in Europa, ildiffondersi di una secolarizzazione che porta all’emargi-nazione di Dio dalla vita e ad una crescente disgregazionedella famiglia. Si assolutizza una libertà senza impegnoper la verità, e si coltiva come ideale il benessere indivi-duale attraverso il consumo di beni materiali ed espe-rienze effimere, trascurando la qualità delle relazioni conle persone e i valori umani più profondi; si riduce l’amorea emozione sentimentale e a soddisfazione di pulsioniistintive, senza impegnarsi a costruire legami duraturi diappartenenza reciproca e senza apertura alla vita. Siamochiamati a contrastare tale mentalità! Accanto alla paroladella Chiesa, è molto importante la testimonianza e l’im-pegno delle famiglie cristiane, la vostra testimonianzaconcreta, specie per affermare l’intangibilità della vitaumana dal concepimento fino al suo termine naturale, ilvalore unico e insostituibile della famiglia fondata sul ma-trimonio e la necessità di provvedimenti legislativi che so-stengano le famiglie nel compito di generare ed educare ifigli.

Benedetto XVI,Omelia, Zagabria, 5 giugno 2011

Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canoneclassico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, ein ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

note di informazioneper gli amici del sesto piano

febbraio 2012

SU QUESTO NUMERO

Fermare il declino dell’Occidente

VII Incontro Mondiale delle Famiglie

25

a tutto sesto

sulla famiglia hanno scritto...

Incontro Mondialedelle Famiglie

EDITORIALE

Spesso sono frastornato: non tanto dal volume, cheposso abbassare, quanto dall’eccesso di informazioniche irrompono dal web, dalla tele, dalla stampa, dallapubblicità… Informazioni che non si inquadrano inuna qualche gerarchia di importanza o di valori: si pre-sentano tutte con la stessa attualità. Informazioni noncercate che magari interrompono la concentrazione. Per reazione, mi viene quasi la nostalgia de Il grandesilenzio, il film di Philip Gröning girato nel 2005 nellaGrande Chartreuse sulle Alpi francesi. È una tenta-zione, ma se ci penso devo respingerla, perché il mioposto è qui, nel bailamme della società viva del terzomillennio. È in questo mondo, in questa civiltà caleido-scopica e affascinante che io posso (e se lo posso, devo)trovare una mia tranquillità, una serenità, una capacitàdi concentrazione, addirittura di meditazione e di con-templazione. Non è un’utopia. È una disciplina che sipuò imparare con lungo e perseverante studio. Ci sonoriusciti i santoni che si ispirano alle teosofie orientali.Per noi, per i cristiani, la contemplazione è accessibilee diventa vita interiore, perché siamo aiutati in ciò dallagrazia di Dio. Non è vero che Dio concede questa graziasolo ai certosini e alle clarisse. San Josemaría ha insegnato che si può essere «contem-plativi nel bel mezzo della strada», si può cercare il si-lenzio interiore anche nel frastuono esterno. E il silenzio diventa comunicazione. Infatti, non è dettoche per comunicare non si debbano utilizzare anche isilenzi. Benedetto XVI afferma che silenzio e parola sono«entrambi elementi essenziali e integranti dell’agire co-municativo della Chiesa». E specifica: «Là dove i mes-saggi e l’informazione sono abbondanti, il silenziodiventa essenziale per discernere ciò che è importanteda ciò che è inutile o accessorio. Una profonda rifles-sione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avve-nimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, avalutare, ad analizzare i messaggi; e ciò fa sì che si pos-sano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dandovita ad un’autentica conoscenza condivisa.»(Messaggio inpreparazione della 46^ Giornata delle comunicazioni sociali, che siterrà il 20 maggio 2012).

Mario Viscovi

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L’appuntamento delle famiglie cattoliche del mondointero con il Successore di Pietro avrà luogo a Milano,dal 30 maggio al 3 giugno 2012, sul tema «La Famiglia:il lavoro e la festa». Il lavoro e la festa sono intimamente collegati con lavita delle famiglie: ne condizionano le scelte, influen-zano le relazioni tra i coniugi e tra i genitori e i figli,incidono sul rapporto della famiglia con la società e conla Chiesa. La Sacra Scrittura (cfr Gen 1-2) ci dice chefamiglia, lavoro e giorno festivo sono doni e benedi-zioni di Dio per aiutarci a vivere un’esistenza piena-mente umana. L’esperienza quotidiana attesta che losviluppo autentico della persona comprende sia la di-mensione individuale, familiare e comunitaria, sia leattività e le relazioni funzionali, come pure l’aperturaalla speranza e al Bene senza limiti.Ai nostri giorni, purtroppo, l’organizzazione del lavoro,pensata e attuata in funzione della concorrenza di mer-cato e del massimo profitto, e la concezione della festacome occasione di evasione e di consumo, contribui-scono a disgregare la famiglia e la comunità e a diffon-dere uno stile di vita individualistico. Occorre perciòpromuovere una riflessione e un impegno rivolti a con-ciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli dellafamiglia e a ricuperare il senso vero della festa, special-mente della domenica, pasqua settimanale, giorno delSignore e giorno dell’uomo, giorno della famiglia, dellacomunità e della solidarietà.

Il prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie costi-tuisce un’occasione privilegiata per ripensare il lavoroe la festa nella prospettiva di una famiglia unita e apertaalla vita, ben inserita nella società e nella Chiesa, at-tenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economiadello stesso nucleo familiare.

L’evento, per riuscire davvero fruttuoso, non dovrebbeperò rimanere isolato, ma collocarsi entro un adeguatopercorso di preparazione ecclesiale e culturale.

Il VII Incontro Mondiale avrà, come i precedenti, unadurata di cinque giorni e culminerà il sabato sera conla «Festa delle Testimonianze» e domenica mattinacon la Messa solenne. Queste due celebrazioni, da mepresiedute, ci vedranno tutti riuniti come «famiglia difamiglie». Lo svolgimento complessivo dell’evento saràcurato in modo da armonizzare compiutamente levarie dimensioni: preghiera comunitaria, riflessioneteologica e pastorale, momenti di fraternità e di scam-bio fra le famiglie ospiti con quelle del territorio, riso-nanza mediatica...

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Il logo pone al centro l’immagine stilizzata del Duomo.Questa scelta da un lato identifica il luogo ove avverrà il VII Incontro mondiale delle famiglie, dall’altro sta arappresentare l’abbraccio di Maria Nascente alle famiglieche da tutto il mondo raggiungeranno Milano.La famiglia si staglia davanti alla cattedrale ed è la cattedrale stessa a racchiudere e definire le figure dellepersone.Ciò sta a rappresentare come la fede sia la guida affinché la famiglia possa sviluppare al suo interno tutti i valori cristiani e umani.Le linee che definiscono il Duomo richiamano alla menteanche il lavoro: paiono lo skyline di una città operosa, dove emergono le ciminiere di fabbriche nel pieno della loro attività.L’atteggiamento gioioso dei componenti della famiglia descrive un’occasione di festa, le braccia tese l’una versol’altra parlano di felicità e unione. E i colori che compongono la cattedrale disegnano unevento il cui orizzonte è il mondo intero.

VII Incontro Mondiale delle Famiglie(Milano, 30 maggio – 3 giugno 2012)

Riportiamo la maggior parte della lettera che Benedetto XVI ha inviato nel giugnoscorso al Card. Ennio Antonelli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia

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Cerchiamo allora di capire perché questa crisi econo-mica è il sintomo di un mondo che sta finendo, e comeuscirne. Per uscire da una crisi bisogna fare una diagnosi cor-retta, perché è come una malattia che corrompe un fi-sico sano, con un suo equilibrio. Purtroppo però diquesta crisi continuiamo a guardare gli effetti anzichéle cause. Continuiamo a dire che è dovuta all’eccessodi debito creato dalle banche negli ultimi 20 anni.

E invece?L’eccesso di credito fatto dal sistema bancario non èl’origine, ma la conseguenza della crisi, perché la veracrisi è il crollo delle nascite e di conseguenza il crollodello sviluppo sostenibile nel mondo occidentale, Eu-ropa e Stati Uniti. Del solo mondo occidentale, che peròè quello che ha guidato, ispirato e gestito l’economiamondiale negli ultimi 30 anni. Il debito allora è il modoin cui il mondo occidentale mantiene la crescita del-l’economia compensando il crollo delle nascite.

Il Papa parla di crisi morale alla radice della crisi eco-nomica.Infatti. L’aspetto morale che il Papa evidenzia è proprioqui, nel tentativo di far crescere il Pil senza fare figli.Nell’enciclica Caritas in Veritate, nel primo capitolo ilPapa cita le due encicliche sociali di Paolo VI, la Hu-manae Vitae e la Populorum Progressio.

La prima dice che senza la centralità della vita non sipuò fare niente, se l’uomo non è al centro, se la vitanon è considerata il principio di ogni cosa, nulla fun-ziona. Nella seconda, che l’uomo non può pensare allosviluppo solo in termini materialistici. Invece si è vo-luto mantenere la crescita del Pil facendo indebitare isistemi economici del mondo occidentale. Ma ripeto:questa è la conseguenza, l’origine è molto più profondae più importante.

Quindi, come se ne esce?Se io fossi un governante la mia prima domanda sa-rebbe: ma se questo è vero che cosa vuol dire per meriportare in sesto i conti e fare ripartire l’economia?Vuol dire ridurre il debito oppure creare le premesseper la crescita?Sono due cose completamente differenti. Tutti noi con-tinuiamo a guardare il debito e nessuno dice che perfar crescere il mondo occidentale bisogna tornare a farefigli e quindi bisogna sviluppare la famiglia, l’amore perla famiglia, l’amore per i figli, non solo spegnere il de-bito. Puoi spegnere il debito, ma il giorno dopo sei dac-capo. E comunque non puoi spegnere il debito se nonriattivi la crescita.

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La crisi economica continua ad essere un argomento di stretta attualità. Il 23 gennaioabbiamo avuto il piacere di ascoltare il dott. Andrea Crespi Bel’skij che ha tenuto uninteressante intervento sui vari aspetti del debito pubblico e privato, definito come«doping dell’economia occidentale».Come utile approfondimento, vi proponiamo ora l’intervista di Riccardo Cascioli aldott. Ettore Gotti Tedeschi, presidente dello Ior (Istituto di opere religiose, la Bancavaticana) e studioso di economia.Gotti Tedeschi ha le idee chiare su quanto sta avvenendo, sulla crisi economica incorso e su come uscirne: «Il mondo di ieri è finito, c’è un grande cambiamento epocalein corso, con un trasferimento di potere e di ricchezza fuori dall’Occidente che perdecenni ha governato il mondo. L’Occidente rischia di scomparire, deve reagire for-mando una grande area economica comune tra Europa e Stati Uniti».Riportiamo il testo apparso su La Bussola Quotidiana del 23 gennaio.

Fermare il declino dell'Occidente

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Il crollo delle nascite è un processo che va avanti damolto tempo in Occidente. Perché una crisi di questogenere scoppia ora?Per un motivo molto semplice. Negli ultimi 20 anniogni paese ha adottato una crescita a debito differente.In Europa – dove ci sono nazioni con forte vocazioneal welfare sociale – con il debito di Stato, che è inter-venuto direttamente nell’economia. Negli Stati Uniti,di tradizione liberista e perciò ostile al debito di Stato,si è fatta crescere l’economia per 15-20 anni con il de-bito privato delle famiglie. Ma tutti i debiti – che sianoprivati: delle famiglie, delle imprese, delle banche; op-pure dello Stato – tutti alla fine diventano debito diStato. Perché se le famiglie non pagano il mutuo e ri-portano la carta di credito in banca, salta la banca; sesalta la banca deve intervenire lo Stato come ha fattonegli Usa nazionalizzando di fatto le banche. Se io faccio crescere il sistema a debito attraverso leimprese o le banche e queste saltano, deve intervenirelo Stato. Quindi tutto, nel medio termine, diventa de-bito di Stato.Fino a ieri sui mercati c’era soltanto il debito con cuil’Europa ha finanziato pensioni, sanità, sostegno so-ciale, c’era un equilibrio consolidato tra domanda e of-ferta. Ma oggi, lo vediamo in questi giorni, i paesieuropei non riescono a collocare il loro debito sui mer-cati alla scadenza, e lo spread aumenta. Il motivo è che è successa una cosa nuova: a collocareil debito di stato ora ci sono anche gli Stati Uniti, per-ché gli Usa hanno sostenuto negli ultimi decenni lacrescita del Pil con il debito delle famiglie, ma quandole famiglie non hanno pagato, sono saltate le banche –vedi Lehman Brothers –, lo Stato interviene a salvarele banche e si indebita. Ma il debito dello Stato americano sul Pil significa con-frontare un debito sul più grande Pil del mondo, diecivolte quello italiano, poco meno del doppio di quelloeuropeo. Allora se il debito sul Pil passa negli ultimi 4anni dal 60 al 100% è come se aumentasse tutto il de-bito di tutta l’Europa. Questo debito, a parte quello so-stenuto dalla Fed emettendo carta moneta, è statocollocato sui mercati. Immaginiamo cosa è dunquesuccesso: una massa di debito americano così forte cheva sui mercati che tradizionalmente sottoscrivevanosolo quello europeo. Quindi si è squilibrata la domandae l’offerta del debito sovrano. Ecco allora la crisi dell’Europa, la Grecia in ginocchio,l’Italia in difficoltà. Il debito americano vale più del no-stro, perché hanno svalutato il dollaro, danno dei tassiinteressanti ma soprattutto hanno accordi con lo Statopiù grande del mondo. La Cina preferisce sottoscrivereil debito americano piuttosto che quello europeo per-ché gli Stati Uniti comprano i prodotti cinesi. È comesostenere la vendita dei propri prodotti agli Usa.

Se la causa vera della crisi è il crollo demografico, èevidente quale dovrebbe essere la risposta. Che però,

anche se venisse – e non sembra che i governi nesiano coscienti – sarebbe una risposta dai tempi lun-ghissimi. Ma nel breve termine cosa si dovrebbe fare?L’Europa anzitutto deve recuperare il gap, il divario chela separa dagli Stati Uniti, e che riguarda soprattutto illavoro. C’è una differenza di produttività intorno al25%, che si può recuperare solo attraverso delle ri-forme radicali per rendere la struttura economicameno costosa e più produttiva. Più elasticità nel mondodel lavoro e meno rigidità conseguente, meno relazionisindacali che proteggono, meno stato assistenziale.Dobbiamo ridurre i costi di un sistema che per decenniè stato assistenziale, costosissimo. E dobbiamo farlo inbrevissimo tempo.

Basterebbe?Bisogna avere coscienza che ormai l’ordine economicomondiale è cambiato. L’Occidente sta rischiando diconcludere la sua guida del mondo. Su 7 miliardi diabitanti nel mondo, Europa e Stati Uniti ne contanomeno di un miliardo. Il futuro è nella crescita dell’Asia, persino dell’Africa edell’America Latina perché sono paesi più disponibili aessere produttivi, più disponibili al sacrificio, al lavoro,alla produttività. Noi siamo paesi costosi. Negli ultimi 20 anni non fa-cendo figli, rifiutandoci egoisticamente di crescere ilnumero della popolazione in Occidente, abbiamo cam-biato drammaticamente la struttura delle nostre eco-nomie. Per far crescere il Pil siamo diventati semprepiù consumatori e sempre meno produttori, condan-nando l’altra parte del mondo a produrre a basso costo,e con consumi ridotti. Ma questo è un sistema insostenibile, per farlo abbiamodistrutto il risparmio: in Italia, negli anni ’70 si rispar-miava tra il 25 e il 30% del reddito, oggi siamo scesisotto il 5%. Avendo stabilito una crescita economicafalsata a debito, senza crescita reale della popolazione,noi abbiamo fatto lievitare in maniera drammatica icosti fissi, ovvero i costi sociali, i costi dello Stato.Come li abbiamo assorbiti questi costi? Aumentando letasse. Nel 1975 il peso delle tasse sul Pil era il 25%, oggiil 50.

L’Occidente rischia di scomparire, ma è diviso al suointerno. Stati Uniti ed Europa appaiono in concor-renza fra di loro, come anche emerge dal quadro fattoa proposito del debito.Ci si deve rendere conto che il problema non riguardasolo una parte, ma tutto il mondo occidentale: StatiUniti ed Europa devono creare un’area unica con criteridi omogeneità. Insieme hanno un Pil che vale la metàdel Pil mondiale, ci si deve sostenere per uscire insiemedalla crisi, formare un’area comune con dei criteri dicoordinamento economico. Ripeto: oggi siamo difronte a un grande cambiamento epocale, il mondo diieri è finito, assistiamo a un trasferimento di potere e

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Fermare il declino dell'Occidente

di ricchezza fuori dall’area che per 30-40 anni ha go-vernato il mondo. L’Occidente deve reagire in modo equilibrato tenendoconto che sta rischiando di scomparire, di non contarepiù nulla. L’Occidente è importante perché ha svilup-pato un sistema di crescita, di equilibrio, di crescita nelmondo che nasce sulle radici cristiane. Quando finiràquesto, quali saranno le altre radici culturali su cui siformerà un modello di controllo e di potere econo-mico?

Lei pone quindi anche un problema culturale. Ma nonè culturale anche il problema demografico? In fondofare famiglia, mettere al mondo dei figli non dipendeprimariamente da questioni economiche, ci voglionomotivazioni che vengono prima.Questo è vero, ma cultura ed economia si influenzanoa vicenda, è difficile dire cosa viene prima. Prendiamoad esempio la cultura neo-malthusiana, che continuaa essere presente da 200 anni, da quando Malthusscrisse i suoi Princìpi, che hanno poi ispirato ancheDarwin e la sua teoria sulla selezione della specie (de-dicò il suo libro a Malthus). Quelli malthusiani sonoprincìpi di carattere economico secondo cui la popola-zione mondiale rischia di morire di fame se nasconotroppi figli. I neomalthusiani degli anni ’70-’80 del XX secolo,quelli riuniti attorno al Club di Roma predissero cheattorno al 2000 o addirittura prima, centinaia di mi-lioni di persone sarebbero morte di fame in Asia se lapopolazione avesse continuato a crescere con queiritmi. Questo è un criterio economico che ha creatoimmediatamente un effetto “palla di neve”, una seriedi reazioni di carattere culturale. Come si fa a limitare le nascite? Sicuramente con i con-traccettivi ma anche con la distribuzione di una cul-tura: prima di tutto con l’ostilità per i nuovi nati,potenziali inquinatori, ed ecco la saldatura con il mo-vimento ecologista: più bambini nascono più si inquinaperché aumenta la domanda, aumentano i bisogni,quindi più produzione e di conseguenza più inquina-

mento. Poi l’infatuazione femministica, il ruolo delladonna che deve essere migliore, superiore all’uomo, di-ritto-dovere di lavorare e quindi se fai una cosa non nefai un’altra. Quindi è diventata una cultura, ma all’origine c’è lateoria malthusiana che è economica. Che a sua voltaperò è stata probabilmente ispirata da princìpi controla vita, da una visione che riduce l’uomo ad animale in-telligente fatto di carne ma non di spirito.Al contrario la Populorum Progressio dice che lo svi-luppo economico non può essere solo materialistico,l’uomo non è solo animale intelligente che si soddisfaeconomicamente. Quindi bisogna equilibrare i suoi bi-sogni spirituali, e di conseguenza le sue esigenze di af-fetto, di vocazione verso le cose importanti, comesposarsi e mettere al mondo figli.

Certo che ricominciare oggi un processo che sovvertala mentalità anti-natalista in cui siamo immersi nonè semplice…Eppure, guardi, che ci sono indagini statistiche che evi-denziano come la maggior parte delle coppie, anche inEuropa, desidererebbe avere più figli di quelli che ef-fettivamente hanno. La verità è che le persone hanno la vocazione verso unaforma naturale di sopravvivenza: famiglia e figli, unavocazione che non si realizza per paura o per intrinseciproblemi economici o per cultura, per abitudine. Infondo basterebbe che i governi concedessero sgravi eincentivi fiscali per la formazione delle famiglie e l’edu-cazione dei figli, per avviare un circolo virtuoso. Dalmomento in cui una persona si sposa pensa in terminidi crescita della sua famiglia e dei suoi figli, quindi siimpegna di più. Se si avvia il ciclo di formazione di una famiglia con laprevisione di fare figli, le persone si impegnano di più,producono di più, risparmiano di più, creano una basemonetaria forte per il sistema bancario. Questo generauna crescita dell’economia, non il consumismo fine ase stesso, che tra l’altro non serve a molto anche perchéil 60% dei beni che consumiamo li importiamo.

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