A tutto sesto n.16

5
Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] Mario e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected] La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canone classico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, e in ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità. a tutto sesto note di informazione per gli amici del sesto piano 16 febbraio 2011 SU QUESTO NUMERO Alpinisti italiani sul Caucaso Introduzione al Caucaso Perché giornali e TV non ne parlano mai? EDITORIALE Il Catechismo breve di san Pio X alla domanda: Per- ché Dio ci ha creato? risponde semplicemente: Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo poi nell’altra in Paradiso. Il modo più pratico per cominciare a conoscerlo è leggere con attenzione ciò che Egli ci ha rivelato per mezzo della Sacra Scrittura e in particolare con il Nuovo Testamento. Dedicare pochi minuti ogni giorno a questa piccola norma è garanzia di avanzamento nella conoscenza di Dio e della sua volontà nei riguardi di ciascuno. Conviene provvedersi di una edizione del NT (possi- bile che in casa di battezzati il Vangelo rimanga solo nello scaffale?) che sia collaudata dalla Chiesa e dotata di un buon commento e portarsela poi appresso, in caso di spostamenti, per non omettere, neppure un giorno, questa buona abitudine; essa ci aiuterà a retti- ficare le intenzioni del nostro agire per essere coerenti come cristiani. Mario Viscovi L’ ARTE DIFFICILE DELLA SEMPLICITÀ Il lessico abituale tende a confondere una persona sem- plice con una persona sempliciotta, dunque senza grandi qualità. Ma è facile accorgersi che si tratta di un’interpre- tazione errata. La semplicità è veramente una dote preziosa. Tanto per cominciare non ha alcuna relazione con il livello di istru- zione, né con l’appartenenza a un determinato ceto so- ciale. La semplicità è disarmante, è trasparente: chi è semplice è coerente, senza distinzione tra pensiero e comportamento. È piacevole incontrare una persona semplice, suscita istintivamente simpatia e conquista la nostra confidenza. Al contrario è facile e sempre sgradevole imbattersi in persone complicate, cioè pedanti, polemiche, ipocrite, con le quali bisogna stare attenti a tutte le parole che pro- nunciamo. Una persona complicata trova sempre qualche retropensiero (inesistente) e e si sente coinvolta in un gi- gantesco complotto. C’è poi la complicazione di un certo mondo politico ma anche accademico o «intellettuale» che si esprime in un modo incomprensibile per nascondere il fatto che non sa di cosa stia parlando. Secondo un noto esperto di comu- nicazione sul web, la complicazione «è una sorta di in- quinamento intellettuale che annebbia il pensiero. La complicazione non è un segno di intelligenza, ma piut- tosto il segno di una mente iperattiva affetta da bulimia. Il vero genio e la grande qualità stanno nella capacità di trasformare un problema complesso in una soluzione semplice e concretamente efficace» Italo Maria Mannucci

description

Notiziario per gli amici

Transcript of A tutto sesto n.16

Page 1: A tutto sesto n.16

Italo e Paola Mannucci, telefono e fax 02 4151880, [email protected] e Santina Viscovi, telefono e fax 02 4151596, [email protected]

La volta a tutto sesto produce un semicerchio perfetto, con un canoneclassico che è del mondo greco–romano poi di quello rinascimentale, ein ogni caso simbolo di una italianità che vuol dire semplicità e solidità.

a tutto sesto note di informazioneper gli amici del sesto piano

16 febbraio 2011

SU QUESTO NUMERO

Alpinisti italiani sul Caucaso

Introduzione al Caucaso

Perché giornali e TV non ne parlano mai?

EDITORIALE

Il Catechismo breve di san Pio X alla domanda: Per-ché Dio ci ha creato? risponde semplicemente: Dio ciha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questavita e per goderlo poi nell’altra in Paradiso.

Il modo più pratico per cominciare a conoscerlo èleggere con attenzione ciò che Egli ci ha rivelato permezzo della Sacra Scrittura e in particolare con ilNuovo Testamento. Dedicare pochi minuti ogni giornoa questa piccola norma è garanzia di avanzamento nellaconoscenza di Dio e della sua volontà nei riguardi diciascuno.

Conviene provvedersi di una edizione del NT (possi-bile che in casa di battezzati il Vangelo rimanga solonello scaffale?) che sia collaudata dalla Chiesa e dotatadi un buon commento e portarsela poi appresso, incaso di spostamenti, per non omettere, neppure ungiorno, questa buona abitudine; essa ci aiuterà a retti-ficare le intenzioni del nostro agire per essere coerenticome cristiani.

Mario Viscovi

L’ARTE DIFFICILE DELLA SEMPLICITÀ

Il lessico abituale tende a confondere una persona sem-plice con una persona sempliciotta, dunque senza grandiqualità. Ma è facile accorgersi che si tratta di un’interpre-tazione errata.

La semplicità è veramente una dote preziosa. Tanto percominciare non ha alcuna relazione con il livello di istru-zione, né con l’appartenenza a un determinato ceto so-ciale. La semplicità è disarmante, è trasparente: chi èsemplice è coerente, senza distinzione tra pensiero ecomportamento. È piacevole incontrare una personasemplice, suscita istintivamente simpatia e conquista lanostra confidenza.

Al contrario è facile e sempre sgradevole imbattersi inpersone complicate, cioè pedanti, polemiche, ipocrite,con le quali bisogna stare attenti a tutte le parole che pro-nunciamo. Una persona complicata trova sempre qualcheretropensiero (inesistente) e e si sente coinvolta in un gi-gantesco complotto.

C’è poi la complicazione di un certo mondo politico maanche accademico o «intellettuale» che si esprime in unmodo incomprensibile per nascondere il fatto che non sadi cosa stia parlando. Secondo un noto esperto di comu-nicazione sul web, la complicazione «è una sorta di in-quinamento intellettuale che annebbia il pensiero. Lacomplicazione non è un segno di intelligenza, ma piut-tosto il segno di una mente iperattiva affetta da bulimia.Il vero genio e la grande qualità stanno nella capacità ditrasformare un problema complesso in una soluzionesemplice e concretamente efficace»

Italo Maria Mannucci

Page 2: A tutto sesto n.16

2

Nel gennaio 2010 l’Onu ha lanciato un grido d’al-larme nel suo World Population Ageing 2009 (la popo-lazione del mondo invecchia): per la prima volta nellastoria, entro il 2045 le persone sopra i 60 anni supere-ranno i bambini, perchè crescono del 2,6% all’anno, trevolte più velocemente rispetto alla crescita normaledella popolazione.

Tale invecchiamento accomuna sia i Paesi ricchi chequelli in via di sviluppo. Nella maggioranza degli Statial mondo gli abitanti diminuiscono, cioè ci sono piùanziani che bambini. La Cina – che per legge ha sposatola politica del figlio unico – sperimenta le tremende ri-percussioni sociali che tale scelta suicida provoca: oggimancano in Cina milioni di donne in età di matrimo-nio, poiché tutte le coppie volevano il figlio maschio ele bambine venivano e vengono eliminate alla nascita!

Il documento del Palazzo di Vetro segnala come ildrammatico crollo demografico dell’umanità avrà con-seguenze molto gravi in campo sociale ed economico.Cioè ci saranno meno soldi per il welfare, meno per lepensioni, meno per la sanità e per curare gli anziani.

Benedetto XVI segnala al n.28 della Caritas in veri-tate come la questione demografica influisce sullo svi-luppo: «L’apertura alla vita è al centro del vero sviluppo.Quando una società s’avvia verso la negazione e la sop-pressione della vita, finisce per non trovare più le mo-tivazioni e le energie necessarie per adoperarsi aservizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensi-bilità personale e sociale verso l’accoglienza di unanuova vita, anche altre forme di accoglienza utili allavita sociale si inaridiscono. L’accoglienza della vita tem-pra le energie morali e rende capaci di aiuto reciproco».L’ideologia anti-natalista degli organismi dell’Onu stadando i suoi frutti di morte.

Tutti ricordiamo come 30-40 anni fa si parlava di«boom demografico» e di un’Italia che «soffocava» peri troppi bambini. Fare meno figli era considerato bene-fico per la società e circolava lo slogan: «Meno figli piùsviluppo». Oggi l’Onu dice esattamente il contrario: piùfigli e più sviluppo, più produzione di ricchezza! Ma al-lora, aveva ragione Paolo VI con la sua Humanae Vitae(nel 1968), enciclica attaccata da una canea di voci ab-baianti e offensive, provenienti anche dall’interno delmondo cattolico. Pare proprio di sì. Insomma, dob-biamo augurarci di avere lunga vita, per vedere che iPapi avevano ragione. Meglio crederci subito, fin dal-l’inizio.

La nostra Italia è uno dei Paesi che più soffrono perla scarsa natalità. Secondo i dati Istat del 2008 il nostro

Paese ha un tasso di fertilità di 1,37 figli per donna,mentre il livello minimo per assicurare almeno la pa-rità fra nati e morti è di 2-2,1 figli.

Nessun Paese europeo ha queste nascite, solo la Fran-cia registra 2 figli per donna, grazie alle molte politichedi sostegno della maternità fatte dai vari governi findagli anni Settanta. I Paesi scandinavi e l’Irlanda sonoad un livello leggermente inferiore. Proprio per lescarse nascite, gli abitanti del nostro Paese aumentanosolo perché abbiamo circa tre milioni di «terzomon-diali» tra noi che hanno un alto tasso di fertilità. Nel2009, sempre secondo l’Istat sono nati in Italia 80.000bambini di immigrati su 560.000. Anche se fra loro sinota una progressiva diminuzione delle nascite, manmano che si integrano nella nostra società e culturadominante.

Il demografo Gian Carlo Blangiardo, ordinario di de-mografia all’Università di Milano Bicocca, afferma che(Avvenire, 1 ottobre 2010) ci vogliono sostanziose po-litiche a sostegno della famiglia e della natalità, percambiare questa tendenza suicida: occorrono 16 mi-liardi di Euro, anche investiti gradualmente, e il go-verno deve trovarli, spiegando agli italiani perché develimitare altre spese. Infatti c’è «il rischio per l’Italia diun punto di non ritorno». E spiega: «Quando in Italia nascevano un milione dibambini l’anno, 25 anni dopo c’erano mezzo milionedi madri potenziali. Tra 25 anni le madri potenziali sa-ranno 250.000. O faranno quattro figli ciascuna, manon credo, oppure, anche con le migliori politiche pro-durremo numeri inconsistenti».

Mi chiedo: perché questo tema non viene mai o quasimai discusso, studiato, commentato in giornali e tele-visioni? Le «culle vuote», che nel 2004 il PresidenteCiampi aveva definito «la più grande disgrazia dell’Ita-lia oggi», è semplicemente ignorato. Forse perché è untema scomodo. Bisognerebbe infatti anche parlare diquanti bambini italiani in meno nascono in Italia acausa dell’aborto e del divorzio, le due nefaste leggi sui-cide del nostro popolo e della nostra Italia. Ma anchequesto è un argomento tabù.

padre Piero Gheddo (da ZENIT.org)

Perché giornali e TV non ne parlano mai?

Page 3: A tutto sesto n.16

Negli ultimi anni, in particolare dopo la dissoluzionedell’Unione Sovietica, il Caucaso ha iniziato ad attrarrecon sempre maggiore intensità l’attenzione internazio-nale. Tuttavia, la recente rilevanza geopolitica diquest’area non dovrebbe farne dimenticare la com-plessa dimensione storica e culturale.

Il Caucaso, la vasta regione montuosa che occupa lospazio compreso tra il Mar Nero ed il Mar Caspio, è in-fatti una delle aree culturalmente più antiche e com-plesse del mondo ed occupa un posto di rilievonell’immaginario europeo, di derivazione sia biblicache classica. Pensiamo all’Ararat, il monte di Noé, sim-bolo della terra armena. Oppure all’avventura degli Ar-gonauti in cerca del Vello d’Oro, in Colchide, vale a direnella regione costiera dell’attuale Georgia; o ancora altitano Prometeo incatenato su un’alta vetta del Cau-caso per aver osato sfidare la collera degli dèi. Proprionell’opera eschilea Prometeo incatenato, scritta in-torno alla metà del V secolo a.C., compare per la primavolta il termine Caucaso, la cui etimologia è comunqueincerta.

Questa connessione tra la Grecia antica ed il Caucasonon deve sorprendere. Dumézil, che nei suoi studi hadedicato un’attenzione particolare al Caucaso, parlavadi « ...una cultura in passato comune all’insieme dei

3

Introduzione al Caucaso

popoli della pianura del Sud-Est europeo e delle spondedel Mar Nero». Al tempo stesso il Caucaso è stato alungo per i Greci e per gli altri popoli del Mediterraneouno spazio liminare, una « ... terra incognita, dove po-tevano coabitare fatto e finzione, antico e moderno».

Pur essendo relativamente nota a Greci e Romani,poi anche ai Bizantini (e agli Arabi), questa regione co-stituiva in effetti una sorta di estrema frontiera cultu-rale e psicologica, oltre che geografica, del mondoconosciuto. Così, per esempio, nella mappa mundi del monasterodi Ebstorf, nella Bassa Sassonia, eseguita intorno al1235, a nord-est dell’Armenia è raffigurata una lungacatena montuosa, evidentemente il Caucaso, dietro allaquale – dice la legenda della mappa – si trovano le

Il prof. Aldo Ferrari del Dipartimento di Studi sull'Asia e sull'Africa Mediterranea dell’Università di Venezia ha tenuto una conversazione per i nostri amici sulla storia e l’attualitàdelle regioni caucasiche tra Turchia e Russia. Vi proponiamo una sua breve introduzione all’argomento.

Page 4: A tutto sesto n.16

4

«duas gentes immundas Gog et Magog quas comiteshabebit Antichristus».

Oltre il Caucaso sono dunque rinserrati i popoli del-l’Anticristo, connessi con le profezie escatologiche diEzechiele 38-39 (dove Gog è re del paese di Magog) eApocalisse 20,7-10 («Quando i mille anni sarannocompiuti, Satana sarà liberato dal suo carcere e usciràper sedurre le nazioni ai quattro punti della terra, Goge Magog, per adunarli per la guerra»), ma anche conle tradizioni su Alessandro Magno, secondo le quali ilgrande conquistatore dell’Oriente avrebbe racchiusodelle popolazioni barbare al di là delle Porte del Caspio(o del Caucaso).

Parlando del regno di Georgia, Marco Polo scrive:«...quivi fece fare Alessandro una torre con gran for-tezza, perché coloro non potessono passare per veniresopra lui, e chiamasi la porta del ferro. E questo è loluogo che dice il libro di Alessandro ... » (cap. XVII).

Ma non è solo nella tradizione europea che il Caucasoha questo ruolo d’antemurale, se nella sura XVIII delCorano si racconta di come Alessandro vi abbia co-struito una grande barriera («Gog e Magog non riusci-rono a scalare lo sbarramento né a forarlo»).

Nell’immaginario delle popolazioni europee e vicino-orientali, tanto cristiane quanto musulmane, il Cau-caso è quindi fortemente connotato come un confineestremo, un argine costantemente minacciato da po-polazioni leggendarie, ma in realtà modellate sui no-madi provenienti dalle steppe eurasiatiche.

Il dato cruciale della storia del Caucaso è infatti l’avercostituito per millenni una frontiera tra questi popolie le civiltà stanziali del Vicino Oriente. Una frontieraimpervia, ma non certo invalicabile, attraversata infi-nite volte da invasori che costringevano gli sconfitti arifugiarsi nelle zone più alte e inaccessibili della re-gione. Si è creato così un crogiolo di tradizioni, popolie lingue, troppo complesso per costituire un spazio po-litico unitario, ma anche per essere dominato durevol-mente dall’esterno.

Tanto gli imperi del Vicino Oriente quanto quelli dellesteppe eurasiatiche non hanno potuto esercitare cheun controllo parziale e temporaneo sul Caucaso. Sol-tanto la conquista russa, a partire dalla fine del XVIIIsecolo, ha inserito l’intero spazio caucasico in un unicosistema politico, ricreatosi mutatis mutandis in epocasovietica.

Dopo il crollo dell’URSS il Caucaso è tornato a divi-dersi: la parte settentrionale fa ancora parte della Fe-derazione Russa, nonostante la violenta guerra inCecenia, mentre le tre repubbliche del Caucaso meri-dionale (Georgia, Armenia e Azerbaigian) sono dive-nute indipendenti.

L’intersezione dei conflitti etnici interni con lo scon-tro di interessi esterni rende l’area caucasica una delleregioni più conflittuali del panorama internazionale,conferendole una rilevanza politica assai maggiore diquanto avvenisse in passato. Per l’Europa, in particolare, il Caucaso è quindi dive-nuto una frontiera tanto fondamentale per la sua rile-vanza strategica ed economica quanto problematica acausa della sua instabilità. Dopo un periodo di incertezza, l’Europa sembra avernedi recente preso definitivamente coscienza. L’inseri-mento, nel 2004, di Georgia, Armenia e Azerbaigiannella Politica Europea di Prossimità, primo passo versoun loro – non certo prossimo – ingresso nell’UnioneEuropea, ne costituisce un segnale chiaro.

Il futuro dell’intera regione, prossima e lontana altempo stesso, rimane però molto incerto, come dimo-strano la guerra russo-georgiana dell’agosto 2008, lamancata soluzione dei conflitti etno-territoriali (Ab-khazia, Ossetia meridionale, Alto Karabakh) e il perma-nere della conflittualità nel Caucaso settentrionale.Sarebbe davvero auspicabile che la posizione strategicadi questa regione cessi di farne una faglia di conflitto edivenga invece presupposto di sviluppo.

Aldo Ferrari

Antichi tessuti caucasici

Page 5: A tutto sesto n.16

Il Caucaso centrale, grandioso gruppo di ardite montagne,comprendente oltre un centinaio di cime non inferiori ai quat-tromila metri e cinque superiori ai cinquemila, fra le qualil’Elbrus (5642 m), massima vetta dell’intera catena, ha vistospesso protagonisti gli alpinisti italiani. Dobbiamo ricordarlicon ammirazione perchè le prime esplorazioni avvennero condifficoltà quando il solo viaggio di avvicinamento risultavacomplicato e avventuroso.

Già nel 1887 Roberto Lerco con due compagni compiva laterza ascensione dell’Elbrus e la seconda del Kasbek per unavia nuova.Ma occorre segnalare soprattutto il biellese Vittorio Sella chedurante le tre campagne nel Caucaso Centrale del 1889,1890e 1896 riuscì a scattare una serie di celebri fotografie. L’alta qualità delle foto di Vittorio Sella è in partedovuta al suo utilizzo di lastre fotografiche da30x40 cm, nonostante le difficoltà che compor-tava il trasporto del relativo equipaggiamento,pesante e fragile, in luoghi disagevoli.

La documentazione riportata e i risultati scientifici ottenutigli valgono la Croce di Cavaliere dell'ordine di Sant’Anna con-feritogli dallo zar Nicola II e il premio Murchison della RoyalGeographical Society di Londra.

Un altro italiano che ha legato per sempre il suo nome alCaucaso è il milanese Vittorio Ronchetti (1874-1944) che visseanimato da due grandi passioni; la montagna e la medicina.Si era infatti laureato nel 1897 a Torino con una tesi sulla curadell’infezione tifoide, e nel 1912 aveva ottenuto per concorsola nomina a primario nell’Ospedale Maggiore di Milano.

Fu probabilmente la visione delle fotografie di Sella a farglinascere il desiderio di inoltrarsi in quelle splendide e quasiignote vallate. Trovò un compagno nel collega medico Ferdi-nando Colombo, disposto come lui a dedicare le ferie del lu-glio 1907 a una prima spedizione al Kasbek (5043 m). Il maltempo li bloccò alla capanna Yermoloff per dieci giorni,e dovettero accontentarsi della prima ascensione al Triple Peak(3965 m). Ma il «mal di Caucaso» aveva ormai contagiato Ron-chetti; ci torna nel 1908 e ancora nel 1909 e nel 1910. Infine, nel 1913, insieme al tedesco Adolf Burdensky e allaguida Schivalocchi, vive una pericolosa avventura. A pochidecine di metri dalla vetta dello Uilpata-tau (4647 m) Burden-sky è colpito dal mal di montagna. Da buon medico, Ronchettisi rende conto del grave rischio del compagno, riuscendo asalvarlo; ma ciò a costo di trascurare se stesso, riportandoneun grave congelamento al piede che gli deve essere amputatoal rientro in patria.

Alla sua morte, lasciò alla Sezione di Milano del Club Alpinoil suo prezioso archivio fotografico con migliaia di scatti e ladocumentazione sul Caucaso raccolta in lunghi anni di ricer-che. Si tratta di una cinquantina di pezzi fra libri, opuscoli,estratti di riviste, carte topografiche, la maggior parte dei qualiin russo o in georgiano, e in caratteri cirillici; ma anche in in-glese e in tedesco. Gli anni di pubblicazione variano fra il 1897e il 1916, il che fa supporre che Ronchetti sia rimasto in con-tatto con studiosi del Caucaso anche dopo l’incidente del 1913che lo costrinse alla rinuncia, e almeno fino alla rivoluzionedel 1917. Notevoli e rari dal punto di vista storico gli annuarie bollettini delle varie associazioni alpinistiche locali deltempo: la Società Alpina Caucasica, il Club Alpino Russo, ilClub Alpino di Crimea e del Caucaso.

Infine possiamo ricordare che nel 1929 si svolse nel Caucasouna spedizione milanese condotta da Leopoldo Gasparotto eUgo di Vallepiana. Il risultato principale fu la scalata alla vettavergine del Ghiulci (5629 m), l’ultima delle vette principali delCaucaso centrale ancora inviolata. Gasparotto compì anche laprima salita dell’Elbrus con gli sci . ‰

verso l’Abkhazia: il colle Dongusorun.

1889

Alpinisti italiani sul Caucaso

5

L’Ushba (4710 m)detto anche

il Cervino del Caucaso

Vittorio Sella

Ronchetti (a destra) con due portatori al Trsi.pass il 17 luglio 1907