a Settimana Musicale Senese 10-17 luglio 2014 · Verano Porteño Otoño Porteño Invierno Porteño...

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71 a Settimana Musicale Senese 10-17 luglio 2014 SPECCHI Istituita dal Conte Guido Chigi Saracini nel 1932 Eretta in Fondazione con Decreto Presidenziale del 17 ottobre 1961 Siena 14 luglio

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71a Settimana Musicale Senese10-17 luglio 2014

SPECCHI

Istituita dal Conte Guido Chigi Saracini nel 1932Eretta in Fondazione con Decreto Presidenziale del 17 ottobre 1961

Siena

14 luglio

Siena

PresidenteAntonella Mansi

VicepresidenteVittorio Carnesecchi

Direttore artisticoAldo Bennici

Direttore amministrativoAngelo Armiento

Consiglio di AmministrazioneDonatella Capresi Fondazione Monte dei Paschi di SienaVittorio Carnesecchi Rettore Società Esecutori Pie DisposizioniMaria Elisabetta Cuccia Provincia di SienaStefano Fabbri Fondazione Monte dei Paschi di SienaEnrico Granata Fondazione Monte dei Paschi di SienaStefano Jacoviello Comune di SienaDanilo Lombardi Comune di SienaMichele Napolitano Ministero Beni e Attività CulturaliAlessio Rosati Fondazione Monte dei Paschi di SienaDa nominare Regione Toscana

Collegio dei revisori dei contiEffettiviMarco Baglioni Fondazione Monte dei Paschi di SienaFabio Coviello Ministero Beni e Attività CulturaliPompilio Romano Comune di SienaSupplentiDonatella Gavioli Ministero Beni e Attività CulturaliLucia Mangani Fondazione Monte dei Paschi di Siena

Assistente del Direttore artisticoe Responsabile della BibliotecaCesare Mancini

Capo servizio attività didattiche e artisticheCarla Bellini

Capo servizio segreteria amministrativaMaria Rosaria Coppola

LA 71a SETTIMANA MUSICALE SENESE: QUANDO LA TRADIZIONE POPOLARE E LA MUSICA COLTA

S’INCONTRANO

Aldo BenniciDirettore artistico dell’Accademia Musicale Chigiana

Da tempo accarezzavo l’idea di poter organizzare proposte musicali che stabilissero confronti e dialoghi fra la musica etnica e quella colta, solleticato in ciò dalla mia personale esperienza di musicista vissuta accanto a Luciano Berio. L’occasione è arrivata, del tutto inaspettata, quando, dopo aver deciso di concludere la mia carriera pluriennale di Direttore artistico dell’Accademia Chigiana, mi è stato chiesto di mettere a frutto ancora una volta la mia lunga esperienza di organizzatore musicale per fronteggiare un momento particolarmente difficile nella vita stessa della Chigiana, e disegnare (in poco tempo e con risorse economiche assai contenute rispetto ad una volta) la programmazione della Settimana Musicale Senese e dell’Estate Musicale Chigiana.L’intenzione di avvicinare quei due ambiti musicali, abbattendo così ogni sorta di confine, è diventata predominante, e poteva essere estesa, come un filo rosso, all’intero calendario degli appuntamenti della Settimana Musicale. Nasce così Specchi, il titolo che raccoglie le manifestazioni della Settimana Senese 2014: occasioni dove la tradizione musicale tramandata per via orale e di ogni provenienza geografica si confronta con i grandi classici, dando vita a un gioco continuo di corrispondenze e di cambi di prospettiva, proprio come i continui riflessi che movimentano la superficie di uno specchio. In questo trova anche nuova affermazione il mio personale amore per l’etnomusicologia, disciplina che, del resto, proprio all’Accademia Chigiana ebbe, anni fa, una sua particolare autorevolezza didattica grazie alle cattedre tenute da due illustri studiosi come Diego Carpitella e Roberto Leydi.Il gioco dei raffronti e delle differenti angolazioni è affermato fin dalla serata inaugurale, che avvicina le musiche di scena per l’Arlésienne di Bizet a quelle (appositamente commissionate dalla Chigiana, e in prima esecuzione assoluta) per Blanquette di Azio Corghi: queste ultime basate su un racconto di Alphonse Daudet presente in quelle stesse Lettres de mon moulin seguite da Bizet nel suo capolavoro. Uno stesso testo visto nello specchio musicale della contemporaneità, secondo un’operazione che conferma, ancora una volta, l’attenzione delle programmazioni chigiane alla musica del nostro tempo.Il concerto intitolato Santi e santini vuol far riflettere su come l’esigenza di spiritualità, da sempre insita nell’uomo, possa esprimersi con pari intensità

sia nella quotidianità semplice del canto popolare sia nell’universalità ‘alta’ del capolavoro conclamato. Ascolteremo così le espressioni di fede intonate nei canti sacri della tradizione sarda, accanto a quelle, raccolte e non di rado imbevute di gusto operistico, dello Stabat Mater di Boccherini.È ancora la tradizione popolare, stavolta quella di alcune canzoni sefardite, ad essere vista con gli occhi della contemporaneità in Juego de Siempre di Betty Olivero, compositrice israeliana fortemente legata all’Italia, avendo vissuto a Firenze ai tempi dei suoi studi con Berio. Questa pagina è messa a fianco di un’antologia di antiche canzoni spagnole raccolte e armonizzate da Federico García Lorca: omaggio, questo, alla figura del conte Guido Chigi Saracini, che acquistò una delle prime edizioni della raccolta. Il volume è oggi conservato nella Biblioteca dell’Accademia. Visioni andaluse: ecco dunque il titolo del concerto.Ravvicinamenti testimonianza di innovazioni sono poi quelli che caratterizzano l’appuntamento con i Solisti di Pavia ed Enrico Dindo, protagonisti di un viaggio fra Weimar e Mar del Plata: da una parte Carl Philipp Emanuel Bach, secondogenito di Johann Sebastian, nella cui musica avanza un’espressività moderna e che punta al pieno coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore. Dall’altra, Astor Piazzolla, che riesce sempre a dare il colore del tango anche nelle ‘altre’ musiche, e che alla tradizione del tango dà una nuova dignità artistica, fatta di significati malinconici e sensuali.La proposta di Naturale di Berio assieme ad alcuni canti della tradizione siciliana è la testimonianza, affettuosa e sentita, dei miei legami personali con la terra che mi ha visto nascere e con la figura di un grande amico musicista. Quei canti di mare, quelle abbagnate (le prolungate esclamazioni dei venditori ambulanti), furono da me personalmente raccolti. Berio ne rimase letteralmente affascinato. Nacquero Voci, e poi Naturale, dove la viola commenta quel tessuto di canti popolari registrati, da me tenuto a battesimo ed eseguito infinite volte. Un tocco di autenticità, nella seconda parte della serata, sarà assicurato dalla presenza dell’attore-cantante Maurizio Sazio, che ci offrirà le atmosfere di quei canti con la schiettezza e l’intensità di un antico cantastorie.I ritmi sfrenati della tarantella, filtrati dalle riappropriazioni colte di Stravinskij, Beethoven, Szymanowski e Sarasate, si sposano infine alla gestualità altrettanto scatenata della pizzica (che ne è la variante più tipicamene salentina), per scandire l’appuntamento conclusivo della Settimana Musicale Senese. Edoardo Zosi, violinista già allievo dell’Accademia Chigiana, e l’Orchestra Popolare Italiana con Ambrogio Sparagna si avvicenderanno per una conclusione dalle atmosfere trascinanti e festose, dove la tradizione popolare non s’intimidisce accanto alle note della musica colta. Linguaggi diversi che trovano così una loro dimensione comune.Anche perché ho sempre amato la musica. Tutta.

Lunedì 14 luglioChiesa di Sant’Agostino

ore 21.15

weimar-mar del plata

Lunedì 14 luglioChiesa di Sant’Agostino

ore 21.15

weimar-mar del plata

Carl Philipp Emanuel BachWeimar 1714 - Amburgo 1788

Sinfonia n. 3 in do magg. Wq 182 n. 3Allegro assai

AdagioAllegretto

Concerto in la maggiore per violoncello e archi Wq 172

AllegroLargo con sordina, mesto

Allegro assai

* * *

Astor PiazzollaMar del Plata 1921 - Buenos Aires 1992

Le Grand Tangoper violoncello e archi

(versione E. Dindo)

Las Cuatro Estaciones Portenãsper violoncello e archi

(versione J. Bosso)Verano PorteñoOtoño Porteño

Invierno PorteñoPrimavera Porteña

Enrico Dindovioloncello

I Solisti di Paviaarchi

IL SETTECENTO E UNA NUOVA SENSIBILITÀ: CARL PHILIPP EMANUEL BACH

Francesco Ermini Polacci

Quando oggi diciamo Bach, il riferimento è al grande Johann Sebastian. Ma in tutto il Settecento, il vero Bach per notorietà fu Carl Philipp Emanuel, il figlio secondogenito di Johann Sebastian, al genio del quale verrà dato un completo riconoscimento solo a partire dall’epoca romantica. Carl Philipp Emanuel fu attivo nella Berlino di Federico II di Prussia, ‘Il Grande’, del quale fu cembalista di corte per quasi trent’anni (1740-68); poi, fino alla fine dei suoi anni, ad Amburgo, dove successe a Georg Philipp Telemann nella gestione della vita musicale della città. Una vita professionale abbastanza tranquilla, la sua, ma per la storia della musica assai significativa, perché Carl Philipp Emanuel fu il campione dell’empfindsamer Stil (il cosiddetto ‘stile della sensibilità’): un gusto estetico squisitamente tedesco che avrebbe contribuito alla nascita del movimento Sturm und Drang, e che significò dare piena valorizzazione ai significati artistici eminentemente dal punto di vista dell’espressione e dell’emozione. Ecco che la scrittura di Carl Philipp Emanuel si libera a poco a poco da ogni manierismo, così come sfugge dai contrappunti del padre: la sua è una musica che si tende continuamente fra enfasi e intimismo, si modella su modulazioni improvvise e ritmi fluttuanti, alla ricerca di una commozione, di un’adesione dall’immediata evidenza. Tutto ciò si ritrova in particolare nell’ambito della sua produzione strumentale (concerti e sinfonie, il suo lascito più significativo e ancora tutto da conoscere), come nella Sinfonia in do maggiore Wq 182 n. 3, appartenente alle cosiddette Sinfonie Amburghesi scritte nel 1773 su commissione del barone Gottfried van Swieten, futuro mentore di Haydn e Mozart. Pagina breve, che pur fa affiorare i tratti caratteristici dello stile di Carl Philipp Emanuel e della sua mobilissima espressività: la scrittura nervosa, il suo piglio quasi selvaggio ma frenato da inaspettate sospensioni che creano l’effetto di continue sorprese nell’Allegro assai; il carattere profondamente sinistro e doloroso, incredibilmente presago di un tormento tutto romantico che si trova nell’Adagio; o ancora, la garbata piacevolezza dell’invenzione e la ricchezza dei contrasti dinamici che scorrono nell’Allegretto. Ma i caratteri dell’empfindsamer Stil appaiono altrettanto evidenti in una pagina come il Concerto per violoncello e orchestra in la maggiore Wq 172, l’ultimo dei tre Concerti che Carl Philipp Emanuel ha dedicato a questo strumento

(dal tipico timbro scuro, caro non a caso al Romanticismo che verrà, e in particolare a Robert Schumann, autore di un noto Concerto per violoncello). Composto nel 1753, inizia con un movimento (Allegro) dominato da un motivo incalzante e brioso, che farà da ritornello secondo il modello offerto nel genere da Vivaldi. Da questo tema, che suggellerà il movimento secondo una struttura ad arco, prenderà spunto il solo violoncello per imbastire il suo serrato dialogo con l’orchestra, in un gioco inarrestabile di passaggi ora spumeggianti ora cantabili. Ma la vera novità di questo Concerto risiede nel centrale Largo con sordini, mesto. È uno straordinario, intenso momento di dolorosa introspezione, fin dall’inizio segnato dal lungo lamento intonato all’unisono dagli archi e inframmezzato come da sospiri. Qui il violoncello s’inserisce con la sua voce altrettanto afflitta, dipanando un canto essenziale ma dall’espressività penetrante; verso la fine, si affida a una cadenza scarna e depurata da ogni gesto esibizionistico. Spumeggiante è invece l’Allegro assai conclusivo: rallentamenti a sorpresa paiono frenare il vitalissimo impulso ritmico che lo percorre da cima a fondo, anche qui un’idea che fa da ritornello e che accompagna fedelmente il violoncello nella sua giostra di continui passi virtuosistici.

IL TANGO E UN MONDO DI EMOZIONI:ASTOR PIAZZOLLA

Francesco Ermini Polacci

La musica dell’argentino Astor Piazzolla si è ormai giustamente conquistata il pieno gradimento del pubblico, anche in ambito concertistico: è insomma diventata quello che si dice comunemente un ‘classico’, grazie anche alle attenzioni che le hanno riservato i più grandi interpreti (da Milva a Grace Jones, da Gidon Kremer ad Enrico Dindo) inserendola stabilmente nel loro repertorio. I motivi di un tale successo risiedono principalmente in quell’avvolgente morbidezza melodica, sempre carica di seduzione quanto venata di struggente malinconia, che connota fin dalle sue origini il tango, la tipica danza argentina che Piazzolla scelse come fondamento di gran parte delle sue composizioni. Quest’attenzione, che ha fedelmente accompagnato Piazzolla lungo tutto il suo cammino artistico, non deve essere tuttavia intesa come il semplice frutto di una volontà illustrativa, esclusivamente mirata alla rievocazione di atmosfere tipiche della tradizione argentina: ancor prima che una danza caratteristica, il tango per Piazzolla si rivela un mondo espressivo, con il suo umore misterioso e malinconico, sensuale eppur mesto. E dedicarsi ad esso ha significato per l’autore rinnovare una tradizione, spesso in maniera originalissima, esaltando quei caratteri attraverso uno stile raffinato e talvolta persino complesso, ma nutrito anche da inflessioni di gusto jazz e da elementi squisitamente classici. Uno stile che afferma una sua spiccata quanto energica identità culturale anche attraverso il contrappunto, arte che Piazzolla ha assimilato grazie allo studio di numerose partiture di Bach avvenuto su consiglio da Alberto Ginastera, noto compositore argentino; fu invece Nadia Boulanger, altro nome di spicco nella cultura musicale del Novecento, a spingere Piazzolla nel fare della sua cultura argentina, senza falsi pudori, il punto di forza di uno stile autentico, di un’arte comunicativa schietta.Risale al 1982 Le Grand Tango (titolo francese perché per la prima volta pubblicato a Parigi), breve pagina che Piazzolla scrisse per le formidabili doti interpretative del celebre violoncellista russo Mstislav Rostropovič. In origine destinato all’abbinamento violoncello-pianoforte (ma stasera lo ascolteremo per violoncello e orchestra d’archi, in una versione di Enrico Dindo), è in un solo movimento, che in realtà risulta articolato in tre momenti distinti. Si apre con l’indicazione Tempo di tango, con quelle marcate accentazioni ritmiche che di questa danza argentina sono tipiche, ma che hanno pure il

passo zoppicante caratteristico del jazz. Sono sorta di contrafforti, talvolta dalla fisionomia aggressiva, posti a sostegno del disteso melodizzare del violoncello. Più struggente è la sezione successiva, che accoglie un sommesso quanto malinconico dialogo fra il violoncello, sempre incline al canto, e gli archi. Per la sezione finale Piazzolla prevede l’indicazione di tempo Giocoso: il discorso procede serrato, con il violoncello che si muove libero su un tessuto di archi mosso da accenni di tango, ma in realtà guidato da una scrittura abilissima e che gli chiede un non indifferente impegno tecnico.Diversi anni prima, esattamente fra il 1965 e il 1970, Piazzolla aveva scritto Las Cuatro Estaciones Porteñas, suite di quattro brani che già nel titolo dichiara l’intenzione di evocare le atmosfere legate al susseguirsi delle stagioni. Senza però alcun intento descrittivo di tipo naturalistico o riferimenti a lavori come le Quattro Stagioni di Vivaldi: le suggestioni, le atmosfere e gli stati d’animo cui fa riferimento la musica di Piazzolla sono quelli che appartengono a un ambiente particolare, quello del porto della capitale argentina, Buenos Aires, dove nacque e si diffuse il caratteristico tango porteño. I sentimenti umani e i climi raffigurati con evidenza nelle Quattro Stagioni di Buenos Aires – così le chiamiamo per comodità – sono anche qui indissolubilmente legati al mondo del tango, come del resto rivela l’originale destinazione per quintetto strumentale (il quintetto fondato da Piazzolla), dove troviamo anche il bandoneón, la tipica fisarmonica argentina che proprio il compositore era solito suonare (la versione di questa sera, realizzata dal musicista argentino contemporaneo Jorge Bosso, è invece per violoncello e archi). Il tango, ma anche la musica colta europea e il jazz, qui magistralmente combinati e come filtrati dalla sensibilità di Piazzolla, che con finezza d’invenzione ci pone davanti agli occhi un mondo dove la sensualità s’intreccia alla dolcezza, il dolore alla passione. Un incedere brusco e sferzante, quasi minaccioso, scandisce all’inizio Verano (Estate), che però nel mezzo assegna al violoncello un episodio di dolcissima, disperata cantabilità. Simile è la concezione di Otoño (Autunno), avviato da un ritmo altrettanto marcato e incalzante degli archi; ma poi, è il solo violoncello, con le sue inflessioni sommesse e cariche di nostalgia, ad imporsi in quel panorama. Dimensioni emotive che avvolgono anche Invierno (Inverno), con la sua toccante melodia, esposta all’inizio dal solo violoncello, un motivo che poi si segmenta, riprende lentamente corpo, diventa implorazione, quasi preghiera, accorata e intensa. Una vitalità fremente anima invece la scrittura di Primavera, con i suoi vivaci giochi contrappuntistici. Ma anche qui riaffiora l’alone della nostalgia, espresso da un tenue lirismo nella voce del violoncello, per quanto il piglio sfrenato sia alla fine dominante: salda violoncello e archi in un tutt’uno, lungo un percorso eccitato da continue elaborazioni virtuosistiche. Vitalità e malinconia, specchio di un mondo.

I Solisti di Pavia

VioliniStefano Ferrario **Roberto Righetti *

Luca BragaNa Li

Pierantonio CazzulaniDonatella Colombo

Mirei YamadaPietro Bernardin

VioleMaria Ronchini *Elena Confortini

VioloncelliJacopo Di Tonno *Andrea Agostinelli

ContrabbassoAmerigo Bernardi *

Direttore e solistaEnrico Dindo

Violino di spalla **Prime parti *

Enrico DinDo

Figlio d’arte, inizia a sei anni lo studio del violoncello. Si perfeziona con Antonio Janigro e nel 1997 conquista il Primo Premio al Concorso Rostropovič di Parigi.Da quel momento inizia un’attività da solista che lo porta ad esibirsi con orchestre prestigiose come la BBC Philharmonic, la Rotterdam Philharmonic, l’Orchestre National de France, l’Orchestre du Capitole de Toulouse, la Filarmonica della Scala, la Filarmonica di San Pietroburgo, l’Orchestra Sinfonica di Stato di São Paulo, la NHK Symphony Orchestra di Tokyo, la Tokyo Symphony, la Toronto Symphony, la Gewandhausorchester e la Chicago Symphony, al fianco di importanti direttori tra i quali Riccardo Chailly, Aldo Ceccato, Gianandrea Noseda, Myung-Whun Chung, Daniele Gatti, Yutaka Sado, Paavo Jarvj, Valery Gergev, Yuri Temirkanov, Riccardo Muti e lo stesso Mstislav Rostropovič che scrisse di lui: «... è un violoncellista di straordinarie qualità, artista compiuto e musicista formato, possiede un suono eccezionale che fluisce come una splendida voce italiana».Nell’autunno 2013 Enrico Dindo si è esibito in una trionfale tournée con la Leipziger Gewandhaus Orchester, diretta da Riccardo Chailly con concerti a Lipsia, Parigi, Londra e Vienna. Tra gli autori che hanno creato musiche a lui dedicate, Giulio Castagnoli (Concerto per violoncello e doppia orchestra), Carlo Boccadoro (L’Astrolabio del mare, per violoncello e pianoforte e Asa Nisi Masa, per violoncello, 2 corni e archi), Carlo Galante (Luna in Acquario, per violoncello e 10 strumenti) e Roberto Molinelli (Twin Legends, per violoncello e archi, Crystalligence, per cello solo e Iconogramma, per cello e orchestra).Direttore stabile dell’Orchestra da camera I Solisti di Pavia, ensemble da lui creato nel 2001, è docente della classe di violoncello presso il Conservatorio della Svizzera Italiana di Lugano, presso la Pavia Cello Academy e ai corsi estivi dell’Accademia Tibor Varga di Sion. Incide per Chandos con cui, nel 2012, ha pubblicato i concerti di Šostakovič con la Danish National Orchestra & Gianandrea Noseda, e per Decca con cui ha registrato l’integrale delle opere per violoncello e pianoforte di Beethoven, le 6 Suites di J.S. Bach oltre che, insieme ai Solisti di Pavia, i Concerti per violoncello e archi di C.P.E. Bach, 6 Concerti di Vivaldi e, recentissimo, Enrico Dindo & I Solisti di Pavia recording Kapustin & Piazzolla.Enrico Dindo è Accademico di Santa Cecilia e suona un violoncello Pietro Giacomo Rogeri (ex Piatti) del 1717 affidatogli dalla Fondazione Pro Canale.

i SoliSti Di Pavia Era il 9 dicembre 2001 quando il grande violoncellista russo Mstislav Rostropovič accettava la Presidenza Onoraria della nascente Orchestra da Camera I Solisti di Pavia, nata dalla passione di Enrico Dindo e dall’impegno della Fondazione Banca del Monte di Lombardia. In più di dieci anni di attività i Solisti hanno raggiunto livelli di eccellenza grazie al talento e all’entusiasmo del direttore Enrico Dindo, costituendo così una presenza importante per Pavia e una realtà consolidata nel panorama musicale sia italiano che estero. Nel 2002 i Solisti hanno realizzato la loro prima tournée internazionale esibendosi in concerti a Mosca, San Pietroburgo, Vilnius, sono poi seguiti nel 2004 due importanti appuntamenti a Beirut e ad Algeri e nel 2006 una lunga tournée nei principali teatri del Sud America. Nel 2008 e 2009 hanno inaugurato il Malta Festival nella prestigiosa cornice di Palace Cluyard e nel novembre del 2011 hanno debuttato al Teatro alla Scala di Milano e al Teatro dell’Ermitage di San Pietroburgo. La città di Pavia li ha visti spesso esprimersi in cicli monografici autunnali di tre concerti, con musiche di Bach, Mendelssohn, Händel, Corelli e musiche da camera di Beethoven e Brahms. L’Orchestra ha intrapreso l’attività discografica con l’etichetta Velut Luna con pagine di Čajkovskij e Bartók; sono seguiti altri cd con musiche di Rota, Respighi, Martucci, Puccini, Šostakovič, Stravinskij, Françaix e opere di alcuni tra i più importanti compositori italiani del momento - Carlo Boccadoro, Carlo Galante e Roberto Molinelli - che hanno dedicato le loro opere espressamente al gruppo.Insieme ad Enrico Dindo i Solisti hanno inciso per Decca sei Concerti per violoncello e archi di Vivaldi nel 2011, i tre Concerti per violoncello e archi di C.P.E. Bach e nel 2013 il Concerto per violoncello di Kapustin e le Quattro stagioni di Astor Piazzolla. Nel 2012 e 2013 i Solisti di Pavia diretti da Enrico Dindo si sono esibiti in varie città italiane quali Ravello, Varese, Torino, Pistoia, Forlì, Pavia, Treviso e Ravenna oltre che a Losanna (CH) presso la Salle Paderewski, alla Basilica di Sant’ Eustorgio a Milano e al Teatro Fraschini di Pavia.Nel Dicembre 2011 l’Orchestra i Solisti di Pavia si è costituita in Fondazione I Solisti di Pavia - grazie all’impegno e al supporto della Fondazione Banca del Monte di Lombardia, che da dieci anni sostiene le attività musicali dell’ensemble - con l’obiettivo di valorizzare la cultura musicale sul territorio nazionale ed internazionale; la nuova Fondazione si propone come finalità anche quella di programmare, organizzare e gestire la produzione musicale e la stagione concertistica de I Solisti di Pavia, nonché le attività della Pavia Cello Academy - la prima Accademia del Violoncello sorta in Italia, il cui Direttore Artistico è Enrico Dindo - organismo di promozione e formazione musicale di artisti e cultori del violoncello.Dinamico e attento alle esigenze del pubblico, l’ensemble sta ideando iniziative di comunicazione mediatica dal carattere fortemente innovativo; nel 2014 e 2015 i Solisti di Pavia saranno impegnati in una serie di concerti in Italia, Europa, Cina e Sud America, confermandosi come uno dei più prestigiosi ensemble nel panorama internazionale.

Pubblicazione della FondazioneAccademia Musicale Chigiana - Siena

A cura diCesare Mancini

Composizione grafica e stampaTipografia Senese - Siena

Foto Roberto Testi - Siena

Siena

Progetto proprio della

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