A p p u n ti d i A n ten n e -...

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A A p p p p u u n n t t i i d d i i A A n n t t e e n n n n e e C C a a p p i i t t o o l l o o 3 3 S S c c h h i i e e r r e e d d i i a a n n t t e e n n n n e e ( ( I I ) ) Introduzione ............................................................................................................................ 1 Antenne uguali ed equiverso ..................................................................................................... 5 Schiere lineari ......................................................................................................................... 6 Schiera lineare uniforme ...................................................................................................... 7 Spazio del visibile .......................................................................................................... 11 Schiera broadside............................................................................................................... 12 Schiera broadside di dipoli in λ/2 .................................................................................... 17 Guadagno direttivo e direttività ................................................................................... 20 Schiera collineare .............................................................................................................. 22 Introduzione Introduzione Abbiamo trovato in precedenza che il campo elettromagnetico prodotto, in un punto P in zona lontana, da una sorgente con distribuzione generica ) ' P ( J r , situata all’interno di un volume V’, risulta essere il seguente (nel dominio della frequenza ): ( ( [ ] ( [ ] ∫∫∫ ∫∫∫ - - - π μ ϖ - = × π - = ' V a ' r jk r r r jk 0 FF ' V a ' r jk r r jk 0 FF ' dV e a ) ' P ( J a ) ' P ( J r e 4 j E ' dV e ) ' P ( J a r e 4 k j H r 0 0 r 0 0 r r r r r r r r r r r r Consideriamo in particolare il campo elettrico, che ha l’espressione più generale possibile. Tenendo conto delle espressioni di k0 e η0, si trova facilmente che ϖμ0=k0η0, per cui scriviamo il campo nella forma ( [ ] ( [ ] ∫∫∫ - - π η - = ' V a ' r jk r r r jk 0 0 FF ' dV e a ) ' P ( J a ) ' P ( J r e 4 k j E r 0 0 r r r r r r r L’integrale di volume che compare in questa espressione è evidentemente una funzione vettoriale che dipende solo dalle coordinate θ e ϕ, mentre invece non dipende dalla coordinata r, che compare solo nel termine di radiazione r / e r jk 0 - (che porta in conto la propagazione del campo dalla sorgente verso lo spazio circostante). Possiamo perciò scrivere, in modo del tutto generale, che ( ϕ θ π η = - , f r e 4 k j E r jk 0 0 FF 0 r r

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AAAppppppuuunnntttiii dddiii AAAnnnttteeennnnnneee CCCaaapppiiitttooolllooo 333 ––– SSSccchhhiiieeerrreee dddiii aaannnttteeennnnnneee (((III)))

Introduzione ............................................................................................................................ 1 Antenne uguali ed equiverso..................................................................................................... 5 Schiere lineari ......................................................................................................................... 6

Schiera lineare uniforme ...................................................................................................... 7 Spazio del visibile.......................................................................................................... 11

Schiera broadside............................................................................................................... 12 Schiera broadside di dipoli in λ/2.................................................................................... 17

Guadagno direttivo e direttività ................................................................................... 20 Schiera collineare .............................................................................................................. 22

IntroduzioneIntroduzione Abbiamo trovato in precedenza che il campo elettromagnetico prodotto, in un punto P

in zona lontana, da una sorgente con distribuzione generica )'P(Jr

, situata all’interno di un volume V’, risulta essere il seguente (nel dominio della frequenza):

( )

( )[ ] ( )[ ]∫∫∫

∫∫∫•

•−

•−π

µω−=

×π

−=

'V

a'rjkrr

rjk0

FF

'V

a'rjkr

rjk0

FF

'dVea)'P(Ja)'P(Jr

e

4jE

'dVe)'P(Jar

e

4

kjH

r0

0

r0

0

rr

rr

rrrrr

rrr

Consideriamo in particolare il campo elettrico, che ha l’espressione più generale

possibile. Tenendo conto delle espressioni di k0 e η0, si trova facilmente che ωµ0=k0η0, per cui scriviamo il campo nella forma

( )[ ] ( )[ ]∫∫∫ •−

•−πη

−='V

a'rjkrr

rjk00

FF 'dVea)'P(Ja)'P(Jr

e

4

kjE r0

0 rrrrrrr

L’integrale di volume che compare in questa espressione è evidentemente una

funzione vettoriale che dipende solo dalle coordinate θ e ϕ, mentre invece non dipende dalla coordinata r, che compare solo nel termine di radiazione r/e rjk0− (che porta in conto la propagazione del campo dalla sorgente verso lo spazio circostante). Possiamo perciò scrivere, in modo del tutto generale, che

( )ϕθ⋅πη

=−

,fr

e

4

kjE

rjk00

FF

0 rr

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

2

In tal modo, la funzione ( )ϕθ,fr

è ciò che caratterizza la sorgente del campo, ossia, in altre parole, ciò che distingue una sorgente da un’altra. Tanto per fare un esempio semplice, nel caso del dipolo elettrico elementare, risulta

( ) θθ=ϕθ asindI,f 0

rl

r

Naturalmente, la sorgente può essere costituita da un’unica antenna (ad esempio un

dipolo in λ/2), oppure anche da un sistema di varie antenne, uguali tra loro oppure diverse. In questo caso, la sorgente prende il nome di schiera di antenne (array): le

schiere di antenne vengono realizzate per ottenere determinate funzioni ( )ϕθ,fr

, ossia sostanzialmente per conferire alle sorgenti i desiderati diagrammi di radiazione (ad esempio per rendere le antenne più direzionali). In particolare, l’obbiettivo che ci si pone nella maggior parte dei casi è quello di ottenere antenne fortemente direttive (quindi con un unico fascio molto stretto) e con elevato guadagno, da usare per esempio in collegamenti punto-a-punto (1).

Supponiamo, allora, che il nostro sistema sia costituito da N antenne generiche.

Ognuna di esse sarà caratterizzata da una propria funzione ( )iii ,f ϕθr

, il che significa che il campo da essa generato è

( )iiii

rjk00

i,FF ,fr

e

4

kjE

i0

ϕθ⋅πη

=− rr

Ri

Pri

r

x

y

z

antennai-sima

ri = individua P rispetto all'antenna i-sima

r = individua P rispetto a ORi = individua l'antenna i-sima rispetto a O

In questa espressione, è importante notare che il pedice “i” riguarda tutte e tre le

coordinate sferiche: infatti, quella espressione è valida ipotizzando che la singola antenna i-sima si trovi al centro del sistema di riferimento, per cui la terna ( )iii ,,r ϕθ è quella che individua il punto P di misura rispetto al centro della antenna i-sima.

Per calcolare il campo totale prodotto dal sistema delle N antenne, ci basta applicare la sovrapposizione degli effetti, sommando i singoli campi:

1 Schiere anche molto semplici consentono di ottenere guadagni di 10-15 dB al di sopra del guadagno, ad esempio, di un singolo dipolo in λ/2; questo aumento del guadagno, ad esempio di un fattore 10, consente di ottenere la stessa intensità del segnale ricevuto pur con una riduzione, sempre di un fattore 10, della potenza trasmessa. Se poi anche l’antenna ricevente ha un guadagno incrementato di 10 (si ricordi il principio di reciprocità ), allora la potenza trasmessa può ulteriormente essere ridotta continuando ad ottenere sempre la stessa intensità del segnale ricevuto.

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

3

( ) ( )∑∑∑=

=

=

ϕθ⋅πη

=

ϕθ⋅

πη

==N

1iiii

i

rjk00

N

1iiii

i

rjk00

N

1ii,FFFF ,f

r

e

4

kj,f

r

e

4

kjEE

i0i0 rrrr

Come era ovvio che fosse, la costante moltiplicativa rimane fuori dalla

sommatoria, mentre invece rimangono all’interno tutti quei termini che differiscono da una antenna all’altra. Tuttavia, possiamo fare qualche semplificazione. Infatti, dobbiamo tener conto che stiamo considerando il campo lontano, per cui siamo a grande distanza da ogni punto della sorgente; di conseguenza, se indichiamo con r la distanza del punto potenziato P dal centro della sorgente (coincidente con il centro della sorgente), è lecito ritenere che il vettore r

r risulti praticamente parallelo ai

vettori irr

. Sotto questa ipotesi, possiamo esprimere r

r nel modo seguente:

Pi

Ri

Pri

r

x

y

z

sorgente

ri = individua P rispetto a Pi

r = individua P rispetto a ORi = individua Pi rispetto a O

rii aRrrrr

•+=

Andando allora a sostituire nell’espressione del campo totale, otteniamo

→•−= rii aRrrrr ( )

( )( )

( )∑∑=

•−−

=

•−−

ϕθ⋅•−π

η=ϕθ⋅

πη

=N

1iiii

ri

aRrjk00

N

1iiii

i

aRrjk00

FF ,faRr

e

4

kj,f

r

e

4

kjE

ri0ri0 rrr

rrrrrr

Adesso, sempre considerando che siamo in zona lontana, possiamo ritenere che

risulti ri aRrrr

•>> e quindi possiamo trascurare il termine ri aRrr

• al denominatore di quella frazione (mentre non possiamo fare lo stesso all’esponente, in quanto lì è coinvolta la fase): questa semplificazione ci consente di ottenere che

( )

( ) ( )∑∑=

•−

=

•−−

ϕθ⋅πη

=ϕθ⋅πη

≅N

1iiii

aRjkrjk

00N

1iiii

aRrjk00

FF ,fer

e

4

kj,f

r

e

4

kjE ri0

0ri0 rrr rrrr

Non solo, ma la grande distanza del punto di misura ci consente anche di ritenere

che la direzione individuata dalla generica coppia (θθ i,ϕϕ i) possa essere tranquillamente assimilata alla direzione (θ,ϕ) che individua P rispetto al centro della schiera. Scriviamo dunque che

( )∑=

•−

ϕθ⋅πη

≅N

1ii

aRjkrjk

00FF ,fe

r

e

4

kjE ri0

0 rr rr

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

4

Così facendo, ci siamo ricondotti ad una espressione particolarmente significativa, in quanto abbiamo evidenziato ancora una volta il classico termine di radiazione e, inoltre, la sommatoria è diventata ancora una volta una funzione vettoriale dipendente solo da θ e da ϕ:

( )ϕθ⋅πη

≅−

,fr

e

4

kjE

rjk00

FF

0 rr

Il termine vettoriale comprende evidentemente sia la geometria del sistema di

antenne sia l’alimentazione delle singole antenne:

( ) ( )∑=

• ϕθ⋅=ϕθN

1iiii

aRjk ,fe,f ri0rr rr

Vogliamo allora provare ad esplicitarlo un po’ meglio.

Per fare questo, cominciamo a considerare che il termine ( )ϕθ,f i

r relativo alla

generica antenna tiene conto sia delle caratteristiche generali (essenzialmente geometriche) dell’antenna sia della corrente di eccitazione; indicando allora quest’ultima con Ii (fasore), possiamo scrivere che

( ) ( )ϕθ⋅=ϕθ ,f~

I,f iii

rr

dove quindi è adesso il termine ( )ϕθ,f~

i

r a portare in conto le caratteristiche

dell’antenna. Sostituendo nell’espressione del campo totale, scriviamo dunque che

( )∑=

•−

ϕθ⋅⋅πη

≅N

1iii

aRjkrjk

00FF ,f

~Ie

r

e

4

kjE ri0

0 rr rr

A questo punto, ogni ulteriore passaggio dipende necessariamente dal tipo di antenne

considerate e considereremo perciò nei prossimi paragrafi alcuni casi importanti. E’ opportuno tuttavia anticipare una cosa fin da ora: quando si ha a che fare con un sistema di più antenne, è inevitabile che ciascuna di esse risenta dell’azione di tutte le altre (problema dell’accoppiamento d’antenna); questo fatto impone che, anche in

presenza di antenne tutte uguali, non si possa, in generale, considerare ( )ϕθ,f~

i

r uguale

per tutte (cioè sostanzialmente eliminare il pedice “i”), ma si debba sempre tener conto dell’influenza su ciascuna antenna da parte di tutte le altre. In particolare, è la distribuzione della corrente nella singola antenna ad essere influenzata dagli accoppiamenti con i campi elettrici prodotti dalle altre. Non solo, ma è intuitivo aspettarsi che ogni antenna possa risentire in modo diverso di tali accoppiamenti: ad esempio, le antenne situati alle estremità della schiera risentiranno diversamente dell’accoppiamento rispetto a quelle situate al centro.

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

5

Antenne uguali ed equiversoAntenne uguali ed equiverso Cominciamo dunque a particolarizzare l’espressione del campo elettrico lontano

trovata nel paragrafo precedente. Il caso più semplice possibile è quello di una schiera di N antenne tutte uguali tra loro e disposte nello stesso modo (equiverso). In questa situazione, ipotizzando che la distribuzione delle antenne sia tale da azzerare, in prima approssimazione, le interferenze reciproche (2), possiamo assumere che il termine

( )ϕθ,f~

i

r sia uguale per tutte, nel qual caso scriviamo che

( ) ( )∑∑=

•−

=

•−

⋅ϕθπη

=ϕθ⋅⋅πη

=N

1ii

aRjkrjk

00N

1ii

aRjkrjk

00FF Ie,f

~

r

e

4

kj,f

~Ie

r

e

4

kjE ri0

0

ri0

0 rrrr rrr

In questa espressione, dunque, compare il termine ( )ϕθ,f~r

, che tiene conto delle proprietà di radiazione della generica antenna, e poi la sommatoria, che invece tiene conto dell’eccitazione delle singole antenne (non necessariamente uguale per tutte) nonché della loro distribuzione dello spazio. A tale sommatoria si dà il nome di fattore di schiera, indicato con F(θθ,ϕϕ):

( ) ( )ϕθ⋅ϕθ⋅πη

−=−

,F,f~

r

e

4

kjE

rjk00

FF

0 rr

Il fattore di schiera è evidentemente un termine scalare, del tutto indipendente dal

termine ( )ϕθ,f~r

. Il prodotto tra i due (principio di moltiplicazione del fascio) va a determinare le proprietà di radiazione della schiera nel suo complesso: nella pratica, queste proprietà rappresentano una specifica nota a priori, per cui si sceglie il tipo di antenna, la loro distribuzione e la loro alimentazione in modo da ottenere tali specifiche.

In termini rigorosi, il principio di moltiplicazione del fascio afferma che il pattern di radiazione di una schiera è il prodotto del pattern di radiazione della singola antenna con il fattore di schiera.

Nello studio delle schiere, si procede quasi sempre a focalizzare l’attenzione solo sul fattore di schiera: il motivo è che, nelle schiere ad alta direttività, la singola antenna generalmente ha un pattern di radiazione abbastanza largo, per cui le proprietà direttive complessive sono fortemente dovute solo a F(θ,ϕ). Quello che diremo nei prossimi paragrafi aiuterà a capire questo concetto.

2 In generale, la modificazione del pattern di radiazione della singola antenna risulta comunque abbastanza piccolo, tanto da poter essere trascurato nella maggior parte dei casi. Ciò che si ottiene è una soluzione senz’altro approssimato, ma comunque molto vicina alla realtà . Di conseguenza, salvo in quei casi (come quello delle cosiddette schiere passive) in cui l’accoppiamento viene volontariamente accentuato e sfruttato, noi riterremo sempre di poterlo trascurare.

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

6

Schiere lineariSchiere lineari Una schiera lineare di antenne si ottiene disponendo N antenne, tutte uguali tra

loro (ad esempio N dipoli in λ/2), allineate lungo una specifica direzione:

assedella

schiera

N dipoli allineati

d

La distanza tra una antenna e le due adiacenti è costante (pari a d). Per

semplicità, abbiamo considerato N dipoli in λ/2, ma il discorso è, almeno per il momento, del tutto generale.

Chiediamoci allora quanto vale il fattore di schiera:

( ) ∑=

•⋅=ϕθN

1i

aRjki

ri0eI,Frr

Per comodità, usiamo un sistema di riferimento cartesiano con l’asse x coincidente

con l’asse della schiera e con l’asse z parallela alle antenne e coincidente con l’antenna più a sinistra nella schiera stessa. La situazione, in questo caso, è la seguente:

d

z x

i-simaantenna

L’asse y è ovviamente trasversale al piano [x,z] in cui giace la schiera.

Allora, il vettore iRr

, che individua l’-sima antenna (il suo centro) rispetto all’origine del sistema di riferimento, è banalmente esprimibile come

Xi a)1i(dRrr

⋅−=

Il versore è quello dell’asse x proprio perché, in base al riferimento scelto, iRr

giace sull’asse x. Inoltre, il modulo del vettore è d(i-1) e non id ⋅ in quanto la prima antenna a sinistra giace sull’asse z.

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

7

Sostituendo dunque nell’espressione del fattore di schiera, otteniamo

( ) ∑=

•−⋅=ϕθN

1i

aa)1i(djki

rX0eI,Frr

Abbiamo adesso il prodotto scalare rX aa

rr• , dove ra

r è il versore della direzione che

individua il punto di misura P rispetto al centro del sistema di riferimento. Abbiamo dunque la situazione seguente:

z x

P

ψ

ψ=• cosaa rX

rrra

r

Xar

Risulta dunque ψ=• cosaa rX

rr, dove ϕ⋅θ=ψ cossincos (si tenga conto che P si trova in

uno spazio tridimensionale), per cui scriviamo che

( ) ∑=

ψ−⋅=ϕθN

1i

cos)1i(djki

0eI,F

Questa è dunque l’espressione del fattore di schiera per una schiera lineare di

elementi equidistanti. E’ importante osservare che la dipendenza da θ e da ϕ, che non compare esplicitamente, è in realtà inclusa nella dipendenza da ψ, data la relazione ϕ⋅θ=ψ cossincos .

Inoltre, è opportuno ricordare che il fattore di schiera, da solo, non determina le caratteristiche di radiazione della schiera, in quanto queste sono determinate dal

prodotto di F(θ,ϕ) con la funzione ( )ϕθ,f~r

, che tiene conto delle caratteristiche di radiazione della generica antenna della schiera (supponendo ovviamente tutte le antenne uguali). Tuttavia, come si è già notato in precedenza, la gran parte delle proprietà direttive della schiera sono riconducibili proprio a F(θ,ϕ), al quale quindi rivolgiamo la nostra attenzione.

SSSccchhhiiieeerrraaa llliiinnneeeaaarrreee uuunnniiifffooorrrmmmeee Un particolare tipo di schiera lineare ad elementi equidistanti è la schiera lineare

uniforme, caratterizzata dalle seguenti due proprietà:

−α=

=

)1i(dI

II

i

0i

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

8

La prima proprietà dice che il modulo delle correnti di eccitazione è uguale per tutte le antenne e pari ad I0 (che quindi è uno scalare e non più un fasore). La seconda proprietà dice invece che la fase delle varie correnti aumenta progressivamente, di una quantità αd, man mano che ci si allontana dall’origine:

i=1 → ∠I1=0 i=2 → ∠I2=αd i=3 → ∠I3=2αd …. i=N → ∠IN=(N-1)αd Andiamo allora a sostituire queste relazioni nell’espressione del fattore di schiera:

( )

( )∑

∑∑∑

=

ψ+α−

=

ψ−−α

=

ψ−

=

ψ−

=

=⋅=⋅=⋅=ϕθ

N

1i

cosk)1i(jd0

N

1i

cos)1i(djk)1i(dj0

N

1i

cos)1i(djkIji

N

1i

cos)1i(djki

0

00i0

eI

eeIeeIeI,F

Generalmente, risulta comodo porre u=k0dcosψψ e u0=ααd, per cui scriviamo più

semplicemente che

( ) ( )∑=

+−=N

1i

uu)1i(j0

0eIuF

Possiamo anche fare qualche altro passaggio. Ad esempio, possiamo sviluppare la

sommatoria:

( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ] ( )000000

0000

uujuujNuu4juu3juu2juuj0

uu)1N(juu3juu2juuj0

ee...eeeeI

e...eee1IuF+−+++++

+−+++

+++++=

=+++++=

Adesso portiamo il termine ( )0uuje +− a primo membro:

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]000000 uujNuu4juu3juu2juuj0

uuj e...eeeeIeuF ++++++ +++++= Sottraendo membro a membro con l’espressione precedente, la gran parte dei

termini esponenziali a secondo membro scompare:

( ) ( )[ ] ( )[ ]1eI1euF 00 uujN0

uuj −=− ++ Da qui possiamo dunque concludere che

( )( )

( )

( )

( )

( ) ( )

( ) ( )

( )

( )

( )

( )

+

+

−=

−=

−−

=+

+

+−+

+−+

+

+

+

+

0

0

uu2

1j

uu2

Nj

0uu

2

1juu

2

1j

uu2

Njuu

2

Nj

uu2

1j

uu2

Nj

0uuj

uujN

0

uu2

1sin

uu2

Nsin

1e

1eI

ee

ee

1e

1eI

1e

1eIuF

0

0

00

00

0

0

0

0

A questo punto, la fase di questa funzione ci interessa poco, mentre invece è di

primaria importanza, ai fini di valutare il diagramma di radiazione della schiera, il modulo:

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

9

( )( )

( )

+

+

⋅=

0

0

0

uu2

1sin

uu2

Nsin

IuF

La funzione |F(u)| prende il nome di pattern del campo (field pattern) della schiera.

Dobbiamo andare a studiare questa funzione. Ci si può rendere conto facilmente che si tratta di una funzione periodica di periodo 2π. In particolare, la figura seguente ne riporta l’andamento nel caso semplice di N=4 antenne:

In pratica, si tratta di una funzione del tipo sin(x)/x periodicizzato a passo 2π. Possiamo condurre uno studio sia pur minimo su questa funzione. Ad esempio,

osserviamo che, calcolando la funzione in u=-u0, si ottiene

( ) ( )( ) 0

0

0sin

0sinIuF 00 =⋅=−

Potremmo applicare un noto teorema di analisi per ricavare il valore di ( )0uF − , ma

in realtà non conviene: infatti, anziché ritenere nullo l’argomento dei due seni (per u=-u0), lo riteniamo semplicemente molto piccolo, nel qual caso possiamo approssimare scrivendo che

u→-u0: ( )( )

( )

( )

( )NI

uu2

1

uu2

N

Iuu

2

1sin

uu2

Nsin

IuF 0

0

0

0

0

0

0 ⋅=+

+⋅≅

+

+

⋅=

Quindi, abbiamo dedotto che i lobi principali della funzione hanno altezza I0N. La

distanza tra un picco e l’altro è ovviamente pari a 2π (= periodo della funzione). Lo si può ricavare facilmente calcolando i valori di u in corrispondenza dei quali

( ) 0uu2

1sin 0 =

+

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

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10

ossia in corrispondenza dei quali risulta

( ) π=+ kuu2

10

Si tratta evidentemente dei punti 0kmax, u2ku −π⋅= .

Questi sono ovviamente i massimi assoluti, cui poi si aggiungono tutti i massimi relativi (cioè i picchi dei lobi secondari). Per individuarne la posizione, basta osservare che essi si trovano sempre compresi tra due zeri consecutivi, per cui basta rintracciare tali zeri.

Questi ultimi sono semplicemente i punti in cui si annulla il numeratore (e solo quello):

( ) ( ) →←π=+→←=

+ kuu

2

N0uu

2

Nsin 00 0k,zero u

N

2ku −

π⋅=

In base a questa espressione, il numero di zeri in ciascun periodo è pari ad N-1;

infatti:

• per k=0 → otteniamo il punto –u0, nel quale però si annulla anche il denominatore; è un punto di massimo in base a quanto visto prima;

• per k=1,…,N-1 → abbiamo N-1 punti di zero compresi nel primo periodo della funzione (detto periodo fondamentale), ossia nell’intervallo [-u0,-u0+2π];

• per k=N → abbiamo il punto u=2π-u0 che è un nuovo punto di massimo. Inoltre, in base alle espressioni trovate, notiamo che gli zeri sono distanti tra loro

di una quantità pari a 2ππ/N e quindi ciascun massimo secondario dista ππ/N dalla coppia di zeri situati uno a destra e l’altro a sinistra.

-u0 π+− 2u 0

N

3u0

π+−N=4N

4u0

π+−

Ad esempio, con riferimento al periodo fondamentale della funzione, il primo

massimo secondario si trova in

N

3u

NN

2uu 00secmax1

π+−=

π+

π+−=−°

Il valore di tale massimo, uguale a quello di tutti gli altri massimi secondari, si

ottiene semplicemente sostituendo u1°max-sec nell’espressione di |F(u)|:

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

11

u=u1°max-sec → ( )π

⋅=π

⋅≅

π

π

⋅=

+

π+−

+

π+−

⋅=N

3

2I

N2

31

I

N2

3sin

2

3sin

I

uN

3u

2

1sin

uN

3u

2

Nsin

IuF 000

00

00

0

Notiamo che tra ciascuna coppia di massimi assoluti si trovano N-2 massimi

secondari. Possiamo a questo punto confrontare l’ampiezza dei massimi secondari con quella

dei massimi principali: essendo quest’ultima pari a NI0, il rapporto vale evidentemente 3ππ/2. La cosa interessante da notare, nel valore di questo rapporto, è l’indipendenza da N: questo significa che, volendo ottenere un rapporto maggiore tra massimi principali e massimi secondari, l’unica possibilità è quella di cambiare la geometria della schiera, in quanto un eventuale variazione di N (numero delle antenne) non avrebbe effetto.

Spazio del visibile

In base a come abbiamo definito in precedenza l’angolo ψ, è evidente che esso può variare solo tra 0 e π.Di conseguenza, dal punto di vista dell’applicazione pratica di questo modello, la quantità u=k0dcosψψ può variare solo tra –k0d e +k0d:

dkudk 00 ≤≤−

Allora, tornando nel diagramma della funzione |F(u)| considerato prima, l’unica

regione del diagramma che per noi ha senso considerare è appunto quella corrispondente a dkudk 00 ≤≤− e prende il nome di spazio del visibile della schiera in questione:

-k0d +k0dspazio del visibile

Allora, in fase di dimensionamento dell’antenna, dovremo scegliere i parametri d

ed N della schiera in modo tale che all’interno dello spazio del visibile cada il desiderato numero di massimi assoluti. Per esempio, nella figura appena riportata abbiamo un solo massimo assoluto nello spazio del visibile. Aumentando N e aumentando d, invece, potremmo includere anche più massimi.

Il numero di massimi assoluti nello spazio del visibile dipende dalla direttività che si vuole ottenere: una antenna molto direttiva dovrà evidentemente avere un unico massimo assoluto nello spazio del visibile.

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

12

SSSccchhhiiieeerrraaa bbbrrroooaaadddsssiiidddeee Abbiamo visto prima che una schiera lineare si dice uniforme quando le correnti

hanno tutte lo stesso modulo ed hanno uno sfasamento progressivo proporzionale alla distanza (costante) da una all’altra:

−α=

=

)1i(dI

II

i

0i

Adesso supponiamo invece che le correnti siano tutte in fase tra di loro e, in

particolare, che tale fase sia nulla: ciò significa, evidentemente, ipotizzare che risulti

=

=

0I

II

i

0i

Andiamo allora a sostituire questa nuova condizione nell’espressione del fattore di

schiera:

( ) ∑∑∑=

ψ−

=

ψ−

=

ψ− =⋅=⋅=ϕθN

1i

cos)1i(djk0

N

1i

cos)1i(djkIji

N

1i

cos)1i(djki

00i0 eIeeIeI,F

Ponendo ancora una volta u=k0dcosψψ , scriviamo più semplicemente che

( ) ∑=

−=N

1i

u)1i(j0 eIuF

Facendo poi gli stessi passaggi fatti nel paragrafo precedente, otteniamo

( )

−=

u2

1sin

u2

Nsin

1e

1eIuF

u2

1j

u2

Nj

0

In particolare, ci interessa come al solito il modulo di questa funzione:

( )

⋅=u

2

1sin

u2

Nsin

IuF 0

Confrontando questa espressione con quella trovata per la schiera lineare

uniforme, ci accorgiamo subito che si ha semplicemente una traslazione del diagramma, rispetto a quel caso, di una quantità k0d (=u0) verso destra, in modo che il massimo principale sia centrato in u=0:

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

13

Ancora una volta, il numero di massimi principali che rientrano nel fascio del

visibile (-k0d≤u≤+k0d) dipende dai valori di N e di d. In particolare, è evidente che aumentando d, il fascio del visibile si estende e quindi aumenta il numero di massimi principali che cadono in esso, mentre invece riducendo d si può ottenere un unico massimo nel suddetto fascio, ossia una antenna particolarmente direttiva.

Analiticamente, la condizione per ottenere solo un massimo principale nel fascio del visibile è evidentemente data da

N

22dk0

π−π≤

dove 2π è la distanza tra i due lobi principali (pari al periodo della funzione), mentre invece 2π/N è la distanza dell’ultimo zero dal massimo adiacente. Tra l’altro, tenendo conto che k0=2π/λ, quella condizione equivale anche a

−λ≤

N

11d

Non solo, ma se il numero N di antenne della schiera è abbastanza grande, si può

anche trascurare il termine -1/N rispetto ad 1, per cui la condizione diventa semplicemente d≤≤λλ.

Sul diagramma disegnato prima per la funzione |F(u)| possiamo calcolare anche l’apertura a mezza potenza del diagramma (3):

2

max

2F

2

1)u(F =

dove ricordiamo che |Fmax|=NI0.

Il valore di u che soddisfa questa relazione definisce l’apertura a mezza potenza. Sostituendo l’espressione di F(u) e calcolando subito la radice quadrata di ambo i membri, otteniamo

00 NI2

1

u2

1sin

u2

Nsin

I ±=

3 Da notare, però, che si tratta dell’apertura a mezza potenza semplicemente della funzione F(u) e non della schiera, in quanto, per ragionare sulla schiera nel suo complesso, dobbiamo necessariamente includere la funzione f(θ,ϕ) che tiene conto delle caratteristiche direzionali delle singole antenne.

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

14

Eliminando il termine comune I0 e approssimando numeratore e denominatore tramite note espressioni di trigonometria (valide quando gli argomenti dei due Seni sono piccoli), otteniamo quanto segue:

N2

1

u2

1

u2

N

!3

1u

2

N3

±=

Riarrangiando questa espressione, giungiamo alla seguente equazione:

+−= 1

2

1

N

24u 2

2 m

da cui evidentemente ricaviamo (eliminando il segno “-“ che non ha senso fisico) che

N

65.2

2

126

N

21

2

16

N

21

2

1

N

24u

2=

−=

+−=

+−=

Sostituendo ora l’espressione completa di u, otteniamo

N

65.2cosdk 2/10 ±=ψ

da cui quindi ricaviamo che

Nd

42.0

d2

N

65.2

dNk

65.2cos

02/1

λ⋅±=

λπ

±=±=ψ

Ci conviene adesso porre

z x

P

2/1ψ∆2/1ψ

2/12/1 2ψ−

π=ψ∆

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

15

Così facendo, scriviamo che

( )Nd

42.0sin

Nd

42.0

2cos 2/12/1

λ⋅±=ψ∆→

λ⋅±=

ψ∆−

π

Ritenendo l’argomento del Seno sufficientemente piccolo, possiamo ritenere, in

prima approssimazione che

Nd

42.02/1

λ⋅±≅ψ∆

e quindi concludiamo che l’apertura a mezza potenza è

Nd

84.02 2/1

λ⋅=ψ∆=∆Ψ

Possiamo notare, in questa espressione, che il termine Nd a denominatore non è

altro che la lunghezza L della schiera, dal che deduciamo che l’apertura a mezza potenza dipende dal rapporto λ/L tra lunghezza d’onda di lavoro e lunghezza della schiera.

Al fine di valutare le proprietà direzionali di F(u), il calcolo dell’apertura a mezza potenza non è l’unico metodo. Si può infatti procedere anche nel modo seguente: per prima cosa, si calcola l’altezza A del lobo principale, semplicemente calcolando la funzione in u=0; successivamente, si calcola l’altezza corrispondente a BdB=AdB-20dB, ossia il valore corrispondente ad A (espresso in dB) diminuito di 20 dB, e si traccia una linea orizzontale corrispondente a questo valore; a questo punto, si può dire che la F(u) è fortemente direttiva se, nel fascio del visibile, non ci sono altri lobi, oltre quello principale, che vanno al di là della linea orizzontale di cui sopra.

Adesso facciamo la seguente considerazione: supponiamo di aver imposto la

condizione

−λ≤

N

11d , per cui la F(u) presenta un solo lobo principale nel fascio del

visibile ed è direttiva; abbiamo inoltre visto che tale lobo principale si trova in corrispondenza di u=0; ci chiediamo allora quale sia l’angolo ψ corrispondente a u=0: dato che u=k0dcosψψ , è evidente che si tratta dell’angolo ψψ=ππ/2, ossia quindi della direzione ortogonale all’asse della schiera:

d

z x

P

ψ

Quindi, il massimo valore di F(θ,ϕ) per questo tipo di antenna si trova sull’asse z:

per questo motivo, si parla di schiera broadside.

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16

Se adesso aumentiamo il valore di u, la funzione cosψ deve ovviamente aumentare anch’essa e quindi l’angolo ψ diminuisce, ossia il punto di misura si sposta, lungo un arco di circonferenza, verso l’asse della schiera; dal punto di vista del diagramma di |F(u)|, ci stiamo invece spostando dall’apice del lobo principale verso il primo zero, che viene raggiunto quando u=2π/N: abbiamo dunque che

Ndcosar

dNk

2cosar

N

2cosdk

N

2u

00

λ=

π=ψ→

π=ψ→

π=

In base a questa espressione, è evidente che, prendendo d elevata, l’angolo ψ

diminuisce, il che significa che il lobo principale diventa più stretto.

Inoltre, se prendiamo d=λ, risulta N

1cosar=ψ . Il primo zero si ottiene dunque in

corrispondenza dell’angolo il cui coseno è 1/N. Graficamente, la situazione è la seguente:

z

x

I valori espressi in gradi si riferiscono evidentemente all’angolo ψψ

Come si vede, abbiamo i due lobi principali simmetrici rispetto all’asse x (asse della schiera) e poi un certo numero (dipende da N) di lobi secondari tutti uguali tra di loro. Questi portano in conto il fatto che la schiera non concentra la propria irradiazione solo lungo la direzione ortogonale al suo asse, ma disperde energia anche in altre direzioni.

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

17

Schiera broadside di dipoli in λλ/2

Adesso supponiamo specificamente che la schiera sia formata da N dipoli in λλ/2 allineati parallelamente all’asse z, come del resto abbiamo genericamente disegnato nelle precedenti figure. Ricordando che il campo prodotto (in zona lontana) dall’intera schiera è

( ) ( )ϕθ⋅ϕθ⋅πη

−=−

,F,f~

r

e

4

kjE

rjk00

FF

0 rr

e ricordando inoltre che ( )ϕθ,f~r

è la funzione vettoriale che tiene conto delle proprietà di radiazione della generica antenna della schiera, possiamo capire come l’insieme dei dipoli modifichi il diagramma di radiazione complessivo (in base al principio di moltiplicazione del fascio). Vediamo di spiegarci meglio.

La funzione ( )ϕθ,f~r

è quella del generico dipolo in λ/2, proporzionale perciò al termine

θ

θ

π

sin

cos2

cos

Conosciamo già bene le proiezioni di questa funzione sui vari piani cartesiani:

z

x

z

y

x

y

Punto per punto, queste proiezioni vanno moltiplicate per le corrispondenti proiezioni

della funzione F(θ,ϕ), che per la schiera broad-side abbiamo visto assumere l’espressione

( ) ∑=

ψ−=ϕθN

1i

cos)1i(djk0

0eI,F

Le rispettive proiezioni sono allora le seguenti:

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

18

x

y

x

z

z

y

Eseguendo il prodotto delle proiezioni, si ottiene quanto segue: z

y

z

x

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

19

x

y

Queste tre proiezioni mostrano evidentemente che la schiera è abbastanza

direttiva e la direzione di massima radiazione è l’asse y, come mostrato dalla figura

seguente, che riporta il diagramma tridimensionale del prodotto ( ) ( )ϕθ⋅ϕθ ,F,f~

:

In pratica, abbiamo due lobi, molto pronunciati, lungo l’asse y e poco più. Da notare che è venuta a mancare la simmetria cilindrica che invece era garantita dal

singolo dipolo in λ/2: questo dipende appunto dal fatto che ciascun dipolo risente della presenza di tutti gli altri.

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

20

Il problema fondamentale di questo tipo di schiere è la retro-irradiazione, ossia il fatto che irradiano energia in due direzioni opposte una rispetto all’altra (in questo caso, si tratta delle direzioni delle y positive e negative). Questo problema viene generalmente risolto con l’uso di piani riflettenti, che appunto riflettono l’energia che sarebbe irradiata nella direzione opposta a quella desiderata.

Guadagno direttivo e direttività

Calcoliamo ora il guadagno direttivo della nostra schiera. Applicando la semplice definizione, dobbiamo scrivere che

radP

),(I4),(D

ϕθ⋅π=ϕθ

In effetti, risulta un po’ complicato compiere questo calcolo in modo rigoroso,

principalmente a causa della complessità del calcolo dell’integrale con cui ricavare Prad, per cui lo tralasciamo (4). Al contrario, vediamo di fare un calcolo approssimato del valore massimo di D(θ,ϕ), ossia un calcolo approssimato della direttività della schiera.

A tal fine, possiamo usare la seguente formula approssimata:

[ ][ ] ( ) 2

4),(DD

principalelobostimatamaxstimata ⋅∆Ω

π=ϕθ=

dove ( )

principalelobo∆Ω è l’angolo solido sotto cui è visto il lobo principale del diagramma di

radiazione e dove il fattore 2 a denominatore tiene conto del fatto che la schiera possiede due lobi principali disposti simmetricamente (lungo l’asse y).

La formula dice evidentemente che la direttività aumenta al diminuire di ( )principalelobo∆Ω , il

che è un risultato ovvio. Tutto sta a calcolare proprio ( )

principalelobo∆Ω . In prima approssimazione, possiamo ritenere

che questo angolo sia semplicemente il prodotto delle aperture del lobo nei piani [x,y] e [y,z], ossia rispettivamente nei piani E-principale ed H-principale:

( ) yzxyprincipale

lobo θ∆⋅θ∆=∆Ω

Per quanto riguarda l’apertura nel piano [x,y], risulta determinante l’apertura della

funzione F(θ,ϕ), in quanto ( )ϕθ,f~

è una circonferenza in tale piano. Analogamente,

l’apertura nel piano [y,z] dipende solo da ( )ϕθ,f~

(cioè dall’apertura del singolo dipolo), in quanto F(θ,ϕ) è una circonferenza in tale piano.

Ricordiamoci allora che, per un dipolo in λ/2, risultava un campo proporzionale al termine

θ

θ

π

sin

cos2

cos

4 Vale comunque la pena segnalare che l’intensità di radiazione risulta proporzionale al quadrato della funzione F e della funzione f.

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

21

Possiamo allora imporre che questo termine sia nullo per approssimare l’apertura del lobo principale nel piano [y,z]:

kcosar2

kcos2

0cos2

cos0sin

cos2

cos=θ→

π=θ

π→=

θ

π→=

θ

θ

π

Nel nostro caso, hanno senso solo i valori k=+1 e k=-1: per k=1 otteniamo θ=0,

mentre per k=-1 otteniamo θ=π. Deduciamo dunque che l’apertura nel piano [y,z] è approssimativamente pari a π:

π=θ∆ yz

Passiamo ora nel piano [x,y]: in questo caso, con riferimento ai discorsi fatti in

precedenza, sappiamo già che il diagramma si annulla per u=2ππ/N, per cui imponiamo direttamente questa condizione:

Ndcosar

Ndcos

N

2cosdk

N

2u 00

λ=ψ→

λ=ψ→

π=ψ→

π=

Adesso, ricordando a cosa corrisponde l’angolo ψ, poniamo

02ψ−

π=ψ∆

z x

P

ψ∆0ψ

Sostituendo la soluzione trovata poco fa, abbiamo dunque che

( )Nd

sinNd2

cosNd

cosλ

=ψ∆→λ

=

ψ∆−

π→

λ=ψ

Ritenendo ∆ψ abbastanza piccolo, possiamo approssimare il Seno con il suo

argomento, dal che deduciamo che Nd

λ≅ψ∆ . Allora, è evidente che l’apertura del lobo

principale nel piano [x,y] è pari approssimativamente al doppio di questa quantità, per cui

Nd

22xy

λ≅ψ∆=θ∆

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

22

Facendo dunque il prodotto con ∆θyz, otteniamo una stima dell’apertura del lobo principale della nostra schiera:

( )Nd

2

Nd

2yzxyprincipale

loboλπ

=π⋅λ

=θ∆⋅θ∆=∆Ω

Infine, usando la formula enunciata prima, possiamo finalmente stimare la

direttività:

( ) λ=

⋅λπ

π=

⋅∆Ωπ

=Nd

2Nd

24

2

4D

principalelobo

stimata

Volendo fare una valutazione leggermente più accurata, potremmo usare, come

apertura del lobo principale nel piano [y,z], l’apertura a mezza potenza del dipolo in λ/2, che sappiamo essere di 78° (corrispondenti a 1.36 radianti) e, come apertura nel piano [x,y], l’apertura a mezza potenza del fattore di schiera: entrambe le suddette aperture sono a noi note, per cui scriviamo subito che

( ) λ=

⋅⋅λ⋅

π=

⋅∆Ωπ

=Nd

5.5236.1

Nd

84.04

2

4D

principalelobo

stimata

Anche se si tratta di una valutazione abbastanza approssimata, essa ci dice

comunque che la direttività dell’antenna aumenta all’aumentare del prodotto Nd: questo significa, ad esempio, che possiamo ottenere la stessa direttività riducendo la distanza tra di esse e aumentandone il numero dello stesso fattore e ovviamente viceversa.

Tra l’altro, osserviamo che, per N grande, il prodotto Nd è molto vicino anche (N-1)d, che è la lunghezza della schiera: questo ci consente di dire che la schiera sarà tanto più direttiva quanto più sarà lunga.

SSSccchhhiiieeerrraaa cccooolllllliiinnneeeaaarrreee Continuiamo a considerare una schiera di antenne caratterizzate da uguale

modulo ed uguale fase (=0) della corrente di eccitazione:

=

=

0I

II

i

0i

Questo fa sì , in base a quanto visto per la schiera broadside, che risulti

( )

⋅=u

2

1sin

u2

Nsin

IuF 0

Tuttavia, al posto di considerare tanti dipoli allineati parallelamente all’asse z,

consideriamo adesso i dipoli giacenti sull’asse z, come illustrato nella figura seguente:

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Schiere di antenne (parte I)

Autore: Sandro Petrizzelli

23

z

x

P

θ=ψ

In questo caso, la funzione F(u) rimane la stessa di prima, con la differenza però che

adesso risulta cosψψ=cosθθ. Si parla in questo caso di schiera collineare. Richiamiamo dunque l’andamento di F in funzione dell’angolo ψ:

z

x

Possiamo ripetere gli stessi ragionamenti fatti per la schiera broadside, con le dovute

accortezze.

Cominciamo col riportare le proiezioni delle funzioni F(θ,ϕ) e ( )ϕθ,f~r

(quella del generico dipolo in λ/2):

• funzione ( )ϕθ,f~

:

z

x

z

y

x

y

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

Autore: Sandro Petrizzelli

24

• funzione F(θ,ϕ):

z

x

z

y

x

y

Eseguendo il prodotto delle proiezioni, si ottiene quanto segue:

z

x

z

y

x

y

Nelle prime due figure abbiamo anche riportato, sullo fondo, i rispettivi diagrammi

relativi ad F(θ,ϕ), al fine di valutare in modo più evidente l’esito della moltiplicazione:

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Schiere di antenne (parte I)

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25

i diagrammi finali hanno praticamente la stessa “forma” dei diagrammi di F(θ,ϕ), con la differenza di un leggero allargamento dei soli lobi secondari.

In definitiva, la schiera ha avuto l’effetto di esaltare le proprietà del singolo dipolo, al contrario di quanto avveniva invece per la schiera broadside.

La figura seguente mostra una visione tri-dimensionale del prodotto tra F(θ,ϕ) e

( )ϕθ,f~r

:

La cosa più evidente che si può osservare è che abbiamo in questo caso conservato

la simmetria cilindrica che avevamo nei singoli dipoli. Questa caratteristica delle schiere collineari le rende particolarmente adatte (ed infatti sono largamente usate) per la diffusione broadcast dei segnali radio-televisivi: infatti, in questo tipo di distribuzione è opportuno che le antenne diffondano il segnale nel modo più omogeneo possibile intorno a loro.

Proviamo anche in questo caso a stimare la direttività:

• per quanto riguarda il piano [y,z], abbiamo che

Nd

22yz

λ≅ψ∆=θ∆

• per quanto riguarda, invece, il piano [x,y], in cui il principio della

moltiplicazione del fascio ci ha dato una circonferenza, scriviamo facilmente che

π=θ∆ 2xy

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Appunti di “Antenne” – Capitolo 3

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26

Deduciamo perciò che la direttività (stimata) è:

( ) λ=

π⋅λ

π=

∆Ωπ

=Nd

2Nd

244

Dprincipalelobo

stimata

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