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• QUINDICINALE DI FATTI E OPINIONI • REG. TRIB. DI SIRACUSA N.1509 DEL 25/08/2009 • DIRETTORE: FRANCO ODDO • VICEDIRETTORE: MARINA DE MICHELE venerdì 27 novembre 2015 prossima uscita 11 dicembre Anno VII n.20 · € 1,00 e-mail: [email protected] Comune al bivio: aspettare la sentenza o cassare la determina “Non è detto che l’accreditamento sia confermato” Il parroco ha ruoli più importanti di un Rettore “L a chiesa può pronunciare solo parole umane non la Parola. L’attuale papa è vicino alla teologia della libe- razione e quando era vescovo di Buenos Aires andò a difendere un teologo che affermava nei suoi scritti il bisogno di riferirsi alla fede del popolo, anche se sbaglia, il popolo degli ultimi, perché è nel popolo che esiste Dio più che nei teologi e la chiesa è quella dei se- gni, che vive nel silenzio...” C on il decreto n. 990 del pri- mo luglio 2015, il dirigente generale del Dipartimento regionale dell’acqua e dei rifiuti, ha rilasciato l’autorizzazione in- tegrata ambientale (A.I.A.) alla società Ofelia Ambiente s.r.l. per la gestione dell’impianto per la produzione di compost di qualità e produzione di fertilizzante natu- rale da realizzarsi nel comune di Melilli in contrada Santa Catrini, che ricade nella frazione di Città Giardino. SOCOSI E UTIL SERVICE VILLA RIZZO DIRITTO CANONICO Un affare da 2,5 milioni. L’AD Monaco: “Abbiamo ceduto a 50 euro al metro quadrato” A Melilli il primo impianto di compostaggio in provincia L’AIA a una società,si vende a un’altra,subentra una terza Nel biologico controlli ridotti e molti furbetti ma la qualità dei prodotti è indiscutibile Teologi a convegno:“La Chiesa è ancora indietro” A un augustano d’adozione il premio Ambrosoli 2015 pag. 22 I l settore biologico, a causa di una eccessiva bu- rocratizzazione normativa e mercificazione spinta, sta perdendo il suo smalto originario e la sua forza propulsiva ideale e di cambiamen- to, poiché trasformato (dalla Comunità Europea e dal Ministero dell’Agricoltura italiano) solo in uno “stanco” metodo di coltivazione ricco di di- vieti ed adempimenti burocratici formali sempre più lontano dai valori da cui era ispirato. Quindi il fatto che Altroconsumo, nella sua indagine su campioni analizzati di prodotti bio e convenzio- nali, non abbia ritrovato superiorità nutriziona- li  dei prodotti bio su quelli convenzionali e aver trovato la presenza di qualche campione bio con residui (e ciò può accadere) manifesta, se mai ce ne fosse bisogno, solo l’esigenza  di riportare ai principi ispiratori un sistema che ha già dimo- strato, nelle ricerche scientifiche finora svolte, una superiorità igienico sanitaria e nutrizionale che nessuno potrà mai smentire, neanche Altro- consumo. Ma oggi è richiesta una seria e profon- da riflessione di tutti. Antonio Andolfi Vincenzo Moscuzza Corrado Tardonato Corrado Fianchino pag- 17 NINO CONSIGLIO SANITÀ PAGANDO DETENUTI PEDOFILI pag. 21 pag. 20 pag. 18 10 11 12 PD e Medeuropa istituiscano per lui una Fondazione Sprechi della mutua medicine a gogò e grandi affari Il 4 dicembre operatrici alla libreria Mascali pag.16 pagg. 4-5 pag. 7 Stefania Festa Salvo La Delfa Marina De Michele Antonello Ferrara PRIMO PIANO PRESENTATO DAL MINISTRO DEL RIO La pretura di Augusta diventò il punto di riferi- mento della strategia di tu- tela ambiente dei cosiddetti pretori d’assalto INQUINAMENTO Ansaldi pag. 5 PRETORE CONDORELLI Nel 2015 settantadue sog- getti affetti da dipendenza da gioco si sono rivolti al SERT, molti preferiscono restare nell’anonimato LUDOPATIA SIRACUSA RESILIENTE Di Carlo pag.8 SOLO 72 AL SERT È iniziato il nuovo anno so- ciale di Siracusa Resiliente e le ragioni che ci hanno por- tato ad iniziare il cammino si sono rinforzate. Sgarlata pag.9 RIPARTE IL 4 Pon Infrastrutture e Reti. Forti investimenti, Augusta in prima fila Giambattista Totis pag.3 SCHIAFFO ALLA MAFIA, APERTO A NOTO IL PIO LA TORRE

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• QUINDICINALE DI FATTI E OPINIONI • REG. TRIB. DI SIRACUSA N.1509 DEL 25/08/2009• DIRETTORE: FRANCO ODDO • VICEDIRETTORE: MARINA DE MICHELE

venerdì 27 novembre 2015prossima uscita 11 dicembre

Anno VII n.20 · € 1,00e-mail: [email protected]

Comune al bivio:aspettare la sentenzao cassare la determina

“Non è dettoche l’accreditamento

sia confermato”

Il parroco ha ruolipiù importantidi un Rettore

“La chiesa può pronunciare solo parole umane non la Parola. L’attuale papa

è vicino alla teologia della libe-razione e quando era vescovo di Buenos Aires andò a difendere un teologo che affermava nei suoi scritti il bisogno di riferirsi alla fede del popolo, anche se sbaglia, il popolo degli ultimi, perché è nel popolo che esiste Dio più che nei teologi e la chiesa è quella dei se-gni, che vive nel silenzio...”

Con il decreto n. 990 del pri-mo luglio 2015, il dirigente generale del Dipartimento

regionale dell’acqua e dei rifiuti, ha rilasciato l’autorizzazione in-tegrata ambientale (A.I.A.) alla società Ofelia Ambiente s.r.l. per la gestione dell’impianto per la produzione di compost di qualità e produzione di fertilizzante natu-rale da realizzarsi nel comune di Melilli in contrada Santa Catrini, che ricade nella frazione di Città Giardino.

SOCOSI E UTIL SERVICE VILLA RIZZO DIRITTO CANONICO

Un affare da 2,5 milioni. L’AD Monaco: “Abbiamo ceduto a 50 euro al metro quadrato”A Melilli il primo impianto di compostaggio in provinciaL’AIA a una società, si vende a un’altra, subentra una terza

Nel biologico controlli ridotti e molti furbettima la qualità dei prodotti è indiscutibile

Teologi a convegno: “LaChiesa è ancora indietro”

A un augustano d’adozioneil premio Ambrosoli 2015

pag. 22

Il settore biologico, a causa di una eccessiva bu-rocratizzazione normativa e mercificazione spinta, sta perdendo il suo smalto originario

e la sua forza propulsiva ideale e di cambiamen-to, poiché trasformato (dalla Comunità Europea e dal Ministero dell’Agricoltura italiano) solo in uno “stanco” metodo di coltivazione ricco di di-vieti ed adempimenti burocratici formali sempre più lontano dai valori da cui era ispirato. Quindi il fatto che Altroconsumo, nella sua indagine su campioni analizzati di prodotti bio e convenzio-nali, non abbia ritrovato superiorità nutriziona-

li  dei prodotti bio su quelli convenzionali e aver trovato la presenza di qualche campione bio con residui (e ciò può accadere) manifesta, se mai ce ne fosse bisogno, solo l’esigenza  di riportare ai principi ispiratori un sistema che ha già dimo-strato, nelle ricerche scientifiche finora svolte, una superiorità igienico sanitaria e nutrizionale che nessuno potrà mai smentire, neanche Altro-consumo. Ma oggi è richiesta una seria e profon-da riflessione di tutti.

Antonio Andolfi

Vincenzo Moscuzza

Corrado Tardonato Corrado Fianchino

pag- 17

NINO CONSIGLIO

SANITÀ PAGANDO

DETENUTI PEDOFILI

pag. 21

pag. 20

pag. 18

10

11

12

PD e Medeuropaistituiscano per luiuna Fondazione

Sprechi della mutuamedicine a gogòe grandi affari

Il 4 dicembreoperatrici allalibreria Mascali

pag.16pagg. 4-5pag. 7

Stefania Festa

Salvo La Delfa

Marina De Michele Antonello Ferrara

PRIMO PIANO

PRESENTATO DAL MINISTRO DEL RIO

La pretura di Augusta diventò il punto di riferi-mento della strategia di tu-tela ambiente dei cosiddetti pretori d’assalto

INQUINAMENTO

Ansaldi pag. 5

PRETORE CONDORELLI

Nel 2015 settantadue sog-getti affetti da dipendenza da gioco si sono rivolti al SERT, molti preferiscono restare nell’anonimato

LUDOPATIA

SIRACUSA RESILIENTEDi Carlo pag.8

SOLO 72 AL SERT

È iniziato il nuovo anno so-ciale di Siracusa Resiliente e le ragioni che ci hanno por-tato ad iniziare il cammino si sono rinforzate.

Sgarlata pag.9

RIPARTE IL 4

Pon Infrastrutture e Reti. Forti investimenti, Augusta in prima fila

Giambattista Totis pag.3

SCHIAFFO ALLA MAFIA, APERTO A NOTO IL PIO LA TORRE

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva RIFIUTI

Descrizione triste e ironica su una tranquilla e noiosa cittadina di periferiaLa provincia babbaSESTA PUNTATA. Il sindaco Gavillano si svegliò con l’allegria di un giorno di festa e provò a fare mente locale. Perché era così allegro? Perché questa bella sensazione di desideri finalmente soddisfatti? Ah, sì. Adesso ricor-dava tutto. Che meraviglia! Era stato eletto al Parlamento nazionale. Era finalmente deputato. Il sogno di una vita. Il sogno di tutta la sua famiglia. Lo aveva sognato il papà. Lo aveva sognato lo zio. E lui final-mente lo aveva coronato. Da oggi era onorevole.L’avvocato Regio, sfidante di Gavillano per la sindacatura scorsa e adesso suo alleato, aprì gli occhi ancora impastati dal sonno e provò a ricordarsi dov’era. Una stanza anonima ben arredata. Non era casa sua. Sembrava un albergo. E finalmente la memoria riaffiorò. Sorrise raggiante. Era a Palermo. Ce l’aveva fatta. Il telefono suonò e l’avvoca-to Regio mosse la mano verso il comodino e a tentoni prese la cornet-ta. Dall’altro capo una voce che diceva: ”Buongiorno onorevole, è la sveglia.“ “Onorevole”; che goduria. Che parola straordinaria. Quanto l’aveva desiderato. E adesso finalmente era fatta.Gavillano ricordava sempre meglio. La nebbia del mattino si diradava e la memoria prendeva il sopravvento. Avevano tentato di fermarlo con tutti i mezzi, ma alla fine si era imposto direttamente il Presidente del Consiglio che aveva preteso per lui il posto di capolista bloccato. Un anno prima nessuno ci avrebbe scommesso e la cosa sembrava davvero impossibile. Per passare da una stanza all’altra del Municipio bisognava chiedere permesso ai finanzieri (non il permesso nel senso di autorizzazione, ma proprio “Permesso” nel senso che erano così tanti a controllare le carte che non c’era lo spazio per passare).Ma lui era stato davvero bravo. Prima aveva gridato al complotto, poi aveva chiesto l’aiuto dell’on. Videi, esperto in “questioni complesse”, e

poi aveva ossessionato il suo capocorrente illustrando la necessità per il Paese di una sua elezione. E alla fine aveva trionfato facendo ottene-re al PD il migliore risultato della sua storia in provincia.Regio rifletteva sugli ultimi avvenimenti. Aveva preso una montagna di voti arrivando primo fra tutte le liste. Certo aveva dovuto abbozza-re e candidarsi per i kenziani nel Partito Nemocratico. Si vergognava molto, ma il fine giustifica le figure di m…. . Il suo grande elettore era stato proprio Gavillano che lo aveva fatto votare da tutti i suoi sodali. Persino l’on. Videi lo aveva sostenuto. Aveva dovuto giurargli fedeltà, ma ne era valsa la pena. Era stato incoronato con un risultato mai visto a un’elezione regionale.Gavillano mise piede alla Camera di buon mattino. I commessi si in-chinavano al suo passaggio e lo chiamavano onorevole. La sensazione era di tipo orgasmico e non riusciva a controllare la gioia. Alla fine del corridoio incontrò il Presidente del Consiglio (il Partito Nemocratico aveva preso il 90% dei voti) che lo salutò con enfasi e lo presentò a un capannello di colleghi, dicendo: “Ecco l’onorevole (altro orgasmo) Gavillano, uno dei nostri giovani più promettenti.” Avvertiva l’invidia degli astanti e ne godeva follemente. Viaggiava a un palmo da terra e tutto appariva colorato di rosa.Regio entrò a Palazzo dei Normanni e cominciò la raffica di “Buon-giorno onorevole”. Era così contento che aveva l’impressione di non vivere nella realtà. Si avviò verso la riunione del gruppo. Erano 62 eletti su 70 parlamentari. Tutti aspettavano il messaggio del presiden-te del Consiglio che avrebbe inviato direttamente da Roma i nomi degli assessori prescelti. Il messaggio arrivò e il primo nome era il suo. Non stava più nella pelle. Ce l’aveva fatta. Adesso era un uomo potente.

“Sindaco! Sindacoo! Sindacooo! Oh. Mi scusi. Stava dormendo?”. La segretaria era entrata nella stanza per informarlo dell’ennesimo se-questro di carte da parte della Finanza (ormai sequestravano persino le risme appena acquistate). “Avvocato! Avvocatoo! Avvocatooo! Oh. Mi scusi. Stava dormendo?”. La segretaria era entrata nella stanza per chiedergli se poteva far en-trare il prossimo cliente (lo studio gli andava alla grande, a differenza della politica).Gavillano e Regio, ognuno alla propria scrivania, trasalirono, sgra-narono gli occhi e pronunciarono la stessa bestemmia irripetibile se-guita dalla frase “Ancora lo stesso maledetto sogno che mi tormenta”.

di Lamberto LaudisiIl sindaco Gavillano e l’avvocato Regio diventano onorevoli

L’assessore Coppa: “Siracusa piange le conseguenze delle scelte negli anni passati”

Gestione rifiuti, finchè l’Urega non avrà designato il nuovo gestoreil Comune non potrà correggere più di tanto l’operato dell’IGM

Quando si parla di im-mondizia, l’opinione comune è che Sira-

cusa è sporca! E Siracusa è sporca! Chi, infatti, si trovas-se a fare un giro della città si accorgerebbe che purtroppo non si tratta solo di una mera lamentela ma di verità. In al-cune zone i cassonetti della differenziata non esistono, e quindi niente differenziazio-ne dei rifiuti; ma nelle zone dove essi affiancano i casso-netti comuni, l’immondizia invece di esservi depositata dentro non solo è sparsa per terra ma è anche gettata in modo indifferenziato. La gente si lamenta che nes-suno pulisce e in effetti il servizio di spazzamento non viene svolto in modo adegua-to. L’immondizia decora le aiuole e svolazza per le stra-de quando il vento le spazza o intasa i tombini quando l’acqua piovana le lava. Così quando nel gennaio 2015 il sindaco Garozzo annunciò ai media che presto a Siracu-sa sarebbe iniziata la raccolta differenziata porta a porta, la quale avrebbe permesso la concessione di sgravi fiscali in base al peso della spazza-tura differenziata conferita, i cittadini attenti all’argomen-to hanno esultato sperando che finalmente cambiasse

qualcosa. Tuttavia da quell’annuncio è trascorso circa un anno e nulla è cambiato. Le strade continuano ad essere spor-che, i cassonetti insufficien-ti e i virtuosi che si recano nei due Centri Comunali di Raccolta, in contrada Are-naura e in contrada Targia, non solo lo fanno a proprie spese ma non ne traggono alcun vantaggio. Infatti, no-nostante gli addetti ai centri segnino su schede il nume-ro di targa e le generalità di chi vi si reca, è probabile che queste registrazioni fi-niscano nella raccolta diffe-renziata della carta, poiché, non essendoci bilance per la pesatura dell’immondizia conferita, esse sono del tutto inutili. Intanto la maggior parte della gente continua a infischiarsene, non dif-ferenzia, abbandona rifiuti ingombranti nei luoghi più disparati. Il senso civico è morto! In questo quadro desola-to si inserisce la situazione dell’IGM, la ditta con circa 253 addetti che da 40 anni gestisce il servizio di raccolta dell’immondizia a Siracusa. Il contratto tra il comune di Siracusa e l’IGM è scaduto dal 2008 ed è stato proro-gato diverse volte nell’attesa di una nuova gara d’appal-to che designasse il nuovo gestore del servizio di puli-zia. Questo ha fatto sì che i

cassonetti cominciassero a scarseggiare, anche grazie al grande senso civico dei nostri concittadini che si divertono a danneggiarli o peggio distruggerli, e che la raccolta differenziata subisse una forte battuta d’arresto, anzi restasse ancora agli al-bori, in confronto ad altre realtà anche della provincia di Siracusa. A tutto ciò si ag-giunge l’imbarbarimento dei costumi dei nostri concitta-dini che diffondono voci fal-

se e tendenziose sul fatto che “tanto anche se si differenzia tutto finisce nell’indifferen-ziata” e che, peggio ancora, si sentono in dovere di abban-donare ovunque capiti rifiuti ingombranti e sacchi di im-mondizia. Ma qualcosa sembra muo-versi. Si sono costituiti dei Consorzi Nazionali per il recupero di alcuni mate-riali: legno, plastica, carta, olii esausti (Cial, Comieco, Corepla, Coreve, Ricrea e

Rilegno), per i quali Sira-cusa sembra essere una piazza molto interessante, considerato che la raccolta differenziata è attualmente solo al 5%. Tuttavia bisogna formare il senso civico dei cittadini. Per far ciò è stato creato un format itinerante Green Game con l’obiettivo di sensibilizzare ed avvicina-re i cittadini a una corretta raccolta differenziata, coin-volgendo un pubblico giova-ne nella speranza di influen-zarlo in maniera positiva e di raggiungere così anche le famiglie. Questo format ba-sato sulla formula del gioco a quiz, che insegna diverten-do, ha fatto tappa al Liceo Corbino di Siracusa. Ospi-ti di questo appuntamen-to sono stati Massimo Di Molfetta, responsabile della comunicazione del consor-zio Corepla e Pietro Coppa, assessore all’Ambiente del Comune di Siracusa. Interpellato, l’assessore Cop-pa, che si è insediato nella giunta Garozzo solo a gen-naio del 2015, ha detto che purtroppo Siracusa piange le conseguenze della cattiva amministrazione degli anni passati che ha causato un notevole ritardo nell’avvio della raccolta differenziata. Inoltre al momento del suo insediamento l’assessore Coppa ha trovato una gara d’appalto già pubblicata nel mese di dicembre 2014 con

scadenza marzo 2015. Tut-tavia, come scrivevamo nel numero scorso, le complica-zioni sorte con l’esclusione della Tekra (uno dei tre pro-ponenti) e il suo conseguente ricorso hanno fatto slittare ulteriormente i tempi di ag-giudicazione dell’appalto e di conseguenza dell’avvio del nuovo servizio che – egli dice - “causerà una vera ri-voluzione” visto che spari-ranno i cassonetti e si pas-serà a una raccolta porta a porta con l’uso delle bilance per determinare la quantità di rifiuti conferiti e il rela-tivo sgravio fiscale che ne deriverà. Infatti l’assessore ha ammesso che nel nostro comune la TARI è piuttosto alta e l’obbiettivo principale è la sua riduzione. Ma tutti questi cambiamenti saranno possibili solo al mo-mento in cui l’UREGA avrà designato il nuovo gestore ed entreranno in vigore le regole del nuovo capitolato. Fino a quel momento l’am-ministrazione comunale non potrà intervenire se non per correggere in modo al-quanto marginale l’operato dell’IGM che agisce in pro-roga. Nel frattempo si invitano i cittadini a manifestare mag-giore senso civico e a tenere pulita la propria città per non aggravare la già difficile situazione della nostra bella Siracusa.

di Carmela Fidelio

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 3LA CIVETTA di Minerva

Giustizia è fatta. Dopo la triste vi-cenda che aveva

coinvolto l’allora Assessore Regionale Maria Rita Sgar-lata e alcuni funzionari del-la Soprintendenza, vicenda poi rivelatasi inconsistente ma che aveva costretto alle dimissioni la Sgarlata e alla rotazione d’ufficio i dirigen-

ti della Soprintendenza, la dott.ssa Alessandra Trigi-lia ottiene la riabilitazione completa e torna a dirige-re l’Ufficio che il Direttore Giglione le aveva indebita-mente revocato.Formuliamo i migliori au-guri di buon lavoro alla dott.ssa Trigilia. Siamo sicuri che con questo provvedimento i Beni Pae-saggistici saranno debita-mente tutelati.

PRIMO PIANO

1.843,733 milioni, il 37% dei quali destinati agli scali portuali per l’intermodalità e la logistica

Presentato a Napoli il Pon Infrastrutture e Reti 2014-2020Previsti forti investimenti nei porti, Augusta in prima fila

Alessandra Trigilia torna a dirigere con decreto dell’Assessorato BB.CC.la Sezione per i Beni Paesaggistici della Soprintendenza di Siracusa

Arrivano buone notizie da Napoli. Il ministro Del Rio, presentando

il programma operativo na-zionale (Pon) «Infrastrutture e Reti» 2014-2020, elaborato e ge stito dal ministero delle Infra strutture e approvato dal-la Com missione Ue il 29 luglio scorso, annuncia un finanzia-mento euro peo (fondi struttu-rali Fesr) per 1.382,8 milioni di euro e un co-fi nanziamento na-zionale di 460,933 milioni per un totale di risorse pubbliche, a fondo perduto, di 1.843,733 milioni, di cui ben 684 milioni, pari al 37% del totale, destinati agli scali portuali per favorire l’intermodalità e per sostenere, in concreto, il piano nazionale per i porti e la logistica appro-vato recentemente dal governo. Ad essi si aggiungeranno circa 500 milioni per il completa-mento di progetti contenuti nel Pon 2007-13. Si tratta di opere ferroviarie tra cui la velocizza-zione Catania-Siracusa, tratta Bicocca-Targia. In concreto Rfi (Rete ferrovia-ria italiana) prevede la messa in gara di queste opere nella pri-mavera prossima, con avvio dei lavori a fine anno. Nell’ambito dei porti, il Pon fi-nanzierà prioritariamente quelli di Gioia Tauro per renderli ca-paci di ospitare le mega na vi di ultima generazione; e quelli di Napoli-Salerno e Augusta, per potenziare il traffico container in termodale (mare-ferro) e Ro-Ro (mare-strada).Circa l’intermodalità, il Pon punta soprattutto agli interven-ti di “ultimo miglio”, nei nodi logi stici appartenenti alla rete Core: porti di Augusta, Gioia Tauro, Napoli e Taranto; so-prattutto connes sioni con la rete

ferroviaria.Nel disegno governativo il Pon si regge su due direttrici: po tenziare i nodi di una rete naziona le ed europea e non sin-goli porti isolati, per agganciarsi ai grandi corridoi europei; in-tegrare la programma zione na-zionale e regionale per sostenere il rilancio dello sviluppo indu-striale nel Sud. Ciò avverrà attraverso cinque aree logistiche integrate con una forte presenza manifattu-riera su cui il Pon scom mette

intervenendo su infrastrutture fer roviarie, sviluppo dei porti con la razio nalizzazione delle Autorità portua li, tecnologie e servizi logistici di li vello euro-peo.In questa visione i due poli in-tegrati della Sicilia, hanno tre caratteri stiche comuni: presen-tano forti in sediamenti indu-striali; hanno enor mi margini di efficientamento logistico; hanno bisogno di progetti di collegamento infrastrutturale

tipo “ultimo miglio” ai porti. Il Pon, quindi, ha l’obiettivo gene rale di «promuovere si-stemi di trasporto sostenibi-li ed elimina re le strozzature nelle principali infrastrutture di rete». Quattro daranno le linee principali di intervento: potenziare la rete ferroviaria meridio nale, tra cui la Paler-mo-Messina-Catania; favorire l’intermodalità per le merci, attraverso so prattutto i collega-menti “ultimo miglio” tra in-terporti-porti-rete ferroviaria,

in modo da favorire lo scambio gomma-ferro-nave; promuove-re lo sviluppo della portualità, con potenziamenti, in partico-lare, dei porti di Gioia Tauro, Taranto, sistema Napoli-Saler-no e Augu sta; incrementare l’ef-ficienza del sistema infrastrut-turale, favorendo l’adozione di nuove tecnologie per il monito-raggio e la gestione dei flussi di traffico su strada di merci e pas-seggeri e l’introduzione dello sportello unico doganale volto a

ridurre i tempi e l’incertezza per i flussi delle merci.Porti e intermodalità assu-mono, quindi, un ruolo centrale nel nuo vo Pon Infrastrutture e Reti. Da qui, la necessità che il territorio siracusano abbia un ruolo nella nuova “governance” del sistema integrato della Sici-lia orientale.Lo sviluppo dei porti meri-dionali e della intermodalità ri-chiede forte impegno e sinergia tra istituzioni, per recuperare i ri tardi maturati nella stagione

passata, quando i porti italiani hanno perso il 7% del traffico merci e altrettanto nel traspor-to passeggeri, guadagnando solo nel settore crocieristico. E’, quindi, evidente la necessità di rilan ciare con urgenza il setto-re, di gestire con efficienza ed efficacia la nuova logistica dise-gnata dal piano di riforma vara-to qualche mese fa, considerato che il 70% delle merci viaggia via ma re, ed in vista delle gran-di pro spettive offerte dal mer-

cato dei Paesi del Mediterraneo (11% del l’export italiano e 16% di quello meridionale) e dal rad-doppio del canale di Suez, come rivela anche il recente studio di Intesa Sanpaolo.Adesso ci sono le risorse dedi cate dal budget Ue alle reti Ten-te, quelle legate al completamen to del vecchio Pon 2007-2013. Resta comunque un problema di fondo: l’Italia ha bisogno di semplificare forte-mente i procedimenti ammini-strativi che portano a realizza re

le grandi opere e di procedere speditamente alla riforma della pubblica amministrazione e del sistema degli appalti (su cui il governo è intervenuto in questi giorni) facendo tesoro delle re-centi esperienze maturate con EXPO.Da Napoli, finalmente, emerge una buona sin tonia tra il Gover-no italiano e la Commissione europea. Non è un caso che la commissaria europea, interve-nendo sul contenuto del piano

in arrivo, dichiari che esso ser-virà «per riequilibrare il si stema di trasporto del Mezzo giorno, portando investimenti su fer-rovie, porti e logistica» solleci-tando una sinergia opportuna tra Italia ed Ue: si spera di essere alla vigilia di importanti cam-biamenti nella qualità degli in-vestimenti. Come dice il commissario, però, questo traguardo rap-presenta solo un passaggio in-termedio, perché il Pon andrà collocato in un contesto più ampio. «Deve essere chiaro che il gap infrastrutturale ita liano non può essere superato solo da questo programma. I fondi di coesione sono lì a com pletare l’azione nazionale». In questa chiave, un ruolo impor tante verrà giocato dai fondi europei di sviluppo regio-nale. «Complessivamen te gli investi-menti del Fesr per le infrastrut-ture di trasporto in Italia rag-giungeranno più di 2,4 miliardi nel 2014-2020, che salgono a oltre tre miliardi se calcoliamo anche il cofinanziamento nazio-nale».In questo scenario la qualità del dibattito e dello sforzo delle classi dirigenti locali è insop-portabilmente limitato e vec-chio, segnato da miserie ed in-capacità di affrontare le grandi questioni del nostro territorio in un’ottica globale e culturalmen-te adeguata. Bisogna inserirsi nella giusta dimensione del problema, altri-menti il sistema portuale della Sicilia Orientale, di cui Augusta è la punta di diamante, sarà solo una propaggine insignificante dell’”impero”, dove le popo-lazioni ed i territori saranno oggetto passivo di scelte che vengono maturate altrove senza contezza e con ruoli marginali e da gregari: così com’è stato per l’insediamento della chimica.

di Giambattista Totis

La redazione

Galleria Palazzo Bellomo - Protocollo Nr.3695 - 17/11/2015

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva IL CASO

I lavoratori sempre più preoccupati per lo spettro del licenziamento, “in teoria dovrebbero restare”

La decisione del Tribunale del 19 novembre un punto fermo in un lungo percorso tortuoso

Marcella Coppa (Cgil Sanità): “Con questi continui rimpalli di competenzenon è detto che l’accreditamento sia confermato, anzi girano voci contrarie”

Nuova Clinica Villa Rizzo. Liuzza: “Ciò che sta accadendo ha del surreale Si riconsegna a costo zero una struttura stimata oltre cinque milioni”

di Marina De Michele

Grande preoccupazione, era questo il sentimen-to diffuso tra i lavora-

tori della NCVR fino all’altro ieri e non sappiamo se le ulti-me notizie siano state per loro rasserenanti. Il 30 novembre, dopo due anni (dal 15 novembre 2013), scade il termine dell’eserci-zio provvisorio della curatela fallimentare e il futuro rima-ne pieno di incertezze perché potrebbe esserci una qualche reazione al provvedimento di sequestro della TD Medical e forse qualche sorpresa per la volturazione dell’accredita-mento.“Lo spettro del licenziamento è ciò che più agita i lavora-tori e che tiene in allerta noi del sindacato - commenta la sindacalista della Cgil sanità Marcella Coppa -. Sono pre-occupazioni che facciamo no-

stre perché allo stato attuale, nel ping pong di responsabi-lità tra curatela e proprietà, non sappiamo con assoluta certezza quale sarà il destino dei dipendenti. I nostri contatti finora sono stati, pur se dietro nostra sollecitazione, in particola-re con il Giudice Delegato Sebastiano Cassaniti: lui ci ha comunicato la immediata esecutività della restituzione dell’azienda al netto dei beni strumentali che in leasing ap-partengono alla TD Medical e senza i quali non è possibile operare. Delle due alternative possibi-li, o la riconsegna immediata al dottor Rizzo o un passaggio soft dell’attività nei tempi ne-cessari, scongiurando l’inter-ruzione delle prestazioni, oggi sembra che prevalga la prima. Teoricamente, per quanto si è detto, tutto il personale re-sterà in servizio”.

Ma è ipotizzabile che davve-ro tutti i lavoratori restino al proprio posto? Nessuno pa-gherà l’essersi eventualmente schierato dalla parte sbaglia-ta? Neanche tra qualche tem-po? Quali decisioni si stanno assumendo in merito ai nuovi criteri del decreto Balduzzi? Crede che ci saranno pro-blemi per una volturazione dell’accreditamento? Sappiamo che le prenotazioni, in attesa che il quadro com-plessivo si chiarisse, erano state sospese.“Per il decreto Balduzzi siamo in attesa dei decreti attuativi, e comunque non sappiamo quali decisioni verranno pre-se a livello regionale. Egualmente per l’accredita-mento, in questa confusione aggravata da denunce e ricorsi sospesi, come quello in Cassa-zione della fallita NCVR, che rendono la situazione ancora più fluida e indecifrabile, non

è detto, al di là delle dichiara-zioni alla stampa, che l’accre-ditamento sarà riconfermato, anzi le indicazioni sono state finora di senso opposto. In fondo si tratta pur sempre di un’altra società. Altri dovran-no valutare questi aspetti con-trattuali. Per quanto riguarda invece i lavoratori, l’unico nostro in-teresse come dimostrato dal fatto che non ci siamo mai schierati né da una parte né dall’altra, il sindacato è im-pegnato nella salvaguardia dei posti di lavoro, di tutti, così come dei posti letto, indi-spensabili per il territorio. Certo fino a questo momen-to le interlocuzioni non sono state sempre rituali e spesso abbiamo appreso le notizie esclusivamente dalla stampa. Aspettiamo ora di discutere con il nuovo gestore auspi-cando che le promesse siano mantenute”.

Sta per calare il sipario sulla vicenda del fallimento della Clinica Rizzo: così sembra

almeno essere, dopo che è stato autorizzato dalla Procura anche il sequestro dei beni della TD Me-dical, società proprietaria delle strumentazioni, il primo passo per rendere possibile, sebbene non ancora certa, la continuità dell’attività sanitaria. Ma se solo si guarda a quanto accaduto in questi due anni l’ottimismo fa fatica a incunearsi e sicuramente non mancheranno in futuro altre azioni eclatanti.Intanto è stata determinante la data del 19 novembre quando la Prima Sezione Civile del Tribu-nale di Siracusa ha decretato la restituzione dell’azienda al dot-tor Gianluigi Rizzo che ormai da due anni rivendicava i propri diritti di “legittimo” proprietario. Un punto fermo, in un percorso tortuoso contrassegnato da atti contraddittori. Solo nell’ultimo anno, nel corso del 2015, tutti i provvedimenti assunti dal Giu-dice Delegato erano stati via via annullati dallo stesso Tribunale Fallimentare. Così, quello di gen-naio, che riconosceva alla CVR il diritto di vedersi restituito l’im-mobile (annullato a ottobre), poi a febbraio il decreto che sanciva la fine dell’esercizio provvisorio con conseguente restituzione dell’a-zienda al dottor Gianluigi Rizzo (annullato a maggio) e, ancora, quello di inammissibilità di una proposta di concordato presenta-ta dalla società Città di Siracusa in giugno (proposta ritenuta sì inammissibile, ma per altre cir-costanze, dal Tribunale il mese

successivo ma invece considerata legittima dalla Corte di Appello di Catania in ottobre).La certezza del diritto, verrebbe da commentare!Identica confusione e dubbi han-no contrassegnato la querelle re-lativa all’oggetto della proprietà: solo l’immobile o l’azienda in senso lato? quali gli eventuali di-ritti sulla villetta di via Zappalà? e in che termini la restituzione? a costo zero o riconoscendo il valore aggiunto dell’azienda pro-dotto dalla gestione della società NCVR? e infine, da ritenersi pos-sibile la volturazione dell’accredi-

tamento regionale?Naturalmente da parte del dot-tor Rizzo e del suo legale non c’è mai stato alcun dubbio: l’azienda doveva essere considerata uni-tariamente e complessivamente, “quale universitas di beni e diritti materiali ed immateriali afferen-ti ed inscindibilmente connessi all’esercizio dell’attività sanita-ria”. Di parere opposto invece gli av-vocati della curatela: “I contratti di affitto, sottoscritti dalla fallita

(la NCVR, ndr) in bonis, sono in realtà contratti di locazione im-mobiliare aventi ad oggetto uni-camente l’immobile di via Agati”. In contrasto le opinioni dei ma-gistrati: se infatti per il giudice delegato dottore Giuseppe Ar-tino entro il 2 marzo 2015 si sa-rebbe dovuto riconsegnare ai proprietari il solo immobile di via Agati, precedentemente si era prospettata la possibilità di una restituzione dell’intero complesso aziendale sostanzialmente a costo zero, senza riconoscere nulla ai creditori della NCVR. “Eppure nel 2013 una società di Catania, la

Gretter e Lucina, aveva avanzato una richiesta di acquisto per 7 mi-lioni e mezzo - fa notare l’ammi-nistratore della NCVR Giuseppe Liuzza -. Una proposta alla quale la Regione non ha mai dato una risposta conclusiva. Se allora, e a nostro avviso era possibile, si fosse consentita la vendita, i cre-ditori sarebbero stati soddisfatti. Anzi, essendo ancora nella fase del concordato preventivo, non si sarebbe neanche mai parlato di fallimento. Ritengo che ciò che sta

accadendo abbia del surreale. Si riconsegna ai proprietari, a costo zero, una struttura che una recen-te valutazione ha stimato per oltre 5 milioni”. E in effetti ancora in ottobre il Tribunale di Siracusa riconosceva sì il diritto della CVR di riavere l’azienda ma insieme il suo ob-bligo verso i creditori per tutte le differenze d’inventario compren-dendo anche i costi sostenuti per la ristrutturazione dell’immobi-le (circa due milioni) nonché il maggior valore valutato intorno ai 5/6 mln di euro, impostazioni che sembrano contrastare con

l’ultimo decreto del 19 scorso che, accogliendo il reclamo della CVR contro il decreto del giudice delegato del 14 ottobre (che si op-poneva alla restituzione dell’im-mobile così come invece stabilito dal Tribunale il primo ottobre) ha stabilito la restituzione dell’a-zienda, tutta, comprensiva quindi dell’immobile di via Agati e di via Zappalà, lasciando evidentemen-te qualsiasi altra valutazione in merito al valore attuale dell’azien-da e dell’accreditamento regiona-

le ad altre fasi processuali. Dunque, per rendere più chiari i passaggi finali: il primo ottobre il Tribunale decide per la restitu-zione dell’azienda alle condizioni già dette, il giudice delegato il 14 ottobre decreta la non esecutivi-tà del provvedimento di restitu-zione e dispone la continuazione dell’esercizio provvisorio, la CVR presenta reclamo, la Procura in-terviene quale parte del procedi-mento con una propria memoria a favore della restituzione dell’a-zienda, il Tribunale, il 19 u.s., re-voca il decreto del 14 ottobre del giudice delegato e stabilisce la re-stituzione degli immobili.Nella caoticità oggettiva della questione, complicata da ricu-sazioni dei giudici, denunce ed esposti a destra e a manca, di tutti contro tutti, l’attenzione dei me-dia presenti con aggiornamenti quotidiani, quasi a voler mettere la parola fine, ecco dunque l’in-tervento della stessa Procura, plaudito dal legale della CVR: “E’ mia intenzione lodare l’atteggia-mento professionale e certo super partes della Procura della Repub-blica, intervenuta nel procedi-mento” ha dichiarato l’avvocato Giuseppe Cavallaro.E intanto, l’assessorato regiona-le? In genere favorevole a trasfe-rimenti per volturazione della titolarità delle autorizzazioni sanitarie e dell’accreditamento istituzionale da una casa di cura a un’altra (tre i decreti in questo senso nel solo 2013, due per Cata-nia e uno per Ragusa), in questa occasione è apparso, almeno ini-zialmente, recalcitrante: nel caso di una disgregazione aziendale della clinica Rizzo con restituzio-ne dell’immobile ai proprietari, l’accreditamento non potrebbe essere mantenuto né trasferito

a chi non ne abbia la titolarità, affermava nel febbraio scorso (e riconfermava poi in agosto) il di-rigente regionale dottor Ignazio Tozzo.Eppure solo un anno prima la volturazione dalla NCVR alla CVR era stata fatta, sebbene poi annullata in autotutela a seguito del parere contrario del Tribunale di Siracusa.E ora? A giudicare dalle dichia-razioni del legale del dottor Rizza non ci sarà alcuna soluzione di continuità nel passaggio dalla ge-stione della curatela a quella della proprietà né problemi per ottene-re l’accreditamento regionale.“Dopo due anni e mezzo final-mente la NCVR è stata restituita al legittimo proprietario - così le dichiarazioni dell’avvocato Ca-vallaro alla stampa -. La società CVR è pronta sin da subito a su-bentrare alla gestione provviso-ria, a risolvere i numerosi proble-mi che tale gestione, in questi due anni, ha accumulato. Al momen-to del passaggio delle consegne si terrà una conferenza stampa con la presenza del direttore generale (proprio il dottor Ignazio Tozzo! ndr), dell’assessore e di altre au-torità. Si ringraziano l’assessore regionale alla sanità Gucciar-di nonché la direzione generale per l’accreditamento in persona dell’avvocato Tozzo per la com-petenza che hanno dimostrato in questa annosa vicenda”.Si direbbe che sia tutto in discesa quindi, soprattutto ora che con il sequestro dei beni strumentali non sarà più necessario chiudere la struttura per portarvi nuove apparecchiature. Si va avanti con quello che c’è. Se poi tutto questo risponda a giustizia è davvero dif-ficile dirlo.

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 5LA CIVETTA di Minerva

Anche in questa vicenda un clima rovente e avvelenato che grava come una cappa sull’intera città

La via giudiziaria all’ecologia sul finire degli anni Settanta. Non dimentichiamo ciò che accadde

La storia infinita di denunce e controdenunce che diventanoscontri all’ultimo sangue in cui nulla e nessuno viene risparmiato

La Questione Industriale e il pretore Condorelli. Una stagione che rappresentò una svolta epocale per la tutela ambientale in questa nostra provincia

IL CASO

La storia (o piuttosto la dram-matica telenovela) del falli-mento della Nuova Clinica

Villa Rizzo non è una storia qualsiasi, una di quelle purtrop-po ricorrenti nei nostri tempi difficili, contrassegnati da una perdurante crisi economico-fi-nanziaria, della débacle di una impresa strozzata dai debiti o per inettitudine dei soci, o per eventi esterni che abbiano mo-dificato improvvisamente alcu-ne condizioni e reso impossibile la sopravvivenza di una azien-da/società, o anche per distra-zione dolosa di beni e risorse. Ci appare piuttosto come una sorta di cartina di tornasole del nostro sistema malato, di questioni giudiziarie che non si riesce mai a tenere a un solo li-vello, in un solo ambito, ma che sconfinano spesso, troppo spes-so, in altro, in scontri all’ultimo sangue, in cui nulla e nessuno viene risparmiato. Con un risvolto non di poco conto che registriamo in più di un’occasione: il coinvolgimen-to diretto dei media, chiamati a fare da cassa di risonanza in particolare delle iniziative a carattere penale che più colpi-scano l’attenzione della pubbli-ca opinione e che, in qualche

modo, rendano tutti edotti del campo minato in cui ci si po-trebbe inserire.Un clima rovente e avvelena-to che grava come una cappa sull’intera città e di certo non restituisce l’immagine di una comunità serena, in cui vigano rapporti di rispetto e pacifica convivenza pur nella inevitabile e varia dialettica relazionale.Inoltre, vero è che l’esercizio di un diritto, anche quello di pre-sentare denunce o esposti, ricu-sazione di giudici e altro anco-ra, è certamente una conquista della nostra società democratica e legalitaria, ma altrettanto in-discutibile è che ci sia il rischio

di sconfinare in quello che si definisce abuso del diritto, fatti-specie a cui il nostro legislatore sta prestando sempre maggiore interesse.Non sappiamo dire con assolu-ta certezza se anche in questa vicenda sia così ma certo, se si mette insieme tutto ciò che esu-la dal piano strettamente falli-mentare, il solo asettico elenco lascia sbigottiti.Si deve partire dall’esposto con cui la CVR, nell’aprile del 2012, denuncia la natura fraudolenta della proposta concordataria presentata dalla NCVR e solle-cita il pm affinché si attivi ai fini della pronuncia di fallimento

della NCVR.Secondo Giuseppe Liuzza, am-ministratore della NCVR, la reazione dei proprietari della struttura, allora rappresentati dall’avvocato Francesca Zanga-ra del Foro catanese (moglie del vicepresidente di Confindustria Ivan Lo Bello) e dall’avvocato Giuseppe Piccione del Foro di Siracusa, al tentativo di insi-nuarsi nel fallimento, con un credito di poche centinaia di euro, andato a vuoto perché ri-tenuto inesistente dal Giudice Delegato.Nell’aprile 2014 infatti sia Giu-seppe Liuzza che il professio-nista attestatore, il dottor Giu-

seppe La Pira, vengono rinviati a giudizio: il primo per l’ipotesi di “falsità delle informazioni of-ferte ai creditori e una correlata attitudine a indurli in errore in ordine alla sussistenza dei re-quisiti per l’ammissibilità della procedura concordataria”, il secondo per “falsità ideologica in certificati”. Un procedimen-to comunque chiuso per Liuzza già alla prima udienza dell’apri-le 2014 “perché il fatto non sus-siste”, e per il secondo, a quanto pare, evaporatosi. (Ancora in corso invece il pro-cedimento aperto dalla succes-siva denuncia per bancarotta fraudolenta prima contro igno-ti e poi, nel maggio 2014, con coinvolgimento diretto di Giu-seppe Liuzza).Degli inizi del 2014 è un esposto presentato alla Procura di Sira-cusa dalla NCVR (di cui ancora oggi non si conoscono gli esiti) per presunte irregolarità nelle attività interne della clinica tese a danneggiare il normale e cor-retto svolgersi delle prestazioni sanitarie. Tecnicamente “una distrazione di attività fallimen-tari”. Nello stesso periodo, a causa di una denuncia del dottor Gian-luigi Rizzo e dell’indagine aper-ta dal pm per abuso d’ufficio, l’avvocato Carlo Carpinteri si dimette dall’incarico di curato-re del fallimento. L’indagine, a

quanto ci risulta, sarà presto ar-chiviata su richiesta dello stesso pm.Nel luglio 2015, coinvolta in un’ipotesi di riciclaggio è la so-cietà Città di Siracusa, interve-nuta con una proposta di con-cordato per la gestione dei posti letto della NCVR. La proposta, considerata inammissibile dal Tribunale di Siracusa (non sappiamo se anche alla luce dell’ipotesi di reato), sarà poi di-chiarata legittima dalla Corte di Appello di Catania.Mentre infine si preannuncia-no ispezioni del Ministero di Giustizia per irregolarità della Sezione Fallimentare del Tri-bunale segnalate dall’avvoca-to Giuseppe Cavallaro, anche l’avvocato della NCVR, Marco de Benedictis, viene iscritto a settembre nel registro degli in-dagati per calunnia e viene re-vocato l’avvocato Ettore Rizza del comitato dei creditori.Il Tribunale respinge invece la richiesta di revoca, sempre pre-sentata dall’avvocato Cavallaro, dell’ultimo giudice delegato al fallimento, il dottor Sebastiano Cassaniti, mentre viene querela-to il giudice dottoressa Viviana Urso.Un quadro apocalittico, dun-que, a cui siamo certi non sia ancora stata data l’ultima pen-nellata.

di Marina De Michele

La partecipazione di Nino Condorelli, pretore di Au-gusta negli anni ’70, oggi

Procuratore Generale alla Corte d’Appello di Mantova, al con-vegno sui reati ambientali nella nuova normativa, organizzato dall’ISISC, rappresenta l’occa-sione per consultare l’archivio della nostra memoria e rinno-vare la nostra coscienza storica.Sul finire degli anni ‘70, in se-guito ai gravi incidenti mortali nel polo chimico siracusano, ai gravi fenomeni di inquinamen-to atmosferico ed idrico nella rada di Augusta, al preoccu-pante abbassamento della falda freatica a causa dello scriteriato emungimento delle acque da parte delle industrie, nasceva una nuova sensibilità collettiva, un’attenzione ai problemi del-la salute e dell’ambiente legata certamente alla questione indu-striale, le cui vicende si intrec-ciarono con l’azione giudizia-ria del pretore dell’epoca Nino Condorelli. Vicende siciliane fatte di conni-venze e di tracotanza (la nascita dell’ISAB ne è un esempio em-blematico) che consentirono al potere politico ed economico di

gestire lo scempio del territorio siracusano. Un’industrializza-zione finalizzata al consegui-mento del massimo profitto attraverso lo sfruttamento indi-scriminato delle risorse natura-li, al di fuori di qualsiasi compa-tibilità d’uso dello spazio e dei valori umani ed ambientali. Furono gli anni in cui scoppia-rono le contraddizioni di uno sviluppo distorto e vennero al pettine i nodi del disastro. Quella storia testimonia il na-scere e l’esasperarsi di un con-flitto sociale legato all’acuirsi di una sensibilità collettiva sulle grandi questioni connesse ad una più autentica ricerca di qua-lità della vita e del vivere civile, conflitto che oggi assume carat-tere di consenso allora inspe-rato, dove i “guerrieri in prima linea” non erano più i soggetti politici tradizionalmente pre-senti per le rivendicazioni col-lettive per la salute e l’ambiente, ma erano altre figure, nascenti da un nucleo tra istituzioni e movimenti, tra intuizioni di bisogni sociali e rigori legalitari e alla fine tutti attorno a pochi personaggi “chiave”, positivi anche nella loro capacità sosti-tutiva del potere politico, den-tro stagioni intense di rinnovate tensioni, stimolante fra tutte quella di Condorelli, pretore di

Augusta che ricevette risposte prima infastidite dall’impren-ditoria, poi, poco a poco cre-scentemente preoccupata.La pretura di Augusta diventò per diversi anni il punto di rife-rimento della strategia di tutela ambiente dei cosiddetti pretori d’assalto. Si apriva una nuova stagione di rivendicazioni am-bientali. L’area sud-orientale dell’isola e le preture di Augu-sta e Gela furono sedi di episodi giudiziari eclatanti. Gli allarmi degli inquinamenti marini, dell’aria e del suolo, furono per la prima volta oggetto di precise contestazioni di reato a pubblici amministratori. La disattenzio-ne delle forze sindacali protese verso la monetizzazione del ri-schio ambientale, l’arretramen-to dell’iniziativa politica dei partiti di sinistra, tradizional-mente sensibili a queste temati-che, ci convinse della necessità di dare vita a un piccolo movi-mento ambientalista che desse sostegno a quella nuova speran-za di cambiamento. Condorelli aprì anche alle as-sociazioni ambientaliste, ai co-mitati di cittadini consentendo la partecipazione ai processi ambientali. Furono, infatti, gli anni che ci videro sempre presenti come parte civile nei processi istruiti dalla pretura

di Augusta, nei dibattiti e nei convegni che ne seguirono con l’intento di contribuire ad una corretta opera di informazio-ne e di sensibilizzazione sui temi importanti della salute e dell’ambiente. La “stagione condorelliana” rappresentò una svolta epocale anche nella ge-stione della tutela ambientale da parte della grande impresa siracusana. La capacità tecni-co-giuridica ed anche interpre-tativa di quel giovane pretore era considerata evolutiva di quella legislazione ambientale ancora nel suo nascere. Con-dorelli introdusse un metodo di gestione giudiziaria di me-diazione virtuosa tra interesse dell’industria e quello del rigore della tutela ambientale non pre-valentemente subordinata alla repressione ma anche all’assun-zione di responsabilità per una corretta gestione dei processi produttivi rispettosi della salute umana dell’ambiente. È opinio-ne diffusa e non solo mia, che il depuratore biologico consor-tile di Priolo è frutto diretto di quella mediazione virtuosa che Nino Condorelli seppe dirigere con chiarezza e determinazione fino a costringere la parte in-dustriale a dare attuazione alle nuovissime normative di tutela ambientale.

Ma ancora oggi la crisi ambien-tale rappresenta l’acuta spia di una condizione sociale in cui la dissoluzione dello stato di diritto, la distruzione dei valori umani, la corruzione raggiun-gono l’apice e il messaggio che ne consegue è il senso di impu-nità assoluta di una classe poli-tica cinica e parolaia.Abbiamo vissuto le nostre esal-tanti esperienze idealmente e gradualmente, questo ci ha permesso di storicizzare e di capitalizzare gli strumenti per valutare il nostro passato al fine di collocarci su una posizione di osservatori, di critici infor-mati, non estremisti, al centro del nostro spazio e tempo per poi guardare al futuro come consapevoli testimoni e non isteriche cassandre. Ma è pro-

prio il futuro che ci preoccupa. Esso è diventato assolutamente imprevedibile in un evolversi della società in cui i segnali di rinnovamento vanno triste-mente affievolendosi e in cui la crisi ambientale non è più valu-tabile come guasto esterno ma interno all’uomo. Ed è qui del resto l’incertezza più profonda, ma al tempo stesso il bisogno di agire a fronte di una vita che non si riesce più ad immaginare e a costruire né come speranza, né come sogno né come realtà. Tuttavia la risposta non può esimerci dal dovere di testimo-nianza, di solidarietà civile in un impegno comune al servizio dei valori umani compromes-si dalla crisi sociale e non solo ambientale.

di Giuseppe Ansaldi

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva CITTÀ

SOTTOIL MAREILBAR Castigat ridendo mores

Gli studiosi neo darwi-niani dell’evoluzioni-smo della specie po-

litica seguono con interesse e curiosità crescenti l’espe-rienza siracusana di “Evolu-zione Civica”. Al suo interno sarebbe stato infatti indi-viduato lo stampo origina-rio dell’Homo Sautafòssis, anello di congiunzione fra il sàutu ra quàgghia e il sàutu ra buffa. L’importante scoperta è del resto confermata dalla fisio-nomia stessa che presenta il proficuo laboratorio di idee di cui è segretario politico l’avvocato Gaetano Penna. Il quale, siamo in grado di rivelare senza tema di smen-tita - in base a inoppugnabili testimonianze e prove docu-mentali da noi verificate – è stato segretario cittadino di Sicilia Democratica-Pro-getto Siracusa. Carica dalla

quale si è però dimesso lo scorso giugno, per diversità di vedute col gruppo in pro-gress guidato dall’ex asses-sore regionale Paolo Ezechia Reale. Dall’educazione civica del-le reminiscenze scolastiche, passando per il senso civico e per il non sense, il passo evolutivo è breve. Detto fat-to, è nata Evoluzione Civica che, assieme all’avvocato Penna, annovera nel grup-po dirigente con il ruolo di portavoce l’avvocato Pier Francesco Rizza, l’uomo che sussurrava ai panda. Ambientalista embedded, rassicurante, giudizioso, au-to-propositivo, la sua sigla in codice è W W F, ossia: Viva Viva Francescopier. Coordinatore cittadino è in-vece l’avvocato (e siamo a 3) Corrado Grasso, della serie “a volte ritornano”; ex con-

sigliere comunale egli è ben rappresentativo della cosid-detta mobilità “vai e veni” nei percorsi evolutivi: Dc, Alleanza nazionale, Centro democratico, per citare alcu-ni suoi passaggi di casacca. Accanto a tanti avvocati c’è anche un medico legale, l’ex consigliere provinciale Bia-gio Saitta che il Movimento 5 Stelle di Siracusa ha così

giustamente omaggiato in un proprio report dedica-to ai fitti passivi comunali: ”Per 40 mila euro all’anno il Comune prende in affitto da oltre 2 lustri i locali in quel di Cassibile di Biagio Saitta, più volte consigliere provincia-le…. Più volte ad appoggiare schieramenti differenti”. Ignari, i grillini, delle teo-rie del professor Von Kri-

gnen riguardo le peculiarità dell’Homo Sautafòssis, e dell’importanza del trasver-salismo nella formazione di coalizioni, rassemblement, cumàcche e ammucchiate che dir si voglia.In questo caso Evoluzione Civica ha lanciato l’idea di “Progetto Comune”, tenta-tivo di ricompattare il cen-trodestra siracusano subito sostenuto dal deputato re-gionale di Forza Italia Edo-ardo Bandiera detto Edy, seguito a ruota ri cussa dal coordinatore provinciale di Fratelli d’Italia Alessandro Spadaro, guardato con sim-patia da Stefania Prestigia-como, la “vecchia” Olivia che ogni tanto rispunta dal parlamento romano dove ri-siede dal lontano 1994. E si è aggregato anche tale Leandro Impelluso in rap-presentanza degli ascari

locali di “Noi con Salvini”, che un tocco di splatter non guasta. Di tutto, di più, avanti c’è posto. Non per niente il progetto è “comune” e quindi “all to-gether now”… “tutti insieme ora” per dirla coi Beatles. All’assalto di Garozzo, asser-ragliato al civico 4 di piazza Duomo; sindaco di un’am-ministrazione comunale di centrosinistra molto allarga-to e con scappellamento fo-tiano, che rischia di riuscire nell’impresa impossibile di far dimenticare i 13 anni sfascisti del centrodestra, in una città già notoriamente piena di smemorati.

di Carmelo Maiorca

In Evoluzione Civica lo stampo dell’Homo Sautafòssis

La crisi azzanna. “Nel Siracusano attualmente c’è il 25% di disoccupazione e il 60% sono giovani”

Intervista al segretario Paolo Zappulla: “Nel centenario della CGILfaremo incontri nelle scuole presentandoci col film Pane e Libertà”

Uno studio commissiona-to dalla Cisl ha riscon-trato che la Cgil con il

64.8% è il sindacato più ap-prezzato fra i lavoratori segui-to dalla Cisl 61,3% e Uil 52,8% quindi grandi responsabilità? “Certamente, abbiamo più iscritti e siamo più rappresen-tativi nella realtà lavorativa, e abbiamo perciò una grande re-sponsabilità perché vogliamo affrontare i problemi del Paese, in particolare l’allargamento dell’occupazione”. Parlando di allargamento, oggi il precariato è non solo aumentato ma si sono diversi-ficate le forme e sono diventate comuni le esternalizzazioni, il grande sfruttamento in certi settori coinvolgendo gli immi-grati che vanno a comporre ol-tre il 6% del Pil pagando tasse e contributi previdenziali. Una studiosa, Lidia Undiemi, che si occupa di ciò, afferma che è il sindacato l’unica forza che può contrastare questo capitalismo iperliberistico che massacra le classi subalterne. Che ne dice? “Vero, è un settore che per queste ragioni ha stimolato il nostro interesse nel presentare quelli che chiamiamo contratti di lavoro inclusivi. Ad esempio, in zona industriale vi sono la-voratori in somministrazione (rappresenta una tipologia di contratto perfettamente leci-ta tra un’agenzia per il lavoro

e un’impresa, con cui la prima s’impegna a fornire lavoratori, retribuendoli essa stessa, alla seconda, che non rientrano in nessun contratto quindi con nessuna tutela). Noi, davanti ai possibili rischi cui incorrono, contrapponiamo la soluzione del contratto inclusivo; in sin-tesi vogliamo la revisione dei contratti per giungere a pochi contratti e di filiera che inclu-dono questo tipo di lavoratori, i quali, anche se chiamati auto-nomi, di autonomi hanno solo il nome, perché difatti lavo-rano in maniera subordinata. Questo porterà a una maggiore tutela. Inoltre, c’è la proposta diretta agli appalti pubblici ed è quella della clausola speciale. Sappiamo che in queste gare le

aziende si presentano cercando di acquisirne la vincita al mas-simo ribasso. Ciò comporta che poi ci sarà una diminuzione del numero di occupati e dei diritti per quelli che rimangono. Inve-ce vogliamo che siano stabilite delle regole proprio per contra-stare questo fenomeno. Con il jobs act il governo Renzi ha dato mani libere all’impresa e dob-biamo affrontare tutto questo”. Ci sono stati lavoratori che hanno subito da un giorno all’altro un’esternalizzazione compiuta in maniera masche-rata da parte di grandi società come Telecom, la banca MPS, ma essi si sono organizzati come gruppo rivolgendosi alla magistratura, non al sindaca-to, la quale ha recepito le loro

giuste rivendicazioni facendo-li vincere contro colossi come queste aziende. Addirittura hanno formato un sindacato nel settore delle esternalizza-zioni. La Cgil in che rapporto è e vuole muoversi con la ma-gistratura? “Certamente dobbiamo avere un’alleanza con la magistratu-ra che, anche se in parte è stata bloccata con le ultime leggi del governo Renzi, può fare ancora molto, ma la Cgil è stata sempre propensa a richiedere il ricorso alla magistratura solo in ultima fase d’azione di tutela dei lavo-ratori”. Veniamo ai fatti concreti: cosa vuole mettere in campo il sin-dacato provinciale in una real-tà pienamente in crisi com’è la provincia di Siracusa, che un tempo aveva il più alto reddito pro-capite della regione? “È vero, attualmente, c’è il 25% di disoccupazione e il 60% sono giovani. E allora davanti a ciò pensiamo che sia dovero-so mantenere l’area industriale, bisognerà adeguarla per essere ambientalmente compatibile con bonifiche tratte da investi-menti pubblici che comporte-rebbero ricadute occupazionali, c’è poi tutto il settore agroa-limentare da non trascurare e quello turistico che si sta in-grandendo con le proposte mes-se in campo, rappresentando una nuova ricchezza per tutta la provincia. Inoltre, dobbiamo uscire dal lavoro stagionale, lo diciamo da tempo alle istitu-zioni e alle imprese, perché le-

galizzare questi settori, dando dignità ai lavoratori, diventa importante anche per loro per uscire dalla concorrenza sleale e rilanciare l’economia”. Oggi più di ieri a tutti i sinda-cati si presenta un’incognita per il futuro: riguarda una nuova generazione che intenda prendere il testimone. Anni fa esistevano i grandi ideali che hanno portato intere genera-zioni ad avvicinarsi alla Cgil, oggi si è in una situazione to-talmente differente… “In questo periodo abbiamo la maggior parte dei giovani presente nei servizi e precari, il 90% è sotto i 40 anni e hanno una diversa percezione del sin-dacato, chiedono solo di essere tutelati, occorre da parte nostra capire i nuovi bisogni che li gui-dano, per questo parlare con loro è importante. Abbiamo avuto l’esperienza dello sportel-lo orientamento giovani che, di là dagli aspetti negativi causati dalle istituzioni, ha portato ri-sultati positivi nel far conoscere il sindacato da parte di molti giovani”. Un sindacato confederale come la Cgil, che ha un grande passato alle spalle, ha l’obbli-go di impegnarsi nella realtà sociale con varie iniziative. Vi sono, si pensano o ancora… “Abbiamo deciso nel centena-rio della fondazione della Cgil nella provincia di organizzare incontri nelle scuole superiori e medie presentandoci con il film Pane e libertà (racconta la vita di Giuseppe Di Vittorio), cos’è

il sindacato, discutendone con loro. Del resto, non siamo noi il sindacato che dà spazio all’or-ganizzazione dell’unione degli studenti?” Una domanda che oggi è più importante di anni fa: in que-sta provincia cosa possiamo dire a proposito dell’unità sin-dacale? “Come Cgil abbiamo dei vin-coli imposti dal nazionale, ma i lavoratori, naturalmente, non accettano ciò e ci richiamano a una responsabile unità sapendo di questi tempi quanto è impor-tante”. Sta nascendo un partito a sini-stra del Pd, la nuova sinistra; cosa ne pensa il segretario pro-vinciale del più grande sinda-cato italiano? “Si guarda con attenzione ai fenomeni politici, perché in questo momento al sindacato manca un riferimento politico. È sotto gli occhi di tutti la mu-tazione genetica del Pd di Renzi; oramai la sua caratterizzazione è di aver abbandonato il mondo del lavoro e il sud. Sono profon-di errori di valutazione, perché la disuguaglianza aumenta sempre più e dalla crisi non si esce se non si riprende il sud, qui occorrono investimenti in infrastrutture, strade per il tra-sporto di merci e persone, etc. e tutto ciò costituisce un volano occupazionale per un’economia che finalmente possa muoversi e uscire dal tunnel della crisi”.

di Antonio Andolfi

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 7LA CIVETTA di MinervaCITTÀ

Gestione raffazzonata della vicenda. E alcune domande non si possono glissare

Socosi e Util Service. Il comune di Siracusa, al momento, è a un bivioaspettare la sentenza del Tar o annullare la propria determina n. 93

Si è svolta ieri (giovedì 26 novembre, n.d.r.) l’assemblea sit-in dei la-

voratori della Socosi e della Util Service, le due parteci-pate del comune di Siracusa, in attesa dell’ulteriore proro-ga e il cui futuro lavorativo sembra essere legato a una sentenza del Tar e a una ge-stione un po’ improvvisata da parte dell’amministrazio-ne comunale. “La prima scadenza della proroga – spiega Stefano Gu-gliotta, segretario provincia-le Filcams Cgil di Siracusa – era fissata al 30 settembre scorso. Il 7 ottobre esco sulla stampa evidenziando il fatto che era necessario proroga-re l’affidamento dei servizi alla Socosi e all’Util Service per garantire lo svolgimento di pubblici servizi. Giorno 8 viene pubblicato sull’albo pretorio la delibera firma-ta dal dott. Pisana e datata l’1/10/2015, che propone-va di prorogare e affidare i servizi resi in convenzione a Utilservice e consorzio Ci-clat fino all’11 ottobre.” Qui una prima stranezza. Con determinazione n. 214 del 30/09/2015, il sindaco delibera di prorogare fino al 31 ottobre gli incarichi diri-genziali, spostando il dott. Pisana dal servizio gare e contratti alle politiche socia-li e della famiglia. Al posto del dott. Pisana subentra, ad interim, la dott.sa Loreda-na Caligiore. È poi la dott.sa Rosaria Garufi, dirigen-te delle risorse umane, con

la determina dirigenziale n. 283 del 6/10/2015, a “[…] confermare il dott. Pisana Rosario nella posizione di aspettativa senza assegni, dal 01/10/2015 al 31/10/2015, per consentirgli di assolve-re all’incarico dirigenziale conferitogli dal Sindaco con determinazione sindacale n. 214/5015.” Perché, allora, è il dott. Pisana e non la dott.sa Garufi, così come è avvenuto per la successiva determi-na dirigenziale, a firmare la proroga e l’affidamento ser-vizio alla Socosi e alla Util Service?Con la determina n. 277, ad ogni modo, si prende atto dell’aggiudicazione defi-nitiva, con l’adozione del-la determina n. 93 dell’11 settembre, al RTI Gsa e Euro&Promos dei servizi contenuti nella gara e svol-ti dalle due partecipate, e si concede una proroga tecni-ca di 9 giorni alla Socosi e di 11 giorni alla Util Service per non interrompere i ser-vizi svolti dalle due società. Alla scadenza della proroga, essendo pervenuta all’am-ministrazione comunale la

notifica del ricorso presenta-to dalle seconde classificate nella gara pubblica, il con-sorzio Ciclat e l’Util Service costituite in ATI, il comune decide, con determina n. 293 del 12 ottobre a firma della dott.sa Garufi, di concede-re un’altra proroga alle due partecipate “[…] in attesa della decisione del compe-tente TAR” prevista per il 12 novembre.Secondo quesito: perché prorogare fino al 15 novem-bre e non fino alla fine del mese? Il Tar si riunisce il 12 e si esprime venerdì 13. Se il Tar non avesse accettato la sospensiva, come avrebbe fatto la Gsa Euro&Promos a subentrare lunedì 16? Se, come è avvenuto, il Tar aves-se accettato la sospensiva, il comune avrebbe dovuto prorogare l’affidamento alle due partecipate ‘bruciando’ così un’altra proroga. “Noi – continua il segretario della Filcams Siracusa – da subi-to avevamo sostenuto che il ribasso del 27,40 proposto dalla Gsa Euro&Promos era un’offerta che non poteva es-sere accettata. Si è fatta una

gara accorpando due servizi diversissimi e avevamo af-fermato che era sbagliato, hanno approvato una gara con un ribasso del 27,40 e noi avevamo sostenuto che era insostenibile, motivandolo, e adesso il Tar ci dà ragione. Si sta continuando con questa politica di proroghe che non ha alcun senso e che conti-nua ad esporre il comune di Siracusa, e quindi la fiscalità locale, ad un aggravio di co-sti che è inimmaginabile.”Quando la commissione di gara chiese chiarimenti alla Gsa Euro&Promos sul ribas-so del 27,40, l’RTI lo giustifi-cò rispondendo che avrebbe applicato il contratto multi-servizi al posto del contratto terziario, che non avrebbe riconosciuto l’anzianità di servizio dei dipendenti e che avrebbe ridotto l’utile di impresa a circa 2mila euro l’anno. L’applicazione di un’altra ti-pologia di contratto significa una sostanziale riduzione dei livelli retributivi dei lavora-tori. Attualmente i lavoratori sono inquadrati al 4° e al 3° livello del contratto terziario:

portare un 3° livello terziario ad un 5° livello multiservizi, così come ipotizzato dall’R-TI, comporterebbe un ab-bassamento della paga ora-ria da € 9,8 a € 7,82, con un delta negativo di meno 1,98 euro. La stessa cosa vale per i quarti livelli, che dovrebbe-ro passare al 4° o al 2° livello multiservizi, con una ridu-zione di 1,47 euro o 2,14 euro l’ora. Ciò che più meraviglia è il fatto che, rifacendosi ad una sentenza del consiglio di stato che afferma che un’a-zienda può anche portare al minimo l’utile d’impresa perché inserisce nel proprio portafoglio un cliente im-portante, la Gsa Euro&Pro-mos, di Udine, profila un utile di impresa di 6.983 euro nei tre anni!Non solo. L’RTI ipotizza anche l’utilizzo del perso-nale con contratti a 14 ore, e sembra strano che l’ammi-nistrazione comunale abbia accettato una tale propo-sta contraddicendo quanto aveva affermato lo stesso sindaco Garozzo in sede di audizione sindacale, e cioè che in ambito di gara avreb-

be ridotto il gap del monte orario attualmente esistente fra i lavoratori delle parteci-pate, con dipendenti a 40, 36, 30 e 22 ore, prevedendo un contratto minimo di 28 ore settimanali. Il comune di Siracusa, al momento, è quindi ad un bivio: aspettare la sentenza o annullare la determina n. 93. Alla luce della sospensiva del Tar, dove si legge “[…] ri-tenuto che ad un primo esa-me tipico della fase cautelare il ricorso presenta profili di fondatezza”, l’amministra-zione potrebbe annullare in autotutela la delibera di ag-giudicazione definitiva og-getto del ricorso, aspettan-dosi un probabile ricorso della Gsa Euro&Promos ma avendo a supporto delle pro-prie ragioni la stessa sospen-siva del Tar. “Indipendentemente dalle scelte dell’amministrazione comunale – conclude Stefa-no Gugliotta – e se tutto do-vesse rimanere così com’è, dato che è impensabile ipo-tizzare che il 14 gennaio si risolva la causa al Tar dal momento che si tratta della prima udienza e che molto probabilmente si andrà in proroga con la Socosi - Util-service per tutto il 2016, è chiaro che non può perma-nere il gap sul monte orario che insiste fra i lavoratori, soprattutto in Util Service. Se lo stile è quello renziano, e cioè di fare le cose a pre-scindere dai sindacati, allora il comune di Siracusa si ri-troverà ad affrontare il pro-blema con le organizzazioni sindacali, che qui sono rap-presentative.”

di Stefania Festa

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva CITTÀ

Nel 2015 solo 72 hanno trovato il coraggio di rivolgersi al SERT, molti si rifugiano nell’anonimato

Un piano definito in ogni minimo particolare da ingegneri e architetti rimasto nel cassetto del Palazzo

“Sono spesso i genitori a comprare i gratta e vinci e a farli grattare ai figli”Roberto Cafiso : “La dipendenza dal gioco è inclusa nei disturbi mentali”

“Non si comprende perché il Parco naturalistico della Penisola Maddalenada far sorgere su terreni comunali, già finanziato, non è mai stato avviato”

Il latino di don Abbondio ci in-segna che le parole, strumento di comunicazione, possono

essere usate per infiniti scopi, non ultimo quello di mistifica-re la realtà. Come non cogliere l’ambiguità semantica dell’ossi-moro “gioco responsabile”, che rimanda a due differenti condi-zioni esistenziali, difficilmente conciliabili: la spensieratezza e l’innocenza, proprie dell’in-fanzia, e la maturità, connessa alle responsabilità sociali, tipi-ca dell’età adulta? Un ossimoro con cui il nostro Stato “paterna-listico” si preoccupa di garanti-re ai suoi cittadini il diritto allo svago, che figura nella Dichia-razione universale dei diritti dell’uomo (art. 24) e nel Patto internazionale sui diritti econo-mici, sociali e culturali (art. 7), e li invita, deresponsabilizzando se stesso, ad un comportamento di gioco equilibrato, sotto il vi-gile controllo della ratio.Le numerose circolari dell’A-genzia delle dogane e dei mo-nopoli di Stato, attraverso cui l’Amministrazione, in qualità di garante del gioco legale, in-tende “incentivare la consape-volezza nei comportamenti dei giocatori e tutelare i minori dai rischi derivanti dal gioco” non lasciano dubbi: la ludopatia è un diffuso fenomeno patologico che rappresenta, oggi più di ieri, un’emergenza sociale.Il fatto che il gioco d’azzardo

non costituisca una “lesione organica” del nostro tempo, ma accompagni la storia dell’uomo, tra proibizionismo e permissi-vità, non offre in ogni caso pro-spettive consolatorie né scenari incoraggianti. Dante stesso, nel VI canto del Purgatorio, ricorre alla similitudine dei giocatori della zara e Mattia Pascal, pro-tagonista del noto romanzo pi-randelliano, deve ad una vincita al casino la sua nuova identità e la liberazione da un’esistenza grigia e soffocante.A chi non è noto il demone di Dostoevskij simbolizzato, ne Il giocatore, dalla roulette, ogget-to fascinoso mistificato a idolo? Proibito per ragioni di ordine pubblico, nell’antica Roma il gioco d’azzardo veniva puni-to con un’ammenda, che però non fungeva da deterrente, dal momento che al calar del sole le bettole si trasformavano in vere e proprie bische clandestine. Nei secoli, gli effetti collaterali del vizio del gioco (bestemmia, consumo di alcool, sperpero del patrimonio, aumento degli atti criminali) indussero la Chiesa e lo Stato a vietare la diffusa pra-tica con leggi e bandi.L’uomo, dunque, rimane fe-dele nel tempo a se stesso. E, soprattutto, ai suoi vizi. “La crescita del fenomeno – spiega il dottor Roberto Cafiso, diret-tore del SERT (servizio per le tossicodipendenze) di Siracusa - conseguente alla progressiva liberalizzazione del mercato va correlata alla crisi economica che stiamo vivendo. L’indebo-

limento del Welfare State può indurre a cercare nella vincita al gioco una possibile risposta al proprio stato di indigenza. Ma nessuna classe sociale ne è immune.”Nel 2015 settantadue soggetti affetti da dipendenza da gioco si sono rivolti al SERT, numero che non rende minimamente l’idea dell’entità del fenomeno nella provincia, in quanto la dif-ficoltà ad ammettere la dipen-denza e il timore di una stigma-tizzazione sociale costringono tanti a rimanere nell’anonima-to. “La dipendenza da gioco, che si manifesta come disturbo del controllo degli impulsi, – di-chiara Cafiso - è una malattia inclusa nel manuale diagnosti-co dei disturbi mentali e deve essere curata attraverso specifici interventi terapeutici. Chi ne è affetto non riesce a vivere se non nella ricerca di una stimo-lazione molto forte e nell’attesa

dell’esito della scommessa. Re-pentini cambiamenti d’umore (alternarsi di stati euforici a cri-si depressive) caratterizzano la psicologia del malato, così come l’abitudine a negare l’evidenza dei fatti, ad ingannare se stesso e i familiari, il cui meccanismo di difesa della rimozione del problema accresce il disagio e il rischio di cadere in un circo-lo vizioso di continua ricerca di denaro con cui scommettere”. A seguito dell’istituzione del Consiglio provinciale perma-nente per la prevenzione del gio-co d’azzardo patologico (CPP Gap), su delibera del Direttore generale dell’azienda sanitaria provinciale di Siracusa del 12 agosto 2015, il SERT di Siracusa, per concorrere ad una migliore realizzazione di un piano di azione in grado di contrastare il G.A.P, ha attivato interventi di informazione e prevenzione de-stinati in particolare alle fasce

più giovanili della popolazione, tra i quali segnaliamo la cam-pagna di prevenzione realizzata attraverso un camper mobile che sosta nei mercati provinciali e le proposte educative destinate alle scuole: “La scuola – spiega il direttore del SERT - è il luogo più adatto a promuovere l’ac-quisizione del senso del sé e a far riflettere i ragazzi su quali possono essere i possibili rischi per la salute fisica, psichica e so-ciale connessi alle abitudini per il gioco d’azzardo”.Interviene, a tal proposito Sere-nella Bianca, docente del liceo Quintiliano di Siracusa: “Dopo l’esperienza del precedente anno scolastico, che ha coinvol-to un campione rappresentati-vo di studenti in un‘indagine dell’Osservatorio Gioco & Gio-vani di Nomisma, istituto di ri-cerca di Bologna, con la finalità di analizzare le dimensioni del mercato dei giochi d’azzardo, ho ritenuto opportuno inseri-re nelle attività di prevenzione dirette agli studenti un proget-to sulla ludopatia: è proprio su questa fascia di popolazione che si deve agire diffondendo una sana cultura del divertimento e della socializzazione”. Il progetto, realizzato in colla-borazione con il SERT, in parti-colare con la dottoressa Cristina Manara, mira nei prossimi anni a promuovere un coinvolgimen-to delle famiglie: “Da recenti ricerche – spiega la Bianca - è emersa, dai dati statistici, una sorta di familiarità, per cui è molto più facile che i figli di un

giocatore d’azzardo diventino a loro volta giocatori. Sono spesso gli stessi genitori a comprare i biglietti “gratta e vinci” e a farli grattare ai figli”. Ancora una volta la Scuola, at-taccata su tutti i fronti, dimostra la sua efficienza nel sopperire alle mancanze delle altre agen-zie educative e alla latitanza del-le autorità politiche. Consigliare piuttosto che proibire, curare piuttosto che intervenire attra-verso norme giuridiche severe e non raggirabili: le vie che lo Stato percorre (chiudendo un occhio e anche due davanti ai siti e ai cartelloni pubblicitari che istigano al gioco d’azzardo), pur di non rinunciare ai propri interessi economici, sono infi-nite. E nessuna di esse è efficace per la definitiva risoluzione del problema.Affermava Pascal “se vincete, guadagnate tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommet-tete, dunque, senza esitare, che Dio esiste. Una probabilità di vincita contro un numero fini-to di probabilità di perdita, ma quel che rischiate è qualcosa di finito”.L’idolo sul quale scommettere oggi è Il Denaro, “motore im-mobile” di esistenze sempre più precarie, che non hanno più nulla da perdere. Se la digni-tà, gli affetti e la stima sociale sono il “nulla” a cui rinunciare in nome di quel Demone che abbiamo scambiato per un Dio.

di Anna Di Carlo

di SOS Siracusa

in collaborazione con

SILVIA ZUCCONI COORDINATORE Young Millennials Monitor Nomisma

GIOVANI E GIOCO D’AZZARDO ABITUDINI, MOTIVAZIONI E APPROCCIO

In questa lunga estate di San Martino sono tanti i turisti che affacciandosi dal lungo

mare di Ortigia ammirano quel lembo di terra plasmato dalle onde che è il Plemmirio. Così vicino eppure ancora così lontano. Lontano dall’idea di riserva che tutti noi immagi-niamo si possa realizzare. Una riserva che dal punto di vista burocratico è rimasta ferma al 17 luglio scorso, quando la Penisola Maddalena è stata inserita nell’elenco dei Parchi e Riserve della Regione Sici-lia. Una riserva che dal punto di vista progettuale ha invece tutte le carte in regola per es-sere realizzata.Sì, perché dall’agosto del 2008 è stato presentato e approvato dal Comune il progetto “Par-co Naturalistico della Penisola Maddalena”. Opera finan-ziata quale progetto pilota

nell’ambito del Piano di Svi-luppo Sostenibile della Città di Siracusa. Un progetto che riguarda un’area definita Feu-do Santa Lucia, che si estende da Punta Tavola fino al Faro di Capo Murro di Porco lun-go tutta la costa nord della Penisola Maddalena e già di proprietà comunale. Nume-rose pagine di elaborati grafici che prevedono il rifacimento e sistemazione dei muretti a secco e della rete sentieristica della Penisola Maddalena, la ristrutturazione dei caseggiati rurali presenti, la realizzazio-ne di punti d’ombra e ristoro. Ma anche la posa in opera della segnaletica orizzontale suddivisa in tematismo bioti-pi, tematismo singole specie, tematismo mitologico, te-matismo fauna e segnaletica generale (mappe e punti di interesse).Un piano definito in ogni mi-nimo particolare da ingegneri e architetti, scorrendo le pagi-ne del quale sembra di vedere

realizzato quel polo di attra-zione turistico/naturalistica a due passi dal centro storico di Siracusa che da anni recla-miamo insieme alle numerose associazioni del territorio riu-nite sotto la sigla SOS Siracusa e che aspetta solo l’inizio lavo-ri. Mappe e disegni che pren-dono in considerazione anche l’attuale rete viaria e sentie-ristica di Punta della Mola, lì dove è stato annunciato gior-ni fa un progetto di recupero e messa in sicurezza dell’area da parte della proprietà e che riteniamo debbano essere di-chiarate di uso pubblico da parte del Comune.A leggere tutto ciò ci chie-diamo perché un’opera come questa, da realizzarsi su ter-reni comunali, finanziata e il cui collaudo avrebbe dovuto essere eseguito già nel lontano gennaio 2009 non è mai stata avviata, mentre si continua a svendere porzioni di territorio e di costa ai privati e a consi-derarli come unici portatori di

capitale. Perché, a distanza di 4 mesi dall’inserimento della Penisola Maddalena nell’elen-co dei Parchi e Riserve della Regione Sicilia, non è stato ancora fatto un decreto di Istituzione che definisca re-gole e gestori della stessa, per-mettendone lo sviluppo? Che senso hanno tutti i discorsi fatti sullo sviluppo ecososte-nibile legato alle nostre aree di pregio, quali attrattori tu-ristici, se poi non si realizzano le infrastrutture utili alla loro promozione e fruizione an-che quando già perfettamente progettate e finanziate?Sono tutte domande alle quali ci piacerebbe avere delle rispo-ste che garantiscano il rilancio della città di Siracusa metten-do a frutto i risultati di tutela del territorio ottenuti dai suoi cittadini, accogliendone le proposte e passando alla rea-lizzazione di progetti concreti, come il “Parco Naturalistico della Penisola Maddalena”

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 9LA CIVETTA di MinervaCITTÀ

Si sta lavorando per esportare in altri Comuni la moneta complementare, tipo lo Scec di Palazzolo

Un amore che resiste agli anni, alla separazione, alla lontananza, alle differenze, alle scelte divergenti

Dal 4 dicembre riparte Siracusa Resiliente con convegni, seminari di studioe anche spettacoli con dibattiti a tema per la promozione di uno sviluppo altro

E’ possibile lasciarsi senza smettere di amarsi? In “Come eravamo”di Sidney Pollack una vocina ricorrente anche oggi: “Tu non molli mai, eh!”

È iniziato il nuovo anno so-ciale di Siracusa Resiliente e sfortunatamente le ra-

gioni che ci hanno portato nel settembre del 2014 ad iniziare questo cammino si sono dram-maticamente rinforzate.Infatti la nostra analisi partiva dalla constatazione di un filo rosso che tiene unite la crisi am-bientale, la crisi economica, la crisi democratica, la crisi socia-le e morale con le infauste con-seguenze di migrazioni forzate da scenari di guerre, di disastri ecologici e di povertà estrema, con guerre sempre più nume-rose ed atroci alimentate da aumenti di fatturato delle indu-strie belliche di tutto il mondo, comprese le nostre, e infine con il terrorismo che è inevitabil-mente arrivato fino alle nostre case.E’ per questo che il programma 2015 prevede:1) Un convegno il 4 dicembre in contemporanea con la Confe-renza sul Clima di Parigi sulla “Laudato si’” di Papa Francesco,

enciclica che denunzia una si-tuazione insostenibile che si sta venendo sempre più a creare a partire dal modello economico che ha privilegiato soprattutto negli ultimi decenni lo sfrutta-mento selvaggio delle risorse di nostra madre terra a vantaggio di pochi mettendo a repenta-glio e così continuando la stes-sa sopravvivenza della specie umana.Per discutere ed analizzare le risposte che la società civile e la politica vogliono dare a questo appello a tutti gli uomini che ha

fatto Papa Francesco abbiamo chiamato: il gesuita padre Felice Scalia che ha svolto negli anni ‘80 la sua azione pastorale ed educativa a Siracusa, Toi Bian-ca giornalista ed esperto del Ministero dell’Ambiente, Pip-po Ansaldi storico ambientali-sta siracusano, Sofia Amoddio parlamentare del PD, Vincenzo Vinciullo deputato all’ARS del NCD e Stefano Zito anche lui parlamentare all’ARS del Movi-mento 5 Stelle.L’iniziativa vedrà la partecipa-zione dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose San Metodio. Modereranno il dibattito il sot-toscritto e Marco Fatuzzo.2) Ad ottobre ha iniziato la sua attività Palazzolo Resiliente con un bel convegno che ha presen-tato alla città le tematiche care al nostro gruppo e che ha visto la nascita dell’esperienza degli Scec che è una valuta comple-mentare che favorisce gli scam-bi commerciali e i servizi del territorio in cui viviamo. Infatti pensiamo che sia fondamentale incrementare l’economia locale a KM 0 e quindi le economie orizzontali che fanno tesoro dei loro prodotti e delle competen-

ze che maturano in un territo-rio. L’esperienza speriamo di poterla promuovere anche in altri comuni della provincia.3) Continueremo anche con seminari di studio sulla finan-ziarizzazione dell’economia, sul debito pubblico, sulla dittatura dei mercati e sul predominio dell’economia sulla politica. Concetto Rossitto sta preparan-do un seminario per il mese di gennaio in vista di un altro con-vegno con esperti e studiosi di livello nazionale.4) Infine per febbraio-marzo è previsto uno spettacolo teatra-le sulla Resilienza di Jean Paul Denizon in collaborazione con la regista siracusana Giannella D’Izzia. Vogliamo con questa iniziativa coinvolgere in par-ticolare un pubblico giovanile perché pensiamo che solo dalle giovani generazioni potrà svi-lupparsi proprio il concetto di resilienza che vuol dire lucidità di analisi e capacità di trovare nuove soluzioni a problemi ap-parentemente irrisolvibili. Allo spettacolo seguirà un dibattito sul tema.

di Tati Sgarlata

Quando ero ragazzo, appena poco tempo fa visto che ancora

devo crescere e diventare giovane, rimasi super af-fascinato da un film sen-za poterlo tanto gridare ai quattro venti per paura di essere criticato dai miei ami-ci “impegnati” dell’epoca che invece lo bollarono per “commerciale” e “romanti-co-mieloso”. “Come erava-mo” (The Way We Were) di Sidney Pollack con Robert Redford (troppo bello) e Bar-bra Streisand (troppo brava e che sembrava perfino bella) è la storia d’amore impossi-bile tra due persone troppo diverse che tuttavia ci tenta-no ma falliscono. Della sfida tra il sentimento e le scelte di vita. Del come si poteva esse-re se… Della malinconia per quello che fu e non c’è più o forse si, c’è ancora ma.. Di un amore che resiste agli anni, alla separazione, alla lonta-nanza, alle differenze, alle scelte e percorsi divergenti. Lei fortemente convinta di poter cambiare il mondo, lui disilluso che non cambierà mai. Lei amante delle batta-

glie, delle lotte civili e degli impegni sociali. Lui amante della vita tranquilla e di-simpegnata ma che tuttavia quando la rivede dopo tanti anni le dice con ammirazio-ne “Tu non molli mai, eh?” capendo finalmente che tra i due è lei la migliore, quella che ha scelto la strada giusta, ma anche quella che soffre e paga di più.Il film finisce lasciando allo spettatore la domanda del perché i protagonisti si la-sciano, del perchéquell’amore grande, vero, sincero e duraturo non ri-esce a resistere. È possibile lasciarsi senza smettere di amarsi?A 40 anni dalla sua uscita, nel 2013, il Venerdì di Re-pubblica pubblica un bel ser-vizio sul film che, tra l’altro, fornisce la risposta al dubbio finale e cioè che i due aspet-tano un figlio e l’evento met-te in crisi la coppia. E inoltre lui non se la sente di sposare una donna accusata di co-munismo. Colpa che gli avrebbe stron-cato la carriera. Ma nel film non vi è traccia di questi pas-saggi, avendo Pollack abil-mente tagliato le scene per lasciare il dubbio e il finale aperto, trascinandosi però

le ire della Streisand che non gli perdonò la decisione. Il Venerdì sottolinea che Come Eravamo è un film su quelli che si lasciano, sugli amori difficili e impossibili, sull’ir-realizzabiltà dell’amore “puro”. E pone la domanda: È  possi-bile amare uno diverso da te?“Tu non molli mai, eh”. Questa frase, o più o meno uguale, riferitami oggi da un amico su un mio post in fb, mi ha fatto ritornare con la mente alle emozioni del film. E come se non bastasse qua-si in contemporanea arrivo a pagina 67 della lettura de “Il desiderio di essere come tutti” di Francesco Piccolo e vi trovo, anche qui, il riferi-mento al film Come Erava-mo. Piccolo, che dal film prende ispirazione per la sua passio-ne politica e decide di diven-tare scrittore, esalta anche lui il contenuto di quell’ope-ra, stigmatizzando ed enfa-tizzando le suggestioni che quella storia ancora ci pone.  Troppe coincidenze per non sentire ancora crescere forte dentro di me la domanda: “Come eravamo?” ma so-prattutto: Tu (io, voi) non molli mai? Ancora oggi?

di Aldo Castello

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva CITTÀ

A più di un anno dalla scomparsa, definirlo un «intellettuale prestato alla politica» è riduttivo

Per non disperdere l’eredità di Nino Consiglio, Medeuropa e il PDdovrebbero promuovere una Fondazione a lui dedicata per studi politici

È trascorso più di un anno dalla scomparsa di Nino Consiglio, raffinato intel-

lettuale e per lunghi decenni – dalla stagione che prende corpo con “il ’68” –, autorevole poli-tico “comunista” siracusano, che condivise quella svolta che, alla fine degli anni ’80, vide tra-ghettare il PCI dalla tradizione comunista, prima nel PDS e poi nei DS, sino a quell’impervio tentativo di far confluire le due più consistenti culture politiche del secondo ‘900 – i cattolici e “gli ex comunisti” – nel proget-to del Partito Democratico. Sull’on. «Nino Consiglio. Cul-tura e politica», l’Associazione “Medeuropa” ha dedicato gior-ni fa un’iniziativa, provando a offrire un profilo che tenesse conto del duplice ruolo di Con-siglio, politico e uomo di cul-tura. C’è da sperare che il PD – partito nel quale Nino Consi-glio ha svolto sino al 2014 la sua influenza (pur con un ruolo più defilato per le sue ragioni di sa-lute), assistendo a quel tornante di radicale trasformazione im-pressa al PD dall’affermazione di Matteo Renzi – colga la ne-cessità di proseguire la rifles-sione sulla sua figura, con altri momenti di approfondimento, finalizzati, più che a rinverdire un quadro di “memorialistica politica”, all’esigenza di misura-re il senso e l’eredità politica di Nino Consiglio, nel suo rappor-to con un’intera generazione di gruppi dirigenti e figure che con lui hanno convissuto, discusso, condiviso battaglie e strategie ed anche polemizzato e cono-sciuto profonde divisioni, lungo quegli snodi che dal PCI hanno poi condotto al PDS, ai DS e al PD: in altri termini, una rifles-sione più generale sulle ragioni della sinistra. Se posso azzardare una pro-posta, Medeuropa e il PD do-vrebbero farsi promotori della costituzione di una “Fondazio-ne Nino Consiglio” – che non potrà che vedere d’accordo i fa-miliari –, che abbia come fina-lità precipua quella di costituire un’ampia aggregazione politi-co-culturale per una riflessione permanente (che Nino avrebbe senz’altro condiviso) sul tema: «cos’è oggi, c’è spazio e dove va la sinistra in Italia e in Europa e in mondo così carico d’inquie-tudini globali?». Questo è ciò che forse servireb-be per mantenere un filo ideale

con le domande che Nino non ha più potuto investigare. Solo un’iniziativa di tal fatta – aper-ta, senza rete e a campo aperto –, interamente pensata in me-moria di Consiglio “politico” sarebbe in grado di raccogliere e misurare la consistenza dell’e-redità politica di Nino, nel con-testo profondamente mutato di un’inedita condizione che ab-braccia oggi lo stato della poli-tica (siracusana e non), il ruolo del PD e la “cultura politica” che connota il partito nell’attuale momento. Corrispondere a tale domanda, è il minimo che il PD spossa fare. Infatti, consegnare solo alla di-mensione “culturale” il ricordo di Nino significherebbe, per l’attuale gruppo dirigente del partito, sottrarsi a quella di-mensione specificamente poli-tica che, sola, può consentire di fare i conti con quello che, per comodità, potremmo defini-re «che cosa vuol dire “eredità politica”?»; «si dà ancora, nel nostro tempo liquido, eredità politica?», oppure – per essere ancora più diretti – è forse «ve-nuto il tempo in cui le eredità politiche si rottamano»?». O non sarebbe proprio Nino il primo a condividere l’idea che i “novatores” (rottamatori) ri-schiano di finire sepolti sotto le macerie che la storia, o la fortu-na, per conto suo produce? Siamo propensi a pensare che un tema di così alto spessore politico-culturale, Nino Con-siglio l’avrebbe non solo pre-teso, ma condiviso e richiesto. Solo a quest’altezza la sinistra siracusana saprà corrisponde-re alle domande “inespresse” dell’ultimo Nino, mostrando il coraggio di un’apertura – con-tro la miseria politico-culturale di un presente asfittico e oramai privo di riferimenti progettuali – per cogliere e far emergere ciò che in lui costituiva lo sfondo di pensiero che alimentava le sue riflessioni e che lo spingeva sempre a sottrarre la politica (e il conflitto politico) dalle pa-stoie dello sciocchezzaio incon-cludente, dalle risse di corto respiro, dal settarismo primiti-vo e dal mero “occasionalismo politico” (“bersagli”, questi, che Nino Consiglio avrebbe confermato di voler contrasta-re, dovendo riconoscere come essi purtroppo albergassero da tempo dentro le dinamiche politico-istituzionali attuali). Altrimenti, come uscire dallo stallo immobile o dalle con-traddizioni laceranti dentro cui sono naufragate, insieme a tut-

te le culture politiche, anche le pratiche dell’agire attuale? Naturalmente, per far questo – connettere il ricordo del “Con-siglio politico” alla domanda sull’eredità che lascia – occor-rerebbe che il gruppo dirigente attuale del PD, non potendo più vivere di rendita, sottoponesse quell’eredità allo sguardo aper-to e conflittuale in cui il nostro tempo si è venuto assestando. Non basta, in altri termini, ri-vendicare l’avvenuto passaggio del testimone, giocando sul ruolo di un’assicurata e formale “potestas”, perché questa è nien-te se non è contestuale a una ri-conosciuta “auctoritas”. Ci sarebbe da augurarsi che queste domande costituissero il lievito permanente per rinno-vare l’agire politico nella nostra città, in cui l’autoreferenzialità o la tutela di vere e proprie rendite di consorterie (compreso il PD) ha fatto smarrire alla politica il senso delle proprie alte finalità. Ciò è ancora più urgente in una fase epocale nella quale, se è pur vero che la figura e l’esperien-za politica di Nino Consiglio sono state così ricche (sino a costituire un portante passato), pertanto anche criticabili (come è giusto che accada, non solo nei passaggi ereditari!), da non rischiare i timori espressi da Blaise Pascal («nessuno muo-re così povero da non lasciare nulla in eredità»), dal momento che quella di Nino Consiglio è l’eredità più influente della sto-ria del PCI siracusano (e delle sue trasformazioni) per l’ampio spettro temporale che lo ha ca-ratterizzato. E’ pur vero che l’accelerazione dei tempi moderni, il frenetico “darsi da fare” opportunistico che connota il presente, ci obbli-ga a condividere il “vuoto” che il poeta René Chair esprimeva, quando avvertiva che «abbiamo ricevuto un’eredità senza testa-mento». E’ vero, il testamento s’è smarri-to, il legato è venuto meno, il filo s’è spezzato, e ciò vale anche per la politica, al punto che oggi l’e-pigonismo, o la spartizione delle spoglie o la facile rottamazione, sembrano prevalere, mentre i conti con “l’eredità” andrebbero fatti a campo aperto e con nuo-ve finalità, per mettere a frutto l’eredità, rinnovandola, inner-vandola in una stagione diversa e inedita. Non è un caso che lo stesso Nino Consiglio, pur co-gliendo che quella “tradizione politica” (dentro cui egli stesso era cresciuto) iniziava a decli-nare – la data è quella dei primi

anni ‘90, che segna il crepuscolo del partito di massa novecente-sco –, e pur sperimentando le difficoltà di dover connettere, nel vivo di una diaspora di cul-ture politiche, le istanze plurali e urgenti di generazioni, figure e personalità che premevano per un nuovo riconoscimento, aveva immaginato che, nella lotta d’egemonia che andava mettendo sotto pressione il par-tito, il compito urgente era quel-lo di fare quadrato: vale a dire, consolidare il lavoro di tenuta di quel gruppo dirigente che s’era formato accanto a lui (e che con le sue idee si identificava) dentro la tradizione dell’ex PCI. E pur dovendo svolgere un’ine-vitabile funzione inclusiva, que-sta non doveva affatto cedere di fronte alle eccessive retoriche che andavano svolgendosi nella contrapposizione crescente tra società civile e partito. Sta di fatto che, di là dal mero “effetto ideologico” che tale schematica contesa sottendeva (società civile contro partiti), sta di fatto che le torsioni e le tensioni che hanno avvitato il partito da quegli anni in poi – nel tragitto che conduce e lega il PDS ai DS e poi al nascente PD – portano il segno indelebile di uno scontro d’egemonia che ha lacerato e contrapposto le leadership e le aree che s’erano formate e che connoteranno via via il partito (sino al PD), dando corpo ad una rigida conflittua-lità che ha scandito le vicende politiche dell’ultimo decennio nella forma di consorterie auto-referenziali. Anche se in questa nuova tem-perie si sono affacciati ugual-mente giovani che si sono rico-nosciuti nella statura politica di Consiglio. Tuttavia, accadrà che, mentre nel fronte politico opposto – il centro-destra –, andrà gene-randosi una progressiva fram-mentazione inconcludente, l’af-fermarsi della centralità del PD andrà svolgendosi in una peren-ne conflittualità esasperante e priva di costrutto strategico che ha coinvolto tutte le aree poli-tiche – anche quella che aveva come riferimento Nino Consi-glio, voce autorevole e ascoltata, pur negli ultimi anni del suo impegno –, al punto far evapo-rare l’intero senso della politica siracusana. Un’evaporazione della politica che avrà reso anche ai suoi oc-chi e al suo pensiero – carichi di realismo politico e di disincanto spietato –, evanescenti, spiaz-zanti e inconcludenti molti dei

suoi interlocutori (“interni”, o avversari). Pur se va detto che nel vuoto che egli stesso da qualche anno avvertiva hanno giocato e pesato senz’altro an-che i suoi stessi errori, o certe sue idiosincrasie, o la sua irri-ducibile volontà di assegnare ancora un fondamento a un soggetto politico che non c’era più – essendosi reso gassoso, al-tro che “Ditta”! E d’altra parte, l’azione del “suo PD”, nell’anno che precede la sfida delle prima-rie per le elezioni della città, non è stata segnata da pressappochi-smo e confusione politica? Non è forse questa l’ultima do-manda che non possiamo più rivolgere a Nino? D’altra parte, una severa rifles-sione sul pressappochismo e la confusione con cui il “suo” PD ha vissuto l’azione che ha poi condotto alle elezioni comunali del 2013 non è purtroppo segna-ta oggi dalla sua assenza? Nino Consiglio è stato certa-mente, a Siracusa, l’unica figu-ra in grado di rappresentare e corrispondere a quel “politico di professione”, così come Max Weber ne aveva descritto “l’ide-al-tipo” nella sua famosa con-ferenza del 1919. Sapendo che del concetto di “professione”, in Consiglio era prevalente quel senso del “beruf”, che nella lin-gua tedesca traduce insieme sia “professione” sia “vocazione”. Per Nino Consiglio, la politica è stata sì una vocazione, una vocazione irriducibile sino alla fine. E sino a quando la poli-tica non tornerà a coniugare etica della convinzione e etica della responsabilità – non sarà, simul, “vocazione” e “beruf” –, l’occasionalismo populista e la demagogia infantile prevarran-no. In tal senso, definire Nino un «intellettuale prestato alla po-litica» appare solo un luogo comune e fa torto anche alla na-tura della sua personalità. Egli

è stato davvero un “totus poli-ticus”: certo, anche un pensato-re/studioso d’alta tempra, ma è stata la politica la sua passione rigorosa – costruita sulle trame solide di un pensiero forte, che fu pari al suo demone/carattere politico. Oggi, Nino non c’è più, la sua mancanza si avverte, né pos-siamo chiedergli alcunché, o porgli domande sulla mutazio-ne genetica che ha investito il suo partito – il PD di questi 2-3 anni. Quello che con una legge-ra presunzione possiamo affer-mare è che, forse, Nino avrebbe temuto che la previsione (dicia-mo così, “ante litteram”, post-moderna) che il grande filoso-fo e sociologo del primo ‘900, Georg Simmel, formulava circa l’esito della sua eredità – «so che morirò senza eredi spirituali (e va bene così). La mia eredità assomiglia a de-naro in contanti, che viene divi-sa tra molti eredi, di cui ognuno investe la sua parte in modo conforme alla sua natura, senza interessarsi dell’origine di que-sta eredità» –, si verificasse per l’acquisizione del suo “lascito”.Prescindendo dal fatto che, di questi tempi, il PD (siracusano e siciliano) non sembra né car-ne né pesce, a rifletterci sopra, mentre Simmel registrava gli inevitabili processi di fram-mentazione sociale, per un partito politico, se il suo ruolo è di galleggiare nella “liquidità”, quest’ipotesi di dispersione ere-ditaria ci può pure stare, ma se l’esigenza è quella di costruire un soggetto politico solido – ed è quanto Nino avrebbe sempre voluto! –, la dispersione/dissipa-zione dell’eredità non è un buon viatico per un partito di sini-stra. E Nino avrebbe probabil-mente detto: «De nobis fabula narratur!».>>

di Roberto Fai

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 11LA CIVETTA di MinervaSANITÀ

In pochi anni gli italiani si mangiarono l’assistenza dei propri figli e nipoti e oggi siamo al rendez vous

Sanità sempre più per chi paga, un occhio al passato per capire il presenteDagli enormi sprechi della mutua ai grandi affari delle industrie farmaceutiche

Una volta molti cittadini pagavano le cure, chi non aveva denaro non poteva

curarsi. Mi sovvengono immagini di un passato ormai lontanissimo, suggestioni di un mondo che non c’è più, saggezze ormai perdute, storie d’altri tempi.Ricordo una dolcissima ma pove-rissima vecchietta che non aveva avuto figli, aveva perso il marito da giovane, viveva di niente, aveva dedicato la vita a servire una per-sona importante che le assicurò una casa e la sussistenza fino a tarda età. Non aveva nulla, meno che mai una pensione. Viveva della carità altrui. Da ragazzo mi piace-va portarle i pesci che pescavo. Ne prendevo tanti, avevo una passione per la pesca e l’anima buona di mia madre mi aveva insegnato a dona-re il pesce ad un gruppo di persone che volentieri lo accettavano. Era-no altre epoche di Siracusa, altra luce, altri cieli, altro mare. Avevo tanta disponibilità di tempo e c’e-rano tanti pesci.Le faceva piacere la compagnia dell’adolescente che ero allora e amava conversare un po’ con me. La mia disponibilità non era del tutto disinteressata, lei conosceva la mia voracità per i fichi e me ne regalava, d’estate, cestini interi. Nel piccolissimo giardino aveva, infatti, un albero grande pieno di frutti dolcissimi. Li portavo via in bici con fatica e, in meno di venti-quattro ore, me li facevo fuori. Mi raccontava con orgoglio del pochissimo denaro che aveva ri-sparmiato nella sua vita. Non lo spendeva quasi mai per sé. Dove-va servirle per il dottore e per la morte, mi spiegava, intendendo una veste dignitosa con cui copri-re le sue spoglie e i soldi per essere seppellita. Ricordo ancora i suoi occhi buoni e verdi, le lacrime che le sfuggivano. Non cercava com-miserazione, parlava solo del suo prossimo futuro con la consape-volezza di una donna che ne aveva viste tante e non era avvezza alle

illusioni.Più di mezzo secolo fa le cure non erano accessibili a tutti, intere fa-sce della popolazione ne erano escluse. Mi sembra di ricordare come, nel giro di poche settimane o qualche mese, le persone moris-sero di malattia e ricordo ancora le considerazioni sugli scomparsi in bocca a mia madre. Si moriva in fretta, pochi avevano la possibilità di convivere, come facciamo oggi, per anni interi con le malattie cro-niche.Gli anni che seguirono videro il miracolo economico italiano nei suoi pallidi riflessi del sud e tutte le meraviglie dello stato sociale che, a poco a poco, cambiarono lo scena-rio sanitario della popolazione. Per la verità passammo da un estremo all’altro.Chi si può scordare il boom della mutua in Italia? Ricordo, come fosse un incubo, le sale d’aspetto ribollenti di vociante umanità, ri-cette chilometriche in cui si pote-vano prescrivere tutte le medicine che si volevano. Sprechi paurosi, sfaccendati presenti due, tre volte a settimana in ambulatorio a chie-dere ogni tipo di farmaco. In po-chi anni gli italiani si mangiarono la sanità dei propri figli e nipoti. Nelle mie prime esperienze lavo-rative di sostituzione di mutualisti famosi, la generosità del sistema mutualistico italiano si spingeva a dispensare gratuitamente, come digestivo, bei tubettoni gialli di citrato di sodio (Citrosodina), olio di mandorle dolci o olio di vaselina come lassativi, Soluzione Schoum (antispastico, antidolorifico ve-getale di discreto tenore alcolico, quasi un liquore di gradevolissimo sapore) a litri. Dal consumo che ne vedevo fare in certi strati della popolazione, i più bassi, ero certo che servissero più da genere vo-luttuario che da farmaci. Solo due categorie di sanitari, medici della mutua e farmacisti, possono aver idea di quante medicine prendes-sero certi siracusani e con quanta avidità ne facessero scorta in casa.Un malcostume rivoltante di cui pochi, anche gli addetti ai lavori, avevano consapevolezza. Un tri-

pudio di abusi, anche di costume. Uno scadere progressivo della figura del medico di famiglia, vi-sto più come un dispensatore di farmaci che come figura ieratica e autorevole che decide dei destini delle persone e ne conosce le vicen-de personali e familiari. La stessa mirabolante ascesa delle richieste di prestazioni rese la professione quasi impraticabile. Troppe erano le prestazioni da rendere e nullo il potere del medico nel poterle mitigare, gli stessi guadagni era-no proporzionali alle visite rese e ogni “no” costituiva motivo di cessazione del rapporto di fiducia. Fu una pacchia per i maleducati frequentatori futili e pretenziosi degli ambulatori e altrettanto per chi, fra i miei colleghi, dimenticò subito i sacri principi della profes-sione sposando lo stile, le abitudi-

ni, il cinismo, l’avidità, il pesceca-nismo sanitario magistralmente interpretato da Alberto Sordi nei panni del dottor Tersilli, medico della mutua.Con tutte le esagerazioni del mon-do cinematografico, i due film in-terpretati da questo grande artista che, come pochi, seppe rappresen-tare gli immarcescibili difetti degli italiani, danno l’esatta misura di una realtà allucinante. I danni fat-ti all’immagine della medicina di famiglia dalle aberrazioni di quelle epoche non si sono mai comple-tamente riparati. I pochi ignoran-ti, maleducati, abusatori cronici di una sanità finalmente estesa a larghissime fasce di popolazio-ne, contagiarono buona parte dei cittadini per bene e ingenerarono

una rappresentazione del rapporto di cura più vicino alla commedia dell’arte che alla buona pratica sanitaria, altrove universalmente diffusa.Gli epigoni di quei personaggi sopravvivono in qualche odierno frequentatore fisso dei nostri am-bulatori. Sono ormai tutti anziani, percepiscono pensioni per le quali non hanno quasi mai contribuito, blaterano di contributi sanitari versati e di diritti acquisiti, hanno consumato quello che non hanno mai pagato.In quegli anni in Italia si conso-lidano posizioni industriali nel campo farmaceutico per lo meno sospette. A fronte di una ricerca sui nuovi farmaci sempre più dif-ficile, complessa, costosa oltre ogni immaginazione, lunga e defatigan-te, costellata di fallimenti frequen-

ti e di mancati ritorni economici, l’Italia si defila sempre più dallo scenario scientifico contempora-neo. Pochissime le molecole svi-luppate in Italia e vendute in tutto il mondo. Già alla fine degli anni ’70 l’Italia esce dalla sperimenta-zione autonoma di nuovi farmaci e si specializza nella produzione di molecole inventate da altri ma so-prattutto nella loro commercializ-zazione. Una rete potente d’infor-matori scientifici, la più numerosa al mondo in rapporto alla popola-zione, fa le fortune economiche di aziende specializzate nel co-mar-keting, nella vendita di farmaci stranieri il cui prezzo era stabilito tramite lubrificatissime entrature presso i ministeri addetti. Il mer-cato farmaceutico italiano diventa

uno dei più appetibili al mondo, privo di regole scientifiche rigide, con margini altissimi di guadagno per le cosiddette “marche” e per tutta la catena di commercializ-zazione dei farmaci. Una pacchia per tutti, tranne per le casse dello stato. E’ l’epoca della formazione dell’enorme debito pubblico: pen-sioni ricche a chi non ha contribu-ito, sanità a gogò per tutti.Con grande attenzione all’imma-gine si radica nella realtà sanitaria italiana il concetto di farmaco di “marca”. In altre realtà, più serie in tutti i sensi, i servizi sanitari stra-nieri, sconoscendo il concetto di “marca” chiamavano i farmaci con il nome della molecola chimica che li costituiva. Proprio in quegli anni ’70 cominciano a diffondersi i farmaci equivalenti. Subito accolti con naturalezza in tutto il mondo, essi costituirono un’opportunità di risparmio perché, con la scadenza del brevetto, il loro costo pesava sulla comunità almeno per il 50% in meno. Il consumatore non av-vertiva nessuna differenza giacché la denominazione del farmaco non si modificava, cambiava solo il produttore ma la molecola rima-neva sempre quella.Fu così che, man mano che sca-devano i brevetti, tutto il mondo cominciò a pagare a metà prezzo un buon numero di farmaci. Con i risparmi ottenuti potevano essere sostenibili i costi per le nuove so-stanze di recente sintesi, natural-mente più alti.Chiunque avrebbe colto quest’op-portunità sociale facendone te-soro, tranne l’Italia. Il fenomeno dei farmaci equivalenti rimane pressoché sconosciuto nel nostro paese fino alla fine degli anni ’90. Si comincia col definirli “generici” quasi incoraggiando con la deno-minazione quello che, poi, di fatto, avviene nell’errata convinzione di molti. Sembra quasi che un farma-co definito generico abbia qualcosa di meno e meno pregiato rispetto a quello di marca. Chissà se que-sta infelice definizione proviene dalla malevola accoglienza che gran parte degli operatori sanitari ma soprattutto il mondo dell’im-

prenditoria farmaceutica italiana riserva a questa salvifica categoria di farmaci.Inutile girare intorno al proble-ma: su qualcosa che costa meno della metà non ci sono margini di guadagno nemmeno comparabili rispetto a quelli ben più corposi che facevano la fortuna di quelli che “producono”, vendono, gua-dagnano attorno al farmaco. Un dramma per un paese che fa della tangente un’istituzione fondamen-tale dell’economia. Ecco che buona parte dei beneficati del vecchio si-stema che ruota attorno al farmaco di marca (molti di più di quanto si possa mai immaginare), comincia a fare di tutto per screditare e boi-cottare la commercializzazione dei farmaci generici. Bisognerà aspettare il 2005 per vedere salvato l’onore in terra ita-liana di questa categoria salvifica di farmaci e vedere cambiata la denominazione in “equivalenti”, termine che rispecchia la sostanza fondamentale del problema. Solo la comparazione con simpatici anfibi come le anguille può rende-re ragione di quello che si è visto inventare in Italia per screditare qualcosa che farebbe risparmiare il servizio sanitario e, soprattutto le famiglie, in questi tristissimi tem-pi di crisi. In effetti, un ammalato medio italiano, usando i farmaci equivalenti, può risparmiare fino a trecento euro l’anno.Indimenticabili per me resteran-no le performances scientifiche, l’arrampicamento sugli specchi, le leggende metropolitane bevute e rilanciate da famosi specialisti, primari e dirigenti ospedalieri. Abituati da lustri a essere omag-giati di tutto, sponsorizzati per ogni occasione convegnistica, an-che all’estero, continuano imper-territi a prescrivere solo farmaci di marca fino ad oggi. La cosa più desolante è sentire che alcuni ve-ramente credano che si possa al giorno d’oggi, in barba ad organi-smi di controllo sovranazionali e nazionali veramente inattaccabili, definire equivalente qualcosa che equivalente non è. Miracoli italia-ni ma al contrario.

di dr. Corrado Artale

La sezione di Siracusa del C.A.I., ente pubblico na-zionale che ha per scopo la

tutela dell’ambiente naturale, si fa promotrice, con la collabo-razione di altre libere associa-zioni ambientaliste e culturali della provincia di Siracusa, Ente fauna siciliana, Natura sicula, Agire solidale, gli universitari de Le aquile di Prometeo e la partecipazione di molte altre, di un’iniziativa volta alla sensibi-lizzazione della Cittadinanza e dei giovani riguardante il clima ed i mutamenti climatici in atto in concomitanza ed in relazione al Summit mondiale dei Capi di Stato che si terrà a Parigi, lune-dì 30 novembre c.a. L’iniziativa prevede una marcia urbana, sabato 28 novembre, che, par-tendo dallo slargo antistante l’ingresso del Teatro greco, si snoderà lungo il marciapiede destro del Corso Gelone, pro-

seguendo per via Catania, Piaz-zale Marconi e continuando sempre sul marciapiede destro del Corso Umberto e del Cor-so Matteotti, da lì, imboccando via Roma e via Minerva, si con-cluderà a Piazza Duomo dove si faranno volare i palloncini bianchi che un buon numero di partecipanti ha portato con sè durante il corteo.La marcia urbana siracusana si inserisce in un progetto orga-nizzato a livello mondiale per gli scopi suddetti, consistente in marce cittadine tenute nei giorni immediatamente prece-denti il Summit parigino allo scopo di far sentire la voce dei cittadini del mondo ai Grandi della Terra. Quella di Siracusa si svolgerà sabato 28 c.m. per coinvolgere maggiormente gli alunni degli Istituti scolastici di ogni ordine e grado così che l’evento possa acquisire una va-

lenza educativa e didattica.Il Provveditorato di Siracusa, infatti, attraverso una circolare inviterà i Presidi a farsi promo-tori dell’iniziativa all’interno dei propri itituti scolastici.Al momento del raduno fissato alle ore 9, prima della partenza, alle ore 9:30, valorizzeranno l’evento gli interventi dell’As-sessore all’Ambiente, dott. Francesco Italia e di quanti vorranno intervenire con con-tributi costruttivi consoni alle finalità della manifestazione, saranno invitati a riprendere la manifestazione le agenzie d’in-formazione pubblica, ultimati gli interventi la marcia si av-vierà lungo il percorso indicato. Le associazioni ambientaliste suddette saranno da supporto ai partecipanti lungo il corteo.Il Presidente della sezione C.A.I. di Siracusa

Maria Concetta Carani

Tutti in strada con il CAI

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva SCUOLA

Il docente diventa facilitatore di conoscenze secondo un progetto condiviso dal consiglio di classe

Si diffondono qua e là in Italia le “classi capovolte”, nate in FinlandiaNon più lezioni in classe seguite da studio a casa, ma viceversa

Le classi capovolte: sperimen-tazione didattica interessan-te su cui riflettere per pro-

muovere un vero protagonismo studentesco ed una didattica più adeguata ai tempi. E’ stato Superquark, lo scorso mese di agosto, a rendere nota al gran-de pubblico la sperimentazio-ne delle classi capovolte che da qualche tempo è stata introdot-ta in alcune scuole d’Italia. Oggi la scuola pubblica italiana conta già diverse centinaia di clas-si capovolte, dalle elementari alle superiori: dalle medie del Guercino di Bologna allo scien-tifico Volterra di Ciampino, dal Rossetti di Vasto al Cellini di Valenza, all’Istituto alberghiero Domizia Lucilla di Roma.Questo metodo didattico nasce da spunti ed esperimenti diversi che si sono susseguiti in tutto il mondo. Il primo paese a met-terlo al centro di una riforma è stata la Finlandia, poi la formula ha preso piede quando a codifi-carla è stato uno studioso ame-ricano, Jon Bergmann. Come funziona? Se nella classe

tradizionale c’è un profes sore in cattedra che passa il suo sapere agli studenti, nella classe capo-volta sono gli studenti a met-tere in comune le cono scenze tra loro: il professore, secondo questo metodo, si trasforma in facilitatore di conoscenze, ele-mento che sistematizza il sapere all’interno di un progetto didat-tico condiviso dal consiglio di classe, dove ogni disciplina si è data obiettivi di competenze da raggiungere in un percorso di sistema e di processo sicura-mente più efficace e coinvolgen-te della pratica odierna.

Sicuramente questa metodolo-gia richiede un grande coinvol-gimento da parte del professore, ed è quindi, soprattutto all’ini-zio, molto più impegnativa di una lezione tradizionale. Molti docenti non saprebbero come fare ma una formazione mirata a queste metodiche potrebbe essere impostata dalle scuole più sensibili ed aperte al rinno-vamento (anche utilizzando in modo organizzato i famosi 500 euro annui per la formazione previsti dalla “Buona scuola”).La rivoluzione delle “classi ca-povolte” era nell’a ria da anni,

ma adesso, dopo la trasmissione anzidetta, sembra diffondersi rapidamente. Esistono già as-sociazioni professionali che si adoperano per diffondere que-sto metodo d’insegnamento (una fra le tante: la Flipnet sul cui sito sono reperibili interes-santi indicazioni) e manuali operativi.Secondo questa metodologia di-dattica: non più lezioni in clas-se seguite da studio a casa, ma studio a casa (con video, testi e link) seguito da esercitazio ni di gruppo in classe, con il pro-fessore a disposizione per ogni dubbio e un voto finale che valu-ta impegno, disponibilità all’ap-profondimento, capacità critica e partecipazione attiva. Per gli studenti non è più possibi le ba-rare, copiare compiti o scaricare traduzioni; così. lo smartphone o il tablet, grandi nemici della scuola, diven tano strumenti di lavoro essenziale.E chi non ce l’ha? Si trattereb-be di pochis simi studenti a cui, utilizzando i fondi europei, ogni scuola pub blica potrebbe fornire un cellulare o un tablet. Ai soliti critici che, rispetto ad ogni tentativo di innovazione, potrebbero obiettare che ciò

comporterebbe costi esagera-ti potrebbe rispondersi che, al contrario, al di là dei risultati di apprendimento, sicuramente superiori a quelli attuali, il si-stema, potenzialmente, farebbe risparmiare le scuole (e il Miur): l’istruzione che corre sulla rete telefonica supererebbe, infat-ti, la cronica arretratezza della scuola italiana in fatto di ge-stione delle attrezzature oggi in dotazione (computer, lavagne luminose, connessioni internet etc). Dal “computer per tutti” promesso dal ministro Berlin-guer al tablet, al mercato della telefonia mobile, che ha reso antieconomica ogni forma di contratto diversa dal “tutto in-cluso”, compreso il cellulare.La Buona scuola, così attenta, nelle intenzioni, a tanti aspet-ti tecnici e burocratici, dedica però solo poche righe ai conte-nuti e ai metodi d’insegnamen-to: è già un passo avanti che in essa si rico nosca la necessità della «formazione dei docenti al digitale» e di «organizzare, riconoscere e valorizzare i molti progetti e le reti di docenti già coinvolti sul tema». Molti presidi e profes sori , in Italia, hanno attiva to l’insegna-

mento su tablet. Siamo all’inizio di una rivoluzione che è desti-nata ad affermarsi rapidamente.Pur partendo da premesse completamente diverse, si è arrivati ad auspicare un “cur-riculum di competenze” per gli studenti; anche Edgar Morin, fi-losofo francese particolarmente attento ai temi dell’istruzione, dopo aver dedicato un libro ai “Sette saperi necessari all’edu-cazione del futuro”, è tornato ad approfondire l’argomento nel recente “Insegnare a vivere” dove. nella disputa tra materie tecniche e umanistiche, il filoso-fo dimostra una netta adesione alle nuove indicazioni quando afferma che: “È tutto il sistema di educazione contemporaneo, fondato sul modello disciplina-re dell’università ottocentesca e sulla disgiun zione tra scienza e cultura umanistica, che bisogna rivoluziona re” dimostrando che anche lui sarebbe a favore della classe capovolta, cal deggiata dalla recente, controversa ri-forma della scuola francese Di fronte a tanti fermenti sorge spontanea una domanda: nelle scuole della nostra provincia quanti si sentono “presi” da co-tanto fervore?

di Giambattista Totis

Presenti il magistrato di Siracusa Andrea Migneco e la neuropsichiatra infantile Paola Iacono

Trattamento di detenuti per reati di abuso sessuale su minori. Il 5 dicembrealla libreria Mascali incontro con la psicologa Tringali e la dr.ssa Cataldi

Gentile Redazione, siamo una psicologa ed una educatrice ed

operiamo presso il carcere di Siracusa. Nell’ambito dell’attività che svolgiamo in istituto, dal 2009 ci occupiamo anche del trattamento di detenuti per reati di abuso sessuale su minori. Tale tipo di in-tervento, pur essendo pre-visto espressamente dalla normativa, ad oggi è rima-sto inapplicato per tutta una serie di ragioni, tra cui principalmente l’imponente difficoltà di approccio emo-tivo a questa categoria di soggetti. Lo stigma culturale che riguarda tutti, operatori compresi, determina un ge-nerale disinvestimento nei confronti del problema del-la pedofilia e la convinzione che la sola funzione afflitti-va della pena, l’allontana-mento fisico della persona dalla società rappresentino l’unica via di contrasto a questa forma di devianza. E’ un inconsapevole voltare le spalle, rimuovere il pro-

blema dalla coscienza. In realtà, come abbiamo verifi-cato, la sola detenzione non solo non riabilita, ma deter-mina un aggravamento del disturbo sessuale. In questo lungo arco tempo-rale, abbiamo avuto modo di seguire circa un centinaio di persone, con risultati ap-prezzabili in termini di mo-dificazione di tratti di per-sonalità e di atteggiamenti. Sulla base di tale esperienza, condotta ininterrottamen-te ormai da sei anni, siamo fermamente convinte che soltanto con il trattamen-to unito alla carcerazione, evento che blocca il com-portamento, sia possibile fare prevenzione ed incide-re sull’alto tasso di recidiva che caratterizza questa for-ma di devianza. Soltanto interrompendo il ciclo dell’abuso sarà possi-bile proteggere potenziali altre vittime. Proprio allo scopo di divul-gare quanto accade e conti-nua ad accadere nell’espe-rienza, abbiamo pubblicato il testo dal titolo “Il Tarlo e la Quercia. Strategie di cura del pedofilo”. Il nostro obiettivo è crea-re la “cultura della cura” di queste persone che, oltre ad essere autori di comporta-menti penalmente rilevanti, sono anche portatori di un disturbo riconosciuto scien-

tificamente. In quanto tali hanno diritto a un’atten-zione riabilitativa, al pari degli altri, che iniziando in carcere possa proseguire all’esterno, come avviene in molti Paesi avanzati. Vorremmo, inoltre, far comprendere che in un’ot-tica di prevenzione globale e di contrasto all’abuso, è indispensabile rivolgere la cura anche all’abusante e ciò ad esclusivo vantaggio del minore ed a tutela della collettività. Giorno 5 Dicembre 2015 alle ore 18,00, saremo pres-so la libreria Mascali in Via Maestranza a Siracusa per incontrare i lettori. Inter-verranno il Dott. Andrea Migneco Magistrato com-ponente Ufficio GIP GUP Tribunale Siracusa e la Dott.ssa Paola Iacono, neu-ropsichiatra infantile ASP Siracusa.

di Dott.ssa Teresa Tringali psicologa

Dott.ssa Felicia Cataldieducatore penitenziario

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 13LA CIVETTA di MinervaPIANETA DONNE

Molte le iniziative a ridosso del 25 novembre e, per le donne che non ci sono, un paio di scarpe rosse

A Noto ““Il corpo della donna guardato e pensato dall’arabo e dall’occidentale”E domenica al Moon di Via Roma a Siracusa (ore 19) #iocimettolaparola

Il compagno/marito non ce la fa a cambiare, teme di apparire debole e persegue atavici modelli

In molte case, diventate una prigione, il sorriso spento delle donnecon uomini violenti che vogliono l’annullamento della partner

di Graziella Fortuna

Chi non ricorda le donne del ’68 sventolare i reg-giseni per rivendicare la

libertà di essere femmina? Una libertà sognata, sperata, pretesa, confidata, trepidata. Ma quale libertà? La nostra è una società ancora al maschile, anche se la rappresentanza femminile è ga-rantita per legge, le cosiddette quote rosa, una vergogna costi-tuzionale, e la professionalità delle donne, pur avallata, è pseu-damente annichilita. Di donne se ne parla. Parlano le percosse che registrano diuturnamente i giornali di donne brutalmente picchiate e umiliate, derise, vi-tuperate, maltrattate. Le donne sono brave a mascherare, a far finta di niente, a nascondere

i soprusi subiti e a convivere nella loro vergogna, come se la colpa fosse loro. Continuano a rimanere in silenzio, a tacere la violenza fisica, psicologica e sessuale che sia, e a continuare ad essere persone dal sorriso spento. Gli istituti di statistica calcolano in circa 70 milioni le donne che nel 2014 hanno subito violenza. Una realtà allucinante, senza confini e senza limiti ed è que-sto quello che emerge dai fatti di cronaca che costantemente constatiamo essere consapevo-li testimoni di una realtà che è solo maschile, ma che riguarda le donne, il tutto mascherato da un falso buonismo che rende la donna sottomessa nella sua casa, trasformata per l’occor-renza, in una prigione. Si parla dell’incomprensibile e illogica leggerezza dell’uomo, il quale ha

perso la lucida consapevolezza del cammino verso la ragione, fermo nelle sue radicate convin-zioni che sono la risultante di millenaria supremazia. L’uomo non riesce a cambiare, rischia di apparire debole. Non può cambiare le regole della vita! Così ha fatto suo padre e il padre di suo padre, ai tempi dei tempi. L’uomo negli anni ha sviluppato il peggiore degli istinti: la vio-lenza, la sopraffazione, l’annul-lamento della propria compa-gna… e la donna è sempre lì a raccogliere i cocci della propria vita, a ricomporli e fortunata-mente non sempre a conservarli. Il cammino della donna è veloce e dinamico, è quello dell’uomo che va a rilento, inconsapevole che solo la libertà della mente può renderlo veramente uomo. Cronaca docet.

Il 25 novembre, che ricorda il brutale assassinio delle so-relle Mirabal, attiviste che si

battevano per l’emancipazione femminile contro la dittatura di Trujillo nella Repubblica Do-minicana (segnaliamo il film dedicato a questa storia e inti-tolato Las Mariposas, le farfalle, dall’appellativo con cui le Mira-bal erano conosciute), è stata la giornata dedicata alla riflessione sulla violenza di genere. Intorno al 25 novembre pullu-lano quindi molte iniziative a livello internazionale non solo per rendere omaggio alla me-moria delle Mirabal ma per fare il punto della situazione su questa piaga sociale e culturale: associazioni, centri antiviolen-za, istituzioni scolastiche, intel-lettuali e artisti, come ricorda l’assessora netina alle pari op-portunità e alla cultura nonché vicesindaca Cettina Raudino, sono impegnate da anni in questo senso. A Noto, proprio il 25, all’interno della manife-stazione Volalibro (8^ edizione

festival di letteratura per ragaz-zi a cura dell’associazione Pro Noto) il tema è stato trattato per un pubblico di studenti delle scuole superiori con due dibattiti: “Il corpo della donna guardato e pensato dall’uomo arabo e dall’uomo occidentale” con Souadou Lagdaf, ricerca-trice Università degli Studi di Catania e con la Professoressa Graziella Priulla, docente di so-ciologia Università di Catania – Sede di Ragusa, moderatrice l’avvocata Gabriella Tiralongo, del Centro Antiviolenza Doride; a seguire la conferenza dibattito “Femmine e Maschi: come di-ventiamo uomini e donne” con Benedetta Selene Zorzi, teolo-

ga formatrice, ACC Coak ICF, moderatrice la professoressa Vera Parisi. Il Teatro comuna-le di Noto, intitolato all’attrice Tina Di Lorenzo, ha ospitato la presentazione del corto di Lucia Sardo, attrice e regista, “ Con me e senza di me”. A seguire un dibattito con la stessa artista si-ciliana moderato dall’avvocata penalista Mariella Viscuso. Ricordiamo il progetto Sema-foro Rosa che ha permesso di attivare all’interno della bi-blioteca comunale il servizio di consulenza gratuita “Biblioteca delle Donne”, uno sportello di primo livello di ascolto in cui donne professioniste della città (avvocatesse, psicoterapeute, pedagogiste, educatrici, opera-trici del centro antiviolenza Do-ride) si mettono a disposizione per qualunque tipo di disagio o richiesta di aiuto. Altra ini-ziativa rimarchevole si svolgerà domenica 29 novembre presso il MOON di Via Roma a Siracusa a partire dalle 19: #iocimettola-parola - Parolieri, poeti, artisti e amanti della vita, della bellezza e della Poesia, uniti nell’amore e per l’amore, la loro Parola per dire no alla violenza. Saranno

presenti i ragazzi di Hdemia con i monologhi di Sebastiano Patanè, tratti da Donne anti-che di oggi, La Carovana degli Artisti – associazione di Giusy Cancemi Di Maria e Gianlu-ca Pipitò che ha reso omaggio, tramite concorsi letterari e ini-ziative culturali di vario genere, a figure come quelle di Franca Viola e della poetessa e patriota netina Mariannina Coffa Caru-so – con le Stagioni dell’amore e le poesie di “Inchiostro e Ani-ma” contro la violenza, Salvato-re Randazzo e i Poetaretusei432, Nunzio Cartalemi Prospekt mira, Arteria d’amuri e d’autri peni, Anna Patrizia Caminati con Maddalena; interverrà l’av-vocata Teresa Nicastro.Sia le iniziative segnalate che quelle che si svolgono attorno 25 novembre aderiranno a “Po-sto Occupato” marcando l’as-senza di tutte le donne che non possono, per via della violenza, occupare fisicamente il posto simbolicamente lasciato libero e segnalato da un’apposita in-dicazione e spesso da un paio di scarpe rosse.

di Marialucia Riccioli

Hildegard von Bingen, Maria Cristina di Sa-voia, Artemisia Genti-

leschi, Olympe de Gourges. E ancora Cristina Trivulzio di Belgioioso, Bianca Mile-si, Giuseppina Bolognani. Cos’hanno in comune queste figure femminili e molte altre come quelle di Emily Dickin-son, Mariannina Coffa, El-len Swallow Richards, Maria Montessori, Grazia Deledda, Franca Viola? Sono donne, anzi le “Tante donne – Tutte di mio gusto… e altro ancora” del libro di Vittoria De Marco Veneziano (Erga edizioni, Genova 2013), presentato di recente presso la Casa del libro Rosario Mascali di Siracusa.Ci piace proporlo in un perio-do nel quale si parla di violen-za di genere, di femminicidio, di fondamentalismo e inte-gralismo che mortificano cal-pestano annientano il genio femminile, la dignità umana e

le doti dell’altra metà del cielo. Pensiamo alle parole di papa Francesco, che stigmatizza le disparità lavorative ancora persistenti che penalizzano le donne, alla ferale data del 25 novembre in cui nel 1960 trovarono la morte Las Ma-riposas, le farfalle, ovvero le sorelle Mirabal, la cui storia di dissidenti coraggiose è an-ch’essa presente nel libro della Veneziano.Patriote, poetesse, artiste, giornaliste: le figure di Oriana Fallaci, Maria Grazia Cutuli, Lalla Romano, Simona Atzori, Artemisia Gentileschi rivivo-no leggendo le loro biografie: ripercorrere la vita di attiviste politiche, volontarie, donne impegnate nel sociale e nei multiformi campi della cultu-ra è un modo per rendere ono-re alle loro esistenze e perché il loro esempio sia da sprone alle donne del XXI secolo, ap-parentemente emancipate ma vittime anch’esse di condizio-namenti e violenze più o meno evidenti.Donne note come la senatrice Merlin o sconosciute come

le Gelsominaie di Milazzo, artiste come Frida Kahlo, scienziate come Rita Levi Montalcini, madri e mogli e professioniste come Gianna Beretta Molla addirittura ce-lebrata dalla Chiesa, mistiche, inventrici… Ognuna di queste donne può indicare una strada alle sorel-le di oggi, strada lastricata di coraggio, di lotta contro i pre-giudizi, contro i lacci di qual-siasi natura.

Nel libro di Vittoria De Marco Veneziano le lotte ai pregiudizi e gli slanci di meravigliose esistenze

In “Tante donne – Tutte di mio gusto… e altro ancora”patriote , poetesse, artiste, giornaliste

indicano la strada alle sorelle del XXI° sec.

di Marialucia Riccioli

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva

Per rendere l’atto autentico, integro e immodificabile occorre la firma digitale del Responsabile

Fermento di iniziative, alcune ancora in corso, da parte di associazioni e imprese pubbliche e private

Sui siti della P.A., la carta (straccia) domina nell’Albo onlineSpesso i dettami della normativa sono completamente ignorati

Sedici le azioni approvate dal SERR in provincia di SiracusaI progetti finalizzati alla riduzione e al riuso dei rifiuti

ATTUALITÀ

Le Pubbliche Amministrazioni italiane ancora non rispettano la normativa in tema di diritto

di accesso e albo online. Da una recente indagine ANORC emer-gono alcune lacune, in alcuni casi sono state presentate delle interro-gazioni e a breve, ne siamo certi, arriveranno anche le sentenze...Gli Albi on line delle PA italiane sono pubblicati in modo serio e af-fidabile e, soprattutto, in linea con le esigenze della legge? Sembre-rebbe di no nella maggioranza dei casi, anche alla luce della recente indagine di ANORC alla quale già su queste pagine si è accennato. E infatti arrivano le prime interro-gazioni e i primi dubbi… e prima o poi arriveranno anche le prime sentenze.C’è da dire quindi che, nonostante il momento non sia propizio – il Governo ha in questi giorni an-nunciato con la nuova Legge di Stabilità tagli del 50% alle spese del settore ICT per la pubblica amministrazione - appare dovero-sa una riflessione sulle procedure e in particolare su quelle di pub-blicazione on line, a garanzia della trasparenza della macchina buro-cratica e della tutela dei diritti dei cittadini.La normativa in materia di do-cumentazione amministrativa obbliga già da tempo le pubbliche amministrazione a favorire una maggiore efficienza delle proce-dure e l’accesso telematico ai do-cumenti e ai dati pubblici prodotti dalla PA. Se con la legge 241/1990

in materia di procedimento am-ministrativo è stato sancito per i cittadini il diritto di prendere visione e di estrarre copia dei do-cumenti le cui finalità siano con-siderate rilevanti per il pubblico, l’articolo 32 della Legge 69/2009 ha poi incentivato il progressivo superamento della forma cartacea imponendo agli enti pubblici di pubblicare sui propri siti istitu-zionali gli atti e i provvedimenti amministrativi, allo scopo di ga-rantire il rispetto degli obblighi di pubblicità legale.Le finalità sottese erano e sono quelle di consentire una maggiore efficienza dei servizi, snellendo le procedure burocratiche, per faci-litare la fruizione e il reperimento della documentazione da parte del cittadino richiedente, il quale dovrebbe così essere messo nella condizione di monitorare l’iter procedimentale e interagire con l’amministrazione comodamente da remoto.Uno degli strumenti con i quali gli enti locali sono tenuti a espletare tale servizio è la pubblicazione dei documenti nell’albo pretorio - che da luogo fisico di affissione è divenuto una sezione dedicata della pagina del sito istituzionale - secondo tempistiche e con requi-siti formali precisi. AgID ha pre-disposto nel 2011 un Vademecum sulle modalità di pubblicazione all’Albo, sottolineando come tale procedura richieda una pianifica-zione preventiva delle attività in termini di modalità di pubblica-zione, accesso ed eventuale acqui-sizione, tempi di pubblicazione, trattamento dei dati, archiviazio-ne dei documenti, con l’ausilio di

personale addetto e figure respon-sabili in possesso di specifiche competenze.Attraverso un’interfaccia - che do-vrebbe essere intuitiva e facile da usare - il cittadino può così con-sultare, ad esempio, bandi di gara, avvisi, provvedimenti, pubblica-zioni di matrimonio, i cui tempi di pubblicazione sono disciplinati dai singoli statuti e regolamenti locali e fissati generalmente nei quindici giorni successivi alla data di pubblicazione.Il legislatore, consapevole del va-lore e delle conseguenze giuridi-che che comporta tale procedura, che deve conformarsi ai termini di avvio e conclusione del pro-cedimento amministrativo, si è preoccupato di emanare uno spe-cifico DPCM (26 aprile 2011) sulla pubblicazione di bandi, avvisi e bilanci e di “ogni atto e provvedi-mento concernente procedure ad evidenza pubblica”.  In particolare, il documento pub-blicato nell’Albo conclude o avvia un procedimento amministrati-

vo e il rischio di nullità dell’atto dev’essere perciò assolutamente prevenuto. Affinché sia possibile ritenere l’atto autentico e integro e ne sia garantita l’immodifica-bilità, è assolutamente necessaria l’apposizione della firma digitale del Responsabile del procedimen-to di pubblicazione – capace così di attestare con certezza la prove-nienza e la conformità del docu-mento all’originale, sigillandolo appunto con l’unico strumento consentito dalla normativa pri-maria (ai sensi dell’art. 24 comma 2 del Codice dell’amministrazione digitale) - e l’utilizzo di un forma-to idoneo anche all’archiviazione e alla conservazione del documento nel lungo periodo.Nonostante i processi di produzio-ne e pubblicazione documentale siano disgiunti - anche se la pub-blicazione in formato elettronico dovrebbe logicamente presuppor-re che il documento originale sia nativo digitale – le strategie tecno-logiche utilizzate a garanzia della legalità dei due processi dovreb-

bero essere le stesse. Ma quello che invece spesso succede – anche secondo quanto emerso dalla già citata indagine sui siti della PA, condotta dall’ANORC - è di tro-varsi a visualizzare nell’Albo una copia informatica di un documen-to analogico (quindi acquisita con un semplice processo di scansio-ne), magari nel formato proprieta-rio e ormai superato.doc e comun-que sprovvista della firma digitale del pubblico ufficiale che ne attesti la conformità all’originale.Inoltre, per quanto attiene ai certi-ficati di matrimonio e alle istanze di modifica del nome o del co-gnome, riteniamo utile ricordare che il legislatore è stato partico-larmente esplicito circa la neces-sità di sottoscrizione digitale del documento, affermando, inoltre, che il procedimento di pubblica-zione è diretto a dare “pubblica conoscenza e pieno valore legale agli atti e provvedimenti indicati per legge, anche quando formati da terzi, attestando nel contempo la conformità di quanto pubblica-to con l’originale, l’autorevolezza dell’ente emanatore, l’autenticità, la validità giuridica, e l’inaltera-bilità, la preservazione del valore giuridico e probatorio e la conser-vazione nel tempo dei documenti pubblicati”.In ultimo, non è possibile ignorare le disposizioni del Garante pri-vacy in materia, che confermano l’opportunità della firma digitale per la contestualizzazione dell’at-to pubblicato on line, imponendo anche per questa delicata attività di pubblicazione telematica un trattamento dei dati personali che sia “pertinente, completo e non

eccedente” rispetto alle finalità che si perseguono e che garantisca anche il diritto all’oblio dei dati, in modo tale che essi non possano essere più rintracciati attraverso i motori di ricerca una volta scaduti i tempi di pubblicazione all’Albo.Tutto questo lo si sta facendo? O si continua a confondere la pub-blicazione nell’Albo con le ragioni (che hanno presupposti e finalità completamente diversi) della tra-sparenza contenute nel D. Lgs. 33/2013? Il rischio, lo ribadiamo, è l’inesistenza giuridica di ciò che si pubblica senza rispettare le preci-se regole imposte dalla normativa (oltre la possibilità di effettuare illeciti trattamenti di dati perso-nali).L’obiettivo a cui tendere è sicu-ramente quello della produzione di documenti nativi digitali, che possano quindi essere acquisiti, distribuiti e gestiti dai vari uffici in modo automatizzato e accura-tamente archiviati e resi accessibili agli utenti in modalità elettronica.I riferimenti normativi sono mol-teplici e precisi, ma scarsi sono invece gli investimenti economici destinati all’acquisizione di idonei strumenti informatici e all’inclu-sione nell’organico della PA di personale specializzato. Senza tali presupposti non è possibile avvia-re un processo di cambiamento in grado di incidere in maniera si-gnificativa sulla qualità dei servizi offerti (ormai obbligatoriamente) on line e capace di disincentivare così gli sprechi e velocizzare i tem-pi di espletamento delle pratiche amministrative.

di Andrea Bisicchia

Dal 21 al 29 novembre è in svolgimento la Settimana Europea per la Riduzione dei

Rifiuti (SERR) il cui obiettivo pri-mario è il coinvolgimento attivo di cittadini, istituzioni e imprese, in progetti sulla corretta gestione dei rifiuti. Sono state 7323 le azioni approvate in Europa di cui 5286 in Italia e 16 a Siracusa. Un gros-so risultato per la nostra provincia che diventa sempre più sensibile ai temi ambientali, e in particolare a quelli relativi ai rifiuti. Tema di questa edizione è stata la dema-terializzazione, e la quasi totalità delle azioni approvate ha riguar-dato la prevenzione e la riduzione dei rifiuti a monte, in coerenza con la gerarchia europea di gestione rifiuti. Inoltre un’azione su dieci affronta anche la tematica del riu-tilizzo e una su venti è relativa alla raccolta differenziata.Vediamo alcune delle azioni ap-provate per Siracusa. 1) “Re-co-oking” è stata proposta da Mo-

vimento Centrale, un pub di Ortigia. L’azione che si svolgerà sabato 28 novembre prevede la degustazione di pietanze prepa-rate attraverso l’impiego di scarti di altre preparazioni. 2) il “Progetto di promozione dei Green Public Procurement (GPP)”, promosso dal Comune di Siracusa, si è svolto il 24 con la costituzione di un gruppo di lavoro comunale per l’introduzione degli Acquisti Verdi e dei criteri minimi am-bientali. Il GPP è uno strumento di sensibilizzazione e interazione verso tutti gli stakeholder (citta-dinanza, imprese, associazioni ecc). 3) “Consigli e buone pratiche per un ufficio sostenibile”, sempre del Comune il 23 quando l’Ufficio Formazione ha dato utili sugge-rimenti per un comportamento attento al rispetto dell’ambiente e al risparmio energetico. 4) “Fare di più con meno”, proposta da Impact Hub Siracusa, si svolge domani 28 novembre ed ha l’obiettivo di pre-sentare le migliori pratiche locali per promuovere la riduzione dei rifiuti e un’economia sostenibile. 5) “Good Compost”, promossa

dall’Associazione Rifiuti Zero Si-racusa per il 29, alle ore 17, presso Impact Hub Siracusa nell’ambito di un evento più ampio: la fir-ma della Carta di Siracusa “Città Educativa”. Per il prossimo anno, l’associazione propone una serie di attività di potenziamento e miglio-ramento della campagna “Compo-stiamoci Bene”. 6) “Pannolini lava-bili e coppetta mestruale: perché sceglierli?”, proposta dal negozio Unduetre Terra per avviare alcu-ne attività: incontri con i genitori, pediatri, ostetriche e insegnanti di asilo nido L’appuntamento è per oggi, alle ore 18. 7) “Al Parco con Capitan Riciclone”, organizzato dall’Associazione Gruppo Mam-me, presso il Parco dei Marinaretti, svoltosi domenica scorsa. E’ stato un evento per i più piccoli con gio-chi e laboratori. 8) “Azione Soste-nibile Workshop. Fare con meno e comunicare di più e meglio!)!, proposta dall’Associazione Rifiuti Zero Siracusa, si è svolto venerdi 20 e sabato 21, ed ha avuto l’obiet-tivo di fare rete per comunicare i temi della riduzione, della raccolta differenziata e riuso e riutilizzo ë

Fondamentale. 9) “Festa della ri-creatività”, promossa da Legam-biente Siracusa, domenica 22 no-vembre presso Piazza Santa Lucia con l’obiettivo di realizzare una serie di attività sul tema dei rifiuti. 10) “Volontariato solidale e riciclo creativo. Progetti: Rici-imparo; A me non serve più…lo vuoi tu?”, proposto dall’Associazione Rici-Creo di Ferla, domenica 29 Impact Hub di Siracusa. L’azione si svolge durante tutto l’anno ma in occa-sione della SERR si organizzano dei laboratori. 11) “Meno carta in banca”, proposta da Intesa Sanpa-olo Bank per tutta la settimana e per tutto l’anno. Presso viale Tica,

46. 12) “SIMPLYcemente ben-esse-re per uno stile di vita sostenibile”, promossa da SIMPLY ITALIA, Via Scala Greca, 350. Si tratta di azione di sensibilizzazione. 13) “Arte Psiche” si svolge sabato 28, dalle ore 10 alle 12. E’ un’attività di presentazione del laboratorio d’arte, aperto ai bambini. Labora-torio d’arte, Ambiente, Riduzione, produzione dei rifiuti e riuso. Tutti i Progetti Arte Psiche presentati si svolgono in italiano e inglese.Se analizziamo i dati, osserviamo che in Italia è aumentata in modo evidente la partecipazione alla SERR dei singoli cittadini, e an-che delle Pubbliche Amministra-

zioni: infatti, il 42.5% delle azioni è stato proposto dalle pubbliche amministrazioni, il 27% dalle as-sociazioni, il 13% dalle imprese, l’8% dalle scuole e dai cittadini. Le regioni che hanno presentato il maggior numero di azioni sono state la Lombardia (19%), il Pie-monte (10%), il Veneto (10%), il Lazio (9%), la Campania e l’Emilia Romagna (8%). A livello nazionale hanno partecipato grandi marchi come Intesa San Paolo, Simply Market e Auchan. L’edizione 2015 della SERR, svolta sotto l’alto pa-trocinio del Parlamento Europeo, del Senato della Repubblica e del-la Camera dei Deputati, è stata resa possibile grazie al contribu-to del Ministero dell’Ambiente e dei consorzi di filiera (CONAI, CIAL, COMIECO, COREPLA, COREVE, RICREA e RILEGNO). La Settimana Europea per la Ri-duzione dei Rifiuti rappresenta la principale e più ampia campagna di informazione e sensibilizzazio-ne dei cittadini europei circa l’im-patto della produzione di rifiuti sull’ambiente.

di Salvo La Delfa

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 15LA CIVETTA di Minerva

Nei primi giorni consumano una quantità enorme di cibo. E chi non conosce il bidet lo usa come wc Coi migranti nel centro di accoglienza. Dopo una fase di timidezzachiedono una palestra attrezzata, tablet, occhiali da sole, lo smartphone

ATTUALITÀ

Arrivano sui pullman scor-tati dalla polizia. Hanno un aspetto terribile. Spettri

in forma umana. Bambini, vecchi, malati e giovani adulti. La grande hall che li accoglie si riempie im-provvisamente di un olezzo in-sopportabile. Arrivano abbigliati alla meno peggio. I più fortunati restano uno, due giorni nell’at-tendamento che c’è al porto. In quel caso ricevono una giacca o dei sandali. Hanno tutti lo stesso sguardo, vuoto, spento. La proce-dura prevede che siedano in attesa della verifica dei nomi e numero di sbarco. Quindi gli vengono assegnate le camere. La loro sor-presa è grande, specie quelli che hanno vissuto nei villaggi. Una camera col bagno era un sogno irrealizzabile per tanti di loro.La lingua madre, quella che defi-niamo tribale, è l’elemento uni-ficante. Nazionalità diverse, si ritrovano accomunati dalla stessa cultura e lingua. Ad esempio, i senegalesi e i gambesi, parlano gli uni il francese, gli altri l’inglese. Poi tra loro trionfa come per mi-racolo una sola origine. Uno dei tanti regali di noi europei. Vi è come un discrimine linguistico; la differenza d’idioma li carat-terizza poi nel comportamento. I francofoni, ad esempio, sono introversi e timidi. Gli anglofoni invece li trovi estroversi e spiglia-ti. Purtroppo questa differenza si traduce poi nel comportamento,

fin troppo esuberante degli an-glofoni. I migranti di un centro di prima accoglienza hanno di-ritto, per convenzione, a ricevere i mezzi necessari di prima neces-sità. Un kit di prima accoglienza, vestiario in genere, e una scheda telefonica di 15 euro per chiamare i loro familiari. Il vitto, consisten-te in tre pasti al giorno, un letto accogliente e due euro e cinquan-ta al giorno. Il rispetto della con-venzione è oggetto dei controlli prefettizi e delle visite a sorpresa di tutte le agenzie umanitarie incaricate dallo Stato. Poi, come accade per ogni essere umano, la memoria corta fa di ogni mi-grante ospitato un cliente sempre più esigente. Ecco che allora col passare dei giorni ti giungono le richieste più improbabili. Si va dalla palestra attrezzata, al tablet, dagli occhiali da sole allo smar-tphone. Il peggiore dei paradig-mi cui i media ci hanno abituati trova il suo fondamento. Dammi,

dammi! Give me, give me. Una fame atavica trova la sua soddi-sfazione nella quantità enorme di cibo consumato nei primi giorni di permanenza. Volumi di cibo che farebbero inorridire qualun-que dietista. Poi lentamente col passare dei giorni, quando l’area più primitiva del cervello umano riconosce che il cibo assunto è sufficiente, si passa a livelli nor-mali per un essere umano; sempre porzioni da superman, ma sicura-mente più accettabili. Come in ogni uomo, la provenienza d’o-rigine segna profonde differenze comportamentali. Ecco che i mi-granti delle aree più remote disco-noscono il bidè; spesso viene usa-to in alternativa al wc. In estate la stragrande maggioranza degli eritrei giungeva al centro con pro-fonde lesioni da scabbia. Moltissi-mi avevano i pidocchi. Questo per l’Africa orientale in genere era la norma. I nigeriani, seconda na-zionalità dopo quella eritrea, era pressoché immune da queste ma-nifestazioni parassitarie. In tutti, e allo stesso modo, la premura di ottenere il permesso di soggiorno; unico motivo che possa giustifi-care le settimane di viaggio nel deserto a bordo dei pick up, o gli ottocento euro spesi per rischiare la vita attraversando il canale di Sicilia. Per chi non ha mai visto il mare, la stragrande maggioranza dei migranti, il nostro mare non è blu!. Tutti loro, per una sorta di allucinazione collettiva, sono concordi nel definirlo di colore nero. La paura e lo sgomento al-tera perfino le percezioni più co-

muni. La polizia italiana è rigida, ma rispetto alla soldataglia libica è composta da missionari; così la definiscono. I sogni? Quelli di ogni giovane. Un lavoro, dei figli, la possibilità di mandarli a scuola. Una vita sicura. E i mussulmani? Molto più complessa la relazione con i cristiani che con i mussul-mani. Chiassosi e pretenziosi i primi, quanto collaboranti e as-secondanti i secondi. Tra gli uni e gli altri lo stesso atteggiamento della stragrande educazione reli-giosa di noi italiani, ad esempio. Nominalmente cristiani o mus-sulmani, per il resto rimane più un’etichetta di appartenenza che una reale testimonianza religiosa. Circa il terrorismo, la rivelazione che accomuna tutti i mussulmani è la stessa. I terroristi non sono mussulmani! L’Isis è un impero economico che simula la moti-vazione religiosa per giustificare i massacri che hanno origini eco-nomiche. Quando vengono trasferiti presso i centri di seconda accoglienza, tutti gioiscono allo stesso modo. Il traguardo per l’ottenimento del permesso di soggiorno è sempre più vicino. Purtroppo non sanno che la stragrande maggioran-za avrà solamente un permesso umanitario della durata di sei mesi. Senza un domicilio e un contratto di lavoro, non gli verrà più rinnovato il permesso. Poiché il rimpatrio coattivo ha dei costi impressionanti, al migrante cui è scaduto il permesso di soggior-no viene rilasciato un decreto di espulsione dal territorio naziona-

le. Sette giorni per uscire dall’Ita-lia. Va da sè che senza soldi e sen-za alcun sostegno resteranno nel nostro paese come clandestini. Lavoro nero, traffico di stupefa-centi e prostituzione. E’ evidente che in assenza di una rete di accoglienza in grado di as-sistere dopo l’uscita dai centri di accoglienza, stiamo permettendo l’ingresso a svariate centinaia di migliaia di persone che nei pros-simi anni incideranno in maniera impressionante nel welfare euro-peo. Il disagio sociale dei migranti di seconda generazione che vivo-no nelle banlieue, o nei sobborghi londinesi, lo vedremo sempre più spesso nelle nostre metropoli. La rude quanto inconfutabile descri-zione vuole essere semplicemente un contributo all’interpretazione di fenomeni che, affrontati super-ficialmente nei social forum o nei discorsi di circostanza dei set te-levisivi, risolvono semplicemente la questione con le partigianerie pronte a scontrarsi. Accogliere sempre e comunque, o chiudere le frontiere. Sicuramente è impensa-bile che l’Africa possa trasferirsi in Europa. Creando la green card in uso per entrare negli Stati Uni-ti, affidando a Ong internazionali il filtro per la concessione dei visti in Europa, investendo in attività produttive e assegnando ad os-servatori internazionali dell’Onu la validità degli investimenti, si-curamente si spenderebbe molto meno di quanto non si spende adesso per “accogliere” persone che tra un anno, teoricamente, dovranno uscire dal paese.

I maghrebini sanno che non pos-sono entrare in Italia. Tutti quelli che sbarcano dalla nave militare vengono condotti all’aeroporto Vincenzo Bellini di Catania e rimpatriati immediatamente. Al-lora per aggirare il limite manda-no i loro figli. Ragazzini di dodici tredici anni arrivano nelle nostre coste. Le leggi internazionali vie-tano il loro rimpatrio. Mentre favoriscono il ricongiungimento familiare. Ecco trovato un buon escamotage. Moltissimi sono oggi ospitati nei centri di prima accoglienza per minori, tanti nelle comunità al-loggio. La tragedia spesso sta nel fatto che non vogliono vivere da soli in Italia. Abbiamo assistito a scene terribili in cui al telefono supplicavano i genitori perché li facessero rimpatriare. Purtroppo le norme impongono delle scelte obbligate. Il genitore, attraverso l’intervento dell’ambasciata, deve acconsentire acciocché il minore torni in patria. Il dramma è dato dai soldi che i genitori hanno speso per imbarcare i ragazzini. Soldi che devono essere restituiti ai trafficanti. Gridavano al tele-fono, minacciavano di togliersi la vita piuttosto che restare da soli in Italia. Bocche in meno da sfamare possono giustificare il dolore dei ragazzini. Un resoconto doloroso, reale ma per niente esaustivo dei drammi vissuti dai migranti. Un piccolis-simo esempio della problematica che noi italiani ed europei dovre-mo vivere assieme a questi fratelli disperati.

di Ciccio Magnano

Nello scacchiere mediorientale la vendita di armi (anche italiane) produce business colossaliPer capire meglio il riacutizzarsi del terrorismo e i nuovi venti di guerranon si può prescindere dalle fonti di approvvigionamento economico

Dopo i fatti di Parigi e gli altri a seguire, è facile cadere pre-da dell’odio e della violenza.

La sopraffazione, la violenza ar-mata, il terrorismo, la guerra sono scelte che seminano e generano solo odio e morte. La guerra o il terrorismo, parimenti, sono la sconfitta della ragione umana e crimini contro l’umanità. Col ter-rorismo o con i conflitti armati, il 70% dei morti o feriti sono civili, le sofferenze e le angustie sono insopportabili, vengono distrutti ospedali, scuole, abitazioni, risor-se economiche. E’ naturale porsi la domanda, come si possono evita-re? Le risposte si possono trovare analizzando le fonti di approvvi-gionamento economico. Il terrori-smo, ad esempio, viene alimentato dall’accaparramento delle risorse energetiche, dal loro contrabban-do e dall’importazione illegale in Occidente dei combustibili fossili , ma anche dal commercio di dro-ghe e dai riscatti per estorsioni. Quindi, per comprendere meglio ciò che sta accadendo nei nostri

giorni, una chiave di lettura im-portante, a volte essenziale, è, senza dubbio, quella economica. Come diceva Solow (premio Nobel per l’economia) “anche se i con-flitti possono avere motivazioni dalle radici diverse, è necessario analizzare la componente socio-e-conomica e storica per individuare i comportamenti di chi ne è coin-volto e di conseguenza, le soluzio-ni e i rimedi da adottare ”. Non si può avere una visione completa se ci sofferma solo su determinate questioni o commettendo l’errore (ma a volte si tratta di una tattica voluta) di non distinguere l’Islam dal terrorismo (facendo. così, un regalo ai terroristi) o amplificando strumentalmente le questioni re-ligiose e di origine etnica, per fini

elettorali, o in malafede per razzi-smo o per difendere determinati interessi di nazioni che alimenta-no artatamente il conflitto e non si tiene conto della questione della supremazia che si vuole esercitare in un determinato e strategico ter-ritorio e la questione del controllo delle risorse energetiche. Nel caso dello scacchiere medio-o-rientale si deve tener presente, in-fatti, dell’asfissiante presenza dei rappresentanti commerciali delle industrie produttrici d’armi, che, spesso, rappresentano un impor-tante business per molte nazioni e che hanno l’interesse di mantenere in piedi i conflitti armati. Ricor-do il film “profetico”, con prota-gonista Alberto Sordi, “Finché c’è guerra… c’è speranza”. Enormi sono gli interessi per la zona, so-prattutto per il greggio. Il livello d’attenzione è cresciuto anche perché l’Occidente non ha saputo o voluto trovare un’alternativa alla dipendenza energetica dai prodot-ti petroliferi. Il precedente inter-vento in Iraq (il “Desert Storm”) fu causato, anche, dalla paura di per-dere i pozzi petroliferi dell’Arabia Saudita.Come avverte J. Stiglitz (premio Nobel 2001 per l’economia): “ Se la

questione del controllo delle risor-se energetiche del Medio-Oriente resta ancora un forte motivo di conflitto, l’irrazionalità avrà sem-pre il sopravvento sulla razionalità della convivenza pacifica”. Ecco perché oggi, ancora più forte, dob-biamo ripetere NO BLOOD FOR OIL (Niente sangue per petrolio).Viviamo, oggi, con estrema pre-occupazione gli avvenimenti che si affacciano nello scenario inter-nazionale. Da più parti si levano autorevolissime voci contro il ter-rorismo e la guerra che apportano lutti, distruzione di presìdi della sanità, dell’istruzione e del lavo-ro. Bisogna levare ancora più in alto la voce della pace e nello stes-so tempo individuare gli obiettivi efficaci per depotenziare il terrore evitando fino all’ultimo il con-flitto armato. La sopraffazione, la violenza armata, il terrorismo e le guerre sono scelte che seminano e generano solo odio e morte, è una spirale, soltanto la ragione e uno sforzo concorde e risoluto per av-viare nuove iniziative politiche ed economiche possono risolvere i conflitti che affliggono tanti mem-bri della famiglia umana creando condizioni favorevoli all’esplosio-ne incontrollabile del rancore. E’

stato detto, forse anche provoca-toriamente, da alcuni intellettuali ed economisti che per salvare il Pianeta e battere il terrorismo bi-sogna rinunciare al petrolio nel senso che se non ci fosse da parte dell’Occidente la dipendenza dai combustibili fossili, cesserebbero i motivi dei conflitti e della recru-descenza del terrorismo. Pensiamo sia utile, quindi, attivare quanto-meno tutte le misure di traccia-bilità delle importazioni, spesso illegali, del greggio prodotto dalle zone controllate dall’ISIS, lo stesso per le transazioni bancarie specu-lative e per il commercio delle dro-ghe (visto che il terrorismo prende alimento economico da tutto ciò). Ormai è ampiamente assodato che vi è un’interconnessione tra le que-stioni e, quindi, si pone, in manie-ra evidente, la necessaria transizio-ne dal modello economico che fa perno sui combustibili fossili, dis-sennato, a tutto spiano energivoro e sprecone, incondizionato ed in-determinato, verso un “sistema” rivolto verso la sostenibilità con-creta ed efficiente e che possa inol-tre non determinare l’esponenziale immissione di CO2 in biosfera con tutte le drammatiche conseguenze che ne derivano. La prestigiosa

European Environment Agency (EEA) ha recentemente pubblicato il report “ Trends and projections in Europe 2015” dove dimostra in maniera inconfutabile che le emis-sioni di gas serra nei paesi EU sono diminuite del 23% tra il 1990 ed il 2014 e in questo arco di tempo vi è stato un incremento dell’econo-mia del 46%, ciò per dimostrare quanto da sempre da noi affermato che la sostenibilità è un valore ag-giunto e produce vantaggi e bene-fici. In occasione della Conferenza Mondiale sul Clima che si svolgerà a Parigi a fine mese l’Europa do-vrebbe tracciare questa strada, ab-bandonando la folle e spasmodica corsa verso l’aumento di consumi di energie climalteranti ed imboc-care, invece, la via del risparmio e dell’efficienza energetica, dell’u-so delle rinnovabili pulite, sicure e pressoché gratuite e nel tempo attivare la necessaria, non più dif-feribile, conversione ecologica, ed infine, implementare (come si fa per gli alimenti) il controllo della tracciabilità dei prodotti per evita-re l’importazione di contrabbando del greggio proveniente dalle zone dove imperversa la mala pianta del terrorismo.

di Paolo PantanoConsigl. nazionale dei Verdi

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva CHIESA E DINTORNI

Nel Codice di Diritto Canonico, al Parroco vengono affidati ruoli più importanti dal punto di vista liturgico e pastorale rispetto al Rettore di un Santuario

Nella vicenda del trasferimento a Solarino lacune di comunicazione hanno alimentato le dicerie La figura di don Luca Saraceno è stata talmente importante per il Santuario che per sostituirlo si è dovuto prendere la persona più preparata della diocesi

Monsignor Maurizio Aliotta (nella foto ac-canto) è stato nomina-

to Pro Rettore del Santuario. Si chiude, per il momento, riman-dandola a dopo la conclusione del Giubileo della Misericor-dia, la definizione del nuovo rettore del Santuario. L’Arcivescovo di Siracusa, con la scelta di padre Maurizio Aliotta, affida il Santuario alle mani più esperte della diocesi dal punto di vista teologico. Questa designazione eviden-zia la grande disponibilità di Padre Maurizio, che ha diversi incarichi sia in diocesi che al di fuori. Intatti, egli è Preside della Facoltà Teologica della Sicilia Orientale, San Paolo di Catania, e in diocesi è il Re-sponsabile dell’Ufficio della Comunicazione. Negli anni scorsi, è stato Vicario Genera-le e ha dimostrando eccellenti doti nel saper mettere in rete non solo i vari uffici della curia, ma ha saputo anche stimolare un nuovo rapporto tra Chiesa e società civile. Il ruolo di Pro Rettore, al quale padre Maurizio Aliotta è stato chiamato dal Vescovo, è sicu-

ramente nelle sue potenzialità e tra tutti i sacerdoti di Siracu-sa è quello che può assicurare la continuità del lavoro svolto da padre Luca Saraceno (nella foto grande). Sicuramente la scelta dell’Arcivescovo è molto illuminata. Essa rafforza la considerazio-ne che la figura di don Luca è stata talmente importante per il santuario che per sostituirlo si è dovuto prendere la persona più preparata della diocesi sul versante teologico e pastorale. Però dai fedeli più critici, se-guendo i commenti in rete, emergono alcune domande: “Se padre Luca era così fonda-mentale per il Santuario, per-ché sostituirlo nell’anno così importante come quello del

Giubileo?”, “Perché se una per-sona è così importante, si è reso necessario chiedere un sacrifi-cio a un sacerdote ultra impe-gnato?”. Vero è che la comunità della Parrocchia di Solarino aveva bisogno di un sacerdote, ma non era possibile inviarne uno altrettanto preparato e non spostare il rettore? A scanso di equivoci va anche spiegato che un sacerdote non può essere nominato parroco per allon-tanarlo per una punizione di qualsiasi tipo, poiché nel dirit-to canonico al “Can. 521“, nel secondo comma, si evidenzia come il sacerdote “si distin-gua inoltre per sana dottrina e onestà di costumi, sia dotato di zelo per le anime e di ogni altra virtù e abbia quelle qualità che sono richieste sia dal diritto universale, sia dal diritto par-ticolare per la cura pastorale della parrocchia in questione.” Quindi se padre Luca Saraceno avesse commesso una man-canza economica (impossibile dato che non era l’economo del santuario) oppure avesse avuto un comportamento immorale, il Vescovo non avrebbe potu-to eleggerlo a Parroco né nella parrocchia più prestigiosa di Siracusa né a quella più lontana e piccola, perché sarebbe stata omissione e sarebbe andato

contro il codice di diritto ca-nonico. Quindi, la fiducia del Vescovo verso padre Luca era e rimane cristallina. E’ chiaro che questa scelta avrebbe dovuto essere spiega-ta meglio, perché è vero che il Vescovo ha meditato a lungo prima di decidere, ma la sen-sazione è stata che non ci fos-sero idee chiare su chi sarebbe dovuto succedere dopo aver eletto alla parrocchia di San Paolo di Solarino il già rettore del santuario. Nell’epoca dei social media, tutto viene am-plificato: umori, sensazioni, anche delusioni. Da tempo la Chiesa si pone il problema di come migliorare il rapporto tra fedeli laici e curia. Tutto non si può lasciare alla via ordinaria precedente, quando, a nome di una comunità, un gruppo di laici di riferimento si reca-vano dal vescovo non solo per chiedere spiegazioni, ma per aiutarlo ad analizzare la situa-zione con maggiore prudenza. Con l’avvento dei social media tutto diventa più immediato, amplificato. Inoltre la richiesta di Papa Francesco di una Chiesa che sia capace di dimostrare con verità e limpidezza le sue scelte richiama tutti, dai laici creden-ti ai Vescovi, a una maggiore

chiarezza sulle scelte che si realizzano nei vari organi del-la Chiesa diocesana o parroc-chiale. Ora si spera che padre

Maurizio possa nuovamente consigliare il Vescovo, uomo veramente molto buono e pa-ziente.

di Antonello Ferrara

La vicenda del trasferimen-to del Rettore della Basilica Santuario Madonna delle

Lacrime, don Luca Saraceno e la successiva elezione di Padre Maurizio Aliotta quale Pro Ret-tore, ci dà l’occasione di capire

meglio quali sono gli elementi normativi che consentono al Vescovo la scelta di un parroco e capire la sua diversità rispetto al ruolo del parrocoPerò, prima, partiamo dalla di-mensione umana.

Mons. Pappalardo oltre ad es-sere da diversi anni Vescovo, prima ancora è stato vicario dell’Arcivescovo di Catania. Quindi è particolarmente esperto sulle “regole” e non di rado prima di prendere una de-cisione lo si vede consultare il Codice Canonico, non solo per capire la legittimità di una scel-ta o meno, ma anche per com-prendere meglio l’azione del suo ministero. Lui ha sempre considerato il ruolo di Parroco il più impor-tante degli impegni ecclesiali. Innanzi tutto vediamo cos’è il documento normativo “Codice di diritto canonico”. Nella prefazione “Cos’è il di-ritto canonico, esso può essere definito come l’insieme delle norme giuridiche poste o fatte valere dall’autorità della Chiesa cattolica, che regolano l’attività dei fedeli, di ogni ordine e gra-do, in relazione ai fini propri della Chiesa.”Vediamo quindi qual è la diffe-renza tra il Santuario e la Par-rocchia. Il can.1230 dell’attuale Codice di diritto canonico propone una definizione che, senza scendere nei dettagli concreti, illustra le condizioni che devono essere necessariamente presenti. Così recita la norma: “Con il nome di santuario si intendono la chiesa o altro luogo sacro ove i fede-li, per un peculiare motivo di pietà, si recano numerosi in pel-legrinaggio, con l’approvazione

dell’Ordinario del luogo”. In-vece al Can. 515 spiega che “La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene costituita stabilmente nell’am-bito di una Chiesa particolare, la cui cura pastorale è affidata, sotto l’autorità del Vescovo dio-cesano, ad un parroco quale suo proprio pastore.”Quindi già si identificano le dif-ferenze molto sostanziali tra le due strutture. La parrocchia è una comunità che erige una chiesa per la cura delle anime, che vengono affi-date a un pastore dal Vescovo, invece il Santuario è un luogo strutturalmente pensato per i pellegrini, è un luogo più uni-versale. A questo punto c’è da chiedersi se un Santuario e i suoi sacer-doti possono assolvere tutti i compiti liturgici di una par-rocchia. Al punto 558 è più che mai esplicito come “Salvo il can.262 (Il seminario sia esente dalla giurisdizione parrocchia-le, ndr), non è lecito al rettore compiere nella chiesa affidatagli le funzioni parrocchiali di cui al can. 530” Allora andiamo a vedere le fun-zioni affidate al parroco al can. 530“. Esse in modo speciale sono le seguenti: amministrare il battesimo; amministrare il sacramento della confermazio-ne a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. 883, n. 3; Amministrare il Viatico e l’unzione degli infermi, fermo

restando il disposto del can. 1003, §§ 2 e 3, e impartire la be-nedizione apostolica; assistere al matrimonio e benedire le nozze; celebrare i funerali; benedire il fonte battesimale nel tempo pa-squale, guidare le processioni fuori della chiesa e impartire le benedizioni solenni fuori della chiesa; celebrare l’Eucarestia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto.”Can. 559 - Nella chiesa affida-tagli il rettore può compiere ce-lebrazioni liturgiche anche so-lenni, salve le legittime leggi di fondazione e purché, a giudizio dell’Ordinario del luogo, non rechino danno in alcun modo al ministero parrocchiale. Can. 560 - Quando lo ritenga opportuno, l’Ordinario del luo-go può ingiungere al rettore di celebrare nella sua chiesa deter-minate funzioni anche parroc-chiali per il popolo e inoltre di aprire la chiesa a determinati gruppi di fedeli perché vi cele-brino funzioni liturgiche.Emerge che al Parroco vengono definiti compiti e ruoli molto più importanti dal punto di vi-sta liturgico e pastorale, rispetto che al Rettore di un Santuario. Quindi l’esperienza pastorale di un parroco è molto più comple-ta, richiede impegno e presenza molto costante sul territorio e nel rapporto con le persone che sono presenti nel suo territorio, sia che siano fedeli che meno.E’ anche vero che tradizional-mente il Santuario della Ma-

donna delle Lacrime è sempre stato considerato una realtà im-portante non solo per la dioce-si, ma per tutta la Sicilia. Tutto questo per devozione alla Ma-riana nell’isola, per l’impegno economico che la comunità si-ciliana ha messo per realizzare, per la misericordia che il luogo stesso, insieme ai sacerdoti che nel tempo hanno fatto servizio, hanno saputo esprimere. Il Santuario della Madonna delle Lacrime è un “polmone spirituale”, uno dei motori eco-nomici della città, un punto fon-damentale per la Cultura perché moltissimi eventi sono realizza-ti all’interno delle sue strutture, dove hanno preso casa davvero molte belle iniziative. Il suo Rettore non ha compiti “ordinari” come un parroco, ma è sicuramente importante affidarlo in buone mani.

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 17LA CIVETTA di MinervaCHIESA E DINTORNI

A Cefalù intenso dibattito “aspettando un nuovo concilio”, le riflessioni di importanti teologi

Un papa cogli scarponi di un parroco è un segno di conflitto contro la degenerazione dei princìpi

“Dobbiamo trovare la passione di una chiesa come ospedale da campo che aiuta il mondo”

Torcivia: “Nella Chiesa occorre ripensare il tema dei poveri e delle donne”Carlo Molari: “Il Vangelo va annunciato non più con parole ma coi segni”

La «guerra globale a pezzi» non risparmia il VaticanoProcesso, condanna e… grazia. Per divulgazione di verità scomode

Dal 19 al 22 novembre si è svolto a Cefalù il convegno organizzato dalle comunità

missionarie del Vangelo di Sicilia dal titolo: “Aspettando il con-cilio”. Ebbene, a distanza di 50 anni da quell’evento ci risponde Carmelo Torcivia (1° foto da sx)teologo di Palermo: “Dobbiamo chiederci se le nostre attese dopo questo periodo sono state soddi-sfatte. Posso affermare che ancora oggi incontriamo vari limiti, che portano a dei punti di partenza per possibili riforme nella chiesa. Un primo è quello della donna. Non basta più il suo mero rico-noscimento, ma un effettivo ruo-lo, nuovo e più forte. Voglio fare una provocazione: perché non si possono avere donne cardina-li, poiché è un titolo onorifico e non sacramentale? “Un secondo limite è il ruolo dei poveri da in-tendere non più come oggetti ma soggetti e ciò comporta un grande cambiamento. È proprio quello che Bergoglio va portando con il suo pontificato. Un altro è il rap-porto con i poteri, i potenti. La chiesa deve lasciare i suoi, uscire da recinti che limitano il suo agi-re, non deve semplicemente soc-correre i poveri, ma rimuovere le loro cause realizzando ben altro, ponendosi una domanda in fun-zione rivelatrice: cosa ci rivelano i poveri? Possiamo dire che farci poveri (inteso nell’andare contro l’avarizia, l’idolatria del denaro e potere) è dinamismo spirituale. “Ecco, dovrà comparire non più la chiesa del clero e dei laici, ma la chiesa dei carismi in cui ognu-no ha il suo carisma personale e tramite questo assume il suo specifico ruolo nella comunità dei credenti. Ciò manifesta l’uscita dall’attuale forma di chiesa pira-midale (papa, vescovi, preti, laici)

a una chiesa sinodale. Rinuncian-do ai suoi privilegi la chiesa può evangelizzare a pieno titolo. È così che si va per una strada di pover-tà e comunione con la bellezza di una chiesa fatta di carne, che non nasconde le sue debolezze, che vive la tenerezza, come stile di vita diventando il miglior segno di Gesù incarnato”. È presente anche Cosimo Scordato (2° foto da sx) anch’egli teologo di Paler-mo che conduce la Chiesa di San Francesco Saverio nello storico quartiere Albergheria dove è pre-sente il mercato di ballarò. È da 6 anni che gestisce un’assemblea

permanente che, ogni 15 giorni, si confronta su tematiche scottanti dal punto di vista religioso e so-cio politico. Si sceglie una volta un tema religioso un’altra volta uno sociopolitico. Su quel tema cerca di creare uno spazio di ap-profondimento fino al momento in cui si definisce un documento, che viene proposto all’assemblea domenicale dopo la messa perché esprima un parere sul testo deli-berato dall’assemblea. Sono stati affrontati temi scottan-ti: dal celibato alla scomunica, a chi produce le armi, all’omoses-sualità e altro ancora. L’assemblea permanente è composta da per-sone che partecipano alla messa e che vogliono approfondire la tematica del vangelo, confron-tandola sugli aspetti scottanti che avvertono. Ma l’assemblea è

aperta a tutti e sul testo presentato all’assemblea la domenica si viene a volte coinvolti anche tramite un referendum. Ebbene qual è la sua opinione? “Bisogna pensare a una chiesa profetica libera da steccati. Oggi, dopo tante epoche in cui sono vissuti profeti religiosi e laici, vi-viamo un’assenza di questi. Sono intervenuti i santi, ma ciò il più delle volte non ha rotto l’assetto della chiesa. Tranne alcuni come Francesco d’Assisi, questi l’hanno impoverita. Oggi dobbiamo usci-re dal tempio, lasciare le nostre paure, l’apporto di Gesù è dirom-

pente, sconvolgente rispetto alle prigionie umane. Che cosa diven-ta questo alla luce di Gesù? Penso che sia meglio parlare di avvento, non futuro, cioè l’avvenire che ci ha promesso Dio. Cosa? La pie-nezza che non coincide col futu-ro. È così che l’avvento si afferma come profezia e vediamo gli av-venimenti storici come segni dei tempi che ci chiamano a costrui-re, interpretare, sperimentare da-vanti alla sofferenza umana”. Nel concreto? “C’è bisogno del-la creazione di un Onu inter-religioso, un luogo d’incontro permanente di tutte le religioni per salvaguardare la pace, le di-seguaglianze, etc., c’è da creare un campo ecumenico formato da tutte le confessioni cristiane per un arricchimento reciproco e una tensione positiva fra esse. Bisogna

interrogarsi anche su che senso ha oggi lo stato vaticano con una sua moneta, esercito, carcere, territo-rio, con un suo capo che è il papa. Il papa, per essere vera figura profetica, deve liberarsi da tutto ciò. E infine andiamo alla singola persona umana che è il fine di cui l’amore lo qualifica anche se gay, trans. È solo l’amore che interessa e che può prendere le più svariate forme. “Stesso discorso vale per la donna sacerdote su cui non esiste nessun argomento valido. Quest’assunto si regge su ciò che disse S. Tom-maso il quale aveva appreso da

Aristotele ben 2.400 anni fa che la donna era un essere che par-tecipava alla società in manie-ra passiva essendo solo il mero contenitore dello sperma. Da al-lora la chiesa è rimasta ancorata a ciò. Quasi identico discorso si può fare col celibato. È diventa-to legge, ma c’è incompatibilità fra i due sacramenti”? “La chiesa parla senza parole, ma con i se-gni”, ci dice Carlo Molari (3° da sx) conosciutissimo teologo. “La chiesa può pronunciare solo paro-le umane non la Parola. L’attuale papa è vicino alla teologia della liberazione e quando era vescovo di Buenos Aires andò a difendere un teologo che affermava nei suoi scritti il bisogno di riferirsi alla fede del popolo, anche se sbaglia, il popolo degli ultimi, perché è nel popolo che esiste Dio più che nei

teologi e la chiesa è quella dei se-gni, che vive nel silenzio, che non si appella alle tante parole. Anche perché il parlare è ambiguo. “Riflettiamo quando leggiamo la Parola, la stiamo usando come relazione, perché non possiamo identificarci con eventi avvenu-ti tanto tempo fa e giunti a noi dopo imperfezioni, deformazio-ni che bisogna ritradurre nella storia che viviamo. Nel medioe-vo i crociati erano in buona fede nell’andare in guerra per la causa cristiana, oggi questa concezione sarebbe completamente assurda. Ecco l’importanza della chiesa

dei segni che si appella spesso al silenzio diventando vita sacra-mentale. Oggi la neuroscienza afferma che con la meditazione si va in profondità e noi diventiamo, attraverso ciò, quello che viviamo, sperimentiamo. “Il nostro cervel-lo cambia fisicamente e per noi questo è importante, perché è nel silenzio interiore che possiamo accogliere l’azione creatrice che si sviluppa in noi, che troviamo nella preghiera. La chiesa è chia-mata ad annunciare senza parole, non servono. In questo periodo la cultura cambia velocemente e tante parole prima immutabili sono diventate relative. Per que-sto motivo le parole non sono più sufficienti, dobbiamo imparare dai segni quelli di fede che sono le qualità nuove che fuoriescono come la solidarietà, la fedeltà alla

vita, l’amicizia, etc. Esse vengono fuori in forme nuove, perché la maturazione umana è sempre in atto. E allora misericordia diven-ta dinamismo, segno di recupero del passato e nuova perfezione per l’avvento”. Infine si presenta un laico, il prof. Savagnone di Palermo, (4° foto da sx) che ci parla del coraggio di guardare al futuro di là da de-lusioni e tradimenti. “Possiamo affermare, senza smentite, che la chiesa è culturalmente indie-tro rispetto alla società attuale e che alle proposte di questo papa risponde debolissimamente, in-somma noi non ci muoviamo. Il papa vuole decentrare e cosa fanno i cristiani? Abbiamo una percezione del futuro? È vero, la speranza (virtù teologale) provie-ne da Dio e fiorisce là dove altri si disperano. Per il cristiano vale lo sperare contro ogni speranza. Ma è proprio per questo che dovrem-mo rivedere le nostre categorie. “Uno psicanalista (Massimo Re-calcati) in un libro ha posto il problema del desiderio che viene meno perché ucciso dal consumi-smo esasperato. Dobbiamo im-parare a desiderare, oggi non c’è pulsione, passione, fra tantissimi, compreso i giovani, regna l’abulia, c’è lo stile uso e getta e le cose per-dono di valore, di conseguenza il desiderio cessa. C’è bisogno di tempo, del distacco, del desidera-re, della pulsione. Quando non c’è desiderio, non c’è amore, passione e noi dobbiamo riscoprire tut-to ciò. La conclusione è, che non dobbiamo desiderare una chiesa grande, gloriosa, trionfante ma fragile, ferita, minoritaria. La pas-sione di una chiesa come ospedale da campo che aiuta il mondo, che è capace di parlargli”. Non possiamo che rimanere me-ravigliati dai contributi di questi studiosi. Capiamo che, a noi cre-denti, non resta che caricarci di desideri, passioni e andare.

di Antonio Andolfi

Per il papa non deve essere fa-cile rinunciare all’anno santo, in quanto la cosa potrebbe es-

sere interpretata come cedimento al terrore dei balordi carnefici del califfo. Il papa invece non ha cer-to paura per sé ed anzi ha proba-bilmente voglia di martirio. Una conclusione da martire gli con-sentirebbe di uscire di scena nel modo migliore, visto che la chiesa è riluttante ai suoi insegnamenti e ai suoi esempi. E non solo la curia vaticana, assuefatta agli agi prin-cipeschi. Pare che anche in tutte le diocesi italiane abbia trovato scarsa applicazione la direttiva pontificia di accogliere i migran-ti nelle canoniche sottoutilizzate.

La tirata d’orecchie contro chi ha ridotto luoghi di culto e residenze monastiche ad alberghi deve aver lasciato l’amaro in bocca a tanti prelati gestori di tale patrimonio, che ancora vorrebbero sottrarlo alla normale tassazione. C’è una guerra incruenta anche dentro la chiesa cattolica; una guerra ingaggiata da un papa ge-suiticamente tenace, francescano nella mentalità e nel nome scelto. Una guerra metaforica, combattu-ta con l’arma pacifica della predi-cazione sincera (senza opportuni-smi e senza gesuitiche diplomazie) e associata all’arma disarmante di uno stile di vita perfettamente coerente con la predicazione. Un papa cogli scarponi di un parro-co, che porta da sé il suo bagaglio a mano o la sua borsa, che vive in un modestissimo appartamenti-

no… è un segno permanente di conflitto contro la degenerazione dei principi della chiesa: incarna la spiritualità del messaggio evange-

lico e pesa come un carro armato sulle coscienze atrofizzate in corpi intorpiditi dal lusso e impinguiti dall’inerzia e dalle gozzoviglie di tanti prelati di curia e di periferia. Esultano speranzosi i sacerdoti eroici e missionari che si rispec-chiano nelle parole e nell’esempio di Francesco. Tacciono indispet-titi o mugugnano appena gli altri che si ritrovano nella funzione di preti amministratori e che si sen-tono parte di una grande curia o, in altri termini, che si identificano più con l’ordine sociale di un clero benestante che con una chiesa ope-rosa e protesa a diffondere, con la parola e con l’esempio di una vita coerente, il messaggio evangelico. È l’eterna lotta fra orientamento spirituale e orientamento conven-tuale, che con l’avvento di papa Francesco riemerge e si diffonde

in tutta la chiesa. Rispetto a questo conflitto ciascuno può constatare come si pongano movimenti come Comunione e Liberazione o come l’Opus Dei. L’esito potrà essere uno scisma o una conversione di orientamenti o… il silenziamento di un coraggioso papa missionario che pretende di convertire tutta la chiesa alla fedeltà al vangelo. Noi della Civetta (credenti, dub-biosi ed agnostici) parteggiamo tutti per Francesco. E ritenia-mo che egli si voglia avvalere del processo contro due giornalisti (per divulgazione di segreti) solo strumentalmente, per lasciare che trovi conferma in sede processuale l’esistenza di aspetti inconfessabili. Certo preferirebbe che emergesse-ro solo attraverso le sue prediche severe ma paterne; ma lascia cita-re in giudizio i giornalisti per non

marciare contro la legge vaticana; poi avrà, da papa, tutto il potere di graziare i due giornalisti che una struttura di potere (e forse anche di peccato) avrà magari condannato per l’insolito reato di divulgazione della verità, sia pure di una verità scomoda. Ma chi fu a raccomandare un lin-guaggio schietto? Ci sembra di ri-cordare d’aver letto nel vangelo di Matteo (5,37): “Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». La giustizia vaticana processa i giornalisti e probabilmente li condannerà se-condo la legge di quello staterello; ma certamente il papa li grazierà, perché secondo il precetto evange-lico dire la verità con schiettezza non è affatto un crimine. Tutt’al-tro!

di Concetto Rossitto

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva DIRITTO DI REPICA

Fa discutere il perentorio articolo del dottor Artale sull’anarchia dei medici dissenzienti

Lettera alla Civetta dell’ispettore di produzioni biologiche Vincenzo Moscuzza sull’articolo del dr Artale

Lo Stato, che obbliga a vaccinazioni di massa, non dovrebbe dimenticarsi dei pochi che ne hanno avuto un danno, assistendoli per tutta la vita

“I prodotti bio hanno una superiorità igienico sanitaria e nutrizionale che nessuno potrà smentire. Il problema è che ci sono troppi bio-furbi”

L’Articolo 32 della Costituzio-ne della Repubblica italiana sancisce che “Nessuno può

essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Tuttavia da qualche tempo l’in-teresse economico ha preso il sopravvento sul “rispetto della persona umana” e le leggi varate in apparente protezione dei più deboli, cioè i bambini, non fanno altro che avallare gli interessi delle multinazionali del farmaco. Così accade che quando si verifi-cano casi accidentali di decessi di bambini per malattie “estinte” per vaccino subito si diffonde il virus della paura e i media strillano ai quattro venti l’allarme di presunte epidemie, mentre nulla dicono di quei bambini per i quali si è veri-ficato un danno da vaccino. Oggi esiste un vaccino per quasi ogni malattia virale o batterica cono-sciuta e periodicamente si creano degli allarmismi, più o meno giu-stificati, su presunte pandemie che minacciano di spazzare via il gene-re umano a meno che non si proce-da a vaccinazioni di massa, come è accaduto qualche anno fa per l’a-viaria o per il virus H1N1. Tuttavia queste epidemie sono passate sen-

za che si corresse in massa alle ASL a vaccinarsi e “miracolosamente” il genere umano è sopravvissuto. Nati nel 1796 dalla decisione del medico inglese, Edward Jenner, di dimostrare sperimentalmente una teoria sul vaiolo che circolava negli ambienti medici dell’epoca, i vac-cini sono sostanze capaci di ‘inse-gnare’ all’organismo a difendersi senza provocare la malattia vera e propria, introducendo nel corpo solo alcune parti dell’agente infet-tivo (virus o batterio attenuato o morto), per risvegliare la risposta immunitaria. Il sistema immuni-tario identifica tali sostanze, dette antigeni, come estranee e produce particolari proteine, dette anticor-pi, che circolano nell’organismo, combattono le infezioni e neutra-lizzano gli antigeni. Gli anticorpi sono prodotti dai globuli bianchi (linfociti) di tipo B, il cui scopo principale è appunto la difesa dalle infezioni. I vaccini però non contengono solo il virus attenuato o meno, ma tantissime altre sostanze chimiche altamente

tossiche chiamate adiuvanti e/o conservanti, come per esempio la formaldeide (noto cancerogeno), idrossido di alluminio e fino a ieri un sale di mercurio (entrambi me-talli neurotossici), infine nanopar-ticelle, ecc., che hanno il compito sia di conservare il virus ma anche di provocare una infiammazione nel posto di inoculazione, in modo da attivare l’immunità innata e di conseguenza quella acquisita, ca-pace di mantenere la memoria. In Italia alcune vaccinazioni sono obbligatorie: antidifterica, antite-tanica, antipoliomielitica, antiepa-titevirale B. Tutte le altre (pertosse, morbillo, parotite, rosolia e Hae-mophilus influenzae B) sono vo-lontarie, anche se il Sistema Sani-tario Nazionale ne incentiva l’uso e garantisce la gratuità, perseguendo una politica sanitaria dalle motiva-zioni non sempre cristalline. Infat-ti nel nostro Paese, per citare uno dei casi più famosi, un Ministro della sanità, De Lorenzo, fu con-dannato per tangenti ricevute per aver reso obbligatorio il vaccino

anti-epatite B. Non si deve dimen-ticare che i vaccini anti-infettivi, in quanto farmaci, posseggono indi-cazioni, controindicazioni, effetti collaterali ed effetti avversi, ma questi ultimi vengono volutamen-te omessi con strategie diverse, sia sui foglietti illustrativi dei vaccini, sia sul materiale divulgativo delle ASL. Le reazioni avverse ai vaccini dovrebbero essere segnalate, come accade per tutti i farmaci, all’AIFA e a tal fine sono state predisposte due schede di segnalazione: la pri-ma ad uso dei medici e degli altri operatori sanitari e la seconda ad uso dei cittadini. Nonostante ciò, forse per negligenza, forse per col-pevole ignoranza, la maggior parte delle reazioni avverse ai vaccini non viene segnalata alla farma-covigilanza, come si evince dalla disamina dei casi gravi per i qua-li le famiglie intentano causa allo Stato, ottenendo il riconoscimen-to della correlazione tra alcune vaccinazioni infantili e patologie invalidanti o limitanti le potenzia-lità cognitive dell’individuo, come autismo, ADHD (sindrome da de-ficit attentivo), dislessia, disgrafia e altre patologie collegate a disturbi del SNC (es. l’epilessia), allergie e intolleranze.Poiché non si può trattare ogni neonato o bambino con la stessa dose, le stesse sostanze e alla stessa età indipendentemente dalle par-ticolari specifiche caratteristiche biologiche di razza, gruppo san-guigno, eredità genetica ecc., sa-

rebbe più sensato eseguire alcuni esami emato-chimici in partico-lare ai bambini piccoli che dovreb-bero ricevere i vaccini pediatrici, in modo da avere qualche elemen-to in più per capire se sono nella condizione di sopportare lo stress immunitario delle vaccinazioni senza gravi rischi per la loro salute. Su questa linea molto sensata si era espressa anche la Corte Costitu-zionale con la sentenza n. 258 del giugno 1994 che diceva: “È neces-sario porre in essere una comples-sa e articolata normativa di carat-tere tecnico che individui esami chimico-clinici idonei a prevedere e prevenire possibili complicanze da vaccinazione”. Purtroppo, il nostro Ministero della Salute, invece di rispondere prontamente sollecitando i Centri specializzati a cercare i test più ap-propriati e di promuovere la messa a punto di test nuovi, ha risposto con ben 5 anni di ritardo con la Circolare Ministeriale del 7 aprile 1999 che decreta che non si preve-dono esami chimico-clinici da ese-guire prima della somministrazio-ne dei vaccini. Mettere a punto test del genere comporterebbe, infatti, un’innegabile spesa aggiuntiva alla “economica” vaccinazione di mas-sa e ovviamente, produrre un mi-lione di “pezzi” tutti uguali è molto più facile e redditizio che produrre un milione di “pezzi” tutti diversi.Tuttavia se è vero che alcune vac-cinazioni obbligatorie hanno con-tribuito, insieme al miglioramento

delle condizioni igienico-sanitarie, alla scomparsa di malattie perico-lose e invalidanti, come la polio-mielite o la difterite, è anche vero che alcuni vaccini registrano delle reazioni avverse che sono spesso volutamente ignorate dallo Stato. Così da tempo è nata una forte contrapposizione tra lo Stato Ita-liano, che impone la politica delle “vaccinazioni di massa”, preten-dendo che siano l’unico modo di combattere le malattie e che siano sempre e comunque innocue, ed una parte sempre più vasta della popolazione che rifiuta l’obbligo vaccinale per i propri bambini e pretende di poter scegliere con-sapevolmente come proteggere la loro salute. Le famiglie dei dan-neggiati da vaccino, organizzate in associazioni come il COMILVA o l’AsIS, dal canto loro sottolineano lo stato di abbandono in cui sono state lasciate dalle cosiddette “isti-tuzioni che dovrebbero tutelare” la salute pubblica ma che di fatto “tutelano” solo i fatturati delle multinazionali del farmaco. Infatti a fronte del beneficio, reale o prete-so, che tutta la società riceve dalle vaccinazioni di massa, lo Stato che obbliga e indirizza fermamente la sua popolazione a soggiacere alle vaccinazioni di massa, non do-vrebbe poi dimenticarsi di quei pochi individui che ne hanno avu-to un danno assistendoli in modo inappuntabile dal giorno in cui il danno si manifesta fino all’ultimo minuto della loro vita.

di Carmela Fidelio

di Vincenzo Moscuzza

Gentili Redattori de “La civetta di Minerva” Trasmetto alcune delle

più interessanti e documentate risposte alla Rivista “Altrocon-sumo” in merito all’articolo “NON CREDO IN BIO” dell’11 set 2015 e ripreso dal Dott. Cor-rado Artale pubblicato sul n 18 dell’ottobre 2015 del Vs giorna-le.II mio intervento, ovvero di chi ha visto nascere il settore bio-logico e ne ha visto le trasfor-mazioni nel tempo (lavoro nel settore biologico dal 1993 come ispettore di produzioni biolo-giche), mira solo a precisare al-cune cose oltre quelle contenu-te negli articoli autorevoli che smentiscono le conclusioni della rivista Altroconsumo dell’11 set 2015 e del Dott Corrado Artale su “La Civetta di Minerva”:Condivido le perplessità e le as-serzioni riportate da Gabriele Bindi, da Federbio e dai ricerca-tori del Dipartimento di Agra-ria dell’Università di Bologna sull’indagine di Altroconsumo che smentiscono gran parte delle affermazioni e delle con-

clusioni di Altroconsumo… ma vorrei aggiungere altro.  Quella indagine se può avere un valore è quello che,  sen-za volerlo,  solleva l’attenzione sul ripiegamento delle idealità originarie a cui sta andando incontro il settore biologico. Questo, a causa di una eccessiva burocratizzazione normativa e mercificazione spinta, sta per-dendo il suo smalto originario e la sua forza propulsiva ide-ale e di cambiamento, poiché trasformato (dalla Comunità Europea e dal Ministero dell’A-gricoltura italiano) solo in uno “stanco” metodo di coltivazione ricco di divieti ed adempimen-ti burocratici formali sempre più lontano dai valori da cui era ispirato. Quindi il fatto che Altroconsumo, nella sua inda-gine su campioni analizzati di prodotti bio e convenzionali, non abbia ritrovato superiorità nutrizionali   dei prodotti bio su quelli convenzionali e aver trovato la presenza di qualche campione bio con residui (e ciò può accadere) manifesta, se mai ce ne fosse bisogno, solo l’esigenza   di riportare ai prin-cipi ispiratori un sistema che ha già dimostrato, nelle ricerche scientifiche finora svolte, una

superiorità igienico sanitaria e nutrizionale che nessuno potrà mai smentire, neanche Altro-consumo.Ma oggi è richiesta una seria e profonda riflessione di tutti e una necessaria autocritica del-le Istituzioni europee e italiane che hanno normato in materia di biologico per riportare sui giusti binari il metodo dell’A-gricoltura Biologica.L’Agricoltura Biologica nacque ed aveva un senso poiché rap-presentava una visione Nuova del rapporto Uomo-Natura/ Uomo-Animali/ Uomo-Uomo, un’alleanza con la Natura per produrre alimenti sani e genu-ini, recuperare le  varietà e razze locali  e un modo di superare la logica dell’agricoltura indu-strializzata che per produrre deve uniformare tutto e scac-

ciare ogni forma vivente che minaccia l’agroecosistema. L’A-gricoltura Biologica aveva una “Visione di mondo” che for-se oggi ha perduto a tutto  van-taggio dei numeri di mercato che per quanto bassi si attestano sul 1,75 % di tutto il mercato alimentare italiano e tendono a crescere (bio € 2,1 mld / tot €120 mld) .Oggi, chiunque può coltiva-re bio e trasformare bio anche senza neppure crederci, ma solo perché aumenta il proprio business e/o i finanziamenti co-munitari. C’è gente che non cre-deva che si potesse coltivare bio, che è entrata nel sistema di con-trollo bio, io credo, anche per dimostrare a se stessa che non è possibile farlo e che per forza di cose si è costretti ad usare prodotti non ammessi… Que-

sti sono i cavalli di troia entrati per minare da dentro il sistema. Altra gente vi è entrata senza il minimo desiderio di conoscere i principi e il metodo bio ma solo per motivi economici. Tante grosse imprese si sono avvici-nate alla coltivazione biologica con la sola molla del profitto, ma questa molla spesso non ba-sta se non c’è una crescita della consapevolezza ecologica.Gli Organismi di Controllo non possono arginare da soli l’avan-zata dei bio-furbi che crescono col crescere del fatturato-bio nazionale e internazionale. Non hanno gli strumenti sufficienti. Il sistema a cui devono sottosta-re è eccessivamente garantista e burocratizzato   e non consente misure drastiche da applicare se non in casi eccezionali. Così chi viene beccato  che froda, usando sostanze vietate, su un appezzamento, subisce il blocco della certificazione bio dei pro-dotti di quell’appezzamento, il re-inizio della “Conversione” di quell’appezzamento per due-tre anni,  ma può continuare a coltivare e vendere bio da tutti gli altri suoi fondi biologici. Vi fidereste ancora voi di chi ha operato così? Oggi  la Normati-va ci obbliga a fidarci, invece di

espellere dal mercato-bio questi soggetti!Concludo affermando che sa-rebbero necessari: 1)  una sem-plificazione della burocrazia a cui sono sottoposti gli Organi-smi di Controllo e conseguen-temente gli Operatori;  2)  Stru-menti più efficaci nelle mani degli Organismi di Controllo; 3) corsi di formazione in agri-coltura biologica, agroecolo-gia,   col rilascio di “Patente di esercizio dell’Azienda Biolo-gica”, purchè non sia un mero attestato come quelli che riem-piono spesso i nostri curricu-la;  4) una seria “conversione“ ecologica degli Operatori prima di quella dei campi coltivati  e… 5) una successiva selezione degli Operatori che possono fregiarsi del titolo di Agricoltore Bio-logico poiché non tutti hanno le necessarie motivazioni di tipo ecologico e  le competenze ne-cessarie per attuare bene i prin-cipi e i metodi dell’Agricoltura Biologica.Se questa nuova politica di cre-scita culturale e motivazionale degli Operatori si applicasse,  si-curamente crescerebbe il nu-mero dei consumatori bio che potrebbero dire senza dubbi: io credo in Bio!

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 19LA CIVETTA di MinervaDIRITTO DI REPICA

Qualcuno obietterà che il braccialetto elettronico satellitare ha costi proibitivi, ma sono panzane

Concetto Rossitto su Giustizia e Perdono: “Sono d’accordo con GelardiSi aumenti la pena, scontandola tutta in servizi riparativi alla comunità”

Caro direttore Franco Oddo, mi ha fatto molto riflettere la pagina 18 della scorsa

edizione della Civetta, oppor-tunamente dedicata al tema del rapporto fra giustizia e perdono, sul quale hanno scritto il direttore del carcere di Augusta Antonio Gelardi e il nostro comune ami-co Aldo Castello, che ha riferito sull’incontro siracusano con il magistrato Gherardo Colombo, indimenticato protagonista di “mani pulite”. Purtroppo non mi è stato possibile partecipare all’incontro, organizzato da don Candido Nisi. Ne apprendo al-cuni contenuti e ne ricevo spunti di riflessione grazie al bel servizio del nostro Aldo. Leggo anche che il direttore Gelardi, se fosse stato possibile un dibattito in appen-dice all’incontro, avrebbe voluto formulare delle obiezioni, sicuro che l’autorevolezza e la prepara-zione del personaggio (Colombo) le avrebbe ben confutate. Apprez-zo vivamente tale atteggiamento mentale di chi, esponendo le sue personali obiezioni non intende affatto polemizzare o trinciare una sua verità assoluta, ma avvia-re un dialogo costruttivo nel ten-tativo di pervenire ad una sintesi ulteriore, che superi possibilmen-te sia le posizioni del relatore che quelle dell’obiettore. Con lo stesso atteggiamento mentale (costrutti-vo e non polemico) vorrei provare a formulare qualche mia osserva-zione (da semplice cittadino non addetto ai lavori e non esperto di giustizia e di pena), utilizzando (ancora una volta) come spazio di confronto proprio la tua Civetta, giornale di inchiesta, di approfon-dimento, ma anche di dibattito e di proposta. Preciso che, contrav-venendo motivatamente alla tua indicazione direttoriale di usare il “noi” negli articoli della Civetta, questa volta non userò il plurale, perché ciò che sto per scrivere ri-sulterà fuori dal coro, non ti con-vincerà troppo e non sarà condi-viso neanche da gran parte degli

amici della redazione. Ma tu vuoi che la Civetta sia anche una pale-stra di dibattito e di confronto. Ed io ti accontento. “Occhio per occhio” o “porgi l’al-tra guancia”? Questo il difficile dilemma su cui gli organizzatori dell’incontro hanno chiamato a relazionare Colombo. Da quanto ho capito, il magistrato avrebbe respinto il perdono come rimo-zione del crimine commesso dal reo e lo avrebbe invece recuperato come memoria comune dell’er-rore commesso e recupero della relazione sociale interrotta dal crimine. In altri termini il “per-dono” secondo Gherardo Colom-bo, se non ho frainteso la sintesi giornalistica, si ridurrebbe ad una rassegnazione di fronte all’acca-duto e ad una accettazione che al colpevole sia concessa la possibi-

lità di ripristinare, tramite il pen-timento e l’espiazione della pena, la relazione sociale che il crimine ha frantumato. Relazione con la vittima, coi suoi familiari e con la società tutta. Credo che il principio sia perfetta-mente accettabile, ma a tre condi-zioni. Due sono state già indicate dal relatore: il pentimento since-ro del colpevole e l’espiazione di una pena adeguata. Aggiungerei una terza condizione, per me in-derogabile: il risarcimento del danno. Nel caso di un omicidio (intenzionale o colposo) la terza condizione è difficilmente quan-tificabile; il danno, ad esempio, è risarcibile (parzialmente!) solo da una adeguata copertura assicura-tiva in caso di incidente stradale.

Ma nessun risarcimento sarà mai adeguato a colmare il vuoto che una vita spezzata da un omicidio lascerà nei familiari. Nulla var-rà a compensare la sottrazione degli affetti e delle emozioni dei momenti più belli, o il manca-to appoggio al percorso dei figli verso mete scolastiche e verso la propria realizzazione… Nessun risarcimento potrà mai colma-re il vuoto esistenziale che viene provocato negli orfani ed in una vedova. In caso di incidente sarà umanamente possibile capire la distrazione o l’involontarietà del fatto. E rassegnarsi all’accaduto. Ma in caso di omicidio, come per-donare? In caso di reato contro il patrimo-nio (pubblico o privato) il risarci-mento materiale sarà certamente e doverosamente realizzabile e,

ferma restando la responsabilità penale individuale, potrà coin-volgere anche gli eredi del reo. Soddisfatte queste tre condizioni, si potrà parlare di perdono come reinserimento del condannato nel consorzio civico e come ri-nuncia ad aspirazioni vendicative da parte della società. Se ho ca-pito bene (attraverso il resoconto giornalistico), il relatore avrebbe accortamente e garbatamente eluso l’improponibile alternativa tra legge del taglione e invito cri-stiano a porgere l’altra guancia, magari settanta volte sette. Al-ternativa che pure sarebbe stata proposta dagli organizzatori, ani-mati da una visione teologica. Ma nel caso della giustizia giudicante (come in altre situazioni concrete e terrene) il nobilissimo principio cristiano del perdono confligge con la logica della responsabilità e della legge umana. Se ho ben capito, il “perdono” di Colombo (opportunamente attenuato in accettabili metafore) non è poi così distante dalla valutazione di Gelardi, che, «sul piano sociale o di sistema», preferirebbe usare il concetto di «riparazione», confi-nando il termine perdono dentro l’ambito di «un rapporto duale fra vittima e reo». Un rapporto di due coscienze, sole di fronte a Dio o al mistero profondo dell’essere. Non certo sollecitato o esigibile dalla giustizia umana. Quanto ad un altro tema di con-fronto tra Colombo (secondo il quale il carcere non servirebbe, come testimonierebbero i casi di recidiva) e Gelardi (che mi sembra più vicino alla realtà nel constatare che «la recidiva spesso precede il carcere», dove si finisce per i reati più gravi e dopo più di un reato), mi dichiaro più in sintonia col direttore che col ma-gistrato. Con tutta la gratitudine civica e la simpatia umana che

nutro per Colombo. E concordo pienamente con Gelardi anche quando egli afferma che «in tutti i casi possibili è bene ricorrere alle misure alternative». È proprio in tal senso che va il provvedimento di «messa alla prova», al quale ha collaborato molto attivamente la deputata del nostro territorio So-fia Amoddio. Ed è sempre in que-sto senso che mi permetterei di suggerire, da semplice cittadino, una modesta ideuzza, precisando che condivido (contrariamente a quanto pensa a questo riguardo Gelardi) l’idea di quanti sosten-gono che occorra puntare su un inasprimento delle condanne. Auspicherei pene più severe, dun-que, ma da scontare fuori dal car-cere. È possibile? Forse sì. Ed ecco la mia modesta proposta.Immaginiamo che il legislativo si

renda conto (e sarebbe ora!) che forse si è esagerato con condoni, amnistie, indulti, attenuanti gene-riche e riduzioni di pena concesse con eccessiva generosità. E che oc-corra conciliare lo svuotamento delle carceri (necessario umana-mente per rendere più vivibile la vita dei reclusi ed economicamen-te perché il mantenimento dei de-tenuti comporta spese notevoli) con l’ideazione di pene più seve-re e più efficaci educativamente. Ipotizziamo, quindi, che tutte le pene siano, ope legis, aumentate di un terzo, onde evitare che l’ec-cessiva mitezza delle stesse sia un incentivo a delinquere. E che tutti i detenuti per reati non violenti si-ano condannati a scontare la pena (accresciuta di un terzo) fuori dal carcere, controllati notte e giorno mediante braccialetto collegato al sistema satellitare e costretti a lavorare nel loro rione, ovvero a prestare alla comunità dei citta-dini un lavoro socialmente uti-le… quanto umile. Potrebbero, ad esempio, essere costretti a vagare per almeno otto ore al giorno nel quartiere, spingendo un carretti-no, dotato di due fusti di plastica, entro i quali raccogliere cartac-ce, mozziconi e rifiuti vari. O a raccogliere i sacchetti della dif-ferenziata deposti dalle famiglie fuori di casa negli orari stabiliti. I condannati ad una attività puni-tiva-rieducativa-risarcitoria di tal genere dovrebbero inoltre essere riconoscibili per via di una tuta particolare. Ogni giorno un vigile o un carabiniere (magari sempre diverso) dovrebbe essere incarica-to di effettuare un giro di control-lo per verificare l’operatività dei condannati e l’integrità del brac-cialetto nonché lo stato di carica delle relative pile. Il compito po-trebbe anche essere svolto da pat-tuglie impiegate nell’ambito del normale servizio di controllo del

territorio. Senza alcun costo ag-giuntivo. Il condannato vivrebbe nel suo quartiere, dormirebbe a casa propria e sarebbe mantenuto dai suoi familiari. E non avrebbe diritto ad alcuna retribuzione per un lavoro imposto come condan-na. Graverebbe inoltre su di lui e sui suoi eredi l’onere della resti-tuzione integrale del maltolto (in caso di furto o di danno erariale). La pena, scontata coram populo, sortirebbe un effetto rieducativo sul condannato e sui cittadini, che verrebbero probabilmente dis-suasi dal compiere imprese simili a quelle oggetto di punizione. I cittadini dovrebbero evitare ogni dileggio, magari per rispettare un obbligo legale di astenersi da ogni vilipendio di condannato (reato da istituire), ma potrebbero indi-care ai figli un esempio concreto di condanna da evitare attraverso comportamenti virtuosi e rispet-tosi di ogni legge. I condannati per atti di violenza sconterebbero invece la loro pena in carceri non sovraffollate e più vivibili, lontano da altre possibili vittime di gesti violenti. L’ergastolo, infine, ver-rebbe riportato al suo significato proprio di reclusione a vita. Senza sconti! Sostiene qualcuno che l’aggrava-mento delle pene non sarebbe un deterrente efficace, in quanto la condanna a morte non impedisce in altri Stati i delitti più raccapric-cianti. Probabilmente ciò è vero, ma solo relativamente ai delitti perpetrati con violenza. I crimini di corruzione e i furti sarebbero sicuramente scoraggiati da pene come quelle ipotizzate. Ovvia-mente il tutto acquisterebbe più efficacia se la magistratura ve-nisse adeguatamente potenziata,

se le procedure venissero accele-rate, e se, conseguentemente, la certezza della pena risultasse tale da scoraggiare ogni tentazione di sgarrare rispetto alla legalità. Perseguire e condannare ogni cri-mine sarebbe un possente fattore di persuasione al rispetto della legalità. Inoltre il principio di presunzione di innocenza sino al terzo grado di giudizio andrebbe modificato cum mica salis. Non applicato formalmente ed uni-versalmente. Oggi un Tizio che sia stato arrestato in flagranza di reato o col sorcio in bocca (con-segna di mazzette, ad esempio) intanto va scarcerato solo per il fatto che risulti ragionevolmente presumibile che egli non possa né reiterare il reato, né fuggire. E rimane impunito sino al giudizio di terzo grado. Oggi il giudice solo in casi limitati può appioppare la detenzione in attesa di giudizio. Il più delle volte deve concedere gli arresti domiciliari. Domani la punizione attraverso lavori so-cialmente utili e umili potrebbe essere la soluzione immediata: una condanna da avviare subito, per reati accertati, in attesa della quantificazione della pena, da decidere in tempi rapidi, con un iter processuale reso più celere e da parte di una magistratura messa in grado di operare con maggiore efficienza. Utopia? No. Semplice speranza del cittadino. Riassumibile come desiderio di affiancare all’utilissima e merito-ria opera della scuola (su cui oggi punta molto Colombo) anche un contesto che risulti educativo alla legalità e dissuasivo da ogni dera-gliamento.

di Concetto Rossitto

EditriceASSOCIAZIONE CULTURALE MINERVA

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva PROVINCIA

Presenti molte autorità e magistrati. Il sindaco Bonfanti: “E ora la convenzione con Libera”

Altra sberla alla mafia. Inaugurato al Lido di Noto il Centro Pio La TorreDon Ciotti: “La legalità deve essere principio guida delle nuove generazioni”

Sviluppare una cultura im-prontata alla legalità, come volano per la crescita cul-

turale di una comunità. E’ stato questo l’imperativo categorico che ha guidato l’amministra-zione della città di Noto in oc-casione dell’inaugurazione del Centro Pio La Torre in contrada Lido di Noto, immobile seque-strato alla criminalità organiz-zata e reso fruibile con l’inter-vento PON Sicurezza Asse 2013. A volte ci si interroga sulla ne-cessità da parte di un’istituzione di dare risposte certe e meritorie contro gli affari della crimina-lità organizzata e (contro) l’uso coercitivo dell’illegalità. A ben vedere tale iniziativa si colloca appieno in tale sensibilità, con la promessa e la speranza che co-deste non siano solo dei piccoli mausolei di tornaconto perso-nale di un ente pubblico, bensì rappresentino la regola che gui-da l’azione di una pubblica am-ministrazione. Ma andiamo con ordine. L’im-mobile in questione, come anzi-detto, è stato intestato a Pio La Torre, parlamentare della com-missione antimafia ucciso a Pa-lermo il 30 aprile 1982, e le sale a personaggi che hanno fatto la storia recente dell’antimafia su cui non occorre certo fare dei commenti.  E’ posto nella zona marina di Noto, è stato  asse-gnato al Comune quale bene sequestrato alla mafia e oggetto di un finanziamento ottenuto dal Ministero degli Interni che ha coperto l’intero costo dell’o-pera, dalla progettazione all’e-secuzione, sino agli arredi, per un importo di 600.0000  euro

circa. Il progetto esecutivo è stato redatto dall’ing. Emnauele Carnemolla, la direzione dei la-vori è stata curata dall’UTC, per gli adempimenti relativi  alla si-curezza sui luoghi di lavoro la prestazione è stata  resa sempre dall’ing.Carnemolla nelle forme della prestazione gratuita. L’obiettivo generale che l’ammi-nistrazione si è proposta è stata la ricollocazione  del bene con-fiscato all’interno del circuito produttivo legale affidando  la gestione dei servizi in esso pro-mossi, previa procedura aperta, a una cooperativa sociale di tipo B, promuovere sul territorio il senso della legalità favorendo attività di socializzazione e di reintegrazione sociale per i de-stinatari del progetto. L’inter-vento ha avuto ulteriori finalità, dalla riqualificazione e dal riuso con una nuova distribuzione in-terna per garantire un’adeguata fruibilità degli spazi all’utilizzo dello stesso come centro di ag-gregazione  per minori e gio-vani, particolarmente esposti al rischio di coinvolgimento in attività devianti oltre che per soggetti deboli della popolazio-ne, per favorire l’aggregazione e la socializzazione mediante varie iniziative di animazione culturali, ricreativo-educative, sportive. Nel caso specifico si potran-no integrare attività ricreative sia ordinarie che straordina-rie intensificando le attività di prevenzione che non possono avere né soste né tempi morti ma sempre vigili, con la costan-te  presenza degli attori presenti nel territorio: l’ente pubblico locale, le agenzie educative, le parrocchie al terzo settore che svolgono un ruolo importante di presenza, con la consapevo-

lezza massima che questo bene, assieme a quello già in uso a Bove Marino, debbano concor-rere  ad un sistemico migliora-mento dei servizi  sul territorio.Per quanto concerne la strut-tura, all’interno dell’immobi-le, in disuso da parecchi anni, sono state necessarie  opere di manutenzione di adeguamento sismico e di completamento: è composto da un piano semin-terrato e da un piano terra oltre il terrazzo e ha una consistenza di circa 300 metri quadri, oltre a un’area esterna di mq. 1000. L’intervento di ristrutturazio-ne ha introdotto modifiche di-stributive degli spazi interni, prevedendo l’inserimento di spazi ad uso collettivo; nello specifico, oltre alla  direzione, segreteria e  front-office, sono state messe in opera una   sala polifunzionale/multimediale  – “G.Falcone”,  sala pluriuso per laboratori – “P.Borsellino”,  sala pluriuso per laboratori artisti-ci – “R.Chinnici”,  sala musi-ca – “A. Caponnetto” e infine bar e autorimessa. Le sale sono state  tutte opportunamente ar-redate oltre al  recupero dello spazio esterno, ove verrà alle-stita un’area attrezzata al gioco, di 170.30 mq, opportunamente piantumata e arredata, che con-

cerne anche la collocazione di giochi per bimbi, e un pergolato in legno, che fungerà da zona pic-nic, il tutto al fine di con-sentire una fruizione spaziale, funzionale alla socializzazione all’esterno. L’intervento ha ri-guardato anche la pavimenta-zione dei percorsi pedonali e la sistemazione di aree verdi, con prato e vegetazione tipica della flora mediterranea.Va da sè che il parterre istitu-zionale, ecclesiastico e civile presente il giorno dell’inaugu-razione ha conferito un’altiso-nante importanza all’evento: il prefetto di Siracusa Gradone, don Luigi Ciotti, presidente dell’associazione Libera, Ro-berto Alfonso, Procuratore della Repubblica alla Corte d’appello di Milano, Antonio Nicastro, sostituto Procuratore a Siracusa, Giuseppe Giuffrida, amministratore dei beni con-fiscati alla mafia, il Vescovo di Noto Staglianò, il Sindaco di Noto Corrado Bonfanti, molti membri dell’amministrazione ma anche una forte e composita rappresentanza della comunità netina. Sono stati due i momen-ti celebrativi degni di nota, dal taglio del nastro della struttura al Convegno tenutosi a seguire presso il teatro “Tina Di Loren-

zo”, dal titolo “Beni sequestrati e confiscati alla criminalità or-ganizzata: uno strumento per l’esercizio della legalità”.Abbiamo acquisito dichiarazio-ni dai principali attori di questa importante iniziativa.Sindaco Bonfanti, cosa rappre-senta per la comunità netina il Centro Pio La Torre?“Un sogno che diventa realtà, che considero punto di parten-za e non di arrivo. Nonostante le grandissime difficoltà che si riscontrano nella realizzazione di un’opera pubblica,   la cosa più impegnativa e allo stesso tempo sfidante sarà quella di avviare una gestione del Centro che, attraverso iniziative socia-li e culturali a favore dei nostri giovani e delle persone deboli, ci aiuti a fare crescere nuovi cit-tadini onesti, ricchi di valori tra i quali, al primo posto, quello della legalità. Il Pio La Torre è solo l’inizio di un lungo impe-gno che questa amministrazio-ne ha voluto prendere con la comunità, senza nessun ritor-no d’immagine. Infine stiamo provvedendo alla convenzione del Centro con Libera Sicilia, per dare un segnale ancor più paradigmatico”.Don Ciotti, in che senso la le-galità è una questione cultu-

rale?“La legalità deve essere un prin-cipio guida delle nuove genera-zioni, bisogna impegnarsi nel segno della continuità e corre-sponsabilità, per un rinnova-mento delle attività al fine di combattere mafie e corruzione. E infatti l’effettiva applicazione della legge n. 109/96 sul riuti-lizzo sociale dei beni confiscati alle mafie prevede l’assegnazio-ne dei patrimoni e delle ricchez-ze di provenienza illecita a quei soggetti - associazioni, coopera-tive, comuni, province e regioni - in grado di restituirli alla citta-dinanza, tramite servizi, attività di promozione sociale e lavoro”. Rispetto ai beni confiscati alla mafia, quali sono le principali attività poste in essere da una comunità che vive sotto il se-gno della legalità?“Bisogna promuovere azioni di animazione territoriale, atti-vando percorsi di conoscenza e sensibilizzazione relativi alla presenza di beni confiscati sul territorio nazionale. L’attività è volta a creare e rafforzare la rete tra le istituzioni (l’agenzia nazionale per l’amministrazio-ne e la destinazione dei beni se-questrati e confiscati alla crimi-nalità organizzata, prefetture, regioni, province, consorzi di comuni e comuni), le coopera-tive e le associazioni, le scuole e gli altri soggetti del territorio tramite la mappatura e l’analisi dei beni confiscati sul territorio e la diffusione di buone prati-che sul loro possibile utilizzo. Insomma l’esercizio alla e della legalità costituiscono un volano per la crescita culturale della co-munità di riferimento”.

di Corrado Tardonato

di Corrado Fianchino

L’ex primario del Cannizzaro vive a Brucoli e fu indicato come assessore alla Sanità da Giambattista Totis (PD)

A un augustano di adozione il premio Ambrosoli, che si conferiscea chi fa il proprio dovere anche a costo di enormi ritorsioni

“Hanno denunciato. Se ne sono fregati del maneggiare potere

per tranquillità, del barattare dignità per soldi. Hanno fatto quello che ritengono: applica-re principi, rispondere delle proprie azioni, agire. E nel loro stesso lavoro, non chiacchieran-do di morali, ma applicandole. Ostinatamente. Hanno pagato: con la derisione, le minacce, fino alla morte”. Così l’Espresso sui criteri che presiedono all’in-dividuazione dei meritevoli del premio Ambrosoli, che ogni anno viene assegnato a Milano.La cerimonia si è svolta lunedì nel capoluogo lombardo. Tra i premiati di quest’anno il prof. Alberto Lomeo, noto ad Au-gusta non solo perché vive sta-

bilmente a Brucoli ma anche perché nelle recenti elezioni amministrative il prof. Giam-battista Totis, candidato sinda-co del PD, lo aveva scelto, ove fosse stato eletto, come asses-sore alla Salute nella sua giunta.Questa la motivazione: “Nell’e-sercizio della sua attività pro-fessionale di medico nel ruolo di primario dell’Ospedale Can-nizzaro di Catania, nel maggio 2010 si trova sottoposto a forti intimidazioni volte ad avallare una diagnosi non conforme agli esiti degli accertamenti clinici di una primaria figura politica regionale (ndr: dell’ex presiden-te della Regione, Raffaele Lom-bardo). Resiste alle pressioni per modificare il suo parere e in seguito alla sua decisione vie-ne licenziato. Nel conseguente procedimento giudiziario viene assolto e reintegrato nelle sue funzioni, oltre due anni dopo”.

Per Augusta, un “cittadino” di cui essere orgogliosi. La Civet-ta si unisce all’unanime plauso espressogli dalla commissione di valutazione, anche se il pro-fessionista si schermisce: “Sono grato ed emozionato per essere accostato in qualche modo a Giorgio Ambrosoli che ha paga-to con la vita per aver compiuto semplicemente il proprio dove-re, come credo nel mio piccolo di aver fatto io”

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 21LA CIVETTA di Minerva

di Corrado Tardonato

PROVINCIA

Leo La Sita, responsabile del progetto del Centro di Raccolta: “Sistema all’avanguardia”

Noto, al via la riconversione a 360° della raccolta differenziata creazione del CCR, tracciabilità e premialità per i cittadini virtuosi

Noto, verso il modello di sviluppo turistico territoriale dell’albergo diffusola rete delle micro strutture ricettive chiave del successo del brand Noto

di Corrado Tardonato

La provincia di Siracusa comincia ad assurgere a modello almeno per quanto concerne il sistema di

raccolta differenziata. Infatti dopo Ferla, anche il Comune di Noto fa passi in avanti in tema di gestione dei rifiuti. Ci si riferisce nello spe-cifico all’imminente messa in opera della nuova regolamentazione del servizio di raccolta differenziata e la creazione ex novo del Centro Comunale di Raccolta e Stoccaggio R.S.U. per la raccolta differenziata che, a ben vedere, rappresenta la cartina di tornasole dell’intero pro-cesso.Le chiavi di questa nuova architet-tura per la gestione “differenziata” dei rifiuti sono desumibili da un preciso dispositivo legislativo: il D.M. 8 Aprile 2008 recante la “Di-sciplina dei centri di raccolta dei rifiuti urbani raccolti in modo dif-ferenziato”, che detta i requisiti tec-nico gestionali dei centri di raccolta, mettendo a disposizione della co-munità cittadina un servizio per in-crementare la raccolta differenziata, disincentivare l’abbandono abusivo dei rifiuti sul territorio comunale e per agevolare anche il recupero del rifiuto. In linea con il nuovo atto, recen-temente sono state implementate dall’amministrazione comunale alcune azioni mirate a contrastare episodi di inciviltà nel conferimen-to dei rifiuti, che potrebbero mi-

nare l’immagine cittadina, come ad esempio “Pugno duro, obiettivo chiaro”, che mirava ad incentivare il contrasto all’abusivismo dei rifiu-ti. Tuttavia emerge anche un’altra importante questione impellente, cioè innalzare la soglia di differen-zazione del Comune che non supera il 30%: l’obiettivo minimo del nuo-vo sistema è raggiungere almeno il 65%, cosa che qualificherebbe la città come eco sostenibile. E’ chia-ro che per far ciò, è necessaria una riconversione a 360° delle logiche e delle regole insite nel sistema di raccolta vigente, a monte (con atti-vità di sensibilizzazione per le nuove generazioni) e a valle (con attività di monitoraggio e presidio ex post), mediante una collaborazione siner-gica tra tutti gli attori istituzionali, le associazioni di categoria e la cit-tadinanza tutta. Venendo al nuovo contratto, più oneroso rispetto al precedente, è possibile prevedere il “Ritorno dell’investimento” nel me-

dio e lungo termine sulla comunità netina, sia in termini di impatto e sostenibilità ambientale che econo-mica, dato che è prevista, tra le altre novità introdotte nel nuovo accordo di gestione, la tracciabilità del ri-fiuto che genererà un meccanismo virtuoso di premialità del cittadino, che prevede tra le varie modalità una riduzione sull’imposta della spazzatura. Un progetto che do-vrebbe concludersi con la messa in opera del Centro di Compostaggio, di cui si attende il parere della Re-gione Sicilia.Oltre al Sindaco di Noto Corrado Bonfanti, per completezza, si è vo-luto analizzare anche l’aspetto pre-cipuamente tecnico del nuovo ser-vizio, intervistando il geometra Leo La Sita, funzionario responsabile della costruzione del C.C.R.Sindaco, quale iter legislativo ha portato all’approvazione del qua-dro economico di spesa relativo all’affidamento del servizio per il nuovo sistema di raccolta differen-ziata?“L’architettura progettuale insita nel nuovo sistema ha impegnato tutti gli stakeholders, interni e che col-laborano con la mia amministra-zione; sono soddisfatto del grande lavoro svolto dalla 2° e 3° Commis-sione in sessione congiunta e del buon risultato raggiunto, anche per-ché sono stati rispettati i tempi con-venuti in fase istruttoria. Non solo. Nei lavori delle riunioni, si è puntato molto sugli aspetti che vanno incre-mentati come l’educazione civica, la sensibilità al concetto di rifiuto zero

ed una più capillare rete di informa-zione partendo sempre dalle giovani generazioni”. Brevemente, quali sono le parti sa-lienti previste?“Per quanto concerne il contrat-to, che avrà durata settennale e non più quinquennale, la spesa prevista è onnicomprensiva di tutti i servizi, il trasporto in discarica, il costo del-la discarica stessa, prevede più per-sonale, direttamente proporzionale all’implementazione di nuovi servi-zi, ciò vale anche per il Centro Co-munale di Raccolta, ubicato in Con-trada Zupparda, che, ricordiamo, è stato finanziato per circa l’80% dalla Regione. Altra novità fondamenta-le è l’istituzione della tracciabilità del rifiuto, con i sacchetti muniti di codice a barre identificativo. Insom-ma, siamo alle soglie dell’anno zero del sistema differenziato”.E’ previsto anche un Centro di Compostaggio?“Esiste un progetto del Centro di Compostaggio, ma sulla messa in opera siamo in attesa di una rispo-sta da parte della Regione, questo purtroppo non dipende da noi”.Geometra La Sita, quali sono le caratteristiche preponderanti del nuovo sistema di raccolta differen-ziata e cosa si prevede con il Nuovo Centro di Raccolta previsto nella nuova e più incisiva regolamenta-zione del servizio?“Vorrei esordire distinguendo due questioni ben precise. Uno è il progetto del nuovo appalto della nettezza urbana, relativamente alla raccolta dei rifiuti che è in scadenza

pendente e il bando di gara che dà come termine ultimo per la presen-tazione delle offerte il 10 dicembre e da lì in poi l’U.R.E.G.A., che è l’Ente Regionale preposto per l’e-spletamento di gare per l’appalto di lavori pubblici, comincerà l’iter per l’apertura delle buste. Questo nuovo sistema, a differenza del vecchio, prevede importanti novità. Innan-zitutto si cercherà di dotare tutti i cittadini di sacchetti provvisti di co-dici a barre che saranno identificati-vi del soggetto cui sono stati affidati, consentendo una facile tracciabilità dell’infrazione o del comporta-mento virtuoso. Secondariamente, smentendo le iniziali previsioni di copertura di sole 8.000 utenze, sa-ranno invece servite 12.400 utenze, cioè tutta la popolazione residente a Noto, coprendo in tal modo l’in-tera città sul porta a porta. Non saranno previsti invece i cassonet-ti, al contrario sono previste 5 isole ecologiche installate nelle contrade con il maggior numero di abitanti, ad esempio Lido Di Noto e Calaber-nardo, San Corrado F. M., altre sono previste a Testa dell’Acqua e a San Lorenzo, in modo da coprire tutto il territorio comunale. Altra caratteri-stica degna di nota è rappresentata dal potenziamento della gestione del servizio di raccolta anche nei giorni festivi e la domenica, altra differenza con il vecchio appalto, che ci ha dato non pochi problemi.Altra questione è il Centro Comu-nale di Raccolta che sarà una nuova e grande isola ecologica nella quale conferire quasi 14 tipologie di rifiu-

ti”.Lo stato dei lavori è in linea con le previsioni da bando? Qual è il vero valore aggiunto del Centro Comu-nale di Raccolta?“Siamo già a buon punto, l’impianto è già stato in parte realizzato in linea con la scadenza ultima dei lavori prevista come da bando il 31 dicem-bre 2015. Questo comporterà una serie di agevolazioni per i cittadi-ni. Innanzitutto l’impianto resterà aperto dalle 6.00 del mattino alle 8.30 della sera tutti i giorni. Il cit-tadino all’interno del Centro, oltre ad avere la possibilità di conferire direttamente qualsiasi tipo di rifiuto (di conciso le 14 tipologie previste), potrà “obliterare” la sua tessera ma-gnetica e scaricare il quantitativo di rifiuto che ha prodotto, come previ-sto dal regolamento”.Che cosa significa in termini pra-tici?“Significa che chi conferisce all’in-terno del C.C.R. avrà sicuramente una riduzione della tassa sui rifiuti, innescando in tal modo un mecca-nismo virtuoso di mappatura e ge-stione del servizio”.Qual è la ratio su cui si fonda tale principio virtuoso?“Ciò si verifica perché il rifiuto pro-dotto all’interno dell’isola ecologica sarà sicuramente pulito, non avrà scarti e ciò ci consentirà di poterlo conferire direttamente alle piat-taforme nazionali di riciclo e, di conseguenza, i soldi che ricaviamo, saranno distribuiti nella comunità”.

Riconoscimenti internazionali, premi, flussi turistici in co-stante ascesa, servizi di alta

qualità e la percezione sensoriale dei visitatori che la scelgono. Sono queste le parole chiave che scan-discono il virtuosismo insito nel modello di sviluppo turistico della città di Noto. Dati incontrovertibi-li testimoniano l’incremento della presenza turistica nella città di Noto negli ultimi tre anni, frutto di una strategia programmatica ad hoc da parte dell’amministrazio-ne che ha saputo convogliare nel “brand” Noto una certa appetibi-lità internazionale, generando per forza di cose un meccanismo vir-tuoso che si riflette sulla comunità. Ad esempio da un’analisi riferita ai flussi turistici che hanno interessa-to la città di Noto fatta dalla Con-fesercenti per l’anno 2014, nel pe-riodo che va da maggio ad ottobre, si è registrato un netto incremento della presenza turistica stanziale e di riflesso dei consumi di oltre il 6% , ciò dovuto principalmen-te alla qualità dei servizi offerti, puntando sulla valorizzazione del patrimonio artistico, culturale ed enogastronomico del territorio ba-rocco. La città di Noto, tra gli altri, ha ricevuto un prestigioso premio, lo Swiss tourism Awards 2015, ov-vero il celebre riconoscimento che

premia le destinazioni alternative con un’ottima reputazione su in-ternet, che misura sostanzialmen-te il gradimento dei viaggiatori 2.0 oppure ancora il riconoscimento tra i borghi più belli d’Italia. Ciò detto, ci si è interrogati sulla confi-gurazione e sulla capacità ricettiva delle strutture turistiche presenti sul territorio, le quali possiedo-no un profilo ben preciso: micro strutture che erogano servizi di media e alta qualità, mirate a mas-simizzare la customer satisfaction della domanda turistica. Dunque elevata proliferazione di Bed and Breakfast, case vacanze, agrituri-smi con standard qualitativi so-pra la media piuttosto che grandi strutture alberghiere che almeno potenzialmente garantiscono una migliore gestione complessiva dell’accoglienza turistica ma (po-tenzialmente) un trend qualitati-vo medio/basso. Detrattori e non della scelta del suddetto modello di sviluppo turistico territoriale, potrebbero lecitamente obiettare sui costi (bilancio del Comune) di gestione della scelta intrapre-sa, ma tale tentativo risulterebbe indebolito dall’analisi fatta prece-dentemente, palesata dal Ritorno d’immagine e non solo di cui gode la città di Noto. E’ semplicemen-te una questione di scelta tra vari modelli di sviluppo, già perpetrata da almeno tre anni, con una pre-cisa strategia che mira ad obiettivi

osannati: far crescere il “marchio” Noto valorizzando e promuoven-do i punti di forza del territorio, in sinergia con attori pubblici e priva-ti. Senza tralasciare che, a monte di tale visione, vi è la percezione che i visitatori hanno del “borgo” Noto, un viaggio emozionale nella culla del barocco dalle forti tinte pae-saggistiche e naturalistiche, che richiama quasi ad un’esperienza sensazionale. Tutto ciò si traduce in un modello di sviluppo turistico territoriale rispettoso dell’ambien-te e “sostenibile”, una modalità di sviluppo locale a rete che genera filiere, una configurazione assi-milabile a quella dell’ “albergo diffuso”, molto sviluppato nei più importanti borghi italiani. Il sindaco di Noto Corrado Bon-fanti e Frankie Terranova, capo staff dell’Ufficio di Gabinetto e Responsabile Grandi Eventi del Comune di Noto, principali so-stenitori di tale modello, hanno fatto chiarezza sulle scelte fatte cercando di spiegarne i motivi. Si è parlato anche dell’ex scuola Littara ubicata in centro storico e della sua imminente destinazione.Sindaco, la caratterizzazione re-ticolare delle strutture ricettive di Noto è direttamente propor-zionale alla visione e alla perce-zione che i turisti hanno nei con-fronti della città?“Noto è molto attenta ai gusti dei viaggiatori. il turista non giunge

qui solo a guardare delle cose, ma torna a casa conscio di aver vissu-to un’ esperienza sensazionale, in virtù della qualità della vita che possediamo. E questo chiaramen-te è perfettamente in linea sia con la presenza di piccole strutture sia con il rapporto diretto che instau-riamo con i proprietari delle stesse, tesi a massimizzare le aspettative di vacanza dei consumatori, pun-tando sulla valorizzazione delle tipicità locali ma incanalate attar-verso una promozione internazio-nale, mettendo a nudo il vero valo-re aggiunto di un siffatto modello turistico di successo”.Frankie, trend turistico costan-temente in ascesa da un lato e pochezza di macro strutture ri-cettive atte a soddisfare l’elevata domanda turistica dall’altro. Quali sono i principali motivi e se convergono verso una scelta politica ad hoc.“Quello della visione programma-tica di un modello turistico, è un processo molto lungo, ma partia-mo dall’analisi geografica del no-stro territorio. La conformazione della nostra città, in cui tutto è ri-conducibile nella zona A, si fa fati-ca ad immaginare una nuova ma-cro costruzione nel centro storico e chiaramente un’iniziativa turistica del genere non la si può pensare nemmeno in periferia. Nono-stante ciò stiamo già lavorando su questo, è stata già fatta la manife-

stazione di interesse per quanto concerne i locali dell’ex scuola Lit-tara, si è a buon punto, attendiamo solo il parere della Sovrintendenza dopo di che gli imprenditori che hanno vinto sono pronti a comin-ciare fin da domani i lavori. Qua-lora il parere della Sovrintendenza arrivi in tempo, prima della fine della nostra legislatura, potranno cominciare i lavori. Badate bene si parla di un soggetto privato in-serito nei più importanti circuiti ricettivi internazionali”. Frankie, come si spiega l’elevata profilazione di micro strutture come Bed and Breakfast? A quale modello di marketing territoriale si tende?“Non ci dispiace che siano aumen-tate di molto le piccole strutture, perché ciò contribuisce a distri-buire capillarmente il reddito che arriva dal turismo, che nella misu-ra in cui è creato da queste piccole strutture (B&B, ristoranti e così via) penetra direttamente sul terri-

torio e sul tessuto produttivo della città, per cui gli utili fatturati da tali strutture ricettive hanno una maggiore cassa di risonanza, con benefici evidenti nella comunità. Dunque un fatto positivo. Tutta-via siamo consapevoli del fatto che esistono target che oggigiorno hanno richieste differenti, ragion per cui ci siamo mossi indivi-duando il suddetto bene nel cen-tro storico di proprietà comunale. Vorremmo che le micro strutture presenti sul territorio abbiano un coordinamento tra di loro con-sentendoci di affrontare mercati che chiedono più posti letto, per cui crediamo molto nella formula dell’albergo diffuso, coinvolgendo e dialogando con gli imprenditori locali. Ciò ci consentirebbe di rag-giungere un doppio risultato: cioè soddisfare le esigenze economiche degli imprenditori locali e garan-tire giuste risposte ad un mercato (quello dell’albergo diffuso) sem-pre più in crescita.

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva PROVINCIA

“In caso di terroristi infiltrati fra i migranti, potrebbero generarsi danni irreparabili per tutto il Paese”

L’AD della società catanese: “Lo sto vendendo a 50 euro a mq e sono 50 mila (2 milioni e 500 mila euro)”

Un coro di no alla realizzazione di un hotspot nel porto di AugustaIl sindaco: “Ci sono problemi di sicurezza per i molti siti sensibili”

A Melilli, costruendo da privati, il primo impianto di compostaggio in provinciaL‘Aia a Ofelia Ambiente che vende a Sea Group, cui subentra un’altra società…

Viene accolto con un coro di “no” il bando che prospetta la realizzazione nelle aree

del porto di Augusta di un hot-spot, vale a dire un centro di iden-tificazione e smistamento per la gestione del flusso dei migranti in arrivo ed in transito. Una notizia che sembra aver colto di sorpresa i più, ma che in realtà circolava già da alcuni mesi. A risvegliare l’attenzione sul problema è stato il consigliere comunale Giuseppe Di Mare, nel momento in cui ha pubblicamente rivelato l’esistenza di un bando, emesso dalla società Invitalia e dal Ministero dell’In-terno, per la realizzazione di due strutture simili a Taranto e ad Au-gusta. Una notizia che trova piena conferma in un comunicato stam-pa, emesso dalla stessa Invitalia, lo scorso 4 novembre. Della realizzazione di una simile struttura si parlava però da tempo, come già detto, da quando cioè la Commissione Europea ha rilascia-to la cosiddetta “Agenda per la mi-grazione”, il documento che ha de-finito la politica con cui il Governo dell’Europa ha inteso affrontare i problemi derivanti dall’enorme flusso di migranti che continuano a pressare alle frontiere. Per in-

tenderci, lo stesso documento con cui sono state individuate le quote di distribuzione dei migranti tra i Paesi dell’Unione. Tale “smista-mento” presuppone, infatti, un’at-tività rigorosa di individuazione delle generalità dei migranti, da effettuarsi nei Paesi di arrivo degli stessi. Uno degli obiettivi che la Commissione vuole raggiungere tramite gli hotspot è quello di ri-uscire a distinguere i rifugiati e i migranti economici, un discrimi-ne da cui discende la possibilità di accettare o meno eventuali richie-ste di asilo. In forma sperimentale, da un paio di mesi, il centro di identificazio-ne di Lampedusa è stato dichia-rato hotspot, mentre altre simili strutture sono previste a Trapani, Porto Empedocle e Pozzallo entro il 2015. Nel 2016, invece, si dovreb-

bero attivare proprio gli hotspot a Taranto e ad Augusta. Ma a questa prospettiva la politica e l’opinione pubblica si ribellano, nel timore che il porto commerciale, area nel-la quale il centro dovrebbe essere realizzato, possa diventare un sito di difficile gestione come il famige-rato CARA di Mineo. Si muove in questa direzione il giudizio espres-so, in maniera ufficiale, dal sinda-co Cettina Di Pietro ed affidato ad una nota stampa pochi giorni fa. “Creare un centro di identificazio-ne ad Augusta, sia nel porto che fuori da esso - spiega il sindaco Di Pietro - è impossibile, prima il Go-verno ne prenderà atto, prima ci si potrà muovere per trovare una so-luzione alternativa. Alla luce della tragedia verificatasi a Parigi, per la quale manifestiamo il nostro più sentito cordoglio, si impongono

delle serie riflessioni. Ad Augusta sono presenti il più grande polo petrolchimico d’Europa, una base Nato e l’arsenale militare maritti-mo. Tutti siti sensibili che, se presi di mira da terroristi infiltrati fra i migranti, genererebbero danni irreparabili per tutto il Paese, non solo per i cittadini di Augusta”.Proprio la sicurezza è l’argomen-to principale su cui si sofferma il sindaco di Augusta nel suo inter-vento. “Qui non è solo in ballo lo sviluppo economico di una città, o di una Regione che conta strate-gicamente sul porto di Augusta - continua Di Pietro - qui è in gioco la sicurezza dei cittadini e di tutta la Nazione. La nostra comunità, già a partire dall’operazione “Mare nostrum”, ha dato tantissimo in termini di risorse umane ed eco-nomiche. È arrivato il momento di

dire basta.” Una posizione, quella espressa da Cettina Di Pietro, condivisa dalla maggioranza che amministra la città e supportata anche da una petizione on line con cui si chiede il sostegno della cittadinanza al ri-getto del progetto.Nella medesima direzione si è espressa anche una parte dell’op-posizione tramite i portavoce di Fratelli d’Italia, Enzo Inzolia e Marco Failla, timorosi, in parti-colare, del rischio che il centro di identificazione diventi un ricovero permanente. “Un centro di iden-tificazione che inevitabilmente si trasformerà in centro di perma-nenza a tempo indefinito per il semplicissimo motivo che, con-centrandosi in pochi porti i quoti-diani arrivi di centinaia di miglia-ia di migranti, questi ultimi non potranno essere trasferiti altrove prima del sopraggiungere di altri”.A mostrarsi più attento alle ragio-ni economiche che impedirebbero la realizzazione di tale hotspot è stato, invece, il deputato nazionale del PD Pippo Zappulla, il quale ha persino rivolto un appello ai mini-stri Alfano e Del Rio per scongiu-rare la realizzazione di tale centro all’interno del perimetro portuale, così da evitare “evidenti proble-matiche logistico-tecniche e si si-curezza” nonché possibili conflitti con “i lavori di consolidamento e

ampliamento delle strutture por-tuali”, ipotizzando, invece, la pos-sibilità che venga realizzato in una zona comunque attigua al porto. Una soluzione, questa, in aperto contrasto con quanto emerso dalle posizioni assunte dalla politica e dall’opinione pubblica in città.Che la struttura venga realizzata dentro o fuori i confini del porto di Augusta, in fondo, cambierebbe di poco le cose, in ogni caso sa-rebbe chiesto alla città uno sforzo simile a quello già sostenuto nei momenti in cui la pressione de-gli sbarchi era più intensa. In tale prospettiva, però, l’agenda dettata dalla Commissione Europea pre-vede un intervento di supporto agli enti locali da parte delle or-ganizzazioni europee competenti in materia, tra cui ”Easo”, vale a dire l’Ufficio europeo per l’asilo politico, “Frontex” l’agenzia chia-mata alla gestione delle frontiere comuni, “Europol”, il nucleo di polizia europea che ha il compito di coadiuvare le forze di polizia locale nelle complesse procedure di identificazione. In questo modo l’attività di identificazione e di de-finizione dell’effettivo status dei migranti e l’eventuale rimpatrio di chiunque non avesse il diritto di restare nel territorio dell’Unione, potrebbe svolgersi in maniera più celere senza trasformare soluzioni temporanee in permanenti.

di Carmelo Di Mauro

Con il decreto n. 990 del pri-mo luglio 2015, il dirigente generale del Dipartimento

regionale dell’acqua e dei rifiuti, ha rilasciato l’autorizzazione in-tegrata ambientale (A.I.A.), alla società Ofelia Ambiente s.r.l. per la gestione dell’impianto per la produzione di compost di qualità e produzione di fertilizzante na-turale da realizzarsi nel comune di Melilli in contrada Santa Ca-trini, che ricade nella frazione di Città Giardino. Questo decreto è stato pubblicato successivamente, il 4 settembre 2015, nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana. Con questi due atti si pone il via agli interventi e ai lavori del pri-mo grosso impianto di compo-staggio finora in fase di realizza-zione in provincia e, sicuramente, deve essere visto positivamente, in quanto servono gli impianti di compostaggio in Sicilia, senza i quali anche la differenziata dei comuni più virtuosi è destinata a fallire e a non raggiungere gli obiettivi posti sia a livello regio-nale che nazionale. Quindi ben vengano gli impianti di compo-staggio nel territorio. Il progetto è stato presentato oltre diciotto mesi fa dalla società “Ofelia Am-biente” di Catania. Esso prevede

l’installazione di un impianto in un’area ampia oltre 10 mila me-tri quadrati ed un investimento che supera i 6 milioni di euro per la produzione di 125 tonnellate al giorno e mediamente 45 mila tonnellate annue di compost. A questo impianto potranno con-ferire l’umido tutti i comuni della provincia di Siracusa (ma è possi-bile che si aggiungeranno comuni di altre province) anche se si do-vessero raggiungere alti livelli di differenziata. Dal punto di vista occupazionale, l’impianto potrà impiegare non più di una ventina di lavoratori (perché molto lavo-ro è meccanizzato). Per saperne di più abbiamo sentito telefoni-camente il geometra D’Orazio, dirigente all’ufficio ecologia del comune di Melilli: “La richiesta dell’Autorizzazione AIA presso la Regione Sicilia è stata fatta da Ofelia Impianti e la società è già stata autorizzata. Contempora-neamente, Ofelia ha avuto anche l’autorizzazione edilizia da parte del Comune di Melilli. Quindi tutta la documentazione è a posto. Però, da quello che sappiamo, per-ché già abbiamo avuto i contatti, Ofelia Ambiente s.r.l. sta ceden-do o ha ceduto l’AIA ad un’altra società, la S.E.A. Group, che è una società veneta. Non abbiamo molto chiaro l’iter di subentro e quindi non abbiamo nessuna in-formazione sull’avvio dei lavori.

Per iniziare i lavori devono comu-nicare l’avvio dei lavori all’Ufficio Urbanistica, ma non mi sembra che sia stato fatto”.Geometra D’Orazio, chi è la S.E.A.Group?“Con questa società abbiamo avu-to un incontro, loro sono venuti a Melilli, e ci hanno comunicato che subentrano ad Ofelia nella fase di gestione. Presumo che il subentro sia in fase di discussio-ne, perché ancora non abbiamo nessuna comunicazione ufficiale, e quindi supponiamo che il su-bentro sia in itinere. Nell’incon-tro qui a Melilli sono venuti Luca Maurina, presidente di S.E.A. Group e Matteo Segafredo, pre-sidente di Enrice s.p.a, del parco scientifico tecnologico Vega pres-so Veneto Sviluppo”.Abbiamo chiamato l’avvocato Monaco, amministratore delegato di Ofelia Ambiente per capire me-glio questo discorso del subentro di S.E.A. Group.Avvocato Monaco, come stanno effettivamente le cose?“La realizzazione dell’impianto e il progetto, li stanno acquisendo una società nuova…per la rea-lizzazione sono necessari circa 6/7 milioni di euro perché ci sono tecnologie complesse. In effetti, il subentro non è con S.E.A. Group ma con una nuova società che si chiama “Compost del Mediterra-neo”, a cui partecipa S.E.A. Group

ma anche un’impresa locale del siracusano, un’impresa che si oc-cupa di impiantistica ad alto livel-lo del polo petrolchimico, di cui non ricordo il nome”.Che tempistiche si hanno per il subentro e a quanto sta venden-do?Il subentro dovrebbe chiudersi entro la fine di questo mese di novembre. Con noi hanno già firmato un preliminare e mi han-no dato 200 mila euro di caparra. Sto percependo quello che avevo speso, più tutta la progettazione, più tutte le altre spese e qualche cosa che ovviamente rimarrà alla mia azienda. Lo sto vendendo a 50 euro a metro quadrato e sono 50 mila metri quadrati (2 milioni e 500 mila euro): tutto incluso, compreso i capannoni presenti all’interno. Valeva molto di più ma con la crisi il valore è stato questo.

Invece per la realizzazione?La società Compost del Mediter-raneo deve costruire l’impianto di compostaggio come da proget-to approvato: non possono varia-re nemmeno una virgola perché in tal caso devono iniziare l’iter autorizzativo daccapo. Nel pro-getto, fatto da Ofelia, non sono fissati i tempi di realizzazione. La Regione Siciliana approva i pro-getti ma non richiede di inserire mai i tempi di inizio e fine lavori e questa è una cosa errata, perché sono attività di pubblico interesse. Comunque, credo che la società Compost del Mediterraneo voglia iniziare subito i lavori. Io credo che loro vogliano farlo nel breve tempo possibile perché se non fossero intenzionati non spende-rebbero queste somme”. Abbiamo chiamato anche il dott. Luca Maurina, presidente di SEA Goup, il quale non ha voluto ag-

giungere altre informazioni a quelle già in possesso e ha dichia-rato che “questo momento è un momento in cui vogliamo mante-nere una certa riservatezza”, Non ha voluto aggiungere nessuna in-formazione sui tempi di realizza-zione, su come vogliono realizzar-lo e gestirlo. Informazioni che, noi crediamo, siano utili sapere anche per conoscere la società che ge-stirà l’umido del nostro territorio. In ogni caso, facendo una ricerca su Internet, apprendiamo dal loro sito che la S.E.A. Group, società che ha partecipazione più grossa in “Compost del Mediterraneo” si occupa di tematiche ambienta-li, essendo diventata “uno dei più significativi player nazionali in materia di ambiente”, attraverso la Veneta Recuperi Ambiente che si occupa di smaltimento di rifiuti pericolosi e non pericolosi, sia so-lidi che liquidi.

di Salvo La Delfa

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] 23LA CIVETTA di MinervaPROVINCIA

“La scrittrice ci consegna della svedese un ritratto pluriprospettico “non psicologico ma strutturale”

“Su più fronti ottenuti risultati importanti, con tavoli tecnici e, in alcuni casi, con denunce alla Procura”

“Come un puzzle”: un dialogo immaginario tra Christiane Reimann e Maria Vernali che inchioda Siracusa ingrata alle sue responsabilità

L’ing. Raimondo: “Con l’entrata in vigore della legge 46 si ridiscuterannotutte le AIA degli impianti. Il sindaco di Augusta vi sta lavorando con l’Arpa”

di Anna Di Carlo

Nell’atto di separarsi dal corpo, alcune anime, secondo la Kabbalah,

rimangono intrappolate sulla terra, inquiete e vagabonde, lasciando tracce della loro pre-senza intorno a noi attraverso luminosissime scintille. Scin-tille che, come lucciole impaz-zite, Maria Vernali, biblioteca-ria per mestiere e per passione, il giorno del suo primo ingres-so nella fatiscente Villa Rei-mann, alla ricerca di una sede per l’Archivio storico comuna-le, deve avere visto danzare in un movimento vorticoso tra le colonne effigiate di creature mitologiche poste lungo il via-le, le fontane corrose, la gradi-nata a chiocciola che porta al belvedere della Villa: “In quel giardino trovai un incanto; quel che Hilmann definisce l’a-nima dei luoghi”. Sulla sommi-tà, in un gazebo di legno, simile a un minareto che si affaccia su un suggestivo paesaggio, “le scintille d’anima” devono es-sersi ricomposte, come un puz-zle, in un’esile figura di donna,

assorta nella contemplazione del “cerchio ceruleo del porto, chiuso dalla mite linea dei col-li e lontano dall’azzurro mare Ionio”.Fiera e combattiva in vita, l’ani-ma di Christiane Reimann, la cui voce è resa sempre più fio-ca dall’incessante scorrere del tempo e dalla dimenticanza, cercando spiriti affini con cui richiamare alle sue responsa-bilità la città ingrata, incontra Maria Vernali. Nasce fra le due donne una condivisione di in-

tenti, raccontata in “Come un puzzle”, opera originalissima che sfugge ad ogni tentativo di catalogazione letteraria, dialo-go immaginario attraverso il quale la Vernali, avvalendosi degli strumenti del counse-ling, con arte maieutica porta alla luce la complessità psico-logica dell’introversa danese, senza mai scavare con morbo-sità voyeristica nel suo vissuto, perché chi cerca l’essere umano incontra anime e storie e si ri-conosce nell’altro da sé.Più intimo e complice diviene il legame più i ruoli si scambia-no e la Reimann si fa per la sua interlocutrice “mentore, coach, maestra”, quasi a volerle infon-dere la sua stessa energia e la sua stessa forza d’animo perché prosegua la sua eterna batta-glia: “Tracce di storie come frattali nel micro e nel macro-cosmo; la ricerca del tuo puzzle attraverso i pezzi del mio”.Rimane dietro le quinte Ma-ria Vernali nella seconda parte del suo “discorso amoroso”, lasciando la scena all’intellet-tuale, attraverso la traduzione di un saggio del 1931 in cui la Reimann elabora in chiave sta-tistico-scientifica i risultati dei

questionari inviati ai maggiori ospedali internazionali. Dalla formazione teutonica e luterana alla nomina a segreta-rio esecutivo dell’International Council of Nurses, dall’incon-tro con lo psichiatra Karl Fe-drerik Alter al trasferimento per infatuazione nei confronti dell’uomo a Siracusa, dalla causa civile per frode contro lo stesso amante al confino impo-stole dai gerarchi fascisti per i suoi contatti internazionali, fino al lascito testamentario della villa al Comune di Sira-cusa, su suggerimento dell’av-vocato Corrado Piccione, con il vincolo di farne “una perenne sede di attività formative ed educative, manifestazioni cul-turali di rango universitario e di elevato interesse intellettuale aventi lo scopo di contribuire al progresso civile della città”.Maria Vernali ci consegna del-la Reiman un ritratto pluripro-spettico “non psicologico ma strutturale”, tracciato attraver-so pennellate di colore e tratti chiaroscurali che non defini-scono ma sfumano, cosicché al lettore rimane l’impressione che manchi ancora qualche tassello del puzzle.

Christiane, militante, in un tempo in cui le donne percor-rono faticosamente la tortuosa e incidentata strada dei loro diritti, per la libertà di pensiero e di parola (difesa strenuamen-te anche attraverso la scelta estrema di una vita solitaria, in una terra straniera che non la comprende) e la “pasiona-ria” Maria, fondatrice dell’as-sociazione italiana scoliotici, impegnata nel riconoscimento “dello status di scoliotico, lad-dove la legislazione vigente è mancante” e nella promozione “della coscientizzazione del di-ritto alla salute”, si danno “mu-tuo soccorso” nelle loro singole battaglie. La Vernali scende in campo insieme a Save villa Reimann, movimento spontaneo nato nel 2014 allo scopo di “fare ottem-perare le volontà testamentarie di Christiane Reimann e di dif-fidare l’uso selvaggio dei beni mobili e immobili”. Christiane dona a Maria la sua storia per-ché, documentandola nel suo libro, possa raccogliere fondi per la sua associazione.L’atmosfera di Villa Reimann ricorda quella spettrale del-la casa di Miss Hashivam del

romanzo dickensiano Grandi Speranze, in cui l’assenza di vita si coglie nel caos degli og-getti, nella polvere del tempo depositata sugli arredi, tra i libri ammonticchiati. Solo nel giardino la vita rinasce, perché se: “Hilmann – come scrive la Vernali - fa rinascere il concet-to di anima e lo colloca come metafora in un giardino”, al-lora nel giardino “tutto parla psicologicamente; il mondo è un giardino in quanto si mani-festa e ha metaforicamente in-segnamenti per ogni anima che passa e rende più intelligibile e più bella l’interiorità dell’ani-ma stessa”. Un corso di restauro promos-so dal consorzio universita-rio SDS Architettura Siracusa aprirà le porte di villa Reimann ad alcuni studenti universitari. Chissà se per qualcuno di loro un inspiegabile manifestarsi di “scintille d’anima”, l’impercet-tibile sussurro di Christiane, sarà l’iniziazione ad un viaggio di passione tra i frammenti di quel discorso amoroso a cui Maria Vernali ha dato vita, alla ricerca di altri tasselli del puz-zle ancora incompiuto.

Conclusa l’esperienza del comune di Siracusa nel-la qualità di “esperto del

sindaco per le problematiche ambientali -Qualità dell’aria”, l’ing. Giuseppe Raimondo ha iniziato, nel frattempo, da un paio di mesi, la consulenza di esperto per le problematiche ambientali del sindaco di Au-gusta, Cettina Di Pietro, con un contratto di 4000 euro per sei mesi di attività. Anche se è ancora presto per fare un bilancio sull’attività svolta presso il comune di Au-gusta, abbiamo sentito l’inge-gnere per avere alcune infor-mazioni su che tipo di attività sta svolgendo. “Con l’entrata in vigore del-la Legge 4 marzo 2014, n. 46 dal titolo <Attuazione della direttiva 2010/75/UE relativa alle emissioni industriali, pre-venzione e riduzione integra-ta dell’inquinamento>, dice l’ing. Raimondo, “si ridiscute-ranno tutte le Autorizzazioni Integrate ambientali (AIA) degli impianti, e si porrà par-ticolare attenzione sulle nuove Best Available Technologies (BAT) e sulle “BAT Reference Report”, cioè le linee guida ‘sulle migliori tecniche di-sponibili in campo di BAT’

(BREF). Su tutto ciò l’ammi-nistrazione Di Pietro sta lavo-rando e ha iniziato a confron-tarsi con Arpa Siracusa per non tralasciare nulla”. Le decisioni su queste temati-che si prenderanno nei tavoli ministeriali in cui si discutono le prescrizioni che le aziende devono rispettare per ottenere le AIA, tavoli in cui l’ingegne-re Raimondo rappresenterà e porterà le istanze del comune di Augusta.Giuseppe Raimondo, come si sta svolgendo la tua attività?“L’attività si svolge su più fron-ti. Da settembre ad oggi, il co-mune di Augusta: a) ha soste-nuto la prescrizione di Arpa che impone l’installazione di un rilevatore in continuo per l’idrogeno solforato sul Claus della Esso; b) ha denunciato l’incremento significativo di oltre 100 microgrammi su normal metrocubo del valore di acido solfidrico e derivati a S Cusumano; c) ha chiesto alla Maxcom, relativamente agli Idrocarburi Non Metanici (NMHC), lo studio di fattibi-lità per l’installazione di un impianto di recupero vapori per i serbatoi a tetto fisso; d) ha fatto un esposto alla Procu-ra della Repubblica per un in-cremento di idrocarburi (sono stati registrati valori orari ol-tre i 1000 microgrammi/m3); e) ha riaperto un tavolo tecni-

co con la ex Provincia di Si-racusa (ora Libero Consorzio dei Comuni), rappresentato dall’ing. Solegreco, per capire la situazione delle discariche e, in particolare, quella di S. Cusimano”. Quindi, il comune di Augusta, con il contributo del consulen-te sull’ambiente sta portando avanti iniziative a difesa dei cittadini. Iniziative che sono state recentemente illustra-te in una conferenza stampa

che si è tenuta ad Augusta con la presenza del vicesindaco, Pino Pisani, che ha la dele-ga all’Ambiente, di Giuseppe Raimondo e di Domenico Morello, dirigente del decimo settore “Tutela ambientale” del Libero consorzio dei co-muni di Siracusa. L’esposto alla Procura della Repubblica, invece, si è originato in segui-to all’evento di cattiva qualità dell’aria, avutosi nella serata del 28 ottobre, durante il quale

si è osservato un incremento di concentrazione di NMHC (idrocarburi non metanici) nella centralina “Marina Mili-tare”, dalle ore 20 alle ore 23, di gran lunga superiore ai va-lori medi orari riscontrati nel-la giornata (1166,24 μg/Nm3). E’ chiaro che il territorio ha bisogno di nuove centraline e di un nuovo sistema di moni-toraggio delle sostanze odori-gene. Recentemente, era stato pro-posto dall’ARPA di Siracusa un nuovo progetto per la valu-tazione delle molestie olfattive nell’area siracusana innovati-vo ed ambizioso. Si trattava di integrare, per la prima volta nel nostro ter-ritorio, la tecnica chiamata Olfattometria Dinamica con l’installazione di nuove cen-traline (14, nel comune di Si-racusa) per il campionamento dell’aria che saranno azionate in base alle segnalazioni effet-tuate dai cittadini. In partico-lare, in seguito ad una mole-stia olfattiva nel territorio, si chiede ai cittadini di effettuare le chiamate di segnalazione. Tutte le telefonate vengono re-gistrate in un database e quan-do si supera un certo numero di chiamate per una zona, il sistema di controllo invia un sms (o un segnale) a una cen-tralina che si trova in quella zona, permettendo un imme-

diato campionamento. Le centraline posseggono due sacche: una è riempita con il “bianco”, cioè è riempita con aria prelevata in un momento in cui non c’è stata nessuna segnalazione, e l’altra con aria che viene prelevata al momen-to dell’arrivo del segnale in-viato dal sistema di controllo in seguito alla registrazione di un numero elevato di segnala-zioni. In questo modo, si preleva l’a-ria con le sostanze odorigene immediatamente all’evento di molestia, evitando che il cam-pionamento venga fatto (come avviene adesso) ore dopo che la puzza è stata avvertita. La sacca contenente le so-stanze odorigene, successiva-mente, era gestita attraverso la tecnica dell’Olfattometria Dinamica da un “panel”, cioè una commissione di persone - valutatori (in genere sei per ciascun panel) che procede all’analisi con il “naso” di un campione di gas odorigeno diluito con gas neutro ed ino-dore (come per esempio azo-to). Questa tecnica, prevista per Siracusa, ma ancora non operativa, potrebbe essere im-plementata anche ad Augusta, considerate le caratteristiche critiche di questa città.

di Salvo La Delfa

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Anno VII n.20 - 27 novembre [email protected] LA CIVETTA di Minerva UNA SIRACUSANA A PARIGI

Molte testate sorvolano sul basilare principio deontologico della verifica delle fonti

I video di Svevo e Federico su YouTube stanno riscuotendo un’innegabile popolarità

Incredibile, ma falso: le storie bizzarre raccontate dai mass mediaCorsa ai clic che si traducono in visualizzazioni monetizzabili

Ecco come i Ritals conquisteranno il mondo (del web) Risate e cliché: una buona ragione per partecipare al crowdfunding

Qualche tempo fa, un settimanale francese a distribuzione gratuita

(una specie di Civetta d’oltralpe, che tratta di tematiche sociali con tono ironico) ha pubblicato un articolo relativo ad un inte-ressante esperimento realizzato dalla redazione. Una delle gior-naliste ha contattato un’agenzia di stampa britannica, cercando di vendere una testimonianza di una vicenda assolutamente inverosimile: modificando una fotografia con un comune pro-gramma di Photoshop, era stata aggiunta una voglia a forma di drago sulla spalla di una ragaz-za; la storia che accompagnava la foto era quella di una novella Harry Potter, profondamente legata a questa macchia della pelle, al punto da avvertire un bruciore in quel punto, nei mo-menti di rabbia.L’agenzia di stampa, specia-lizzata nell’acquisto di “storie vere”, avrebbe pagato per ac-quistare i diritti di esclusiva e pubblicare la testimonianza sui tabloid britannici, se il settima-nale francese non avesse, a quel punto, fatto un passo indietro: l’obiettivo di dimostrare che parecchie testate sorvolano sul basilare principio deontologico della verifica delle fonti era stato raggiunto.E i colleghi britannici in que-

stione sembrano non essere gli unici a privilegiare la ricerca de-gli scoop, sacrificando la verità giornalistica: il web pullula di citazioni inventate (le tre lettere “cit.” spopolano anche su Face-book per cementare la credibi-lità di un’affermazione) o di foto scevre da contesto e adattate ad articoli piccanti. Il tutto in una corsa al clic, con i clic che si traducono in visualizzazioni e le visualizzazioni che sono mo-netizzabili, grazie alla vendita di pubblicità e di pop-up.E il business non riguarda solo le testate giornalistiche, ma anche i fornitori di storie; così come Mediaset ha stipendia-to i parenti del povero Loris (il bambino ucciso in provincia di Ragusa, un anno fa) per le com-parsate davanti alla D’Urso, l’a-genzia di stampa SWNS ha reso note, sul suo sito, le sue tariffe: tra le 200 e le 500 sterline per una storia insolita e interessan-te; fino a 10.000 sterline per una storia che tocchi temi partico-larmente sensibili o che riguardi una celebrità.Altre testate web hanno am-messo candidamente di non verificare la veridicità delle no-tizie che ricevono: è il caso, ad esempio, del sito francese Mi-nuteBuzz – i cui curatori non si definiscono giornalisti, ma for-nitori di sorrisi – che riprende le notizie più divertenti e impres-sionanti che circolano in rete.Semplici freelance o internauti – che giornalisti, appunto, non

sono – possono immettere nel circolo online delle notizie che diventano virali: è stato il caso, un mese fa, in concomitanza con l’inizio dei bombardamenti russi in Siria, di una foto di una bella donna bionda, adagiata su un caccia, in tenuta da pilota. Diversi siti e forum di tutto il mondo hanno ripreso la notizia, inneggiando alla lotta contro l’Isis, gli internauti esaltati dalla bellezza mozzafiato della solda-tessa, brandendo a tutto spiano l’hastag #respect, nei confronti di quell’incrocio fra un’eroina e una miss. Peccato che la donna in questione non fosse né russa né, tantomeno, militare: si trat-tava, in realtà,di una modella brasiliana che si appoggiava in maniera seducente su un aero-mobile d’addestramento del suo paese. Oltre alla propaganda politica, le bufale possono (o servono a) creare il panico: l’Osservatorio sul razzismo in Italia ha segna-lato delle foto che ritraevano de-gli uomini molto muscolosi che scendevano da una barca; la di-dascalia metteva in guardia da questi sedicenti profughi, sbar-cati nelle nostre terre non per cercare rifugio, ma addestrati per avviare una guerra santa. Bastava selezionare l’immagine con il tasto destro del mouse e scegliere l’opzione “cerca que-sta immagine con google” per rendersi conto che gli uomini atletici e pompati non fossero migranti e che lo scatto non era

stato fatto sulle coste italiane, ma in quelle australiane. Eppure, la possibile veridicità della notizia e l’ampiezza dello sconcerto che, potenzialmente, provoca (in termini di like, di condivisioni, di commenti di sostegno) induce il popolo del web a bypassare ogni dubbio e cliccare il tasto che permette alla bufala di girare, espandersi, moltiplicarsi. In una parola, di-venire virale. E se – vogliamo confidare an-cora nel genere umano – vi sarà una buona parte di utenti che comprenderà a prima vista la falsità dell’articoli, esiste anche un’altra parte che, per igno-ranza, ingenuità o malafede, si limiterà a leggere i titoli in grassetto, osservare il fotomon-taggio e riportare a gran voce quanto appreso. I numeri, in questi casi, sono preoccupanti: la foto degli au-straliani-profughi è stata condi-visa da quasi ottomila persone;

la foto della Ministra Boschi (in string e pantaloni a vita bassa al momento della firma di fronte al Presidente Napolitano: un Photoshop di pessima quali-tà, peraltro) ha avuto un’eco in moltissimi altri stati che hanno colto l’occasione per denigrare l’Italia; notizie di nuove tasse, di provvedimenti votati “in segre-to” dal Parlamento, di epidemie di massa e alieni che controlla-no il mondo hanno una riso-nanza mediatica inversamente proporzionale alla loro veridici-tà e direttamente proporzionale alla loro idiozia.Il problema è che internet non ha limiti né controlli e chiun-que può diventare un redattore, scriva anche in modo gram-maticalmente scorretto o so-stanzialmente assurdo; inoltre, la proliferazione delle notizie e la facilità con cui viaggiano da una parte all’altra del mondo, ha abbassato drasticamente il valore dei pezzi giornalistici:

questo significa che, per vendere di più, si deve aumentare il nu-mero di scritti (inventandone, magari) o l’attrattiva delle noti-zie (inventandole, sicuramente).Insomma, prima di cliccare il tasto “condividi” sulla sempli-ce base di un titolo intrigante, aprite l’articolo e leggetelo bene fino all’ultima riga; se, ancora, c’è qualcosa che non vi convin-ce, cercatelo su google, per ritro-varne la fonte; se la notizia non è riportata da autorevoli testate è più probabile sia una bufala, non uno scoop. La regolamentazione giuridica di questa giungla mediatica è in atto – il diritto è necessaria-mente più lento di un mondo tecnologico in corsa –, ma il web non dimentica: commenti razzisti, frasi che credereste li-mitate all’“intimità” del vostro profilo internet, incitamenti a “fare girare” (secondo il lin-guaggio Facebook) una notizia che fa scalpore, senza vagliare la sua fondatezza o confrontare le varie fonti, potrebbero integrare un illecito giuridico.Prima di nasconderci dietro a uno schermo, resi onnipotenti da una connessione veloce e un mouse senza fili, dovremmo ac-cendere il cervello. Altrimenti anche noi, come il tabloid bri-tannico, potremmo finire per credere inopinatamente alla storia di una cicatrice a forma di drago.

di Monica Lanaia

di Monica Lanaia

“Vous avez un ac-cent: origines italiennes?”, mi

chiedono molti francesi con cui discorro nella lingua di Molière. Sì, annuisco orgo-gliosamente: sono una Ri-tal. Termine dispregiativo quest’ultimo, usato per indi-care gli italiani immigrati in Francia e Belgio nel secondo dopoguerra, che antepone alla radice della parola “ita-lien” una “R”, lettera che gli italiani faticano a pronun-ciare con la tipica inflessione arrotata francese.E Ritals sono anche due giovani emigrati, Svevo e Federico, inizialmente sbar-cati in Francia per lavorare in un call center, i cui video su YouTube stanno riscuo-tendo, dalla scorsa estate, un’innegabile popolarità. La geniale trovata di questo duo comico è stata quella di sottotitolare i loro video (in francese, quando si parla in italiano e viceversa), riuscen-

do in questo modo a coin-volgere un doppio bacino di spettatori. Il successo del loro primo video – che affronta la te-matica tanto spinosa quan-to spassosa dell’assenza dei bidet nelle case francesi – ha spinto i due talentuosi italia-ni a girare altri sketch. Così, dopo una pausa estiva, che ha accresciuto l’attesa e stuz-zicato la curiosità di varie testate giornalistiche italiane e francesi, Svevo e Federico sono tornati con altri episodi della loro webseries.

Svevo, regista e attore ro-mano, e Federico, giornali-sta e scrittore di Ortona (in Abruzzo, non nelle Marche: guardare i video, per capi-re), entrambi comici nati, riportano in chiave ironica le difficoltà fronteggiate da-gli espatriati nella Ville Lu-mière. I due si raccontano in una specie di intervista italo-francese, a metà fra un colloquio di lavoro e un con-centrato di scene esilaranti (una fra tutte: Federico che canta “Sapore di sale” reg-gendo una gigantografia di

Gino Paoli); nella seconda parte degli episodi, coinvol-gono figuranti francesi per simulare scene di vita vissu-ta: il prelievo dal bancomat (con un francese che sotto-linea che “La Francia non è l’Italia e qui non si ruba”); la richiesta di fare da interpre-te di lingua spagnola (“Ma come? Non è la stessa lingua? Non vi capite?”); l’ordinazio-ne di una pinta di birra (non servita fino a che non si pro-nunciano le parole magiche “s’il vous plaît”). Dopo il quarto episodio, Svevo e Federico hanno or-ganizzato un incontro con i fan, in un pub del decimo arrondissement parigino, nel quale è stato proiettato in anteprima il quinto episo-dio, intitolato l’epilogo, ma che è, in realtà, un prologo. Il successo è stato tale che il pub – tipicamente francese, minuscolo quanto le toilettes senza bidet – era pienissimo e gli avventori si sono river-sati in strada.Le due star hanno chiacchie-rato con ogni gruppo di fan, italiani e francesi presenti

all’appello quasi in egual nu-mero. Adesso, Svevo e Federico – che hanno intenzione di continuare a girare altri epi-sodi anche nel 2016 – si sono rivolti al sostegno di quel po-polo del web che già li ama, attraverso il crowdfounding (letteralmente: finanziamen-to da parte della folla). Per sostenere il loro progetto è sufficiente digitare questo indirizzo web http://www.kisskissbankbank.com/it/projects/ritals-la-web-se-rie-transalpina e scegliere l’importo del proprio contri-buto (interamente rimbor-sato, nel caso in cui non si raggiunga la somma-obiet-tivo di 5000 euro). L’appor-to minimo è di 2 euro e, in cambio, Svevo e Federico si impegnano a ricompensarvi con la loro infinita gratitudi-ne; con 10 euro si ottiene la menzione nei titoli di coda di ogni episodio; per 25 euro, pure una foto autografata del cast e con 50 una t-shirt con il logo Ritals; per 100 euro la partecipazione nel backsta-ge durante la registrazione

di un episodio, per 200 una cena in un ristorante con i due protagonisti, per 500 un tour di Parigi e una cena e, infine, per contributi di 1000 euro i Ritals si impegnano a girare uno spot di promozio-ne di un’attività commercia-le.Se nulla di tutto ciò vi inte-ressi, prima di decidere di non sostenere il progetto date un’occhiata a uno degli episodi pubblicati su You-Tube: riderete con le lacrime agli occhi e, se siete, o siete stati espatriati in un altro paese, riderete con ancora più gusto. Perché Svevo e Federico rap-presentano un po’ tutti noi con la nostra anima Rital, il nostro parlare forte, il nostro gesticolare, il nostro chiede-re “una pinta”, senza aggiun-gere “per favore”, il nostro essere mammoni. Partire è un poco morire, si legge nella loro pagina Face-book: ecco perché è neces-sario esportare un poco di sana italianità.