A MANO IL CERVELLO E LA MENTE DIACRONIA O ... - sicm.it · LA MANO,IL CERVELLO E LA MENTE ......

14
LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE DIACRONIA O SINCRONIA EVOLUTIVA F. MAZZOLENI Padova Riv Chir Mano - Vol. 49 (2) 2012 SESSIONE 3: “L’ESPERIENZA RACCONTA…” Corrispondence: F. Mazzoleni, Padova L’IRRESISTIBILE FASCINO DELLE SCIENZE DELLA NATURA Per fare chirurgia della mano bisogna conoscere bene molte cose. non solo le regole della chirurgia, ma pure una sequenza lunga di cose che riguardano la mano, la mano dell’Uomo. A partire dall’anato- mia. Ma quando si comincia lo studio della sua anatomia, subito dei “perché” si fanno avanti: per- ché quella forma?, perché quel modo di agire? Dei “perché” che, in colui che ha il dono della curiosità, tirano in ballo degli altri “perché”, uno dietro l’altro in un crescente accavallarsi, seguendo un percorso che tende a ramificarsi, ma che, almeno in me, ha avuto una precisa direzione. Certo, un decorso tor- tuoso del quale non si intravvedono i due capoli- nea. Esso si snoda in quel terreno sconfinato, palu- doso ma di irresistibile suggestione, che è l’evoluzione, e da un lato si imbatte nel più intrica- to dei problemi dell’Uomo: la sua mente, la mente con la sua struttura portante, il cervello, e dall’altro la sua origine. Da questo lato il capolinea è lontano sfumato, diversificato in mille rami: mille altre co- noscenze proprie di altre discipline sono necessarie per poter procedere. Ma anche il capolinea che sta dalla parte oppo- sta, quello che riguarda l’origine, è lontano, sfuma- to, discutibile. L’evoluzione animale è la struttura scientifica portante di questo percorso, ma anche i confini di questa non sono affatto netti. Ben presto ci si accorge che non si può limitare lo studio agli animali. La loro storia corre di pari passo con quella delle piante. Ma neppure qui si trova un confine netto. Assolutamente no: non si può com- prendere l’evolvere della vita se non si conosce an- che un’altra storia: la storia del suolo in cui la vita è evoluta. Ecco che nuovi”perché” si affacciano, che vanno oltre la terra, e ci sgomentano: si prova sgo- mento, ma si resta irresistibilmente affascinati. Il naturalista, cioè chi ama la scienza della Natura, ha la grande fortuna di avere sempre da imparare. È una scienza ormai illimitata. Una gigantesca massa di nuovi rilievi sopraggiunge incessantemente, giorno dietro giorno, e migliorano, modificano o cambiano radicalmente le nostre idee. Al suo cor- po dottrinario, relativamente ristretto fino a qual- che decina di anni, oggi prendono parte compe- tenze scientifiche differenziate. Accanto ai tradi- zionali addetti ai lavori - antropologi, paleontolo- gi, genetisti, anatomici – nuovi specialisti sono en- trati in scena: biochimici, patologi, sociologi. Per- fino i filosofi sono oggi coinvolti (v. “Letture con- sigliate”). Insomma, quante cose dobbiamo sapere per farci un’opinione? Ma poi, alla fine, l’avremo un’opinione? La risposta è deludente: forse mai. Avremo solo un’opinione fuggevole e poco fidabi- le, destinata ad essere smentita dalle nuove osser- vazioni. Ma è una delusione che non ci scoraggia. Anzi. Una delusione che ci stimola ad andare avanti, uno stimolo indomabile ad inseguire virtute econoscenza.

Transcript of A MANO IL CERVELLO E LA MENTE DIACRONIA O ... - sicm.it · LA MANO,IL CERVELLO E LA MENTE ......

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTEDIACRONIA O SINCRONIA EVOLUTIVA

F. MAZZOLENIPadova

Riv Chir Mano - Vol. 49 (2) 2012

SESSIONE 3: “L’ESPERIENZA RACCONTA…”

Corrispondence: F. Mazzoleni, Padova

L’IRRESISTIBILE FASCINO DELLE SCIENZE DELLA

NATURA

Per fare chirurgia della mano bisogna conoscerebene molte cose. non solo le regole della chirurgia,ma pure una sequenza lunga di cose che riguardanola mano, la mano dell’Uomo. A partire dall’anato-mia. Ma quando si comincia lo studio della suaanatomia, subito dei “perché” si fanno avanti: per-ché quella forma?, perché quel modo di agire? Dei“perché” che, in colui che ha il dono della curiosità,tirano in ballo degli altri “perché”, uno dietro l’altroin un crescente accavallarsi, seguendo un percorsoche tende a ramificarsi, ma che, almeno in me, haavuto una precisa direzione. Certo, un decorso tor-tuoso del quale non si intravvedono i due capoli-nea. Esso si snoda in quel terreno sconfinato, palu-doso ma di irresistibile suggestione, che èl’evoluzione, e da un lato si imbatte nel più intrica-to dei problemi dell’Uomo: la sua mente, la mentecon la sua struttura portante, il cervello, e dall’altrola sua origine. Da questo lato il capolinea è lontanosfumato, diversificato in mille rami: mille altre co-noscenze proprie di altre discipline sono necessarieper poter procedere.

Ma anche il capolinea che sta dalla parte oppo-sta, quello che riguarda l’origine, è lontano, sfuma-to, discutibile. L’evoluzione animale è la strutturascientifica portante di questo percorso, ma anche iconfini di questa non sono affatto netti. Ben prestoci si accorge che non si può limitare lo studio agli

animali. La loro storia corre di pari passo conquella delle piante. Ma neppure qui si trova unconfine netto. Assolutamente no: non si può com-prendere l’evolvere della vita se non si conosce an-che un’altra storia: la storia del suolo in cui la vita èevoluta. Ecco che nuovi”perché” si affacciano, chevanno oltre la terra, e ci sgomentano: si prova sgo-mento, ma si resta irresistibilmente affascinati. Ilnaturalista, cioè chi ama la scienza della Natura, hala grande fortuna di avere sempre da imparare. Èuna scienza ormai illimitata. Una gigantesca massadi nuovi rilievi sopraggiunge incessantemente,giorno dietro giorno, e migliorano, modificano ocambiano radicalmente le nostre idee. Al suo cor-po dottrinario, relativamente ristretto fino a qual-che decina di anni, oggi prendono parte compe-tenze scientifiche differenziate. Accanto ai tradi-zionali addetti ai lavori - antropologi, paleontolo-gi, genetisti, anatomici – nuovi specialisti sono en-trati in scena: biochimici, patologi, sociologi. Per-fino i filosofi sono oggi coinvolti (v. “Letture con-sigliate”). Insomma, quante cose dobbiamo sapereper farci un’opinione? Ma poi, alla fine, l’avremoun’opinione? La risposta è deludente: forse mai.Avremo solo un’opinione fuggevole e poco fidabi-le, destinata ad essere smentita dalle nuove osser-vazioni. Ma è una delusione che non ci scoraggia.Anzi. Una delusione che ci stimola ad andareavanti, uno stimolo indomabile ad inseguire virtutee conoscenza.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 144

UN’ABILITÀ SORPRENDENTE

Non v’e dubbio che la mano sia un organo checonferisce all’Uomo una caratterizzazione singola-re: con la mano costruisce alla stregua di una “mac-china; e grazie alla gamma infinita di “figure” che lamobilità dei suoi numerosi componenti può deline-re rivela le sue emozioni e nel sordomuto “parla”,comunica.

Osservando una sera le mani di una celebreflautista, Clementine Hoogendoorm Scimone, du-rante l’esecuzione di una vivace sonata (Fig. 1), po-tevo cogliere i diversi significati che il susseguirsidei movimenti di quelle dita esprimeva scorrendolungo la tastiera dello strumento, a momenti lento,a momenti frenetico, vibrante in stretta corrispon-denza con i contenuti delle varie parti della sonata,e con le diverse emozioni che l’autore aveva volutotrasfondere nel pentagramma. Concentrando losguardo sulle sue mani ed immaginandomi, perfinzione, di non udire alcun suono, scoprivo chequelle dita avevano un loro linguaggio, un linguag-gio eloquente: non tanto per le note che facevanoemettere allo strumento, quanto per la massa diimmagini che il loro variato muoversi lasciava nelmio occhio, un fluire continuo, ininterrotto di im-magini capace di tradursi in un vero e proprio rac-conto. Come chirurgo che nell’abilità della propriamano aveva trovato la ragione della scelta del suolavoro, non potevo non provare meraviglia mista a

sconforto: un confronto assolutamente a me sfavo-revole. Non potevo non essere colpito dalla diaboli-ca bravura con la quale quelle dita, lunghe e sottili,riuscivano a trasformare in musica una vertiginosacascata di comandi corticali sui quali, sicuramente,dovevano confluire, con pari potenza sia ciò chechiamiamo mente, sia ciò che chiamiamo emozio-ne (Fig. 2). Mi chiedevo come si era potuto arrivarea tanto: quale fosse il trigger che aveva innescatoun meccanismo tanto virtuoso. E le mani, incredi-bilmente, ubbidivano!

Certo, quella serata musicale mi aveva reso ancorpiù palese i sorprendenti virtuosismi ai quali la ma-no può giungere. Ma riflettendo ora, sul ruolo chele mani svolgono nella vita quotidiana di un uomo e

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 145

Figura 1. La flautista Clementine Hoogendoorm Scimone.“… diabolica bravura con la quale quelle dita, lunghe e sottili, riuscivano atrasformare in musica una vertiginosa cascata di comandi corticali, suiquali, sicuramente dovevano confluire con pari potenza sia ciò che chiamia-mo mente, sia ciò che chiamiamo emozione.” Figura 2. La forte eloquenza della mano.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 145

F. MAZZOLENI

sulla singolarità che gli conferiscono nei confrontidegli altri esseri viventi, ci rendiamo conto che, adifferenza degli altri segmenti corporei mobili, ca-paci di movimenti relativamente ripetitivi, esse ap-paiono costituire uno “strumento” onniproduttivo,una vera e propria “macchina polivalente”, un com-plesso di elementi fissi e mobili, come dicono gli in-gegneri, vincolato tra loro cinematicamente grazieai quali è capace di produrre lavoro. A differenzadella macchina, essa non agisce mai automatica-mente: agisce in ogni momento al comando del cer-vello. L’attributo con il quale viene fin dall’antichitàqualificato l’operare della mano del chirurgo: cummanu sciente, ci può indurre a ritenerla sì esecutrice,ma un’esecutrice indissolubilmente integrata confunzioni superiori, quasi un tutt’uno con i gironi piùelevati della “sostanza grigia” sui quali è confluitauna miriade di informazioni accumulate nel tempocon l’educazione, con lo studio e con l‘esperienza.

IL QUESITO

Siamo uomini perché abbiamo le mani. Si suoleaffermare che l’Homo sapiens si distingue dagli al-tri esseri viventi – al di la delle differenze somati-che – per il possesso del linguaggio, del pensierosimbolico, dell’opposizione tra pollice e dita lunghee della stazione eretta. Si afferma altresì che questicaratteri, interagendo tra loro ed integrandosi, ab-biano condotto, nell’arco 1.5-2 milioni di anni, al-l’uomo di oggi, le cui fattezze e facoltà sono stabili,salvo piccole modifiche, già da 2-300.000 anni.

Viene spontaneo di chiederci quali siano i rap-porti evolutivi tra la mano e l’organo che nell’Ho-mo sapiens la guida e la comanda, tra la mano e lamente. Ma è proprio contemporanea questa coope-razione tra linguaggio, pensiero simbolico, bipedi-smo ed opposizione nello sviluppo dell’uomo, op-pure possiamo, o dobbiamo, presumere che vi sianostate delle precedenze di uno sugli altri, o addirit-tura un percorso che li vede avanzare in fila india-na, in cui il subentrare di uno è condizionato dal-l’affermarsi del precedente?

La domanda ci conduce in un terreno paludoso,intriso di sabbie mobili entro le quali è facile anda-

re a fondo. Peregrinando tra libri e riviste di antro-pologia e di biologia evolutiva, si può rilevare cheverosimilmente una successione di acquisizione diquesti caratteri c’è stata.

Anche tra i filosofi la questione è aperta da nu-merosissimi anni. Oddone Longo, nel suo articolo“La mano e il cervello, da Anassagora a Leroy-Gourhan” (1, 2) sostiene che la domanda. “vieneprima il cervello o la mano” è antica quanto Aristo-tele. Nel libro “Parti degli animali” egli si contrap-pone ad Anassagora che, sicuramente conoscendoil pensiero evoluzionista della Scuola di Mileto, af-fermava che “l’uomo è il più intelligente di tutti glianimali perché ha le mani” e lasciava intendere unacerta diacronia tra le due funzioni – quelle dellamano e quelle del cervello – nella quale la prece-denza spettava alla mano. Per Aristotele, che noncondivideva questa storia evolutiva, “l’uomo haavuto le mani perché è il più intelligente di tutti glianimali”. La diatriba è durata fino ai nostri giorni.Leroi-Gourhan (9), da grande naturalista, la inter-rompe con una secca, lapidaria affermazione:“l’uomo è cominciato dai piedi”, convinto che laprima, e fondamentale, tappa dell’ominazione èstata la conquista della stazione eretta: è da qui chel’uomo ha imparato ad usare diversamente l’artoanteriore adeguandovi via via il cervello.

Dobbiamo andare molto indietro nel tempo:qualche milione di anni, ed accontentarci di ipotesi,anche se fondate. Le testimonianze fossili sono re-lativamente rare, soprattutto per quanto riguarda leossa della mano. Lunghissimi periodi di tempo nesono completamente privi. Pertanto ricostruire ilsuo cammino nella storia dei viventi è senza dubbiodifficile e può condurre ad affermazioni prive diqualsiasi fondamento scientifico.

Il grafico della Fig. 3 mette chiaramente in evi-denza che, se è vero che la quantità di materia cere-brale è indice del grado di capacità intellettiva, trala comparsa della opposizione fra pollice e le altredita della mano e la comparsa di una massa cere-brale di 1.2-1.4 chilogrammi, qual’è quella dellanostra specie, non v’è coincidenza. Una manoprensile c’era già quand’eravamo australopitechi,con una capacità cranica pari a meno della metà diquella dell’Homo Sapiens.

146

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 146

LA SVOLTA

Come si sono svolti i fatti? Come è noto, laquestione più dibattuta dopo l’uscita del libro diDarwin, l’”Origine della specie” del 1859, era se gliantenati dell’uomo fossero arborei o terrestri. Glistudi evoluzionistici sono a favore della prima al-ternativa ed hanno portato alla ribalta l’umile tu-paia (Fig. 4), un toporagno, un Plesiodapide, comecapostipite della nostra linea evolutiva, come primopunto di divergenza dai mammiferi terrestri. La tu-paia appartiene all’ordine degli insettivori e quellada cui deriviamo aveva allora dimensioni simili aquelle di un gatto. Ciò avveniva all’inizio del Paleo-cene, 65 milioni di anni fa, quando nell’ambienteera in corso un’altro evento importante. In vasti

territori del pianeta si diffondevano le angiosper-me, le piante con fiori e frutti. La forma del piane-ta non era ancora definita, ma grazie alla derivacontinentale il profilo delle varie placche era già vi-sibile. Pangea (Fig. 5), il supercontinente in cuierano confluite le terre emerse nel Permiano circa

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 147

Figura 3. L’evoluzione dei caratteri umani (Riprodotto da“Evoluzione ed evoluzionismo”, Edizioni Alpha Test, Mo-nografie “Gli spilli”).

Figura 4. La tupaia.

Figura 5. Gli eventi geologici che la geologia ipotizza. A.Pangea, il supercontenente alla fine del Permiano, circa 230milioni di anni fa. Il grande oceano che la circonda si insi-nua tra la parte superiore e quella inferiore formando ungolfo denominato Tetide. B. Verso la fine del Giurassico, cir-ca 135 milioni di anni fa, la deriva dei continenti ha pro-dotto le spaccature del continente meridionale; il NordAtlantico e l’Oceano Indiano si sono allargati e Tetide si èristretta. C. Alla fine del Cretaceo, circa 65 milioni di annifa, il pianeta comincia a mostrare la configurazione attuale.L’India si avvicina all ’Asia e l ’Australia si va staccandodall’Antartide. Tetide si è ulteriormente ristretta e darà ori-gine al Mediterraneo (Ricavato da A. Borsellini: Le Scienzedella Terra, Italo Bovolenta Editore, Ferrara, 1984).

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 147

F. MAZZOLENI148

200 milioni di anni fa, si era dischiusa nei varicomparti che hanno dato luogo agli attuali conti-nenti e gli oceani andavano guadagnando spazio trale spaccature. Le modificazioni climatiche che vi siassociavano favorivano l ’evoluzione vegetale:l’ambiente si arricchiva di prodotti assai appetibiliper gusto, digeribilità e potere nutritizio, prodottiche si mettevano in mostra nella parte alta dellapianta. Questa variazione si avverava quando nellostrame del sottobosco la competizione verosimil-mente era divenuta furente (Fig. 6). Gli insetti era-no la merce alimentare per una quantità crescentedi roditori ed insettivori. La ricerca di cibo non piùal suolo, ma tra i rami, rendeva possibile il contattocon la nuova fonte di alimentazione: la frutta ed unfogliame più tenero. La spinta verso determinanticambiamenti evolutivi deve essere stata molto fortein quel periodo, tra la fine del Mesozoico e l’iniziodel Cenozoico. Le mutazioni genomiche che mo-dificavano le estremità degli arti anteriori – ancora

piedi – venivano favorite dalla selezione naturale secomportavano fenotipicamente il miglioramentodelle capacità di arrampicarsi, di muoversi tra i ra-mi, di appropriarsi dei frutti e di portarli alla bocca(Fig. 7). “Oggi siamo quello che abbiamo dovutomangiare”. Di milioni di anni ce ne sono volutitantissimi per arrivare ai Primati, le scimmie, lescimmie antropomorfe e l’uomo. I fossili e gli altrimetodi di studio applicati dagli antropologi – bio-chimici, fisici, genetici, etc. – hanno permesso diipotizzare un percorso oggi ritenuto credibile. Ne-gli eredi della tupaia, il lungo muso si accorciavaacconsentendo ai due occhi laterali di avvicinarsi edi ruotare verso la linea mediana: si sviluppava cosìla visione binoculare assai più efficace nella localiz-zazione degli oggetti nello spazio. Le dita perdeva-no gli artigli, sostituiti dalle unghie, ed il palmodella mano acquistava cuscinetti più comodi e piùadatti all’appoggio sulla superficie cilindrica e limi-tata dei rami (foot hand). La vita arborea favorì un

Figura 6. La foresta prima dell’avvento delle angiosperme in unavecchia iIlustrazione riprodotta da Biblioteca Scientifica Illustrata,Flammarion, 1886.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 148

progressivo affrancamento dal quadrupedismo a fa-vore del bipedismo: la brachiazione degli arti ante-riori (Fig. 8) e la modificazione dei “piedi” anterio-ri. La presa del frutto, più numeroso ed attraentesui rami più periferici della chioma, imponeva spic-cate doti di equilibrio sugli arti posteriori, braccialunghe, capacità di spostamento aereo, e prensilità.L’estremità anteriore si adeguava alle nuove esigen-ze. Il primo dito veniva ad assumere un nuovo ruo-lo nel contesto dell’apparato digitale: si allontanavae si avvicinava come la branca di una pinza, movi-mento indispensabile per portare il frutto alla boc-ca: hand to mouth, come dice Napier (Figg. 9, 10).

PROCONSUL

Nel corso dei successivi milioni di anni l’evolu-zione naturale progredì con la formazione di altre

specie. Si ritiene che le prime scimmie abbianofatto la loro comparsa nel tardo Eocene. A 20 mi-lioni di anni fa si fa risalire la comparsa del genereProconsul. Composto da diversi frammenti, i suoifossili sono stati rinvenuti attorno agli anni ’30. Fucosì chiamato perché in quel tempo furoreggiavain un music–hall londinese uno scimpanzé, chia-mato Consul, che con vestiti e cappelli allora di

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 149

Figura 7. La vita arborea favorì la brachiazione degli artianteriori.

Figura 8. La vicenda evolutiva della mano descritta nel1886 nella Biblioteca scientifica illustrata edita da Flam-marion.

Figura 9. La struttura della mano nelle varie specie discimmia (Da Schultz. 1956).

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 149

F. MAZZOLENI

moda correva in bicicletta fumando la pipa:Hopwood, paleontologo del British Museum, sicompiacque di chiamare il nuovo antropoidePro…Consul, prima del Console. L’esemplare piùnoto è quello ritrovato dalla celebre antroplogaMarie Leakey nei pressi del Lago Vittoria in Afri-ca, nel 1948 (Fig. 11). Le caratteristiche dei resti -il cranio e pezzi degli arti - fanno ritenere che sitratti di una scimmia arboricola quadrupede cheviveva principalmente sui rami tra i quali reperivagli alimenti teneri che, secondo la caratteristichedei denti osservabili, doveva prediligere - fogliegiovani, germogli e frutta, e non le dure radici o ituberi – per cui solo saltuariamente scendeva a ter-ra dove si muoveva a quattro zampe come le altrescimmie. Di Proconsul gli antropologi hanno pa-zientemente ricostruito lo scheletro. Quello dellamano mostra chiaramente la differenziazione delprimo dito: dalla forma delle facce articolari si puòescludere che la mano fosse dotata di opposizione,ma era già una mano prensile, con morfologia pro-toumana, simile a quella degli ominoidei posterio-ri. Proconsul nel suo insieme mostra caratteri an-cestrali umanoidi per cui a diritto dobbiamo inse-rirlo tra i primi anelli della nostra stirpe ed attri-buirgli la targa di “antenato”.

Proconsul e la sede del suo rinvenimento, i pres-si del lago Vittoria, mettono a fuoco un altro puntonodale dell’evoluzione secondo le vedute moderne:l’Africa orientale.

LA RIFT VALLEY

L’Africa nel Miocene si era ampiamente popo-lata di varie specie di scimmie. Dalle scimmie infe-riori (lemuri, bertucce, babbuini, macachi, man-drilli, etc) si sono differenziati i Pongidi, le scim-mie antropomorfe: il gibbone, l’orang-utan, il go-rilla e lo scimpanzé. Vivevano tra gli alberi dellaforesta pluviale. In quest’Africa, immersa in un cli-ma decisamente umido, circa 8 milioni di anni fa’,iniziava una crisi tettonica che comportava la for-mazione un lunghissimo avvallamento di l oltre5000 chilometri teso tra nord e sud, dal Mar Ros-so al Tropico del Capricorno, un’immensa fossatettonica, la Rift Valley, che divideva il continentein due parti, separando a est le province orientali:l’Etiopia, la Somalia, il Kenia, e giù fino alla Tan-zania (Fig. 12). All’abbassamento del fondo facevaseguito, con il passare del tempo, lungo il margineoccidentale della valle l’innalzamento di un’alta ca-

150

Figura 10. Lo sviluppo della funzione della mano nelle an-tropomorfe. Fino a che non si affermò l’opposizione le ditaerano prensili, ma la mano non era prensile. Poi migliorò lasua presa: la necessità di cogliere frutti ammodernò la suaforma (head-to-mouth). Nello scimpanzè, che sceso dall’al-bero, doveva camminare per terra, la “mano” serviva da“piede” (foot-hand).

Figura 11. Proconsul: verso la mano. (Da L. De Bonis: iProgenitori, in Le Scienze , Quaderni, n°113: La originidell ’umanità” a cura di A Salza – Lo scheletro ricostruitodella mano è riprodotto dal testo di J Napier, citato sopra,Fig 38).

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 150

tena montuosa che raggiunge in alcuni punti an-che i 5000 metri. Questo evento geologico è statomolto importante, secondo molti studiosi (Y.Coppens e altri) nell’evoluzione verso l’Uomo. Irilievi, bloccando i venti umidi provenienti dall’A-tlantico, favorirono a est l’instaurarsi del regimemonsonico che si andava organizzando anche gra-zie alla massiccia presenza del grande altipiano delTibet e della catena himalaiana, e il costituirsi diun clima secco. La parte occidentale dell’Africa in-vece rimaneva umida e piovosa e quindi ricopertadi foreste pluviali. Nella parte orientale l’aria di-ventava asciutta e la foresta cedeva il posto alla sa-vana. In epoche posteriori questa trasformazionefu facilitata dal periodo di siccità che ebbe luogo alivello planetario tra 3 e 2 milioni di anni fa. Lavegetazione forestale via via scompariva e piantecapaci di vivere in un clima secco cominciarono adiffondersi dando luogo al paesaggio tipico dellasavana con piante sparse e più basse, raccolte agruppi soprattutto lungo i corsi d’acqua e con lar-ghe distese di alte erbe. L’alternanza climatica sta-gionale modificava la disponibilità nel corso del-l’anno di fiori e frutti imponendo agli animali il ri-corso a tuberi e a radici.

AMBIENTE ED OMINAZIONE

Perché queste osservazioni sono rilevanti ai no-stri fini? Perché è oggi opinione di molti antropo-logi che questi eventi ambientali hanno pesante-mente influenzato l’evoluzione degli esseri viventi.Una domanda inquietante sorgeva dall’osservazio-ne della mappa dei siti dei vari ritrovamenti fossiliavvenuti lungo tutto il ventesimo secolo, particolar-mente concentrati tra il ‘35 ed il ‘70. Si poteva no-tare che resti di scimpanzé e di gorilla se ne eranotrovati in grande quantità in tutta la parte occiden-tale del continente africano: il loro ritrovamentoera divenuto infrequente in corrispondenza dellaRift Valley. All’opposto una quantità enorme difossili provenienti da esseri dalle sembianze umanefu trovata a est del grande solco. La soluzione pro-posta fu la seguente. La diradazione delle foreste el’avvento della savana (Fig. 13) con le sue nuove ca-ratteristiche vegetative privilegiò le trasformazionisomatiche da mutazione genetica che favorivano ilbipedismo liberando definitivamente la mano dalladeambulazione. Il primate doveva scendere daglialberi e cominciare una vita in terra dove potevatrovare sufficiente sostentamento.

Quando la specie Homo si staccò dalle scimmie

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 151

Figura 12. La Rift Valley (Ricavato da A. Borsellini: Le Scienzedella Terra, Italo Bovolenta Editore, Ferrara, 1984).

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 151

F. MAZZOLENI

antropomorfe, cioè dallo scimpanzé con il qualeabbiamo in comune il 99% del patrimonio geneticoe che pertanto dobbiamo considerare il nostro cu-gino più prossimo, è ancora in discussione. Gli stu-di sui fossili, divenuti molto numerosi soprattuttonella seconda metà del Novecento, grazie appuntoai rinvenimenti in Etiopia, Kenia e Tanzania, han-no individuato più specie, comparse e in buonaparte estinte, e le hanno inquadrate in un possibilealbero genealogico. Non ci soffermiamo sulla loroaffascinante storia e sulla loro classificazione. Sot-tolineiamo solo gli aspetti più significativi ai finidel tema di questo capitolo.

L’Africa orientale può considerarsi con sufficien-za di prove “la culla dell’umanità” (Fig. 14). Nellasavana a est della Rift Valley il primate, forte delpollice e della capacità prensile che la vita arborico-la trascorsa lungo tutto il Cenozoico gli aveva datonei tempi e nei modi propri dell’evoluzione, puòscendere dai rami e grazie a queste distinte doti

può cominciare a costruire strumenti. Può cacciare,raccogliere, percepire nuovi stimoli. “Est side story”si diverte a chiamarla Y. Coppens, e così amiamochiamarla anche noi malgrado qualche smentital’abbia subita: a ovest, nel Ciad, ahimè, sono statitrovati, qualche anno dopo, i fossili di un australo-piteco di quell’epoca. Può incominciare quella vitasociale che piano piano gli insegnerà a comunicaree a prendere coscienza di se stesso. Può trasmettereai suoi simili le sue prime acquisizioni: come usarele estremità anteriori che grazie alle ultime modifi-che raggiungono il traguardo finale e diventano“mani”, come costruirsi gli utensili necessari alla vi-ta quotidiana. L’encefalo si adegua ed appoggia lasviluppo culturale. Comincia così la fase detta diencefalizzazione. I meccanismi attraverso i quali siè verificata questa straordinaria collaborazione trala mano ed il cervello, sono ancora avvolti nel mi-stero. Ci è tuttavia lecito ritenere che la poliedricaattività consentita dalla mano ha giocato il ruoloprimario nel dare l’avvio allo sviluppo della mente(Fig. 15 A, B, C). L’accrescimento del cranio nellevarie specie di Homo che si sono succedute neltempo, con tutte le riserve che si devono porre sullaequivalenza tra capacità cranica e parenchima ner-voso sensu stricto, è molto significativo. Dall’alberoscende con una mano ormai dotata di un’opposi-zione quasi completa, ma con una capacità cranicapari a quella delle scimmie antropomorfe. La capa-cità media del cranio di uno scimpanzé – il cuginopiù stretto dell’uomo – è di 383 cc. Quella di unAustralopitecus africanus, che visse circa tra i 3,5 ei 2,5 milioni di anni fà, è di poco maggiore: 450 cc(media), con un incremento pari all’1,2%. Il grandebalzo in avanti si verifica nel passaggio da Austra-lopitecus a Homo habilis: l’incremento è del 44% ela capacità media è di 646 cc. Fino a questa fasel’ominazione è una manifestazione solo africana.Con l’avvento della cronospecie di Homo erectus,datata attorno il milione e mezzo di anni fa, si regi-stra un ulteriore aumento della capacita cranica conun indice di incremento minore. Homo erectus or-mai dotato di qualità funzionali superiori, varca iconfini dell’Africa e si spinge in Europa ed in Asia,dove si sono travate testimonianze fossili di signifi-cativo rilievo. È nel favorevole ambiente del Plei-

152

Figura 13. La Rift Valley e la savana. A. la Rift Valley: aovest persiste la foresta pluviale e a est compare la savana; aovest lo scimpanzè rimane scimpanzè, a est diventa “homo”(da Y. Coppens: L’origine dell’uomo nella Rift Valley in LeScienze Quaderni, v. citazione Fig. 11). B La savana.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 152

stocene che la linea umana acquisisce con rapiditàsorprendente le capacità culturali che caratterizzeràl’Homo sapiens. In quest’ultimo, sulla data dellacui comparsa ancora si discute (500.000 mila di an-ni fa ?), l’encefalizazione progredisce (Fig. 16) finoai valori attuali (media 1350 cc di capacità cranica).I dati sono presi da “Il bipede barcollante” di PhilipV. Tobias (Einaudi Ed., 1992). Con un crescendoimpressionante egli si impadronisce delle facoltàcognitive che gli consentiranno di assoggettare asuo piacimento l’ambiente in cui vive: il pensierosimbolico, il linguaggio, la coscienza.

ANTROPOLOGI E GENETISTI

Come tutto questo si sia potuto verificare è og-getto di ampio dibattito tra gli esperti delle variescienze umane. Ci consentiamo solo qualche consi-derazione generale.

Le variazioni morfologiche degli arti anteriori(da zampa a mano) sono tra le ultime trasformazio-ni evolutive di grande rilievo e soggiacciono ancoraalle regole generali dell’evoluzione. Sono dovute amodificazioni genetiche (mutazioni) sulle cuiespressioni fenotipiche agisce poi la selezione natu-

rale. Sono pertanto modificazioni genetiche legateal caso come tutte quelle che hanno indotto i varicambiamenti che si sono susseguiti nella trasforma-zione dell’essere vivente dalla condizione primor-diale a quella di oggi. Le modificazioni verosimil-mente sono avvenute già a livello dei geni omeotici(geni HOX), a cominciare da 45 milioni di anni fafino a 3-4 milioni di anni fa, e cioè da circa metàdell’Eocene con le Adaptide, un gruppo di animalimolto simili ai Lemuri, nelle quali il primo dito co-mincia a differenziarsi dagli altri quattro, fino al-l’avvento dell’Australopiteco. Questa conquistaevolutiva ha un’importanza determinante in quantoche, una volta conseguita, la specie che ne è deten-trice può cominciare a creare utensili e a trasmette-re ai discendenti l’avanzamento, incrementano lealte funzioni che caratterizzano il vertice della scalazoologica: nasce un pò alla volta il linguaggio, na-sce il pensiero simbolico. È verosimile che questiavanzamenti comportino ancora delle mutazioni.Sull’antico encefalo infatti si sviluppa quello nuovo,il neopallio, un fenotipo che senz’altro impone unapreliminare mutazione. Ma la trasmissione dellenuove conquiste attraverso i gesti e poi con la paro-la dà un impulso vertiginoso al percorso evolutivo ene inizia la fase ultima, detta evoluzione culturale

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 153

Figura 14. A) La culla dell’Umanità: I centri e la data in cui sono stati ritrovati i fossili sui quali la paleontologia ha rico-struito la storia dell’Uomo (Da A-M Bacon: Gli australopiteci, in Le Scienze Quaderni, v. citazione Fig 11); B) Mary eLouis Leakey (da Y, Coppens, v, citazione Fig. 13)

A B

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 153

F. MAZZOLENI

che si realizza finalmente libera dai rigidi condizio-namenti genetici. L’essere vivente che sta in testaalla classifica avanza con velocità inaudita: il pro-gresso è esponenziale e nelle ultime migliaia di an-ni, una frazione di minuto nella scala geologica deltempo, conduce l’uomo dalla capanna al grattaci

dal volo su liana, da ramo a ramo, al volo sul razzoda pianeta a pianeta, fino alla Luna (Fig. 17).

Per quanto attiene specificamente ai cambia-menti evolutivi della mano dalle scimmie all’uomo,i fossili disponibili non consentono ancora un’u-niformità di vedute. La letteratura in merito è im-ponente: in bibliografia si citano solo alcuni dei vo-lumi meritevoli di lettura (“Letture consigliate”. Digrandissimo interesse sono le ricerche e le interpre-tazioni di alcuni studiosi e delle loro Scuole. Non sipuò nuovamente citare J. R. Napier che domina ilpensiero dagli anni ’50 (3-5), il gruppo di M. W.Marzke dell’Università di Tempe (Arizona) (7, 8) equello di R. L. Susman dell’Università di Stony

154

Figura 15. A, B e C) Raffigurazioni di un australopiteco diun Homo Habilis e dell’Uomo di Nenderthal (Riproduzioneda Le Scienze Quaderni, v. citazione Fig. 11). Le relativefigure della mano sono riprese da J Napier, op. citata, fig.40, 39 e 17).

A

B

C

Figura 16. Grazie al “possesso della mano” il Primate co-mincia la vita di relazione. Il suo cervello in un periodo re-lativamente breve raddoppia il proprio volume.

Figura 17. L’animale Uomo nelle ultime migliaia di anni –frazione di un “minuto” nella scala geologica del tempo –passa dalla capanna al grattacielo.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 154

Brook, N.Y. (6). La grande occasione è stato il rin-venimento nel 1960 dell’Ominide 7 ad Olduvai(O.H.7) per opera della paleontologa Leaky. Il fos-sile fu datato un 1.750.000 di anni fa e fu nominatoHomo Habilis. L’analisi delle ossa, il loro confron-to con la mano dell’uomo attuale e con quella delleantropomorfe ha permesso di rilevare che i tre mu-scoli (flessore lungo del pollice, primo interosseovolare e probabilmente il capo profondo del flesso-re breve del pollice, mancano nel pollice delloscimpanzè (Susman) –interpretazione non condivi-sa dalla Mazke – e che il trapezio è l’epicentro evo-lutivo. Le modifiche delle sue faccette articolari egli adattamenti della faccette articolari con il trape-zoide e lo scafoide a monte e con il primo e secon-do metacarpale a valle unitamente ai cambiamentimuscolari conducono via via alla conquista dell’op-posizione.

I FILOSOFI OSSERVANO

Nella Dialettica della natura (10), F. Engels scri-ve: “Anche l’uomo sorge per differenziazione. Nonsolo individualmente, per differenziazione da un’u-nica cellula – uovo fino all’organismo più complica-to che la natura produce: ma anche storicamente.Quando, dopo sforzi millenari, la differenziazionedella mano dal piede furono definitivamente acqui-site, allora l’uomo di distaccò nettamente dallascimmia; allora furono poste le basi per lo sviluppodel linguaggio articolato e per quel poderoso perfe-zionamento del cervello, che da allora ha fatto dive-nire invalicabile l’abisso esistente tra l’uomo e lascimmia. La specializzazione della mano significa lostrumento: e lo strumento significa l’attività umanaspecifica, la reazione trasformatrice dell’uomo sullanatura, la produzione. Ci sono anche animali, insenso stretto, che possiedono strumenti, ma solo inquanto membra del loro corpo (la formica, l’ape, ilcastoro); anche degli animali che producono, mal’influsso della loro produzione sull’ambiente natu-rale è praticamente nullo rispetto a quest’ultimo.Solo l’uomo è riuscito ad imprimere il suo suggellosulla natura, non solo perché ha fatto mutare di luo-go fauna e flora, ma perché ha modificato in tal mo-

do l’aspetto, il clima, e perfino gli animali e le piantedella zona da lui abitata, che i risultati della sua atti-vità potranno scomparire solo con l’estin-zione ge-nerale di tutto il globo terrestre. E l’uomo ha fattotutto ciò, innanzitutto ed essenzialmente, per mezzodella mano. La stessa macchina a vapore, il suo piùpotente strumento fino ad oggi per la trasformazio-ne della natura, deriva, in quanto strumento, in ulti-ma istanza dalla mano. Ma con la mano passo a pas-so si sviluppò il cranio: venne la coscienza, dapprimadelle condizioni necessaria per l’avverarsi di singolieffetti praticamente utili, e più tardi, nei popoli piùfavoriti, si sviluppò da questa coscienza la compren-sione delle leggi naturali che coordinavano quei fe-nomeni. E con il rapido svilupparsi della conoscenzadelle leggi naturali crebbero i mezzi per reagire sullanatura. La mano, sola, non avrebbe mai costruito lamacchina a vapore, se il cervello non si fosse svilup-pato correlativamente con essa, accanto ad essa e inparte attraverso di essa”.

Le osservazioni di Engels serviranno poi al suogrande amico Carlo Marx per appoggiare le sue te-si sociali.

E I GENI

Esula da questo libro l’intenzione di addentrarsinei intricati rapporti tra mano, linguaggio simboli-co e coscienza. Le conoscenze attuali sono ipotesibrancolanti nel buio. Le domande che ci siamo po-sti non possono avere che risposte superficiali. Lericerche di una lunga serie di specialisti non sonorimaste infruttuose: di conquiste ne sono state fattemolte e si apprezzano chiaramente quando si con-fronta lo stato attuale delle nostre conoscenze conquello di solo una ventina di anni fa. La disciplinanon può essere appannaggio di una singola specia-lità: solo dal confronto tra molti: paleontologi, an-tropologi, genetisti, neurologi, psicologi e molti al-tri ancora, possono sorgere nuovi progetti di ricercae nuove acquisizioni.

Una domanda per tutte può essere posta. Losviluppo della mente dell’uomo e delle sue singolarifunzioni dipende solo dalla trasmissione delle co-noscenze e delle mentalità tra individuo ed indivi-

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 155

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 155

F. MAZZOLENI

duo e tra generazioni e generazioni oppure oppureè sotto il giogo delle leggi che regolano l’evoluzione? Vi entrano in gioco i geni, le mutazioni e la pres-sione selettiva? La domanda non ha una rispostasoddisfacente. Da una parte le neuroscienze sem-brano ammettere che le sinapsi siano strutture pla-stiche, modificabili dalle esperienze e dagli stimoli,e che questa modulazione epigenetica possa verifi-carsi lungo tutto il corso della vita con intensità de-crescente in funzione dell’età. Dall’altra anche lagenetica fà delle proposte. Promettenti sono tutta-via gli omeogeni Emx ed Otx individuati di recentein varie sedi del cervello, come riferisce Boncinelli.Numerose sono ancora le osservazioni sulla varia-zioni genetiche che accompagnano alcune malattie,in particolare quelle congenite. Non v’è alcun dub-bio che migliaia siano i geni che intervengono nellafunzione cerebrale. Ma una differenza oggettiva trapatrimonio genetico dellUomo Sapiens e scim-panzè non è ancora stata trovata.

UN BRICIOLO DI FANTASCIENZA

Ha raggiunto l’uomo la sua conformazione defi-nitiva? E’ lecito pensare che qualche altra mutazio-ne possa verificarsi e nel rispetto di tutte le regoleche ne hanno finora governato i cambiamenti, darluogo a nuovi fenotipi che privilegiano ulterior-mente l’uomo nell’ambito della natura. Possonoprossimi sconvolgimenti naturali, tipo quello cheha dato origine alla Rift Valley, o cambiamenti cli-matici, indurre nuove mutazioni con espressioni fe-notipiche più adatte al nuovo ambiente?

Ci suggestiona l’idea fantasiosa che il bifidismoo una polidattilia di un dito possa essere il primosegnale di un’avvio verso la formazione di un terzoarto. Un terzo arto! Ci rendiamo conto quanto uti-le sarebbe all’uomo un terzo arto, ovviamente supe-riore. Una terza gamba non ci tornerebbe di nessunvantaggio, visto che di quattro ce ne siamo tenutesoltanto due. Tanto appare pressante la corsa versoil bipeditismo e tanto appare appagata la stazioneeretta, riteniamo che non ci servirebbe che comegamba di scorta! Non vedo di quanto migliorereb-be la nostra vita. Ma una terza mano, sì, potenzie-

rebbe la macchina: la macchina che produce lavoro.Oggi siamo consapevoli che l’attesa di una muta-zione spontanea potrebbe essere superata: la mani-polazione genica, nella quale siamo diventati mae-stri in laboratorio, potrebbe, ahinoi, sostituirsi allanatura e dotarci di una mano in più, un OGMumano. Saremmo davvero più felici? Tornando allasuggestione musicale dalla quale siamo partiti,quanto di più e di meglio saprebbe fare un flautistacon una mano in più?!

BIBLIOGRAFIA

Letture consigliate

Innumerevoli sono le pubblicazioni sull’argomento. Se nesegnaliamo alcune, già scusandoci con gli autori che non ven-gono citati.

I libri di E. Boncinelli, pubblicati da Einaudi (“I nostri ge-ni” (1998), “Le forme della vita” (….), “Biologia dello svilup-po” (……) sono, per chiarezza e per ricchezza di argomenta-zioni, straordinariamente adatti ad introdurre il lettore interes-sato nei complessi problemi dell’evoluzione degli esseri viventi

Napier JR, Napier PH: The natural history of the Primates.The MIT Press, 1994.

Napier JR. Hand. Princeton University Press, 1993.De Duve C. Come evolve la vita. R. Cortina Ed. 2003.Salza A. Ominidi. Giunti Ed. 1999.Dawking R. Il gene egoista. Oscar Mondatori, 1992.Foley RA. Gli umani prima dell’umanità. Editori Riuniti,

1999.Martin RD. Primate origins and evolution. Princeton Univer-

sity Press, Princeton 1990.Tobias PV. Il bipede barcolante. Einaudi Ed. 1992.Eldredge N. Ripensare Darwin. Biblioteca Einaudi, 1999.Mayr E. Biologia ed evoluzione. Boringhieri, 1992.Jay Gould S. Bravo brontosauro. Feltrinelli, 1993.Jay Gould D. Il pollice del panda. Il Saggiatore, 2001.Balletto E. Zoologia evolutiva. Zanichelli, 1995.Reeves H, De Rosnay J, Coppens Y, Simonnet D. La più bella

storia del mondo. Il Segreto delle nostre origini. Oscar Sag-gi Mondadori 1996.

Tattersall I. Il cammino dell’uomo. Garzanti Editore, 2004

Voci bibliografiche

1. Longo O. L’universo dei Greci. Attualità e distanze. EdMarsilio, 2000, Cap. 7: 112-23.

156

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 156

LA MANO, IL CERVELLO E LA MENTE 157

2. Longo O. Scienza, Mito, Natura. La nascita della biologia inGrecia. Tascabili Bompiani, 2006, pg 99-110.

3. Napier JR. The prehensile movements of the human hand. JBone Joints Surg 1956; 38: 908-13.

4. Napier JR. Fossil hand bone from Olduvai Gorge. Nature1962; 196: 409-11.

5. Napier JR. The evolution of the hand. Scientific Amer.1962; 140: 1-8.

6. Susman RL. Hand function and tool behavior in early ho-minids. Journal of Human Evolution 1998; 35: 23-46.

7. Marzke MW, Marzke RF. Evolution of the human hand:

approaches to acquiring, analyzing and interpreting theanatomical evidence. J Anat 2000; 197: 121-40.

8. Tocheri MW, Marzke MW, Liu D, et al. Functional capa-bilities of modern and fossil hominid hands: three-dimen-sional analysis of trapezia. Am J Phys Anthropol 2003;122: 101-12.

9. Leroi-Gourhan A. Il gesto e la parola. Tecnica e linguaggio.La memoria e i ritmi. Einaudi, 1977.

10. Engels F. Dialettica della natura. Editori Riuniti, Roma,1971: 49-50.

11. Boncinelli E. I nostri geni. Einaudi Tascabili, 1998: 251-4.

22-mazzoleni:22-mazzoleni 2-10-2012 8:27 Pagina 157