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a cura di:

Dottore forestale Francesco Iannelli

Dottore chimico Giuseppe Postorino

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INDICE

1. INTRODUZIONE

2. PERCORSO METODOLOGICO DELLA VALUTAZIONE AMBIENTALE

STRATEGICA

3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

4. OBIETTIVI GENERALI DI PROTEZIONE AMBIENTALE

4.1 ELENCO DELLE ATTIVITÀ E DEI FENOMENI ESISTENTI CHE POSSONO INTERFERIRE CON LA CONSERVAZIONE DELLE SPECIE E DEI TIPI DI HABITAT PRESENTI 5. LA VAS NELLA ELABORAZIONE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO

DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA

5.1 OBIETTIVI

5.2 FASI DELLA VAS

5.3 LE CONSULTAZIONI

5.4 RIFERIMENTI PER LA CONSULTAZIONE DELLE INFORMAZIONI

5.5 Il QUADRO PIANIFICATORIO E PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO

5.5.1 Piani di riferimento regionali

5.5.2 Piani di riferimento provinciali

5.5.3 Il piano faunistico ed il piano di gestione dei sic

6. ANALISI TERRITORIALE E DETTAGLIO DEL CONTESTO AMBIENTALE

6.1 INQUADRAMENTO SOCIO-ECONOMICO DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA

6.2 ASPETTI STORICO - CULTURALI E DEL PAESAGGIO

6.3 IL CLIMA

6.4 INQUADRAMENTO TERRITORIALE, SISTEMI AMBIENTALI, BIODIVERSITÀ E USO DEL

SUOLO

6.5 INQUADRAMENTO IDROLOGICO, CARATTERIZZAZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI

CORSI D’ACQUA

6.6 CARATTERIZZAZIONE QUALITA’ DELL’ARIA

7. LA SCHEMATIZZAZIONE DEL PFVP E ANALISI DI COERENZA INTERNA ED

ESTERNA

7.1 VERIFICA DI COERENZA ESTERNA

7.2 INDICAZIONI PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO D’INCIDENZA

7.3 ATTIVITA’ VENATORIA

7.4 I DANNI PRODOTTI DALLA FAUNA SELVATICA

7.5 INDICATORI DI SOSTENIBILITA’

8. PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE

8.1 CRITERIO PER L’INDIVIDUAZIONE DELL’IDONEITÀ TERRITORIALE

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8.2. SITI RETE NATURA 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR)

9. ATTIVITA’ DI MONITORAGGIO

10. CONCLUSIONI

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1. INTRODUZIONE

Il Piano Faunistico Venatorio costituisce uno strumento di pianificazione del territorio provinciale

di importanza strategica ai fini di una corretta gestione della fauna selvatica e pianificazione

dell'attività venatoria. Affinché questo strumento possa risultare efficace, esso deve

necessariamente considerare le interrelazioni esistenti tra la fauna e il territorio provinciale, in modo

da perseguire una strategia globale di conservazione della stessa e una gestione oculata di questa

risorsa.

La Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) è un processo finalizzato a valutare le conseguenze

sul piano ambientale delle azioni proposte nell'ambito di programmi per garantire che tali

conseguenze siano incluse a tutti gli effetti e affrontate in modo adeguato fin dalle prime fasi del

processo decisionale, sullo stesso piano delle considerazioni di ordine economico e sociale.

Pertanto lo scopo della VAS è la verifica della rispondenza dei Piani e dei Programmi con gli

obiettivi della sostenibilità ambientale e socio-economica, con la giusta attenzione per le

problematiche ambientali e per l’incidenza dei piani sulla qualità dell’ambiente.

La valutazione nel caso della VAS non si riferisce alle opere, come nella Valutazione d’Impatto

Ambientale (VIA), ma a piani e programmi, assumendo per questo, caratteristiche più generali e di

valore “strategico” per la sostenibilità.

In effetti la VAS riguarda i processi di formazione dei piani più che i piani in senso stretto. Si tratta

quindi di uno strumento di aiuto alla decisione, più che un processo decisionale in se stesso. La

VAS comunque non è solo elemento valutativo ma “permea” il piano e ne diventa elemento

costruttivo, gestionale e di monitoraggio.

La VAS va intesa come un processo continuo, che si estende lungo tutto il ciclo vitale del Piano. II

significato chiave è costituito dalla sua capacità di perfezionare e rendere coerente il processo di

pianificazione orientandolo verso la sostenibilità e integrando gli aspetti ambientali, sociali ed

economici.

Gli aspetti principali che caratterizzano la VAS possono essere, pertanto, riassunti nei seguenti

punti:

� è preventiva ai piani e ai programmi;

� verifica la coerenza delle loro proposte con gli obiettivi di sostenibilità;

� vuole aggregare il consenso, è quindi una procedura tendenzialmente di tipo consultivo, che

diventa parte integrante del processo di elaborazione del piano.

La provincia di Reggio Calabria con la delibera di giunta 277 del 18/10/2007 ha dato inizio al

processo di VAS.

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2. PERCORSO METODOLOGICO DELLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

La Direttiva 42/2001/CE (c.d. Direttiva VAS – Valutazione Ambientale Strategica), concernente la

valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, nonché il Titolo II del

Testo Unico sull’Ambiente D. Lvo. 152/2006 e s.m.i. e il Capo II del Regolamento Regionale della

Regione Calabria n. 3/2008 e s.m.i., che disciplinano, rispettivamente a livello nazionale e

regionale, le attività in materia di VAS, introducono l’obbligo di valutazione ambientale per tutti i

piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente.

La valutazione condotta ai sensi della normativa VAS comunitaria e recepita nell'ordinamento

italiano, rappresenta lo strumento per l’integrazione delle considerazioni ambientali durante

l’elaborazione del Piano e comunque prima della sua adozione al fine dell’eventuale

implementazione di strategie e strumenti per la loro mitigazione.

Tale direttiva stabilisce che la valutazione ambientale è un “... fondamentale strumento per

l’integrazione di carattere ambientale nell’elaborazione e nell’adozione di piani, in quanto

garantisce che gli effetti dell’attuazione dei piani ..... siano presi in considerazione durante la loro

elaborazione e prima della loro adozione”.

Le indicazioni sulla VAS sono già state riportate al § 1.3 pag. 9 del Piano. Poiché il Piano

Faunistico Venatorio Provinciale (PFVP) della Provincia di Reggio Calabria rientra, per le

caratteristiche che presenta, tra quelli da sottoporre a VAS ai sensi dell’art. 20 comma 2 lett. A del

Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i., l’Autorità Procedente – Amministrazione Provinciale di

Reggio Calabria, di concerto con l’Autorità Competente – Dipartimento Ambiente della Regione

Calabria, ha avviato tutte le attività collegate alla Valutazione ambientale Strategica del Piano

Faunistico Venatorio della Provincia di Reggio Calabria.

Da quanto sopra, si evince che la VAS costituisce un processo obbligatorio la cui peculiarità è

quella di rendere dichiarati, in un percorso partecipato, i momenti decisionali sulle questioni

ambientali che interagiscono con un piano o un programma.

Il risultato principale del processo di VAS consiste nell’elaborazione del Rapporto Ambientale

secondo le indicazioni contenute nell’ art. 23 del Regolamento Regionale n. 3/2008 e s.m.i..

Le considerazioni preliminari (scoping) servono per organizzare e inquadrare gli elementi

fondamentali del Piano e hanno l’obiettivo di porre in evidenza il contesto, gli ambiti di analisi, le

interrelazioni, gli attori, le sensibilità, gli elementi critici, i rischi e le opportunità del Piano stesso.

Le condizioni minime dell’attività di scoping sono richiamate dall’articolo 5 comma 4 della

Direttiva, laddove si prevede che “Le autorità di cui all'articolo 6, paragrafo 3 devono essere

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consultate al momento della decisione sulla portata delle informazioni da includere nel rapporto

ambientale e sul loro livello di dettaglio”.

Gli aspetti salienti che caratterizzano la VAS riguardano quindi i seguenti punti:

• la sua propedeuticità rispetto a piani e programmi;

• la verifica della coerenza delle loro proposte con gli obiettivi di sostenibilità;

• la consultazione, parte integrante del processo di elaborazione del piano.

La VAS va intesa come un processo continuo, che si estende lungo tutto il ciclo vitale del Piano. II

significato chiave della VAS è costituito dalla sua capacità di perfezionare e rendere coerente il

processo di pianificazione orientandolo verso la sostenibilità, integrando gli aspetti ambientali,

sociali ed economici.

Il presente Rapporto Preliminare, pertanto, è stato redatto al fine di consultare le autorità con

specifiche competenze ambientali circa la portata e il dettaglio delle analisi ambientali da sviluppare

ulteriormente nel Rapporto Ambientale. Nell’intento di facilitare le indicazioni delle autorità sui

contenuti del presente documento è stato redatto un questionario guida per la stesura dei contributi.

Le autorità da consultare, sono state identificate dal gruppo di lavoro e confrontate con i

responsabili del dipartimento Politiche dell'ambiente della Regione Calabria e sono riportate nel

paragrafo 5.3 del presente documento.

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3. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO

La Direttiva Europea 2001/42/CE, concernente “La valutazione degli effetti di determinati piani e

programmi sull’ambiente naturale” entrata in vigore il 21 luglio 2001, rappresenta un importante

passo avanti nel diritto ambientale europeo.

Essa completa una lunga stagione normativa che ha visto l’Unione Europea e gli Stati membri

impegnati nella applicazione di procedure, metodologie e tecniche per integrare la valutazione

ambientale preventiva nei progetti, nei programmi e nei piani e che ha portato alla promulgazione

della Direttiva 85/337/CEE relativa alla valutazione degli effetti di determinati progetti

sull’ambiente (VIA) e della Direttiva 92/43/CEE sulla Valutazione di Incidenza Ambientale

(VIncA), finalizzata alla tutela della biodiversità nei Siti di Importanza Comunitaria (SIC).

L�obiettivo generale della Direttiva e quello di “...garantire un elevato livello di protezione

dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto

dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo

sostenibile, ... assicurando che ... venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e

programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente”.

Se nella Valutazione di Impatto Ambientale l’indagine e lo studio si riferiscono alle opere, nella

Valutazione Ambientale Strategica la valutazione si effettua a livello di piani e programmi (p/p), da

cui la denominazione di ”strategica”, ed e inerente a tutti gli aspetti di interferenza, da quelli di

natura ambientale a quelli di ordine economico e sociale, con la redazione, l’attuazione e il

monitoraggio del p/p.

La direttiva sulla VAS estende l’ambito di applicazione dell’integrazione delle problematiche

ambientali nella consapevolezza che i cambiamenti ambientali sono causati non solo dalla

realizzazione di nuovi progetti, ma anche dalla messa in atto delle decisioni strategiche contenute

nei piani e programmi.

L’art. 1 della Direttiva si pone come obiettivo quello di garantire un elevato livello di protezione

dell’ambiente e individua nella valutazione ambientale strategica lo strumento per l’integrazione

delle considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi, al

fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, attraverso la valutazione ambientale di determinati piani

e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente. Più precisamente, la valutazione

ambientale prevede l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di

consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni e la messa a

disposizione, del pubblico e delle autorità interessate, delle informazioni sulle decisioni prese.

La VAS ha, in effetti, un contenuto molto semplice: si tratta di capire quali risultati avranno sul

territorio le scelte di pianificazione e quali modifiche introdurranno nell’ambiente. Si tratta, in

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sintesi, di immaginare cosa produrranno nel lungo periodo le decisioni che noi prendiamo oggi e di

verificare quindi, se le stesse siano effettivamente sostenibili. La VAS riguarda i processi di

formazione dei piani più che i piani in senso stretto. Si tratta quindi di uno strumento di aiuto alla

decisione, più che di un processo decisionale in se stesso.

La VAS si inserisce, dunque, nel processo decisionale in fase di redazione del p/p. La più articolata

successione di livelli di valutazione che l’adozione della direttiva europea consente di definire,

garantisce una più adeguata considerazione delle opzioni nelle diverse fasi decisionali,

riconducendo alla VAS il ruolo di valutare i profili di sostenibilità relativi alle opzioni strategiche

nel momento in cui queste prendono forma.

Il quadro normativo di riferimento a livello nazionale è costituito dalla legge quadro nazionale sulla

caccia 11 febbraio 1992, n. 157 -“Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il

prelievo venatorio”, che regolamenta la pianificazione dell’attività venatoria atta alla salvaguardia

della fauna selvatica. Tale legge ha introdotto una novità importante nel panorama faunistico

venatorio, quella di una strategia di concertazione importante tra il mondo agricolo, ambientalista

ed ovviamente quello venatorio. E’ attraverso tale nuova formula, infatti, che la caccia deve poter

trovare un equilibrio tra le proprie esigenze di un prelievo commisurato alle risorse faunistiche e le

attività produttive, in particolare quelle agricole. D’altra parte la stessa 157/92 al primo articolo

dispone che “il prelievo venatorio è ammesso purché non contrasti con le esigenze della

conservazione della fauna e non arrechi danno alle attività agricole. In tale frangente il Piano

Faunistico Venatorio deve fornire gli indirizzi e gli strumenti necessari per l’ottenimento di questo

equilibrio.

Il quadro normativo di riferimento a livello regionale è costituito:

• dalla Legge Regionale 17 maggio 1996 n. 9 “Norme per la tutela e la gestione della fauna

selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio

venatorio”;

• dal Documento di Indirizzo e Coordinamento della Pianificazione Faunistico-Venatoria

Provinciale 2009-2013 della Regione Calabria – Dip. 6 “Agricoltura, Foreste, Forestazione,

Caccia e Pesca” – Gennaio 2009.

In particolare, per quanto riguarda gli indirizzi di pianificazione contenuti nel quadro normativo di

riferimento, l’art. 10 della Legge 157/92 specifica e caratterizza gli obiettivi della pianificazione

faunistico venatoria, indicando le finalità da perseguire, vale a dire la tutela della fauna selvatica

omeoterma vivente stabilmente o temporaneamente in stato di libertà sul territorio nazionale anche

attraverso la regolamentazione dell’esercizio venatorio.

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La pianificazione deve garantire la conservazione delle specie carnivore attraverso il mantenimento

delle effettive capacità riproduttive, e deve prevedere il controllo, in relazione al contenimento

naturale delle altre specie.

In coerenza con l’art. 10 della Legge 157/92, la pianificazione faunistica venatoria provinciale deve

tendere:

� per quanto attiene le specie carnivore:

� alla conservazione delle effettive capacità riproduttive per le specie presenti in densità

sostenibili;

� al contenimento naturale per le specie presenti in soprannumero;

� per quanto riguarda le altre specie:

� al conseguimento della densità ottimale e alla loro conservazione mediante la

riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio.

Il processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, le regioni e le province, chiamate ciascuna

in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano faunistico-venatorio (PFV).

Il Documento di Indirizzo regionale sopra citato, invece, contiene linee guida molto dettagliate sulla

struttura ed i contenuti che devono avere i Piani Faunistico-Venatori Provinciali (PFVP).

In ogni caso il PFVP deve attenersi a quanto disposto a livello Comunitario, Nazionale e Regionale.

La disciplina nazionale di conservazione e tutela della fauna selvatica persegue gli scopi definiti a

livello comunitario ed internazionale con numerosi trattati e convenzioni di seguito brevemente

descritti.

Convenzioni Internazionali

siglate dall'Italia

Quadro di riferimento

Parigi (18 ottobre 1950) Protezione degli uccelli: durante il periodo di riproduzione; la

migrazione di ritorno (marzo-luglio) e tutto l'anno per le specie

minacciate di estinzione; regolamentazione mezzi di caccia

Ramsar (2 febbraio 1971) Conservazione zone umide di importanza internazionale e degli

uccelli acquatici

Washington CITES (3 marzo

1973)

Regolamentazione commercio specie minacciate di estinzione

Bonn (23 giugno 1979) Protezione delle specie migratrici Integrazione delle misure di

protezione dei diversi stati

Berna (19 settembre 1979) Conservazione vita selvatica e ambiente naturale in Europa, della

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flora e fauna selvatiche e degli habitat

Salisburgo – ALPI (14

ottobre 1999)

Protezione ambiente alpino: popolazioni e cultura, pianificazione

territoriale, salvaguardia della qualità dell'aria, economia nella

gestione dell'acqua, protezione della natura e tutela del paesaggio,

agricoltura di montagna, foreste montane, turismo e tempo libero,

energia

Rio de Janeiro (5 giugno

1992)

Conservazione della biodiversità, uso durevole dei suoi

componenti, ripartizione equa dei benefici delle biotecnologie

La Convenzione Internazionale di Berna è relativa alla conservazione della natura e dell’ambiente

naturale in Europa. È stata adottata nel 1979 ed è stata ratificata dal nostro paese nel 1981, con la

legge n. 503. Obiettivo della Convenzione di Berna è la conservazione della flora e della fauna

selvatiche e dei loro habitat naturali, con particolare riferimento alle specie minacciate di estinzione

e vulnerabili.

Tra gli allegati della Convenzione sono presenti due liste di specie animali: l’allegato 2 delle specie

rigorosamente protette (comprendente tutte le specie delle quali è vietata qualsiasi forma di gestione

o sfruttamento); l’allegato 3 delle specie protette (comprendente tutte le specie per le quali è

possibile attuare forme di gestione e sfruttamento compatibile con la loro conservazione).

Gli elenchi delle specie protette riportati negli allegati sono oggi in gran parte superati da quelli di

successive Direttive CEE.

La Convenzione di Bonn riguarda la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna

selvatica. Essa è stata firmata nel 1979 ed adottata dall’Unione Europea nel 1982. Obiettivo della

Convenzione è la realizzazione di azioni internazionali per la conservazione delle specie migratrici,

attraverso il mantenimento degli habitat e dei siti di sosta, riproduzione, svernamento. Finalità della

direttiva è quella di assicurare un stato di conservazione favorevole delle specie migratrici,

tenendo conto delle dinamiche di popolazione, consistenza, area di distribuzione e conservazione

degli habitat. L’allegato 1 della Convenzione riporta le specie da sottoporre ad assoluta tutela,

mentre l’allegato 2 della Convenzione riporta le specie che necessitano, per il perseguimento di una

efficace attuazione della Convenzione stessa, la stipula di accordi tra diversi stati interessati dagli

spostamenti delle specie ornitiche.

La Convenzione di Rio de Janeiro del 1992 o convenzione sulla diversità biologica è stata ratificata

in Italia con la legge 124/94. La convenzione prevede la conservazione della diversità biologica

attraverso l’elaborazione, da parte di tutte le nazioni coinvolte, di un piano di attuazione che

individui e tenga costantemente monitorato il patrimonio locale di diversità biologica anche

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attraverso l’elaborazione di un osservatorio nazionale di informazione. Lo scopo è quello di

individuare i componenti della biodiversità che hanno rilevanza ai fini della conservazione e

dell’uso durevole degli stessi, onde permettere una ripartizione equa dei benefici derivanti da una

utilizzazione razionale. L’annesso 1 alla Convenzione individua quali componenti gli ecosistemi e

gli habitat contenenti un’elevata biodiversità oltre che specie endemiche o specie migratorie, ma

contempla anche alcune specie e comunità oltre che tipi di genomi e geni di importanza sociale,

scientifica o economica.

Nel seguente schema si richiama la normativa di settore attualmente in vigore.

Tipologia Atto Quadro di riferimento

Direttiva

Comunitaria

Dir.

79/409/CEE

Protezione degli uccelli selvatici e regolamentazione dello

sfruttamento Istituzione di zone di protezione (ZPS); Misure

speciali di conservazione per specie Allegato I Specie per cui è

ammissibile il prelievo Allegati II/1 e II/2

Specie per cui viene regolamentato il commercio Allegati III/1 e

III/2

Direttiva

Comunitaria

Dir.

92/43/CEE

Conservazione habitat naturali e seminaturali, flora e fauna

selvatica Costituzione della rete ecologica europea Natura 2000:

siti di importanza comunitaria (SIC) che conservano habitat naturali

in Allegato 1 o specie elencate in Allegato Il (* specie o habitat

prioritari) Criteri di costituzione (Allegato III) Art. 6: Valutazione

di Incidenza Istituzione di regime di tutela per specie Allegato IV

Regolamentazione del prelievo per specie Allegato V

Legge nazionale L.157/92 Legge quadro di riferimento per la pianificazione dell'attività

venatoria e per la protezione della fauna selvatica

Legge Regionale L. R. 9/96 Norme per la tutela e la gestione della Fauna selvatica ai fini della

disciplina dell'esercizio venatorio.

La Direttiva 79/409/CEE “Uccelli” con le successive modifiche (Direttiva 85/411/CEE,

91/244/CEE) riguarda la conservazione di numerose specie di uccelli, indicati negli allegati della

direttiva stessa, e l’individuazione da parte degli Stati membri dell’unione di aree da destinarsi alla

conservazione di talune specie, le cosiddette Zone di Protezione Speciale (ZPS).

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La Direttiva 92/43/CEE “Habitat” ha quale obiettivo quello della salvaguardia della biodiversità

mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel

territorio europeo. Questa Direttiva, recepita a livello nazionale dal DPR 357/97, prevede di

adottare misure volte a garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione

soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario.

Gli allegati della Direttiva riportano liste di habitat e specie animali e vegetali per le quali si

prevedono diverse azioni di conservazione e diversi gradi di tutela: l’allegato 1 contempla zone

speciali di conservazione; l’allegato 2 le specie di interesse comunitario la cui conservazione

richiede la designazione di zone speciali di conservazione; l’allegato 3 i criteri di selezione dei siti

che presentano caratteristiche per essere designati zone speciali di conservazione; l’allegato 4 le

specie di interesse comunitario la cui conservazione richiede una protezione rigorosa.

Le aree di maggiore importanza per la conservazione degli habitat di cui all’allegato 1 e delle specie

vegetali ed animali di cui all’allegato 2 sono proposti all’Unione Europea come Siti di Interesse

Comunitario (SIC). I SIC vengono valutati dalle competenti commissioni dell’Unione Europea per

la successiva designazione a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) che, assieme alle ZPS,

costituiscono il sistema delle aree protette europee, la cosiddetta “RETE NATURA 2000”.

A livello nazionale l'applicazione delle Direttive Comunitarie succitate ha determinato l'emanazione

di vari atti legislativi, succedutisi negli scorsi anni, che hanno riguardato la Rete Natura 2000, di

seguito si riportano i seguenti riferimenti normativi:

Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 "Regolamento recante attuazione

della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali nonché

della flora e della fauna selvatiche" e successive modificazioni. Tale decreto ha recepito entrambe le

direttive comunitarie e i relativi allegati, prevedendo la procedura di valutazione di incidenza

nell'ambito della pianificazione e programmazione territoriale, al fine di tenere conto della valenza

naturalistico-ambientale dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione. II

decreto è stato aggiornato dal D.P.R. del 12/3/2003 n°120, che, oltre a chiarire vari punti del

precedente Regolamento, definisce con maggior precisione modalità di valutazione ed ambiti di

interesse per la redazione di studi e valutazioni di incidenza, confermando, tra l'altro, che essi

debbono essere elaborati per tutti i tipi di siti della rete NATURA 2000 (pSIC, SIC, ZPS).

Decreto del Ministero dell'Ambiente del 3 settembre 2002, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n°

224 del 24 settembre 2002, in cui vengono enunciate le linee guida per la gestione dei siti Natura

2000.

Decreto del Ministero dell'Ambiente 25 marzo 2004, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 167 del

19 luglio 2004, con il quale è stato definito l'elenco dei SIC per la regione biogeografica alpina in

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Italia, in relazione alla Decisione 2004/69/CE della Commissione. del 22 dicembre 2003, recante

adozione dell'elenco dei siti di importanza comunitaria (SIC) per la regione biogeografica alpina.

Decreto del Ministero dell'Ambiente 17 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 258 del

6 novembre 2007, riguardante criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione

relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS), modificato

dal decreto 22 gennaio 2009.

Altri documenti fondamentali sono i documenti tecnici dell'INFS (Istituto Nazionale della Fauna

Selvatica, le cui funzioni sono oggi svolte dall’ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la

Ricerca Ambientale), i cosiddetti “Quaderni”, che forniscono la base per la programmazione

faunistica in Italia; la collana "Quaderni di Conservazione della Natura" ha come scopo quello di

divulgare le strategie di tutela e gestione del patrimonio faunistico nazionale. I temi trattati spaziano

da quelli di carattere generale, che seguono un approccio multidisciplinare, a quelli dedicati a

problemi specifici di gestione alla conservazione di singole specie.

Sono stati pubblicati 28 Quaderni specialistici, reperibili sulla pagina web del Ministero

dell’Ambiente e della tutela del Mare all'indirizzo:

www.minambiente.it/opencms/opencms/home_it/showitem.html?lang=&item=/documenti/bibliotec

a/biblioteca_0043 .xml.

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4. OBIETTIVI GENERALI DI PROTEZIONE AMBIENTALE

L’attuale strategia comunitaria di protezione ambientale è basata sul Sesto Programma Quadro in

materia di ambiente (2002- 2012) che risulta focalizzato su quattro obiettivi fondamentali:

• lotta al cambiamento climatico;

• freno alla perdita di biodiversità e protezione della natura;

• migliorare la sostenibilità nella gestione delle risorse naturali;

• rifiuti.

Il Sesto Programma Quadro ha dato poi origine a 6 strategie tematiche:

• aria – prevenzione e mitigazione dell’inquinamento atmosferico, con particolare riferimento alla

lotta al cambiamento climatico;

• gestione dei rifiuti con l’obiettivo di minimizzare la produzione dei rifiuti e massimizzare il

recupero/riciclaggio;

• tutela dell’ambiente marino;

• protezione del suolo;

• minimizzazione nell’uso di pesticidi;

• tutela e valorizzazione delle risorse naturali;

• ambiente urbano.

La Commissione europea ha recentemente condotto una valutazione intermedia dello stato di

avanzamento delle politiche e del raggiungimento degli obiettivi fissati nel Sesto Programma

Quadro confermando sostanzialmente le proprie priorità e individuando alcune azioni critiche per

supportare l’attuazione del Sesto Programma stesso:

• aumentare l’efficienza/efficacia delle forma attualmente esistenti di cooperazione internazionale

sui temi ambientali globali;

• migliorare il grado di integrazione dell’ambiente in modo trasversale nelle altre politiche settoriali;

• aumentare il ruolo degli strumenti di mercato, in particolare della tassazione ambientale, per

raggiungere gli obiettivi posti;

• migliorare la qualità della normativa ambientale;

• promuovere l’eco-efficienza in tutti i campi e a tutti i livelli.

A livello nazionale gli obiettivi di protezione dell’ambiente, derivati in gran parte da normative e

regolamentazioni di tipo comunitario, sono articolati per temi:

• clima (lotta al cambiamento climatico);

• energia (miglioramento dell’efficienza energetica e incentivazione del risparmio energetico);

• fonti rinnovabili (massimizzazione del ricorso a fonti energetiche rinnovabili);

• inquinamento atmosferico (lotta all’inquinamento atmosferico, in particolare negli ambiti cittadini

e miglioramento del monitoraggio su tutto il territorio);

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• salvaguardia del mare e delle coste;

• protezione della natura;

• rifiuti e bonifiche;

• protezione del suolo.

4.1 ELENCO DELLE ATTIVITÀ E DEI FENOMENI ESISTENTI CHE POSSONO

INTERFERIRE CON LA CONSERVAZIONE DELLE SPECIE E DEI TIPI DI HABITAT

PRESENTI

Nell’ambito di un’attività di analisi condotta in Provincia attraverso indagini di carattere

cartografico, bibliografico e poi verificate in opportuni sopralluoghi, è stata censita la presenza delle

attività sottoelencate di interesse preminente per la tutela dell’ambiente, di seguito elencate:

� Agricoltura e foreste

� Pesca, caccia e raccolta

� Attività mineraria e estrattiva

� Urbanizzazione, industrializzazione e attività similari

� Trasporti e comunicazioni

� Divertimento e turismo

� Inquinamento e altre attività umane

� Modifiche delle condizioni idrauliche

� Processi naturali (biotici e abiotici).

Tali attività sono quelle da regolamentare e controllare maggiormente ai fini di una corretta gestione

anche del patrimonio faunistico-venatorio.

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5. LA VAS NELLA ELABORAZIONE DEL PIANO FAUNISTICO

VENATORIO DELLA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA

5.1 OBIETTIVI

Obiettivo generale del Piano Provinciale faunistico venatorio è quello di attuare concretamente il

principio espresso dalle normative di settore, secondo il quale la fauna selvatica italiana costituisce

patrimonio indisponibile dello Stato. La fauna selvatica italiana inoltre rappresenta uno dei beni

comuni nella piena disponibilità di tutti i cittadini, sia per fini naturalistici che per fini di prelievo

venatorio controllato, ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale.

La definizione di una corretta politica di gestione della fauna selvatica, così come l’individuazione

dei principi tecnico-scientifici sui quali fondarla, costituiscono una delle finalità principali del piano

stesso e rappresentano il presupposto su cui costruire dei rapporti quanto più corretti fra

ambientalisti, cacciatori ed agricoltori e fra queste categorie sociali e tutti i cittadini.

Naturalmente il Piano va integrato con gli altri documenti di pianificazione. II Piano faunistico

rappresenta il principale strumento di programmazione per definire le linee guida della gestione

della fauna e della attività venatoria nel medio periodo.

Questo si può realizzare se si fissano in maniera chiara sia gli obiettivi e le priorità, sia le modalità e

gli strumenti attraverso cui si intende raggiungerli. L'integrazione degli obiettivi faunistici con le

previsioni degli altri piani, come il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP), per

evitare di avere programmazioni contrastanti, come anche con i Piani di gestione dei SIC

provinciali.

Per quanto riguarda i SIC, al loro interno l'attività venatoria è vietata ai sensi dell’articolo 11,

comma 3, della legge 394 del 06/12/1991; il Piano di Gestione dei Siti Natura 2000 della Provincia

di Reggio Calabria è stato approvato con la Delibera di Giunta Regionale 9 dicembre 2008 n. 948,

pubblicata sul BUR Calabria n. 25 del 31.12.2008.

Per quanto riguarda invece le ZPS, il Settore 15 di questa Amministrazione sta curando la redazione

del Piano di gestione della ZPS della Costa Viola; pertanto le eventuali attività faunistico-venatorie

saranno disciplinate in accordo con i criteri minimi uniformi di regolamentazione previsti dagli

articoli 5, 6 del DM 17/10/2007 n. 184 modificato dal DM 22 gennaio 2009.

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5.2 FASI DELLA VAS

La fasi attraverso le quali si è scelto di scandire il procedimento VAS dentro l’elaborazione del Piano

faunistico venatorio della Provincia di Reggio Calabria sono state riportate nel seguente schema:

FASI DELLA VAS ATTIVITA’

Scoping: definizione della portata

delle informazioni da includere

nel Rapporto Ambientale

Redazione del rapporto preliminare sulla base della proposta del Piano faunistico (Art. 5 comma 4 DIR 42/2001/CE, art. 13 comma 1 D.Lgs

152/2006 e s.m.i., art. 23 comma 1 R.R. 3/2008)

Consultazione Invio all’Autorità Competente e ai soggetti con competenze ambientali del rapporto preliminare (art. 13 comma 2 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., art. 23

comma 2 R.R. 3/2008)

Invio delle osservazioni sul

rapporto preliminare da parte dei

soggetti consultati

Esame delle considerazioni scaturite dalla consultazione e presa in considerazione ai fini della redazione del Rapporto Ambientale

Rapporto Ambientale e sintesi non

Tecnica

Redazione del Rapporto Ambientale e della Sintesi Non Tecnica (art. 13 commi 3 e 4 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., art. 23 commi 3 e 4 R.R. 3/2008)

Invio delle osservazioni sul

Rapporto Ambientale e sulla

sintesi non tecnica da parte dei

soggetti consultati

Esame delle osservazioni scaturite dalla consultazione e presa in considerazione.

Valutazione del Rapporto

Ambientale e degli esiti della

consultazione

L’Autorità Competente, in collaborazione con l’Autorità Procedente, acquisisce e valuta tutta la documentazione prodotta ed esprime il motivato

parere (art. 15 comma 1 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., art. 25 comma 1 R.R. 3/2008)

Eventuale revisione ed

integrazione del programma

L’Autorità Procedente, in collaborazione con l’Autorità Competente, provvede alla eventuale revisione del piano alla luce del parere motivato (art. 15 comma 2 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., art. 25 comma 2 R.R. 3/2008)

Decisione Il piano ed il Rapporto Ambientale, insieme con il parere motivato e la documentazione acquisita, è trasmesso all’organo competente all’adozione o

approvazione (art. 16 del D.Lgs 152/2006 e s.m.i. e art. 26 R.R. 3/2008)

Informazioni sulla decisione Procedure di informazione previste dall’art. 17 del D.Lgs 152/2006 e s.m.i. e dall’art. 27 R.R. 3/2008

Monitoraggio Modalità di monitoraggio previste dall’art. 18 del D.Lgs 152/2006 e s.m.i. e dall’art. 28 R.R. 3/2008

Il risultato principale del processo di VAS consiste nell’elaborazione del Rapporto Ambientale,

anticipato dal Rapporto preliminare, il presente documento, redatto per il Piano Faunistico

Venatorio Provinciale (PFVP) della Provincia di Reggio Calabria. Questo Rapporto preliminare

consiste nello svolgimento di considerazioni preliminari necessarie a stabilire la portata e le

necessità conoscitive del piano; tali considerazioni preliminari servono per organizzare e inquadrare

gli elementi fondamentali del Piano e hanno l’obiettivo di porre in evidenza il contesto, gli ambiti di

analisi, le interrelazioni, gli attori, le sensibilità, gli elementi critici, i rischi e le opportunità del

Piano stesso.

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Le loro indicazioni, circa la portata e il dettaglio delle analisi ambientali, esprimono dunque una

precisa responsabilità e rivestono una specifica funzione ai fini della legittimità e trasparenza del

processo decisionale.

Le fasi del rapporto preliminare, elemento essenziale per la completezza e la coerenza dell’intero

processo di piano, sono:

1. La costruzione del quadro pianificatorio e programmatico, ossia la ricognizione preliminare di

indirizzi, obiettivi e vincoli espressi da altri piani, programmi e politiche vigenti e dei dati

disponibili, attività propedeutica alla successiva analisi del contesto;

2. L’analisi di contesto, ossia una prima analisi ad ampio spettro delle questioni ambientali,

socioeconomiche e territoriali che formano il contesto del Piano;

3. La verifica di interferenza preliminare tra gli obiettivi del Piano e gli obiettivi di sostenibilità

ambientale di riferimento.

4. L’identificazione dei soggetti da coinvolgere, ossia l’identificazione dei soggetti, istituzionali e

non, potenzialmente interessati alle decisioni.

5.3 LE CONSULTAZIONI

Le autorità consultate nel processo di consultazione sono quindi le stesse che dovranno essere

consultate sul Rapporto Ambientale e sulla proposta del PVFP (con l’aggiunta del pubblico) prima

della sua adozione/approvazione e coincidono con quelle elencate nella prima parte della lista dei

soggetti da consultare contenuta nel paragrafo 2.3. L’elenco dei soggetti e delle autorità è stato

previamente concordato con il Dipartimento Regionale. In base alle definizioni riportate dall’art. 4

del R.R. 3/2008 e ad alle modalità di consultazione riportate dagli art. 23 e 24 del R.R. 3/2008, i

soggetti da invitare alla consultazione sul rapporto preliminare sono i soggetti competenti in materia

ambientale, cioè “le Pubbliche Amministrazioni e gli Enti Pubblici che, per le loro specifiche

competenze o responsabilità in campo ambientale, possono essere interessati agli impatti

sull’ambiente dovuti all’attuazione del Piano”, mentre alla consultazione sul rapporto ambientale,

oltre ai soggetti competenti in materia ambientale, deve essere invitato anche il pubblico, cioè “una

o più persone fisiche o giuridiche nonché, ai sensi della legislazione vigente, le associazioni, le

organizzazioni o i gruppi di tali persone”.

Nel caso del Piano Faunistico, le associazioni e le organizzazioni maggiormente interessate sono

quelle che fanno capo al mondo venatorio, al mondo ambientalista e al mondo agricolo. Nel caso

del PFVP della provincia di Reggio Calabria, lo stesso è stato oggetto di consultazione continua con

il mondo faunistico venatorio e con l’ambiente sin da suo nascere.

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Infatti l’elaborazione del piano non ha rappresentato solo un momento di studio, ma ha costituito

un’utile occasione di confronto e di collaborazione con associazioni e rappresentanze che, ciascuna

per proprio conto, è portatrice di interessi faunistico venatori e del mondo ambientale.

Gli studi del piano sono stati affrontati infatti da una commissione composta da esperti provenienti

dalle associazioni faunistiche, dal Settore Ambiente, dal settore Caccia, dall’Ufficio del Piano

territoriale di Coordinamento Provinciale, e naturalmente da esperti del mondo tecnico scientifico

(Università Mediterranea Facoltà di Agraria Dipartimenti STAFA e GESAF), come si può agevolmente

desumere dal prospetto indicato.

Inoltre, con il Decreto del Presidente della Provincia n°33 del 25/03/2009 è stata nominata la

commissione faunistico venatoria provinciale, e, una volta completata la struttura del piano, lo stesso è

stato illustrato alla Commissione, distribuito in formato cartaceo ed informatico, e la Commissione è

stata invitata a formulare in proposito pareri ed osservazioni. La Commissione si è riunita nei giorni

28/10/2009 e 02/12/2009.

L’Autorità Procedente ha preso atto delle osservazioni formulate. Il PFVP è frutto di questo apporto

continuo, di questo formarsi e trasformarsi in un processo di elaborazione costante, che si è

arricchito fase dopo fase con un processo di crescita che ha visto coinvolte tutte le associazioni

interessate al mondo faunistico venatorio, all’agricoltura, all’ambiente, a tutte le componenti sociali

ed ambientali potenzialmente interessate dal Piano o che dal Piano potessero essere influenzate.

In un certo senso si può audacemente affermare che tutte le possibili variabili dei settori strategici

interessate dal piano, compresa la componente ambientale, sono già state preventivamente

affrontate, sondate ed “incorporate” nel Piano, senza voler per questo privare del dovuto valore la

procedura di VAS, ma anzi elevandola da componente procedimentale esterna al piano a

componente integrata nel piano stesso.

Elenco dei soggetti competenti in materia ambientale interessati dalle consultazioni:

1) Provincia di Catanzaro;

2) Provincia di Vibo Valentia;

3) Regione Calabria Dipartimento Politiche dell'Ambiente;

4) Regione Calabria Dipartimento Attività Produttive;

5) Regione Calabria Dipartimento Lavori Pubblici;

6) Regione Calabria Dipartimento Presidenza - Settore Protezione Civile;

7) Regione Calabria Dipartimento Urbanistica;

8) Regione Calabria Dipartimento Agricoltura Foreste e Forestazione;

9) Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ( ISPRA );

10) Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale ( ISPRA ) ex INFS

11) Soprintendenza per i Beni A.A.A.S.;

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12) Soprintendenza per i beni Archeologici;

13) Corpo Forestale dello Stato;

14) Consorzi di bonifica;

15) Autorità di Bacino regionale Calabria;

16) ArpaCal dipartimento Regionale;

17) Arpacal Dipartimento Provinciale;

18) Afor;

19) Enti di gestione delle aree Sic, Sin e Sir: Provincia di Reggio Calabria - Settore Ambiente n° 15;

20) Azienda Sanitaria Provinciale (ASP);

21) Università Mediterranea, Facoltà di Agraria;

22) Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e Forestali;

23) Ordine Provinciale dei Dottori Veterinari;

24) Collegio Provinciale dei Periti Agrari;

25) ATO 5 Provincia di Reggio Calabria;

26) COMUNI:

Africo, Agnana Calabra, Anoia, Antonimina, Ardore, Bagaladi, Bagnara Calabra, Benestare, Bianco (RC), Bivongi, Bova (RC), Bova Marina, Bovalino, Brancaleone (RC), Bruzzano Zeffirio, Calanna, Camini, Campo Calabro, Candidoni, Canolo, Caraffa del Bianco, Cardeto, Careri, Casignana, Caulonia, Ciminà, Cinquefrondi, Cittanova, Condofuri, Cosoleto, Delianuova, Feroleto della Chiesa, Ferruzzano, Fiumara (RC), Galatro, Gerace, Giffone, Gioia Tauro, Gioiosa Ionica, Grotteria, Laganadi, Laureana di Borrello, Locri, Mammola, Marina di Gioiosa Ionica, Maropati, Martone, Melicucco, Melicuccà, Melito di Porto Salvo, Molochio, Monasterace, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Oppido Mamertina, Palizzi, Palmi, Pazzano, Placanica, Platì, Polistena, Portigliola, Reggio calabria, Riace, Rizziconi, Roccaforte del Greco, Roccella Ionica, Roghudi, Rosarno, Samo (RC), San Ferdinando (RC), San Giorgio Morgeto, San Giovanni di Gerace, San Lorenzo (RC), San Luca (RC), San Pietro di Caridà, San Procopio, San Roberto (RC), Sant'Agata del Bianco, Sant'Alessio in Aspromonte, Sant'Eufemia d'Aspromonte, Sant'Ilario dello Ionio, Santa Cristina d'Aspromonte, Santo Stefano in Aspromonte, Scido, Scilla (RC), Seminara, Serrata, Siderno, Sinopoli, Staiti, Stignano, Stilo, Taurianova, Terranova Sappo Minulio, Varapodio, Villa San Giovanni.

27) Comunità Montane:

1. Comunità Montana Aspromonte Orientale; 2. Comunità Montana della Limina ; 3. Comunità Montana Stilaro – Allaro; 4. Comunità Montana Versante dello Stretto; 5. Comunità Montana Versante Jonico Meridionale Capo Sud; 6. Comunità Montana Versante Tirrenico Meridionale ; 7. Comunità Montana Versante Tirrenico Settentrionale.

28) Associazioni venatorie: 1) Associazione Italiana della Caccia ; 2) Italcaccia;

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3) Associazione Nazionale Libera Caccia (ANLC); 4) Ente Produttori Selvaggina (EPS); 5) Arci-Caccia; 6) Federazione Italiana della Caccia (FIDC); 7) Unione Nazionale Enalcaccia, Pesca e Tiro (ENALCACCIA).

29) Organizzazioni Professionali Agricole:

1) CIA - Confederazione italiana agricoltori; 2) Coldiretti- Confederazione nazionale coltivatori diretti; 3) Confagricoltura - Confederazione generale dell'agricoltura italiana.

30) Associazione di Protezione Ambientale Riconosciute operanti sul territorio Provinciale:

1) Accademia Kronos – AK; 2) Associazione Verdi Ambiente e Società; 3) A.N.P.A.N.A. - Associazione Nazionale Protezione Animali, Natura, Ambiente; 4) Associazione Nazionale dei Rangers d'Italia; 5) C.A.I. - Club Alpino Italiano; 6) Ekoclub International; 7) Italia Nostra (onlus); 8) LegAmbiente (onlus); 9) URCA – Unione Regionale Cacciatori Appennino; 10) WWF Italia - Ass. Ital. per il World Wilde Fund for Nature – onlus.

31) Ambiti Territoriali di Caccia A.T.C. :

1) Comitato di Gestione A.T.C. RC1; 2) Comitato di Gestione A.T.C. RC2.

32) Parchi: 1) Ente Parco Nazionale dell'Aspromonte; 2) Parco Regionale delle Serre.

5.4 RIFERIMENTI PER LA CONSULTAZIONE DELLE INFORMAZIONI

Tutta la documentazione necessaria per la consultazione sul rapporto preliminare sarà resa

disponibile sul sito web della Provincia all’indirizzo www.provincia.rc.it, da cui si accederà alla

documentazione seguendo apposito link; la stessa documentazione sarà consultabile presso gli uffici

del Settore 10 Agricoltura presso l'Ufficio del Responsabile Sig. Carmelo Stelitano c/o Palazzo

Mauro Via Caserma Borrace, Tel. 0965308125, email [email protected].

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5.5 Il QUADRO PIANIFICATORIO E PROGRAMMATICO DI RIFERIMENTO

Per quadro pianificatorio e programmatico si intende l'insieme dei piani e programmi che

governano i settori e il territorio oggetto del PVFP. L'esame della natura del PFVP e della sua

collocazione in tale quadro è finalizzata a stabilire la rilevanza dello stesso e la sua relazione con gli

altri piani e programmi. La costruzione di questo quadro è propedeutica alla verifica di coerenza

esterna tra gli obiettivi del PFVP e gli obiettivi degli altri programmi territoriali e settoriali. Al fine

di garantire la massima coerenza con la programmazione regionale, il PFVP deve tenere conto delle

indicazioni contenute negli strumenti di programmazione sovraordinati (analisi di coerenza

verticale) e di quanto previsto dagli altri piani e programmi settoriali (analisi di coerenza

orizzontale). In tale ottica, per la verifica di coerenza sono stati presi i considerazione solo i

principali Piani e Programmi già approvati a livello regionale e provinciale.

Per la costruzione del quadro sono stati individuati i principali piani e programmi a livello regionale

e provinciale.

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5.5.3 IL PIANO FAUNISTICO ED IL PIANO DI GESTIONE DEI SIC

Con la Deliberazione di Giunta Provinciale n°244/2008 è stato approvato il Piano di gestione di 42

dei 54 SIC del territorio provinciale. I 12 SIC non compresi nel piano di gestione, sono quelli

compresi interamente dentro l’area del Parco d’Aspromonte.

Per quanto riguarda l’interrelazione tra il Piano Faunistico ed il Piano di gestione dei SIC si

richiama il documento redatto dal gruppo di lavoro “Rete Ecologica” della Task Force del Ministero

dell’Ambiente presso il Dipartimento Ambiente della Regione Calabria, a supporto dell’Autorità

Regionale Ambientale. Nel documento si precisa l’opportunità di integrazione dei Piani di gestione

dei siti Natura 2000 con il Piano di Coordinamento Territoriale Provinciale, con una efficace

integrazione delle misure di conservazione da valutare e ponderare per ogni sito, verificando ogni

volta il quadro normativo, quello degli Enti competenti e quello dei soggetti coinvolti.

L’integrazione deve essere perseguita in quanto, in generale, la costituzione di Piani di Gestione

autonomi non è auspicabile al fine di evitare la moltiplicazione di strumenti pianificatori, normativi

e di soggetti implicati nella gestione del territorio.

Negli elaborati relativi ai Piani di gestione dei SIC, si richiama la pressione faunistica esercitata

direttamente ed indirettamente su alcune specie di fauna, Ardea purpurea (Airone Rosso), Platalea

leucorodia (Spatola Bianca), Grus grus (Gru Cenerina o Europea) queste ultime due visualizzate

nelle immagini sottostanti in due rappresentativi esemplari.

Spatola Bianca Gru cenerina

In particolare è il sito di Saline Ioniche IT9350143, segnalato dagli elaborati del Piano di gestione

dei SIC della Provincia come sede di particolare pressione venatoria.

Per quanto riguarda la tutela della fauna e dell’avifauna si rende quindi necessaria la valutazione di

misure di attenzione, per consentire un compatibile prelievo venatorio nelle zone a maggior rischio.

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6. ANALISI TERRITORIALE E DETTAGLIO DEL CONTESTO AMBIENTALE

6.1 INQUADRAMENTO SOCIO-ECONOMICO DELLA PROVINCIA DI REGGIO

CALABRIA

La Provincia di Reggio Calabria, con oltre 560.000 abitanti (CCIAA Reggio Calabria “Rapporto

sull’economia provinciale nell’anno 2005”), presenta la più alta densità abitativa tra le province

calabre, pur rimanendo al di sotto della media nazionale, anche per quanto riguarda

l’invecchiamento della popolazione.

La provincia di Reggio Calabria soffre della condizione di ritardo di sviluppo che caratterizza il

mezzogiorno italiano, ed in particolare la Calabria. Ciò è stato ampiamente descritto e dettagliato

nell’ambito dei documenti relativi alla pianificazione e alla programmazione regionale (ad esempio

nel POR 2007-2013) e provinciale (ad esempio nel PTCP)1. Il ritardo rispetto al centro-nord Italia si

traduce soprattutto in una scarsa crescita degli investimenti e del reddito pro-capite e in una

accentuata dipendenza dai trasferimenti finanziari statali.

La struttura produttiva della Provincia, così come quella della Regione, negli ultimi decenni si è

fortemente sbilanciata verso una prevalenza del terziario con un “regresso” delle attività agricole e

soprattutto industriali, fortemente penalizzate dall’inadeguatezza delle infrastrutture2 (ivi comprese

quelle dei trasporti, della comunicazione, del sistema creditizio e finanziario e dei servizi ecc) nelle

aree a maggiore potenziale imprenditoriale e dal fatto che non sono stati ancora eliminati con

adeguate politiche i fattori di debolezza del sistema economico. Nonostante si siano registrati un

incremento della natalità imprenditoriale e la costituzione di imprese e punti di eccellenza, come il

terminal di Gioia Tauro, queste nuove realtà, in mancanza di reti di connessione, rimangono

situazioni isolate prive di un effetto moltiplicativo per l’economia della regione e per la situazione

occupazionale. Quest’ultima risulta infatti tra le più gravi d’Europa. Rimangono ancora pressoché

assenti accenni di innovazione tecnologica e di tutela delle innovazioni e di associazionismo tra le

imprese che permangono in posizioni conservative poco propense a cercare nuovi mercati e

sbocchi.

Negli ultimi anni si registra comunque una leggera inversione di tendenza nel tasso di crescita che

fa sperare in un assottigliamento del divario rispetto ad altri territori nazionali, con un primo

accenno alla formazione di filiere tra settori manifatturiero e terziario (ad esempio la filiera del

bergamotto) ed un recente miglioramento dell’export che fa presagire il passaggio verso

un’economia meno confinata entro il perimetro provinciale.

���������������������������������������� �������������������1 In uno studio di Confindustria-Ecoter, Collana Sviluppo e territorio n.3, 2000 su 103 province Reggio Calabria risulta la 96esima per indice (sintetico) di sviluppo economico - sociale 2 Nello studio di Confindustria-Ecoter, 2000 su 95 province Reggio Calabria risulta l’83esima per dotazione infrastrutturale.��

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Negli anni passati si è potuto registrare una certo dinamismo delle iniziative imprenditoriali,

soprattutto consistenti in entità di piccole dimensioni, concentrate nel settore terziario ed in

particolare delle attività commerciali, dei servizi e dei trasporti3. Questo settore risente di una

localizzazione per lo più scollata dal bacino di utenza e dal sistema dell’accessibilità ed esigerebbe

un miglioramento quali-quantitativo dell’offerta ed una sostanziale riorganizzazione della rete

distributiva commerciale, cosa che rientra negli obiettivi generali del PTCP della Provincia. Segue

l’agricoltura, che in termini di addetti e aziende per SSLL4 è il secondo settore per importanza (ad

esclusione dei SSLL di Oppido- Varapodio (50%) Delianova (44%) Santa Eufemia (32%) Rosarno

(31%) Taurianova (24%) dove rappresenta il primo settore per importanza economica).

L’agricoltura, in termini di numero di imprese, è il secondo settore nell’area dello Stretto, della

costa tirrenica (con l’eccezione di Palmi) e della costa sud orientale5 (con alcune eccezioni come

Siderno e Bovalino) e “nutre” l’industria agroalimentare, in particolare olearia, che costituisce la

presenza più forte tra le attività manifatturiere. In generale il settore primario, come anche quello

del commercio, è caratterizzato e risente della debolezza derivata dalla frammentazione e dalle

piccolissime dimensioni delle imprese che non consente un adeguato livello di competitività,

nonostante il fatto che negli ultimi anni sia quello che maggiormente ha contribuito alla ricchezza

provinciale - soprattutto in termini di incremento del numero di imprese.

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633 � Bianco Africo, Caraffa Del Bianco, Casignana, Ferruzzano, Samo, Sant'agata Del Bianco 634 � Bovalino Ardore, Benestare, Bovalino, Careri, Cimina', Plati', San Luca 635 � Condofuri Bova, Bova Marina, Brancaleone, Bruzzano Zeffirio, Condofuri, Palizzi, Staiti 636 � Delianuova Cosoleto, Delianuova, Santa Cristina D'aspromonte, Scido 637 � Gioiosa Ionica Gioiosa Ionica, Martone, San Giovanni Di Gerace

638 � Locri Agnana Calabra, Antonimina, Canolo, Gerace, Locri, Portigliola, Sant'ilario Dello Ionio, Siderno

639 � Marina Di Gioiosa Ionica Grotteria, Mammola, Marina Di Gioiosa Ionica 640 � Melito Di Porto Salvo Bagaladi, Melito Di Porto Salvo, Roccaforte Del Greco, Roghudi, San Lorenzo 641 � Montebello Ionico Montebello Ionico, Motta San Giovanni 642 � Oppido Mamertina Oppido Mamertina, Varapodio 643 � Palmi Gioia Tauro, Melicucca', Palmi, Rizziconi, San Ferdinando, Seminara

644 � Reggio di Calabria Bagnara Calabra, Calanna, Campo Calabro, Cardeto, Fiumara, Laganadi, Reggio Di Calabria, San Roberto, Sant'alessio In Aspromonte, Santo Stefano In Aspromonte, Scilla, Villa San Giovanni

645 � Roccella Ionica Caulonia, Placanica, Roccella Ionica, Stignano

646 � Rosarno Anoia, Cinquefrondi, Cittanova, Feroleto Della Chiesa, Galatro, Giffone, Laureana Di Borrello, Maropati, Melicucco, Polistena, Rosarno, San Giorgio Morgeto, Serrata

647�Sant'eufemia d'Aspromonte San Procopio, Sant'eufemia D'aspromonte, Sinopoli 648 � Stilo Bivongi, Camini, Monasterace, Pazzano, Riace, Stilo 649 � Taurianova Molochio, Taurianova, Terranova Sappo Minulio

���������������������������������������� �������������������3 La mappatura delle aree con destinazione produttiva è stata iniziata nell’ambito della redazione del PTCP ma all’epoca della sua pubblicazione non era ancora stata conclusa. 4 Secondo la classificazione ATECO ’91: un Sistema Locale del Lavoro è un’area che si caratterizza per autocontenimento, contiguità relazione spazio-tempo, ossia un sistema sovracomunale nel quale si concentrano attività produttive e servizi, tali da offrire opportunità di lavoro, di relazioni sociali e di residenza alla popolazione insediatavi. 5 Quest’area vede una rilevante concentrazione di servizi dedicati al turismo�

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In generale si può asserire che il settore maggiormente in difficoltà è quello dell’industria. Le

attività manifatturiere, sebbene in contrazione negli ultimi anni, costituiscono il terzo settore in

termini di addetti e aziende per SSLL in ordine di importanza. Si segnalano inoltre imprese nel

settore dell’estrazione di minerali in tutti i SSLL, soprattutto in Rosarno, Reggio Calabria, Palmi,

Locri e con l’eccezione di quelli di Sant’Eufemia, Gioiosa Jonica

In termini di UL la maggiore concentrazione di unità industriali, dopo i comuni di Reggio Calabria

e Bagnara Calabra, si riscontra presso i comuni di Palmi, Gioia Tauro, Rosarno, Taurianova, Villa

S.Giovanni, da Siderno, Locri, Gioiosa Jonica, Roccella, Melito e Montebello Jonico. Secondo le

informazioni riportate nel PTCP e confermate dai dati della CCIAA, i settori industriale e

manifatturiero nella provincia sono orientati verso l’alimentare/bevande, la lavorazione del legno e

dei minerali non metalliferi e i mezzi di trasporto, tutte attività relative ad un mercato maturo e a

bassa innovazione.

Si rileva inoltre la presenza di imprese nel settore di attività Pesca, piscicoltura e servizi connessi in

quasi tutti i SSLL della provincia con l’eccezione di quelli di Taurianova, Oppido Mamertina,

Melito Porto Salvo, Gioiosa Jonica, Delianova, Bovalino. Dal punto di vista amministrativo, la

costa calabrese ricade sotto la giurisdizione della Capitaneria di Porto di Reggio Calabria. Le

imbarcazioni da pesca sono concentrate nei porti principali di Bagnara, Scilla, Villa S. Giovanni,

Reggio Calabria, Pellaro, Melito Porto S.Salvo ma anche lungo la costa tra Villa S. Giovanni e

Scilla.

Sulle attività di pesca e su tutte le attività legate al mare, alle coste (turismo) e direttamente sulle

risorse idriche influisce significativamente lo stato della depurazione dei reflui della Provincia di

Reggio Calabria, che si caratterizza per la frammentazione dei servizi di trattamento depurativi e si

complica per problematiche legate sia all’orografia del territorio che al trattamento dei reflui di

origine industriale. In ogni caso l’intero sistema non può essere considerato sufficientemente

adeguato alle esigenze del territorio. Il più ampio bacino fluviale interamente compreso nel

territorio della Provincia è il Petrace che riceve i reflui di 16 comuni di cui soltanto alcuni sono

dotati di sistemi depurativi.

L’area dello Stretto, compresa tra i comuni di Bagnara Calabra e di Bova Marina, in cui ricade

anche il comune di Reggio Calabria, è quella che per quanto riguarda gli scarichi esercita la

maggior pressione ambientale dato che in tale area risiede la maggior parte degli abitanti dell’intera

provincia. I sistemi depurativi a servizio dei comuni dell’area sono o inesistenti o sottodimensionati

rispetto alle effettive necessità del territorio. Anche l’area del basso ionio reggino non dispone di

sistemi depurativi adeguati, i reflui in molti casi senza alcun trattamento depurativo. L’area costiera

della ionica compresa tra i comuni di Bianco e di Caulonia, negli ultimi anni ha saputo dotarsi di

impianti depurativi per le acque reflue urbane. Il sistema depurativo in tale area risente

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notevolmente dell’aumento delle utenze nei mesi estivi e, in vari casi, non è in grado di sopportarle

per carenze dovute al sottodimensionamento degli impianti. I comuni montani di quest’area non

sono dotati di sistemi depurativi adeguati e riversano i propri reflui non depurati� nelle fiumare che

giungendo a mare vanificano l’impegno sostenuto dai comuni costieri per garantire un mare pulito.

Per quanto concerne il settore turistico, la Regione Calabria è tra le regioni con minore flusso

turistico per abitante e con una tra le più basse utenze di turisti stranieri. Il maggiore ostacolo allo

sviluppo del settore, potenzialmente uno dei principali motori di sviluppo della provincia di Reggio

Calabria, è la scarsa dotazione e connessione infrastrutturale, in particolare della rete stradale e

autostradale, della rete ferroviaria ed aeroportuale. Il sistema portuale, con l’eccezione di Villa

S.Giovanni e Reggio Calabria per il passaggio attraverso lo Stretto, è caratterizzato da una buona

infrastrutturazione che però risulta scarsamente utilizzata e non interessata da ingenti flussi turistici.

Si deve rilevare che alcuni comuni, in risposta alle esigenze di mercato, hanno cominciato a

ragionare in termini di qualificazione e messa a sistema. E’ il caso ad esempio di Scilla e Santo

Stefano in Aspromonte, per i quali è avviata la certificazione EMAS, che coinvolge in particolare

gli operatori turistici locali. Altri comuni (Bova, Gerace, Stilo, Chianalea di Scilla), rispettando

criteri prestabiliti relativi al patrimonio e alla qualità, sono inoltre entrati a far parte del “Club dei

borghi più belli d’Italia” nato da un’idea dell’ANCI, con dotazione del relativo marchio.

6.2 ASPETTI STORICO - CULTURALI E DEL PAESAGGIO

La Provincia di Reggio Calabria accoglie un ricchissimo giacimento di beni storici e culturali grazie

alla posizione geografica di penisola protesa nel Mediterraneo, spartiacque tra lo Jonio e il Tirreno,

baricentrica rispetto a importanti scambi di merci e contaminazioni culturali nel corso dei secoli.

Nel Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, il ricco patrimonio culturale del territorio

provinciale è stato censito e classificato in categorie ed è stato oggetto di proposte e progetti per la

sua valorizzazione. Dal quadro complessivo costruito nel PTCP, emerge con evidenza la

stratificazione di culture e tradizioni ancora oggi leggibile sul territorio nelle differenti influenze

culturali distinguibili, ad esempio, nella forte impronta culturale greca del versante ionico rispetto a

quello tirrenico. Il marginale processo di industrializzazione e le condizioni di arretratezza nello

sviluppo economico-industriale della Calabria hanno garantito un buono stato di conservazione di

tali risorse, impedendo i profondi processi trasformativi infrastrutturali sociali e ambientali che

hanno accompagnato l’industrializzazione in altre aree del paese. Di contro, alcuni ingenti

interventi, finalizzati a stimolare lo sviluppo economico calabrese, hanno prodotto sul territorio

pesanti impatti paesistici e ambientali, a volte senza apportare i benefici auspicati, come nel caso

degli impianti industriali di Saline Ioniche. Il patrimonio archeologico della Provincia di Reggio

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Calabria è diffuso sull’intero territorio, e particolarmente denso in alcune aree, come quelle della

locride (Casignana, Locri, Monasterace Marina), dell’area grecanica (Bova Marina), dello Stretto

(Reggio Calabria) e della Piana (Palmi, Oppido, Rosarno). Le aree archeologiche della Provincia

sono localizzate tanto in aree extraurbane quanto in zone urbane; molte città e borghi reggini sono

stati vissuti con continuità nel corso dei secoli, conservando testimonianze delle fasi storiche

attraversate e delle culture insediate. La densa rete di nuclei storici, che struttura il territorio e il

paesaggio reggino, non sempre è costituita da eccellenze artistiche o architettoniche, ma spesso da

luoghi rappresentativi di modalità di insediamento proprie di differenti epoche e culture, la cui

conformazione originaria si è conservata soprattutto nei casi in cui fenomeni migratori o gravi

eventi (terremoti, dissesti o violente aggressioni) hanno portato a uno spopolamento parziale o

totale dell’abitato; il paesaggio delle aree interne è punteggiato da questi insediamenti storici.

Ad arricchire il patrimonio storico-architettonico reggino, contribuiscono testimonianze

dell’architettura produttiva tradizionale, quali mulini e frantoi prossimi a corsi d’acqua e alle

fiumare, ma anche le centrali idroelettriche, localizzate nelle aree interne, ulteriore esempio di

architettura “produttiva”legata allo sfruttamento dell’acqua. Nel complesso la Provincia calabrese

accoglie un ricco patrimonio paesistico, in quell’accezione di paesaggio inteso come “una

determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva

dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”, così come definito dalla

Convenzione europea del Paesaggio (Firenze, 20 Ottobre 2000).

Il territorio della Provincia di Reggio Calabria, distribuendosi attraverso l’intera sequenza delle aree

altimetriche, morfologiche e climatiche del territorio, ripercorre il variegato repertorio dei

“paesaggi” descritti, spaziando dalle coste, rocciose o sabbiose, fino alle profonde e suggestive

incisioni delle fiumare e dei valloni, e ancora fino alle pendici lunari dei calanchi e a quelle

lussureggianti dell’Aspromonte e delle Serre Calabresi. In questo senso, la conservazione e la

gestione del patrimonio faunistico venatorio passa anche attraverso la tutela di habitat e specie,

aspetti inscindibilmenti connessi alla conservazione della varietà paesaggistica del territorio.

Di seguito si elencano i paesaggi di maggior interesse distribuiti sul territorio provinciale:

- Il paesaggio delle fiumare, dei valloni, e dei torrenti

Il fenomeno dell’abbandono dei centri e dei piccoli borghi storici ha interessato in particolar modo

l’area grecanica della Provincia di Reggio Calabria (versante jonico), incisa da ampie fiumare,

caratteristici corsi d’acqua a carattere torrentizio intorno ai quali gravitavano nuclei inseditivi.

Attraversando il versante reggino da monte a mare, gli alvei delle fiumare attraversano fasce

vegetazionali differenti, che dalle masse boscate delle quote più alte si trasformano in aree agricole,

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spessi anche a carattere intensivo, nel tratto finale. Lungo fiumare e corsi d’acqua si distribuiscono

casali, mulini e frantoi storici che sfruttavano l’acqua come forza motrice naturale e che hanno

costituito per le popolazioni locali i principali strumenti per la trasformazione delle materie prime

della produzione agricola fino all’inserimento dei sistemi di lavorazione meccanizzata.

- Il paesaggio costiero del versante tirrenico

Sul versante tirrenico reggino si affacciano alcuni dei tratti di coste alte più suggestivi dell’Italia

Meridionale, quali la Costa Viola e il promontorio spiaggia di Scilla, entrambi inclusi tra i pSIC

provinciali, e noti per le ripide falesie a strapiombo sul mare cristallino e sulle spiagge bianche. Le

sommità delle rupi sono da sempre presidi militari sul Mar Tirreno e sullo Stretto di Messina; le

torri sulla Costa Viola (Torre di capo Rocchi, Torre San Francesco, Torre Pietre Nere) e soprattutto

il Castello di Scilla, uno dei più antichi e belli della Calabria, testimoniano questo ruolo, confermato

da fortini e polveriere poste lungo lo Stretto, dove erano localizzati gli obici che fino alla Seconda

Guerra Mondiale costituirono un riferimento importante per il controllo militare dello Stretto. Il

passaggio della ferrovia e della rete viaria lungo la linea di costa, se da un lato ha prodotto una

cesura fisica tra la costa e l’entroterra, dall’altro ha aperto una finestra su questi paesaggi evocativi,

consentendo anche a chi di passaggio di notarne la presenza e il valore.

- Il paesaggio costiero del versante ionico

A caratterizzare il sistema costiero ionico reggino, sono le coste prevalentemente basse e sabbiose,

attraversate dalle foci delle fiumare che dall’entroterra sfociano a mare, e i calanchi, che si

estendono bancheggianti sui versanti alle spalle della linea di costa. Alcuni pSIC provinciali

coprono i più significativi tratti di costa ionica, i capi e le spiagge, su cui su cui svettano fari o

semafori, e le foci di alcune fiumare, siti nodali per l’equilibro ambientale della costa. Il paesaggio

costiero ionico è basso, uniforme, assolutamente diverso dalla falesie tirreniche; infatti delle alle

vertiginose rocce a picco sul mare della Costa Viola, si sostituiscono ampie distese sabbiose, poco

frequentate, poco edificate, a tratti selvagge. La statale Ionica (n.106) e la ferrovia segnano il limite

di molti dei siti ionici costieri, costituendo un taglio netto tra mare e terra e attraversano le foci delle

numerose fiumare annoverate tra i Siti della Rete Natura 2000 (Fiumara Laverde; Fiumara

Buonamico; Fiumara Amendolea; Fiumara di Melito ecc.).

- Il paesaggio montano

Alle pendici dell’Aspromonte, ai limiti o a cavallo del perimetro del Parco Nazionale, si estende un

territorio caratterizzato dalla prevalente presenza di querceti mediterranei, la cui composizione,

scendendo verso il mare, evolve a macchia mediterranea, fino a sfumare nelle praterie collinari

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appena retrostanti la costa. Gli ambienti forestali sono anche quelli più ricchi da un punto di vista

faunistico, e i più noti della Provincia insieme alle aree costiere.

Da qui salendo verso quote maggiori si estendono queste maggiori tipologie vegetali in forma

singola o associata:

- Pinete di Pino Laricio

- Faggete

- Abetine di Abete Bianco.

6.3 IL CLIMA Il clima della provincia di Reggio Calabria è piuttosto eterogeneo in relazione alla vastità del

territorio, alla notevole escursione altitudinale dei rilievi (dalla costa a oltre 1900 m s.l.m.), alla

diversa esposizione dei versanti nonché alla sua ubicazione tra due mari soggetti ad influenze

meteorologiche diverse. Secondo la classificazione generale, il territorio provinciale rientra in un

tipologia climatica prettamente mediterranea con alternanza di stagioni piovose (autunno-inverno) e

asciutte (primavera-estate). Il versante ionico della provincia, risulta mediamente meno piovoso

rispetto a quello tirrenico ed è caratterizzato da un regime pluviometrico di tipo impulsivo, dove a

lunghi periodi siccitosi possono seguire brevi ma intense piogge. Le precipitazioni medie annue

evidenziano valori di circa 1000 mm sulla costa tirrenica e di circa 500-600 mm su quella ionica;

nelle aree in quota, come ad esempio in alcune zone dell’acrocoro Aspromontano (Gambarie, Polsi,

ecc.) le precipitazione superano abbondantemente i 1500 mm e possono raggiungere anche i 2000

mm. La differenze climatiche tra i due versanti della provincia sono da attribuirsi a particolari

fenomenologie meteorologiche (perturbazioni nord-africane e atlantiche) che sono condizionate

anche dall’influenza dei due mari. Da una parte (versante ionico) vi è l’interazione tra i principali

sistemi orografici (il massiccio aspromontano in particolare) e le masse d’aria umida provenienti da

SE: la direzione dei sistemi orografici che costituiscono la dorsale congiungente l’Aspromonte e le

Serre costituisce, infatti, una barriera rispetto alle perturbazioni atmosferiche per lo più provenienti

dall’Africa concorrendo ad aumentare la probabilità di rovesci con carattere temporalesco.

Dall’altra (versante tirrenico) le precipitazioni provenienti generalmente da NW contribuiscono a

delineare un carattere climatico più umido, con un numero di giorni piovosi durante l’anno quasi

doppio rispetto a quello che si registra nel versante ionico, ma con una intensità delle precipitazioni

raramente a carattere alluvionale.

La provincia ha il primato di area tra le più piovose dell’Italia meridionale dovuto a particolari

fenomenologie responsabili del regime delle precipitazioni che su di essa si abbattono: la sua

ubicazione tra due mari soggetti ad influenze meteorologiche diverse e l’altitudine dei rilievi.

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Inoltre l’interazione tra i sistemi montuosi (le Serre e l’Aspromonte costituiscono una barriera fisica

che, a poca distanza dal mare, si erge fino a 1500 m) e le perturbazioni provenienti da Sud-Est

danno luogo, specialmente nel versante ionico della regione (più in particolare in quello

meridionale) a veri e propri cicloni tropicali con piogge di elevatissima intensità (anche superiore a

100 mm in un’ora e oltre 500 mm in un giorno). I valori medi delle precipitazioni registrati al

variare dell’altitudine sono sempre più elevati di quelli italiani. La piovosità media annua è di 1176

mm (la media italiana è di 970). I rilievi delle Serre e dell’Aspromonte presentano i valori massimi

(>2000 mm l’anno, con accentuate differenze nella distribuzione temporale). La quasi totalità delle

alluvioni calabresi verificatesi tra il 1921 e il 1970 ha interessato il versante jonico meridionale

(Caloiero e Mercuri, 1980).

6.4 INQUADRAMENTO TERRITORIALE, SISTEMI AMBIENTALI, BIODIVERSITÀ E USO DEL SUOLO La superficie territoriale della provincia di Reggio Calabria è di 3.183,19 km2; di questi il 53% sono

rappresentati da terreni collinari, il 40% sono montani ed il restante 7% è rappresentato da terreni di

pianura. La provincia di Reggio Calabria contribuisce con il 19% (91.300 ha) di superficie boscata

al patrimonio forestale regionale ed ha un indice di boscosità del 29%. Dal punto di vista

amministrativo la provincia è divisa in 97 Comuni: 54 sono collinari (55,67%), 35 di montagna

(36,08%) ed 8 di pianura (8,25%) (fig. 1); ha, quindi, una configurazione orografica

prevalentemente montana, con asperità dalle forme e dai profili vivaci.

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Figura 1. Distribuzione per aree altimetriche

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La presenza del complesso montuoso “Aspromonte-Serre” la caratterizza notevolmente.

L’Aspromonte, “cupola terminale della penisola” culminante nei 1956 m s.l.m. di Montalto, è un

massiccio montuoso di circa 3.000 km2 con impianto pentagonale, circondato per quattro lati dal

mare.

L’altro distretto montuoso, collegato a quello dell’Aspromonte da un tavolato di circa 20 km, è

rappresentato dal massiccio delle Serre; di questo solo una piccola porzione ricade nel territorio

reggino, ma risulta di indiscutibile bellezza naturale (Bosco di Stilo, Monte Pecoraro, Monte

Consolino) e valenza storica (Stilo, Bivongi, Ferdinandea).

Se l’orografia della provincia di Reggio Calabria è ovunque accidentata, a rompere in parte il

contrasto mare-monti sono le brevi pianure affacciate sul mare o le fasce piane di litorale. Fra

queste, la Piana di Gioia Tauro è, per estensione, un’importantissima pianura costiera della

Calabria, con i suoi 515 km2 costituiti dai depositi apportati dai fiumi Mesima e Petrace. Altra area

pianeggiante importante della provincia è la Piana di Locri con i suoi 110 km2.

La condizione di transizione geografica e climatica tra sponda settentrionale e sponda meridionale

del Mediterraneo, unita a un grande sviluppo costiero, associato ad un’orografia frastagliata e varia,

ha favorito lo sviluppo di una grande ricchezza e varietà di formazioni boschive.

Gli ultimissimi rilevamenti dell’inventario forestale nazionale collocano il territorio calabrese, con i

suoi 468.151 ha di bosco e un indice di boscosità del 40%, ai primi posti della graduatoria per le

coperture vegetali, anche in un contesto europeo .

Della superficie a bosco, circa un terzo, ben 155.000 Ha, deriva dalla forte azione di

rimboschimento svolta nella seconda metà del XX secolo per effetto delle leggi speciali per la

Calabria. In tale periodo, infatti, si fece ricorso alla forestazione per far fronte ad una situazione di

degrado boschivo dovuto a tagli indiscriminati, soprattutto dettati dalla richiesta di legname per

esigenze belliche. Il degrado del suolo diede luogo ad estesi movimenti franosi, al trasporto a valle

di materiale solido, al riempimento delle aste vallive e pre-vallive, insidiando i letti dei torrenti ed

inondando i terreni coltivati. Gli interventi di rimboschimento riguardarono le zone interne della

Presila, delle Serre e dell’Aspromonte e portarono ad un aumento della superficie investita a bosco

del 32% .

Nella provincia di Reggio Calabria, è oggi possibile identificare numerosi ecosistemi forestali, la

cui ricchezza di specie presenti è in linea con le peculiarità orografiche precedentemente descritte.

La fascia montana, che è interessata da un bioclima di tipo temperato, comprende la porzione di

territorio al di sopra dei 1000-1200 m fino alle quote più elevate (Montalto, 1956 m). La

vegetazione di questa fascia è dominata da boschi caducifogli di faggio (Fagus sylvatica). Le

faggete aspromontane, governate in genere a fustaia, sono molto suggestive per la maestosità degli

alberi e per la vastità delle superfici occupate. Il faggio tende a costituire dei boschi puri; spesso

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però, soprattutto sul versante ionico, ad esso si associa l’abete bianco appenninico (Abies alba ssp.

apennina), soprattutto sui versanti più acclivi con suoli meno profondi; l’abete ha però in genere un

ruolo subordinato. Solo in limitate aree del versante ionico, intorno ai 1600 m, l’abete assume un

ruolo da protagonista e forma delle abetine più o meno pure. Si tratta di formazioni forestali con una

struttura aperta, localizzate su suoli rocciosi poco evoluti, dove il faggio ha difficoltà a competere

con l’abete. Sotto i 1400 m della fascia montana bassa del versante ionico, le faggete, soprattutto sui

terreni più acclivi e soleggiati con suoli poco evoluti, hanno difficoltà ad insediarsi; la vegetazione

dominante è rappresentata da pinete di pino laricio (Pinus nigra ssp. Calabrica = P. laricio), che si

comporta da specie pioniera per la sua capacità di adattarsi a condizioni ambientali difficili. Per tale

ragione è stata impiegata massicciamente per numerosi rimboschimenti.

A quote più basse, tra 1000 e 1300 m, negli altopiani aspromontani, le faggete sono state sostituite

dapprima con colture orto-cerealicole; successivamente, tali superfici sono state interessate da

rimboschimenti con specie quali il pino laricio, il pioppo o l’ontano napoletano. I territori interessati

più importanti sono: Gambarie Montalto, Monte Fustocchio, Monte Misafumeri, Croce Ferrata,

Limina, Zomaro, Zervò, Prateria e Ferdinandea. Il pino laricio assume la massima diffusione sulle

pendici che si affacciano su Bagaladi, Roccaforte del Greco, Africo e Condofuri, mentre lo si

riscontra diffuso a macchia di leopardo un pò su tutti i bassi crinali.

Fustaia di Faggio Fustaia di Pino laricio

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Scendendo dagli altopiani posti intorno a 1000 m sul versante tirrenico, per raggiungere la fascia

collinare e submontana, sono in genere presenti ripidi pendii, dove le faggete sono sostituite

direttamente dalle leccete (Quercus ilex); queste ultime sono normalmente governate a ceduo

semplice ed hanno generalmente un’utilizzazione energetica. Nei tratti meno acclivi, su suoli

profondi, sotto la fascia delle faggete, sono presenti i querceti caducifogli; le querce e, soprattutto il

castagno (Castanea sativa), sono le specie più rappresentative di questa fascia. Relativamente a

quest’ultima specie, c’è da dire che ha una notevole escursione altitudinale; è diffuso, infatti, anche

a quote basse (200-300 m) sul pendio di Scilla e Bagnara, dove veniva coltivato al margine del

vigneto poiché serviva a fornire i paletti di sostegno delle stesse viti. Altre aree in cui costituisce la

specie più significativa, si trovano sulle pendici che si affacciano sullo Stretto di Messina come:

Embrisi, Cardeto, Campi di Reggio, S. Stefano, Solano, Pellegrina, Delianuova, Scido, in misura

minore nei comuni di Molochio, S. Giorgio Morgeto, Giffone, nonché in altre piccole aree sparse. Il

castagno risulta invece quasi assente lungo tutto il versante che declina verso il mare Ionio, a causa

della scarsa umidità di queste zone.

Nella zona di transizione tra il faggio ed il castagno si trovano specie, quasi sempre consociate,

quali il tiglio (Tilia cordata), l’acero (Acerplatonoides) ed il pioppo tremulo (Populus tremula).

Nei valloni più ombreggiati e freschi si localizzano i boschi misti di acero, carpino e leccio. I corsi

d’acqua, nei tratti più incassati, sono fiancheggiati da ontano napoletano (Alnus cordata).

Ben diversa è la successione delle fasce di vegetazione sul versante ionico; sotto i 1100-1000 m si

rinvengono i boschi di farnetto (Quercus frainetto). Più in basso questa formazione forestale cede il

posto ai boschi misti di leccio e farnetto. Nella fascia collinare la vegetazione forestale, ormai molto

degradata, è rappresentata da querceti termofili caducifogli. Al di sotto della zona prima descritta si

estende una fascia ragguardevole di caducifoglie xerofile, che sul versante occidentale domina fra i

700 e i 1000 metri e su quello ionico è situata fra gli 800 e i 1200 metri.

Bosco di Leccio Bosco di Castagno

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La fascia costiera presenta aspetti di vegetazione sostanzialmente diversi tra il versante tirrenico e

quello ionico. Il primo si presenta a picco sul mar Tirreno, su cui strapiomba rapidamente; nelle

superfici meno acclivi si localizzano boschi di leccio consociati a lentisco ed erica arborea. Il

versante ionico ha una conformazione morfologica più o meno ondulata per la presenza di una serie

di rilievi collinari; esso appare piuttosto arido e desolato, nonostante vari tentativi di

rimboschimento con pini ed eucalipti.

I pini mediterranei, quali il pino domestico (Pinus pinea), il pino marittimo (Pinus pinaster) ed il

pino d’Aleppo (Pinus halepensis), sono distribuiti maggiormente lungo il versante tirrenico della

provincia seguendo i loro areali di distribuzione; queste specie non salgono quasi mai al di sopra

dei 700-800 m s.l.m..

Da quanto fin qui detto, si può osservare come nel complesso, la singolare configurazione

geografica dell’Aspromonte si estrinsechi in una molteplicità di paesaggi piuttosto differenziati, che

manifestano una notevole variabilità geomorfologica, floristica e vegetazionale.

Per tale differenziazione risulta difficile poter identificare linee ben definite tra le diverse fasce

altitudinali secondo una classificazione ben precisa, anche a causa delle molteplici condizioni

microclimatiche, con numerosi sconfinamenti in basso o in alto delle diverse specie vegetali

presenti. Basti ricordare ancora qualche esempio: la presenza del castagno anche a quote di 200 m

nel promontorio di S. Elia e del faggio anche a quote di 500 m nell’area pedemontana compresa tra

Cinquefrondi e Cittanova.

Distribuzione della vegetazione in provincia di Reggio Calabria

12%

9%

2%

17%52%

8%

Aree a vegetazione boschiva e arbustiva in evoluzioneAree a vegetazione sclerofiliaBrughiere e cespuglietiBoschi mistiBoschi di latifoglie

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L’agricoltura della Provincia di Reggio Calabria presenta delle caratteristiche peculiari che la

differenziano dalle altre province calabresi e italiane. Si tratta di un’agricoltura praticata

prevalentemente in aree marginali, spesso priva di elementi innovativi, e basata essenzialmente su

due grandi settori, olivicoltura e agrumicoltura, ripartiti in due diverse aree, la jonica e la tirrenica.

Elemento caratterizzante l’agricoltura della provincia è l’elevata polverizzazione aziendale; la SAU

(Superficie agricola utilizzata) per azienda è abbastanza bassa e sicuramente al di sotto della media

necessaria a sviluppare un agricoltura con buoni tassi di efficienza e redditività.

La maggior parte delle attività produttive sono concentrate lungo la costa, nella zona di pianura e

della prima collina. L’uso del suolo evidenzia distintamente la fascia urbana che corre, senza

soluzione di continuità, lungo la costa allargandosi in prossimità della città di Reggio Calabria e

frastagliandosi in nuclei, progressivamente meno densi, procedendo dalla costa verso l'interno del

territorio.

Volendo considerare le diverse tipologie ambientali dal punto di vista agro-silvo-pastorale, si

possono individuare cinque macro tipologie ambientali:

1. Aree antropizzate, caratterizzate da insediamenti umani comprendenti le strutture industriali e

civili a servizio dell’attività antropica. Esse comprendono: Aeroporti, Aree estrattive, Aree

industriali e commerciali, Aree per servizi pubblici e privati, Aree portuali, Infrastrutture per il

trasporto terrestre, Infrastrutture tecniche, Zone residenziali a tessuto continuo e discontinuo;

2. Aree boscate, caratterizzate dalla presenza di una copertura arborea superiore al 10% della

superficie dell’area stessa. Esse racchiudono diverse tipologie di bosco sia di conifere che di

latifoglie, native e non, montani, mediterranei e oro mediterranei; in tale macro area è compresa

anche la macchia alta, così come le brughiere e i cespuglietti;

3. Praterie, caratterizzate da una commistione di aree prive di vegetazione o comunque con

copertura vegetazionale bassa, comprendenti spiagge, prati stabili, colture agrarie con presenza di

spazi naturali, macchia bassa e seminativi estensivi;

4. Coltivi, rappresentati da aree dove l’attività agricola risulta dominante, dunque in una certa

misura antropizzata e quindi caratterizzante il territorio. In tale area le tipologie rilevate sono

oliveti, seminativi intensivi, sistemi colturali e particellari complessi, vigneti, frutteti e aree

agroforestali;

5. Corpi idrici, caratterizzati appunto dalla presenza di bacini, corsi d’acqua, canali e idrovie.

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La distribuzione delle aree omogenee è evidenziata nella tabella che segue, mentre nella figura

successiva è possibile osservare le classi vegetazionali suddivise ad un livello più elevato secondo

gli schemi del progetto Corine Land Cover.

Aree omogenee e relativa superficie

Copertura del suolo della provincia di Reggio Calabria

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Il legame tra territorio e produzione agricola e forestale, tipico di regioni la cui economia si basa sul

settore primario, caratterizza l’identità della provincia reggina, un’identità che si fonda su fattori

socio-economici e storici a spiccato carattere rurale.

La superficie agricola totale costituisce il 55% (ca. 175.000 Ha) di quella territoriale. Di questa

risultano 110.000 Ha di S.A.U. (superficie agricola utilizzata) e 54.000 Ha di superfici boscate. La

rimanente parte di territorio è costituito da macchia mediterranea, da altre superfici di ambito rurale

e dalle aree urbane ed antropizzate in genere.

Il territorio è per gran parte costituito da una vasta e diffusa estensione di coltura specializzata ad

ulivo la cui maggiore concentrazione ricade nel comprensorio della “Piana di Gioia Tauro”.

Cospicua risulta altresì la presenza di tale coltura lungo la fascia jonica della Provincia.

Una significativa porzione di territorio è occupata da colture classificate come "seminativi

intensivi", la cui distribuzione seppur frammentata si concentra principalmente sul versante jonico

della Provincia.

Apprezzabile è anche la superficie provinciale investita a colture specializzate comprendenti i

“Frutteti e frutti minori”, con netta predominanza di agrumi, la cui distribuzione nel territorio però

appare discontinua e localizzata prevalentemente ai margini delle aste fluviali e soprattutto nella

Piana di Gioia Tauro, dove tale tipologia di coltura si frappone agli uliveti.

I boschi, che costituiscono l’altra tipologia ambientale maggiormente presente su tutto il territorio

provinciale, sono rappresentati in prevalenza da “Boschi di leccio e sughera”, “Boschi di faggio”,

“Boschi di castagno” e “Boschi di Pino Laricio”.

Significativa è anche la presenza della categoria definita come “Macchia bassa e garighe”,

distribuita in ampie ma delimitate estensioni facilmente individuabili.

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6.5 INQUADRAMENTO IDROLOGICO, CARATTERIZZAZIONE E CLASSIFICAZIONE DEI CORSI D’ACQUA I corsi d’acqua della Provincia di Reggio Calabria, per le differenti caratteristiche idrologiche ed

ambientali, vanno divisi in due versanti: Jonico e Tirrenico. È noto che le comunità biotiche

vengono notevolmente influenzate sia da fattori ecologici che geografici. Nella Provincia di Reggio

Calabria si può osservare una interessante mescolanza di elementi faunistici mediterranei ed italici,

talvolta accompagnati da entità più specificamente europee.

Nel versante jonico si trovano una serie di torrenti relativamente brevi, con bacini poco estesi. Le

valli montane nella maggior parte dei casi arrivano a breve distanza dalla costa, e pertanto nei

torrenti del versante jonico, risulta ridottissimo il tratto inferiore del corso d’acqua a ridotta velocità

di corrente (Potamon), mentre la zona di sorgente (Crenon) e la parte intermedia torrentizia a media

velocità di corrente (Rithron), sono molto più estese. I torrenti di questo versante, com’è noto,

hanno un solo periodo di piena, mentre da giugno a novembre sono solitamente quasi asciutti.

Sul versante Tirrenico la maggior parte dei corsi d’acqua sono riuniti in due grandi bacini, quello

del Petrace e quello del Mesima. La parte superiore dei due bacini è caratterizzata da piccoli torrenti

che scorrono in un territorio boscoso. La differenza con gli analoghi corsi d’acqua del versante

jonico è evidente, giacché questi torrenti non hanno tratti di secca e godono, probabilmente, di

condizioni trofiche più favorevoli, dato che l’apporto di detrito organico proveniente dai boschi è

notevole.

Come metodo di valutazione di qualità delle acque interne, per descrivere più approfonditamente i

corsi d’acqua, viene usato preferibilmente il metodo biologico, che consente di valutare gli effetti

che gli inquinanti, indipendentemente dalla loro natura e concentrazione, determinano

sull’ecosistema acquatico. L’utilizzo degli indicatori biologici per lo studio della qualità delle acque

superficiali è stato introdotto dalla Direttiva C.E.E. 659/78, recepita dalla normativa italiana con il

D. Lgs. 130/92 successivamente il D. Lgs. 152/99, e poi il D. Lgs. 258/00 hanno ufficializzato

l’Indice Biotico Esteso (IBE), ottenuto in seguito a revisioni e adattamenti dell’Extended Biotic

Index (EBI), come metodica per il biomonitoraggio delle acque correnti.

Da un punto di vista tassonomico, le comunità di macroinvertebrati bentonici normalmente presenti

appartengono ai seguenti gruppi sistematici: Insetti (Plecotteri, Efemerotteri,Tricotteri, Eterotteri,

Ditteri, Coleotteri, Odonati, Megalotteri e Plenipenni) Crostacei, Molluschi, Anellidi, Tricladi,

Nematomorfi, Briozoari, dei carnivori e dei detritivori.

La presenza di un elevato numero di macroinvertebrati in un fiume è determinante per i processi

autodepurativi del fiume e costituisce un buon indicatore biologico della qualità del corso d’acqua. I

macroinvertebrati sono sensibili a qualsiasi fonte di inquinamento, in relazione al grado di

alterazione del corso d’acqua, si osserva un’alterazione del numero delle specie presenti. Il valore

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dell’IBE (Indice Biotico Esteso) si ricava pertanto dalla elaborazione del numero di taxa presenti

nelle varie stazioni tenuto conto della loro sensibilità agli inquinanti, secondo la tabella elaborata da

Ghetti (1997). Sulla base di questo valore le acque interne vengono attribuite a cinque classi di

qualità secondo la seguente tabella.

Le classi di qualità delle acque secondo il metodo IBE

Una ulteriore distinzione va fatta in base alla legge Regionale n° 29 del 26-11-2001: “Norme per

l’esercizio della pesca degli osteitti e per la protezione e l’incremento della fauna nelle acque

interne della Regione Calabria”, che ha dettato i principi generali per la gestione delle acque

interne, prendendo in particolare considerazione la “fauna ittitica” e la sua tutela, elencando quindi i

principi generali per la gestione della pesca nelle acque interne demandando alle province una più

particolareggiata regolamentazione della pesca stessa in considerazione delle caratteristiche dei vari

bacini.

Secondo la suddetta legge (art. 13) le acque vanno classificate in:

– Acque pregiate

– Acque principali

– Acque secondarie

“Le acque pregiate sono quelle prevalentemente popolate da specie ittiche pregiate, che

possiedono elevate caratteristiche di purezza e qualità, e che sono parte di un ecosistema ancora

integro e ben conservato.Ad esempio, sono tali le acque con sponde integre, vegetazione riparia

non disboscata, frequentate da specie animali selvatiche importanti, con assenza di

cementificazioni, scarichi” ecc...

Le acque principali sono le uniche dove è autorizzata anche la pesca di mestiere. Le acque

secondarie sono tutte le altre acque interne della Provincia.

Sulla base delle analisi chimiche e biologiche da noi effettuate nei vari corsi d’acqua e dal

censimento delle specie ittiche presenti nelle varie stazioni dei bacini della provincia di Reggio

Calabria si può ipotizzare che le zone ad “acque pregiate” si trovino mediamente ad altitudini

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superiori agli 800 m. slm con alcune eccezioni sui 400-600 m. (Allaro, Mesima, Novito, Petrace,

Stilaro, Torbido).

In ogni bacino, sia del versante Ionico che del versante Tirrenico, si possono individuare le tre

tipologie di acque indicate dalla legge Regionale n° 29 del 26-11-2001.

Acque pregiate sul versante Ionico:

– Nel bacino Allaro a quote superiori ai 190 m s.l.m. ,

– Nel bacino Amendolea a quote superiori ai 1329 m s.l.m. ,

– Nel bacino Bonamico a quote superiori ai 800 m s.l.m. ,

– Nel bacino La Verde a quote superiori ai 900 m s.l.m. ,

– Nel bacino Careri a quote superiori ai 390 m s.l.m. ,

– Nel bacino Condojanni a quote superiori ai 240 m s.l.m. ,

– Nel bacino Novito a quote superiori ai 350 m s.l.m. ,

– Nel bacino Portigliola a quote superiori ai 250 m s.l.m. ,

– Nel bacino Stilaro a quote superiori ai 200 m s.l.m. ,

– Nel bacino Torbido a quote superiori ai 270 m s.l.m. ,

Acque pregiate sul versante Tirrenico:

– Nel bacino Annunziata a quote superiori ai 1300 m s.l.m. ,

– Nel bacino Catona a quote superiori ai 1400 m s.l.m. ,

– Nel bacino Mesima a quote superiori ai 445 m s.l.m. ,

– Nel bacino Petrace a quote superiori ai 340 m s.l.m. ,

Al di sotto di queste quote si trovano ovviamente acque principali, mentre le secondarie sono per lo

più alle foci dei torrenti che coincidono con le zone fortemente antropizzate.

Nel territorio della provincia sono presenti pochi specchi d’acqua di dimensioni limitate, naturali o

prodotti da sbarramenti artificiali posti all’interno del territorio: il lago Costantino,il lago sul

Metramo e il lago sul Lordo, monitorati nel biennio 2005-2007.

La classificazione della qualità delle acque, avviene in base al S.E.L. (Stato Ecologico Laghi),

indice sintetico che definisce lo stato ecologico, valutando i differenti stati trofici (Tabella 25,

Relazione di Sintesi del Piano). Tutti i laghi esaminati sono rientrati in uno stato ecologico

“scadente” di classe 4, il dato sta a indicare un prevalente fenomeno di eutrofizzazione. Entrando nel

dettaglio, si può specificare che, Il lago formato dalla diga sul torrente Metramo, lago artificiale le

cui acque sono utilizzate per uso irruguo/potabile/industriale, dalle analisi effettuate non sussistono

preoccupazioni per l’utilizzo potabile,anche se il valore di SEL lo inserisce in classe 4. Il lago

formato dallo sbarramento del torrente Lordo, le cui acque sono destinate solo a uso irriguo, secondo

i parametri osservati è stato anch’esso inserito in classe 4. Per quanto riguarda il Lago Costantino,

l’unico specchio d’acqua naturale nel cuore dell’Aspromonte, nato per la formazione di uno

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sbarramento di migliaia di metri cubi di roccia di una frana nel 1973 ha arricchito con un habitat di

straordinaria importanza il patrimonio naturalistico provinciale. La sua parziale scomparsa per

interramento si è avuta nel gennaio del 2009, e l’estensione si è ridotta di circa la metà. Non sono

riportati nella tabella dati sulla qualità delle acque del corpo idrico.�

Sulla costa ionica reggina si trova il “Pantano di Saline Joniche”, stagno retrodunale di notevole

importanza ecologica, rappresenta l’unica zona umida costiera del territorio provinciale e fa parte,

in quanto S.I.C. per la presenza di aviofauna, della rete Natura 2000. Dai dati del monitoraggio

condotto sulle acque, lo stato ambientale del sito viene definito “scadente”.

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6.6 CARATTERIZZAZIONE QUALITA’ DELL’ARIA L’inquinamento atmosferico è un fenomeno generato da qualsiasi modificazione della

composizione dell’atmosfera per la presenza di una o più sostanze in quantità e con caratteristiche

tali da alterare le normali condizioni ambientali costituendo un pericolo diretto o indiretto per la

salute dell’uomo, degli ecosistemi e dei beni materiali.

Le sostanze inquinanti emesse in atmosfera sono in gran parte di origine antropica (attività

industriali, centrali termoelettriche, riscaldamento domestico, trasporti) e solo in misura minore di

origine naturale (esalazioni vulcaniche, pulviscolo, decomposizione di materiale organico, incendi).

Le concentrazioni e le deposizioni degli inquinanti dipendono dalla massa totale degli stessi emessi

in atmosfera e dalla loro distribuzione spazio-temporale, dai meccanismi di trasporto e

trasformazione in atmosfera e dai processi di deposizione “secca ed umida”.

La qualità dell’aria viene definita sulla base di confronti fra misure di concentrazione di diversi

inquinanti aerosospesi mediate su base temporale, e valori di riferimento al di sotto dei quali si ha

un ampio margine di sicurezza circa le eventuali conseguenze che l’inquinamento atmosferico

potrebbe avere sullo stato della salute della popolazione esposta, sui diversi recettori acquatici, e

terrestri, sui beni materiali e sugli ecosistemi.

Nel 2009, l’ARPACal, ha provveduto alla realizzazione del Piano di tutela della qualità dell’aria dal

quale si evince una “zonizzazione” provvisoria del territorio calabrese in riferimento ai livelli annui

di NO2 e PM10, inquinanti per i quali sono previsti i limiti di legge a protezione della salute umana,

e per i quali è necessario quindi predisporre eventuali piani e programmi.

Come si nota dalla carta qui inserita in Provincia di Reggio Calabria sono presenti solo due zone da

porre sotto la massima allerta, la zona urbana contigua che comprende i comuni di Reggio Calabria,

Campo Calabro e Villa San Giovanni, e la zona industriale ricadente tra i comuni di Gioia Tauro e

Rosarno, comprendente anche il porto.

L’ipotesi di zonizzazione, così elaborata, ha determinato la mappatura del territorio in quattro zone:

1. Zona A, urbana in cui la massima pressione è rappresentata dal traffico;

2. Zona B, in cui la massima pressione è rappresentata dall’industria;

3. Zona C, montana senza specifici fattori di pressione;

4. Zona D, collinare e di pianura senza specifici fattori di pressione.

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7. LA SCHEMATIZZAZIONE DEL PFVP E ANALISI DI

COERENZA INTERNA ED ESTERNA

Nell’elenco sottostante è presente la strutturazione di base del PFV.

1. DISPOSIZIONI GENERALI -----------------ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.

1.1. QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO -------------------------------------------------------------------

1.1.1. Introduzione -----------------------------------------------------------------------------------------

1.1.2. Strumenti di tutela della fauna selvatica. --------------------------------------------------------

1.1.3. Procedura di pianificazione faunistico-venatoria. ---------------------------------------------

1.1.3.1. Il ruolo della Provincia. ---------------------------------------------------------------------------

1.1.3.2. Il ruolo della Regione. -----------------------------------------------------------------------------

1.2. INDICAZIONI PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO D’INCIDENZA -------------------------------

1.3. INDICAZIONI SULLA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS)

BIBLIOGRAFIA AL CAP.1 ------------------------------------------------------------------------------------------

2. QUADRO CONOSCITIVO -------------------------------------------------------------------------------

2.1.ASSETTO TERRITORIALE --------------------------------------------------------------------------------------

2.1.1.Caratterizzazione territoriale ----------------------------------------------------------------------

2.1.1.1. Geomorfologia --------------------------------------------------------------------------------------

2.1.1.2. Clima --------------------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AI CAP.2.1.1.1 E 2.1.1.2 -------------------------------------------------------------------------

2.1.1.3. Flora ---------------------------------------------------------------------------------------------------

2.1.1.4. Vegetazione ------------------------------------------------------------------------------------------

2.1.1.4.1. Stato delle conoscenze sulla vegetazione-------------------------------------------------

2.1.1.4.2. Vegetazione potenziale ----------------------------------------------------------------------

2.1.1.5. Habitat ------------------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AI CAP 2.1.1.3, 2.1.1.4 E 2.1.1.5 ---------------------------------------------------------------

2.1.2. Aree protette istituite ai sensi della legge n. 394/91 -------------------------------------------

2.1.2.1. Parco Nazionale dell’Aspromonte --------------------------------------------------------------

2.1.2.2. Parco Naturale delle Serre ------------------------------------------------------------------------

2.1.3. Siti Rete Natura 2000 ------------------------------------------------------------------------------

2.1.3.1 Siti di Importanza Comunitaria/Zone Speciali di Conservazione --------------------------

2.1.4. Zone di Protezione Speciale -----------------------------------------------------------------------

2.1.5. Istituti faunistici istituiti ai sensi della legge n. 157/92: distribuzione, caratteristiche e

problematiche ----------------------------------------------------------------------------------------------

2.1.5.1. Centri pubblici e privati di produzione di selvaggina allo stato naturale. ---------------

2.1.5.2. Aziende Faunistico–Venatorie e Aziende Agri-Turistico-Venatorie. --------------------

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2.1.6. Miglioramenti ambientali realizzati --------------------------------------------------------------

2.1.6.1Il miglioramento ambientale a fini faunistici. --------------------------------------------------

2.1.7. Centri di recupero per la Fauna Selvatica autorizzati -----------------------------------------

2.1.7.1. Premessa ----------------------------------------------------------------------------------------------

2.1.7.3. Fauna selvatica soccorsa nel quinquennio 2004/2008 ---------------------------------------

2.1.7.4. Fauna selvatica reintrodotta nel quinquennio 2004/20082.1.7.5. Fauna selvatica deceduta nel

quinquennio 2004/2008 -------------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

2.1.8. Allevamenti autorizzati suddivisi per tipologia e indicazione delle specie in indirizzo produttivo

con relativi quantitativi. -----------------------------------------------------------------------------------

2.2. ASSETTO FAUNISTICO -----------------------------------------------------------------------------------------

2.2.1. Situazione generale: peculiarità e problematiche ----------------------------------------------

2.2.2. Quadro conoscitivo delle specie presenti in ambito provinciale------------------------------

2.2.2.1. Avifauna ----------------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.1.1. Specie dell’allegato I della direttiva 79/409/CEE --------------------------------------

2.2.2.1.2. Acquatici ----------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.1.3. Rapaci ------------------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

2.2.2.1.4. Fasianidi ----------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.1.5. Columbiformi ----------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.1.6. Passeriformi ------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP 2.2.2.1 ------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2. Mammalofauna -------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.1. Lepre europea ----------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.2. Lepre italica ------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.4. Driomio -----------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.5. Istrice --------------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.6. Cinghiale ---------------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

2.2.2.2.7. Capriolo -----------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.8. Daino --------------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.9. Gatto selvatico ---------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.10. Volpe -------------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.11. Lupo --------------------------------------------------------------------------------------------

2.2.2.2.12. Tasso -------------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP. 2.2.2.2 (2.2.2.2.1 – 2.2.2.2.12) ------------------------------------------------------

2.2.2.2.13. Chirotteri --------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP. 2.2.2.2.13 -------------------------------------------------------------------------------

2.3. ASSETTO SOCIALE ---------------------------------------------------------------------------------------------

2.3.1. Inquadramento generale ------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

2.3.2. -------------------- Gestione faunistico venatoria e territorio a caccia programmata (ATC)

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2.3.2.1. Attività effettuate dagli A.T.C.-------------------------------------------------------------------

2.3.3. Caratterizzazione della popolazione venatoria -------------------------------------------------

2.3.3.1. Numero di cacciatori residenti -------------------------------------------------------------------

2.3.3.2. Età dei cacciatori ------------------------------------------------------------------------------------

2.3.3.3. Profilo sociale dei cacciatori ---------------------------------------------------------------------

2.3.3.4. Opzioni territoriali di caccia ----------------------------------------------------------------------

2.3.3.5. Quadro conoscitivo dei cacciatori non residenti, suddivisi per A.T.C.2.3.3.6. Quadro

conoscitivo dei cacciatori residenti, praticanti la caccia al Cinghiale suddivisi per A.T.C.2.3.3.7.

Quadro conoscitivo dei cacciatori non residenti, provenienti da stati Comunitari o non comunitari.

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

2.3.3.8. Iniziative da intraprendere ------------------------------------------------------------------------

2.3.4. Vigilanza venatoria ---------------------------------------------------------------------------------

2.3.4.1.Fabbisogno di agenti sul territorio ---------------------------------------------------------------

2.3.4.2. Illeciti amministrativi ------------------------------------------------------------------------------

2.3.4.3. Illeciti Penali -----------------------------------------------------------------------------------------

2.3.3.4. Adeguamento del personale e decentramento operativo ------------------------------------

2.3.3.5. Danni fauna registrati, interventi di prevenzione dei danni, attività di controllo della fauna

selvatica ---------------------------------------------------------------------------------------------------------

2.4. RISULTATI E CONSIDERAZIONI SULLE STRATEGIE GESTIONALI PREVISTE DAL PRECEDENTE PIANO

FAUNISTICO ----------------------------------------------------------------------------------------------------------

3. PIANIFICAZIONE FAUNISTICO-VENATORIA ---------------------------------------------------

3.1. OBIETTIVI GENERALI DI PIANIFICAZIONE -----------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP.3.1. ----------------------------------------------------------------------------------------

3.2. DEFINIZIONE DELLA SUPERFICIE AGRO-SILVO-PASTORALE ------------------------------------------

3.2.1. Analisi ambientale del Territorio Provinciale per la definizione della Superficie Agro-Silvo-

Pastorale ----------------------------------------------------------------------------------------------------

3.2.2. Uso del Suolo ---------------------------------------------------------------------------------------

3.2.3. Determinazione e destinazione delle superfici agro-silvo-pastorali -------------------------

3.3. INDIVIDUAZIONE DEI COMPRENSORI OMOGENEI --------------------------------------------------------

3.3.1. Ripartizione della Superficie agro-silvo-pastorale ---------------------------------------------

3.3.2. Carta delle idoneità ambientali -------------------------------------------------------------------

3.3.2.1. Lepre italica (Specie non cacciabile) -----------------------------------------------------------

3.3.2.1. Lepre europea ---------------------------------------------------------------------------------------

3.3.2.2. Cinghiale ---------------------------------------------------------------------------------------------

3.3.2.3. Starna -------------------------------------------------------------------------------------------------

3.3.2.4. Fagiano comune-------------------------------------------------------------------------------------

3.3.2.5. Coturnice ---------------------------------------------------------------------------------------------

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3.3.2.6. Capriolo ----------------------------------------------------------------------------------------------

3.4. RIPARTIZIONE E LOCALIZZAZIONE DEGLI ISTITUTI PER LA GESTIONE FAUNISTICO-VENATORIA

3.4.1. Localizzazione e strategia degli Istituti ----------------------------------------------------------

3.4.2. Proposte del mondo venatorio e degli ATC -----------------------------------------------------

3.4.3. Proposta per la realizzazione di un C.R.A.S. in Provincia di Reggio Calabria

3.4.3.1. Localizzazione dell'intervento -------------------------------------------------------------------

3.4.3.2. Attività ------------------------------------------------------------------------------------------------

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3.5.2. Programmazione degli indici di densità venatoria ---------------------------------------------

3.6 LA FAUNA SELVATICA: DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI E PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ GESTIONALI

--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1. Conservazione e gestione delle principali specie di interesse venatorio (avifauna) -------

3.6.1.1. Coturnice ---------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.2. Starna -------------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.3. Fagiano -----------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.4. Quaglia -----------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.5. Acquatici ---------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.6. Rapaci -------------------------------------------------------------------------------------------------

3.6.1.7. Immissioni -------------------------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP. 3.6.1--------------------------------------------------------------------------------------

3.6.2. Conservazione e gestione della Mammalofauna ------------------------------------------------

3.6.2.1. Piani di monitoraggio/censimento della mammolofauna -----------------------------------

3.6.2.2. Immissioni di specie della mammalofauna ----------------------------------------------------

3.6.2.3. Monitoraggio Sanitario ed Epidemiologico ---------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA AL CAP. 3.6.2. -------------------------------------------------------------------------------------

3.7. ISTITUTI DI PROTEZIONE E GESTIONE: VOCAZIONE FAUNISTICA E PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ

GESTIONALI -----------------------------------------------------------------------------------------------------------

3.7.1. Aree protette nazionali e regionali ------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

3.7.2. Siti Rete Natura 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR) -----------------------------------------------------

3.7.3. Oasi di protezione ----------------------------------------------------------------------------------

3.7.4. Zone di protezione lungo le rotte di migrazione ------------------------------------------------

3.7.5. Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC), Centri Pubblici e Privati di riproduzione della Fauna

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------

3.7.5.1. Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) ------------------------------------------------------

3.7.5.2. Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica ----------------------------------------

3.7.5.3. Centri privati di produzione della fauna selvatica --------------------------------------------

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3.7.6. Aziende faunistico-venatorie e Agri-Turistico-Venatorie --------------------------------------

3.7.6.1. Modalità di gestione delle aziende faunistico-venatorie e agrituristico-venatorie -----

3.7.8. Zone addestramento cani e gare cinofile --------------------------------------------------------

3.7.9. Ambiti Territoriali di Caccia - ATC --------------------------------------------------------------

3.7.9.1 Modalità di gestione degli ATC -----------------------------------------------------------------

3.8. IDENTIFICAZIONE DELLE ZONE IN CUI SONO COLLOCABILI GLI APPOSTAMENTI FISSI3.9. DANNI DA

FAUNA SELVATICA, ATTIVITÀ DI CONTROLLO FAUNISTICO, PREVENZIONE E CRITERI PER L’EROGAZIONE

DEI RISARCIMENTI ---------------------------------------------------------------------------------------------------

3.9.1. Specie selvatiche e danni alle produzioni agricolo-forestali ----------------------------------

3.9.2. Interventi di prevenzione ------------------------------ Errore. Il segnalibro non è definito.

3.9.2.1. Recinzioni --------------------------------------------------------------------------------------------

3.9.2.2. Repellenti --------------------------------------------------------------------------------------------

3.9.2.3. Dissuasori visivi: -----------------------------------------------------------------------------------

3.9.3. Criteri per l'erogazione dei risarcimenti --------------------------------------------------------

3.9.3.1. Segnalazione dei danni ----------------------------------------------------------------------------

3.9.3.2. Accertamento dei danni ---------------------------------------------------------------------------

3.9.3.3. Operazioni di stima ---------------------------------------------------------------------------------

3.9.3..4. Danni non ammessi a risarcimento -------------------------------------------------------------

3.9.3.5. Tipologia dei danni risarcibili e modalità di valutazione -----------------------------------

3.9.3.6. Modalità di liquidazione --------------------------------------------------------------------------

3.10. BANCHE DATI FAUNISTICHE --------------------------------------------------------------------------------

3.10.1. Premessa ----------------------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

3.10.2. Archivio faunistico --------------------------------------------------------------------------------

3.10.3. Elementi per una gestione informatizzata dei dati relativi alla fauna ----------------------

3.11. PIANO DEGLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO AMBIENTALE E CRITERI PER LA CORRESPONSIONE

DEGLI INCENTIVI -----------------------------------------------------------------------------------------------------

3.11.1. Premessa -------------------------------------------------------------------------------------------

3.11.2. Linee di indirizzo -------------------------------------- Errore. Il segnalibro non è definito.

3.11.2.1. Linee di indirizzo nella realizzazione e ripristino degli elementi fissi del paesaggio3.11.2.2.

Linee di indirizzo per i miglioramenti ambietali in relazione alle specie di interesse faunistico -

venatorio --------------------------------------------------------------------------------------------------------

3.11.2.2.1. Starna ------------------------------------------------------------------------------------------

3.11.2.2.2. Fagiano ----------------------------------------------------------------------------------------

3.11.2.2.3 Coturnice ---------------------------------------------------------------------------------------

3.11.2.2.4. Lepri--------------------------------------------------------------------------------------------

3.11.3. Tipologie di intervento previste -----------------------------------------------------------------

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3.11.3.1. Intervento 1 – Realizzazione di colture a perdere per la selvaggina (Codice A1)3.11.3.2.

Intervento 2 – Realizzazione di colture foraggere per la selvaggina (Codice A2) 3.11.3.3. Intervento 3

– Inerbimento delle superfici arborate (Codice A3)----------------------------------------------------

3.11.3.4. Intervento 4 – Ripulitura dei terreni non coltivati (Codice A4)3.11.3.5. Intervento 5 –

Posticipazioni delle operazioni colturali (Codice A5) -------------------------------------------------

3.11.3.6. Intervento 6 – Recupero e realizzazione di punti d’acqua (Codice A6) 3.11.3.7. Intervento 7

– Foraggiamento artificiale della selvaggina (Codice A7) --------------------------------------------

3.11.3.8. Intervento 8 – Realizzazione di siepi e fasce alberate (Codice B1)3.11.3.9. Intervento9 –

Salvaguardia dei nidi di Fasianidi nei seminativi (Codice C1) --------------------------------------

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3.12.1. Obiettivi del ripopolamento ----------------------------------------------------------------------

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3.12.2.1. Lepre-------------------------------------------------------------------------------------------------

3.12.2.3. Fagiano ----------------------------------------------------------------------------------------------

3.12.2.4. Starna ------------------------------------------------------------------------------------------------

3.12.3. Carte delle aree vocate ---------------------------------------------------------------------------

BIBLIOGRAFIA UTILE, IN PARTICOLARE AI FINI DELLA DEFINIZIONE DELLO STATO DI CONSERVAZIONE

DELLE SPECIE CACCIABILI IN ITALIA ----------------------------------------------------------------------------

Nella tabella 6.1 seguente é riportata la schematizzazione del PFVP in macro-obiettivi e obiettivi

specifici.

Schematizzazione del PFVP e analisi di coerenza interna

Codice Macroobiettivo

Macro-obiettivo

Codice Obiettivo Specifico

Obiettivo Specifico

MO.1

Attuazione concreta del principio espresso dalle normative in materia, secondo il quale la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale.

OS.1

Individuazione dei comprensori omogenei

OS.2

Realizzazione di carte di vocazione agroforestale potenziale

OS.3

Valutazione della eventuale vulnerabilità delle specie presenti all’interno dei siti Natura 2000, derivante dalle attività faunistico-venatorie

OS.4

Pianificazione degli interventi di miglioramento ambientale

OS.5

Pianificazione delle immissioni di fauna selvatica

OS.6

Istituzione e operatività dell’osservatorio faunistico- venatorio provinciale

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7.1 VERIFICA DI COERENZA ESTERNA

L’attività peculiare della VAS è garantire la coerenza della proposta di Piano Faunistico Venatorio

Provinciale, in particolare dal punto di vista ambientale.

In prima battuta occorre far emergere le contraddizioni tra gli obiettivi generali identificati dal PFV

e altri piani, programmi o politiche di differente livello di governo del territorio (comunitario e

nazionale) o ancora altri piani, programmi o politiche del medesimo livello ma appartenenti a settori

o ad Enti differenti.

Il percorso di valutazione del livello di coerenza del Piano prevede l’utilizzo di uno schema, in cui

sono incrociati gli obiettivi del Piano e gli strumenti attuativi da questo proposti.

Nel seguente schema si riporta una prima verifica relativa alla coerenza delle proposte di contenuti

del rapporto ambientale preliminare secondo quanto previsto dall'allegato F dell'allegato II della

Delibera di Giunta Regionale n°153/2009 collegate al PFVP.

Riferimento allegato F Riferimento paragrafo Piano Faunistico

Illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano Faunistico e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi

§3.2

Caratteristiche ambientali, culturali, paesaggistiche delle aree significativamente interessate §2

Qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali I SIC e le ZPS, nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228

§3.7.2

Obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano Faunistico, e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale

§1

Possibili impatti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora, la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologieo, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori.

Per ciò che riguarda questo punto è certamente vasta l'entità di tutte le valutazioni e le relazioni richieste. In questo contesto si ritiene che la migliore coerenza sia il confronto e l'attenzione degli Uffici Provinciali durante la fase di concertazione delle

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Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi

scelte di Piano proposte e la loro opportuna rimodulazione a seguito delle osservazioni dell'Autorità competente e dei Soggetti competenti in materia ambientale.

Misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull'ambiente in attuazione del Piano Faunistico

§3.11

Descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall'attuazione del Piano, definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della redazione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare

§3.6.2.1 §3.6.2.3

Al fine di verificare la coerenza esterna degli obiettivi del PFVP con i principali riferimenti

programmatici regionali e provinciali si è utilizzata una matrice che permette di mettere in evidenza

in quale misura il complesso degli obiettivi espressi nell’ambito del PFVP sia coerente con gli

obiettivi strategici assunti nella programmazione regionale e in quella settoriale.

Nella prima colonna della matrice sono riportati gli obiettivi generali dei principali piani e

programmi a livello regionale e provinciale e nella prima riga gli obiettivi del PFVP. Nelle caselle

di incrocio fra le righe e le colonne sono stati riportati dei simboli che esprimono la relazione di

ciascun obiettivo con tutti gli altri. La simbologia definita per l’analisi di coerenza esterna è la

seguente:

� coerenza diretta: gli obiettivi sono analoghi o comunque presentano forti elementi di

integrazione

� coerenza indiretta: gli obiettivi assumono un carattere sinergico

--- non c’è una correlazione significativa tra gli obiettivi

� Incoerenza: gli obiettivi non convergono

La coerenza diretta esprime la perfetta comunanza tra gli obiettivi del PFVP con quelli degli altri

piani e programmi analizzati. La coerenza indiretta rappresenta invece una diversità tra gli obiettivi

che possono rappresentare l’uno la condizione perché si possa verificare l’altro. Due obiettivi

diversi possono infatti essere comunque funzionali. Può verificarsi il caso in cui vi siano obiettivi

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riscontrare l’incoerenza tra gli obiettivi.

Si evidenzia inoltre che il tipo di coerenza esprime solo se gli obiettivi del PFVP e quelli contenuti

negli altri Piani e Programmi vanno nella stessa o in una diversa direzione senza entrare nel merito

dell’attuazione o meno dell’obiettivo.

Sarà molto importante il ruolo esercitato dalle Autorità con competenze ambientali che potranno

fornire utili osservazioni durante la fase di consultazione.

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7.2 INDICAZIONI PER LA PREDISPOSIZIONE DELLO STUDIO D’INCIDENZA

La citata legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo

venatorio, integrata dalla legge 3 ottobre 2002, n. 221, e attuativa dell’art. 9 della direttiva

79/409/CEE, del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici, pubblicata sulla

Gazzetta Ufficiale L 103 del 25.4.1979, pagg. 1–18; la direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21

maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della

fauna selvatiche; le citate direttive partono dalle seguenti considerazioni di fondo:

a) la salvaguardia, la protezione e il miglioramento della qualità dell'ambiente, compresa la

conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche, costituiscono un obiettivo

essenziale di interesse generale perseguito dalla Comunità conformemente all'articolo 174 (ex art.

130 R) del Trattato;

b) scopo principale della direttiva n. 92/43/CEE è, com’è noto, quello di promuovere il

mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali,

culturali e regionali. In questo modo il legislatore comunitario contribuisce all'obiettivo generale di

perseguire uno sviluppo durevole. Il mantenimento di detta biodiversità puo in taluni casi richiedere

il mantenimento e la promozione di attività umane;

c) nel territorio europeo degli Stati membri, gli habitat naturali non cessano di degradarsi e un

numero crescente di specie selvatiche è gravemente minacciato; gli habitat e le specie minacciati

fanno parte del patrimonio naturale della comunità e i pericoli che essi corrono sono generalmente

di natura transfrontaliera, per cui è necessario adottare misure a livello comunitario per la loro

conservazione;

d) tenuto conto delle minacce che incombono su taluni tipi di habitat naturali e su talune specie, è

necessario definirli come prioritari per favorire la rapida attuazione di misure volte a garantirnela

conservazione;

e) per assicurare il ripristino o il mantenimento degli habitat naturali e delle specie di interesse

comunitario in uno Stato di conservazione soddisfacente, occorre designare zone speciali di

conservazione per realizzare una rete ecologica europea coerente secondo uno scadenzario definito;

f) tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone di

protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, concernente la conservazione

degli uccelli selvatici, dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente;

g) in ciascuna zona designata, occorre attuare le misure necessarie in relazione agli obiettivi di

conservazione previsti;

h) i siti che possono essere designati come zone speciali di conservazione vengono proposti dagli

Stati membri; si deve tuttavia prevedere una procedura che consenta, in casi eccezionali, la

designazione di un sito non proposto da uno Stato membro che la Comunità consideri essenziale per

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il mantenimento di un tipo di habitat naturale prioritario o per la sopravvivenza di una specie

prioritaria;

i) qualsiasi piano o programma che possa avere incidenze significative sugli obiettivi di

conservazione di un sito già designato o che sarà designato deve formare oggetto di una valutazione

appropriata;

j) l'adozione di misure intese a favorire la conservazione di habitat naturali prioritari e specie

prioritarie di interesse comunitario e responsabilità comune di tutti gli Stati membri; tali misure

possono tuttavia costituire un onere finanziario eccessivo per taluni Stati membri poichè, da un lato,

tali habitat e specie non sono distribuiti uniformemente nella Comunità e dall'altro, nel caso

specifico della conservazione della natura, il principio "chi inquina paga" è di applicazione limitata;

k) in questo caso eccezionale dovrebbe essere previsto un contributo mediante cofinanziamento

comunitario entro i limiti delle risorse disponibili in base alle decisioni della Comunità;

l) occorre incoraggiare, nelle politiche di riassetto del territorio e di sviluppo, la gestione degli

elementi del paesaggio aventi un'importanza fondamentale per la flora e la fauna selvatiche;

m) occorre garantire la realizzazione di un sistema di verifica dello stato di conservazione degli

habitat naturali e delle specie di cui alla presente direttiva;

n) è necessario istituire, a complemento della direttiva 79/409/CEE un sistema generale di

protezione di talune specie di fauna e di flora; si devono prevedere misure di gestione per talune

specie, qualora il loro stato di conservazione lo giustifichi, compreso il divieto di taluni modi di

cattura o di uccisione, pur prevedendo la possibilità di deroghe, subordinate a talune condizioni;

o) per garantire il controllo dell'attuazione della presente direttiva, la Commissione europea

periodicamente prepara una relazione di sintesi, basata, tra l'altro, sulle informazioni trasmesse dagli

Stati membri in merito all'attuazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva;

p) il miglioramento delle conoscenze scientifiche e tecniche è indispensabile per attuare la presente

direttiva, e pertanto occorre di conseguenza, incoraggiare la ricerca e i lavori scientifici necessari a

tal fine;

q) occorre prevedere misure complementari per regolamentare la reintroduzione di talune specie di

fauna e di flora indigene, nonche l'eventuale introduzione di specie non indigene;

r) l'istruzione e l'informazione generale relative agli obiettivi della presente direttiva sono

indispensabili per garantirne l'efficace attuazione.

Tutto ciò considerato, il legislatore comunitario ha fornito, nella citata direttiva 92/43/CEE, la

definizione di “Zona speciale di conservazione” (ZPS), ovvero un sito di importanza comunitaria

designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui

sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di

conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito e

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designato. Tali ZPS svolgono un ruolo determinante nella conservazione delle specie di avifauna

migratoria. Onde rendere accettabile il disturbo causato dall’attività venatoria sulle specie citate,

vengono adottate misure precauzionali per evitare impatti eccessivamente devastanti, soprattutto nei

periodi di migrazione prepuziale, evitando il più possibile che vi siano abbattimenti accidentali o

sottrazione di zone di alimentazione e rifugio, specie nei periodi climaticamente più disagiati.

7.3 ATTIVITA’ VENATORIA

In base ai dati in possesso del Settore 10 della Provincia di Reggio Calabria il numero di tesserini

per cacciatori rilasciati nell'anno 2008 è di 15.242; altre valutazioni sulla consistenza dell'attività

venatoria sul territorio provinciale sono reperibili al § 2.3.3 del PFV.

La vigilanza sulle attività venatorie è assicurata dal servizio delle autorità preposte, in particolare

della Polizia Provinciale e del Corpo Forestale dello stato. Esistono anche delle associazioni

autorizzate alla vigilanza venatoria come è possibile visualizzare dalla seguente tabella estratta dal §

2.3.3.1 del Piano faunistico.

Associazioni Guardie Venatorie Volontarie (G.V.V.)

A.N.L.C. (Associazione Nazionale Libera Caccia) 21

A.N.P.A.N.A. (Associazione Nazionale Protezione Animali Natura e Ambiente)

43

A.N.U.U. (Associazione Nazionale Uccellatori e Uccellinai)

22

Arci Caccia 28

Arci pesca 164

Enalcaccia 46

Comune di Africo 1

Comune di Bianco 2

Comunità Montana versante Tirrenico meridionale 1

F.I.D.C. (Federazione Italiana della Caccia) 104

C.S.T (Caccia Sviluppo Territorio) 1

Italcaccia 17

P. C. A. (Polizia Costiera Ausiliaria) 11

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Totale G.V.V. addette alla vigilanza venatoria 461

I dati disponibili sul sistema di controllo e sull’attività degli organi di Polizia sono riportate ai

paragrafi § 2.3.3.2, § 2.3.3.3, § 2.3.3.4 del Piano Faunistico.

7.4 I DANNI PRODOTTI DALLA FAUNA SELVATICA

Le richieste provenienti dal mondo faunistico – venatorio si devono conciliare con una serie di

provvedimenti relativi alla gestione del territorio e in particolare al controllo sulla presenza dei

cinghiali e alla conseguente tutela delle attività agricole dai danni provocati da esse e da altre

specie, in riferimento alla L.R 9/96.

In sintesi, i principali interventi dovranno basarsi principalmente sulla Gestione e regolamentazione

del prelievo venatorio del cinghiale. Alle province poteri amministrativi più ampi e incisivi, con

compiti di coordinamento e possibilità di intervento negli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia), in

particolare per verificare il prelievo venatorio del cinghiale, sopratutto per monitorare lo “ sforzo di

caccia “ ovvero, l'accertamento dei prelievi effettivi realizzati.

Istituire tra Amministrazione Provinciale e l'Ente Parco Nazionale d'Aspromonte, un tavolo

operativo sull'attività di gestione del cinghiale nelle Aree Protette per coordinare al meglio le azioni

di controllo numerico e la gestione della specie.

La catalogazione dei danni provocati dai cinghiali sul territorio provinciale è stata riportata al § 3.9

del Piano.

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8. PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI DI MIGLIORAMENTO

AMBIENTALE

Si procederà all’individuazione delle tipologie di intervento da realizzare per favorire la

presenza delle diverse specie selvatiche.

Sulla base delle carte di vocazione agro-forestale prevalente si procederà all’individuazione per

ciascuna delle specie di aree preferenziali di intervento, adottando specifiche tipologie di

intervento.

8.1 CRITERIO PER L’INDIVIDUAZIONE DELL’IDONEITÀ TERRITORIALE

Per quanto concerne i territori destinabili a gestione privatistica, gli indirizzi regionali per la

pianificazione faunistico-venatoria indicano espressamente un’estensione massima del 15% della

S.A.S.P. da destinare ad:

- aziende faunistico-venatorie;

- aziende agri-turistico venatorie;

- centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale;

- zone per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani.

Il PFV illustra come per le aziende venatorie una porzione di territorio corrispondente ad almeno

l'8% di S.A.S.P. risulti idonea a tale destinazione. Sotto il profilo tecnico si fa notare quanto segue:

- alle aziende faunistico-venatorie, che perseguono obiettivi “naturalistici e faunistici”, dovrebbe

essere attribuita una priorità (ad es. i 2/3 della superficie complessiva potenziale);

- i centri privati di produzione non sono mai molto diffusi (in Italia) e le zone di addestramento cani

sono di norma di limitata estensione, di conseguenza, rispetto al 15% di S.A.S.P. destinabile alla

gestione privatistica, una percentuale del 2-3% appare più che sufficiente a soddisfare le eventuali

richieste.

Ne consegue che la parte restante del territorio agro-silvo-pastorale provinciale sarà destinata alla

gestione programmata della caccia (ATC).

8.2. SITI RETE NATURA 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR)

La pianificazione delle attività gestionali inerenti i Siti Rete Natura 2000 (SIC, ZPS, SIN, SIR) è

definita dai piani di gestione dei singoli siti esaminati nel paragrafo del PFV 2.1.3 e 2.1.4; è da

evidenziare che nei piani di gestione dei siti SIC realizzati dalla Provincia di Reggio Calabria non

sono presenti indicazioni sulla gestione della fauna che invece il PFV ha inteso fornire.

A completamento delle indicazioni fornite dagli Organi gestori dei Siti Natura 2000, si applicano le

misure di conservazione disposte dal D.M. 17/10/2007 (G.U. n°258 del 06/11/2007).

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Nello specifico, all’interno dei Siti Natura 2000 è fatto quindi divieto di:

- esercizio dell’attività venatoria nel mese di Gennaio, con l’eccezione della caccia da appostamento

fisso e temporaneo ed in forma vagante per due giornate (giovedì e domenica) alla settimana,

nonché con l’eccezione della caccia al cinghiale;

- effettuazione della preapertura dell’attività venatoria, con l’eccezione della caccia di selezione agli

ungulati;

- esercizio dell’attività venatoria in deroga ai sensi dell’art.9, paragrafo 1, lettera c, della Direttiva

n°79/409 CEE e L.R. n°6 del 27/03/2008;

- utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all’interno delle zone umide quali laghi, stagni,

paludi, acquitrini, lanche e lagune d’acqua dolce, salata, salmastra, nonché nel raggio di 150 metri

dalle rive più esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009, disposizione che si applica anche

nelle zone umide dei siti Natura 2000 di cui alla Direttiva n°92/43 CEE (Direttiva Habitat);

- effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo venatorio ad eccezione di quelli con soggetti

appartenenti a sole specie e popolazioni autoctone provenienti da allevamenti nazionali, o da zone

di ripopolamento e cattura, o da centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica allo

stato naturale insistenti sul medesimo territorio;

- abbattimento di esemplari appartenenti alle specie combattente (Philomacus pugnax) e moretta

(Ayathya fuligula);

- svolgimento dell’attività di addestramento di cani da caccia prima del I Settembre e dopo la

chiusura della stagione venatoria. Sono fatte salve le zone di cui all’art.10, comma 8, lettera e, della

L. n°157/1992 sottoposte a procedura di valutazione positiva ai sensi dell’art.5 del D.P.R. n°357 del

08/09/1997, e successive modificazioni, entro la data di emanazione dell’atto di cui all’art.3,

comma 1 (piano di gestione);

- divieto di esercizio dell’attività venatoria in data antecedente al I Ottobre, con l’eccezione della

caccia agli ungulati (se ammessa da altra disposizione) nelle ZPS caratterizzate dalla presenza di

valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei passeriformi e di altre specie

ornitiche.

Tali affermazioni trovano ulteriore suffragio nella giurisprudenza nazionale ed in particolare nella

Nota alla Sentenza Corte Costituzionale n°193 del 4/6/2010 “Ancora sul riparto di competenze tra

Stato e Regioni in materia di ambiente: nulla-osta degli Enti Parco, divieto di attività venatoria nelle

aree protette e prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione ad incidenza

territoriale” (Dott. M. Santoloci e Avv. V. Stefutti).

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9. ATTIVITA’ DI MONITORAGGIO

Al Rapporto Ambientale spetta il compito di definire un sistema di monitoraggio da implementare

nel corso della fase di attuazione del Piano, al fine di garantire la verifica degli effetti sull’ambiente

delle azioni individuate e di appurare l’efficacia delle stesse nel conseguimento degli obiettivi di

conservazione e gestione ambientale prefissati. Il sistema di monitoraggio rappresenta, inoltre, uno

strumento che permette di individuare tempestivamente le misure correttive delle scelte

pianificatorie nel caso in cui dovessero rendersi necessarie per ovviare effetti inattesi o indesiderati.

L’implementazione di un sistema di monitoraggio permette di registrare nel tempo i cambiamenti

inerenti fattori ambientali di interesse attraverso la misura dei valori assunti da indicatori ambientali

prescelti, ossia da parametri sintetici che rappresentano in modo significativo un certo fenomeno

ambientale e ne permettono la valutazione.

Compito del Rapporto Ambientale è quindi quello di definire il gruppo di indicatori di riferimento e

le modalità necessarie per la raccolta di informazioni. In letteratura esistono diversi modelli per la

definizione di indicatori di sostenibilità ambientale, in particolare il “modello DPSIR”

(Determinanti-Pressioni-Stato-Impatto-Risposta), messo a punto dall’Agenzia Europea

dell’Ambiente, costituisce la più consolidata classificazione in uso nel campo della valutazione

ambientale e fornisce un quadro logico per approfondire ed analizzare i problemi socio-economico-

ambientali.

Esempio di schema del modello DPSIR

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Nel modello le Determinanti (o Fonti di pressione) descrivono gli sviluppi sociali, demografici ed

economici nella società e i corrispondenti cambiamenti negli stili di vita, nei livelli di consumo e di

produzione complessivi. In altri termini sono le attività antropiche che hanno conseguenze

ambientali: attività industriali, agricoltura, energia, ecc. Le Pressioni descrivono le emissioni di

sostanze, di agenti fisici e biologici, l’uso delle risorse e del terreno e in sintesi costituiscono gli

effetti delle attività antropiche sull’ambiente: le sostanze rilasciate nell’ambiente, i rifiuti, il

consumo di risorse, ecc.

Lo Stato rappresenta le condizioni ambientali e la qualità delle risorse in termini fisici, chimici,

biologici. Gli Impatti sono gli effetti dei cambiamenti sulla salute umana, sull’economia e sulla

conservazione della natura.

Le Risposte sono le misure adottate da soggetti pubblici e privati per migliorare l’ambiente e per

prevenire e mitigare gli impatti negativi.

Il risultato dell’attività di monitoraggio che si svolgerà durante il periodo di attuazione del PFV è

rappresentato dai Rapporti di monitoraggio da stilare con scadenza annuale e che dovranno essere

strutturati in modo tale da riportare le seguenti informazioni:

- le date di esecuzione dei rilevamenti e in genere delle attività di monitoraggio;

- la porzione di territorio interessata dal monitoraggio;

- gli obiettivi e le azioni di Piano che il monitoraggio intende controllare;

- gli indicatori e gli strumenti utilizzati per eseguire il monitoraggio;

- lo stato previsto per gli indicatori monitorati;

- lo stato ambientale previsto alla data del monitoraggio;

- l’individuazione delle situazioni critiche;

- indicazione sull’opportunità di eseguire un riesame del piano e su quali azioni correttive

intraprendere.

Oggetto di indagine del monitoraggio qui proposto sono gli obiettivi e le azioni definiti nel PFV.

Al fine di disporre di una caratterizzazione aggiornata dello scenario di riferimento nel momento in

cui si dovrà effettuare una revisione del PFV, il sistema di monitoraggio elaborato nel presente

documento individua un gruppo di indicatori di stato descrittori del comparto faunistico ed

ecosistemico (habitat) qualificanti il territorio, mentre allo scopo di descrivere sinteticamente i

risultati prestazionali delle azioni implementate nel corso dei cinque anni di attuazione del Piano si

specifica un insieme di indicatori di risposta.

Gli indicatori di stato riferiti alle specie animali comunicano informazioni circa la composizione

quali e quantitativa delle comunità presenti sul territorio analizzato, essi sono:

- numero di specie della fauna omeoterma presenti sul territorio provinciale;

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- numero specie autoctone della fauna omeoterma presenti sul territorio provinciale;

- numero specie alloctone della fauna omeoterma presenti sul territorio provinciale;

- numero di specie della fauna omeoterma di interesse conservazionistico;

- numero di specie della fauna omeoterma minacciate o in via di estinzione;

- andamento delle popolazioni di interesse venatorio;

- andamento delle popolazioni di specie problematiche.

Gli indicatori riferiti agli habitat che comunicano informazioni circa la disponibilità di habitat

naturali idonei alla sopravvivenza e riproduzione delle specie animali:

- estensione complessiva e percentuale di territorio provinciale coperta da aree umide;

- estensione complessiva e percentuale di territorio provinciale coperta da aree boscate;

- estensione complessiva e percentuale di territorio provinciale coperta da aree prative;

- numero di siti di nidificazione di rilevanza regionale e nazionale.

Gli indicatori di risposta sono calibrati sul tipo di azioni e misure definite dal PFV e corrispondono

ai seguenti:

- numero e tipologia di interventi di ripristino vegetazionale;

- numero di immissioni e capi immessi a scopo di ripopolamento;

- numero di campagne di abbattimento di specie problematiche;

- numero di risarcimenti per danno alle colture agricole e corrispettivo economico;

- numero di interventi finalizzati alla prevenzione dei danni alle colture agricole;

- numero di interventi finalizzati alla prevenzione degli incedenti stradali;

- numero e corrispettivo economico degli incentivi corrisposti a favore di proprietari e

conduttori di fondi agricoli finalizzati alla tutela e al ripristino degli habitat idonei alle

specie di interesse venatorio;

- numero di incentivi corrisposti a favore di proprietari e conduttori di fondi agricoli per

tipologia di intervento;

- specie target oggetto di monitoraggio gestionale;

- numero di censimenti o conteggi effettuati per specie per anno;

- numero di strumenti finanziari individuati per lo svolgimento delle attività di monitoraggio

gestionale e corrispettivo economico;

- completezza dei dati relativi ai censimenti pianificati e al prelievo venatorio;

- numero di campagne di cattura e marcatura di specie target;

- puntuale compilazione del database faunistico provinciale;

- numero di verbali rilasciati dagli operatori preposti alla vigilanza venatoria per utilizzo di

munizioni di piombo entro la ZPS “Costa viola”.

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Nel seguente schema, viene riportata una sintesi della serie di indicatori entrando nello specifico

delle specie interessate e del territorio provinciale.

In particolare per l’indicatore n.13 è possibile reperire serie storiche di dati, in modo da ottenere una

situazione confrontabile con quella esistente precedentemente all’adozione del Piano.

In questo modo sarà possibile valutare concretamente gli effetti del Piano Faunistico a partire dalla

sua adozione e per tutto il suo periodo di validità.

Il set di indicatori proposti consentirà altresì di correggere gli eventuali squilibri che si saranno

evidenziati durante il periodo di validità del Piano, intervenendo con scelte gestionali in tempo

reale.

Per quanto riguarda l’indicatore 3 è stata proposta la verifica della purezza della razza del cinghiale

autoctono, i cui esemplari spesso si imbastardiscono a causa degli accoppiamenti con il maiale

selvatico; in questo ambito sarà anche importante modulare opportunamente le operazioni di

ripopolamento.

Per l’indicatore n.12 relativo alla consistenza degli esemplari di lupi, la verifica sulle presenze, in

particolare nei rilievi montani e dentro l’area del Parco, rappresenta un’attività formidabile, per ciò

che concerne la valutazione della biodiversità animale sul territorio provinciale.

Infine l’indicatore 14 rappresenta la misura attuativa importantissima, che si interseca perfettamente

con le attività in corso di realizzazione nell’ambito della redazione del Piano di gestione della ZPS

della Costa Viola, curato dal Settore 15 della Provincia di Reggio Calabria, come già ricordato.

Nello specifico si propone di avviare le attività di monitoraggio sull’avifauna migratoria in

collaborazione con l’ex INFS (istituto nazionale per la fauna selvatica), adesso confluito

nell’ISPRA.

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1 Distribuzione e consistenza numerica cinghiali

Raccolta dati abbattimenti, danni alle colture Analisi dei dati

2 Popolazione cinghiali Creazione di Zone di ripopolamento con finalità specifiche

Aree di preclusione

Aree di ripopolamento

3 Mantenimento purezza Sus

scrofa

Verifica del mantenimento della razza del cinghiale autoctono

Confronto individui

4 Status popolazione coturnice

Raccolta dati abbattimenti Analisi dei dati

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5 Coturnice Creazione di Zone di ripopolamento con finalità specifiche

Aree di preclusione

Aree di ripopolamento

6 Distribuzione e consistenza numerica Lepre italica

Raccolta dati abbattimenti, danni alle colture Analisi dei dati

7 Popolazione Lepre italica Creazione di Zone di ripopolamento con finalità specifiche

Aree di preclusione

Aree di ripopolamento

8 Status popolazione fagiano Raccolta dati abbattimenti Analisi dei dati

9 Fagiano Creazione di Zone di ripopolamento con finalità specifiche

Aree di preclusione

Aree di ripopolamento

10 Status popolazione starna Raccolta dati abbattimenti Analisi dei dati

11 Starna Creazione di Zone di ripopolamento con finalità specifiche

Aree di preclusione

Aree di ripopolamento

12 Status popolazione Lupo Raccolta dati presenze Avvistamenti, segnalazioni, immagini

13 Danni alle colture Danni registrati Segnalazioni a livello comunale

14 Verifica avifauna migratoria Valutazione della consistenza delle specie che transitano stagionalmente attraverso il territorio per migrazioni.

Accertamenti con tecniche scientifiche.

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10. CONCLUSIONI

Il presente Rapporto Ambientale ha consentito di valutare le proposte operative del Piano Faunistico

Venatorio Provinciale della provincia di Reggio Calabria valutandone le performance in materia

ambientale;��a avuto inoltre, il compito di stimare l’entità dei possibili effetti delle scelte pianificatorie e

gestionali sul territorio interessato e valutare la compatibilità di obiettivi e azioni di Piano con altri

strumenti pianificatori pertinenti, nonché con gli obiettivi ambientali internazionali, comunitari e

nazionali.

L’analisi delle componenti ambientali ha permesso di individuare le criticità caratterizzanti il

territorio e le opportunità offerte alla nuova pianificazione, mentre l’esame degli obiettivi e delle

azioni proposte dal Piano ha condotto alla determinazione dei fattori perturbativi associati a queste

ultime, che potrebbero causare effetti di carattere positivo o negativo sulle diverse componenti

ambientali.

Le azioni e le misure definite dal PFV hanno dimostrato di poter generare effetti significativi

positivi sulle variabili e componenti ambientali. Il nuovo PFV provinciale, oltre a risultare coerente

con quanto indicato da piani e programmi vigenti sul territorio d’interesse e con gli obiettivi

internazionali e nazionali di carattere ambientale, si qualifica quindi quale opportuno strumento in

grado di conseguire uno sfruttamento sostenibile della risorsa venatoria come prospettato dagli

obiettivi gestionali da esso stesso prefissati.

Il presente Rapporto Ambientale comprende inoltre la definizione del sistema di monitoraggio che,

in accordo con la normativa di riferimento, consentirà nel corso dei cinque anni di attuazione del

Piano di verificare gli effetti sull’ambiente delle azioni e misure previste e di appurare l’efficacia

delle stesse nel conseguimento degli obiettivi di conservazione e gestione ambientale; tale

strumento permetterà di individuare tempestivamente le misure correttive delle scelte pianificatorie,

nel caso in cui dovessero rendersi necessarie per ovviare effetti inattesi o indesiderati.

Dall’analisi di coerenza interna al Piano è emersa l’elevata coerenza tra l’unico macro-obiettivo e i

sei obiettivi specifici del PFVP.

Dall’analisi di coerenza esterna risulta che non vi sono obiettivi del PFVP in contrasto con gli

obiettivi dei piani e programmi adottati a livello regionale e provinciale e che laddove sia stata

riscontrata una interferenza significativa questa è sia di tipo sinergico (obiettivi complementari) che

diretto (obiettivi fortemente integrati).