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a cura di Cosimo Carlo Buccolieri L'ARCHITETTURA E I LUOGHI DEL COMMERCIO PROGETTO TECNOLOGIE E DESIGN NEI MERCATI CONTEMPORANEI A FIRENZE COSIMO CARLO BUCCOLIERI LAURA GIRARDI HANS KRUGER GOFFI ANGELICA MEUCCI ELEONORA TRIVELLIN

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a cura di Cosimo Carlo Buccolieri

L'ARCHITETTURA E ILUOGHI DEL COMMERCIOPROGETTO TECNOLOGIE E DESIGN NEI MERCATI CONTEMPORANEI A FIRENZE

COSIMO CARLO BUCCOLIERI LAURA GIRARDI HANS KRUGER GOFFI ANGELICA MEUCCI ELEONORA TRIVELLIN

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© Copyright 2007by EDIFIR - Edizioni Firenzevia Fiume, 8 - 50123 FirenzeTel. 055/289639 - Fax 055/289478www.edifi r.it

Responsabile del progetto editorialeSimone Gismondi

Responsabile editorialeMassimo Piccione

Progetto grafi coAntonio Raga

EditingFlavia Conti

Cover designLaura Giraldi

Fotolito, impaginazione e stampaPacini Editore Industrie Grafi che - Ospedaletto (Pisa)

In copertina: Pensilina e rampa d’ingresso al supermercato Coop di Ponte a Greve, Firenze

ISBN 978-88-7970-277-5

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall'art. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dall'accor-do stipulato tra SIAE, AIE, SNS e CNA, ConfArtigianato, CASA, CLAAI, ConfCommercio, ConfEsercenti il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale sopracitato potranno avvenire solo a seguito di specifi ca autorizza-zione rilasciata dagli aventi diritto/dall'editore.Photocopies for reader's personal use are limited to 15% of every book/issue of periodical and with payment to SIAE of the compensation foreseen in art. 68, codicil 4, of Law 22 April 1941 no. 633 and by the agreement of December 18, 2000 between SIAE, AIE, SNS and CNA, ConfArtigianato, CASA, CLAAI, ConfCommercio, ConfEsercenti. Reproductions for pur-poses different from the previously mentioned one may be made only after specifi c authorization by those holding copyri-ght/the Publisher.

Quest’opera è stata realizzata con fondi del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricer-ca, MIUR, e dell’Ateneo di Firenze, 2003/2005È costituita da parte dei risultati della ricerca “Marketing-architettura, rifl essi delle mutazioni socioculturali sulla progettazione di spazi e tecnologie di centri commerciali”, coordinata da Co-simo Carlo Buccolieri, sviluppata dall’Unità di ricerca Firenze 2, nel Dipartimento di Tecnologie dell’architettura e Design “Pierluigi Spadolini”.La ricerca fa parte del progetto di ricerca nazionale, multidisciplinare, intitolato “Le trasforma-zioni del consumo e del commercio e i loro effetti sull’organizzazione degli spazi e sulle architet-ture delle città e delle aree metropolitane italiane”, coordinato da Giandomenico Amendola.Del progetto nazionale fanno parte, oltre all’Unità di ricerca FIRENZE 2, anche le seguenti Unità:– FIRENZE 1, Dipartimento di Urbanistica, coordinata da Giandomenico Amendola– IULM-MI, Libera Università di Lingue e Comunicazione, coordinata da Vanni Codeluppi– SASSARI, Scienze politiche, coordinata da Antonietta Mazzette– TORINO, Politecnico architettura, coordinata da Alfredo Mela– ROMA, Prima facoltà di architettura “L. Quaroni”, coordinata da Antonimo Terranova

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Il coordinatore e gli autori ringraziano chi ha favorito l’acquisizione di dati utili allo svolgimento della ricerca ed alla realizzazione del libro e del video.Si ingraziano in modo particolare l’architetto Adolfo Natalini e l’ingegnere Alessandro Chimenti per la circostanziata intervista rilasciata, prodiga di preziose informazioni sugli intimi risvolti del “fare” progetti di centri commerciali (dall’idea iniziale all’esecutivo) e della diffi cile arte di “condurre” le fasi di realizzazione (dalla programmazione all’uso) soddisfacendo i desideri della committenza e utilizzando ciò che di meglio produzione (anche industriale) e tecnologie propongono.Si ringrazia l’architetto Mario Botta per averci confi dato il suo modo di intendere l’opera di architettura, specialmente nel caso di tipologie edilizie così controverse come lo sono oggi quelle per la grande distribuzione, e per averci facilitato il compito di accedere alla conoscenza delle fasi realizzative della sua opera “commerciale” fi orentina.Si ringrazia l’architetto Giampiero Barbetti, docente del Laboratorio di Costruzioni presso la Facoltà di Architettura di Firenze, per il contributo sui criteri di scelta della Tipologia nel progetto di strutture dei centri commerciali.Si ringrazia il dottor Silvano Gori, assessore al Commercio del Comune di Firenze, per averci comunicato problematiche e possibilità di sviluppo di “stili” di vendita al dettaglio confacenti all’immagine architettonica storico-culturale della città. Si ringraziano il dottor Bartolini (Associazione consumatori Codacons Toscana) e il dottor Mari (Confcommercio Firenze) per averci esposto i punti di vista dei consumatori e dei commercianti nella fase attuale e nelle possibilità di sviluppo del settore.Si ringraziano il dottor Stefano De Robertis, direttore del centro commerciale I Gigli, l’ingegner Cocchi (Uffi cio tecnico Esselunga) e l’architetto Boccia (Uffi cio tecnico Unicoop), per la disponibilità ad accogliere i ricercatori del Dipartimento Tecnologie dell’architettura e design –Pierluigi Spadolini–, per eseguire le riprese video e le foto, necessarie alle analisi ambientali, fruitive e tecnologiche degli spazi commerciali.Si ringrazia il geometra Alberto Meucci per le comunicazioni tecniche sull’uso progettuale dei sistemi di prefabbricazione della Rdb spa di Puntenure.Si ringraziano i tecnici della Cmp costruzioni metalliche di Villafranca ed i tecnici della Holzbau di Bressanone per la disponibililità ed il materiale illustrativo inviato.

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IntroduzioneARCHITETTURA COMMERCIO CONSUMO

Cosimo Carlo Buccolieri p. 7

I. TECNOLOGIA PROGETTO E NUOVE FORME DI MERCATO

Cosimo Carlo Buccolieri p. 11

II. VERSO LA COMPLESSITÀ TIPOLOGICA

Eleonora Trivellin p. 57

III. TRE MERCATI CONTEMPORANEI FIORENTINI

Eleonora Trivellin p. 80

IV. SHOPPING DESIGN

Laura Giraldi p. 105

V. LA TRASFORMAZIONE DEL CONSUMO E LA NUOVA

CONCEZIONE DI SPAZIO

Angelica Meucci p. 159

VI. L’ACQUISTO ESPERIENZIALE IN AREOPORTO

Hans Kruger Goffi p. 177

VII. INTERVISTE

Eleonora Trivellin p. 209

BIBLIOGRAFIA p. 217

SOMMARIO

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INTRODUZIONE

ARCHITETTURA COMMERCIO CONSUMO

Cosimo Carlo Buccolieri

Il punto di vista scelto per osservare il fenomeno commerciale (o consumistico) è quello ravvicinato delle architetture dei luoghi dove il rito dell’acquisto si compie. I grandi centri commerciali, gli shopping mall, i bookstore, vengono oggi programmati e progettati, costruiti ed usati ad una velocità tale da evocare, con la loro proliferazione, la stessa rapidità di conquista ideologica che il fenomeno stesso esercita sull’individuo. I fabbricati che li accolgono sono sempre più grandi e coinvolgono in modo sempre più intenso le infrastrutture collettive urbane tanto da richiedere, in fase progettuale, particolare cura nella ricerca di soluzioni adeguate dell’interfaccia tra gli ingressi dell’edifi cio e gli spazi pubblici, tanto carrabili che pedonali.Gli studi svolti ed i saggi che fanno parte di quest’opera pongono attenzione al singolo intervento e al ciclo produttivo che lo ha generato, fanno parte del Programma di Ricerca di Interesse Nazionale fi nanziato nel 2003 dal Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifi ca, sviluppato da gruppi interdisciplinari di sociologi, architetti, tecnologi, urbanisti, economisti, e vertono intorno ai tre casi studio, emblematici del territorio fi orentino, scelti per analizzare come è stato affrontato il rapporto fra centro commerciale e città. I modi in cui s’intrecciano lo schema distributivo degli spazi interni, gli spazi pubblici e le scelte tecnologiche, che agiscono fortemente sull’immagine architettonica decretandone lo stile, hanno radici antiche e presentano, oggi, una frenetica propensione allo sperimentalismo di nuovi prodotti. Ciò genera nuove immagini motivate da temi che solo di recente cominciano ad essere considerati dai progettisti. Almeno due ragioni sono importanti per la comprensione della tendenza. La prima è che l’aspetto architettonico solo recentemente ha cominciato ad essere preso in considerazione dal committente. La grande distribuzione non necessita di un un’architettura particolare, diceva il vecchio tipo di committente aggiungendo che anzi, la bellezza dell’edifi cio infl uisce negativamente sul richiamo commerciale perchè il compratore (attratto dal basso prezzo del prodotto) la considera un lusso non motivato.

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La seconda ragione è che a questa ricerca d’immagine, che sta diventando man mano sempre più pressante, si aggiungono, da un lato nobili motivazioni come quella del risparmio energetico – che infl uenza la corteccia visibile del fabbricato e gli ambienti interni facendo riscoprire lo shed (sottoforma di microshed) per un’illuminazione il più possibile diffusa e naturale –, e, dall’altro, la gara tra progettisti per imprimere all’architettura un marchio di modernità tramite l’uso di raffi nati componenti, resi possibili da criteri produttivi sempre più industrializzati.Legno, calcestruzzo, acciaio e vetro, pur avendo un’antica (anche se differenziata) origine d’uso in cantiere, ora permettono di ottenere prestazioni davvero sorprendenti ed esiti fi gurativi tanto nuovi da essere incondizionatamente eletti, dal progettista d’intesa col committente, ad alfi eri del messaggio innovativo dell’evento consumistico.In fondo il mercato era in principio un semplice luogo d’incontro fra produttore e compratore. Un tavolo per scambiare la merce, una bilancia, quattro pali e un telo per proteggersi dal sole o dalla pioggia erano suffi cienti a svolgere l’attività commerciale, all’ingresso o al centro dei primi insediamenti, negli slarghi degli incroci stradali o nelle piazze. Ciò non ha impedito che, col tempo, la sua persistenza abbia contribuito alla nascita e allo sviluppo delle prime reti viarie. Il mercatale, spazio libero e perimetro delle attività commerciali, è diventato elemento fondamentale della matrice spaziale di molti aggregati urbani. Botteghe, laboratori artigianali, negozi – insieme a case, palazzi e a tutti gli altri edifi ci che accolgono le funzioni economiche, politico-amministrative, culturali, religiose, proprie di ogni nucleo urbano primario – sono sorti e si sono evoluti nel corso dei secoli in elementi architettonici costitutivi propri delle città.Oggi il gigantismo dei centri commerciali metropolitani ha raggiunto dimensioni tali da rendere consueto progettarne i percorsi come fossero viali, marciapiedi, piazze (di antiche o nuove città) all’interno delle loro immense superfi ci di vendita.In Italia le piccole dimensioni degli spazi urbani e la moltitudine di edifi ci storici hanno ritardato la tendenza tanto che, più d’altrove, ipermercati, outlet e centri commerciali vengono collocati fuori città, in periferia, o in prossimità di uscite autostradali.Firenze ha avuto un percorso evolutivo simile a quello di altre città storiche. In essa i mercatini rionali, le botteghe, le chiese, i palazzi delle signorie e delle corporazioni arti e mestieri, hanno dato l’impronta a strade e piazze caratterizzandone il particolarissimo aspetto. In questo tipo di ambiente ogni nuovo intervento costruttivo non idoneo potrebbe comprometterne l’equilibrio fruitivo e la stessa identità. Ciò nonostante oggi anche Firenze è luogo di cambiamenti dovuti all’industrializzazione dei processi produttivi che, con la moltiplicazione dei prodotti ha visto convertire di pari passo (anche in edifi ci storici e nelle aree urbane da riqualifi care) i criteri di vendita. Anche nella città medicea, pur conservando il rigore lapideo degli elementi architettonici delle facciate rinascimentali, le vetrine e gli interni dei negozi ripetono con

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elegante rigore le linee, i colori, le luci e gli stemmi delle conformità stilistiche gemelle esistenti nelle altre città italiane, europee, mondiali.Mentre al di là della cortina vincolata dalla soprintendenza, oltre il perimetro storico, la costruzione dei centri commerciali rifl ette la logica del settore che tende ad ottenere il massimo profi tto al costo più basso. Il più delle volte al progettista è richiesto un generico padiglione effi cace ed economico entro cui organizzare gli spazi delle vendite. Un prisma retto di pannelli prefabbricati in calcestruzzo, dove i procedimenti costruttivi ed i materiali sono generalmente semplici e collaudati anche se le dimensioni dell’edifi cio, seguendo il principio dell’aumento dei tipi merceologici in vendita, divengono sempre più grandi, fi no a diventare vere e proprie cittadelle commerciali.In pochi casi, o per riqualifi care un’area urbana degradata o per amplifi care il richiamo consumistico, il progetto è affi dato ad una autorevole fi rma. In quei casi l’innovazione tecnologica delle nuove architetture assume aspetti diversi dovuti alla capacità del progettista, alla libertà espressiva concessa dai vincoli normativi, all’impegno fi nanziario messo a disposizione dal committente. In ogni caso, comunque, il messaggio veicolato dallo scenario architettonico della costruzione è diretto al consumatore, è legato alla comunicazione del desiderio di acquisto.La pluralità di stimoli indotta dalle innovative tecniche di commercializzazione nei nuovi iperspazi commerciali sollecita nel compratore attività collaterali a quella della vendita propriamente detta. I condizionamenti mediatici subiti dall’utente e la tendenza all’incomunicabilità interpersonale – nonostante il crescente sviluppo delle tecnologie informatiche tendenti alla comunicazione – fanno pensare alla possibilità di considerare nella progettazione di un centro commerciale nuove tipologie di spazi. Questi spazi si differenziano dalla monotonia ambientale delle scaffalature di oggetti da vendere e consentono all’utente di svolgere attività alternative. Oltre a ciò in alcuni centri sono presenti anche aree di servizio pubblico amministrativo, oltre alle aree per la cura del corpo e per il ristoro. Queste offerte fruitive possono favorire, data la riduzione degli spazi pubblici urbani sempre più saturi di veicoli di ogni genere, un recupero delle attività sociali all’interno dei luoghi di vendita.E’ proprio in questi casi che il nuovo intervento può avere il compito di riequilibrare i rapporti fruitivi dello spazio urbano dove l’uomo può vivere – nonostante la pressante seduzione del consumismo – secondo le sue naturali e contemporanee esigenze, in armonia con la natura del luogo.Quanto incide la volontà dell’utente compratore nel determinare i cambiamenti dei modi commerciali – e quindi dei luoghi e delle architetture dei nuovi mercati – non è facile verifi carlo ma è possibile intuirlo. Infatti se è vero che il committente di centri commerciali chiede al progettista edifi ci dove poter concentrare forti diversità merceologiche, al fi ne di stimolare il compratore all’acquisto plurimo per accrescere il suo guadagno, è pur vero che il compratore, utente fi nale della fi liera produttiva, riesce in quei luoghi ad acquistare molti tipi di prodotti a prezzi vantaggiosi. Perciò spesso egli preferisce il centro commerciale al negozio, in quanto può consentirgli

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di risparmiare tempo e denaro (anche se poi non sempre risulta vero). In tal modo egli comunque contribuisce allo sviluppo di mercati basati sulla concentrazione merceologica e quindi tendenti alla crescita delle superfi ci di vendita.Questa tendenza commerciale generalmente non è apprezzata dagli esercenti dei negozi tradizionali perchè l’attrazione esercitata da nuovi centri sui compratori tende a far diminuire i loro abituali clienti. Inoltre, specialmente nei centri urbani dove l’equilibrata integrazione delle destinazioni d’uso degli edifi ci (negozi, uffi ci, residenze) aveva raggiunto un’armoniosa fruizione degli spazi pubblici da parte dei cittadini, la rottura di questo equilibrio comporta cambiamenti spesso onerosi da gestire.L’amministrazione comunale (a volte) governa i confl itti fra le parti impegnando chi realizza nuovi centri commerciali a importanti opere di riqualifi cazione urbana di aree limitrofe al nuovo edifi cio. Aree che guarda caso, oltre ad avere la fondamentale funzione di riequilibrio degli spazi collettivi e dei servizi di quartiere, offrono al centro nascente opportunità di naturale attrazione pubblicitaria. Il carattere fi gurativo da dare ad ogni area interna di un centro commerciale, determinante per la qualifi cazione del messaggio inconscio da suggerire al consumatore, ha fatto nascere nel corso degli ultimi anni una vera nuova corrente di metodo progettuale, quella dello Shopping design. All’architetto è richiesto sostanzialmente di trasformare la sollecitazione a spingere all’acquisto in convincenti nuove morfologie d’arredo, tonalità di colori, sottofondi olfattivi e musicali che nell’insieme accolgono il potenziale compratore in un ambiente ricco di stimoli. L’architettura per il commercio, che è anche consumo, che è anche shopping e uso del tempo libero, occasione d’incontri, socializzazione, relax ed altro richiede, in fase di progettazione degli spazi, un’accurata analisi funzionale e fruitiva degli ambienti. Il design dell’arredo per la vendita è il subsistema fondamentale di questo complesso e raffi nato sistema d’interni.In effetti, salvo casi particolari, all’interno di grandi superfi ci quasi libere da elementi strutturali, l’immagine architettonica è data proprio dagli insiemi e dai sottoinsiemi delle ambientazioni, caratterizzate dal tipo di prodotto da esporre per la vendita. Oltre a ciò, nel progettare l’immagine, deve essere opportunamente soddisfatta la fondamentale esigenza della distribuzione dei percorsi per la sicurezza degli utenti e per la sostenibilità dell’intervento sotto l’aspetto etico e fi nanziario.

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TECNOLOGIA PROGETTO E NUOVE FORME DI MERCATO

Cosimo Carlo Buccolieri

LA GESTAZIONE DEL PROGETTO DI ARCHITETTURA COMMERCIALE

Se sia la ricerca di nuove entità spaziali o la conquista di nuove potenzialità tecnologiche a dar forma all’identità dei luoghi è tema di dibattito antico tra chi si occupa di architettura. Il tentativo di rispondere al dualismo di tale con-siderazione ha generato probabilmente l’articolazione disciplinare che trovia-mo oggi alla base della formazione dell’architetto.Lo spazio è l’anima viva di un’opera di architettura, e della città, è qualcosa di in-tangibile eppure esistente, evidente nella percezione. Può essere stretto o lar-go, lungo o breve, ritmato, brusco o gradevole, freddo (anche con temperature estive) o caldo (anche con temperature invernali), può suscitare infi nite emozio-ni o lasciare indifferenti. Può essere defi nito o indefi nito. Può indurre ad agire e competere come sarebbe auspicabile in un palazzo dello sport, o può suggerire di rifl ettere e pregare come sarebbe auspicabile in un tempio. Può accogliere musicisti e spettatori con prestazioni acustiche adeguate come sarebbe auspi-cabile in un auditorium, o può ospitare all’aperto piccoli o grandi nuclei di per-sone per attività socializzanti di relax, di commemorazione, di passeggio.Qualunque sia il tipo di sistema spaziale, sappiamo che esso necessita per es-sere fruito in modo adeguato di un intorno climatico, acustico, luminoso e at-trezzato che oggi può essere offerto solo da un buon sistema tecnologico.Il fabbricato è invece la parte fi sica di un’opera di architettura, è il corpo tan-gibile che ha forma, colore e dimensioni, e che contribuisce (in modo più o meno consono) alle sollecitazioni sensoriali connesse alla qualifi cazione per-cettiva dell’ambiente costruito. Dal trilite alle murature lapidee o in mattoni, dall’arco in pietra alla capriata lignea, dalle travi reticolari in acciaio alle pa-reti in vetro strutturale, ogni soluzione tecnologica connota l’epoca, lo stile, il carattere dell’opera e dell’architetto progettista.Ciò detto, prima di avviare ogni considerazione – e ogni progetto di architettu-ra – qualche domanda è d’obbligo.

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Piccolo o grande che sia l’intervento da progettare:quale è il peso della volontà decisionale della committenza?quanto incide la voce (e la norma) della pubblica amministrazione sul pro-getto?quale è l’effetto dei prevedibili movimenti dell’utenza sull’articolazione de-gli spazi da progettare?quale è l’effetto delle scelte tecnologiche (spesso proposte dal costrutto-re come gestore del processo produttivo) sulla forma fi sica dell’opera da costruire?e soprattutto quale di queste espressioni sarà più evidente nella fruizione dell’opera fi nita?

A questo punto verrebbe da chiedersi, cosa resta da scegliere all’architetto se, il volere del committente decide il carattere dell’opera, se le esigenze del-l’utente modellano l’articolazione spaziale, se gli elementi costruttivi defi ni-scono lo stile tecnologico dei componenti, se le norme tecniche e urbanistiche delimitano i volumi e stabiliscono gli allacciamenti alle reti urbane?La risposta può essere soltanto una. Al progettista, non resta altro da fare che accogliere ogni richiesta, inserirla nella lunga lista di esigenze ed elaborare un progetto capace di soddisfarle – tutte – al meglio.Più o meno come un famoso architetto fi orentino, nel corso di un’intervista, ha confessato di aver dovuto fare per soddisfare un insieme di richieste com-plesse e variabili nel tempo. Va da sé che il risultato architettonico ottenuto – estrema sintesi delle numerosissime esigenze – esprime davvero nelle am-bientazioni spaziali e nelle forme degli elementi architettonici il carattere del-la movimentata gestazione.Quindi, generalmente, nel fare un progetto architettonico, quanto più nume-rose e antagoniste sono le esigenze da soddisfare tanto più arduo è il compito del progettista. Ma, quanto più è complessa la ricerca della forma risolutiva, tanto più è probabile che il risultato sia degno di considerazione.Tale premessa è indispensabile per avvicinarsi alla comprensione delle mu-tazioni socioculturali e del loro modo di infl uire sulla progettazione degli am-bienti e sulle tecnologie delle architetture dei centri commerciali. Ma anche, potremmo dire, del modo in cui le architetture e i luoghi possono condiziona-re le scelte del singolo individuo e delle collettività metropolitane. In effetti, se è vero che la nascita di nuove tipologie edilizie commerciali ha origine dal-la crescita esponenziale dei beni prodotti, e quindi dal grande numero di cen-tri commerciali costruiti, è vero anche che la loro proliferazione sul territorio ha catalizzato l’uso delle nuove risorse tecnologiche tanto da coinvolgere al-tre tipologie edilizie in un’identità architettonica di tipo commerciale, «Oggi, […] si può affermare che il museo assomiglia all’aeroporto, l’aeroporto alla stazione ferroviaria e tutti assomigliano ad uno shopping mal» 1, in una identi-tà che appiattisce l’immagine dei nuovi pezzi di città in una sorta di eclettismo

1 G. AMENDOLA, La città vetrina. Dai passages parigini alla città griffata, in La città vetrina. I luoghi del commercio e le nuove forme del consumo, Liguori, Napoli, 2006.

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neo-tecnologico. Questa frenetica trasformazione delle attività commercia-li, rifl essa sulla stereotipia consumistica architettonica, spesso incontra una forte opposizione tanto nei quartieri centrali quanto in quelli periferici della città. L’opposizione viene prima di tutto da parte dei commercianti storici, che vedono minacciato il loro lavoro, ma anche da parte dei cittadini, che preve-dono il deterioramento ambientale del loro quartiere provocato dalla grande affl uenza di consumatori al nuovo richiamo.Ma ciò che più di tutto rischia di essere perso defi nitivamente, in fi n dei con-ti, è l’identità del luogo.A Firenze, ad esempio, i commercianti storici lamentano l’assenza di una pianifi cazione urbanistica fi nalizzata allo sviluppo commerciale capace di consentire loro di sostenere l’impatto concorrenziale con la grande distri-buzione. Innanzi tutto perchè mancano: un piano di mobilità omogeneo e uno studio di previsione dei tempi necessari a raggiungere il centro storico. Poi perché mancano parcheggi e mancano arredi urbani nelle aree pedona-li. Ma soprattutto, perché manca un mix commerciale organizzato, a causa dell’assenza di una regia organizzativa centralizzata. Pertanto il commer-cio naturale, pur possedendo punti di forza nella sua tipica – originalità – del luogo e nella presenza di negozi storici, non riesce a fronteggiare la concor-renza 2. Il centro commerciale integrato invece, oltre ad offrire all’utente-compratore il mix organizzato di ogni genere di consumo, gli offre una facile raggiungibilità in auto (vicino a snodi viari e uscite autostradali), gli offre il parcheggio, gli offre spazi collettivi ed aree di sosta arredate, gli offre ser-vizi (custodia bambini, ristoro, multisala, altro). A questo “attacco” concor-renziale i commercianti naturali ancora non sono riusciti a trovare un’ade-guata risposta ma ritengono che la soluzione al problema possa trovarsi fondamentalmente in due azioni.La prima prevede l’aggregazione – in consorzi o associazioni di strada – in modo da ottenere quel mix di categorie di negozi organizzato con modalità dirigenziale tramite una regia strategica omogenea.La seconda prevede la sollecitazione, presso l’amministrazione pubblica, di una pianifi cazione urbanistica commerciale, al fi ne di consentire una mobilità veicolare ed una fruizione pedonale degli spazi pubblici ben integrata al tes-suto urbano esistente 3.I vantaggi per l’utente-compratore dovrebbero consistere nella possibilità di fare acquisti allo stesso prezzo (con la stessa qualità e quantità di servizi) del commercio organizzato, ma con l’esclusivo privilegio di godere di spazi pub-

2 Per “negozio naturale” s’intende il tradizionale luogo di vendita presente nei centri storici e in altri quartieri della città. Per “commercio naturale” s’intende l’insieme non organizzato di negozi naturali presenti in un tessuto urbano. Per “commercio integrato” s’intende l’insieme organizzato dei generi di consumi generalmente presenti in un centro commerciale della grande distribuzione.3 Dall’intervista rilasciata dal dottor Alessandro Mari, vice presidente della Confcommercio di Firenze, all’architetto Alberto Di Cintio, ricercatore del Dipartimento Taed, Tecnologie dell’Archi-tettura e Design “Pierluigi Spadolini” (01 agosto 2005).

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blici adatti alle esigenze d’oggi – autentici – nella realtà socioculturale del quartiere, con il carattere proprio della sua identità storica.Con tali soluzioni probabilmente anche l’aspetto architettonico del centro sto-rico potrebbe non subire lo shock d’immagine causato dall’abbandono dei ne-gozianti e dallo svuotamento delle funzioni residenziali e direzionali.Il commercio integrato attende sempre con grande interesse la futura desti-nazione dei contenitori storici – anche nella realtà urbana particolare del cen-tro storico di Firenze – dove, da tempo ormai, banche e terziario hanno inizia-to ad abbandonare gli edifi ci storici a causa della diffi coltà dei trasporti privati e pubblici.In questa realtà i consorzi e le associazioni di strada, con una omogenea e unitaria regia, potrebbero garantire uno sviluppo urbano gestito dagli stes-si negozianti (tradizionali) insieme alle holding della distribuzione, insieme ai gestori dei servizi in genere e insieme a tutti i soggetti pubblici e privati ivi presenti. Da ciò è evidente la necessità di avviare un progetto di Centro com-merciale integrato, capace di soddisfare i numerosi tipi di esigenze espresse dai numerosi tipi di fruitori dello spazio urbano.Su questa stessa linea di sviluppo sembra essere orientata anche la posizio-ne dell’amministrazione che, a fronte della forte crescita della grande distri-buzione, crescita che provoca oltre agli ingorghi stradali, la perdita del carat-tere identifi cativo del luogo, concorda nella ricerca di un modello di sviluppo che pur tenendo conto del cambiamento in atto delle tecniche di vendita, pos-sa essere più confacente all’immagine caratteristica della città 4. Un modello commerciale che possa trovare nella sua stessa identità locale la forza del ri-chiamo pubblicitario. Perciò la ricerca dell’equilibrio del mix tipologico com-merciale risulta indispensabile alla salvaguardia di quel carattere.Intanto, per tamponare l’avanzata dell’anonimo stile di vendita (uguale per ogni città), nei confronti del tradizionale humus di botteghe artigiane, negozi specialistici, esercenti di pubblici servizi, tipico del centro fi orentino, la Giunta comunale sta discutendo un provvedimento atto a frenare il processo di colo-nizzazione dei grandi gruppi e mirato a:

bloccare a massimo 400 mq la superfi cie di vendita dei nuovi raggruppa-menti merceologici;limitare a una piccola percentuale la partecipazione dei grandi gruppi favo-rendo invece, nelle richieste di trasformazione merceologica, la presenza di piccole attività di servizio, piccoli negozi e piccoli artigiani.

Queste misure dovrebbero garantire una trasformazione commerciale più confacente all’immagine locale.Se per i centri storici la tendenza è quella di arginare l’avanzata della grande di-stribuzione, nelle aree periferiche la strategia in atto assume aspetti diversi.Molto spesso i quartieri di periferia non possiedono adeguati servizi per la po-polazione, e altrettanto spesso, le arterie di transito centro-fuori città li attra-

4 Dall’intervista rilasciata dal dottor Silvano Gori, assessore al Commercio del comune di Firen-ze, all’architetto Alberto Di Cintio (09 settembre 2005).

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versano con considerevole produzione di agenti inquinanti e disagi logistitici per i residenti e per i commercianti locali. Perciò già in fase di programma-zione, un nuovo centro commerciale (che può contare sul bacino d’utenza più o meno defi nito del quartiere che lo vedrà operare), coinvolge i negozianti del posto che in molti casi entrano a far parte della struttura. Specialmente se il piano di recupero urbano prevede lo sviluppo di servizi di quartiere e strutture pubbliche particolari, come nell’area ex Fiat, dove dovrebbe sorgere un nuovo centro commerciale – urbano – con multisala e altri servizi che ormai confi -gurano quel luogo come un nuovo centro dirigenziale della città.La presenza del nuovo Tribunale, della nuova sede degli uffi ci della Regione e della Cassa di Risparmio di Firenze, più il parco da 12 ettari, dovrebbero costi-tuire per gli attuali negozianti e prestatori di servizi del quartiere un forte in-centivo allo spostamento della loro attività all’interno del nuovo centro com-merciale. Ma oltre a ciò la costruzione di un nuovo polo di attrazione potrebbe essere la molla che fa scattare il ridisegno dell’area, con la riqualifi cazione di spazi pubblici veicolari e pedonali. Un’occasione insomma per trasformare un quartiere periferico in un nuovo centro urbano, con l’obiettivo di riequilibrare il rapporto fruitivo tra residenza, servizi e distribuzione commerciale.

ACCIAIO, LEGNO LAMELLARE INCOLLATO E PREFABBRICAZIONE

Tre interventi di rilievo nella realtà territoriale fi orentina hanno catalizzato l’attenzione della ricerca per la loro tipicità tecnologica e tipologica.Il primo, fuori del perimetro urbano, in un’area priva di connotazione storica edilizia ma vicina ad uscite autostradali ed a strade di transito locali. Un’area che ha richiesto un’accorta programmazione e realizzazione di infrastruttu-rale viarie per garantire facile accessibilità al complesso sistema d’ingressi del nuovo intervento.Si tratta del centro commerciale I Gigli, situato insieme a Carrefour, Ipercoop e Ikea, in un territorio al confi ne di tre comuni, che può contare su un bacino d’utenza di circa 40 chilometri 5. È uno dei più grandi poli commerciali italiani (68.000 mq) ed è caratterizzato da una vasta offerta di prodotti in vendita e di servizi: un grande ipermercato, un’ampia galleria di negozi con 120 punti ven-dita, 12 ristoranti, varie aree interne specializzate, servizi per la persona ed il benessere, oltre a piazzali di parcheggio per 6000 auto. Dalla quantità e varie-tà di esercizi e servizi risulta evidente come le scelte operative della commit-tenza possono condizionare l’articolazione degli spazi e dei corpi di fabbrica che li contengono, e come, di conseguenza, le stesse scelte infl uenzano pro-fondamente il progetto architettonico.

5 L’aspetto urbanistico di questo caso studio è stato trattato in modo ampio nel saggio di M. MO-RANDI, I centri commerciali nella città diffusa. Le nuove centralità, in La città vetrina. I luoghi del commercio e le nuove forme del consumo, a cura di G. AMENDOLA, Liguori, Napoli, 2006.

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Sicuramente anche l’assenza di adiacenti spazi pubblici urbani ha contributo all’arricchimento delle tipologie di servizi accrescendo a dismisura la super-fi cie dello spazio interno del centro.Si può osservare come l’attuale tendenza ad aggregare al centro commercia-le servizi e spazi sociali si è orientata verso due modelli.Nel primo, qualsiasi attività non commerciale è inglobata all’interno, dove lo spazio di distribuzione, connettivo di aree commerciali e di servizi, simu-la scenari urbani come se un’intera città fosse identifi cabile in quell’edifi cio che ha, fondamentalmente, fi nalità di vendita. Questo modello deriva da ol-treoceano, richiede enormi superfi ci, e viene per lo più utilizzato per i centri extra-urbani.Il secondo modello invece è più diffuso nella trama costruita del tessuto ur-bano, generalmente nelle aree industriali o artigianali dismesse, ma anche nelle aree residenziali “non concluse” 6, comunque in quelle aree dove la pre-senza di un lotto di grande dimensione ha prodotto nel tempo, con l’espansio-ne della città intorno al suo perimetro, una vera e propria frattura della tra-ma. In questi casi risulta evidente l’interesse degli operatori fi nanziari per la compattezza della superfi cie e per la sua centralità nei confronti della aree residenziali limitrofe. Mentre ai residenti, che fi no a quel punto avevano su-bito la presenza dell’oggetto alieno, la fabbrica, può sembrare ingiusto subi-re ancora l’appesantimento del carico automobilistico generato da un centro commerciale, avendo come unico vantaggio – eventualmente – la vicinanza al punto di vendita. Da ciò può nascere l’opportunità di riservare gran parte del-la superfi cie esistente per colmare la lacuna storica di servizi e spazi urba-ni accumulata a svantaggio del quartiere. Allora, in questi casi, il modello del centro commerciale è quello che prevede parte dei negozi e dei servizi aperti direttamente su veri spazi pubblici esterni, dove l’attività commerciale è solo una fra le tante che caratterizzano il connettivo urbano.Nel progetto de I Gigli la necessità di adottare il primo modello sfuma in una particolare soluzione architettonica molto italiana o addirittura toscana nei contenuti e nell’aspetto. In esso l’abnorme dimensione dei volumi è stata ri-partita in più corpi – essenziali per dare coerenza funzionale alle varie aree – che facilitano agli utenti la ricerca dei vari settori (dall’arrivo in auto agli in-gressi) e che alimentano l’armonizzazione plastica dell’insieme, con differenti testure epidermiche delle chiusure verticali e delle coperture.All’interno, alla fi ne della galleria (connettivo spaziale dei negozi), un tapis roulant inclinato si diparte per collegare il piano terra al primo piano, come per offrire all’utente, oltre alla funzione di spostarsi agevolmente e rapida-mente tra i due piani, l’opportunità di ammirare la pulizia progettuale delle arcate ribassate in legno lamellare, prive di attraversamenti impiantistici e

6 Per area residenziale “non conclusa” s’intende quella superfi cie di terreno compresa in un quartiere per lo più residenziale che per varie vicissitudini, o per una cattiva programmazione urbanistica degli interventi, hanno subito per anni l’assenza di servizi pubblici, diventando col tempo veri e propri quartieri dormitorio.

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discretamente illuminate dalla luce naturale degli sched, diffi cilmente visibi-li dall’interno, e dall’esterno, che sottolineano con il loro disegno la validità e l’attualità di scelta del sistema di copertura.Le strutture in legno lamellare sono tra quelle più utilizzate per sostenere i manti di copertura dei centri commerciali. Specialmente quando, all’interno del fabbricato, si vuole ottenere grandi aree di utilizzo libere da elementi strut-turali verticali. Oppure quando, come spesso accade negli edifi ci a grande su-perfi cie, nasce la necessità di prendere luce dall’alto. Le prestazioni statiche particolari – grande resistenza meccanica e possibilità di ottenere elementi di grande dimensione a sezione variabile – unite alla leggerezza propria della materia prima hanno reso possibile un rapido sviluppo della tecnologia del le-gno lamellare, ma anche, e soprattutto, aperto un nuovo capitolo nell’ambito della creatività progettuale dei sistemi di copertura dei grandi edifi ci.L’uso storico frequente di travi e capriate lignee per supportare coperture di grande luce ha ben presto messo in evidenza, insieme ai pregi, anche i nume-rosi difetti della materia prima. Studi e approcci sperimentali – prima empi-rici poi scientifi ci – hanno messo in luce nel corso dei secoli, ogni limite del legno ma, per ogni limite – nodi, cipollature, fessurazioni, putrescibilità, di-mensione massima degli elementi – sono state prima o poi individuate solu-zioni tecniche appropriate. Tutto ciò fi no all’avvento della tecnologia del legno lamellare incollato (primi decenni del secolo scorso), basato sull’incollaggio di tavole di legno di modesta lunghezza e spessore con adesivi atti a garanti-re resistenza e durabilità nel tempo. La possibilità di ottenere in fabbrica ele-menti strutturali di qualsiasi forma e dimensione – in legno – ha generato, fra tecnici della produzione e progettisti di architetture, la stessa euforia creativa che qualche secolo prima aveva consentito lo sviluppo delle tecnologie di con-fezionamento di manufatti in calcestruzzo con armatura in ferro. Dalle travi piene con sezioni che superano i due metri di altezza, alle travi reticolari, al-le capriate, ai portali, alle strutture reticolari spaziali sostenute da cavi d’ac-ciaio, il limite della dimensione è ormai stabilito dalla potenzialità creativa del progettista e dalla capacità realizzativa del produttore.La tipologia della struttura di copertura de I Gigli è arditamente semplice e coerente con il resto dell’edifi cio. È costituita da arcate ribassate in legno la-mellare, controventate in modo da presentare nell’intradosso un cassettona-to leggermente curvo. Il valore progettuale della soluzione risiede soprattutto nell’accurato studio dell’interfaccia tra gli elementi del sub-sistema struttu-rale, quelli del sub-sistema degli impianti di sicurezza e quelli del sub-siste-ma degli impianti di servizio.Le soluzioni tecnologiche utilizzate per realizzare le strutture dei piani inter-medi e gli altri fondamentali sub-sistemi costruttivi, pur non rientrando nel novero delle soluzioni hi-tech che ormai caratterizzano il genere commercia-le, si basano su un uso molto personale e innovativo di procedimenti che van-tano una tradizione produttiva consolidata. Si tratta delle strutture prefabbri-cate in calcestruzzo, pilastri e travi con pannelli di solaio in latero-cemento per le strutture del piano terra e del primo piano.

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Una menzione a parte merita il sub-sistema delle chiusure verticali, dove i pan-nelli prefabbricati in calcestruzzo, coibentati e interamente prodotti in fabbri-ca, presentano una raffi nata fi nitura di mattoni a faccia vista, scandita da fasce orizzontali e verticali con superfi ci d’intersezione quadre in cemento bianco, che ritmano l’intera facciata nascondendo allo sguardo i giunti tra i pannelli 7.L’uso progettuale appropriato dei componenti edilizi denota da parte del pro-gettista, oltre ad una conoscenza profonda della potenzialità espressiva del sistema tecnologico adottato, una sensibilità compositiva che qualifi ca l’im-magine architettonica tanto all’interno quanto all’esterno dell’edifi cio.

Diverso nel rapporto con l’esterno e nella dimensione, ma caratterizzato dallo stesso tipo di approccio progettuale è il centro commerciale di Gavinana, in via-le Giannotti a Firenze 8. Qui la presenza di un contesto edifi cato eterogeneo per morfologia ed epoca di costruzione rendeva diffi cile trovare una relazione tra l’intorno esistente e la nuova costruzione. Inoltre il lotto su cui il centro è sorto (area dimessa della ditta Longinotti) presentava caratteri particolari per lo sta-to di degrado (causato dal lungo periodo di abbandono), e per la posizione geo-grafi ca di cerniera tra il quartiere Gavinana, prossimo alla città, e viale Europa, più periferico e meglio attrezzato sul piano commerciale, ma carente, come il primo, di servizi e spazi pubblici. Perciò i caratteri propri dell’area da edifi care erano: l’intensità del transito automobilistico (viale Giannotti è il collegamento principale col centro storico per chi proviene dal casello Firenze Sud dell’auto-strada A1) e la mancanza di servizi e spazi pubblici di quartiere.Al lungo periodo di gestazione – 14 anni di trattative fra committenza, ammi-nistrazione comunale e popolazione, caratterizzati da un referendum popolare appositamente indetto, e da numerose varianti al progetto iniziale ed al piano di recupero (approdato poi in un defi nitivo Programma di Recupero urbano) – è se-guita una fase costruttiva di soli 2 anni. Tempo breve, considerando la dimen-sione e la complessità dell’intervento, specialmente riguardo all’articolazione tra spazi commerciali e spazi pubblici. Spazi pubblici che è stato possibile rea-lizzare solo grazie al particolare tipo di committente (Figg. 1 e 2). Infatti, come cooperativa di commercianti e consumatori il committente, la Coop, oltre ad essere il promotore ed il gestore, è anche fruitore del bene prodotto. Perciò, accanto ad un atteggiamento sociale particolarmente sentito – che ha accettato di buon grado la realizzazione degli spazi pubblici – ha tenuto un atteggiamen-to imprenditoriale, indispensabile allo sviluppo della struttura cooperativa, che persegue anche fi ni economici e che sperimenta in ogni nuovo intervento nuove linee di marketing e nuovi layout degli spazi di vendita.

7 Dall’intervista rilasciata dall’architetto Adolfo Natalini, progettista del centro commerciale I Gigli, all’architetto Eleonora Trivellin, docente presso il Corso di laurea in Disegno Industriale della Facoltà di Architettura di Firenze (15 marzo 2005). Segue (infra, cap. 3) una più dettagliata trattazione delle caratteristiche tipologiche e tecnologiche di questo centro.8 Dall’intervista rilasciata dall’architetto Adolfo Natalini e dall’ingegner Alessandro Chimenti, progettisti del centro commerciale Coop di viale Giannotti, Firenze, all’architetto Eleonora Tri-vellin (15 marzo 2005).

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Il costo delle opere di urbanizzazione ha assorbito il 20% circa del costo glo-bale dell’intervento. Un operatore commerciale, che non prevede fra i propri scopi fi nalità sociali, certamente non avrebbe potuto sostenere una tale inci-denza di spesa, dicono i progettisti. Per contro si può osservare che un simile impegno fi nanziario per opere pubbliche, collocate come sono sui fronti del-l’edifi cio, estendendo l’area d’infl uenza dell’effetto commerciale, esercitano un naturale richiamo sui frequentatori delle piazze. Perciò in fondo, il mag-gior costo iniziale fi nisce per essere un investimento che può diventare am-piamente rimunerativo per il committente.Inoltre non è da trascurare l’importante risultato riqualifi cante per l’intero quartiere, e la funzione di stimolo all’attività sociale degli spazi pubblici at-trezzati, specialmente quando hanno destinazioni specifi che (come in que-

1. Alcune opere pubbliche realizzate (in conto urbanizzazione) per la costruzione del centro: A) piazza Gino Bartali; B) piazza del mercato Pellegrino Artusi; C) parcheggio sotterraneo; D) audi-torium e centro mostre. Planimetria del centro commerciale Gavinana.

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sto caso) che sono, oltre a quella di separare in modo naturale il traffi co au-tomobilistico dai luoghi di sosta, o di transito pedonale, quella di fungere da connettivo alle varie aree. Oppure, quando si rendono disponibili aree urbane attrezzate di grande estensione – come piazza Bartali di 5400 metriquadri o piazza Artusi di 2000 – le attività possibili possono essere davvero tante, spe-cialmente per una città come Firenze che vanta una ricca programmazione annuale di eventi culturali rionali di vario genere.

2. Piano interrato. La centralità del sistema di ascensori, scale e tapis roulant assicura un facile e naturale collegamento tra le aree interne del centro (parcheggio interrato, galleria, supermer-cato, negozi) e le aree esterne pubbliche (piazze, negozi esterni, uffi cio postale). Centro com-merciale Gavinana.

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Possiamo considerare come il ruolo del progettista – che generalmente è quello di accogliere le richieste della committenza ed elaborare un progetto, rispettando l’apparato normativo esistente – in questo caso è stato caratte-rizzato da molte richieste particolari in corso di svolgimento del progetto. Ri-chieste che di volta in volta hanno comportato sostanziali modifi che al lavoro, ma che nell’insieme, probabilmente, hanno permesso ai progettisti di affi na-re sempre più il risultato defi nitivo dell’opera ai desideri dell’amministrazio-ne pubblica e della variegata committenza, producendo come risultato fi nale quello di un’opera architettonica integrata che soddisfa con un unico inter-vento esigenze diverse.Più che mediatore o garante tra le parti qui il progettista, a causa dei nume-rosi vincoli posti dall’amministrazione pubblica e a causa delle numerose ri-chieste di variazione della committenza, ha dovuto semplicemente, di volta in volta, recepire la nuova richiesta e soddisfarla.L’impianto spaziale dell’intero centro è imperniato sul cardine distributivo centrale all’incrocio di tre assi di distribuzione. In orizzontale, al piano terra, l’asse della galleria (con ingresso dalla piazza Artusi) interseca l’ortogonale asse della hall d’ingresso dalla grande piazza Bartali. In verticale, il funzio-nale sistema dei percorsi meccanizzati – tapis roulants per raggiungere col carrello i due piani interrati del parcheggio, più scale mobili e ascensori per raggiungere il primo piano – interseca al piano terra i due fondamentali assi di distribuzione. In pratica si tratta di un sistema di piani cartesiani avente per origine l’intersezione degli assi di distribuzione lungo i quali, con varie carat-terizzazioni ambientali, sono dislocati spazi di sosta (dove gli utenti possono scambiare gradevolmente due chiacchiere), negozi (con ampi spazi per vetri-ne), servizi vari e la fi la di casse del supermercato.Il rigore geometrico dell’impianto spaziale rende evidente, insieme ad una fruibilità sciolta e comprensibile dei vari ambiti – anche a chi entra per la pri-ma volta nel centro – pregevoli scorci prospettici fra la galleria e la piazza Ar-tusi, e, fra la hall e la piazza Bartali, dall’interno verso l’esterno e dall’esterno verso l’interno. L’attenzione nella scelta dei materiali di fi nitura degli interni e delle piazze oltre alla cura dei particolari architettonici rendono gradevole il transito e la sosta in ogni ambiente.Gli spazi di vendita del supermercato sono stati organizzati secondo un nuovo schema distributivo dove le scaffalature sono disposte a raggiera invece che parallele. Questo layout di organizzazione spaziale, sperimentato per la prima volta dalla Coop nel supermercato di Ponte a Greve a Firenze, costituisce una grande novità per l’utente-consumatore 9. Dovrebbe consentirgli di scegliere, a differenza del vecchio sistema distributivo a scaffalature parallele, un per-corso di spesa più idoneo alle esigenze individuali, più personalizzato. Nono-stante ciò, anche in questo caso esiste un criterio distributivo fi nalizzato a in-dirizzare i passi del consumatore, solo che, invece di essere incanalato verso

9 S. POLI, Addio zig zag al supermercato la spesa si farà girando in tondo. Scaffali a raggiera, per-corsi a scelta: decide il cliente, «La Repubblica», 05 marzo 2003 (cronaca di Firenze).

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l’unico percorso in su e in giù per i corridoi paralleli di scaffali, dall’ingresso alla fi la di casse, egli viene attratto – avendo ampia possibilità di scelta visiva – dal settore che più gli interessa, o dal centro focale dell’intero sistema che è il perno intorno a cui ruota uno dei possibili percorsi. Questo centro di at-trazione è costituito da una grande tenda, che come una grande cappa sorret-ta dalla canna fumaria, visibile da ogni luogo del salone, accoglie nello spazio sottostante la grande area gastronomica con cibi crudi e cotti.Questo tipo di organizzazione spaziale consente di liberare lo schema dall’im-perativo razionalistico delle scaffalature parallele, spesso non diverse l’una dall’altra pur contenendo diversi generi commerciali. Qui invece ogni tipo di prodotto è proposto con uno stile diverso. Frutta e verdure sono disposte in bella mostra su banchi di vendita come in un mercatino delle erbe. I prodot-ti da forno, le carni, il pesce, non sono più messi in vendita già pronti (in con-fezione) sugli scaffali, ma sono preparati lì per lì, pesati e venduti dal fornaio, dal macellaio, dal pescivendolo, che eventualmente consiglia il cliente sul-la specifi cità d’uso e sulla preparazione. Dietro ad ogni bancone, i laborato-ri di lavorazione specifi ci (forneria, macelleria, pescheria) resi accessibili allo sguardo da vetrate trasparenti sullo sfondo dei banconi di vendita, garanti-scono (visivamente) la freschezza dei prodotti e spettacolarizzano le attività di preparazione.L’ambiente, nell’insieme, assume un aspetto completamente nuovo che evo-ca libertà di scelta e, soprattutto, rapidità di accesso all’articolo desidera-to, quando si ha fretta, ma anche, quando si ha più tempo, la possibilità d’in-formarsi sulle caratteristiche di nuovi prodotti o di scambiare due parole con qualcuno.La forma del salone di vendita è meno importante del vecchio sistema. Occor-re solo una grande superfi cie, di forma più quadrata che rettangolare, anche se, quando la dimensione è davvero elevata, perde valore la forma del peri-metro. Importante invece è la possibilità di non avere grossi vincoli struttura-li ed impiantistici, nonostante che non sia necessaria, comunque, un’assoluta assenza di vincoli, com’è richiesto per altri tipi di edifi ci (Fig. 3).Le scelte tecnologiche per un così particolare sistema ambientale, e iter pro-gettuale, erano determinanti per il buon esito dell’opera, ma in defi nitiva, hanno dimostrato di poter reggere, con ottimi risultati, la sequenza di varia-zioni richieste al progetto.Riduzione dei costi e tempi brevi di costruzione hanno fi n dall’inizio orientato i progettisti verso l’uso di sistemi costruttivi evoluti e ben collaudati, che consen-tono la realizzazione contemporanea di più parti dell’opera. Ovvero tecnologie edilizie che offrono la possibilità di realizzare nello stesso arco di tempo di una prima fase, ad esempio, le strutture di fondazione in cantiere, più alcuni manu-fatti della struttura di elevazione in stabilimento di prefabbricazione del calce-struzzo, più altri manufatti della struttura di elevazione in offi cina di carpenteria metallica, mentre, in una seconda fase, possono essere messi in opera (in can-tiere) i manufatti di calcestruzzo prima fabbricati, e ancora, in una terza fase i pilastri e le travi d’acciaio, e così via, fi no alla conclusione dei lavori.

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Com’è facile intuire l’uso di questo tipo di tecnologie richiede un’eccellen-te organizzazione di cantiere e, soprattutto, la predisposizione di un progetto esecutivo particolareggiato in ogni dettaglio, al fi ne di assicurare il buon con-trollo morfologico di ogni manufatto, e, la buona integrazione dei componenti derivanti dalle differenti fabbriche.La prefabbricazione di buona parte della struttura – pilastri e travi in calce-struzzo armato precompresso, con pannelli di solaio in laterocemento – e

3. Piano primo. Centro commerciale Gavinana.

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4-6. Pilastri travi e involucro. La struttura in calcestruzzo armato della palazzina negozi supporta ed ancora i pannelli prefabbricati in calcestruzzo. I pannelli – protagonisti delle facciate – hanno l’aspetto e i colori delle pietre locali e avvolgono gli elementi strutturali dichiarandone la presen-za. Centro commerciale Gavinana.

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7-8. I particolari. La variazione funzionale degli spazi interni è enunciata in facciata da differenti tipi di panelli (tipo A, tipo A1, tipo A2) molto curati nei rapporti dimensionali e nella forma. Centro commerciale Gavinana.

della chiusura verticale – costituita da tre tipi di pannelli, sempre in calce-struzzo, realizzati in fabbrica e montati in opera già fi niti – ha certamente con-tribuito alla contrazione del tempo di costruzione (Figg. 4-8).Riguardo alle tecniche di prefabbricazione c’è da osservare che, pur risalen-do all’epoca della ricostruzione postbellica europea, dove ha giocato un ruo-lo fondamentale nel soddisfacimento del fabbisogno residenziale primario, l’uso di elementi strutturali e di pannelli prefabbricati in calcestruzzo arma-to, in Italia, non aveva mai raggiunto alti livelli produttivi, probabilmente a causa della grande presenza di maestranze qualifi cate per la realizzazione di murature tradizionali, e a causa della piccola dimensione degli interven-ti da costruire. Invece, nel nostro paese, il fondamentale contributo dei siste-mi prefabbricati allo sviluppo della produzione edilizia industrializzata, è stato possibile solo quando, questo modo di costruire, è stato applicato all’edifi ca-zione di fabbricati voluminosi. Il grande vantaggio della produzione seriale di manufatti edilizi, già caldeggiato da Le Corbusier e proposto da Walter Gro-pius, anche per tipologie residenziali, ha trovato pieno sviluppo nella realizza-zione di centri commerciali.Tanto nelle grandi aree di vendita di supermercati e negozi, quanto nelle au-torimesse interrate, generalmente, le dimensioni delle strutture prefabbri-

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cate ottimali (dal punto di vista produttivo e del trasporto), coincidono con le dimensioni delle campate strutturali degli spazi ottimali dal punto di vi-sta fruitivo.La struttura reticolare in acciaio, che come quella prefabbricata in cap può vantaggiosamente essere realizzata in offi cina e trasportata, può facilmente superare le luci di esercizio delle strutture in cap, grazie alla sua leggerezza.

9-10. Risparmio energeti-co. Il sistema di copertura a microshed della zona supermercato-galleria (a piano unico) assicura l’il-luminazione naturale agli ambienti in molte ore della giornata. Centro commer-ciale Gavinana.

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Inoltre presenta il grande vantaggio di poter accogliere negli spazi liberi del reticolo i condotti degli impianti 10.Nel centro commerciale di Gavinana è stata opportunamente, e in modo in-novativo, scelto di affi ancare alla struttura in cap – dei due piani interrati di parcheggio e della palazzina commerciale, piano terra e primo – la struttura in acciaio della galleria, dei percorsi verticali meccanizzati e dell’ampio su-permercato.Gli elementi verticali, alti monolitici pilastri tubolari neri, con capitello, sor-reggono il bianco e luminoso cassettonato, che esprime al tempo stesso l’ac-cortezza dei progettisti per il tema del risparmio energetico e l’uso in chiave moderna di un antico elemento architettonico (Figg. 9-10).Il cassettonato, in effetti, è la sola parte apparente del complesso sistema di copertura. La struttura di sostegno del manto e degli infi ssi verticali di al-luminio (orientati tipo shed) è costituita da travature reticolari d’acciaio che contengono negli spazi liberi interni i condotti degli impianti. La soletta colla-borante in calcestruzzo, gettata su lastre di lamiera grecata sorregge lo stra-to di isolante termico e il manto impermeabile. La copertura dei prismi retti emergenti, necessari per ottenere i lati degli infi ssi è in Rheinzink, posato su tavolato di abete grezzo da segheria. Fra shed e shed gli stessi canali di scor-rimento delle acque meteoriche permettono il transito di tecnici per la ma-nutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti e del manto di copertura (Figg. 11-13). Nell’insieme l’innovativo sistema di copertura consente di ot-tenere una suffi ciente illuminazione diffusa naturale nella galleria, negli al-tri spazi di distribuzione e nel supermercato. Solo nelle aree della vendita, in corrispondenza dei prodotti esposti, è necessario aggiungere alla luce natu-rale illuminazione artifi ciale.Nel progetto, per raggiungere il risultato di integrare ogni parte dell’edifi -cio, compreso le reti impiantistiche, è indispensabile l’adozione di un metodo progettuale che tenga conto dei requisiti globali dell’opera, individuando per ognuno quali (e quanti) sub-sistemi tecnologici, e con quale pacchetto di pre-stazioni, sarà in grado di soddisfarli.Perciò anche se la fase del progetto esecutivo architettonico (in cui viene svi-luppato oltre agli altri anche il progetto esecutivo degli impianti) è l’ultima delle tre fasi previste dalla legge Merloni 11, per ottenere buoni risultati è necessa-

10 Le considerazioni sulle tipologie strutturali dei centri commerciali sono state elaborate con il contributo dell’architetto Giampiero Barbetti, docente del Laboratorio di Costruzioni presso la Facoltà di Architettura di Firenze.11 La Legge quadro in materia di lavori pubblici n. 109/94, per garantire la qualità dell’opera, la conformità alle norme ambientali ed urbanistiche e il soddisfacimento dei requisiti essenziali (defi niti dal quadro normativo nazionale e comunitario), stabilisce tre livelli di approfondimento tecnico della progettazione. Livello 1. Progetto Preliminare, defi nisce le caratteristiche quali-tative e funzionali dei lavori, il quadro delle esigenze da soddisfare, le specifi che prestazioni da fornire. Livello 2. Progetto Defi nitivo, individua compiutamente i lavori da realizzare (nel rispetto delle esigenze, dei criteri, dei vincoli, degli indirizzi e delle indicazioni stabiliti nel progetto pre-liminare) e contiene gli elementi necessari ai fi ni del rilascio delle prescritte autorizzazioni ed approvazioni. Livello 3. Progetto Esecutivo, determina – in ogni dettaglio – i lavori da realizzare ed il relativo costo previsto.

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11-13. Il manto di copertura è complesso ma ben programmato per garantire, oltre alla consueta protezione dalle intemperie, anche l’illuminazione, l’aerazione degli ambienti e la praticabilità per facilitare la manutenzione. 1) manto di copertura in Rheinzink; 2) tavolato in abete grezzo da segheria; 3) intercapedine di aerazione; 4) sottomanto (membrana impermeabile e traspirante); 5) strato di isolante termico; 6) listellatura (posa incrociata); 7) strato ermetico (freno al vapore); 8) pannelli di irrigidimento in multistrato; 9) struttura in acciaio; 10) pannelli in Alucobond ispe-zionabili; 11) manto impermeabile tipo Sarnafi l TS; 12) pannelli di multistrato pendenzato; 13) trave principale in acciaio; 14) trave secondaria in acciaio; 15) cavedio di servizi; 16) fi nestre in alluminio. Centro commerciale Gavinana.

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rio prevedere fi n dall’inizio del progetto le interferenze di tipo fi sico-tecnolo-gico fra le diverse categorie di opere. La presa in considerazione del partico-lare costruttivo fi n dall’inizio del progetto è tanto più necessaria quanto più i produttori propongono componenti edilizi con prestazioni plurime. Prestazio-ni che spesso determinano morfologie ben defi nite degli elementi, perciò la mancanza di un’accurata verifi ca grafi ca delle connessioni fra elementi di dif-ferenti sub-sistemi tecnologici può produrre risultati architettonici deludenti. Al contrario invece, un’attenta disamina degli effetti plastici determinati dagli accostamenti dei componenti può generare nuovi interessanti esiti grafi ci.

IL MATTONE E L’ACCIAIO DEL CENTRO COMMERCIALE “DI QUARTIERE”

Il terzo intervento analizzato appartiene anch’esso al tipo “urbano” di peri-feria, nonostante che, rispetto al precedente, presenti sostanziali differenze, più nello stile architettonico e tecnologico che non nell’integrazione dell’edi-fi cio con l’esistente costruito circostante.Si tratta del centro commerciale di viale Canova, realizzato tra il quartiere Isolotto e le autostrade a Ovest della città nei primi anni novanta, in un tessu-to urbano residenziale perlopiù privo di servizi e spazi pubblici. Anche in que-sto caso il rapporto tra l’amministrazione pubblica, la committenza e il pro-gettista è stato fortemente mediato in quanto, ognuno dei tre operatori, aveva un imperativo categorico obbiettivo da raggiungere. L’amministrazione vole-va sanare la mancata realizzazione di servizi accumulata negli anni, perciò propose nel bando di concorso la sistemazione degli spazi pubblici di quar-tiere nella stessa area del centro. La committenza 12 era interessata ad apri-re nella città simbolo dell’arte e dell’architettura un anello della sua catena di negozi che fosse un vero emblema della linea distributiva del marchio, per-ciò affi dò l’incarico del progetto ad una fi gura di spicco dell’architettura con-temporanea. Il progettista voleva esprimere, anche nell’edilizia per il com-mercio, il segno elevato del suo modo di operare con tecnologie e materiali a lui noti, e spesso utilizzati nelle sue opere, ma adattati alle consuetudini co-struttive locali.

«… Io credo che le tecniche costruttive e quindi il processo di produzione siano stret-tamente legati alla cultura economica e sociale del luogo. Ho appena ultimato due edifi ci in India di altissima tecnologia, sono dei laboratori per programmatori di com-puter, che com’è noto sono i migliori al mondo, e, questi due edifi ci, sono stati co-struiti senza nessuna macchina edile. Tutto il materiale è stato trasportato da una processione di giovani donne, su piani inclinati, con ceste sulla testa, come ai tem-

12 È la Esselunga, azienda privata di origine milanese, che cura particolarmente, nei nuovi inter-venti, l’immagine architettonica e lo stile dell’edifi cio anche in rapporto al luogo.

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pi di Chandigarh [nuova capitale del Punjab, India, progetto anni Cinquanta. N.d.A.] di Le Corbusier» 13.

Se è vero, com’è vero, che l’architettura esprime nella stessa opera la volon-tà dei soggetti attuatori, in questo caso e stata determinante la congiunzione delle tre differenti fi nalità orientate, però, verso lo stesso scopo: quello di of-frire ai cittadini un sistema commerciale completo di servizi per il quartiere. l’intervento di viale Canova rappresenta per Firenze il prototipo dei modelli di centro che, alle funzioni strettamente commerciali (supermercato, nego-zi) associa servizi pubblici (uffi cio anagrafe, farmacia, banca) e spazi pubbli-ci (spazi verdi attrezzati per gioco bambini e per relax, piazzetta con fonta-na). I due parcheggi, uno interrato per gli utenti-compratori ed uno a raso per gli utenti-pubblici, danno il senso della integrazione dei due tipi di fruizione – pubblica e commerciale – che restano comunque ben separati nella gestio-ne e negli orari.L’organizzazione degli spazi è semplice e lineare. Essi sono contenuti in un rettangolo il cui il lato corto, a sud, ingresso principale della galleria, si affac-cia sul viale Canova. All’interno della galleria, a loro volta, si affacciano, dal lato sinistro e dal lato destro, il bar e due fi le di negozi, e frontalmente, in pro-fondità, il supermercato. L’asse longitudinale della galleria s’incontra, in cor-rispondenza dell’ingresso dal viale, con l’asse del percorso pedonale esterno attrezzato, parallelo al viale ma da esso separato tramite i piloni in muratu-ra di mattoni che sorreggono un altro percorso a quota più alta. Il percorso pedonale esterno attrezzato, su cui si affacciano i pubblici servizi, è ben ar-redato con panchine e fi oriere decorative, è coperto da una tettoia traslucida, e nell’insieme costituisce uno spazio pubblico dove è gradevole soggiornare, prima, dopo lo shopping, o addirittura senza fare acquisti ma semplicemen-te per scambiare due chiacchiere con amici. Dal lato opposto all’ingresso del centro, il percorso esterno si collega al giardinetto pubblico e al parcheggio a raso da cui si accede al parcheggio interrato e al supermercato.Nell’insieme il sistema di spazi esterni si presenta con semplici elementi or-dinatori dell’ambiente (percorsi pedonali e in quota, fontana, quinta di siepe), che qualifi cano le aree intorno all’edifi cio ispirando ai frequentatori sensazio-ni di quiete e offrendo loro confortevoli vedute. È gradevole passeggiare in-torno percependo i giochi prospettici tra i percorsi pedonali che conducono lo sguardo ad apprezzare, ora le curve degli archi ribassati di mattoni, sul-la facciata d’ingresso al supermercato dal lato del giardinetto pubblico, ora il frontone della galleria commerciale con la grande vetrata centrale (sul la-to dell’ingresso principale), contenuta ai fi anchi da due corpose murature di mattoni, e sovrastata in alto, da una coppia di travi speculari in tubo tondo

13 Dall’intervista rilasciata dall’architetto Mario Botta, progettista del centro commerciale Es-selunga di viale Canova, Firenze, all’architetto Eleonora Trivellin (30 aprile 2005), in occasione dell’inaugurazione della Mostra “Architetture del Sacro. Preghiere di pietra”, Firenze, Gipsoteca dell’Istituto Statale dell’Arte (30 aprile - 30 luglio 2005).

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d’acciaio verniciato di bianco. Le eleganti travi reticolari, sorrette da quat-tro pilastri cilindrici neri si congiungono al centro, dando origine al lucerna-rio, che percorre, lungo l’asse longitudinale, l’intera lunghezza del corpo di fabbrica. Il disegno della coppia di travi principali cattura lo sguardo del vi-sitatore già da molto lontano e svela, fi n dall’esterno, la trama della sezio-ne trasversale di tutta la leggera struttura di copertura. Già dall’antistante piazzale è possibile vedere, guardando dentro attraverso la vetrata, l’ampio spazio della galleria che è disegnata – in alto – dal leggero reticolo delle tra-vi d’acciaio rigorosamente bianche, scandito in senso longitudinale dal ritmo delle coppie di travi curve, inondato dalla luce naturale del lucernario – ai lati – dal bar e dalle vetrine dei negozi – e in basso – dal rigoroso pavimento nero che fa da contrappunto tonale dell’ambiente, e che accoglie, scandendone le forme, la varietà di colori delle insegne e delle luci delle vetrine.La ricerca di sintesi che approda nell’apparente serena e accogliente linea-rità spaziale dei luoghi è espressione tipica delle architetture di Botta. Eb-bene, quel senso di quiete che può a prima vista sembrare più adatto a spazi di meditazione che non a spazi di mercato, più ad un tempio che non ad una piazza, quegli ambienti vestiti dalle eleganti superfi ci delle pareti, dalle pavi-mentazioni e dai luminosi soffi tti, possono offrire a chi li frequenta un senso di appartenenza alla vita anche, e forse soprattutto, nei momenti di riposo dal lavoro. Nei momenti di shopping che non sono solo momenti di scambi com-merciali o di acquisto di beni essenziali per vivere, ma che sono anche mo-menti di svago e di apertura verso nuove conoscenze, momenti di relax ne-cessari per ritemprare lo spirito.Per costruire il centro di viale Canova è stato utilizzato un mix di tre tecnolo-gie ben integrate. Quella del getto in opera di calcestruzzo armato (in casse-forme riutilizzabili), per le strutture in elevazione verticali dei volumi prisma-tici laterali, che sono coperti da voltine a botte ad arco ribassato. Quella della struttura reticolare in acciaio per l’ampia fascia centrale appoggiata su pila-stri d’acciaio e calcestruzzo, che sostiene il sottile strato del manto di coper-tura in lamiera coibentata e il lungo lucernario. E quella del paramento mu-rario in mattoni che riveste, a mo’ di guscio, le facce esterne delle pareti in calcestruzzo, determinando, grazie alla camera d’aria fra i due strati mate-riali, il miglioramento della situazione climatica interna tanto d’estate quan-to d’inverno.Il calcestruzzo è accuratamente celato. L’acciaio ed il mattone sono lascia-ti in vista.Una particolare attenzione meritano i particolari costruttivi architettonici del-la trama muraria e della geometria reticolare della struttura metallica.Il mattone è il vero protagonista delle facciate. Intessuto (murato) ora in orizzon-tale ora in verticale ora a raggiera sugli archi ribassati, fi nalmente libero della funzione statica, il mattone è supportato dal retrostante muro di calcestruzzo, ed allo stesso muro è ancorato, con piastre e tondini d’acciaio. In tal modo – da elemento portato e non portante – la sottile parete di mattoni paramano (ad una testa) può esprimere al massimo la sua specifi cità prestazionale di paramento

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murario, scelto per ottenere la camera d’aria e migliorare coibentazione e iner-zia termica della chiusura, ma anche, e forse soprattutto, per la sua forte evoca-zione tradizionale e, al tempo stesso, evoluta delle tecniche costruttive.L’uso di murature in mattoni pieni era molto diminuito e tendeva a scompa-rire dai cantieri negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento. Il mattone, prima forato e raddoppiato di spessore per ridurre i tempi di costruzione, è stato gradualmente sostituito dal blocco di laterizio, che permette di realiz-zare rapidamente grandi superfi ci di parete, specialmente all’interno dei telai di calcestruzzo armato: i così detti tamponamenti. Poi la proliferazione del-le tecnologie del calcestruzzo, soprattutto lo sviluppo incontrollato dell’in-dustrializzazione edilizia (prefabbricazione a grandi pannelli portanti, getti in opera in grandi casseforme metalliche) che ha si elevato la produttività can-tieristica e consentito di accelerare i tempi della ricostruzione postbellica (più nei paesi della media Europa che in Italia), ma che ha pure prodotto un’edili-zia di scarsa qualità tecnologica, specialmente riguardo alle prestazioni ter-miche e acustiche dell’involucro, ha paradossalmente favorito il ritorno del mattone nella nuova veste di integratore prestazionale della qualità ambien-tale. La ricerca scientifi ca ormai più che trentennale promossa dai produtto-ri di manufatti in argilla cotta, e portata avanti da istituti di ricerca e diparti-menti universitari, ha sviluppato una nuova cultura dell’uso del laterizio e del mattone che è andata di pari passo con la sperimentazione progettuale e co-struttiva 14. Molti architetti hanno proposto, e propongono, nuove soluzioni di pareti ventilate, apparecchi murari, particolari soluzioni di abbattimento del-la trasmittanza soprattutto nei punti critici degli involucri, cioè proprio là dove sono presenti gli elementi strutturali in calcestruzzo, che ormai, salvo l’uso di particolari accorgimenti, è diffi cile vedere direttamente in facciata. Mario Botta ha in modo particolare contribuito alla rinascita dell’uso del mattone nell’architettura contemporanea, con soluzioni progettuali che, pur conside-rando l’aspetto del risparmio energetico, della sostenibilità, non rinunzia al-l’antico ruolo di portatore del messaggio estetico.La scrupolosa e minuziosa elaborazione del particolare – in corrispondenza degli spigoli, nel disegno dei coprimuro, nell’invenzione dei pluviali aperti in rame (che come canali verticali incassati lasciano scivolare l’acqua piovana convogliandola nel pozzetto ai piedi del muro), nella scelta del tipo e del co-lore di giunto fra elementi – dà risalto alle quinte del tessuto murario e rende evidente la potenzialità espressiva del mattone.Al corpo plastico dei paramenti murari si contrappone, entrando nella galle-ria, la leggerezza spaziale e luminosa delle strutture tubolari in acciaio. Po-trebbe sembrare un’usuale struttura orizzontale di carpenteria metallica se non fosse per qualche particolare attenzione, messa in atto durante il pro-getto, che ne ha scandito l’immagine e generato l’unicità dell’esito fi nale.La ricerca geometrica del raggio di curvatura ottimale per l’esile manto di

14 Numerosi esempi applicativi di soluzioni evolute sono trattati in articoli della rivista specializ-zata «Costruire in laterizio».

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copertura in lamiera è alla base concettuale del disegno complessivo del-la struttura. In effetti lo stesso raggio della curva del manto è anche ado-perato per la curva dell’elemento superiore ed inferiore della trave len-ticolare principale. Quello inferiore è ribaltato lungo l’asse orizzontale in modo da ottenere un disegno di sezione a mandorla (Fig. 14). La luce del-la trave così ottenuta è di soli 16 metri. Ma essendo raddoppiata, e quindi dando origine a due campate, genera uno spazio di galleria largo 32 me-tri, spazio che è percepito come unico e non diviso in due campate. Ciò è dovuto a due accorgimenti: il primo è quello di aver come separato visiva-mente la presenza degli elementi verticali – pilastri compatti di forma ci-lindrica e colore nero – dagli elementi della struttura orizzontale - retico-li di elementi sottili bianchi –; il secondo è quello di avere sottolineato con forza l’unicità dell’ambiente mediante la centralità dell’unica fonte di lu-ce della galleria. In effetti il lungo lucernario che visto dall’esterno divide in due parti l’edificio, visto dall’interno inonda di luce lo spazio unificando-ne la percezione.Nel centro commerciale di viale Canova il tema della piazza coperta, che era al-la base della ricerca voluta dal progettista, è stato sviluppato integrando spa-zi e servizi pubblici a spazi meramente commerciali e realizzando un ambien-te connettivo – la galleria – in cui l’utente riesce a svolgere le consuete attività commerciali percependo, al riparo dal sole e dalla pioggia (dal freddo e dal cal-do) lo stato del cielo nella sua continua evoluzione luminosa e climatica.

14. Trave principale della struttura reticolare in acciaio e suo rapporto con i pilastri d’appoggio e il corpo adiacente in mattoni faccia a vista. Foto dal disegno di Mario Botta. Centro commerciale Esselunga in viale Canova a Firenze.

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In defi nitiva, il compito dell’architetto è quello di predisporre le condizio-ni affi nché l’utente possa svolgere le attività proprie del luogo in condizio-ni fruitive e climatiche ideali, anche nei centri commerciali. Perciò, alla ri-chiesta dell’utente-consumatore di accedere a costi bassi all’acquisto (cosa possibile nel centro commerciale, concentrando vari tipi e quantità di mer-ce e riducendo i passaggi tra produttore e consumatore) si associa la richie-sta dell’utente-cittadino, abituato a fare compere nell’ambiente urbano, più o meno bello, ma comunque in spazi liberi e potendo scegliere il negozio. A queste richieste va aggiunta quella del committente che, praticamente, è quella di sollecitare il più possibile l’utente ad acquistare quanta più mer-ce è possibile.Questo insieme di richieste ha fatto nascere una prima tipologia di centro commerciale, forse ora tendente a scomparire, apparentemente più propizia al commerciante, dove il criterio distributivo degli spazi è quello di avvicinare il più possibile i prodotti alla portata di mano del consumatore, stringendolo fra pareti di scaffali colmi di voluttuosi beni di consumo, cioè annullando ogni contatto visivo con l’ambiente costruito e con la costruzione stessa. È eviden-te che in questo caso il contributo dell’architetto è quasi superfl uo, l’edifi cio può essere costituito da un anonimo involucro privo di ogni attenzione archi-tettonica, solamente in grado di garantire agli utenti la sicurezza e la funzio-nalità spaziale. A lungo andare questa tipologia ha logorato lo stile di vendita e reso l’utente desideroso di nuove esperienze.Da ciò è scaturito un nuovo criterio distributivo dello spazio, certamente più attuale del primo, probabilmente anche più remunerativo per il committente visto che ora risulta sempre più usato. Il concetto è quello di aprire le quinte delle scaffalature dei prodotti lasciando all’utente-consumatore più spazio, più possibilità di scelta del percorso e del tipo di prodotto da acquistare, più tempo per avere il piacere di apprezzare la qualità intrinseca dell’architettura e dell’ambiente fi n nei particolari costruttivi, ma oltre a ciò, anche la possibi-lità di percepire, pur non guardando verso l’alto, lo stato del cielo e la luce del giorno sui prodotti, sulle pareti, sui propri simili.È evidente che in questo caso, il contributo dell’architetto è fondamentale. E se il costo di costruzione può a prima vista sembrare maggiore, ciò è dovu-to ad un antico pregiudizio e ad un errato calcolo costi-benefi ci del commit-tente che non tiene conto né dei costi di manutenzione, né del costo energeti-co. In effetti, durante l’uso, già il risparmio prodotto dall’abbassamento delle spese energetiche e di manutenzione consente di ammortizzare in pochi anni l’eventuale maggiorazione del costo di costruzione.Inoltre, ciò che risulta percepibile da ogni tipo di utente del centro, è l’incre-mento di valore prodotto dalla qualità dell’interveto sul piano funzionale, sul piano ambientale, sul piano architettonico in generale.Cioè la possibilità di svolgere le consuete attività commerciali in ambiti spa-ziali particolarmente curati tanto da favorire al tempo stesso attenzione per l’acquisto, svago e benessere psico-fi sico.

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RIFLESSI DELLE MUTAZIONI SOCIOCULTURALI SULLA PROGETTAZIONE DI SPAZI E

TECNOLOGIE DI CENTRI COMMERCIALI

Nel concludere questo breve saggio sembra opportuno considerare nell’in-sieme le attività e le modalità di acquisizione dei dati che hanno caratterizza-to i risultati del lavoro di ricerca 15.Il tema è stato sviluppato nell’ambito di due settori disciplinari affi ni: quello della Tecnologia dell’architettura e quello del Disegno industriale. I due setto-ri derivano storicamente da un unico settore scientifi co ed hanno un rilevante merito nell’Ateneo fi orentino che ha visto l’istituzione, negli anni Sessanta, della prima cattedra di Disegno industriale nell’area della Tecnologia dell’ar-chitettura. L’obiettivo è inerente alla progettazione di spazi e tecnologie ca-paci di soddisfare il complesso sistema esigenziale delle nuove architetture per centri commerciali.La stretta connessione tra la spinta innovativa (di processo e di prodotto) delle tecnologie costruttive e l’evoluzione del sistema dei requisiti richiesti all’im-magine architettonica (interna ed esterna) dei centri commerciali attuali, ha sollecitato la trattazione del tema sotto tre aspetti: quelli tipologici, il rap-porto pubblico-privato (amministrazione-committenza) per la qualifi cazione ambientale della fascia di confi ne edifi cio-città; l’interazione degli utenti (pro-duttori-consumatori) nella evoluzione delle morfologie ambientali del siste-ma edilizio degli spazi di vendita; quelli tecnologici, l’immagine architettonica possibile dei sub-sistemi tecnologici e dei componenti, nel mix industriale-tradizionale dell’attuale produzione edilizia; e quelli d’arredo, che nell’edifi cio commerciale investe problematiche oltre che proprie d’arredamento, anche di visual e merchandise design caratterizzanti il disegno industriale. È stato individuato lo scenario di progetto e il design tematico, che sono caratterizzati, in Italia, dall’impatto tra le nuove regole del marketing (di de-rivazione americana) e le consuetudini tradizionali dei consumatori abituati all’acquisto in negozio. I nuovi consumatori si recano al centro commerciale per risparmiare, con una lista di acquisti oppure senza idee precise, ma spesso, comprano d’impulso e si attendono servizi aggiuntivi, come l’angolo bar, i video giochi, il cinema, altro. Gli spazi dei centri commerciali, diventa-no luoghi da progettare a tema su nuovi requisiti sociali e di consumo.Queste aree, associabili al consumo come contesto del punto di acquisto, sono raggruppabili in precise indicazioni di scenario per il progettista – stra-de e piazze pubbliche, cinema, teatro, area relax – e offrono al compratore

15 Le considerazioni contenute nel capitolo fanno parte dei risultati di ricerche d’Ateneo degli ul-timi tre anni e della ricerca “Marketing-architettura: rifl essi delle mutazioni socioculturali sulla progettazione di spazi e tecnologie di centri commerciali” coordinate dall’autore. Quest’ultima fa parte del Programma Ricerca di Interesse Nazionale “Le trasformazioni del consumo e del commercio e i loro effetti sull’organizzazione degli spazi e sulle architetture delle città e delle aree metropolitane italiane”, coordinato da Giandomenico Amendola.

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l’esperienza delle relazioni sociali traslate dalle aree urbane all’interno del centro commerciale.Riguardo alla localizzazione, data la tendenza ad aumentare la dimensione e l’infl uenza territoriale su un bacino d’utenza sempre più mirato, i cen-tri commerciali sono cambiati: da luoghi in cui si andava per pura conve-nienza economica, comprando quasi all’ingrosso, a luoghi dove ci si reca per passare una giornata di relax e shopping, oppure con l’estensione degli orari, per passare una serata al cinema o in pizzeria. I centri commerciali vendono oggi anche servizi. I principali cambiamenti sono soprattutto stati innescati dalla grande mobilità dei clienti, che diffi cilmente si fi delizzano, ma che vanno pescati in grandi fl ussi. Quindi lo spazio di vendita, riguardo a questo ambito di problemi, cambia in riferimento agli aspetti localizzativi, collocandosi su assi di grandi fl ussi veicolari, nello spazio gravitazionale di stazioni (ferroviarie, metro, autobus) o fuori della città, in prossimità dei caselli autostradali. Sono stati presi in considerazione ed analizzati tre casi studio tipici delle trasformazioni del consumo e del commercio in Firenze. In essi sono stati individuati e rilevati i dati più signifi cativi del lavoro per ognuno dei tre am-biti di ricerca considerati. La progettazione del sistema ambientale dei nuo-vi centri commerciali implica la conoscenza della normativa tecnica ai vari livelli amministrativi presenti sul territorio, la valutazione della congruità reddituale dell’iniziativa, e, l’armonizzazione fruitiva ambientale tra posi-zione della merce, percorsi di servizio e strategie di visual design fi nalizzate alla vendita. Sono state recepite indicazioni dagli organi tecnici di settore (ex Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali), presso i quali le tematiche di identità terminologica sono state affrontate, con l’obiettivo di realizzare una generale condivisione nell’ambito settoriale specifi co rispetto a:1. defi nizione di Centro Commerciale (complesso di esercizi indipendenti

pianifi cato e realizzato con criteri univoci la cui dimensione, merchandi-sing mix, servizi comuni attività complementari e parcheggio sono com-misurati all’area di attrazione e che si avvale permanentemente di una gestione e di un’immagine coordinata);

2. classifi cazione di Centro Commerciale (per dimensione e tipologia, per localizzazione, per tipo di utilizzo, nonostante che le recenti linee evoluti-ve abbiano portato alla comparsa di tipologie diversifi cate in cui compare un mix funzionale nuovo, tale da dare origine a confi gurazioni tipologiche inedite quali: centri commerciali a tema, centri commerciali di rinnovo urbano, parchi commerciali, factory outlets centers);

3. classifi cazione degli operatori che intervengono nel processo di promo-zione e gestione del Centro Commerciale (promotore, proprietario, inve-stitori o società d’investimento, società di commercializzazione, società di gestione, società fornitrici di servizi, locatari);

4. termini e defi nizioni (ancore, locomotive o unità trainanti, area di attra-zione, locazione temporanea, merchandising mix, parti comuni, R.O.I. – return on investment –, studio di fattibilità, superfi cie affi ttabile lorda).

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La progettazione del sistema tecnologico di centri commerciali prevede so-luzioni strutturali ed impiantistiche varie secondo il caso specifi co. Nella maggior parte dei casi un generico involucro, sostenuto da telai in calce-struzzo, contiene i diversi tipi articolazioni spaziali allestiti con arredo di-verso secondo il tipo di merce da vendere. Le reti degli impianti (elettrico, di climatizzazione, di sicurezza incendio) caratterizzano superiormente gli ambienti interni, quando non sono contenute da controsoffi tti attrezzati. Ma negli interventi dove la committenza o l’amministrazione locale richie-de una caratterizzazione particolare, interventi che costituiscono comun-que una piccola parte dei centri costruiti, allora l’aspetto architettonico, le tecnologie e i materiali chiamati in ballo cambiano. Oltre al calcestruzzo, che per sostenere i carichi determinati dalle grandi luci libere da elementi strutturali verticali resta sempre valido, viene utilizzato anche l’acciaio e il legno lamellare per le strutture ed il vetro strutturale per le chiusure che, in molti casi, vantano prestazioni bio-climatiche ecologiche e sostenibili. Nella ricerca è stato assunto come riferimento generale il quadro degli interventi che indirizzano verso nuovi approcci e nuove modalità defi nite dalla proget-tazione tecnologica degli spazi commerciali, ormai unanimemente condivi-se nel contesto nazionale italiano ed internazionale. Nell’ambito specifi co della progettazione tecnologica sono stati delineati gli aspetti prestazionali e le caratteristiche della concezione costruttiva dei sub-sistemi tecnologici e dei componenti, in accordo con i requisiti funzionali e tipologici degli spazi per la vendita. In relazione alla complessità delle tipologie strutturali, sono state defi nite, le caratteristiche dell’organizzazione delle fasi operative di cantiere, nonché della programmazione dei piani di manutenzione. È sta-to inoltre ritenuta importante la lettura delle interazioni tra i sottoinsiemi impiantistici, necessari per garantire ai diversi livelli adeguate condizioni di confort ambientale e di sicurezza all’interno delle strutture edilizie, in rela-zione alla concezione e alla confi gurazione degli spazi, degli arredi e delle attrezzature di servizio.Dei casi analizzati sono state elaborate le informazioni acquisite e siste-matizzate attraverso una griglia concettuale di riferimento strutturata se-condo i contenuti di:a) sistema tecnologico-funzionale, tenendo conto delle esigenze e delle

logiche di progetto;b) sistema dei requisiti di progetto, sia di ordine tecnologico che ambienta-

le-tipologico, connotanti le strutture edilizie con funzione commerciale e di servizio; c) individuazione, uso di modelli di riferimento.

Tra le tipologie di Centri Commerciali sono state considerate quelle rien-tranti nella forma alternativa a quella tradizionale, definita “Parco Com-merciale” costituente l’aggregazione di esercizi di grande, media e piccola dimensione che, nell’ambito di un progetto preventivo ed unitario, consen-te di vivere l’esperienza del consumo integrato a quella del tempo libero.Sono stati analizzati i punti di evoluzione tecnologica dei sistemi costruttivi rispetto alla progettazione dei sistemi edilizi e degli apparati tecnologici e

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impiantistici degli edifici commerciali. Essi si sviluppano in relazione alle tipologie funzionali definite da: spazi chiusi (negozi ed attrezzature); spazi protetti (gallerie e porticati di circolazione pedonali); spazi aperti (aree attrezzate a verde e piazze). Sono stati analizzate e classificate le solu-zioni tecnologiche riferite ai sistemi costruttivi degli spazi con funzioni sia commerciali che di servizio. Pertanto sono stati analizzati, ai diversi livelli di approfondimento, i caratteri delle soluzioni tecnologiche, indirizzate dai nuovi approcci progettuali che devono tener conto delle logiche di mer-chandise e dell’integrazione di servizi (generalmente esterni) che devono rispondere a requisiti logistici diversi Nei casi studio considerati i criteri adottati nell’analisi fanno riferimento ai sistemi e subsistemi costruttivi dei manufatti edilizi secondo la scom-posizione in: tipologia e sistema strutturale, strutture portanti (elementi e componenti strutturali prefabbricati in cap, strutture miste legno-cal-cestruzzo, strutture in legno lamellare, strutture in acciaio, ecc.), siste-ma delle chiusure verticali di tamponamento e dei sottosistemi (chiusu-re opache e/o trasparenti, sistema degli infissi), sistema delle chiusure orizzontali (solai di interpiano, coperture), sistema delle partizioni interne (pareti divisorie fisse e mobili), sistemi di collegamento verticali (scale, scale mobili, ascensori), sistema impiantistico (impianti di climatizzazione e trattamento dell’area interna, illuminazione, sistema di comunicazione ed informazione interno, ecc.), sistemi di sicurezza (antincendio, dotazioni di sicurezza per l’utente, ecc.), sistemi di approvvigionamento energetico (alternative energetiche sostenibili: fotovoltaico, di calore, ecc.), sistema delle attrezzature (parcheggi interrati e fuori terra, parcheggi esterni).Dall’analisi dei centri commerciali analizzati si rileva che i sistemi costrut-tivi sono in costante processo di trasformazione e innovazione tecnologi-ca, in ragione della complessità prestazionale richiesta per tali manufatti edilizi. Dalla rassegna delle soluzioni adottate nella realtà fiorentina i ri-sultati dell’analisi, condotta secondo i criteri citati, si evidenziano alcuni orientamenti prevalenti delle recenti tendenze innovative nelle architettu-re degli spazi commerciali.Da un lato si registra un costante sviluppo dell’applicazione di soluzioni tecnologiche con sistemi integrati: tale innovazione riguarda i sistemi ad elevata complessità (quali le vetrate a doppia pelle o le facciate continue con integrazioni impiantistiche), i sistemi a media complessità derivanti dall’integrazione di semilavorati evoluti (come, ad esempio, i sistemi per pareti ventilate), i sistemi a bassa complessità (sistemi per intercapedi-ni areate, manti di copertura microventilati) e prodotti-kit (microsistemi adottati prevalentemente per gli arredi e i componenti di partizione inter-na).Accanto all’applicazione di questi sistemi, diventa sempre più consistente il processo innovativo attuato con il trasferimento di prodotti ad alte pre-stazioni, come nel caso di elementi leggeri per gli impalcati con elevato livello di integrazione impiantistica, o di coperture vetrate di nuova gene-

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razione che consentono il controllo degli apporti temici e luminosi delle radiazioni solari. Infine, si è ritenuto importante nell’analisi delle tipologie di edifici commerciali, una lettura delle interazioni tra le soluzioni tecno-logiche applicate in accordo con i requisiti funzionali e tipologici degli spa-zi di vendita, da un punto di vista della concezione e configurazione degli spazi, degli arredi e delle attrezzature 16.

16 Il materiale di ricerca è desunto, oltre che dalle fondamentali basi bibliografi che anche dall’or-ganizzazione e da numerose interviste tematiche agli operatori del processo (progettisti, costrut-tori, committenti, produttori, consumatori), e da rilevamenti sul campo delle caratteristiche archi-tettoniche (ambientali, fruitive e tecnologiche) di tre nuovi centri commerciali fi orentini. In modo particolare il seminario “Evoluzione dello spazio e degli arredi nel progetto di architetture per il commercio dei libri” ha permesso di stabilire un contatto con gli operatori, al fi ne di ascoltare direttamente dai protagonisti del cambiamento in atto le loro aspettative, prima di tracciare nuove linee guida progettuali per architetture destinate alla vendita di libri. Hanno partecipato al lavoro di ricerca Vincenzo Legnante, Alessandro Ubertazzi, Maria Antonietta Esposito, Alberto Di Cintio, Laura Giraldi, Eleonora Trivellin, Marco Forcelli, Antonio RicheIini.

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Le aziende che si occupano della grande distribuzione generalmente commissionano la progettazione dei loro ipermercati ad architetti famosi per curare l’immagine del proprio marchio, sfruttando i punti strategici del territorio urbano. Edifi ci dalle forme leggere, dove ogni particolare tecnologico è studiato con cura. Acciaio, legno lamellare, vetro e alluminio sono i materiali protagonisti ma anche il calcestruzzo armato è spesso usato con ottimi risultati. L’uso di elementi prefabbricati in calcestruzzo armato precompresso (cap) – pilastri, travi e tegoli – può risultare di diffi cile impiego in fase progettuale. Tuttavia questa tecnologia è usata a larga scala per i centri commerciali, poiché sono in produzione sistemi costruttivi integrati ed evoluti, a costi contenuti, che richiedono brevi tempi di costruzione e soprattutto che sono personalizzabili nelle fi niture.

(sopra) Il sistema Thor microshed, della ditta Rdb di Pontenure, costituito da

elementi prefabbricati in calcestruzzo armato precompresso, consente, grazie

alla forma asimmetrica dei tegoli, di ottenere un’ottimale illuminazione diffusa

a luce orientata (nord). Il manufatto appartiene alla famiglia di elementi in

cap di tipo “alare” la cui forma “a V” molto aperta è irrigidita da una soletta di collegamento delle ali che consente

di raggiungere i 30 m di luce grazie alla elevata resistenza propria delle sezioni

scatolari.

(a destra) I sistemi di copertura Thor e Thor microshed, costituiti da elementi

prefabbricati in calcestruzzo armato precompresso, sono caratterizzati

dall’impiego di grandi tegoli di copertura con sezione “a V”, rispettivamente, simmetrica e asimmetrica. Hanno

massima fl essibilità di utilizzo, in quanto possono essere impiegati per edifi ci ad

uso industriale, commerciale e terziario.

La ricerca delle immagini e le didascalie delle pp. 41-48 sono a cura dell’architetto Lorenzo Gozzini, cultore della materia presso il Laboratorio di Tecnologia dell’architettura, Facoltà di Architettura di Firenze

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Il sistema Imago, costituito da elementi prefabbricati in calcestruzzo armato precompresso, utilizza un tegolo a profi lo alare di sezione costante con forma “a V”, provvisto di due canali superiori destinati alla raccolta ed all’espluvio delle acque meteoriche, collegati da tiranti metallici, in modo da minimizzare le sollecitazioni fl essionali trasversali. Il tegolo Imago può coprire luci dai 20 ai 30 m (ottimale 24-26 m).

Travi di coronamento perimetrale delle facciate a sezione costante, con forma “a V” (altezza = 120 cm; larghezza = 160 cm), che realizzano una gronda superiore a protezione dell’edifi cio, con funzione di portare i tegoli Imago, e con funzione di raccogliere le acque meteoriche. Le cospicue dimensioni dell’invaso, oltre alla continuità idraulica realizzata sul perimetro della copertura, permettono il defl usso di ingenti volumi di acqua piovana sull’esterno del fabbricato, consentendo la realizzazione di edifi ci “senza acqua all’interno” (tegoli adeguatamente disposti in leggera pendenza) con tutti i vantaggi economici e funzionali che ne conseguono.

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Il complesso della copertura è formato da tre volumi distinti, in armonia fra loro, che danno vita ad un unico elemento, un’ellisse

spezzata a simboleggiare il simbolo dell’azienda. L’impiego del legno lamellare ha reso possibile l’idea

di una struttura leggera e dalle forme geometriche particolari. La pensilina è costituita da elementi

strutturali in acciaio con copertura in pannelli di lamiera grecata.

Centro commerciale Carrefour, Limbiate (Progetto: architetto A.

Cedro, arch. A. Bonafé, Studio Aedis architetti associati).

Colonne in legno lamellare a sezione circolare del diametro di 40 cm. Esse terminano alla base

con un dettaglio (che ricorre anche nel resto della struttura): quattro

lame d’acciaio si assottigliano fi no a convergere su una semisfera piena

ancorata alla fondazione. Questo dettaglio offre alla colonna una

confi gurazione snella nonostante il compito strutturale. Le colonne,

disposte accoppiate “a V” rovesciata, assorbono i carichi orizzontali

paralleli alle facciate e sfruttano il principio secondo cui: un carico

orizzontale applicato in sommità a due pilastri si scompone alla base in

una coppia di forze compressione-trazione, dando luogo ad uno

schema statico assai rigido. Centro commerciale Carrefour, Limbiate.

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Nella parte posteriore ci sono due percorsi diagonali in cui sono presenti numerosi

negozi, disposti su di una galleria centrale, che conduce all’ipermercato vero e proprio.

I due percorsi “Mall” si sviluppano per una lunghezza rispettivamente di 83 e

87 m ed una larghezza di 11 m. Centro commerciale Carrefour, Limbiate.

La struttura della copertura in legno lamellare è costituita, oltre che dall’orditura secondaria, da una serie di telai principali paralleli con travi a doppia centinatura, intradosso orizzontale e estradosso inclinato, per formare la copertura a due falde. Le travi principali poggiano su pilastrini in legno lamellare che a loro volta posano su architravi in cemento armato. Le gabbie metalliche che defi niscono la struttura dei lucernari sono di tipo prefabbricato e vengono agganciate sia all’orditura primaria che secondaria tramite l’utilizzo di piastrine sagomate e viti autofi lettanti. Centro commerciale Carrefour, Limbiate.

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In cantiere. Veduta di una delle aree laterali che servono i percorsi di distribuzione e gli accessi. La copertura in legno lamellare fa parte di uno schema statico indipendente che porta i carichi a terra attraverso autonomi pilastri. Le altre strutture invece, sono in acciaio e in calcestruzzo armato. La facciata continua in vetro visibile sullo sfondo, è realizzata con telai in alluminio. L’impiego di materiali diversi per le strutture, presuppone un’organizzazione del cantiere molto accurata per garantire il rispetto dei tempi e la coordinazione delle diverse categorie di montatori. Centro commerciale Carrefour, Limbiate.

In cantiere, fasi di montaggio di carpenterie metalliche. Centro commerciale Carrefour, Collegno.

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La carpenteria metallica della struttura del sistema di copertura è accuratamente celata per dar forma al cassettonato luminoso e rifl ettente dei microshed. Con sempre più frequenza il progettista sceglie di utilizzare illuminazione e aerazione naturale – controllandone gli apporti e integrandola alle prestazioni degli impianti – anche in edifi ci di grandi dimensioni e con numerosi utenti. Centro commerciale di Gavinana, Firenze.

Risparmio energetico. Il sistema di copertura a microshed della zona supermercato-galleria (a piano unico) assicura l’illuminazione naturale agli ambienti in molte ore della giornata. Centro commerciale di Gavinana, Firenze.

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La carpenteria metallica della struttura orizzontale è evidenziata “con discrezione” dall’abbondante fl usso di luce naturale adagiato sui reticoli di tubi bianchi. Centro commerciale di viale Canova, Firenze.

Leggerezza, luminosità e leggibilità della funzione statica nella struttura di copertura. Capriate e travi reticolari possono anche garantire, se ben organizzati come in questo caso, facili attraversamenti degli impianti che rafforzano il carattere funzionale dell’aspetto interno. Centro commerciale di viale Canova, Firenze.

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L’edifi cazione di un centro commerciale può costituire l’opportunità per realizzare – specialmente là dove non ne esistano – servizi di quartiere per i cittadini. Giardinetto pubblico e piazza coperta costituiscono un eccellente esempio di attrezzabilità urbana delle aree adiacenti al Centro commerciale di viale Canova, Firenze.

L’attenzione del progettista e dell’urbanista per la destinazione d’uso delle aree urbane limitrofe a un centro commerciale gioca un ruolo fondamentale nel collegamento fra il nuovo – generalmente imponente e frequentato – edifi cio ed il preesistente paesaggio della città. Una piazza attrezzata per il relax urbano e per il mercato rionale all’aperto è molto più gradevole di un usuale piazzale per il parcheggio. Piazza Pellegrino Artusi, Centro commerciale di Gavinana, Firenze.

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Temporaneità delle strutture espositive in un mercato rionale fi orentino.

Anche nel caso di strutture chiuse buona parte degli spazi commerciali sono situati all’aperto, in alcuni casi protetti da tettoie. Il mercato di Sant’Ambrogio a Firenze.

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Si noti il rapporto tra la trave e gli elementi ad archi ribassati il cui ritmo modulare è ribadito dai segni verticali dei pluviali aperti sulla facciata. Si tratta del fronte laterale est prospiciente il parcheggio di superfi cie e l’accesso al parcheggio interrato.

Con lo spostamento della grande vetrata di chiusura in corrispondenza del fi lo della facciata, la galleria principale ha acquistato una fruibilità gradevole in tutte le stagioni, pur mantenendo un rapporto visivo diretto con l’esterno.

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Fa parte della seconda fase dell’intervento la realizzazione di questo percorso attrezzato coperto che ha permesso di creare un vero e proprio centro di servizi per il quartiere.

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Particolare del pluviale a cielo aperto in cui si evidenzia la cura e l’originalità formale.

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Il lungo fronte principale che viene percepito dai visitatori dei Gigli ha quasi il valore di una collina artifi ciale segnata fortemente dalle due torri cilindriche e dalle insegne pubblicitarie.

È facile riscontrare la presenza di alcuni elementi tipici che vanno a defi nire la qualità spaziale come la luce naturale o la presenza di numerose piante. Le sedute sottolineano la vocazione di spazi per stare e non solo per passare.

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La veduta dall’alto della galleria chiarisce il senso spaziale dell’intero complesso: la volta in travi di legno lamellare e le pareti laterali rastremate verso l’alto imprimono una forte caratterizzazione all’interno della galleria dove sono collocate due fi le di negozi.

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Al primo piano dell’edifi cio è stata dedicata un’area al mercato. Qui vengono riproposti gli schemi spaziali e i caratteri formali tipici della vendita ambulante.

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L’attacco tra la tettoia metallica e l’edifi cio in muratura evidenzia il diverso trattamento formale dei materiali: la muratura ripropone i segni morfologici dell’architettura tradizionale, il metallo usa le forme della produzione industriale.

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Piazza Gino Bartali sulla quale è situata la fronte principale dell’edifi cio segnata dalla travatura circolare e dalla tettoia metallica. Foto studio Natalini

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La galleria è un vero e proprio attraversamento

urbano che mette in comunicazione tre fronti

dell’edifi cio e la parte del supermercato che risulta

separata dalla presenza della barriera delle casse.

Si noti la pavimentazione marmorea e la luce diffusa

proveniente dalla copertura.