“A che libro giochiamo?” - bibliotecastense.it · La lettura ad alta voce da un lato favorisce...

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“A che libro giochiamo?” Corso di aggiornamento sulle tecniche e modalità di lettura ad alta voce per insegnanti delle scuole materne, elementari e medie di Asti e Provincia. a.s. 2004-05 In un paragrafo del libro di Bianca Pitzorno, “Storia delle mie storie”, viene spiegato in modo semplice e chiaro l’importanza della lettura fin dalla prima infanzia. Ecco ciò che l’autrice stessa ci dice: Credo sia impossibile considerare la condizione di scrittore senza riflettere prima sulla condizione di lettore. E tanto più mi pare impossibile riflettere sulla figura di uno scrittore per bambini e ragazzi se non si riflette sulla sua esperienza di lettore bambino. Per quanto mi riguarda, le letture fatte prima degli undici anni sono state fondamentali. Molto più importanti e formative delle letture adulte, vere pietre angolari sulle quali si è poi strutturata la mia personalità: il mio sistema di valori, il mio gusto, le mie passioni, le mie ripugnanze, le mie indignazioni, la mia rabbia, le mie scelte politiche. I libri hanno avuto nella mia infanzia un ruolo così importante che, se cerco di immaginarli senza di loro, i miei primi anni si riducono a ben poca cosa. Eppure la mia vita non era quella di una piccola ammalata confinata in un letto, alla quale solo le parole e le immagini stampate potevano fornire notizie ed esperienza della realtà. La mia vita era piena di cose ed esperienze concrete, di rapporti affettivi intensi, di sensazioni fisiche, di emozioni… eppure niente di tutto questo aveva per me un senso, un valore, un punto di riferimento, se non in rapporto ai libri che contemporaneamente andavo leggendo e rileggendo. Esistevo, ma senza i libri non avrei saputo di esistere. La coscienza del mio io, la possibilità di interpretare il mondo, la scelta etica come volontà di essere in un modo piuttosto che in altro, lo devo esclusivamente ai libri, a quei libri.” Referenti per la Biblioteca Astense: Mauro Crosetti e Luisa Corino C.so Alfieri, 375 – tel. 0141-593002 fax 0141-531117 e-mail: [email protected]

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“A che libro giochiamo?”

Corso di aggiornamento sulle tecniche e modalità di lettura ad altavoce per insegnanti delle scuole materne, elementari e medie di Asti eProvincia.

a.s. 2004-05

In un paragrafo del libro di Bianca Pitzorno, “Storia delle mie storie”, vienespiegato in modo semplice e chiaro l’importanza della lettura fin dalla primainfanzia. Ecco ciò che l’autrice stessa ci dice:

“Credo sia impossibile considerare la condizione di scrittore senza riflettereprima sulla condizione di lettore. E tanto più mi pare impossibile riflettere sullafigura di uno scrittore per bambini e ragazzi se non si riflette sulla suaesperienza di lettore bambino. Per quanto mi riguarda, le letture fatte primadegli undici anni sono state fondamentali. Molto più importanti e formativedelle letture adulte, vere pietre angolari sulle quali si è poi strutturata la miapersonalità: il mio sistema di valori, il mio gusto, le mie passioni, le mieripugnanze, le mie indignazioni, la mia rabbia, le mie scelte politiche. I librihanno avuto nella mia infanzia un ruolo così importante che, se cerco diimmaginarli senza di loro, i miei primi anni si riducono a ben poca cosa. Eppurela mia vita non era quella di una piccola ammalata confinata in un letto, allaquale solo le parole e le immagini stampate potevano fornire notizie edesperienza della realtà. La mia vita era piena di cose ed esperienze concrete,di rapporti affettivi intensi, di sensazioni fisiche, di emozioni… eppure niente ditutto questo aveva per me un senso, un valore, un punto di riferimento, se nonin rapporto ai libri che contemporaneamente andavo leggendo e rileggendo.Esistevo, ma senza i libri non avrei saputo di esistere. La coscienza del mio io,la possibilità di interpretare il mondo, la scelta etica come volontà di essere inun modo piuttosto che in altro, lo devo esclusivamente ai libri, a quei libri.”

Referenti per la Biblioteca Astense: Mauro Crosetti e Luisa CorinoC.so Alfieri, 375 – tel. 0141-593002 fax 0141-531117e-mail: [email protected]

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Parte prima

MOTIVAZIONILa lettura ad alta voce da un lato favorisce la socializzazione, viene condivisadal gruppo come momento rilassante e piacevole da vivere insieme, dall’altrosostiene e facilita la lettura individuale, diventa strumento propedeutico alpiacere della lettura e al gusto della narrazione.L’adulto mediatore si fa portatore del piacere di una storia, la sua voce èaffascinante, egli incorpora il testo trasformandolo in voce-gesti-espressioni-movimenti creando negli ascoltatori un clima positivo di attesa.

E’ dunque molto importante proporre un buon modello di lettura, mal’esperienza è valida soprattutto se è personalizzata, perché diventaun’occasione per arricchire la comunicazione ed ha in sé una forte caricaaffettiva.

FINALITA’ Il corso ha lo scopo di far acquisire competenze psicopedagogiche emetodologico-didattiche relative all’educazione alla lettura, di fornire strumentiper sperimentare strategie sul campo e di verificare la ricaduta didattica dellaproposta formativa.Intende coinvolgere i docenti nella ricerca e definizione di metodi, strategie etecniche di motivazione e di animazione alla lettura, per il recupero di unadimensione seduttiva del leggere.

Si propone di: Acquisire competenze sulle strategie, tecniche e metodologie di lettura. Acquisire competenze di motivazione e animazione alla lettura.

SCELTA DEL LIBRONella scelta di un libro da leggere ad alta voce ci sono alcune caratteristiche davalutare tra cui la brevità, la chiarezza, lo schema compositivo semplice e avolte ripetitivo o ritmato, la presenza di dialoghi, gli sviluppi e finaliimprevedibili…E’ sottinteso che i libri per i bambini propongono diverse difficoltà di letturadovute, prima ancora che dal testo scritto, anche dalle immagini e alla lorocorrispondenza con il testo (quando c’è), dall’impaginazione che presentano,dal numero di personaggi e dagli ambienti più o meno familiari in cui questiagiscono.Proprio in base a queste caratteristiche si è soliti suddividere i numerosi librioggi proposti dall’editoria per ragazzi in alcune categorie che qui di seguitoandremo ad elencare per dare degli strumenti utili agli adulti nella scelta deitesti da proporre, non tanto in base all’età del bambino, cosa che peraltro glieditori tendono sempre più speso a fare, quando in base all’abilità di letturache il bambino che abbiamo di fronte presenta e a come si possono stimolarele sue curiosità e la sua “fame” di lettura.

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RIME E FILASTROCCHE

Servono ad imparare e facilmente memorizzare parole nuove, a sperimentareritmi, a inventare rime e giochi di parole. Possono essere un buon mezzo perconciliare momenti di tranquillità e introdurre alle pause come la nanna o ilmomento delle coccole in cui si gioca con il corpo, si impara a conoscersi e aritrovarsi nell’adulto.

LIBRI DA TOCCARE, DA MORDERE, CON CUI FARE IL BAGNO..

Sono libri dalle forme e dai materiali più strani che permettono di avere unvero e proprio contatto fisico con l’oggetto libro, di sviluppare unatteggiamento positivo verso il libro stesso, i gusti personali e di potenziare lecapacità di osservazione e di alfabetizzazione emotiva se la lettura viene fattain compagnia di un adulto.

LIBRI AD IMMAGINI SEMPLICI

Presentano immagini semplici che rappresentano oggetti del quotidiano oanimali comuni che il bambino può facilmente riconoscere, servonofondamentalmente al riconoscimento e alla denominazione, i migliori riportanol’oggetto e, nella pagina a fianco, il nome dell’oggetto stesso.

PROTOSTORIE

Si indicano con questo termine quei libri che presentano una successione diavvenimenti legati allo stesso personaggio. Il protagonista passa così di paginain pagina e interagisce con l’ambiente e gli oggetti che gli stanno intorno. Sonomolto utili per cominciare ad avvicinarsi a concetti come il prima e il dopo,causa ed effetto…

STORIE BREVI

Qui si comincia a parlare di storie vere e proprie in quanto al protagonista siaggiungono altri personaggi che interagiscono con lui in ambienti diversi tra diloro, si complica decisamente la storia anche se molto spazio rimane riservatoalle immagini che permettono di seguire con attenzione la successione deglieventi. Normalmente queste storie si presentano sotto forma di albi illustratiche raccontano usando due distinti codici: quello verbale e quello iconico checoncorrono congiuntamente alla costruzione del significato.

STORIE COMPLESSE

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In questo tipo di storie cominciano invece a scarseggiare le immagini cheriportano solo più flash su parti centrali o particolarmente significative dellanarrazione. E’ evidente che sono necessarie sempre più competenze narrativee che l’immagine illustrata lascia spazio a quella che il lettore ha ormaiimparato a costruirsi da sé, si arriva così alla capacità di creare vere e proprieimmagini mentali.

STORIE CHE EMOZIONANO

Le storie che esaltano le prime emozioni come la paura, l’affetto, il riso,l’entusiasmo, la gelosia…sono indicate normalmente a partire dai cinque annisotto forma di albi illustrati e sono propedeutiche all’approccio alle fiabe vere eproprie che, nella maggior parte dei casi, non sono più accompagnate daimmagini.

FIABE E FAVOLE

Le favole sono racconti brevi e presuppongono un insegnamento moralechiaramente esposto all’inizio o alla fine del racconto, famose quelle di Fedro odi Esopo, per citare gli autori più conosciuti. Le fiabe invece sono le storie più o meno complesse che derivano dallatradizione popolare caratterizzate da tratti stilistici particolari (formule di inizioe di chiusura che fanno da segnali per l’ascoltatore). La trama è decisamentecomplessa, c’è un protagonista e uno o più antagonisti, uno scopo daraggiungere, delle prove da superare, di solito tre che non prevedono solocoraggio ma anche astuzia, e il finale in cui viene premiato il buono e punito chiha agito male con un chiaro messaggio educativo che risarcisce chi ha lottatoper la giustizia e la lealtà.

ALTRE STORIE

Non rientrano in nessuna delle categorie fin qui citate, sono tante ediversissime tra loro di tantissimi scrittori più o meno contemporanei che sisbizzarriscono nei racconti più diversi, a volte rappresentano chiaramente ungenere letterario (Fantasy, Giallo, Horror…) altre volte è semplice narrativa cheaffronta problematiche comuni, temi cari ai preadolescenti ed adolescenti dioggi.

AMBIENTE

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Più i lettori sono piccoli più è importante mantenere un contatto corporeo nelmomento dedicato al libro.Nel momento in cui i lettori diventano autonomi negli spostamenti è utilepredisporre un ambiente gradevole, accogliente, comodo, non imporre postureparticolari, riproporre ogni volta rituali di ingresso nella stanza o nell’angolodella lettura… In questo modo la lettura sarà sempre concepita come un dono,un momento di grande intensità comunicativa.

TEMPILa lettura e condivisione di un immagine e successivamente la lettura ad altavoce di un testo scritto o di tutti e due contemporaneamente possono avereuna durata che va da un minimo di 2 a massimo 40 minuti. La durata variamolto dalle capacità di ascolto di chi riceve la lettura e dall’abitudine chequesto ha a praticarla.Normalmente più si legge più si aumenta la durata dell’attenzione e l’abitudineall’ascolto. L’attività ha una resa migliore se intervallata da momenti di svago in cui sirielabora cosa si è ascoltato con un gioco o con un’attività manuale come, adesempio, un disegno. La raccolta, ovvero quella che chiamiamo “verifica” dellacomprensione del testo è importante ma non è assolutamente produttiva seproposta sotto forma di scheda di verifica, diventa un obbligo che allontanadalla voglia ed entusiasmo di leggere!

Parte seconda

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Leggere è sicuramente molto importante, ma anche esperienze di laboratori dilettura svolti nell’ambito scolastico, con letture ad alta voce eseguite da adultiesterni alla scuola, può essere formativo per quanto concerne lo sviluppo el’amore alla lettura. C’è da dire che, affinché un bambino possa apprezzare ilibri, cioè il racconto fatto di parole scritte, è indispensabile che prima abbiaraggiunto il livello del gusto della parola parlata, del racconto orale. È moltoimportante che i bambini imparino prima ad ascoltare ed apprezzare la letturaad alta voce fatta da un adulto e poi a leggere libri per conto loro. Anche ilsentire leggere poesia, a scuola, in modo semplice e soprattutto gratuito,quindi senza dover preoccuparsi di versioni in prosa o di studiare a memoria, èun modo simpatico per cominciare a masticare poesia come forma letteraria,cercando di individuare e capire la differenza tra brano in prosa e testo poetico.

Alcune indicazioni utili per una lettura ad alta voce.

La lettura ad alta voce è il risultato di due semplici operazioni: leggere eparlare. Bisogna però rispettare alcuni principi fondamentali: consideriamo,innanzitutto, che non è possibile rivolgersi ad un uditorio leggendo come silegge privatamente un giornale o un romanzo; e neppure, nelle stessecircostanze, si può respirare come in una conversazione tra amici. Chi ascolta,infatti, deve essere posto nella condizione di capire bene il significato del testo,senza annoiarsi o distrarsi. Ecco perché è molto importante conoscere alcunitrucchi indispensabili per attribuire valore ed efficacia a tutti i momenti dellalettura ad alta voce.

La pre-lettura

Naturalmente chi legge per prima cosa deve aver assimilato l’esatto significatodel testo, per essere in grado di proporlo con chiarezza. È quindi necessariauna pre-lettura approfondita e critica: infatti, non si può leggere una pagina de“I Promessi Sposi” così come si leggerebbero una poesia di Pascoli o unmonologo di Goldoni. È perciò importante anche distinguere il genere letterarioche si deve affrontare. Un ulteriore aiuto si può ottenere sottolineando, dopoaverli individuati, le parole e i momenti più ostici; perciò, soltanto una attentapre-lettura ad alta voce può permetterci di sperimentare le reali difficoltà delbrano. Non dimentichiamoci che esistono molte parole facili da leggere, madifficili da pronunciare. Infiniti e scabrosi sono gli incontri tra vocali econsonanti; la trappola della papera (come scherzosamente gli attoridefiniscono un errore, un intoppo all’eloquio) è sempre in agguato.

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Il ritmo

Una volta individuate le pause, si tratta di regolare, con una giusta velocità, lasuccessione delle sillabe e delle parole: una frase pronunciata con un ritmotroppo veloce non darà il tempo a chi ascolta di organizzare nella propriamente la successione dei suoni e quindi di comprenderne il significato. Eccoperché una lettura in pubblico deve seguire dei ritmi molto più lenti di quelli diuna normale conversazione; inoltre il ritmo dipenderà molto dalle esigenze delmessaggio che si vuole trasmettere. Infine non va dimenticato che, piùl’ambiente di lettura è grande, più la lettura deve essere lenta per dar modoalla voce di raggiungere tutto il pubblico.

Il tono

Normalmente si fa un uso istintivo di un certo numero di toni che si estendonoper circa un’ottava e mezza, modulando la propria voce dai toni più bassi aquelli più alti. Per una buona lettura in pubblico, i toni da usare dovrannoessere stabiliti, durante la pre-lettura, in base all’argomento trattato, al sensodelle frasi e, naturalmente, alla propria capacità interpretativa, con cui si dovràcercare di catturare l’attenzione degli ascoltatori. È evidente, ad esempio, chese l’esigenza è quella di arringare una folla, il tono dovrà essere decisamentealto, mentre nel caso della lettura di un racconto, moduleremo la nostra vocesu una gamma di toni che possono variare dal basso, al medio, al medio alto.Naturalmente è indispensabile evitare la cantilena (e cioè il susseguirsimonotono degli stessi toni in uno schema fisso) e lo sbalzo di toni troppobrusco, altrettanto difficile da accettare da parte di chi ascolta.

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Le pause

Chi non conosce il testo, può comprenderne l’esatto senso solo se chi leggerispetta sia le pause sintattiche (punteggiatura), sia quelle interpretative. Lepause, infatti, consentono al lettore di attribuire l’esatta efficacia ad ogniproposizione, e all’ascoltatore di riflettere e comprendere il significato del testo.Durante la lettura di preparazione o pre-lettura, si possono segnare le pauseindicandole semplicemente con delle barrette.Una barretta / = pausa breve.Due barrette // = pausa lunga.I momenti di interruzione del suono potranno essere utilizzati anche per larespirazione. Va detto inoltre che è consigliabile una breve pausa incorrispondenza di:

una quantità (es. “scaricarono/trentasei vagoni”)

un verbo importante (es. “ed egli/dichiarò”)

un incontro di vocali (es. “una/aiuola”)

un avverbio di tempo (es. “adesso/è importante”)

Il colore

Compito del lettore è di trasmettere a chi ascolta, attraverso l’uso della voce,l’immagine ideale di ciò che il testo vuole esprimere. Le emozioni che il lettoredeve trasmettere arriveranno soltanto se questi ha saputo comprendere fino infondo il vero messaggio del testo e se, calandosi nella parte dell’autore, sacomunicarne con partecipazione il contenuto. Si dovrà quindi evitare di esserepiatti e di leggere come se il contenuto non ci interessasse, ma anche di nonesagerare per il timore di essere noiosi. Non si può fare a meno di dar colorealla lettura, ma bisogna farlo nel modo più naturale, senza retorica, conequilibrio e misura. Sarebbe bene, nella lettura di preparazione, evidenziare inmargine i momenti più significativi del brano, cercando poi, con l’aiuto di tuttigli elementi espressivi (la pausa, il ritmo, il tono ed il colore) di rendereefficace e suggestiva la nostra esposizione.

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Alcune regole di dizione e pronuncia.

Appunti

Nella lingua italiana le Vocali vanno distinte fra:

Vocali alfabetiche, in numero di CINQUE:

a, e, i, o, u

Vocali fonetiche, in numero di SETTE:

a, è (aperta), é (chiusa), i, ò (aperta), ó (chiusa), u

Come si può notare nella categoria delle Vocali fonetiche sono annoveratidue tipi di e e due tipi di o, è infatti su queste due vocali che incide ladistinzione fonetica di pronuncia. Altra distinzione necessaria per pronunciare correttamente le paroleitaliane è quella tra accento tonico e accento fonico.

Accento tonico è la forza che viene data ad una sillaba in particolare traquelle che compongono la parola (Es.: tàvolo, perché, tastièra)

Accento fonico indica la distinzioni tra suoni aperti e chiusi per le vocali e edo.

Per indicare quali vocali vanno pronunciate aperte e quali chiuse si usanodue tipi di accento fonico:

Accento grave:

ò è per indicare le vocali da pronunciare aperte (Es.: pòdio, sèdia)

Accento acuto:

ó é per indicare le vocali da pronunciare chiuse (Es.: bórsa, perché)

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Regola principale

Quando su una sillaba contente una e o una o non cade l'accentotonico, la e o la o si deve pronunciare sempre chiusa.

Esempio: tàvolo, lìbro, volànte, dìsco, bottìglia

Tutta la nostra attenzione sarà perciò ora rivolta alle paroleche contengono una sillaba con e o con o sulla quale cade l'accentotonico. In questo caso dovremo chiederci se la vocale e o o si devepronunciare aperta o chiusa.

APPUNTI DI DIZIONELa è aperta

La "e" fonica aperta italiana (è) deriva spesso dalla "e" brevee dal dittongo "ae" del latino classico.

Esempi:decem --> dièci,ferrum --> fèrro,laetus --> lièto,

praesto --> prèsto.

La lettera "e" ha suono aperto nei seguenti casi:

1. Nel dittongo "-ie-"

Esempi: bandièra, ièri, cavalière, lièto, diètro

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Eccezioni ("e" chiusa):

nei suffissi dei vocaboli di derivazione etnica (Es.: ateniése,pugliése, marsigliése, ecc.),

nei suffissi dei diminutivi in "-ietto" (Es.: magliétta, fogliétto,vecchiétto,ecc.)

nei suffissi dei sostantivi in "-iezzo" (Es.: ampiézza)

nei vocaboli chiérico e bigliétto.

2. Quand'è seguita da vocale

Esempi: colèi, costèi, fèudo, idèa, lèi

Eccezioni ("e" chiusa):

nella desinenza "-ei" del passato remoto (Es.: credéi, ecc.),

nelle preposizioni articolate (Es.: péi, néi, ecc.),

nell'aggettivo dimostrativo quéi.

3. Quand'è seguita da una consonante dopo la quale vengonodue vocali

Esempi: assèdio, gènio, egrègio, prèmio

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Eccezioni ("e" chiusa):

quando è seguita dalle sillabe "-gui-", "-gua-", "-guo-" (Es.:diléguo, perséguo, séguito, trégua, ecc.),

nei vocaboli frégio, sfrégio.

4. Nei vocaboli di origine straniera che terminano con unaconsonante

Esempi: hotèl, rècord, rèbus, sèxy, prèmier, sèltz, nègus

5. Nei vocaboli tronchi di origine straniera

Esempi: caffè, bignè, tè (bevanda), gilè

6. Nelle desinenze del condizionale in "-ei", "-ebbe", "-ebbero"

Esempi: vorrèi, farèi, farèbbe, crederèbbero, dirèbbe,marcerèbbe, marcirèbbero, circolerèbbero, fraintenderèbbero,comprerèbbe, accetterèbbero, colpirèbbe, tradurrèbbero

7. Nelle terminazioni in "-eda", "-ede", "-edo", "-edi"

Esempi: cèdo, corrèdo, erède, prèda, schèda, arrèdo, sède, sèdi Eccezioni ("e" chiusa):

nelle forme verbali di crédere e vedére (Es.: crédo, védo, crédi,védi, ecc.)

nelle forme verbali derivate dalla precedenti (Es.: provvédo,ricrédo, miscrédo, ravvédo, intravédo, rivédo, ecc.)

nel vocabolo féde.

8. Nelle terminazioni in "-eca", "-eco", "-eche", "-echi"

Esempi: tèca, èco, gèco, cortèco, trichèchi, discotèche, enotèca,bibliotèca, paninotèca, videotèca, comprendendo anche i nomi dipopolo come Grèco, Guatemaltèco, Aztèco, Zapotèco, Toltèco,Uzbèco

9. Nei suffissi in "-edine"

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Esempi: salsèdine, pinguèdine, raucèdine, torpèdine,intercapèdine, acrèdine

10.Nelle terminazioni in "-ello", "-ella"

Esempi: pagèlla, mastèllo, èllo, sorèlla, fratèllo, fardèllo, spinèllo,porcèllo, padèlla, caramèlla, lavèllo, manovèlla spesso usateanche come suffissi di diminutivi e/o vezzeggiativi come asinèllo,torèllo, praticèllo, bricconcèlla, cattivèlla, orticèllo

11.Eccezioni ("e" chiusa):

nelle preposizioni articolate (Es.: dél, déllo, délla, déi, dégli, délle,nél, nélla, ecc.),

negli aggettivi dimostrativi (Es.: quél, quéllo, quélla, quéi, quélle,ecc.)

nei vocaboli stélla e capéllo

12.Nei suffissi di sostantivi in "-emo", "-ema", "-eno", "-ena"

Esempi: teorèma, anatèma, problèma, apotèma, crisantèmo,Polifèmo, eritèma, Trasimèno, falèna, altalèna, cantilèna, trèno

13.Nelle terminazioni in "-enda", "-endo" e in tutte le desinenzedel gerundio

Esempi: agènda, bènda, tremèndo, orrènda, corrèndo, temèndo,cuocèndo, aprèndo, leggèndo, facèndo, morèndo, starnutèndo,ferèndo, mettèndo

14.Eccezioni ("e" chiusa):

nei verbi scéndo e véndo.

15.Nelle desinenze dell'infinito in "-endere"

Esempi: appèndere, sorprèndere, attèndere, intèndere 16.

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Eccezioni ("e" chiusa):

nei verbi scéndere e véndere.

17.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi derivati dai numerali in"-enne"

Esempi: decènne, ventènne, tredicènne, sessantènne,quarantaquattrènne

18.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi derivati dai numerali in"-ennio"

Esempi: biènnio, triènnio, millènio, cinquantènnio

19.Nei suffissi di nomi etnici in "-eno"

Esempi: madrilèno, cilèno, nazarèno

20.Nelle terminazioni in "-ensa", "-ense", "-enso"

Esempi: sènso, intènso, forènse, dispènsa, mènsa, melènso,parmènse, pènso, ripènso

21.Nelle terminazioni in "-enta", "-ente", "-ento", "-enti"comprese tutte le desinenze del participio presente in "-ente"

Esempi: lènte, gènte, accidènte, sovènte, corrènte, silènte,consulènte, sedicènte, seducènte, mittènte, ponènte, avènte,dormiènte, perdènte, spingènte, cedènte, contraènte, aderènte,facènte, bevènte, tagliènte

22.Eccezioni ("e" chiusa):

tutti gli avverbi in "-mente" (Es.: abilménte, benevolménte,incessanteménte, correttaménte, generalménte, scioccaménte,duraménte, simpaticaménte, facilménte, inopinataménte,assurdaménte, esattaménte)

nei vocaboli vénti (numero), trénta

nei vocaboli in "-mento", "-mente", "-menta", "-menti" (Es.:laménto, paviménto, moménti, torménto, ménta, seménte)

23.Nelle terminazioni in "-enza"

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Esempi: aderènza, sènza, partènza, urgènza, lènza, licènza,ricorrènza, invadènza, maldicènza

24.Nelle terminazioni in "-erbo", "-erba"

Esempi: risèrbo, acèrbo, sèrbo, supèrbo, èrba, sèrba

25.Nelle terminazioni in "-erbia"

Esempi: supèrbia

26.Nelle terminazioni in "-erio", "-eria"

Esempi: misèria, sèrio, putifèrio

27.Nelle terminazioni in "-erno", "-erna"

Esempi: etèrno, quadèrno, lucèrna, invèrno, matèrno, tavèrna,govèrno, lantèrna

28.Eccezioni ("e" chiusa):

nel vocabolo schérno.

29.Nelle terminazioni in "-erro", "-erra"

Esempi: tèrra, fèrro, guèrra, affèrro, sottèrro, sèrra, vèrro,sottèrra

30.Nelle terminazioni in "-erso", "-ersa"

Esempi: pèrso, emèrso, vèrso, tèrso, sommèrso, dispèrsa,detèrsa, rivèrsa

31.Nelle terminazioni in "-erto", "-erta", "-erte"

Esempi: apèrto, copèrta, incèrto, soffèrto, consèrte, cèrto 32.

Eccezioni ("e" chiusa):

nei vocaboli érta (salita), érto (scosceso)

nell'espressione "all'érta".

33.Nelle terminazioni in "-ervo", "-erva"

Esempi: sèrvo, cèrvo, risèrva, nèrvo

34.Nelle terminazioni in "-ervia"

Esempi: protèrvia

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35.Nei suffissi dei superlativi in "-errimo"

Esempi: integèrrimo, aspèrrimo, acèrrimo

36.Nei suffissi dei numerali ordinali in "-esimo"

Esempi: centèsimo, millèsimo, milionèsimo, ventèsimo,trentèsimo

37.Nelle terminazioni in "-estre", "-estra", "-estro", "-estri"

Esempi: alpèstre, terrèstre, palèstra, canèstro, finèstra,pedèstre, maldèstro, ambidèstro, dèstra

38.Nelle desinenze del passato remoto in "-etti", "-ette","-ettero"

Esempi: credètti, dovèttero, stèttero, cedètte

39.Nei vocaboli terminanti in "-ezio", "-ezia"

Esempi: inèzia, scrèzio, facèzia

APPUNTI DI DIZIONELa é chiusa

La "e" fonica chiusa italiana (é) deriva spesso dalla "e" lungae dalla "i" breve del latino classico.

Esempi:cera --> céra

semen --> sémevitrum --> vétro

capillus --> capéllo

La lettera "e" ha suono chiuso nei seguenti casi:

1. Nei monosillabi atoni

Esempi: é (congiunzione), mé, né, té, sé, ré (monarca), vé, pér 2.

Eccezioni: ("e" aperta)

il vocabolo rè (nota musicale)

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3. Nei suffissi di avverbi in "-mente"

Esempi: sinceraménte, inutilménte, praticaménte, segretaménte,popolarménte, frugalménte, correttaménte

4. Nelle terminazioni in "-mento" e "-menta"

Esempi: sentiménto, proponiménto, moménto, ménta,struménto, torménto, godiménto, struggiménto, falliménto

5.Eccezioni ("e" aperta):

le voci del verbo mentire: io mènto, tu mènti, egli mènte, che tumènta, ecc.

6. Nei vocaboli tronchi in "-ché"

Esempi: perché, giacché, anziché, poiché, fuorché, sicché,macché

7. Nelle terminazioni in "-eccio", "-eccia"

Esempi: fréccia, féccia, tréccia, libéccio, villeréccio, intréccio,cicaléccio

8. Nei sostantivi con terminazione in "-efice"

Esempi: oréfice, carnéfice, artéfice, pontéfice

9. Nei suffissi di sostantivi e verbi in "-eggio", "-eggia", "-egge","-eggi"

Esempi: campéggio, manéggio, postéggio, pontéggio, alpéggio,cartéggio, légge (sostantivo), puléggia

10.Eccezioni ("e" aperta):

I vocaboli: èggia, sèggio, pèggio

le forme del verbo lèggere: tu lèggi, egli lègge

11.Nei suffissi di aggettivi in "-esco"

Esempi: pazzésco, burlésco, guerrésco, goliardésco, principésco,farsésco, manésco

12.Nelle terminazioni in "-ese", "-esa", "-eso", "-esi"

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Esempi: arnése, frésa, sospéso, paése, francése, imprésa, péso,illéso

13.Eccezioni ("e" aperta):

nei vocaboli nei quali la "e" fonica forma dittongo con la "i" (Es.:chièsa)

nei vocaboli blèso, obèso, tèsi(sostantivo), catechèsi, esegèsi

14.Nei suffissi di sostantivi in "-esimo"

Esempi: battésimo, umanésimo, cristianésimo, paganésimo 15.

Eccezioni ("e" aperta):

nel vocabolo infinitèsimo

i numerali ordinali (Es.: centèsimo, millèsimo, ecc...)

16.Nei suffissi di sostantivi femminili in "-essa"

Esempi: dottoréssa, principéssa, contéssa, elefantéssa, badéssa

17.Nei suffissi di sostantivi collettivi in "-eto", "-eta"

Esempi: fruttéto, meléto, pinéta, agruméto, roséto

18.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi diminutivi e collettivi in"-etto", "-etta"

Esempi: librétto, casétta, chiesétta, pezzétto, navétta, terzétto,quintétto, palchétto, porchétta, forchétta, carrétta, collétto

19.Nelle terminazioni in "-eguo", "-egua"

Esempi: séguo, adéguo, trégua, diléguo, ecc.

20.Nei suffissi di aggettivi che al singolare terminano in "-evole"

Esempi: lodévole, incantévole, ammirévole, caritatévole,deplorévole, cedévole, arrendévole

21.Nei suffissi di sostantivi in "-ezza"

Esempi: bellézza, debolézza, chiarézza, salvézza, dolcézza,mitézza, arrendevolézza, segretézza

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22.Eccezioni ("e" aperta):

nel vocabolo mèzza

23.Nelle preposizioni articolate

Esempi: dél, délla, déllo, dégli, délle, déi, nél, néllo, nélla, négli,nélle, néi, péi

24.Nei pronomi personali

Esempi: égli, élla, ésso, éssa, éssi, ésse

25.Negli aggettivi dimostrativi

Esempi: quésto, quésta, quéste, quésti, quéllo, quélla, quégli,quélli, quélle, codésto, codésta, codésti, codéste

26.Nelle desinenze del Passato Remoto in "-ei", "-esti", "-e","-emmo", "-este", "-ettero"

Esempi: credéi, credéste, credéttero, poté, potémmo, dicémmo,volésti

27.Nelle desinenze del Futuro in "-remo, "-rete"

Esempi: vedrémo, diréte, cadréte, volerémo, fileréte,caricherémo, toccheréte, calcolerémo

28.Nelle desinenze dell'Infinito della seconda coniugazione

Esempi: cadére, avére, volére, bére, sedére, potére, godére

29.Nelle desinenze del Congiuntivo Imperfetto in "-essi","-esse", "-essimo", "-este", "-essero"

Esempi: dovéssi, volésse, prendéssimo, cadéste, godéssero

30.Nelle desinenze del Condizionale Presente in "-resti","-remmo", "-reste"

Esempi: farémmo, vedréste, cadrésti, potrésti, vorrémmo

31.Nelle desinenze del Indicativo Presente e dell'Imperativo in"-ete"

Esempi: prendéte, cadéte, rompéte, voléte, potéte, dovéte

32.Nelle desinenze dell'Indicativo Imperfetto in "-evo", "-eva","-evano"

Esempi: dicévo, facévano, mettévo, volévano, potévo, dovévano

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APPUNTI DI DIZIONELa ò aperta

La "o" fonica aperta italiana (ò) deriva spesso dalla "o" brevee dal dittongo "au" del latino classico.

Esempi:focus --> fuòcolocus--> luògoaurum --> òro

paucus --> pòco

La lettera "o" ha suono aperto nei seguenti casi:

1. Nel dittongo "-uo"

Esempi: tuòno, scuòla, uòmo, suòi, tuòi, buòi, vuòi, suòcera,nuòra, suòra, cuòre

2.Eccezioni ("o" chiusa):

quando il dittongo fa parte dei suffissi di sostantivi in "-uosa","-uoso" (Es.: affettuóso, sinuóso, flessuósa, lussuósa, fruttuóso,acquósa, ecc.)

nei vocaboli liquóre, languóre.

3. Nei vocaboli tronchi terminanti in "-o" comprese le formeverbali del futuro e del passato remoto

Esempi: però, falò, andrò, arrivò, cercò, sognò, pedalò, ritirò,acquistò

4. Nei vocaboli in cui la "o" sia seguita da una consonante dopola quale vengono due vocali

Esempi: negòzio, sòcio, petròlio 5.

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Eccezioni ("o" chiusa):

nel vocabolo incrócio.

6. Nelle terminazioni in "-orio", "-oria"

Esempi: stòria, glòria, dormitòrio, conservatòrio

7. Nei vocaboli di origine straniera entrati a far parte dellinguaggio comune

Esempi: bòxe, gòng, yògurt, lòden, lòrd, pòster

8. Nelle terminazioni in "-occio", "-occia"

Esempi: cartòccio, saccòccia, bòccia, grassòccio, ròccia, figliòccio 9.

Eccezioni ("o" chiusa):

nei vocaboli dóccia e góccia.

10.Nelle terminazioni in "-odo", "-oda", "-ode"

Esempi: bròdo, chiòdo, sòda, mòda, pagòda, chiòdo, lòdo, òdo,fròdo, fròde

11.Eccezioni ("o" chiusa):

nel verbo ródere e nei suoi composti (Es.: ródo, eródo, corródo,ecc.)

nel vocabolo códa.

12.Nelle terminazioni in "-oge", "-ogia", "-ogio", "-oggia","-oggio", "-oggi"

Esempi: dòge, fòggia, òggi, piòggia, barbògio, allòggio, fròge,appòggia, appòggio

13.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi in "-oide"

Esempi: tiròide, mattòide, collòide, steròide, pazzòide

14.Nei suffissi di sostantivi in "-olo", "-ola"

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Esempi: carriòla, tritòlo, stagnòla, tagliòla, bagnaròla, mariuòlo,mentòlo

15.Eccezioni ("o" chiusa):

i vocaboli sólo, vólo

le voci del verbo colare e i suoi derivati (Es.: cólo, scólo, ecc.)

16.Nelle terminazioni in "-osi", "-osio" in sostantivi usati incampo scientifico e medico

Esempi: calcolòsi, fibròsi, tubercolòsi, artròsi, ipnòsi, lattòsio,destròsio, maltòsio, saccaròsio, glucòsio

17.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi in "-otto" e in generalenelle terminazioni in "-otto", "-otta"

Esempi: sempliciòtto, bambolòtto, lòtto, bòtta, còtto, còtta,salòtto, dòtto, decòtto

18.Eccezioni ("o" chiusa):

nei verbi derivati dal latino "ducere" (Es.: indótto, condótto,ridótto, tradótto, ecc.)

nei vocaboli ghiótto, rótto, sótto

19.Nei suffissi di sostantivi in "-ottola", "-ottolo"

Esempi: viòttolo, collòttola, naneròttolo, pallòttola

20.Nei suffissi di sostantivi in "-ozzo", "-ozza"

Esempi: tinòzza, tavolòzza, còzzo, tòzzo, còzza, piccòzza 21.

Eccezioni ("o" chiusa):

i vocaboli gózzo, pózzo, singhiózzo, rózzo, sózzo

22.Nelle terminazioni in "-olgia", "-orgia"

Esempi: bòlgia, fòrgia, òrgia

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23.Nelle desinenze "-olsi", "-olse", "-olsero" del Passato Remoto

Esempi: còlsi, tòlsero, sconvòlsero, vòlsero, vòlsi, avvòlsero,raccòlsi

24.Nel Participio Passato in "-osso"

Esempi: mòsso, scòssa, percòsso

25.Nei suffissi di derivazione greca: "-ologo", "-ogico", "-ografo","-omico"

Esempi: pròlogo, psicològico, fotògrafo, còmico

APPUNTI DI DIZIONELa ó chiusa

La "o" fonica chiusa italiana (ó) deriva spesso dalla "o" lungae dalla "u" breve del latino classico.

Esempi:nomen --> nóme

cognosco --> conóscofuga --> fóga

supra --> sópra

La lettera "o" ha suono chiuso nei seguenti casi:

1. Nei monosillabi che terminano con consonante

Esempi: cón, nón, cól 2.

Eccezioni ("o" aperta):

nei vocaboli sòl (nota musicale) e dòn.

3. Nelle terminazioni in "-oce"

Esempi: cróce, feróce, atróce, fóce, nóce 4.

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Eccezioni ("o" aperta):

nei casi in cui la "o" sia preceduta dalla vocale "u" formando ildittongo "-uo-" (Es.: nuòce, cuòce, ecc.)

nel vocabolo precòce

5. Nelle terminazioni in "-ogno", "-ogna"

Esempi: bisógno, carógna, sógno, cicógna, zampógna, rampógna

6. Nei suffissi di aggettivi in "-ognolo"

Esempi: amarógnolo, giallógnolo

7. Nelle terminazioni in "-one"

Esempi: missióne, ottóne, nasóne, calzóne, coccolóne, briccóne,mascalzóne, pantalóne, giaccóne, veglióne, torrióne, bastióne

8. Nelle terminazioni in "-zione"

Esempi: azióne, creazióne, dizióne, lezióne, situazióne

9. Nei suffissi di sostantivi e aggettivi in "-oio", "-oia"

Esempi: abbeveratóio, galoppatóio, mangiatóia, mattatóio,corridóio, feritóia, cesóia, tettóia

10.Eccezioni ("o" aperta):

nei vocaboli sòia, salamóia,

11.Nelle terminazioni in "-ondo", "-onda"

Esempi: fóndo, móndo, secóndo, sónda, ónda

12.Nelle terminazioni in "-onto", "-onte", "-onta"

Esempi: frónte, cónto, ónta, mónte, scónto, accónto, viscónte

13.Nei suffissi di sostantivi in "-onzolo"

Esempi: medicónzolo, pretónzolo, girónzolo, frónzolo

14.Nelle terminazioni in "-ore", "-ora"

Esempi: dolóre, amóre, óra, ancóra, finóra, attóre, candóre,tenóre, fattóre, corridóre, calóre, livóre, fervóre, colóre,nuotatóre, pescatóre

15.

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Eccezioni ("o" aperta):

nei casi in cui la "o" sia preceduta dalla vocale "u" formando ildittongo "-uo-" (Es.: nuòra, cuòre, ecc.).

16.Nelle terminazioni in "-orno", "-orna"

Esempi: giórno, contórno, fórno, adórna, ritórna, ritórno 17.

Eccezioni ("o" aperta):

nel vocabolo còrno, còrna, pòrno

18.Nei suffissi di sostantivi e aggettivi in "-oso", "-osa"

Esempi: affettuóso, afóso, erbósa, gioióso, dolorósa, ambizióso,contenzióso, collósa, medicamentósa, curióso, pallósa, sediziósa,caloróso, stizzóso, baldanzósa, borióso

19.Eccezioni ("o" aperta):

nei vocaboli ròsa (fiore e colore), còsa, iòsa, spòsa

20.Nei pronomi personali

Esempi: nói, vói, lóro, costóro, colóro

Le consonanti sibilanti dentali

Una distinzione simile a quella fatta per le vocali è ancheindividuabile per le Consonanti Sibilanti Dentali che sono la "S" e la"Z".

Pertanto avremo:

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Consonanti sibilanti dentali alfabetiche sono in numero di DUE:

"S", "Z"

Consonanti sibilanti dentali fonetiche sono in numero diQUATTRO:

"S" aspra, "Z" aspra (dette anche sorde)

"S" dolce, "Z" dolce (dette anche sonore)

La pronuncia fonetica di queste consonanti sarà: "S" sorda o aspra, come nelle parole sole, rosso, cascare

"S" sonora o dolce, come nelle parole rosa, asilo, vaso

"Z" sorda o aspra, come nelle parole zucchero, bellezza, stanza

"Z" sonora o dolce, come nelle parole zanzara, azalea, dozzina

La S aspra o sorda

La "S" aspra o sorda italiana è quella usata per pronunciare ilvocabolo sale e si presenta nei seguenti casi:

1. Quando si trova in principio di vocabolo ed è seguita da vocale

Esempi: sole, sale, sapere, sedano, sorpresa, sabato, sicuro,solluchero, sedurre, sospetto, situazione, secessione, superiore,sultano

2. Quando è iniziale del secondo componente di un vocabolocomposto

Esempi: affittasi, disotto, girasole, prosegue, risapere, unisono,preservare, riservare, reggiseno, pluristrato, multistrato

3. Quando è doppia

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Esempi: essere, asso, tosse, dissidio, tessera, rissa, fossa,riscossa, affossare, arrossare, assistente, intossicante

4. Quando è preceduta da consonante

Esempi: arso, polso, comprensione, corso, ascensore, censore,pulsore, arsura, tonsura, censo, incenso

5.Eccezioni ("s" dolce o sonora):

nei vocaboli con prefisso "trans-" (Es.: transalpino, transatlantico,transigere, transitare, translucido, transoceanico).

6. Quando è seguita dalle consonanti cosiddette sorde "c", "f","p", "q", "t"

Esempi: scala, sfera, spola, squadra, storta, ascolto, aspetto Nota Bene: alcuni dizionari fonetici stabiliscono che il suono della"s" debba essere aspro anche in molti altri casi come casa, cosa,così, mese, naso, peso, cinese, piemontese, goloso, bisognoso ealtri. In realtà questo tipo di pronuncia è caduta quasi del tutto indisuso, fatta eccezione per qualche parlata dell'Italia centrale emeridionale.

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La S dolce o sonora

La "s" dolce o sonora italiana è quella usata per pronunciare ilvocabolo asma e si presenta nei seguenti casi:

1. Quando si trova tra due vocali

Esempi: viso, rosa, chiesa, bisogno, uso, coeso, difeso, contuso,colluso, reso, steso, bleso, blusa

2.Eccezioni ("s" aspra o sorda):

In alcuni vocaboli come preside, presidente, trasecolare, disegno.Questi vocaboli, in realtà, sono vocaboli composti anche se questacaratteristica non è immediatamente evidente.

3. Quando è seguita dalle consonanti cosiddette sonore "b", "d","g", "l", "m", "n", "r", "v"

Esempi: sbarco, sdegno, sdoppiare, sgarbo, sgridare, slitta,slegare, smania, sminuzzare, sniffare, snaturare, sradicare,svelto, sventare

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APPUNTI DI DIZIONELa Z aspra o sorda

La "z" aspra o sorda italiana è quella usata per pronunciare ilvocabolo calza e deriva spesso dalla "-ti-" seguita da vocale dellatino classico.

Esempi:pretium --> prezzotertium --> terzo

facetia --> facezia

La lettera "z" ha suono aspro o sordo nei seguenti casi:

1. Quando è preceduta dalla lettera "L"

Esempi: alzare, sfilza, calza, milza, innalzare, scalzare, colza,balzano, filza, calzolaio

2.Eccezioni ("z" dolce o sonora):

nei vocaboli elzeviro e belzebù.

3. Quando è lettera iniziale di un vocabolo e la secondasillaba inizia con una delle consonanti cosiddette mute"c", "f", "p", "q", "t"

Esempi: zampa, zoccolo, zoppo, zappa, zattera, zufolo, zinco,zucchero, zitto, zolfo, zecca

4.Eccezioni ("z" dolce o sonora):

nei vocaboli zaffiro, zefiro, zotico, zeta, zafferano, Zacinto.

5. Quando è seguita dalla vocale "i" seguita a sua volta daun'altra vocale

Esempi: zio, agenzia, polizia, grazia, ospizio, silenzio, vizio 6.

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Eccezioni ("z" dolce o sonora):

nel vocabolo azienda

in tutti quei vocaboli derivati da altri vocaboli che seguono laregola della zeta dolce o sonora (Es.: romanziere che deriva daromanzo, ecc.).

7. Nei vocaboli con terminazioni in "-ezza", "-ozza","-uzzo"

Esempi: grandezza, tinozza, spruzzo, carrozza, puzzo, pozzo,olezzo, piccozza, piccolezza

8.Eccezioni ("z" dolce o sonora):

nel vocabolo brezza.

9. Nelle desinenze dell'Infinito in "-azzare"

Esempi: ammazzare, strapazzare, sghignazzare, cozzare,insozzare, sminuzzare

10.Nei suffissi in "-anza", "-enza"

Esempi: speranza, usanza, credenza, assenza, prudenza,portanza, vicinanza, incompetenza, impazienza, tolleranza,tracotanza, presenza

11.Nei suffissi in "-onzolo"

Esempi: ballonzolo, pretonzolo, mediconzolo

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La Z dolce o sonora

La "z" dolce o sonora italiana è quella usata per pronunciare ilvocabolo zero e deriva spesso dalla "-di-" seguita da vocale dellatino classico.

Esempi:prandium --> pranzo,

radius --> razzo.

La lettera "z" ha suono dolce o sonoro nei seguenti casi:

1. Nei suffissi dei verbi in "-izzare"

Esempi: organizzare, penalizzare, coalizzare, concretizzare,carbonizzare, sinterizzare, sintetizzare

2. Quando è lettera iniziale di un vocabolo ed è seguita da duevocali

Esempi: zaino, zuavo, zoologo 3.

Eccezioni ("z" aspra o sorda):

nel vocabolo zio e suoi derivati che rientrano nella regola dellazeta aspra o sorda perché presentano la vocale "i" seguita daun'altra vocale.

4. Quando è lettera iniziale di un vocabolo e la seconda sillabainizia con una delle consonanti cosiddette sonore "b", "d", "g","l", "m", "n", "r", "v"

Esempi: zebra, zodiaco, zigote, zelante, zummare, zenzero, zero,zavorra

5.

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Eccezioni ("z" aspra o sorda):

nei vocaboli zanna e zazzera

nel vocabolo zigano perché in realtà deriva dal termine caucasico"tzigan".

6. Quando è semplice in mezzo a due vocali semplici

Esempi: azalea, azoto, ozono, Ezechiele, Azeglio, nazareno 7.

Eccezioni ("z" aspra o sorda):

nel vocabolo nazismo.

APPUNTI DI DIZIONEIl rafforzamento

La regola del rafforzamento sintattico, in genere ignorata (alnord) o malamente utilizzata (al sud), impone di pronunciarealcune consonanti semplici, poste ad inizio di parola, come sefossero doppie.

Questo raddoppiamento pronunciato, e non scritto, deveessere effettuato nei seguenti casi:

1. Dopo tutte le parole polisillabe tronche

Esempi:

perché no --> perché-nnò

città santa --> città-ssanta

sarò tua --> sarò-ttua

2. Dopo i monosillabi accentati o tonici né, già, quà, là, fa, più,sì, ma, sa, fra, se, a, e, o,ecc..

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Esempi:

già detto --> già-ddetto

là sotto -->là-ssotto

fra noi --> fra-nnoi

se dici --> se-ddici

e poi --> e-ppoi

a noi --> a-nnoi

3. Dopo la forma è del verbo essere

Esempi:

è vero --> è-vvero

è falso --> è-ffalso

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APPUNTI DI DIZIONEI numeri, i mesi, i giorni

I numeri cardinali.

ùno sèi ùndici sédici tréntadùe sètte dódici diciassètte -----tré òtto trédici diciòtto cèntoquàttro nòve quattórdici diciannòve -----cìnque dièci quìndici vénti milióne

I numeri ordinali.

prìmo sèsto undicèsimo sedicèsimosecóndo sèttimo dodicèsimo diciassettèsimotèrzo ottàvo tredicèsimo diciottèsimoquàrto nòno quattordicèsimo diciannovèsimoquìnto dècimo quindicèsimo ventèsimo

I mesi dell'anno.

gennàio febbràio màrzo aprìlemàggio giùgno lùglio agóstosettèmbre ottóbre novèmbre dicèmbre

I giorni della settimana.

lunedì martedì mercoledì giovedì venerdì sàbato doménica

APPUNTI DI DIZIONEI nomi propri

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I nomi propri non seguono le regole esposteprecedentemente. Occorre quindi conoscerne l'esatta pronunciaimparando a memoria quelli più comuni. Eccone un elenco:

A B C D E F G I L M N O P R S T U VAbèle, Adèlchi, Adèle, Adòlfo, Adóne, Albèrto, Agnèse, Alèssio,Alfrédo, Alighièro, Ambrògio, Amedèo, Amèlia, Amlèto, Anaclèto,Andrèa, Angèlica, Antònio, Antonèllo, Ansèlmo, Arnòldo, Auròra Benedétto, Bèrta, Bòris Carlòtta, Carmèlo, Celèste, Césare, Clèlia, Clemènte, Cornèlio,Còsimo, Cristòforo, Danièle, Demètrio, Desidèrio, Diègo, Doménico, Dòra, Donatèlla, Èbe, Edmóndo, Ègle, Èlena, Eleonòra, Elèttra, Èlio, Elisabètta,Elisèo, Élsa, Emanuèle, Èmma, Ènnio, Ènzo, Ernèsto, Èster,Èttore, Eugènio, Eusèbio, Èva, Fedéle, Fedòra, Filibèrto, Fiorènzo, Francésco, Fulgènzio, Gabrièle, Gabrièlla, Galilèo, Gaudènzio, Gastóne, Gèmma,Genèsio, Genovèffa, Gilbèrto, Ginévra, Gigliòla, Giórgio, Giosuè,Giròlamo, Gisèlla, Giusèppe, Goffrédo, Gregòrio, Gualtièro,Guglièlmo, Innocènzo, Irène, Isabèlla, Isòtta, Ippòlito, Leopòldo, Lambèrto, Lorènzo, Maddalena, Marcèllo, Mattèo, Michèle, Milèna, Mirèlla, Mònica, Nicòla, Nòra, Nòrma, Ofèlia, Olivièro, Òlga, Omèro, Orèste, Ornèlla, Órsola, Òscar,Otèllo, Perpètua, Piètro, Pompèo, Rachèle, Raffaèle, Raimóndo, Rebècca, Rèmo, Robèrto, Romèo,Ròcco, Ròmolo, Ròsa, Ruggèro, Salvatóre, Secóndo, Sèrgio, Sèsto, Sèttimo, Sevèro, Silvèstro,Simóne, Simonétta, Stéfano, Sònia, Taddèo, Telèmaco, Teodòro, Terènzio, Terèsa, Tesèo, Umbèrto, Valèrio, Verònica, Vincènzo, Vittòrio

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APPUNTI DI DIZIONEGli omonimi

Nella lingua italiana si presentano casi di omonimie che sidifferenziano nel loro significato proprio in ragione del diverso tipodi accento fonico che le caratterizza, sebbene, per altro, taleaccento non sia mai segnalato dalla grafica.

Nelle due tabelle seguenti sono elencati quei casi nei qualioccorre prestare particolare attenzione al fine di evitare ambiguitàe malintesi.

Vocale è aperta Vocale é chiusaAccètta (verbo e aggettivo) Accétta (scure)Affètto (sentimento, colpito damalanno)

Affétto (verbo affettare)

Arèna (circo, anfiteatro) Aréna (sabbia)Collèga (compagno) Colléga (verbo collegare)Corrèsse (verbo correggere) Corrésse (verbo correre)Crèdo (preghiera e sostantivo) Crédo (verbo credere)Crèta (isola del mediterraneo) Créta (argilla)

Èsca (verbo uscire)Ésca (cibo, richiamo perpesci)

Èsse (lettera dell'alfabeto) Ésse (pronome)Lègge (verbo leggere) Légge (norma)Mènto (verbo mentire) Ménto (parte del viso)Mèsse (raccolto) Mésse (funzioni religiose)Nèi (macchie della pelle) Néi (preposizione articolata)Pèsca (frutto) Pésca (verbo pescare)Pèste (malattia) Péste (tracce, orme)Rè (nota musicale) Ré (monarca, regnante)Tè (bevanda) Té (pronome)

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Tèlo (dardo, freccia) Télo (tessuto)Tèma (argomento,componimento)

Térna (verbo temere esostantivo)

Vènti (plurale di vento) Vénti (numero)

Vocale ò aperta Vocale ó chiusaAccòrsi (verbo accorgere) Accórsi (verbo accorrere)Bòtte (percosse) Bótte (recipiente per vini)Còlto (verbo cogliere) Cólto (istruito, coltivato)Còppa (tazza) Cóppa (parte del collo)

Còrso (abitante della Corsica)Córso (sostantivo e verbocorrere)

Fòro (tribunale, piazza) Fóro (buco passante)Fòsse (buche) Fósse (verbo essere)Indòtto (non dotto, ignorante) Indótto (verbo indurre)Pòrsi (verbo porgere) Pórsi (verbo porre)Pòsta (ufficio postale, sommain gioco)

Pósta (verbo porre)

Ròcca (fortezza) Rócca (conocchia del filatoio)Ròsa (fiore) Rósa (verbo rodere)Scòpo (fine, obiettivo) Scópo (verbo scopare)Scòrsi (verbo scorgere) Scórsi (verbo scorrere)Sòrta (specie) Sórta (verbo sorgere)

Tòcco (pezzo, berretto)Tócco (sostantivo e verbotoccare)

Tòrre (verbo togliere) Tórre (edificio)Tòrta (verbo torcere) Tórta (dolce)Vòlto (verbo volgere) Vólto (viso)Vòlgo (verbo volgere) Vólgo (plebe, popolo)

Vòto (vuoto)Vóto (proponimento, desiderio,scelta)

APPUNTI DI DIZIONERiassunto sui tempi dei verbi

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I verbi ausiliari (essere e avere).

Modo/Tempo Verbo essere Verbo avere

Indicativo/Presentesóno, sèi, è, siète,sóno

hò, avéte

Indicativo/Imperfetto èro, èri, èra, èranoavévo, avévi,avéva, avévano

Indicativo/Futurosemplice

sarò, sarémo,saréte

avrò, avrémo,avréte

Indicativo/Passatoremoto

fósti, fósteèbbi, avésti, èbbe,avémmo, avéste,èbbero

Congiuntivo/Presentesarèi, sarésti,sarèbbe, sarémmo,saréste, sarèbbero

avrèi, avrésti,avrèbbe, avrémmo,avréste, avrèbbero

Congiuntivo/Imperfettofóssi, fósse,fóssimo, fóste,fóssero

avéssi, avésse,avéste, avéssero

Participio/Presente -------- avènteGerundio/Presente essèndo avèndo

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Esercizi di lettura

Sógnodi Giovanni Pascoli

Pér un attimo fui nél mio villaggio,nélla mia casa. Nulla èra mutato.

Stanco tórnavo, cóme da un viaggio;stanco, al mio padre, ai mòrti, èro tórnato.

Sentivo una gran giòia, una gran péna;una dolcézza e un’angòscia muta.

“Mamma?” – “è là, che ti scalda un po’ di céna”

Pòvera mamma! E lèi non l’hò veduta.

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La nuvola pigradi Ugo Bétti

Dópo l’acquata le nuvóle, prónte,pigliano il vólo, scavalcano il mónte.

Or cón la gónna di vélo sóttile,la più pigra s’impiglia al campanile.

“Làsciami, cón codésta banderuòla,mi strappi tutta! Són rimasta sóla!”

Ma il campanaro, sènza discréziónele rispónde cól campanóne!

Ché sobbalzo, ché sgoménto!Pér fortuna c’èra il vèntoche cón tutta galantéria

la piglia e sé la pòrta via.

Favoléttadi Umberto Saba

Tu sèi la nuvolétta, io sóno il vènto;ti pòrto óve a mé piace;

qua e là ti pòrto pér il firmaménto,e nón ti dò mai pace.

Vanno a séra a dórmire diètro i móntile nuvolétte stanche;

tu nél tuo letticciòlo i sónni hai próntisótto le cóltri bianche.

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Più in làdi Eugènio Montale

S’è rifatta la calma néll’aria:tra gli scògli parlòtta la marétta.

Sulla còsta quiètata, néi bròli, qualche palmaa péna svétta.

Una carézza disfiórala linèa dél mare e la scómpiglia

un attimo, sóffio liève che vi s’infrange e ancórail cammino ripiglia.

Sótto l’azzurro fitto dél cièlo,qualche uccèllo di mare sé né va;

né sòsta mai: ché, su tutte le còse pare sia scritto:“più in là”.

Vicólodi Salvatore Quasimodo

Mi richiama talvòlta la tua vóce,e nón sò ché cièli ed acque

mi si svégliano déntro;una réte di sóle ché si smagliasui tuòi muri, ch’èrano a séra

un dondólio di lampadedalle bottéghe tarde

piène di vènto e di tristézza.

Altro tèmpo: un télaio battéva nél córtile,e s’udiva la nòtte un pianto

di cuccióli e bambini.

Vicólo: una cróce di caseché si chiamano piano,e nón sanno ch’è pauradi réstare sóle nél buio.

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Le fióraie di San Babiladi Leonardo Sinisgalli

Trascina, il vènto délla séra,attaccate agli ombrèlli a colóri,

le piccole fióraieché strillano gaie

nélle maglie.Cóme róndini alle gróndaierestéranno sospése néll’aria

le vénditrici di dàlie,óra ché il vènto délla séra

gónfia gli ombrèllia mongolfièra.

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Nuvóledi Giacinto Grassi

Stanco, dópo una lunga camminata pómeridiana, mi sónoappóggiato ad uno déi pilastri ché circóndano la fóntana déllapiazza. La stanchézza dólce mi dava l’impressióne di affóndarelentaménte, toglièndomi ógni sènso di materialità. Istintivaméntel’òcchio, cércando uno spiraglio óltre la córnice dura déllecostruzióni laterali, ricércava uno spiraglio di cièlo. Néll’azzurrofrésco e profóndo si profilava nétta la tórre dél Palazzo di città,róssa. Dal céntro dél tétto si ergéva vèrso l’alto, cóme un èsilestèlo néro, un’anténna alta e sóttile. Mi suggeriva l’immagine diuna linea di traguardo méssa lì, chi sa cóme, pér qualche gara nélcièlo. E le nubi passavano infatti, basse néll’azzurro, cóme in córsa.Èrano masse enórmi, grigie o gialle ché muòvevano cómpattespinte da un vènto invisibile. Si spingévano innanzi, a cuneo, apunta, a frastaglio, in mille fórme strane, buffe o pauróse. La córsapareva sfiancarle. Il blòcco si rarefacéva, si sfilacciava e i biòccolibrillavano vivaci pér un attimo cóme felici délla vittòria. Èra unacórsa gioiósa cóme di bimbi sorridènti. Óra sembrava un córrerecónvulso di gióvani a qualche misteriósa cónquista. Pòi il mòto sifacéva frenètico cóme una ridda di móstri e infine si placava in unlènto incèdere di còcchi gigantéschi e sontuòsi. Vicino al mioorécchio il gócciolare festóso délle varie bócche di leóne. Un sènsodi vitale freschézza animava il vólto di piètra, impassibile e miscéndeva déntro, cóme una sórsata di acqua immatèriale. Èra lasóla musica ché mi potésse piacére in un moménto di létargospirituale, incapace di ógni riflessióne. Musica eleméntare e pureautèntica melódia pari a quélla déll’uòmo. Fórse anche superióre. Ilpiacére fisico èra in quél moménto giòia artistica, di un’arte ché siliberava di ógni cifrario intelléttuale pér attingére alla sorgèntedélla vita. La córsa nél cièlo cóntinuava óltre il traguardoimmaginario. Mi riscòssi cóme da un torpóre. Da mólto tèmpo nónmi sorprendévo a guardare le nuvóle. Fórse dal tèmpo in cui,affóndata la tèsta néll’èrba, mé né stavo a lungo supino a stórdirmigli òcchi di quélle fantasmagórie luminóse. Mi levavo stanchissimoe cóme svuòtato. Gli stèli alti déll’èrba mi facévano sollético al visoe grilli e fórmiche tutt’intórno tentavano la scalata dél mio còrpo.Striature di néro macchiavano la massa liminósa che, sènza trégua,fióriva nél cièlo. Pòi una néra córtina si levò a cóprire ógni còsa,

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cóme una palpebra su di un òcchio chiaro e sógnante. Si spènseanche la luce d’òro sul fóndo délla piazza ed il suòno délle cannèllesi féce cupo e insostenibilménte monòtono. Nón mi piacévapénsare al di là di quél néro la córsa nélla luce di quéllemeraviglióse creature dél vènto.

Da: Sótto le lune di marte di E.R. Burroughs

Sóno mólto vècchio, nón sò esattaménte quanto. Fórse hò cèntoanni, fórse più; ma nón pòsso dirlo perché nón sóno maiinvecchiato cóme gli altri uòmini e nón ricòrdo neppure di avéreavuto un’infanzia. Fin dóve arriva la mia memòria, ricòrdo di èsseresèmpre stato adulto: un uòmo di circa trént’anni. Òggi il mioaspètto è idèntico a quéllo di quaranta è più anni fa, éppure sèntoche nón pòsso cóntinuare a vivére pér sèmpre; che un giórnoaffronterò la véra mòrte dalla quale nón c’è più resurrezióne. Nónsò perché dovrèi temére la mòrte, io che sóno mòrto due vòlte èsóno sèmpre in vita; tuttavia, al suo pensièro, pròvo lo stéssoorróre che provate vói, che nón siète mai mòrti. Ed a causa diquésto terróre délla mòrte, crédo, che sóno così cónvinto chemorirò. È, a causa di quésta mia convinzióne, mi sóno deciso ascrivére la stòria dégli anni délla mia vita è délla mia mòrte. Nón sòspiégare il fenòmeno: pòsso soltanto scrivére qui, cóme puòscrivérla un sóldato di ventura, la crònaca dégli strani evènti che misóno accaduti néi dièci anni durante i quali il mio còrpo privo di vitaè rimasto célato, agli òcchi di tutti, in una cavèrna déll’Arizòna. Nónho mai raccóntato quésta stòria, né alcun mortale leggerà maiquésto manoscritto fino a quando io nón sarò passato pér sèmprenéll’eternità. Sò che gli uòmini nón credéranno a ciò che nón

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pòssono concépire, perciò nón intèndo èssere mésso alla gógna dalpubblico, dai pulpiti, dalla stampa, descritto cóme un colossalebugiardo méntre, al contrario, raccónto una sémplice verità che ungiórno sarà confermata dalla sciènza. Fórse quéllo che hò apprésosu Marte è le informazióni che vi darò attravèrso quésta crònaca,serviranno a dare una prima comprensióne déi mistèri dél nòstropianéta fratèllo: mistèri pér vói, ma nón più pér mé. Il mio nóme èJohn Cartèr, ma sóno mèglio conosciuto cóme il Capitano JackCartèr délla Virginia.

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Bibliografia di approfondimento corso di aggiornamento del Progetto

“A che libro giochiamo?”

Argilli Marcello, Ci sarà una volta, immaginario infantile e fiaba moderna, La

Nuova Italia, 1995.

Bettelheim Bruno, Il mondo incantato: uso, importanza e significati

psicanalitici delle fiabe, Ed. Feltrinelli, Milano, 1977.

Bettelheim Bruno, Imparare a leggere, Milano, Ed. Feltrinelli, 1983.

Blezza Picherle Silvia, Leggere nella scuola materna, Brescia, La Scuola,

1996.

Brusa Mario, La pésca con la pèsca. Appunti di dizione, respirazione,

educazione alla voce, Ed. Piazza, 2002.

Buongiorno T., Dizionario della letteratura per ragazzi, Fabbri, Milano, 2002.

Campanile Silvia, Lovo Annamaria, Musella Maria Rosaria, Parlato Paola, Il

vizio di leggere, Napoli, Liguori, 2001.

Cardarello Roberta, Chiantera Angela, Leggere prima di leggere, infanzia e

cultura scritta, Firenze, Ed. La Nuova Italia, 1989.

Cardarello Roberta, Libri e bambini: la prima formazione del lettore, Firenze,

Ed.La Nuova Italia,1995.

Catarsi Enzo, Leggere le figure: il libro nell’asilo nido e nella scuola

dell’infanzia, Pisa, Ed. Del Cerro, 1999.

Celi Fabio, Avviamento alla lettura, percorsi fonetici e globali, Ed.

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Detti Ermanno, Il piacere di leggere, La Nuova Italia, 1987.

Ferreiro Emilia, Teberosky Ana, La costruzione della lingua scritta nel

bambino, Firenze, Giunti, 1995.

Ferrieri Luca, Innocenti Piero, Il piacere di leggere. Teoria e pratica della

lettura, Milano, UNICOPLI, 1995.

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dall’infanzia all’adolescenza, Roma, Carocci, 1999.

Handler Spitz Ellen, Libri con le figure: un viaggio tra parole e immagini,

Milano, Mondatori, Infanzie, Saggi, 2001.

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1997.

Lumbelli Lucia, Incoraggiare a leggere, Firenze, La Nuova Italia, 1988.

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Pennac Daniel, Come un romanzo, Ed. Feltrinelli, Milano 1993.

Pitzorno Bianca, Storia delle mie storie, Parma, Nuova Pratiche Editrice,

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Romagnoli Anna Maria, La parola che conquista. Manuale di pronuncia e

dizione per i professionisti della parola. Milano, Mursia, 1990.

Valentino Merletti Rita, Leggere ad alta voce, Milano, Ed. Mondadori,

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Valentino Merletti Rita, Raccontar storie, Milano, Ed. Mondadori, Infanzie,

Saggi, 1998.

Valentino Merletti Rita, Racconti (di)versi, Milano, Ed. Mondadori, Infanzie,

Saggi, 2000.

Valentino Merletti Rita, Libri e lettura da 0 a 6 anni, Mondadori, Infanzie

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Valentino Merletti Rita, Libri per ragazzi: come valutarli?, Mondadori,

Infanzie Strumenti, 1999.

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anni, Mondadori, Oscar Saggi, 1997.

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serenamente, Trento, Ed. Erickson, 2000.

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Zannoner Paola, Come si costruisce un percorso di lettura, Milano,

Mondadori, Infanzie Strumenti, 2000.

Zoppei Elisa, Laboratori di lettura: metodi e tecniche di animazione del libro,

Milano, Mondatori Infanzie Strumenti, 2003.