A caccia di trafficanti

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26 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA 27 IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S UNO STUDENTE ERITREO È DETENUTO A PALERMO CON L’ACCUSA DI ESSERE UN TRAFFICANTE DI ESSERE UMANI. NEL FRATTEMPO, IL SUO OMONIMO SI TROVEREBBE, SECONDO GLI AVVOCATI DELLO STUDENTE, A DUBAI. ECCO LA LORO STORIA di Saul Caia e Rosario Sardella LO STUDENTE E IL TRAFFICANTE DI ESSERE UMANI IL TRIBUNALE DEL RIESAME DI ROMA POTREBBE CHIEDERE LA SCARCERAZIONE DI BERHE, PERCHÉ CONVINTA CHE NON SI TRATTI DEL VERO MERED E SCONFESSANDO L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI PALERMO U na semplice foto, scattata all’interno di un grande magazzino e postata su fa- cebook. Al centro dell’in- quadratura un tavolino apparecchiato e un bicchiere, con una bibita verde e una cannuccia, e sullo sfondo la catena del ristorazio- ne ‘Golden Burger’. Quella che può sembrare una comunissima foto, po- trebbe presto diventare un elemento chiave nel processo sui trafficanti che si celebra a Palermo, perché postata lo scorso 21 agosto dall’account di Mered Medhanie Yehdego, detto il ‘Generale’, uno dei capi della tratta di esseri umani più influenti del Cor- no d’Africa. Parte da questo scatto l’inchiesta di S, che ha incrociato le informazioni degli atti processuali e le immagi- ni presenti negli archivi di Google, scoprendo che il luogo in cui è stata realizzata la foto si trova all’interno NOME: MEDHANIE TESFAMARIAM BERHE ETÀ: 29 ANNI (1987) NAZIONALITÀ: ERITREA PROFESSIONE: STUDENTE STATUS: DETENUTO AL PAGLIARELLI (PALERMO) ACCUSA: LA PROCURA DI PALERMO RITIENE SI TRATTI DEL TRAFFICANTE MERED MEDHANIE YEDGEGO, ARRESTATO DALLE AUTORITÀ SUDANESI E INGLESI IN UN’OPERAZIONE CONGIUNTA A KARTHOUM. NOME: MERED MEDHANIE YEHDEGO, DETTO IL ‘GENERALE’ ETÀ: 35 ANNI (1981) NAZIONALITÀ: ERITREA PROFESSIONE: TRAFFICANTE DI ESSERI UMANI STATUS: LATITANTE (ULTIMO AVVISTAMENTO A DUBAI) ACCUSA: È IL VERO TRAFFICANTE DI UOMINI, SFUGGITO ALL’ARRESTO IN SUDAN. SI SPOSTA FREQUENTEMENTE TRA L’AFRICA E DUBAI, DOVE NELL’AGOSTO SCORSO HA PUBBLICATO UNA FOTO POSTATA NEI SUOI PROFILI FACEBOOK.. Eritrea” nel 1993, risiede in Svezia dove ha “partorito un figlio registra- to all’anagrafe”. Nell’atto di nascita, il padre del bambino risulta essere “Mered Medhanie Yehdego”, citta- dino eritreo del 1981. Nonostante la cooperazione interna- zionale però, le autorità non riesco- no a conseguire “fotografie ufficiali né l’identità dattiloscopica” del traf- ficante, quindi l’unica “immagine inserita nel provvedimento di fermo è riconducibile al segnalato profilo facebook” MY1. In questo account social, che come profilo immagine ha la foto di un del ‘Al Abraja Center’, uno dei centri commerciali più lussuosi di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. A questo punto la domanda sorge spontanea, chi è l’uomo eritreo de- tenuto al carcere Pagliarelli di Paler- mo e imputato al processo Glauco2? Se lo chiedono il suo difensore, l’av- vocato palermitano Michele Calan- tropo e i giornalisti del quotidiano britannico The Guardian, che si occupano del caso da diversi mesi e sostengono che si tratti di Medha- nie Tesfamariam Berhe, un rifugiato ventinovenne arrestato ingiustamen- te per errore in Sudan. Se lo chiede soprattutto la famiglia dell’imputa- to e la comunità eritrea in Italia e in Europa, che più volte ha testimo- niato che si tratta di uno scambio di persona. Nelle ultime settimane, forse se lo stanno chiedendo anche le autorità italiane e quelle britanni- che, e persino la Procura di Palermo che ha portato a giudizio l’indagato, fermamente convinta che si tratti del vero Mered. Una cosa è certa, da cir- ca centonovanta giorni, un cittadino eritreo è rinchiuso nel carcere pa- lermitano, vivendo per diverse set- timane in isolamento, ma sulla sua reale identità restano ancora molte perplessità. Parte dell’inchiesta giudiziaria con- dotta dalla Procura di Palermo sul Generale, si basa sul monitoraggio del suo profilo facebook, registrato al capitolo 7 degli atti documenta- li prodotti dai pm, in cui si parla di “accertamenti effettuati sui so- cial” dell’utente Meda.Yehdego, che noi per semplificare chiameremo ‘MY1’. In seguito, intercettando l’utenza libica del trafficante, durante una conversazione del maggio 2014, l’uomo fornisce al suo interlocutore il numero di telefono e il profilo social della moglie Lidya Tesfu Hannes. Le autorità svedesi che collabora- no con quelle italiane alle indagini, confermano che la donna, “nata in Le conversazioni private di Mered pubblicate dal The Guardian “Tutti sanno che non è un tracante, chiunque può dire che lui non sa nulla”. A parlare, direttamente dal suo profilo personale di facebook, è il 'Generale' Mered Medhanie Ye- dhego che nel corso di una conversazione privata con un amico di lunga data commen- ta l'inchiesta della Procura di Palermo e l'arresto del giovane eritreo Medhanie Berhe. Gli stralci delle conversazioni sono state pubblicate dai giornalisti Patrick Kingsley e Lorenzo Tondo del quotidiano britannico The Guardian, insieme ad alcune foto dello stesso Mered, confermate da altri connazionali eritrei che lo hanno conosciuto perso- nalmente. “Dicono (i magistrati di Palermo e la stampa, nda) che io sono il boss, - scrive nella chat Mered - il capo di tutti i tracanti, un’altra volta dicono che ho mandato le barche di Ermias (un altro tracante citato nell’inchiesta Glauco 2, nda). Stanno diamando il mio nome, enfatizzando sul mio nome. Ma ci sono altri tracanti non citati, che guada- gnano più di me”. Infine Mered parla anche del suo business. “Loro (i migranti, nda) hanno bisogno del mio aiuto, tutti questi passeggeri che vengono da me, chiedono di andare in Europa solo per il loro interesse”. SPECIALE | A CACCIA DI TRAFFICANTI

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26 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA 27IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S

UNO STUDENTE ERITREO È DETENUTO A PALERMOCON L’ACCUSA DI ESSERE UN TRAFFICANTE DI ESSERE UMANI.NEL FRATTEMPO, IL SUO OMONIMO SI TROVEREBBE, SECONDOGLI AVVOCATI DELLO STUDENTE, A DUBAI. ECCO LA LORO STORIAdi Saul Caia e Rosario Sardella

“LO STUDENTEE IL TRAFFICANTE DI ESSERE UMANI”

IL TRIBUNALEDEL RIESAME DI ROMAPOTREBBE CHIEDERELA SCARCERAZIONE DI BERHE, PERCHÉ CONVINTACHE NON SI TRATTIDEL VERO MEREDE SCONFESSANDOL’INCHIESTA DELLA PROCURADI PALERMO

Una semplice foto, scattata all’interno di un grande magazzino e postata su fa-cebook. Al centro dell’in-quadratura un tavolino

apparecchiato e un bicchiere, con una bibita verde e una cannuccia, e sullo sfondo la catena del ristorazio-ne ‘Golden Burger’. Quella che può sembrare una comunissima foto, po-trebbe presto diventare un elemento chiave nel processo sui trafficanti che si celebra a Palermo, perché postata lo scorso 21 agosto dall’account di Mered Medhanie Yehdego, detto il ‘Generale’, uno dei capi della tratta di esseri umani più influenti del Cor-no d’Africa.Parte da questo scatto l’inchiesta di S, che ha incrociato le informazioni degli atti processuali e le immagi-ni presenti negli archivi di Google, scoprendo che il luogo in cui è stata realizzata la foto si trova all’interno

NOME: MEDHANIE TESFAMARIAM BERHEETÀ: 29 ANNI (1987)NAZIONALITÀ: ERITREAPROFESSIONE: STUDENTESTATUS: DETENUTO AL PAGLIARELLI (PALERMO)ACCUSA: LA PROCURA DI PALERMO RITIENESI TRATTI DEL TRAFFICANTE MERED MEDHANIE YEDGEGO, ARRESTATO DALLE AUTORITÀ SUDANESI E INGLESI IN UN’OPERAZIONE CONGIUNTAA KARTHOUM.

NOME: MERED MEDHANIE YEHDEGO,DETTO IL ‘GENERALE’ETÀ: 35 ANNI (1981)NAZIONALITÀ: ERITREAPROFESSIONE: TRAFFICANTE DI ESSERI UMANISTATUS: LATITANTE (ULTIMO AVVISTAMENTO A DUBAI)ACCUSA: È IL VERO TRAFFICANTE DI UOMINI,SFUGGITO ALL’ARRESTO IN SUDAN. SI SPOSTA FREQUENTEMENTE TRA L’AFRICA E DUBAI, DOVE NELL’AGOSTO SCORSO HA PUBBLICATO UNA FOTO POSTATA NEI SUOI PROFILI FACEBOOK..

Eritrea” nel 1993, risiede in Svezia dove ha “partorito un figlio registra-to all’anagrafe”. Nell’atto di nascita, il padre del bambino risulta essere “Mered Medhanie Yehdego”, citta-dino eritreo del 1981.Nonostante la cooperazione interna-zionale però, le autorità non riesco-no a conseguire “fotografie ufficiali né l’identità dattiloscopica” del traf-ficante, quindi l’unica “immagine inserita nel provvedimento di fermo è riconducibile al segnalato profilo facebook” MY1.In questo account social, che come profilo immagine ha la foto di un

del ‘Al Abraja Center’, uno dei centri commerciali più lussuosi di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti.A questo punto la domanda sorge spontanea, chi è l’uomo eritreo de-tenuto al carcere Pagliarelli di Paler-mo e imputato al processo Glauco2? Se lo chiedono il suo difensore, l’av-vocato palermitano Michele Calan-tropo e i giornalisti del quotidiano britannico The Guardian, che si occupano del caso da diversi mesi e sostengono che si tratti di Medha-nie Tesfamariam Berhe, un rifugiato ventinovenne arrestato ingiustamen-te per errore in Sudan. Se lo chiede soprattutto la famiglia dell’imputa-to e la comunità eritrea in Italia e in Europa, che più volte ha testimo-niato che si tratta di uno scambio di persona. Nelle ultime settimane, forse se lo stanno chiedendo anche le autorità italiane e quelle britanni-che, e persino la Procura di Palermo che ha portato a giudizio l’indagato, fermamente convinta che si tratti del vero Mered. Una cosa è certa, da cir-ca centonovanta giorni, un cittadino eritreo è rinchiuso nel carcere pa-lermitano, vivendo per diverse set-timane in isolamento, ma sulla sua reale identità restano ancora molte perplessità.Parte dell’inchiesta giudiziaria con-dotta dalla Procura di Palermo sul Generale, si basa sul monitoraggio del suo profilo facebook, registrato al capitolo 7 degli atti documenta-li prodotti dai pm, in cui si parla di “accertamenti effettuati sui so-cial” dell’utente Meda.Yehdego, che noi per semplificare chiameremo ‘MY1’.In seguito, intercettando l’utenza libica del trafficante, durante una conversazione del maggio 2014, l’uomo fornisce al suo interlocutore il numero di telefono e il profilo social della moglie Lidya Tesfu Hannes.Le autorità svedesi che collabora-no con quelle italiane alle indagini, confermano che la donna, “nata in

Le conversazioni private di Meredpubblicate dal The Guardian

“Tutti sanno che non è un tra!cante, chiunque può dire che lui non sa nulla”. A parlare, direttamente dal suo profilo personale di facebook, è il 'Generale' Mered Medhanie Ye-dhego che nel corso di una conversazione privata con un amico di lunga data commen-ta l'inchiesta della Procura di Palermo e l'arresto del giovane eritreo Medhanie Berhe.Gli stralci delle conversazioni sono state pubblicate dai giornalisti Patrick Kingsley e Lorenzo Tondo del quotidiano britannico The Guardian, insieme ad alcune foto dello stesso Mered, confermate da altri connazionali eritrei che lo hanno conosciuto perso-nalmente.“Dicono (i magistrati di Palermo e la stampa, nda) che io sono il boss, - scrive nella chat Mered - il capo di tutti i tra!canti, un’altra volta dicono che ho mandato le barche di Ermias (un altro tra!cante citato nell’inchiesta Glauco 2, nda). Stanno di"amando il mio nome, enfatizzando sul mio nome. Ma ci sono altri tra!canti non citati, che guada-gnano più di me”. Infine Mered parla anche del suo business. “Loro (i migranti, nda) hanno bisogno del mio aiuto, tutti questi passeggeri che vengono da me, chiedono di andare in Europa solo per il loro interesse”.

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MAGGIO SCORSO, LE AUTORITÀ INGLESI ARRESTANO IN SUDAN L’UOMO CHE RITENGONO ESSERE IL VERO MERED, TROVANDOLO IN POSSESSO DI “UN TELEFONO CELLULARE MARCA SAMSUNG” E DI “ALCUNI FOGLI MANOSCRITTI CONTENENTI CIFRE E NOMI SCRITTI IN LINGUA TIGRIGNA”

LA NOTIZIA DELL’ARRESTOED ESTRADIZIONE È ACCOLTADAI QUOTIDIANI ITALIANICON UN TRIONFO. “ARRESTATO MERED”, “IN MANETTEIL BOSS DELLA TRATTA”, “ESTRADATO IL PERICOLOSO TRAFFICANTE”. QUANDO PERÒ L’UOMO SCENDE LA SCALETTA DELL’AEREO, SCORTATODALLE AUTORITÀ ITALIANAE CON LE MANETTE AI POLSI, LA SUA FISIONOMIA SEMBRAVA ESSERE BEN DIVERSA DA QUELLA DELLE FOTOGRAFIESEGNALETICHE DIFFUSEDALLE AUTORITÀ GIUDIZIARIE NEL CORSO DELLE INCHIESTESUI TRAFFICANTI

bambino, si trovano diversi scat-ti della compagna Lidya e del loro figlio, ma scavando più a fondo, le autorità scoprono anche le foto di Semhar Yeman insieme a una bam-bina, considerata dagli inquirenti la seconda donna del trafficante e la loro figlia. Tra gli amici c’è anche Merhawi Yehdego, fratello del ‘Ge-nerale’.A maggio scorso, le autorità inglesi

lamente degli scatti con amici, e nu-merosi post di giocatori e squadre di calcio.Facendo una ricerca più accurata all’interno dei vari profili facebook dei parenti di Mered, S è riuscita a scoprire il secondo account del ‘Ge-nerale’, mai menzionato negli atti giu-diziari, ovvero Meda.Yehdego.7, che noi chiameremo ‘MY2’. Come abbia-mo anticipato prima, la foto avatar dell’utente è quella scattata all’inter-no del centro commerciale di Dubai e condivisa anche nell’account MY1.

Decidiamo quindi di soffermarci più attentamente sui profili di Me-red, notando che sono entrambi in collegamento con Lidya, Semhar e Merhawi, mentre non sono amici di Medhanie Meda. Ma c’è di più. Se dal profilo di quest’ultimo, il post più recente risale al 23 maggio scorso, cioè il giorno antecedente all’arresto in Sudan, negli account riconducibili al vero Mered (MY1 e MY2) l’immagine di copertina è stata cambiata tra il 21 e 22 ago-sto, quando il trafficante si sarebbe

bre 2015 e commentato una foto della donna nell’ottobre successivo, inviandole privatamente dei messag-gi. “Sono una donna sposata”, ri-sponde Lidya nel corso della conver-sazione privata via chat con Berhe. “Nessun problema - replica lui - tu puoi avere più di un uomo”. Ma la risposta della donna non lascia equi-voci: “Io non voglio nessuno se non mio marito”.Per i magistrati palermitani, lo scambio epistolare tra i due sarebbe la conferma che il profilo di Berhe è quello usato dal trafficante. Nel corso della nostra inchiesta però, abbiamo trovato nuovi elementi che mostrerebbero ulteriori particolari.Innanzitutto Medhanie Meda si è iscritto nel noto social network l’11 dicembre 2010 e solo cinque anni dopo stringe amicizia con la Lidya, mentre tra i suoi contatti non risul-tano né la compagna del trafficante Semhar, né Merhawi, il fratello del Generale. Inoltre nel suo profilo non sono presenti foto che lo leghino alle compagne e ai rispettivi figli, ma so-

dovuto trovare al Pagliarelli. Nella foto si vede un uomo di spalle con l’ombrello, che non ha la fisiono-mia di un cittadino eritreo, e una frase in inglese che recita: “La gen-te non potrà mai capire veramente qualcosa fino a quando non accade a loro”.Altro punto focale dell’inchiesta giu-diziaria, che emerge dalla relazione documentale prodotta dai pm, è la correlazione di 34 amicizie tra il profilo di Medhanie Meda e quello di Lidya. Elemento questo, che se-condo i magistrati palermitani raf-forzerebbe la teoria che l’uomo im-putato sia il vero trafficante.S ha confrontato anche la relazione tra tutti gli altri profili, notando che

LA PROCURA DI PALERMO, CON L’AIUTO DELL’INTELLIGENCE INGLESE DELLA NATIONAL CRIME AGENCY,HA ARRESTATO IN SUDAN LO SCORSO 24 MAGGIO MEDHANIE TASFAMARIAM BERHE. LE AUTORITÀ IN REALTÀSONO CONVINTE DI AVER PRESO MERED MEDHANIE YEHDEGO, DETTO IL ‘GENERALE’, UNO DEI TRAFFICANTIDI ESSERI UMANI PIÙ INFLUENTI DEL CORNO D’AFRICA. IL 21 AGOSTO, MENTRE BERHE SI TROVA IN DETENZIONE AL PAGLIARELLI, DAL PROFILO FACEBOOK SEGRETO DI MERED (FOTO 1) È STATA POSTATA UNA FOTO SCATTATA ALL’INTERNO DI UN CENTRO COMMERCIALE, E CONDIVISA IL GIORNO SUCCESSIVO NELL’ACCOUNT UFFICIALEDEL TRAFFICANTE (FOTO 2). LO SCATTO È STATO REALIZZATO AL ‘AL ABRAJA CENTER’ (FOTO 3), UNO DEI CENTRI COMMERCIALI PIÙ LUSSUOSI DI DUBAI, NEGLI EMIRATI ARABI UNITI.

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arrestano in Sudan l’uomo che riten-gono essere il vero Mered, trovando-lo in possesso di “un telefono cellula-re marca Samsung” e di “alcuni fogli manoscritti contenenti cifre e nomi scritti in lingua tigrigna”. L’eritreo, che dichiara di chiamarsi Medhane Trasfamarian Berhe, conferma alle autorità sudanesi di aver utilizzato “l’apparecchio cellulare” con il qua-le ha realizzato “tre conversazioni intercettate in data 23/5/2016” dal-la Procura di Palermo, in cui parla con dei trafficanti, e di aver usato il dispositivo per “l’accesso al suo profilo facebook”. Una volta estra-dato in Italia, la competenza passa alle autorità nostrane, che analizza-no tutte le informazioni interne del cellulare per scoprire nuovi possibili collegamenti.

LA PISTA DI FACEBOOKNelle pagine della relazione agli atti del processo, è specificato che il pro-filo dell’estradato ‘Medhanie Meda’, che chiameremo ‘MM’, ha stretto amicizia con Lidya Tesfu nel settem-

MEDA YEHDEGO (MY1) PROFILO RICONDUCIBILEAL VERO TRAFFICANTE CITATO NELLA RELAZIONE DELLA PROCURA

MEDA YEHDEGO7 (MY2) SECONDO PROFILO RICONDUCIBILE AL VERO TRAFFICANTE MAI CITATO NEGLI ATTI GIUDIZIARI

MEDHANIE MEDA (MM)PROFILO DEL CITTADINO ERITREO MEDHANIE TESFAMARIAM BERHE DETENUTO AL PAGLIARELLI

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ENTRA IN AULA SCORTATODALLA POLIZIA. INDOSSAUNA MAGLIA NERAA MANICHE CORTECON UNA SCRITTA BIANCA.AL COLLO PORTA UN ROSARIO, MENTRE IL SUO VOLTO MOSTRA INQUIETUDINE. SCONFORTATO, GUARDA I PRESENTI IN AULAE SCUOTE PIÙ VOLTE LA TESTA, PUR NON COMPRENDENDOL’ITALIANO. TIENE LE MANIGIUNTE, QUASISTESSE PREGANDO

PARTE DELL’INCHIESTAGIUDIZIARIA CONDOTTADALLA PROCURA DI PALERMO SUL GENERALE, SI BASASUL MONITORAGGIODEL SUO PROFILO FACEBOOK, REGISTRATO AL CAPITOLO 7 DEGLI ATTI DOCUMENTALIPRODOTTI DAI PM, IN CUISI PARLA DI “ACCERTAMENTIEFFETTUATI SUI SOCIAL” DELL’UTENTE MEDA.YEHDEGO, CHE NOI PER SEMPLIFICARE CHIAMEREMO ‘MY1’

spinge affinché siano separati i due filoni giudiziari, sostenendo che le intercettazioni depositate dall’accu-sa sono state registrate in un perio-do successivo all’inchiesta Glauco 2, focalizzando l’attenzione sulla vera identità del giovane eritreo per evi-tare che si continui ad accusare “la persona sbagliata”.La richiesta di entrambe le parti è stata in seguito accolta dai giudici che hanno ritenuto ammissibile l’in-compatibilità di uno dei componenti del collegio. Il processo riprenderà con un collegio composto da nuovi giudici che si occuperanno di accer-tare la reale identità dell’imputato.Nel frattempo, la Procura della Re-pubblica di Roma sta procedendo su un secondo filone d’inchiesta, per questo motivo a fine novembre è stato interrogato a Palermo il dete-nuto del Pagliarelli. Medhanie Berhe ha ribadito ancora una volta di non essere Mered, mentre il suo difenso-re ha prodotto ai magistrati romani l’intera documentazione già presen-tata al processo Glauco, con la quale dimostra che il suo assistito non è il trafficante.

CACCIA AL TRAFFICANTELa ricerca di Mered inizia nel 2013, quando le autorità intercettano nu-merose conversazioni tra i mercanti di uomini residenti in Africa e i loro contatti nel territorio italiano. L’ope-razione Glauco, condotta dai magi-

La bufala del cannibalismo

I periti incaricati dalla Procura di Palermo, analizzando il cellulare di Medhanie Berhe, trovano in una “chat con l’uten-te Efii”, alcune foto che sembrerebbero mostrare “scene di cannibalismo” e “filmati scaricati da Youtube, che verosimil-mente riprendono dei migranti presi in consegna nel deserto da alcuni tra!canti armati”. Una prova che “assume un pregnante rilievo” per il processo, sostengono i magistrati, in virtù delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Nuradin, che aveva raccontato di connazionali sequestrati lungo il Nilo, alla quale erano asportati organi da rivendere in Israele. Il caso si trasforma però in bufala, l’avvocato difensore di Berhe dimostra infatti che le foto sono reperibili sul web e non scat-tate da Berhe. Visitando il sito “hoaxbuster.id”, si può leggere

la mail scritta da Kudatara Nagaviroj, Consigliere della Reale Ambasciata di Thailandia a Pretoria in Sud Africa, che spiega nel dettaglio a cosa si riferiscono quegli scatti. Si tratta di una cerimonia buddista, chiamata “Lang Pa Cha”, letteralmente tradotta ‘pulizia e riordino del cimitero’, realizzata il “13 marzo del 2009 in un cimitero della provincia SudEst della Thailan-dia”. Nelle provincie rurali thailandesi, gli spazi dei cimiteri sono ristretti, per questo motivo è realizzato il Lang Pa Cha, con volontari che cremano i defunti per “onorare il loro spirito”. Nello specifico, si tratta di “personale medico e paramedico”, “facilmente identificabili dalle loro uniformi bianche-blu e carte d'identità”, e per tale motivo “abituati a vedere un corpo morto” mostrandosi “indi"erenti nelle foto”.

corso dell’udienza. È il primo gior-no del processo Glauco 2, celebrato alla quarta sezione penale del tribu-nale di Palermo, e tra gli imputati c’è Medhanie Tesfamariam Berhe, con-siderato dai pm istruttori Calogero Ferrara, Maurizio Scalia e Claudio Camilleri, il vero Generale, cioè uno dei più pericolosi trafficanti di esseri umani del Mediterraneo. L’udienza però dura appena un’ora, quando il presidente del collegio Raffaele Ma-lizia decide di rinviarla alla settima-na successiva. L’accusa ha sollevato la possibile incompatibilità di uno dei membri del collegio presieduto da Malizia e chiesto che vengano unificanti i procedimenti Glauco 2 e Mered, perché alcune intercettazioni sono presenti in entrambe le inchie-ste. Dall’altra parte, invece, la difesa

strati palermitani, porta all’arresto di numerosi esponenti dell’organiz-zazione, tra questi anche l’eritreo Atta Wehbrebi Nuradin, considerato uno dei leader del traffico. L’uomo decide in seguito di collaborare con la giustizia, raccontando numerosi dettagli agli inquirenti, parlando an-che della figura di Mered. Nel corso delle indagini, i magistrati palermi-tani stingono un rapporto di coope-razione con la britannica National Crime Agency (NCA). Gli inglesi sul territorio africano, si affidano a loro volta all’ufficiale Roy Godding, spe-

cializzato nel Corno d’Africa. Agli atti del processo, si può leggere la relazione che Godding ha inviato al procuratore Calogero Ferrara, data-ta 21 gennaio 2016, in cui riassume i punti chiavi trattati nel corso di un loro incontro. “La NCA è ora in pos-sesso di elementi credibili e sostan-ziati che indicano fortemente che Medhanie possa avere un domicilio a Khartoum, Sudan, dove ritenia-mo si trovasse alla fine del 2015” e dove “trascorra una buona parte del suo tempo in questa città”. Inoltre, “Medhanie potrebbe lasciare il Su-dan alla fine dell’inverno”, aggiunge l’ufficiale inglese e tale spostamento potrebbe “avvenire verso fine apri-le”. Godding non ha dubbi: “Questo significa che dobbiamo agire in fret-ta, al fine di sfruttare l’opportunità che abbiamo in questo momento”.La situazione interna al Sudan pre-occupa lo stato delle operazioni rendendole delicate, lo stesso uffi-ciale infatti, sottolinea che nel pa-ese africano “vige la pena capitale per alcuni reati, incluso quello di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Per questo motivo, la NCA suggerisce ai magistrati paler-mitani che “Medhanie rimanga il minor tempo possibile in custodia”,

MY1 ha 280 amicizie con Lidya, 33 con Semhar e 205 con Merhawi, mentre MY2 condivide 95 utenti con Lidya, 18 con Semhar e 85 con Merhawi. Se invece incrociamo gli account tra MM e gli altri due pro-fili, MY1 e MY2, le corrispondenze sono solo di 1 e 2 amicizie.

L’INDAGINE INTERNAZIONALE Entra in aula scortato dalla polizia. Indossa una maglia nera a maniche corte con una scritta bianca. Al collo porta un rosario, mentre il suo vol-to mostra inquietudine. Sconfortato, guarda i presenti in aula e scuote più volte la testa, pur non comprenden-do l’italiano. Tiene le mani giunte, quasi stesse pregando. Al suo fianco c’è l’interprete, che gli traduce in lin-gua tigrigna ciò che viene detto nel

WARSAY YIKEALO SECONDARY SCHOOL HA SEDE AD ASMARA, È UN ISTITUTO SCOLASTICO FREQUENTATO DA STUDENTI ERITREI. LA DURATA DEL CORSOÈ DI UN ANNO, CONGIUNGE LO STUDIOAL SERVIZIO DI LEVA, IN MODOCHE GLI ISCRITTI OLTRE A FREQUENTAREI CORSI INIZINO ANCHE L’ADDESTRAMENTO MILITARE.AL TERMINE DELL’ANNO ACCADEMICO, IN BASE AI VOTI CONSEGUITI, LO STATO REDIGE UNA GRADUATORIA E ASSEGNA AGLI STUDENTI I RISPETTIVI COLLEGI IN CUI SI POSSONO CONTINUARE GLI STUDI.

A SINISTRA GLI ARTICOLI DEI QUOTIDIANI ITALIANICHE RIPORTANO LA NOTIZIA DEL RITROVAMENTO DELLE FOTO NEL CELLULARE DI MEDHANIE BERHE.SOPRA, DUE SCATTI CHE RITRAGGONO IL RITUALE BUDDISTA “LANG PA CHA”.

CARTA IDENTITÀ ERITREA RILASCIATA IL 20 SETTEMBRE 2005, INTESTATA A MEDHANE TASFAMARIAN BERBE, NATO NELL’1987 AD ASMARA E RESIDENTE A DIBARUA (ERITREA). NELLA CASELLA LAVORO È INDICATO IL TITOLO DI STUDENTE.

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LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI ROMA STA PROCEDENDOSU UN SECONDOFILONE D’INCHIESTA,PER QUESTO MOTIVOA FINE NOVEMBRE È STATO INTERROGATO A PALERMOIL DETENUTO DEL PAGLIARELLI. MEDHANIE BERHE HA RIBADITO ANCORA UNA VOLTADI NON ESSERE MERED

AGLI ATTI DEL PROCESSO,SI PUÒ LEGGERE LA RELAZIONE CHE GODDING HA INVIATOAL PROCURATORE CALOGEROFERRARA, DATATA 21 GENNAIO 2016, IN CUI RIASSUMEI PUNTI CHIAVI TRATTATINEL CORSO DI UN LORO INCONTRO. “LA NCA È ORA IN POSSESSODI ELEMENTI CREDIBILIE SOSTANZIATI CHE INDICANO FORTEMENTE CHE MEDHANIE POSSA AVERE UN DOMICILIOA KHARTOUM, SUDAN, DOVERITENIAMO SI TROVASSEALLA FINE DEL 2015”

in virtù del fatto che il trafficante in-trattiene “delle relazioni corrotte in Sudan”.L’Italia, il Regno Unito e il Sudan avviano le procedure per stilare un trattato trilaterale, la prima volta tra i tre paesi, che permetta l’estradizio-

ne dell’indagato una volta arrestato nel territorio africano. Il 24 maggio, le autorità inglesi comunicano, gra-zie al sostegno dei sudanesi, di aver catturato Medhanie, in località El Diem, a Karthum, enclave eritrea in Sudan. “È stata condotta un’indagi-ne basata sulla ricerca di tale Me-dhanie, come se in Sicilia volessimo cercare una persona chiamata Salva-tore. Tra gli eritrei è un nome molto comune”, spiega a “S” l’avvocato Calantropo. “Le autorità sudanesi non hanno mai interrogato il mio assistito, non c’è stato un provvedi-mento sull’arresto. La polizia lo ha fatto marcire in galera, picchiando-lo con una mazza di ferro perché si ostinava a denunciare che non era Mered, incarcerandolo dal 24 mag-gio al 7 giugno, fino alla consegna alle autorità italiane”.

A SINISTRA, MERED NEL GIORNO DEL MATRIMONIO CIVILE INSIEMEALLA COMPAGNA LIDYA TESFU. LA FOTO È STATA POSTATA DAL PROFILO FACEBOOK DELLA DONNA. A DESTRA, LO SCATTO TRA MERED E UN AMICO, POSTATANEL PROFILO DI QUEST’ULTIMO.

Mered Medhane Yehdego,L’IDENTIKIT del ‘GENERALE’

Il profilo del tra!cante di uomini è tracciato nel corso dell’in-chiesta Glauco 2, istruita dalla Procura di Palermo, avvalorata da numerose testimonianze raccolte delle vittime e dal colla-boratore di giustizia Atta Wehbrebi Nuredin. Emerge la figura di un uomo cinico e arrogante, leader di un’organizzazione attiva nella realizzazione di “viaggi via mare per le coste siciliane” che sfrutta “i suoi contatti con i tra!canti responsabili della rotta terrestre africana”, garantita da una rete “in varie parti del mondo”, a partire dall’Africa e passando per l’Europa.La base operativa di Mered è “nella città libica di Tripoli”, dove dispone di “due magazzini” di suoi colleghi, che in realtà sareb-bero “delle caserme”, la prima situata nella capitale mentre l’altra “in spiaggia”. Il tra!cante asserisce che “i colleghi sono tutti soldati ed hanno molte conoscenze”, spiegando che per ben “due volte sono stati fermati in mare dalle navi militari e sono stati lasciati andare via pagando”.Il rapporto tra il tra!cante e le autorità del territorio libico è confermato nel corso degli atti, dove emerge che Mered è “impegnato nel fare uscire dal carcere i migranti clandestini ar-restati in Libia, dietro pagamento di cospicue somme di denaro a personaggi, corrotti, in servizio presso le carceri libiche”.Il tra!cande coordina tutte le operazioni utilizzando “program-

dove abitano la moglie e il figlio, e poi “andare a Dubai, mettere i soldi in banca e rientrare in Europa”. Secondo Abdu “non ci sono problemi perché basta mettere i soldi in una banca inter-nazionale”, ma gli consiglia di “farsi aiutare da una persona che ormai vive da tanto tempo” in quel paese, che “è in regola” e “non dà sospetti”. Il ‘Generale’ comunica inoltre all’amico “che in Eritrea sta comprando una casa del valore di 13 milioni per la figlia in modo che possa studiare”, spiegando di essere “molto stanco di fare questo lavoro”.

mi di comunicazione digitale che impiegano il protocollo VOIP”, entrando in contatto e comunicare con i suoi sodali tramite le classiche applicazioni di “skype, viber o whatsApp”.Le autorità italiane che hanno intercettato le utenze di Mered, hanno scoperto anche la natura autoritaria del tra!cante, autodefinitosi un “Generale”, in quanto “controlla diverse zone”, in altri casi invece è “il nuovo Gheddafi”, avendo “fatto partire 7.000, 8.000 persone” verso l’Europa in un solo anno.Il “volume d’a"ari” del mercenario di uomini è notevole, basti pensare che è lo stesso Mered a voler spostare e investire il de-naro in altre attività, magari fuori dal territorio africano. Nella conversazione intercettata del maggio 2015, chiede informa-zioni ad Abdu, un amico eritreo che ha ottenuto i documenti in Italia ma adesso vive in Svezia di diversi mesi. Quest’ultimo gli spiega che “il governo della Svezia controlla tutti i passaggi bancari” e pone “molte domande su tutto”, ma l’importante è “regolarizzarsi” facendo “attenzione senza dare nell’occhio”.Abdu però lo mette in guardia, perché “l’unico problema potrebbe essere quando arriva in Italia” e “se qualcuno parla”, perché le autorità “potrebbero arrestarlo”, specificando che “le Forze dell'Ordine Italiane sono cattive”.L’obiettivo del tra!cante è ottenere i documenti scandinavi,

In un successivo dialogo, le autorità trovano un ulteriore riscon-tro, scoprendo che la villa è “composta da 3 stanze da letto, un salone più cucina”. Il bene appartiene allo zio, ma in realtà è di proprietà di Mered, dal valore “di 12”, che secondo gli inquirenti “dovrebbero essere 12.000.000 di Nakfa, circa 171.000 Euro”.

ALFANO COMMENTA L'ARRESTO DI MERED:“RISULTATO STRAORDINARIO”

“L’ARRESTO E L’ESTRADIZIONE IN ITALIA DI MERED YEHDEGO MEDHANE È UN RISULTATO STRAORDINARIO,CONSEGUITO GRAZIE A UN’INTENSA ATTIVITÀ INVESTIGATIVA E DI COOPERAZIONE TRANSNAZIONALE”.ANGELINO ALFANO, MINISTRO DEGLI INTERNI.“MEDHANIE SENZA DUBBIO PENSAVA DI ESSERE AL DI LÀ DELLA PORTATA DELLA GIUSTIZIA EUROPEA MA SIAMO STATI IN GRADO DI SUPPORTARE GLI ITALIANI E RINTRACCIARLO IN SUDAN”.TOM DOWDALL, VICE DIRETTORE DELLA NATIONAL CRIME AGENCY DEL REGNO UNITO.

A SINISTRA,ANGELINO ALFANO.IN BASSO, TOM DOWDALL

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34 S - IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA 35IL MAGAZINE CHE GUARDA DENTRO LA CRONACA - S

L’UOMO DECIDE IN SEGUITO DI COLLABORARE CON LA GIUSTIZIA, RACCONTANDO NUMEROSI DETTAGLI AGLI INQUIRENTI, PARLANDO ANCHE DELLA FIGURA DI MERED. NEL CORSO DELLE INDAGINI,I MAGISTRATI PALERMITANI STINGONO UN RAPPORTO DI COOPERAZIONE CON LA BRITANNICA NATIONAL CRIME AGENCY (NCA)

“LE AUTORITÀ SUDANESISAPEVANO ASSOLUTAMENTECHI È IL VERO MERED,PERCHÉ QUANDOHANNO ARRESTATOIL MIO ASSISTITO,GLI HANNO SEQUESTRATOI DOCUMENTI D’IDENTITÀIN CUI SI POTEVA LEGGEREIL SUO REALE NOME, - SPIEGA CALANTROPO - MENTREGLI INGLESI SI SONO BASSATI SOLO SU DEGLI AUDIOE DELLE INTERCETTAZIONI,SENZA AVER MAI VISTODI PRESENZA IL VERO MERED”

Agli atti del processo, c’è anche la re-lazione inviata dalla National Crime Agency britannica alla Procura di Palermo con la quale si informano le autorità italiane sulle operazioni di geolocalizzazione, identificazione e arresto del trafficante. L’intelligen-

ce inglese spiega che avendo moni-torato l’utenza telefonica e il profilo facebook, e basandosi sui dati rela-tivi ai protocolli internet, è stata in grado di scovare “Medhanie Meda in Sudan” già nel febbraio 2016, confermando che “l’usuario di tale utenza telefonica parlava la stessa lingua del latitante” e “poteva esse-re ricollegata a trafficanti di esseri umani in Libia”.

L’arresto di Mered e i dubbi della stampa internazionaleLa notizia dell’arresto ed estradizione è accolta dai quotidiani italiani con un trionfo. “Arrestato Mered”, “in manette il boss della tratta”, “estradato il pericoloso tra!cante”. Quando però l’uomo scende la scaletta dell’aereo, scortato dalle autorità italiana e con le manette ai polsi, la sua fisionomia sembrava essere ben diversa da quella delle fotografie segnaletiche di"use dalle autorità giudiziarie nel corso delle inchieste sui tra!canti. L’estradato sembra leggermente più basso e più giovane, ha il viso più allungano e i capelli ricci. Elementi inizialmente passati inosservati alla stampa, ma che sono notati dalla comunità eritrea che vive in Europa.La stessa sera squilla ripetutamente il telefono alla Kings Place, nella York Way di Londra. La redazione britannica del The Guardian, in poco meno di un’ora, è tartassata dalle segnalazioni di cittadini eritrei, che chiamano da ogni parte dell’Euro-pa. “Quello non è Mered, hanno sbagliato!”. Tra loro c’è una ragazza, Hiwett Tesfamarian che vive in Norvegia e racconta ai giornalisti di essere la sorella dell’estradato, confermando che si tratta di uno studente. I giornalisti continuano a raccogliere le testimonianze, confrontandole con le loro fonti e iniziando a sospettare che possa realmente esserci stato uno scambio di persone. Nel frattempo l’arrestato è condotto a Rebibbia, e il giorno successivo è ascoltato dal gip Wilma Mazzara. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, l’uomo spiega anche alle autorità italiane quanto già anticipato nel corso dell’arresto in Sudan, ha 29 anni ed è un rifugiato eritreo scappato in Sudan.“Quando il vero Mered è intercettato dalle autorità nel 2014 e si trovava in Libia, - spiega Calantropo – nella prima parte di quell’anno il mio assistito era in Eritrea, mentre a novembre si spostava in Etiopia, non può essere la persona che cercavano”.

Nel rapporto si legge che l’uomo era “in possesso di due apparecchi tele-fonici cellulari”, il primo era stato “recuperato dalle autorità del Sudan e consegnato alle autorità italiane”. Mentre per “quanto riguarda il se-condo apparecchio telefonico, la sua localizzazione è oggetto di ulteriori accertamenti con le autorità del Su-dan”. Dall’altra parte però, la difen-sa di Berhe non è convinta dell’ope-

razione d’intelligence condotta dai britannici. “Le autorità sudanesi sa-pevano assolutamente chi è il vero Mered, perché quando hanno arre-stato il mio assistito, gli hanno seque-strato i documenti d’identità in cui si poteva leggere il suo reale nome, - spiega Calantropo - mentre gli inglesi si sono bassati solo su degli audio e delle intercettazioni, senza aver mai visto di presenza il vero Mered”.

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Andavo ogni giorno in quel bar. Era gesti-to da Nuradin Atta Wehabrebi, lui abita-

va proprio lì vicino. Quel bar era una vera e propria ‘agenzia di viag-gi’ verso l’Europa, in primis verso l’Italia, Lampedusa e la Sicilia. Da Tripoli chi voleva raggiungere il “nuovo mondo” doveva prendere contatti con Nuradin. Da quel mo-mento si attivava la macchina del traffico. Ed era abbastanza facile poiché Nuredin abitava con Abdu-razac, il più importante trafficante in Libia”.

Abbiamo ascoltato il racconto di chi ha conosciuto e frequentato da vicino Wehabrebi Nuredin Atta, il primo trafficante di uomini “penti-to”, quindi collaboratore di giusti-zia. Arrestato nel luglio del 2014 ad Agrigento nell’ambito dell’in-di Saul Caia e Rosario Sardella

“ABDURAZAC OLTRE CHEA OPERARE A TRIPOLIESTENDE IL SUO POTEREANCHE A BENGASI.I MIGRANTI VENGONO RACCOLTI PRESSO LA CITTADINADI CONFINE TRA SUDAN E LIBIA CHIAMATA KUFRAHE DA LÌ INVIATI SULLA COSTA”HA RACCONTATO NURADININ UNA DELLE SUE DEPOSIZIONI. SEMPRE SECONDOLE SUE DICHIARAZIONIIL SUPER TRAFFICANTEHA GUADAGNATO CIRCAVENTI MILIONI DI DOLLARIDA QUESTI TRAFFICI

L’UOMODA 20MILIONI DI DOLLARIGUADAGNANO FIUMI DI SOLDI SULLA PELLEDEI RICHIEDENTI ASILO CHE ATTRAVERSANO IL MEDITERRANEO.ECCO LE TESTIMONIANZE IN ESCLUSIVA

LE INDAGINI DELLA PROCURA DI PALERMO SI AVVIANO DOPO IL TRAGICONAUFRAGIO DEL 3 OTTOBRE 2013, CONCLUSOSI CON LA MORTEDI 366 PERSONE A LARGO DELL’ISOLA DI LAMPEDUSA, ALL’ALTEZZADELLA ZONA DENOMINATA “TABACCARA”. SULL’IMBARCAZIONEERANO PRESENTI CIRCA 500 MIGRANTI, LA QUASI TOTALITÀ ERITREI,PARTITI LA NOTTE PRIMA DALLA CITTÀ DI MISURATA. AD ORGANIZZARELA TRAVERSATA SAREBBE STATO, SECONDO ALCUNE TESTIMONIANZE,UN ETIOPE DI NOME ERMIES.

chiesta “Glauco1”, Nuredin ha iniziato a parlare con i magistrati, svelando i meccanismi del traffico di uomini tra la Libia e l’Italia, ha fatto nomi e cognomi dei traffican-ti, indicato luoghi tra la Sicilia e Roma dove avvenivano i pagamen-ti in denaro dei viaggi. Quindi una vera e propria associazione a delin-quere transnazionale operante tra il Centro Africa, Eritrea, Etiopia, Sudan, Libia, l’Italia e i paesi del Nord Europa.Andiamo per ordine: le indagini della Procura di Palermo si avvia-no dopo il tragico naufragio del 3 ottobre 2013, conclusosi con la morte di 366 persone a largo dell’isola di Lampedusa, all’altezza della zona denominata “Tabacca-ra”. Sull’imbarcazione erano pre-senti circa 500 migranti, la qua-si totalità eritrei, partiti la notte prima dalla città di Misurata. Ad

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motore. Per un ora va tutto bene, ma quando le barche prendono il largo quella senza motore inizia ad imbracare acqua. “Per sei-sette ore vedevo che provavano a svuo-tare la barca che sempre più si ri-empiva, ma alle sette di mattina ha iniziato ad affondare. In quel mo-

“SI CHIAMA TWELDEBERHAN, È ERITREO,L’HO VISTO NEL MAGGIO 2016A BANI WALID,CITTÀ DEL DISTRETTODI MISURATA.QUI HA I SUOI MAGAZZINIDOVE TIENE IN PRIGIONIAI MIGRANTI CHE ASPETTANODI PARTIRE”

NEL 2006 ABDURAZAC FA SALPARE LA SUA PRIMA BARCAVERSO LE COSTE ITALIANE. A QUEL VIAGGIO,PRENDE PARTE ANCHE LA NOSTRA FONTE.CHE FORTUNATAMENTE ARRIVA SANA E SALVA IN ITALIA.“SI MUOVE COME UN CAPO ABDURAZAC - CI RACCONTA ABDUL, UN NOME D’INVENZIONE CHE GLI ABBIAMO DATOPER TUTELARLO - NON È LUI AD INCONTRARE LE PERSONECHE SI IMBARCANO. LUI È IL GRANDE CAPO”

organizzare la traversata sarebbe stato, secondo alcune testimonian-ze, un etiope di nome Ermies. Al-tri superstiti tirano in ballo il più importante trafficante di uomini, Abdurazac. La nostra fonte è in grado di confermare queste ultime indicazioni, e cioè che ad organiz-zare il viaggio, insieme a Ermies,

mento hanno tagliato la corda. Al-cuni si sono salvati nuotando per cinque ore, 72 mi pare sono stati i superstiti”. Chiediamo a Denden se ci può dire qualcosa del traffi-cante a cui ha pagato il suo viag-gio. Prende uno dei nostri fogli e scrive il nome: “Tsegay”. Poi pren-de il cellulare e ci consegna una foto. Un uomo con un kalashnikov appoggiato su una spalla e con una cintura da proiettili da guerra che attraversa tutto il corpo. Denden lo conosce con il nome di Welid, così come riportato nella foto ed è

punto di forza dell’organizzazione dei trafficanti di uomini. Nel 2006 infatti, Abdurazac fa salpare la sua prima barca verso le coste italiane. A quel viaggio, prende parte anche la nostra fonte. Che fortunata-mente arriva sana e salva in Italia. “Si muove come un capo Abdura-zac - ci racconta Abdul, un nome d’invenzione che gli abbiamo dato per tutelarlo - Non è lui ad incon-trare le persone che si imbarcano. Lui è il grande capo. Si muove solo all’occorrenza. È cosi tutti parlano delle barche di Abdurazac, senza nemmeno conoscerlo”.“Abdurazac è il trafficante più im-portante a mio parere - continua Nuradin in una delle sue deposizio-ni - Ha anche acquistato dei beni in Italia, in particolare 14 trattori usa-ti da spedire in Ciad dove lo stesso Abdurazac ha un’azienda agricola intestata ad un’altra persona”.Dalle testimonianze dirette da noi raccolte sappiamo che Abdurazac si muove spesso tra Khartum e Dubai, qui sembra possieda anche una fab-brica. “A gennaio era a Khartum - ci racconta la nostra fonte. “Si è spo-sato il fratello”. E in Libia andreb-be solo per curare i suoi affari ora-mai affidati ai suoi “luogotenenti”. È imprendibile, un vero e proprio fantasma, si sposta continuamente e dispone di molti contatti e infor-matori, e grazie alle sue disponibi-lità economiche, compra il silenzio dei soldati e del governo libico.

Twelde Berhan detto “Welid”È stato trattenuto circa un mese in un capannone in Liba e poi un bel giorno, ma di notte, messo in mare dai trafficanti. Denden, 27 anni, eritreo è arrivato a Pozzallo sei mesi fa su di un barcone che era partito la sera, alle ore 22, del 25 maggio. È riuscito a raggiungere Roma, ed è qui che lo incontria-mo. Al suo barcone, con una cor-da, era legata un’altra barca senza

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Il sistema

L’indagine ha dimostrato che l’organizzazione opera come un vero e proprio network criminale in cui vengono attribuiti compiti specifici al fine di organizzare i viaggi della speranza di migliaia e migliaia di uomini, donne e bambini dall’Africa verso l’Italia. L’organizzazione criminale ha consentito ai migranti appena sbarcati in Sicilia, dopo essere giunti a bordo delle navi impiegate nelle operazioni internazionali di soccorso in mare, “Triton Plus” e “Sophia”, di allontanarsi dai centri di accoglien-za per nasconderli in altri luoghi, fornendo vitto e alloggio in attesa di farli partire, dopo aver acquistato i biglietti per viaggiare in pullman o con altri mezzi, verso località del centro e nord Italia. Le somme pagate da ciascun migrante si aggira-no intorno ai 200-400 euro per l’ospitalità di uno-due giorni nel territorio siciliano ed il biglietto per Roma o Milano. 1000,

2000 euro per arrivare in uno degli Stati europei. La scelta dei pullman di linea degli spostamenti dei migranti nel territorio nazionale è significativa ed è dettata da una specifica strategia dei tra!canti: per l’acquisto dei biglietti non si devono esibire documenti di riconoscimento delle persone che devono viag-giare e questi mezzi di trasporto non sono soggetti a controllo da parte delle Forze dell’ordine.A capo del sodalizio criminale, secondo la Procura di Palermo, due nomi: Mered Medhane Yehdego e Ghermay Ermias. Ope-ranti tra l’Etiopia, l’Eritrea, il Sudan e la Libia sono i promotori e gli organizzatori delle traversate via mare per raggiungere la Sicilia. Qui operava Ghermay Asghedom il quale intratteneva direttamente i contatti con i tra!canti Mered ed Ermias al fine di organizzare la ricezione dei migranti che arrivavano in Sicilia.

quel 3 ottobre del 2013, fu proprio Abdurazac.“Abdurazac oltre che a operare a Tripoli estende il suo potere anche a Bengasi. I migranti vengono rac-colti presso la cittadina di confine tra Sudan e Libia chiamata Kufrah e da lì inviati sulla costa” ha rac-contato Nuradin in una delle sue

deposizioni. Sempre secondo le sue dichiarazioni il super trafficante ha guadagnato circa venti milioni di dollari da questi traffici.Noi sappiamo che è nato a Mas-saua dove ha frequentato gli studi. Madre cristiana, padre musulma-no, è da lì che deriva il suo nome. Per via delle sue orecchie a sven-tola è soprannominato “Aziz”. In seguito vive alcuni anni in Sudan, dove si radicalizza all’islam. Nel 2004 si sposta verso la Libia, e inizia a frequentare connazionali e trafficanti, tra questi c’è anche Atta Nuradin. Inizia una nuova vita, fatta di eccessi, soldi, donne ed alcool. Lentamente si allontana dal suo credo religioso, perdendo l’interesse all’islam, fino all’arresto per una complicata storia di donne. La trasformazione lo ha portato ad essere uno dei referenti del sistema,

L’organizzazione dei falsiricongiungimenti familiariQuello dei ricongiungimenti familiari è un “business d’elite” poiché le cifre richieste sono non inferiori ai quindici mila euro. Te lo devi permettere per poter far arrivare un parente in modo del tutto sicuro, evitando la traversata prima nel deserto poi al mare. Ma è anche il metodo più redditizio per l’organizzazione criminale. Abbiamo incontrato un eritreo, qui a Roma, che ha seguito la strada del ricon-giungimento familiare per far arrivare in Italia la sorella. “È tutto finto e tutti cono-scono il funzionamento. Anche il prete sa di questi falsi matrimoni, e non dovrebbe prestarsi”. E subito Wedi (diamo un nome di fantasia) ci mostra la foto sul cellulare del suo finto matrimonio, proprio con la sorella che doveva arrivare in Italia. Al centro della foto, accanto agli sposi, un’uomo vestito da prete. Chiediamo se sia un prete vero e Wedi abbassa la testa come dire “certo”.“Questo meccanismo illecito è favorito dal fatto che non vi è nessuna comuni-cazione tra le Prefetture circa i nulla osta per i ricongiungimenti. Io mi occupavo di compilare la comunicazione alle Prefet-ture e per questo ricevevo 100-150 euro” ha raccontato nelle sue confessioni Atta Nuredin.

TWELDE BERHAN DETTO “WELID”

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NUREDIN RACCONTA DI AVER INCONTRATO A CATANIA MEREDNEL GENNAIO 2014, IN UN’INTERNET POINT GESTITO DALL’ETIOPE MOSES SENTAYEHU. “MOGES MI DISSECHE QUESTA PERSONA SI CHIAMAVA HABDEGA ASGHEDOM - RACCONTA ATTA - E CHE SVOLGEVA L’ATTIVITÀ PER MANDARE I MIGRANTI IN NORD EUROPA. ERA ARRIVATO DA POCOIN ITALIA, NON RAGGIUNGEMMO L’ACCORDO PERCHÉ IOCHIESI UNA SOMMA PER LUI TROPPO ELEVATAPER COADIUVARLO IN QUESTA ATTIVITÀ”

uno dei trafficanti più spietati che ha incontrato. Continuiamo a ri-cercare conferme su questa ultima foto in nostro possesso e lo faccia-mo a Roma, dove arrivano la mag-gior parte dei migranti sbarcati in Sicilia. Incontriamo Abi, arrivato da poco in Italia. Gli mostriamo la

foto: “Si chiama Twelde Berhan, è eritreo, l’ho visto nel maggio 2016 a Bani Walid, città del distretto di Misurata. Qui ha i suoi magazzini

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La tratta romana Il Viaggio e l’accoglienza (che non c’è)ROMA - A Roma per conto di Ghermay operava Weldayes Yonas. Si occupava di prelevare i migranti e accompagnarli clandestinamente oltre il confine, quindi Svezia, Germania o altre destinazioni richieste. Incassava dai 1100 ai 1300 euro che poi consegnava a Ghermay. Questo avveniva in due giorni della settimana, il mercoledì e il sabato.Un mare di soldi che si spostavano in maniera del tutto invisibile tra Italia e Africa. Roma era diventata, secondo alcune testimonianze lo è tutt’ora, una centrale finan-ziaria per il tra!co di migranti. In una profumeria di via Volturno sono stati sequestra-ti 526.000 euro e 25.000 dollari in contanti, oltre a un libro mastro riportante nomi e utenze di riferimento dei migranti. Dopo l’inchiesta e i sequestri della Polizia, investi-gare sul tra!co dei soldi nella città di Roma è diventato più di!cile. Tra gli eritrei si è velocemente sparsa la voce e molti di loro si guardano bene dal raccontare.In via Montebello di fronte al Ministero delle Infrastrutture c’è un negozio e secondo le dichiarazioni di Nuradin è qui che i familiari dei migranti in viaggio corrispondevano i soldi all’organizzazione, soldi che arrivano da Dubai. Il negoziante si chiama Mikael Gebreskle, etiope con permesso di soggiorno eritreo. I pagamenti avvenivano tutti tramite il metodo cosiddetto “Hawala”, nato ed utilizzato principalmente in India, e in seguito di"usosi in tutti i paesi arabi ed in alcuni paesi dell’Africa. Deriva proprio dalla parola araba “HWL” che significa “cambiare” o “trasformare” ma che spesso è utilizzata come sinonimo di “fiducia”. Già, perché il sistema “Hawala” è basato sulla fiducia, infatti, permette di trasferire denaro tra due persone utilizzandone una terza che funge da intermediario e di fatto consente di realizzare un sistema bancario sot-terraneo a livello globale senza nessun movimento fisico del denaro e senza necessità di ricevere ricevute, contratti o conti bancari.In sintesi il funzionamento in generale è questo: i migranti, spesso clandestini, hanno necessità di inviare parte del denaro alla famiglia nel Paese d’origine e quindi si rivol-gono ai “hawaladar” che nel Paese ospitante, in genere, esercitano attività commer-ciali in grado di giustificare movimentazioni di somme anche rilevanti di denaro.

ROMA - Ore 7.00 di mattina. Esterno stazione Tiburtina. Arriva il primo autobus di linea dalla Sicilia, precisamente da Catania. Scendono una quindicina di eritrei che, sbarcati poche settimane prima in Sicilia, sono fuggiti dai centri di accoglienza disseminati in tutta l’Isola. Tanti sanno già che dovranno passare le notti nella capitale, fuori al freddo, nei piazzali della stazione Tiburtina e tutto intorno. Nessun centro in grado di far fronte a tale neces-sità, o per lo meno quelli che sono operativi sono tutti strapieni, altri rischiano la chiusura.“Siamo in una situazione paradossale - dichiarava a novembre Giorgio De Acutisi, Responsabile del presidio umanitario di via del Frantoio, una struttura che ha ospitato sino ad oggi circa 1.700 persone, la maggior parte delle quali in transito. Il 31 dicembre prossimo scadrà la convenzione e a oggi non si sa ancora se verrà rinnovata o il presidio sarà chiuso. Quindi nulla di u!ciale anche se girano voci di un rinnovo fino a giugno. E dopo la rimozione da parte del Comune delle tende piazzate in via Cupa, una traversa di via Tiburtina, dove ha sede il Baobab, non rimane niente di quella già so"ocata accoglienza che alcuni mesi fa riempì tutti i giornali nazionali e non, con l’inchiesta Mafia Capitale che svela-va i meccanismi “tossici” del sistema migranti a Roma e non solo. L’allarme è stato lanciato anche dall’UHNCR: “Siamo molto pre-occupati che donne, uomini e bambini dormono all’addiaccio”. Nonostante ciò si va avanti nelle trattative, nelle manifestazioni a Montecitorio da parte dei migranti e degli attivisti del Baobab che non si arrendono e chiedono un’accoglienza più dignitosa. Un posto dove dormire la notte, dove curarsi, dove cibarsi, a Roma rimane solo un miraggio. Le uniche strutture a dare supporto a chi arriva sono i tanti volontari, la Croce Rossa con i suoi ambula-tori mobili.

Atta Wehbrebi Nuredin“il super testimone”

Trentaduenne di Asmara, residente ad Agrigento pur abitando realmente a

Roma, dove si sposta frequentemente in tutto il Nord Italia. È stato arrestato

insieme ad altri cinque connazionali nell’agosto 2014, in seguito all’in-

chiesta Glauco, in quanto conside-rato il “promotore dell’associazione

criminale” che gestiva l’immigrazione clandestina verso l’Italia.

Secondo le indagini della Procura di Palermo, gli eritrei che arrivano nelle

coste siciliane, si mettono in contatto direttamente con l’organizzazione di Nuredin, che vanta “relazioni d’a!ari con soggetti”, molti dei quali italiani, “assoldati per provvedere e agevola-re il trasferimento di migranti verso altri paesi europei, in particolare la

Germania”. Organizza finti matrimoni per consentire l’ingresso in Italia di

connazionali, avvalendosi delle proce-dure del ricongiungimento familiare. Inoltre, pianifica i viaggi di migranti

utilizzando più volte gli stessi passa-porti o visti, ed altri documenti falsi, disponendo anche di telefoni satelli-tare per comunicare con i contatti nel

deserto o in acque internazionali.Alcuni mesi dopo l’inchiesta, l’eritreo decide ci collaborare con la giustizia, iniziando a raccontare informazioni e dettagli sulla rete e sugli altri scafisti.dove tiene in prigionia i migranti

che aspettano di partire”. Twelde Berhan è diverso dagli altri traffi-canti, a lui non piacciono le grosse

ATTA WEHBREBI NUREDINMIGRANTI A ROMA NELLA STAZIONE TIBURTINA. SCATTI TRATTIDAL PROFILO FACEBOOK BAOBAB EXPERINCE

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macchine e la vita lussuosa. E nean-che parlare tanto al telefono o avere profili fb. Gestisce gli affari alla vec-chia maniera e cioè con le armi. “La gente lo conosce per Walid e alcuni anni fa trafficava in Sinai, Egitto. Il viaggio avviene non con le barche di legno ma addirittura con i gommoni e tantissimi sono affondati. Si, pro-prio così, a Twelde non interessa se arrivi o se muori. È spregiudicato. Il

prezzo è di 5000 dollari”. Abi prima di andare via racconta di come i traf-ficanti in qualche modo si conosco-no e all’occorrenza fanno affari tra di loro. Anche i magazzini di Bani Walid sono gestiti insieme da Abdu-razac, Wedi Issack, Abdualsalam e lo stesso Berhan. E tutti hanno i soldi a Dubai, e lì che vengono depositati i proventi del sistema criminale.

IN SINTESI IL FUNZIONAMENTO IN GENERALE È QUESTO:I MIGRANTI, SPESSO CLANDESTINI, HANNO NECESSITÀDI INVIARE PARTE DEL DENARO ALLA FAMIGLIA NEL PAESE D’ORIGINE E QUINDI SI RIVOLGONO AI “HAWALADAR”CHE NEL PAESE OSPITANTE, IN GENERE, ESERCITANOATTIVITÀ COMMERCIALI IN GRADO DI GIUSTIFICAREMOVIMENTAZIONI DI SOMME ANCHE RILEVANTI DI DENARO

Il fronte milanese MILANO - Ambulatorio, docce, area ristoro e banco per le registrazioni, uno spazio gioco per i bambini e postazioni pc per contattare i parenti lontani. A due passi dalla stazione centrale, in via Giovanni Battista Sammartini n. 120 c’è l’Hub che per dieci mesi ha o"erto un servizio di prima accoglienza a circa 33.000 migranti di passaggio a Milano. Sono circa 500 i profughi accolti in questa giornata, siriani, sudanesi ed eritrei. Altri 200 vivono al momento fuori l’Hub, sul giardino vicino. “In queste ultime settimane sono arrivate sulle coste siciliane circa 10.000 mila persone - racconta Fabio Pasiani, portavoce dell’Associazione Arca - Molti ora sono a Milano perché vogliono attraversare la frontiera per raggiungere i propri parenti nel Nord Europa. Qui noi non abbiamo lo spazio necessario per accogliere più di 500 persone”.

A Milano non c’è più il ricambio, che nei due mesi prece-denti, ha consentito di accogliere migliaia di persone in transito verso il Nord Europa. I profughi che arrivano in questi ultimi mesi all’Hub, per la maggior parte famiglie con bambini, di nazionalità eritrea, hanno una precisa caratteristica: il 50% in meno contro l’1% del passato fa richiesta di asilo politico in Italia a causa della chiusura del-le frontiere. Dunque, chi approda in città è costretto a fermarsi, con il risultato che nei centri di accoglienza temporanea i posti liberi sono limitatissimi per i nuovi arrivati.

L’accoglienza comincia al loro arrivo, quando scendono dai treni o dagli autobus del sud. Un presidio mobile, formato da mediatori che parlano inglese, francese, arabo e tigrino, monitora il territorio compreso tra i Bastioni di Porta Venezia e la Stazione, per dare informazioni e beni di primo conforto a chi è appena approdato in città, prima di accompagnarlo al vicino Hub di via Sammartini per la registrazione. Riald, siriano, da tre anni in Italia, è un mediatore. È arrivato in aereo, è stato fortunato rispet-to ai tanti. “Accompagniamo i nuovi arrivati alle visite mediche, li seguiamo nelle procedure burocratiche, av-viamo i contatti con la Questura e gli u"ci giudiziari, che dovranno verificare e concedere lo status di rifugiato”.

Si procede con la registrazione: nome e cognome, paese di provenienza, città desiderata per viverci, per ricostru-irsi una nuova vita. Poi, tutti, davanti alle postazioni dei pc concessi da Informatici senza Frontiere. I volontari del comune di Milano, come Susy e Marina, servono la colazione; the caldo e biscotti. La mattina passa così tra visite mediche e registrazioni, e alle 13 c’è già la fila per il pranzo, in via Sammartini n.118. Vengono distribuiti ogni giorno 500 colazioni, pasti e cene. Oggi si pranza con pasta al pomodoro, un uovo e pane.

Mohamed è eritreo, appena arrivato dalla Sicilia. È se-duto su una panchina del giardino. Facciamo la doman-da più semplice: come ti sei trovato in questi giorni qui all’Hub Mohamed? “È importante per noi questo posto, soprattutto per il presidio sanitario. Molti di noi arrivano con malattie alla pelle. Io stesso ho delle macchie sul braccio”. L’Als di Milano ha messo a disposizione dell’Hub due medici al giorno che si alternano. Ci sono le medicine e al numero 122 di via Sammartini si trova un magazzino dove vengono tenute le donazio-ni che arrivano dai cittadini di Milano. Sacchi e sacchi di indumenti, vestiti di ogni tipo.

Scheda DatiNel 2013 sono stati 39.798 gli immigrati sbarcati in Italia per un totale di 450 sbar-chi, principalmente provenienti da paesi in guerra come la Siria (10.851), seguiti da Eritrea (9.213), Somalia (3.254), Egitto (2.618) e Nigeria (2.458). La quasi totalità degli sbarchi è avvenuta in Sicilia. Un considerevole aumento del flusso migratorio verso l’Italia si è registrato nel 2014, soprattutto in seguito alle operazione deno-minata “Mare Nostrum”. Il numero di arrivi è quasi quintuplicato. Ugualmente nel 2015 (150.000) e nei primi mesi del 2016 (già 20.000).

“S” HA RACCOLTO ALCUNE TESTIMONIANZEDI CITTADINI ERITREI CHE HANNO CONOSCIUTOIL VERO MERED, PER COMPROVARELA TESI DELLO SCAMBIO DI PERSONA

“MERED AVEVA UN MINIBUSIN SUDAN E ANCHE UN BARDOVE SI FERMAVANOI COMMERCIANTIPER UNA BREVE PAUSA.- CI RACCONTA DENDEN -A QUEL TEMPO SI OCCUPAVADEL TRAFFICOCON GLI ISRAELIANI”.CHIEDIAMO DOVE SI POSSANASCONDERE OGGI.“DICONO CHE SIA A DUBAI”

di Saul Caia e Rosario Sardella

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S”, come ha già fatto gran parte della stam-pa internazionale, ha raccolto alcune testi-

monianze dirette di cittadini eritrei che vivono da diversi anni in Italia e che sono arrivati nel nostro paese tramite le imbarcazioni degli scafi-sti, per capire se realmente l’uomo arrestato sia il trafficante oppure ci si trova davanti a uno scambio di persone.Nella capitale, incontriamo Den-den, 27enne eritreo arrivato a Poz-zallo sei mesi fa su di un barcone, e gli mostriamo la foto del traffi-cante Mered Medhanie Yehdego,

“LIBERATE MEDA”

IL GIORNO SUCCESSIVO ALL’ESTRADIZIONE IN ITALIA E ALLA DIFFUSIONEDELLA NOTIZIA, UN AMICO DI MEDHANIE BERHE HA POSTATO SUL SUO PROFILOUNA FOTO ACCOMPAGNATA DA UN COMMENTO.“QUELLO CHE HO SENTITO OGGI POMERIGGIO MI HA SCIOCCATO FINO ALL’OSSO.IL NOSTRO AMATO FRATELLO È INGIUSTAMENTE ACCUSATO DI ESSEREIL FAMIGERATO CAPO DEI TRAFFICANTI CHIAMATO ‘GENERALE’.NOSTRO FRATELLO È MEDHANE TESFAMARIAM BERHE È NATO NEL 1987.HA LASCIATO L’ERITREA A OTTOBRE 2014 PER L’ETIOPIA,DOPO UN PAIO DI MESI HA LASCIATO IL SUDAN NEL 2015.CHIEDIAMO L’IMMEDIATO RILASCIO DI NOSTRO FRATELLO!!!! #FREEMEDADIO NON FARÀ GIUSTIZIA AI SUOI ELETTI CHE GRIDANO GIORNOE NOTTE VERSO DI LUI!!! LUCA, 18,7”

LA PERIZIA FONICATEST ‘INCONCLUSIVO’, “MA POTREBBE ESSERE L’INDAGATO”

LA PERIZIA FONICA DELLA PROCURA PALERMO È AFFIDATA AL CONSULENTE MARCO ZONARO, CHE NELLA SUA RELAZIONE DI VENTIDUE PAGINE SPIEGA I METODI E GLI ESITI DELL’ANALISI DI DODICI FILE AUDIO FORNITI DAGLI INQUIRENTI, PER CAPIRE SE A PARLARE È L’IMPUTATO. VIENE UTILIZZATO UN PROGRAMMA SPECIFICO CHE METTE A CONFRONTO LE TONALITÀ, SOLO CHE MANCA IL RIFERIMENTO DELLA “LINGUA TIGRINA”, QUELLA PARLATA DA MERED E BERHE, MA IL PERITO DECIDE DI USARE QUELLA “EGIZIANA”. “È EVIDENTE - SCRIVE ZONATO - CHE LA DISPONIBILITÀ DI UNA POPOLAZIONE DI VOCI DI LINGUA TIGRINA POTREBBE RENDERE PIÙ AFFIDABILE L’ESITO DEL TEST”.PER AVERE “LA PIÙ ALTA AFFIDABILITÀ AL TEST” È STATO CHIESTO DI POTER REGISTRARE ANCHE LA VOCE DELL’INDAGATO, CHE PERÒ SPIEGA LO STESSO TECNICO “SI È RIFIUTATO DI RILASCIARE UN CAMPIONE DELLA PROPRIA VOCE”. QUINDI SONO STATE UTILIZZATE “DUE TELEFONATE INTERCETTATE NEL 2016” DOVE LO STESSO INDAGATO SI RICONOSCE. AL MOMENTO DELLA REDAZIONE DELLA PERIZIA, LO STUDIO COMPARATIVO NON È ANCORA DEL TUTTO COMPLETO, QUINDI I DATI SONO PARZIALI E MOSTRANO INCONGRUENZE. SE DA UNA PARTE IL TEST È CONSIDERATO “INCONCLUSIVO”, DALL’ALTRA SI LEGGE NELLE CONCLUSIONI CHE I VALORI ANALIZZATI “PUR NON RAPPRESENTANDO UN ELEVATO INDICE DEL RAPPORTO DI VEROSIMIGLIANZA NON COSTITUISCONO UN’ESCLUSIONE CERTA, OVVERO IL SISTEMA D’ANALISI RITIENE CHE IL PARLATORE POTREBBE ESSERE L’INDAGATO”.

A SINISTRA, IL POST SU FACEBOOK DELL’AMICO DI MEDHANIE BERHE

MEDHANIE BERHE CON UN AMICO

LE TESTIMONIANZE“UN GENERALE DELL’ESERCITOSUDANESEÈ COMPLICEDI MERED”

SPECIALE | A CACCIA DI TRAFFICANTI

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barcone da poche settimane. Dal notebook gli mostriamo alcuni scatti dei due Mered mettendoli a confronto, ride e con il dito indica ancora una volta il “Generale”. “A marzo era a Khartum”, racconta Abi che nel corso del nostro incon-tro ricostruisce anche un aneddoto molto dettagliato avvenuto in Su-dan. Ricorda che nell'agosto 2015, il vero trafficante Mered pagò 25 mila dollari alla polizia sudanese per far rilasciare alcuni migranti in viaggio, fermati durante un con-trollo. “Ha un generale dell'eserci-to sudanese che copre i suoi traffici e ne è complice. Hanno arrestato l'altro per coprire il vero Medha-nie”. Prima di lasciarci e salutarci,

Abi ci confessa una sua personale impressione: “Quando lo prende-ranno così a Medhanie? Si muove sempre e ha un sacco di case in diversi posti, due o tre nella sola Dubai. Ma tutti questi trafficanti hanno un vizio, spesso si rinchiu-dono nei locali dove si può fumare il narghilè. A Khartum”.In un ristorante eritreo di Catania, nel pieno centro storico, incontria-mo Ahmed, utilizziamo un nome d’invenzione per tutelare la sua identità. È un cittadino eritreo, ar-rivato molti anni fa con i barconi della speranza e oggi pienamente integrato nella realtà siciliana. “In Sudan tutti ridono di questa storia italiana, io ho parlato con delle

persone che vivono li, sanno benis-simo che quello arrestato non è il vero Mered, con tutte le tecnolo-gie che hanno a disposizione come hanno preso la persona”. Il locale è frequentato solo da connaziona-li, che ascoltano con attenzione la nostra conversazione sorseggiando del tè e annuendo alle sue parole. Anche lui associa il volto di Me-

red alla foto diffusa dalle autorità italiane, quindi gli chiediamo come sia stato possibile secondo lui sba-gliare, se è stato l'intelligence su-danese a commettere l'errore. “Si-curo, Mered avrà pagato per fug-gire e loro hanno preso un altro. In Sudan se hai soldi e paghi, puoi avere tutto. Non è un posto perico-loso, ma molto corrotto”.

la stessa utilizzata dalle autorità italiane nel corso delle indagini.Il ragazzo annuisce con la testa, dice di conoscerlo. L'ha visto in Sudan nel 2004 e poi a Giuba, nel Sud Sudan, nel 2012. “Aveva un minibus e anche un bar dove si fermavano i commercianti per una breve pausa. A quel tempo si occupava del traffico con gli isra-eliani”. Chiediamo dove si possa nascondere oggi. “Dicono che sia a Dubai”, risponde. Proviamo quin-di a mostrarli l'altra foto, quella di Medhanie Berhe, ma questa volta Denden scuote la testa. Non lo co-nosce, mai visto.Proviamo quindi con Abi, altro eritreo arrivato in Italia con un

ESCLUSIVAParla il fratello di Mered. Il detenuto del Pagliarelli?“Poverino, che Dio possa aiutarlo”“Dio lo possa aiutare, poverino, io non l’ho arrestato, quindi cosa posso farci”. L’ammissione arriva direttamente da Merhawi Yehdego Mered, ritenuto dai procuratori di Palermo, il fratello del ‘Ge-nerale’ Medhanie, attualmente residente nei Paesi Bassi e inserito a pieno organico nella rete dei tra!canti.La sua risposta conferma quanto già ipotizziamo, ovvero che il detenuto del Pagliarelli non è il vero tra!cante, ma si tratta di uno scambio di persona. Per oltre mezzora parliamo con lui al telefo-no, dopo aver recuperato il suo contatto dagli atti giudiziari delle inchieste Glauco, e avvalendoci come interprete di Abdelfetah, attivista eritreo che vive da diversi anni in Italia e combatte in prima linea per la tutela dei diritti dei suoi connazionali.“Mio fratello non ha ucciso nessuno, state infangando il suo nome, lui ha aiutato tanti fratelli eritrei”, ripete più

volte Merhawi nel corso della telefonata. Difende a spada tratta il suo consangui-neo e contrattacca la nostra tesi. “Perché non parlate di quelli che sono in Libia, mio fratello può essere un tra!cante, ma non ha fatto qualcosa di peggio rispetto agli altri”.Gli spieghiamo che stiamo indagando sulla vicenda del connazionale detenuto in Italia, per capire se è stato arrestato per errore. “Se avesse chiamato un familiare del ragazzo avrei risposto, - commenta Merhawi - ma tu non sei un parente, perché mi fai queste domande? Cosa vuoi da me?”Proviamo quindi a chiedere informazioni su suo fratello, accusato dalla Procura di Palermo non solo di essere un tra!can-te ma anche uno dei responsabili del naufragio a largo di Lampedusa. “Parli della nave del 3 ottobre del 2013? Ma quell’imbarcazione non è di mio fratello. - risponde Merhawi decisamente arrab-

NELL’AGOSTO 2015IL ‘GENERALE’ MERED

PAGÒ 25 MILA DOLLARIALLA POLIZIA SUDANESE

PER FAR RILASCIAREALCUNI MIGRANTI IN VIAGGIO,

FERMATI DURANTEUN CONTROLLO.

“HA UN GENERALEDELL’ESERCITO SUDANESE

CHE COPRE I SUOI TRAFFICIE NE È COMPLICE”

“IN SUDAN TUTTI RIDONO DI QUESTA STORIA ITALIANA,- CI RACCONTA AHMED - HO PARLATO CON DELLE PERSONECHE VIVONO LI, SANNO BENISSIMO CHE QUELLO ARRESTATONON È IL VERO MERED, CON TUTTE LE TECNOLOGIE CHE HANNOA DISPOSIZIONE COME HANNO PRESO LA PERSONA”

biato - Tutti gli eritrei sanno che non era sua, perché non parli di Abdurezak (un tra!cante già citato negli atti Glauco, nda), che da 15 anni sta ammazzando le persone mandando la gente dalla Libia. Puoi odiare mio fratello, ma non puoi accusarlo di una cosa che non ha fatto”.

MERHAWI YEHDEGO MERED,IL FRATELLO DEL TRAFFICANTE

IL ‘GENERALE’ MERED AL MATRIMONIODI UN PARENTE TENUTOSI IN SUDAN NEL 2015

SPECIALE | A CACCIA DI TRAFFICANTI