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A. A. 2009- 2010 Università degli Studi di Perugia Facoltà di Scienze della Formazione Corso di Psicologia Generale e Sociale Il campionato mondiale di calcio è […] un’assemblea universale con gli occhi di tutto il mondo puntati su un calice, la coppa, che i vincitori innalzano fieramente verso il cielo) […]; ma da questa cerimonia non discende alcun messaggio spirituale o culturale, nessuna speranza per l’umanità, nessuna promessa di miglioramento della sua condizione. Si celebra soltanto il culto dei marchi pubblicitari e la legge del più forte. R. Redeker. Le sport contre les peuples. Berg International Editeurs, Paris, 2002. Trad. it. Lo sport contro l’uomo. Citttà Aperta, Troina, 2003, p. 13

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A. A. 2009-2010

Università degli Studi di Perugia

Facoltà di Scienze della Formazione

Corso di Psicologia Generale e Sociale

Il campionato mondiale di calcio è […] un’assemblea universale con gli occhi di tutto il mondo puntati su un calice, la coppa, che i vincitori innalzano fieramente verso il cielo) […]; ma da questa cerimonia non discende alcun messaggio spirituale o culturale, nessuna speranza per l’umanità, nessuna promessa di miglioramento della sua condizione. Si celebra soltanto il culto dei marchi pubblicitari e la legge del più forte.

R. Redeker. Le sport contre les peuples. Berg International Editeurs, Paris, 2002. Trad. it. Lo sport contro l’uomo. Citttà Aperta, Troina, 2003, p. 13

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Programma:

1. Identità e pratica sportiva

2. Efficacia personale e collettiva

3. Emozioni e sport

4. Relazioni interpersonali

5. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

6. Coesione nelle squadre sportive

7. Stereotipi e pregiudizi

8. Conflitto e sport

9. Conoscere e mediare il conflitto

10.Il tifo sportivo

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Libro di riferimento:

186 pagine

18,60 euro

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Introduzione

Lo sport come fenomeno socialeFenomeno = qualsiasi evento osservabile

Fenomeno sociale = fatto, accadimento, fenomeno che incide su struttura, tendenza, aspetti della società e ne modifica talune caratteristiche

Sport = Fenomeno Sociale

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Introduzione

La psicologia sociale studia le relazioni reali o immaginate da persona a persona in un dato contesto sociale, in quanto esse riguardano le persone implicate in questa relazione (F.H. Allport, 1924)

La psicologia sociale è il tentativo di spiegare come il pensiero, i sentimenti e i comportamenti delle persone sono influenzati dalla presenza reale, immaginata o implicita di altre persone (G.W. Allport, 1937)

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Introduzione

La psicologia sociale è quella scienza che riguarda lo studio del comportamento e della vita soggettiva dell’uomo in quanto è inserito in un ambiente e in una comunità di altri uomini, cioè con particolare riferimento alle inter-relazioni umane (G. Trentini, 1971)

Lo scopo principale della psicologia sociale è quello di studiare, nel modo più sistematico possibile, i diversi aspetti dell’interazione tra individui, fra gruppi sociali e all’interno di essi, e fra gli individui e i sistemi sociali, piccoli o grandi, di cui fanno parte (H. Tajfel, C. Fraser, 1978)

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Introduzione

Il compito della Psicologia Sociale è quello di contribuire, insieme ad altre discipline, alla comprensione del comportamento umano, avendo come proprio oggetto di studio una serie di fenomeni specifici che risultano generati dall’intersezione fra processi psicologici e dinamiche sociali (G. Mantovani, 2003).

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1. Identità e pratica sportiva

Cos’è l’identità? Il concetto di identità si riferisce, da un lato,

al modo in cui l’individuo considera e costruisce se stesso come membro di determinati gruppi sociali (nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione, ecc), dall'altro, al modo in cui le norme di quei gruppi consentono a ciascun individuo di pensarsi, muoversi, collocarsi e relazionarsi rispetto a sé stesso, agli altri, al gruppo a cui afferisce ed ai gruppi esterni intesi, percepiti e classificati come alterità.

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1. Identità e pratica sportiva

Cos’è l’identità? L’identità esiste solo entro la relazione con ciò

che è altro e diverso da noi: introverso/estroverso, forte/debole, bello/brutto, io/tu, atleta/allenatore, ecc.

L’identità è dunque riconoscersi ed essere riconosciuti, è riflessione che il soggetto fa in merito alla propria continuità nel tempo e alla sua differenza dagli altri

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1. Identità e pratica sportivaIl sé e l’identità: alcune prospettive

Teoria degli schemi del sé (Markus & Sentis, 1982) L’identità è formata da un insieme di schemi

gerarchicamente organizzati Metafora dell’albero “chi sono io?”

Teoria della categorizzazione del sé (Turner et al., 1987) 3 tipi di elementi identitari:1. Elementi personali (estroverso, lunatico, ecc.)

2. Elementi relazionali (marito di Anna, ecc.)

3. Elementi sociali (giocatore di tennis, allenatore, ecc.)

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1. Identità e pratica sportivaIl sé e l’identità: alcune prospettive

Il sé operativo (Markus) Costellazione di elementi identitari attivi in un

dato momento esistenzale Non per questo abbiamo una molteplicità di

identità: semplicemente, essa non emerge in tutti i suoi aspetti in ogni situazione

I sé possibili (Markus & Nirius, 1986) Sé desiderato ciò che vorremmo Sé atteso ciò che ci aspettiamo Sé temuto ciò che temiamo avvenga

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1. Identità e pratica sportivaIl sé e l’identità: alcune prospettive

Teoria della discrepanza del sé (Higgins,

1987) Sé reale percezione che abbiamo di noi stessi Sé ideale ciò che vorremmo essere Sé normativo ciò che sentiamo di dover essere

Teoria dell’identità narrativa (McAdams, 1993) Identità narrativa = racconto interiorizzato su di

sé che fornisce all’individuo il senso di essere una persona unica che tende ad uno scopo

L’identità non è dunque un’organizzazione gerarchica ma un sistema di senso, una storia

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1. Identità e pratica sportivaLo sviluppo dell’identità

L’identità cambia nel tempo? Il processo di sviluppo si colloca soprattutto

nell’adolescenza 2 processi: esplorazione e impegno Variabili in gioco: interesse, fattori fisici, cognitivi,

relazionali, contestuali, di personalità

Teoria degli stili di identità (Berzonsky, 1989) Stile informativo apertura all’esperienza,

disponibilità a cambiare Stile normativo chiusura, rigidità Stile diffuso-evitante disorientamento,

emotività, scarsa introspezione

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1. Identità e pratica sportivaCostruire o scoprire la propria identità?

2 prospettive: Costruzione vs. Scoperta Costruire la propria identità: processo attivo,

ragionato, cognitivo Scoprire la propria identità: concetto di daimon

(vero sé), scoprire le proprie potenzialità, esprimere a pieno se stessi

Come scoprire se stessi? “Cerca di scoprire il disegno che sei chiamato ad

essere, poi mettiti con passione a realizzarlo nella vita” (Martin Luther King)

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1. Identità e pratica sportivaCostruire o scoprire la propria identità?

Scoprire se stessi: l’esperienza di flusso “Capita, a volte, di vivere momenti durante i quali,

malgrado le circostanze, si avverte il pieno controllo delle proprie azioni e ci si sente totalmente padroni di se stessi; in queste rare occasioni, si prova un senso di eccitazione, una profonda e preziosa sensazione di piacere che rappresenta un punto di riferimento nella memoria, un termine di paragone rispetto a come la vita dovrebbe essere vissuta. Questo è ciò che si intende con esperienza ottimale o flow“ (Csikszentmihalyi, 1975)

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1. Identità e pratica sportivaCostruire o scoprire la propria identità?

Scoprire se stessi: l’esperienza di flusso “Cosa provi quando balli?”

“Non so… All’inizio sono un po’ rigido, ma dopo che ho iniziato mi dimentico qualunque cosa ed è come se… come se sparissi, come se dentro avessi un fuoco, come se volassi… sono un uccello… sono… elettricità: già, elettricità” (dal film Billy Elliot, di Stephen Daldry)

“E' quello stato di grazia all'interno del quale non sembra quasi di competere, dove ci si rende conto dopo che durante la prestazione quasi non si stava pensando, quasi non si stava agendo. Almeno a me capita così: potenzialmente mi sento in grado di fare tutto, ma il brutto è che non so perché…” (Matteo Tagliariol, Medaglia d’oro nella Spada Maschile a Pechino 2008)

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1. Identità e pratica sportivaSviluppo dell’identità e attività sportiva

Lo sport contribuisce allo sviluppo dell’identità? Il piacere entro processi di apprendimento Conoscenza delle proprie potenzialità motorie Contatto con le emozioni Dimensione progettuale Dimensione relazionale

Lo sport presenta delle criticità? La competizione intergruppo La competizione intragruppo Il confronto con altre attività strutturate (volontariato,

associazionismo religioso, artistico, culturale)

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2. Efficacia personale e collettiva

Sapevo che avrei vinto… Sono arrivato ad Atene al cento per cento, sia dal punto di vista fisico che mentale. In gara, poi, ho avvertito di avere dentro di me qualcosa in più degli altri, una determinazione che non conoscevo. La sicurezza nelle risorse di cui potevo disporre mi ha accompagnato dal primo all’ultimo metro di gara: mi sentivo padrone assoluto della situazione (Stefano Baldini, Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Atene 2004)

Le parole di Baldini, che vinse inaspettatamente davanti ad atleti ben più quotati, illustrano in modo esemplare il significato dell’autoefficacia percepita

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2. Efficacia personale e collettivaLa teoria socialcognitiva di Bandura

Autoefficacia percepita = insieme delle valutazioni che si fanno rispetto al proprio sentirsi capaci di eseguire determinate azioni e di raggiungere determinati obiettivi (Bandura, 2000)

Le nostre azioni, decisioni, lo stesso impegno che mettiamo in ciò che facciamo dipendono largamente dal come e dal quanto ci riteniamo effettivamente in grado di fare

Le convinzioni di autoefficacia non sono esattamente quelle che potremmo definire le “reali” capacità dell’individuo, ma normalmente non se ne discostano mai in modo eccessivo

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2. Efficacia personale e collettivaLa teoria socialcognitiva di Bandura

Secondo Bandura (2006) la mente umana è un sistema “agentico” caratterizzato da un rapporto di continua e reciproca influenza tra persona, ambiente e comportamento PERSONA

COMPOR TAMENTO

AMBIENTE

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2. Efficacia personale e collettivaLa teoria socialcognitiva di Bandura

Le convinzioni di autoefficacia rappresentano la massima espressione delle capacità tipicamente umane di autoriflessione, autoregolazione e apprendimento dall’esperienza

L’autoefficacia influenza: Le decisioni sulle attività da intraprendere (lo studio di

Betz e Hackett sulle materie scientifiche) La scelta di obiettivi più o meno ambiziosi (cosa voglio

raggiungere?) Le aspettative (cosa succederà se agirò in questo

modo?) I giudizi di causalità (di chi è il merito/colpa?) Il livello di impegno profuso

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2. Efficacia personale e collettivaLa teoria socialcognitiva di Bandura

Intenzione di agire Azione Realizzazione

Aspet tative

Giudizi di

causalità

Autoef ficacia

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2. Efficacia personale e collettivaLa teoria socialcognitiva di Bandura

Profilo psicologico del soggetto con alta autoefficacia:

1. Obiettivi ambiziosi

2. Notevole impegno e dedizione

3. Locus of control interno

4. Ottimismo, fiducia

5. Sostanziale sobrietà nel giudicarsi

6. Ottima gestione delle emozioni

7. Alta resistenza alle frustrazioni

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2. Efficacia personale e collettivaFonti dell’autoefficacia percepita

Come si formano e cambiano le convinzioni relative alle nostre capacità? Bandura indica 4 fonti: Esperienza diretta Esperienze vicarie (observation e imagery) Persuasione verbale Interpretazione delle emozioni e dei segnali corporei

L’autoefficacia è un tratto stabile? Sì, nel senso che è radicata anche alla personalità No, se pensiamo a momenti e situazioni diverse: il caso

degli ex professionisti

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1. Identità e pratica sportivaSviluppo dell’identità e attività sportiva

AUTOEFFICA

CIA

Esperienza

diretta

Stati fisiologi

ci

Esperienza

vicaria

Persuasione

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2. Efficacia personale e collettivaL’efficacia percepita collettiva

Cosa accade in una squadra?Che fine fa l’autoefficacia individuale?

Autoefficacia collettiva = convinzione di essere in grado, come gruppo, di gestire compiti e attività

Essa dipende dalle percezioni che i singoli membri hanno delle abilità dei compagni

È in relazione, anche, con l’autoefficacia individuale È molto più specifica di quella individuale: vale per

quel gruppo in quel dato compito Non è la somma di quelle individuali Il ruolo della coesione un’unica voce…

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2. Efficacia personale e collettivaL’autoefficacia percepita nello sport

Nello sporti individuati molti tipi di autoefficacia:

Aree Convinzione di essere in grado di..

Compito Eseguire adeguatamente un determinato compito

Competizione Fronteggiare con successo gli avversari

Prestazione Raggiungere un determinato livello di prestazione

Autoregolazione Regolare la condotta in vista di specifici obiettivi

Apprendimento Imparare nuove tecniche e strategie di gioco

Difficoltà Gestire situazioni difficili (es. un infortunio)

Stress - emozioni Sopportare lo stress e regolare le emozioni

Relazioni Gestire le relazioni con compagni ed allenatore

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2. Efficacia personale e collettivaL’efficacia percepita collettiva

Profilo psicologico dell’atleta con alta autoefficacia (il c.d. vincente):

1. Obiettivi realistici ma ambiziosi

2. Capacità superiore di concentrarsi

3. Notevole impegno e dedizione

4. Locus of control (di solito) interno

5. Ottimismo, fiducia

6. Sostanziale sobrietà nel giudicarsi

7. Ottima gestione di emozioni, stress, ansia

8. Alta resistenza alle frustrazioni

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2. Efficacia personale e collettivaL’efficacia percepita collettiva

Profilo psicologico dell’atleta con bassa autoefficacia (il c.d. perdente…):

1. Obiettivi irrealistici: troppo modesti/ambiziosi

2. Facilità nel perdere la concentrazione

3. Impegno discontinuo e spesso disorganizzato

4. Locus of control (di solito) esterno

5. Sostanziale pessimismo, sfiducia

6. Tendenza a sopravvalutare gli avversari

7. Pessima gestione di emozioni, stress, ansia

8. Bassa resistenza alle frustrazioni

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2. Efficacia personale e collettivaL’efficacia percepita collettiva

Cosa si dice un atleta con alta autoefficacia: È un momento difficile, ma posso farcela Lui è forte, ma io non sono da meno Posso dare di più Potevo/Non potevo fare meglio di così Mi sto divertendo! Questa non ci voleva… ma mi riprenderò! Voglio puntare fin lì, sento che è alla mia portata

Il vincente sa anche perdere…

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2. Efficacia personale e collettivaL’efficacia percepita collettiva

Cosa si dice un atleta con bassa autoefficacia: È un momento tremendo, non ne esco… Lui è troppo forte, non ce la farò mai Che altro posso inventarmi? Non potevo fare meglio di così Non mi diverto… sono stressato! Il mondo ce l’ha con me… sono sfortunato Voglio stravincere: lo voglio schiacciare, umiliare!

Il perdente… non sa perdere!

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2. Efficacia personale e collettivaValutazione e miglioramento

Esistono diversi test per misurarla

Si tratta in genere di questionari di autopercezione

Sono costruiti sull’essere in grado di fare e non su il voler fare (intenzione) o l’essere soliti fare (abitudine)

S.A.F.SCALA DELL’AUTOEFFICACIA FISICA (Ryckman)

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2. Efficacia personale e collettivaValutazione e miglioramento

1. Ho ottimi riflessi2. Non sono agile e aggraziato3. Raramente sono imbarazzato dalla mia voce4. Il mio fisico è piuttosto forte5. Qualche volta non ho una buona resistenza sotto stress6. Non so correre veloce7. Ho difetti fisici che qualche volta mi infastidiscono8. Non sento il pieno controllo nei compiti che richiedono abilità fisica9. Non sono mai intimidito dal pensiero di un incontro sessuale…..

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2. Efficacia personale e collettivaValutazione e miglioramento

Strategie per il potenziamento: Esperienza diretta di successo Tecniche di observation Tecniche di imagery Rafforzamento della coesione (non solo nelle

squadre) Tecniche di persuasione Ulteriori tecniche di mental training (goal setting,

rilassamento, ecc.) Limiti al potenziamento

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Qualche domanda: Cosa intendiamo per “relazione

interpersonale”? L’uomo è un “animale sociale”? Quali possono essere, nello sport, le relazioni

interpersonali? Da cosa dipende la qualità di una relazione? È possibile “allenarsi” alle relazioni? La qualità delle relazioni influenza la felicità

della persona?

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3. Relazioni interpersonali nello sportCosa dice la letteratura…

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3. Relazioni interpersonali nello sport

A cosa servono le relazioni? A soddisfare i bisogni fisiologici A soddisfare i bisogni di sicurezza A soddisfare i bisogni sociali A soddisfare i bisogni di stima A soddisfare i bisogni di autorealizzazione

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Due tipi di relazioni: Superficiali1. Teoria dello scambio profitti, investimento,

alternative2. Teoria dell’equità confronto con

l’investimento dell’altro Profonde1. Interdipendenza cognitiva, emotiva,

comportamentale

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Relazione atleta - allenatore È una relazione di tipo profondo La posta in gioco è il risultato

Relazione allievo (adulto) - istruttore È una relazione di tipo profondo/superficiale La posta in gioco è l’apprendimento

Relazione bambino - maestro È una relazione di tipo profondo La posta in gioco è la crescita

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Relazione atleta - allenatore

Tre dimensioni (Wylleman, 2000):1. accettazione/rifiuto2. dominanza/sottomissione3. livello personale/livello “ufficiale”

Tre variabili (LaVoi, 2007):1. antecedenti2. pensieri/sentimenti reciproci3. outcomes (motivazione, soddisfazione)

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Relazione atleta - allenatore

Tre aspetti (Jowett, 2005):1. vicinanza emotiva (fiducia, rispetto)2. impegno (intenzione di mantenere la relazione)3. complementarietà (cooperazione, sinergia)

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Relazione atleta (giovane) - allenatore

L’esperienza sportiva dei giovani e il livello di stress competitivo che arrivano a sperimentare sono influenzati fortemente dall’allenatore e in particolare dal suo modo di relazionarsi con loro (Small, Smith, 1988)

In genere gli allenatori sono formati per essere dei bravi tecnici; lo sono assai meno per essere dei bravi educatori

Il problema è che molti di loro non si pongono affatto il problema…

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3. Relazioni interpersonali nello sport

allievo

genitore

allenatore

Psicologo

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3. Relazioni interpersonali nello sport

allievo

genitore

allenatore

Psicologo

Manca qualcosa?

Il dirigente…

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3. Relazioni interpersonali nello sport

L’importanza di condividere gli obiettivi (goal setting)

Obiettivi allenatore

Obiettivi allievo

Obiettivi genitore

Variabili tecniche

______________________

______________________

______________________

Variabili fisiche

______________________

______________________

______________________

Variabili psicologiche

______________________

______________________

______________________

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Valutare il livello di relazioni

Cosa ti aspetti/desideri dal tuo allenatore?

Che mi aiuti nei miei problemi personali

1 2 3 4 5 6 7

Che mi aiuti a superare i conflitti

Che mi dia fiducia

Che mi faccia dei favori personali

Che mi inviti a casa sua

Che sia comprensivo

Che si preoccupi della mia sicurezza personale

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Secondo la mia esperienza…

L’allenatore mi aiuta nei miei problemi personali

1 2 3 4 5 6 7

L’allenatore mi aiuta a superare i conflitti

L’allenatore favorisce la mia fiducia in lui

L’allenatore mi fa dei favori personali

L’allenatore mi invita a casa sua

L’allenatore è comprensivo

L’allenatore si preoccupa della mia sicurezza personale

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3. Relazioni interpersonali nello sport

Sociogramma di Moreno

Chi è il tuo compagno di squadra più antipatico?

Con quale compagno di squadra preferisci dividere la stanza d’albergo durante le trasferte?

Chi tra i tuoi compagni ti sembra più isolato?

Chi pensi sia il vero leader della squadra?

A chi parleresti di un tuo problema personale?

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviLa forza del lupo è il branco e la forza del branco è il lupo

Leadership, qualche domanda:

Cos’è la leadership? Chi è il leader? Leader si nasce o si diventa? Esistono anche fattori di gruppo che

determinano l’emergere del leader? Esistono fattori situazionali? Un leader resta tale in ogni contesto? Quali sono i possibili leader nello sport?

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi “Il prezzo della grandezza è la responsabilità“ - Churchill

La leadership è un processo di influenza interpersonale orientata al raggiungimento di particolari obiettivi, che i membri del gruppo esplicano nei confronti di uno di loro

Leadership significa coordinare e motivare le azioni degli atri per raggiungere obiettivi comuni. Un leader deve definire gli obiettivi e guadagnarsi l’approvazione degli altri ad essere guidati e a lavorare insieme verso gli stessi scopi

Con il termine di leadership si intende la capacità di influenzare e mobilitare i membri di un gruppo sociale verso il raggiungimento degli obiettivi fissati dal gruppo stesso

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviTeorie sulla leadership

Le moltissime teorie sulla leadership sono riconducibili a 3 grandi orientamenti:

1. Orientamento personologico

2. Orientamento comportamentale

3. Orientamento situazionale

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviTeorie ad orientamento personologico

L’assunto di base è “leader si nasce, non si diventa”

Si studiano pertanto le caratteristiche del leader La “Teoria dei grandi uomini” di Carlyle:

atteggiamento dominante, carisma, intelligenza, struttura fisica (statura, voce, bellezza, forza)

Le ricerche successive hanno smentito l’ipotesi del “grande uomo”

Le ricerche non sono ancora riuscite ad ancorare la leadership a tratti certi di personalità, intelligenza o motivazione

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviTeorie ad orientamento comportamentale

L’attenzione si sposta sul comportamento del leader (stile di leadership) Tre stili (Lewin, 1939):1. Autocratico il leader decide da solo e mantiene

una distanza relazionale (produce quantitativamente molto, atmosfera buona in presenza del leader)

2. Democratico il leader decide insieme al gruppo ed è vicino a livello relazionale (produce qualitativamente molto, atmosfera migliore)

3. Permissivo il leader non decide affatto, fornisce solo suggerimenti e materiali (produce poco, atmosfera instabile)

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviTeorie ad orientamento comportamentale

Due ulteriori possibilità di leadership (Bales e Slater, 1955):

1. Orientata al compito la leadership punta all’obiettivo per cui il gruppo è nato: elabora un metodo di lavoro, verifica le risorse, i tempi, i progressi

2. Orientata alle relazioni la leadership è attenta soprattutto ai bisogni individuali, alla qualità delle relazioni, alla soluzione dei conflitti, garantendo un’alta motivazione e partecipazione emotiva

Spesso in un gruppo esistono più leader

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportiviTeorie ad orientamento situazionale

Hersey e Blanchard (1984)

3 CoinvolgereAlto sostegnoBasse direttive

2 VendereAlto sostegnoAlte direttive

4 DelegareBasso sostegno Basse direttive

1 Prescrivere Basso sostegnoAlte direttive

ALTO

Comportamento di sostegno

ORIENTAMENTO ALLE

RELAZIONI

BASSO

BASSO Comportamento direttivo ALTOORIENTAMENTO AL COMPITO

Alto Medio alto Medio basso Basso

Livello di maturità dei collaboratori

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

Percezione che il gruppo ha verso il leader

1. È fortemente ancorata ai risultati2. È influenzata anche da talune aspettative

aprioristiche (curriculum, genere, razza, ecc.) Percezione che il leader ha verso il

gruppo1. In mancanza di risultati, il leader potrà o meno

“proteggersi”2. Definisce lo stile di leadership adottato

L’interdipendenza leader/gruppo

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Alcune domande: L’allenatore “deve” essere un leader? Perché nello sport professionistico (ma non

solo…) si assiste a così tanti esoneri/ingaggi di allenatori?

Che differenza c’è tra la leadership dell’allenatore e quella dell’atleta?

Esistono 2 modelli:

mediazionale e multidimensionale

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Modello mediazionale Assunto di base: gli effetti del comportamento

dell’allenatore sul gruppo dipendono dalla percezione e valutazione di quest’ultimo

Lo studio di Smith et al. (1979) 85.000 comportamenti, videoregistrazione, interviste ad allenatore e allievi (bambini)Risultati: 1. Gli allenatori hanno scarsa consapevolezza del proprio comportamento2. L’atteggiamento degli allievi dipende proprio da quel comportamento (e non dai risultati)

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Modello multidimensionale Assunto di base: prestazione e soddisfazione

del gruppo dipendono dal grado di accordo tra comportamento richiesto, comportamento preferito e comportamento effettivo dell’allenatore

- Comportamento richiesto (dal compito)- Comportamento preferito (dal gruppo)- Comportamento effettivo (dell’allenatore)

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Modello multidimensionale Variabili in gioco: 1. Caratteristiche del gruppo e dell’allenatore

(personalità, esperienza, abilità tecniche)2. Comportamento (effettivo) dell’allenatore

a. orientato alla tecnica e alla tatticab. orientato alla coesione

3. Situazione (situazione attuale + obiettivo da raggiungere)

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Modello multidimensionaleUlteriori evidenze: Atleti maschi training, informazione,

comportamento autocratico Atlete femmine relazioni, supporto,

comportamento democratico Atleti giovani e/o principianti relazioni,

supporto Atleti maschi/femmine aspettative diverse se

allenatore maschio o femmina

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4. Leadership e gestione dei gruppi sportivi

La leadership dell’allenatore

Infine (e riassumento):

L’allenatore/istruttore deve essere un leader riconosciuto

I membri del gruppo non possono però riconoscere un individuo troppo diverso da loro

L’efficienza di un buon leader deriva dall’equilibrio che egli sa mantenere tra le opposte esigenze di essere come gli altri e diverso dagli altri

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5. Coesione nelle squadre sportive

Credo che nel calcio non si debba per forza di cose essere amici per ottenere, di fatto, dei risultati, quanto piuttosto sia necessario fra tutti il reciproco rispetto e la stessa unità d’intenti (Alberto Fontana)

Negli sport di squadra il corpo di un giocatore costituisce il frammento al quale è attaccato per un po’ di tempo il prodotto di un’azione comune (Goffman, 1971)

Ma cos’è la coesione?

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5. Coesione nelle squadre sportive

Altre domande… La coesione è sempre un fattore positivo per

un gruppo? Coesione e prestazione sono correlate? Quali sono le variabili in gioco quando si parla

di coesione? La coesione è un fattore stabile, nel tempo,

all’interno di uno stesso gruppo? L’insuccesso è sempre fattore peggiorativo

della coesione?

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5. Coesione nelle squadre sportiveCoesione: possibili definizioni

Coesione deriva dal latino cohærere (= essere congiunto, attaccato, stare unito). In fisica la coesione è quella proprietà dei corpi di resistere alla rottura dei legami che tengono unite le loro molecole

Un gruppo è coeso quando lavora come una singola unità, quando c’è uno spirito unito, un unico corpo che si muove… quando si forma una mente di gruppo (Lewin, 1935)

Un gruppo è coeso se i suoi membri si piacciono e sono reciprocamente attratti (attrazione personale -Festinger et al., 1950)

La coesione è l’attrazione dei membri all’idea o immagine prototipica del gruppo e del suo membro tipico (attrazione sociale - Hogg, 1992)

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5. Coesione nelle squadre sportive

Un gruppo è coeso anche quando sa resistere alle forze che lo vorrebbero disgregare

Così come per l’individuo, anche il gruppo ha i suoi meccanismi di difesa Coesione difensiva (Proiezione)

suggestionabilità, insicurezza, dipendenza dal leader, pensieri magici, pensieri persecutori, ecc

Coesione istituzionalizzata (Controllo)regole rigide, gruppo gerarchico

Coesione cooperativa presa di coscienza, analisi delle difficoltà, obiettivi del gruppo più importanti di quelli personali

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5. Coesione nelle squadre sportiveCoesione e prestazione

Coesione + soddisfazione = produttività

La ricerca di Van Zelst (1952) nel cantiere edile: produttività, assenteismo, infortuni, malattie

Se la coesione facilita la prestazione, è vero pure il contrario?

In situazioni di insuccesso, la coesione viene sempre e comunque meno?

La coesione è sempre un fattore positivo? Il caso delle mentalità totalitarie

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5. Coesione nelle squadre sportive

Ricapitolando:

La coesione è fattore facilitante la prestazione, ma…

1. Nello sport esistono molti esempi di gruppi non coesi eppure vincenti

2. In alcuni sport (tennis, bowling, golf), quando si gareggia come squadra la coesione è irrilevante

3. Gli atleti maschi rendono in genere di più se c’è competizione intragruppo

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5. Coesione nelle squadre sportive

Per concludere: il team building

Il team building (strategie per promuovere la coesione) può avere un approccio diretto o indiretto

Il protocollo di intervento riguarda:

1. Analisi della situazione (criticità, comunicazione, dinamiche di gruppo)

2. Ridefinizione (dei ruoli, degli obiettivi, delle risorse a disposizione)

3. Miglioramento (delle criticità)

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6. Stereotipi e pregiudizi Introduzione

Ci sono ancora molte persone che hanno un’immagine dello sport come realtà idilliaca, dove la pace, l’onesta competizione, le diversità culturali sono valori consolidati e di crescita

Pierre de Coubertin lottò a lungo per “imporre” valori quali “sport come isola di pace”, dove interessi economici, conflitti politici e discriminazioni non avessero accesso

Ma…

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6. Stereotipi e pregiudizi Introduzione

Nonostante le rivendicazioni morali dello sport – la retorica dell’universalità, fair play e “in campo tutti uguali” – tra i primi promotori dello sport moderno solo pochi volevano che questa attività fosse inclusiva e universale. Al contrario, lo sport si sviluppò come attività ricreativa e di socializzazione riservata ai maschi di elevata classe sociale (Kidd e Donnelly, 2000)

Nonostante le buone intenzioni, le Olimpiadi, massima espressione dello sport universale, sono state spesso arena di scontri politici, ideologici e razziali, dove la discriminazione l’ha fatta da padrone

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6. Stereotipi e pregiudizi Introduzione

D’altro canto lo sport, essendo un’attività umana espressione di quello che l’uomo è, non poteva magicamente diventare un’isola felice

Anche se non sono mancati e non mancano episodi di grande solidarietà e onestà che continuano a veicolare l’immagine di un fenomeno sociale, lo sport, sostanzialmente pulito

Quali meccanismi ci sono a monte delle tante questioni sociali che lo sport solleva?

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6. Stereotipi e pregiudiziLa categorizzazione sociale

La categorizzazione sociale è un meccanismo per lo più inconscio volto a far rientrare persone, fatti ed eventi in categorie preconfezionate dall’educazione ricevuta e dalla cultura di appartenenza

In buona sostanza, la categorizzazione sociale è volta ad organizzare e gestire la complessità del mondo sociale

Quando un individuo viene categorizzato, per esempio un atleta, ci si aspetta che abbia determinate caratteristiche: fisico atletico, conduzione di una vita sana, onestà, ecc.

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Lo stereotipo è proprio l’insieme delle caratteristiche associate ad una determinata categoria sociale

Gli stereotipi possono riguardare la razza, l’età, il genere, lo status socioeconomico, l’orientamento religioso o politico, ecc.

Lo stereotipo, la cui funzione è “benefica”, è però strumento esposto ad una eccessiva semplificazione della realtà, a rigidità, a distorsione

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale e stereotipi

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Lo stereotipo è meccanismo che, ovviamente, riguarda anche chi in quella determinata categoria rientra

In altri termini, per esempio, l’atleta sa a quale categoria sociale appartiene e quali sono gli stereotipi caratteristici “dell’essere atleta”

Ciò ha evidentemente delle conseguenze sulla percezione di sé e delle proprie capacità: la minaccia derivante dallo stereotipo (stereotype threat)

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale e stereotipi

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Molti studi fatti su varie categorie sociali (anziani, minoranze etniche, donne, studenti appartenenti a classi sociali basse) hanno evidenziato come il sapere di appartenere a una determinata categoria influenza comportamenti e capacità a prescindere da ciò che effettivamente l’individuo è

Nello sport sono emblematiche ricerche come quella di Stone et al. (1997) che confermano l’esistenza di stereotipi e categorizzazioni (l’atleta bianco, l’atleta nero)

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale e stereotipi

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Alcuni studi: I primi studi sulle differenze di prestazione tra atleti

di colore e bianchi, in varie discipline sportive, evidenziarono talune caratteristiche fisiche predisponenti

Steele e Aronson (1995) studenti americani di origine europea/africana, test (a metà veniva detto che era di abilità intellettiva)

Stone et al. (1999) studenti bianchi/di colore, test cognitivo + test sul golf

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale e stereotipi

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Ridurre l’effetto di stereotype threat: se dovessimo allenare una squadra di basket con ragazzi bianchi e di colore, oppure una squadra femminile di pugilato o rugby, come garantire che la prestazione non venga condizionata da stereotype threat?

Contestualizzare il compito in modo che il presunto deficit non venga evidenziato

Lavorare sull’autostima Fornire modelli di comportamento Spiegare l’inconsistenza dello stereotipo

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale e stereotipi

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Il pregiudizio è un atteggiamento e/o sentimento negativo nei confronti di membri di un altro gruppo sociale, basato esclusivamente alla loro appartenenza a quel gruppo

È facile individuare, nei grandi temi politici come pure nella vita di ciascuno di noi, molti esempi di pregiudizio

Il pregiudizio, che talvolta può anche basarsi su elementi oggettivi, è meccanismo che in genere crea conflittualità

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Ipotesi del contatto: Allport (1954) formulò una teoria secondo la quale era possibile ridurre il pregiudizio tra gruppi sociali

Il contatto tra membri di gruppi sociali diversi porta alla riduzione del pregiudizio

Perché ciò sia possibile, sono necessarie 4 condizioni: Parità di status Obiettivi comuni Sostegno delle istituzioni Percezione di similitudine

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Ricategorizzazione (Gaertner et al., 1993) Piuttosto che annullare le categorie, conviene ampliarne i confini

Nier et al. (2001) incontro di football, questionario abitudini alimentari dei tifosi, intervistatore bianco/di colore, intervistatore con la maglietta della squadra tifata/avversaria

Maggiori adesioni al questionario se:

1. Intervistatore era bianco

2. Intervistatore era di colore, ma indossava la maglietta della squadra (appartenenza ad un gruppo sovraordinato)

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Ricategorizzazione (Gaertner et al., 1993) Piuttosto che annullare le categorie, conviene ampliarne i confini (= dissolvere le differenze tra gruppi, “siamo tutti uguali”): quali controindicazioni?

1. In genere si tratta di un assorbimento che il gruppo più forte attua nei confronti di quello più debole

2. Comporta la perdita di usi, costumi, credenze, valori da parte del gruppo di minoranza

3. Ignora il fatto che… non siamo tutti uguali! (ma conserviamo gli stessi diritti/doveri, dignità, potenzialità)

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Mutua differenziazione (Hewstone e Brown, 1997): per ridurre il pregiudizio è necessaria un’interazione positiva tra i gruppi con mutuo riconoscimento

Van Oudenhouven et al. (1996) Tre gruppi di studenti per svolgere un compito lessicale, tutti formati da 2 olandesi e 1 turco; primo gruppo nessun riferimento alla diversa nazionalità; secondo gruppo chiaro riferimento sin dall’inizio; terzo gruppo riferimento solo a metà del lavoro. Risultati: miglioramento dell’atteggiamento nel terzo gruppo

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Cosa avviene nello sport? Il praticare sport diversi: essere un ginnasta

piuttosto che un calciatore o un nuotatore L’ipotesi del contatto applicata alle squadre (stesso

status, stessi obiettivi, protezione istituzionale, percezione di similitudine e appartenenza ad una categoria sovraordinata comune): perché non sempre funziona? E perché funziona ancora meno tra squadre?

Il caso del tifo razzista Status sociale e sport praticato

6. Stereotipi e pregiudiziCategorizzazione sociale, stereotipi e pregiudizi

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Devi lottare, diventare ancora più aggressivo, non avere paura (Rafael Nadal) L’aggressività ha caratteristiche diverse nell’uomo

rispetto agli altri animali? Quali sono “le ragioni” dell’aggressività umana? L’aggressività è fenomeno sempre e comunque

negativo? Il conflitto è “incidente di percorso”? Cosa si intende per conflitto? Che tipi di conflitti esistono? Nello sport, il conflitto è sempre necessario?

7. Conflitto e sport

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Il conflitto è ciò che emerge quando aspirazioni, credenze o valori di un individuo e di un gruppo sono minacciati da un altro individuo o gruppo

Sostanzialmente esistono 3 tipi di conflitto: Intrapersonale Interpersonale Intergruppo

Esistono molte teorie per spiegare origine e senso del conflitto

7. Conflitto e sport

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Teoria della frustrazione (Dollard et al., 1939)

C’è un’unica e comune causa all’aggressività e al conflitto: la frustrazione

La frustrazione provoca un’attivazione (arousal) negativa il cui bersaglio (target) può essere colui che la causa oppure altro

L’aggressività conseguente alla frustrazione ha tempi di attivazione e di esecuzione variabili, spesso ritardati Hovland e Sears (1940) correlarono il declino delle

condizioni economiche con il numero di linciaggi di persone di colore

7. Conflitto e sport

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Teoria del trasferimento dell’attivazione (Zillmann et al., 1974)

Esercizio fisico intenso e provocazione: subito dopo oppure dopo un breve riposo. Reazioni più aggressive nel secondo caso

Finale dei Mondiali di calcio Italia-Francia, nel 2006: Zidane colpisce in pieno petto Materazzi. I due erano lontani dall’azione di gioco, Zidane era stato trattenuto nell’azione precedente ed era tutta la partita che Materazzi lo marcava stretto. Materazzi lo provoca verbalmente e…

7. Conflitto e sport

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De Vito (1986) nota come 2 persone possano entrare in conflitto sia per il contenuto che per la relazione (il modo)

Il conflitto sul contenuto oltre che naturale, può anche essere positivo

Il conflitto sulla relazione è, in genere, sempre più veemente

L’atleta che salta l’allenamento per un esame universitario può trovare la solidarietà dell’allenatore; ma se non ne ha chiesto il permesso, il conflitto si sposta sul piano personale

7. Conflitto e sport

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Teoria del conflitto realistico (Sherif, 1966) 22 dodicenni divisi in 2 gruppi: nessuno conosce gli

altri e nessun gruppo sa dell’esistenza dell’altro gruppo. Si finge la partenza per un campo estivo, ciascun gruppo si installa in aree separate

Fase I – si lavora sulla coesione intragruppo Fase II – si mettono in competizione i 2 gruppi:

dopo essersi accorti dell’esistenza dell’altro, si organizzano competizioni, cambiano le dinamiche intragruppo e compaiono episodi di aggressività manifesta intergruppo

Fase III – si lavora all’interazione intergruppo: rottura condotto acqua, rottura camion provviste

7. Conflitto e sport

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Il ruolo della cultura Molti studi hanno riguardato il confronto tra culture

individualiste (occidentali) e culture collettiviste (orientali)

Educazione “occidentale”: enfasi posta sull’individuo, sulle sue aspirazioni e obiettivi; incoraggiamento a sviluppare un carattere indipendente e intraprendente, perseguire il successo personale

Educazione “orientale”: enfasi posta sulla comunità, sul progresso e la prosperità della collettività; incoraggiamento a collaborare per il bene comune, accento sulle relazioni sociali

7. Conflitto e sport

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Il ruolo della cultura Greenfield et al. (2002) e il conflitto in una squadra

di pallavolo femminile. Protagoniste: un’euroamericana, una koreana americana e una latino americana

Entusiasmi e tendenza ad evitare le critiche della prima sono interpretate come minaccia alla coesione dalle altre due

D’altro canto, la modestia e la pronta ammissione di colpe di queste ultime, sono tradotte come falsità e vigliaccheria dalla prima

7. Conflitto e sport

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Ho imparato che per quanto tu veloce possa essere, non puoi scappare dai tuoi problemi (Jenson Button) Le organizzazioni sportive possono essere intese e

studiate con la metafora della rete, fatta di nodi e connessioni incrociate

La metafora della rete sottolinea gli aspetti di vincolo/risorsa delle relazioni: lega/limita ma favorisce anche supporto/crescita

Se cooperazione = processo negoziale e condiviso di costruzione di obiettivi e attivazione di risorse, il conflitto non è necessariamente separato da questo percorso

8. Mediare il conflitto nello sport

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Tuttavia il conflitto viene spesso temuto per le componenti distruttive che lo possono connotare e per questo motivo evitato o represso

Eppure riconoscerlo e gestirlo può consentire di prevenirne le forme degenerative e di coglierne gli aspetti di potenzialità

In quest’ottica la gestione di una situazione conflittuale può essere considerata un compito da assumersi e non un ostacolo alla relazione

Quali esempi di conflitto possiamo fare in seno, per esempio, ad una società sportiva?

8. Mediare il conflitto nello sport

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Atleta vs atleta

Atleta vs allenatore

Atleta vs dirigente

Allenatore vs dirigente

Allenatore vs genitori

La mediazione può rappresentare un utile strumento per tenere insieme bisogni e richieste a volte contrastanti

8. Mediare il conflitto nello sport

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Cina (V secolo a.C.) mediazione come tecnica principe per risolvere i conflitti

Antica Grecia conflitti tra città-stato mediati dall’intervento di altre città

In molte tribù africane ancora oggi l’assemblea popolare è organo riconosciuto come istituto di conciliazione

Civiltà occidentale pre-industriale famiglia patriarcale e ruolo del capofamiglia

USA (1913) Dipartimento del lavoro come servizio di conciliazione nei contrasti di lavoro

8. Mediare il conflitto nello sportUn po’ di storia…

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USA (1939) Family Conciliation Court per le coppie in crisi e poi per quelle divorziate

USA (1947) Servizio federale di mediazione e conciliazione, agenzia privata indipendente

USA (1964) Community Relations Service per conflitti di natura etnica o razziale

USA (1972) Family Mediation Association per ex coniugi che rinegoziano la separazione o divorzio

Attualmente negli USA esistono oltre 700 centri di mediazione, statali e non, che collaborano con i tribunali

8. Mediare il conflitto nello sportUn po’ di storia…

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Europa (anni 80) la mediazione fa la sua comparsa istituzionale in Inghilterra, Francia, Irlanda, Germania

Ma cosa significa mediazione?

Significa incontrarsi a metà strada?

Significa trovare quel compromesso per cui ciascuna parte rinuncia a qualcosa?

Significa imporre una qualche decisione da parte di un soggetto terzo scelto dai contendenti?

Significa ridurre alla ragione, con argomenti oggettivi, una o entrambe le parti?

8. Mediare il conflitto nello sport

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La mediazione è un processo mirato a far evolvere una situazione di conflitto

È il tentativo, da parte di un terzo neutrale, di confrontare punti di vista differenti

Mira a ristabilire il dialogo fra le parti, a riorganizzare le relazioni: l’obiettivo è raggiunto quando le parti su sono riappropriate della propria attiva e responsabile capacità decisionale

Non è solo un intervento sull’emergenza, ma anche e soprattutto una costruzione di compatibilità relazionali

8. Mediare il conflitto nello sport

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È un’alternativa al procedimento giudiziario (che persegue una logica vincitore-perdente) e al negoziato (dove non c’è una terza parte)

Mediare significa “stare in mezzo”, condividere il conflitto, costruire un terreno culturale e semantico di reciproca comprensione per favorire uno spazio di dialogo

Il mediatore non interviene sui contenuti della disputa né sui termini della sua soluzione

La mediazione si fonda sul principio di responsabilità, sulla capacità delle parti di raggiungere un accordo volontario, non imposto

8. Mediare il conflitto nello sport

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Il mediatore fornisce informazioni sul processo, solleva questioni e aiuta ad esplorare le possibili opzioni

Il valore aggiunto della sua presenza è l’acquisizione, da parte dei contendenti, di una capacità di sostare nel conflitto, trovando risorse per un sistema di relazioni che non possono prescindere dalla differenza

Oggigiorno la mediazione è ormai realtà polisemica, con una diversificazione di ambiti, oggetti, finalità, obiettivi e modalità operative

Esiste la mediazione famigliare, scolastica, penale, aziendale, culturale, comunitaria, sociale, …

8. Mediare il conflitto nello sport

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Mentre all’estero esistono molteplici organi incaricati di mediare i conflitti nello sport, in Italia non ci sono ancora iniziative istituzionalizzate di pari livello

Esistono soltanto isolate realtà che, spesso in seno a società sportive di grandi dimensioni, appaiono sensibili alla tematica e si organizzano con proprie figure mediatrici di riferimento (il caso dell’Inter e dell’Atalanta, l’iniziativa del Comune di Roma per la violenza negli stadi)

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Un caso oggetto di mediazione Società calcistica professionistica, settore giovanile Due tredicenni, Luca (ragazzo di colore) e

Alessandro, entrambi molto promettenti, entrambi riconosciuti dai compagni come i più bravi e dal sicuro avvenire

I due non vanno d’accordo, ci sono accuse reciproche in campo e fuori

Un’accesa lite durante una trasferta spinge l’autista a far scendere i due ragazzi (sono a 10 minuti a piedi dal campo)

8. Mediare il conflitto nello sport

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Il mister inizia l’allenamento, i due non si presentano

Quella sera riceve 3 telefonate:- dall’autista che gli racconta agitatissimo il fatto- dai genitori di Alessandro che, arrabbiati, dicono

che un episodio così non dovrà più succedere- dal responsabile del settore giovanile che, avendo

ricevuto una telefonata dai genitori di Luca che minacciavano di cambiare società, gli dice di risolvere il pasticcio

L’allenatore sente i due ragazzi La società si rivolge ad un mediatore

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Situazione di partenza: 2 contendenti, molte altre figure coinvolte (genitori, autista, allenatore, dirigente)

Fase I – colloqui individuali con le varie parti- Allenatore: è preoccupato per la sorte dei due,

sottolinea il difficile rapporto che inficia anche i risultati sul campo

- Genitori di Luca: rigidi, ritengono inconcepibile il comportamento dell’autista, ne chiedono la sostituzione

- Genitori di Alessandro: irritati, il figlio è rientrato senza dire nulla ma ha accentuato la sua demotivazione

8. Mediare il conflitto nello sport

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- Autista: dispiaciuto e preoccupato, cerca comunque di far valere le sue ragioni

- Luca (parlando di Alessandro): si sente escluso, giudicato, boicottato; vorrebbe la sua amicizia ma lui lo scansa; lo riconosce come altro vero leader

- Alessandro (parlando di Luca): controbatte e lo accusa di molti dispetti; traspare nervosismo e difficoltà che vanno al di là del fatto

Fase II – Restituzione alle varie figure adulte Fase III – Analisi degli spazi di mediazione:

entrambi vorrebbero restare nella squadra, bene o male esiste tra loro un legame

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Fase IV – Mediazione: ascolto delle parti, analisi degli stati emotivi sottesi, ipotesi per una futura potenziale convivenza, accordo

Fase V – Verifica della tenuta dell’accordo

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Alcune domande: Il tifo è sempre esistito? Perché è così spesso eccessivo nelle sue

manifestazioni (positive e negative)? Il tifoso rimane “se stesso” mentre sta nel gruppo? Cosa porta una persona ad entrare in un gruppo

ultras? Ci sono differenze tra, per esempio, il tifo ultras e

quello hooligans? Perché è così frequente che le forze dell’ordine

diventino un bersaglio?

9. Il tifo sportivo

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E ancora: Quali sono le espressioni positive del tifo? Cosa vuol dire “essere tifoso”? Cosa “sente” un tifoso? Perché il tifo resta pur sempre un fenomeno

soprattutto maschile? Come estirpare la mala pianta della violenza? Cosa devono pensare “i non tifosi”?

9. Il tifo sportivo

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Cosa vuol dire essere tifosi La “Psicologia delle folle” (Le Bon, 1895)- Appartenere a una folla modifica le regole del

comportamento umano: meno razionale, più volubile, tendente alla violenza

- Concetto di “mente di gruppo”- Perdita di identità deindividuazione- Anonimato, contagio, suggestionabilità Festinger et al, 1952 - convinzione che “determinati canoni normativi di

condotta in certi contesti non si applichino”- Ampiezza del gruppo, responsabilità diffusa

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Teoria dell’identità sociale (Tajfel, 1978) Il tifo non è perdita di identità ma acquisizione di

identità (sociale)- Il significato di “appartenenza”- L’identità sociale nei suoi 3 aspetti: 1. Cognitivo (consapevolezza di appartenere ad un

gruppo)2. Valutativo (considerazione più o meno positiva del

gruppo cui si appartiene)3. Emotivo (sentimento di attaccamento al gruppo) L’identità sociale integra quella personale

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Ulteriori elementi: Stabilità di appartenenza Differenti significati nell’appartenere a seconda

degli individui Ruolo dell’autostima: vittoria/sconfitta della

squadra = vittoria/sconfitta personale Il BIRG (Basking in reflected glory – Brillare di luce

riflessa) Il blasting (screditamento dell’avversario dopo la

propria vittoria)

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Pensare da tifosi Definendoci membri di un gruppo, siamo portati a

vedere chi appartiene ad altri gruppi in modo stereotipato e sostanzialmente intercambiabile con gli altri membri del suo gruppo: vedendo un membro della tifoseria avversaria abbiamo la presunzione di sapere già chi è

Il concetto di errore (bias) di attribuzione: i successi sono dipesi da noi (merito), gli insuccessi da cause esterne (avversari, arbitro, destino, ecc.)

Dietro all’errore di attribuzione c’è: preservazione del gruppo, autostima, difficoltà nel gestire la frustrazione

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Pensare da tifosi L’errore di attribuzione è correlato al livello di

identificazione col gruppo: alto livello = alto errore (la fedeltà al gruppo); basso livello = basso errore

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Sentire da tifosi Tipiche emozioni in caso di insuccesso: tristezza e

rabbia Tristezza: correlata con bassi livelli di

identificazione (fenomeno dell’evitare il fallimento riflesso)

Rabbia: correlata con alti livelli di attribuzione (assunzione di responsabilità e necessità di fare qualcosa per)

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Violenza e tifo Il ruolo giocato dalla frustrazione La necessità di preservare l’autostima Il bisogno di tenere unito il gruppo (cioè la propria

identità sociale) Protagonisti: tifosi con alta identificazione nel

gruppo Due tipi di atti violenti: non programmati oppure

premeditati Violenza come risposta al comportamento altrui Due modalità di azione: all’interno del campo da

gioco e nel contesto della partita; oppure al di fuori

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Violenza e tifo Il fenomeno degli hooligans e quello degli ultras Hooligans- Connotazione classista- Marcata motivazione all’aggressione (che è il fine)- Violenza come elemento di aggregazione Ultras- Connotazione interclassista- Connotazione politica- Violenza come mezzo- Forme evolute e durevoli di coordinamento e

organizzazione

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Cosa fare? Fermarsi a riflettere (capire cosa sta succedendo) Riconoscere il senso e il “valore” dell’aggressività Far incontrare le parti: tifoserie, forze dell’ordine,

arbitri, giornalisti Fare prevenzione presso i giovani: il “mettersi nei

panni di” Altro? ……

9. Il tifo sportivo