A 150 ANNI DALL’UNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA ITALIANA · A 150 anni dall’unificazione...

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A 150 ANNI DALLUNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA ITALIANA

STUDI

a cura di Leonardo Ferrara (Universit di Firenze)Domenico Sorace (Universit di Firenze)

Comitato Scientifico Umberto Allegretti, Antonio Brancasi, Alfredo Corpaci,

Leonardo Ferrara, Carlo Marzuoli, Domenico Sorace (Dipartimento di Scienze Giuridiche dellUniversit di Firenze)

Volumi Vol. I Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato

nazionale e integrazione europea, a cura di Roberto Cavallo Perin, Aristide Police, Fabio Saitta

Vol. II La coesione politico-territoriale, a cura di Gabriella De Giorgi Cezzi, Pier Luigi Portaluri

Vol. III La giuridificazione, a cura di Barbara Marchetti, Mauro Renna

Vol. IV La tecnificazione, a cura di Stefano Civitarese Matteucci, Luisa Torchia

Vol. V Lintervento pubblico nelleconomia, a cura di Maurizio Cafagno, Francesco Manganaro

Vol. VI Unit e pluralismo culturale, a cura di Edoardo Chiti, Gianluca Gardini, Aldo Sandulli

Vol. VII La giustizia amministrativa come servizio (tra effettivit ed efficienza), a cura di Gian Domenico Comporti

Vol. VIII Cittadinanze amministrative, a cura di Antonio Bartolini, Alessandra Pioggia

Firenze University Press2016

Vol. I

A 150 ANNI DALLUNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA ITALIANA STUDI

a cura di Leonardo Ferrara, Domenico Sorace

PRESENTAZIONE DELLOPERA

* * *

Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni

tra Stato nazionale e integrazione europea

a cura diRoberto Cavallo Perin

Aristide PoliceFabio Saitta

A 150 anni dallunificazione amministrativa italiana. Studi / a cura di Leonardo Ferrara, Domenico Sorace ; Vol. I. Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea / a cura di Roberto Cavallo Perin, Aristide Police, Fabio Saitta. Firenze : Firenze University Press, 2016.(Studi e saggi ; 168)

http://digital.casalini.it/9788864534336

ISBN 978-88-6453-432-9 (print)ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF)ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB)

Hanno contribuito alla realizzazione degli studi e alla loro pubblicazione la Banca dItalia, il Comune di Firenze, lEnte Cassa di Risparmio di Firenze e la Regione Toscana.

Progetto grafico di Alberto Pizarro Fernndez, Pagina Maestra snc

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CC 2016 Firenze University PressUniversit degli Studi di FirenzeFirenze University Pressvia Cittadella, 7, 50144 Firenze, Italywww.fupress.comPrinted in Italy

R. Cavallo Perin, A. Police, F. Saitta (a cura di), Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, ISBN 978-88-6453-432-9 (print) ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF) ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB), CC BY-NC-ND 4.0 IT, 2016 Firenze University Press

INDICE

PRESENTAZIONE DELLOPERA

Prefazione xiLeonardo Ferrara, Domenico Sorace

Per una ricerca in occasione del 150 anniversario delle leggi di unificazione amministrativa xiiiUmberto Allegretti, Antonio Brancasi, Alfredo Corpaci, Leonardo Ferrara, Carlo Marzuoli, Domenico Sorace

Messaggio del Presidente della Repubblica xxiSergio Mattarella

Per un diritto amministrativo del tempo pos-moderno xxiiiPaolo Grossi

La legislazione del 1865 tra le radici statutarie e lattualit xxxiAlberto Romano

LORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI TRA STATO NAZIONALE E INTEGRAZIONE EUROPEA

Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e lintegrazione europea 3Roberto Cavallo Perin

Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni e lo Stato nazionale: i profili evolutivi 37Fabio Saitta

VI LORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e attribuzioni regionali: la parabola delleguaglianza 67Aristide Police

STUDI

PARTE PRIMA

Legalit, imparzialit, buon andamento, equilibrio di bilancio: modelli di unificazione a mezzo dei principi

Il diritto debole. Dal rapporto allorganizzazione: andata e ritorno 93Mariano Protto

Lunificazione attraverso lorganizzazione 107Giovanni Iudica

Il rapporto politica ed amministrazione 127Rossana Carid

Pubblico impiego: poteri organizzativi e gestionali 149Ennio Antonio Apicella

Leffetto unificante delle relazioni sindacali sullevoluzione organizzativa delle pubbliche amministrazioni 169Gregorio De Vinci

Nozione di amministrazione pubblica e coordinamento statale nella prospettiva dellinteresse finanziario 189Walter Giulietti, Michele Trimarchi

PARTE SECONDA

I modelli organizzativi pubblici: unificazione e dissoluzione

Lorganizzazione centrale dello Stato ed il modello ministeriale 223Anna Maria Chiariello

Organizzazione dellordine pubblico 265Fabrizio Tigano

VIIINDICE

Il principio di efficienza ed i modelli organizzativi: le agenzie amministrative 283Laura Lamberti, Giuseppe Andrea Primerano

Il principio dimparzialit e i modelli organizzativi. Le autorit amministrative indipendenti 301Giorgio Portaluri

Pubblica amministrazione e valutazioni tecniche: profili organizzativi 321Chiara Cudia

Il prefetto e lorganizzazione amministrativa periferica dello Stato 343Giuliano Grner

Levoluzione dei caratteri degli enti pubblici 365Salvatore Cimini

La riforma delle Province e le forme di cooperazione tra i Comuni 389Letterio Donato

PARTE TERZA

I modelli organizzativi privati: unificazione e moltiplicazione

Il modello dellazienda per le amministrazioni pubbliche 407Anna Romeo

Lorganizzazione della salute: uno sguardo al (recente) passato per costruire il futuro 421Fabio Saitta

La parabola delle partecipazioni statali: paradigmi e tendenze 445Marco Macchia

Soggetti privati in veste pubblica: genesi, trasformazioni e prospettive dei rapporti concessori 465Alfredo Moliterni

Soggetti privati e attivit amministrativa: principi, regole e regime degli atti 487Ippolito Piazza

VIII LORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

PARTE QUARTA

I modelli organizzativi minimi dintegrazione

Tra leggi di unificazione del 1865 e legge europea sul procedimento amministrativo 511Francesco de Leonardis

I modelli organizzativi e la coamministrazione 535Filippo DAngelo

Al servizio dellintegrazione: il funzionario pubblico europeo 555Barbara Gagliardi

Modelli organizzativi dintegrazione europea: il diritto di asilo e la libera circolazione (dellasilante) 579Manuela Consito

Lintegrazione organizzativa europea nel settore degli appalti pubblici 597Silvia Ponzio

COMMENTI

Prospettive di riorganizzazione delle amministrazioni territoriali tra Stato nazionale e integrazione europea 625Gian Candido De Martin

Considerazioni sullevoluzione della organizzazione amministrativa 639Franco Gaetano Scoca

GLI AUTORI 659

SOMMARIO GENERALE 665

PRESENTAZIONE DELLOPERA

R. Cavallo Perin, A. Police, F. Saitta (a cura di), Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, ISBN 978-88-6453-432-9 (print) ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF) ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB), CC BY-NC-ND 4.0 IT, 2016 Firenze University Press

PREFAZIONE

Leonardo Ferrara, Domenico Sorace

I volumi che compongono questopera sono il frutto di una ricerca condotta per iniziativa di un gruppo di professori dellUniversit di Firenze, poi riuni-ti nel Comitato scientifico per celebrare i centocinquantanni dellemanazio-ne delle leggi di unificazione amministrativa del Regno dItalia, contenute nei sei Allegati alla l. 20 marzo 1865, n. 2248.

Gli studi sono iniziati alla fine del 2013 e i primi esiti sono stati esposti e di-scussi in otto seminari tematici, svoltisi dallinizio di aprile alla fine di giugno del 2015 presso le Universit di Perugia, Milano Cattolica, Milano Statale, Roma Tor Vergata, Firenze, Roma Tre e Salento.

Il 15 e 16 ottobre 2015 a Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio e nellAula magna del Rettorato, si svolto un convegno dal titolo A 150 anni dallunificazione amministrativa italiana, in ideale collegamento con quello tenutosi a Firenze nel 1965, promosso dallISAP, con il concorso degli enti locali fiorentini, per il centenario dellunificazione amministrativa italiana. Nelle due giornate di lavori aperte da una lettera di saluto del Presidente della Repubblica sono stati presentati i risultati della ricerca, discussi da alcuni dei pi autorevoli amministrativisti italiani.

Il Convegno ha avuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dellEconomia e delle Finanze, del Ministero dei beni e delle at-tivit culturali e del turismo, del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, della Regione Toscana, del Comune di Firenze, dellUniversit degli Studi di Firenze, dellAssociazione tra i Magistrati del Consiglio di Stato, dellAssociazione Nazionale Magistrati Amministrativi e dellUnione Nazionale Avvocati Amministrativisti.

I volumi dellopera, curati dai coordinatori dei gruppi di ricerca, ora raccol-gono e organizzano tutti gli studi, opportunamente aggiornati.

Diversamente da quanto avvenuto in occasione del centenario, si ritenu-to che non si potessero ancora assumere le leggi di unificazione come punto di

XII LEONARDO FERRARA, DOMENICO SORACE

partenza della riflessione, ma si dovesse prender le mosse dagli aspetti ammini-strativi pi significativi dellattualit.

Il Comitato scientifico ha inizialmente individuato tali aspetti e ne ha tratto le linee di svolgimento di una possibile serie di studi, il cui programma finale peraltro il frutto del confronto con le idee degli studiosi che hanno autonoma-mente coordinato e guidato le ricerche. Quelle linee sono pubblicate, in aper-tura di questo volume, nella loro forma originaria, perch si possano compren-dere la nascita e lo sviluppo della ricerca.

Gli otto volumi sono dedicati, rispettivamente, allorganizzazione delle pub-bliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, alla coesione politico-territoriale, alla giuridificazione, alla tecnificazione, allintervento pub-blico nelleconomia, allunit e pluralismo culturale, alla giustizia amministra-tiva come servizio e alle cittadinanze amministrative.

Ogni volume aperto da uno o pi saggi introduttivi dei coordinatori. Seguono gli studi di base e i commenti.

Nel primo volume sono anche pubblicate, insieme al messaggio del Presidente della Repubblica, la relazione introduttiva al Convegno di Paolo Grossi e quel-la conclusiva di Alberto Romano.

La realizzazione degli studi e la loro pubblicazione sono state possibili grazie ai contributi della Banca dItalia, dellEnte Cassa di Risparmio di Firenze, del Comune di Firenze e della Regione Toscana.

I curatori desiderano ringraziare lUniversit di Firenze e il Dipartimento di Scienze giuridiche per il supporto nellorganizzazione di tutta liniziativa. Un rin-graziamento particolare rivolgono al prof. Alberto Tesi, rettore dellAteneo fio-rentino al momento dellorganizzazione del convegno, e al prof. Giovanni Tarli Barbieri, allora direttore del Dipartimento di Scienze giuridiche.

Uno speciale ringraziamento va infine al dott. Ippolito Piazza per legregio e instancabile impegno nellorganizzazione delle ricerche, del convegno e della pubblicazione dei risultati.

R. Cavallo Perin, A. Police, F. Saitta (a cura di), Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, ISBN 978-88-6453-432-9 (print) ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF) ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB), CC BY-NC-ND 4.0 IT, 2016 Firenze University Press

PER UNA RICERCA IN OCCASIONE DEL 150 ANNIVERSARIO DELLE LEGGI DI UNIFICAZIONE AMMINISTRATIVA

Umberto Allegretti, Antonio Brancasi, Alfredo Corpaci, Leonardo Ferrara, Carlo Marzuoli, Domenico Sorace

Cinquanta anni fa, in occasione del centenario di quelle leggi che, nel 1865, dopo lunificazione politica proclamata pochi anni addietro, dovevano provve-dere alla unificazione amministrativa del Regno dItalia, si svolse a Firenze un convegno, conclusivo di un ampio insieme di studi preparatori poi raccolti in numerosi volumi.

Gli studi e le relazioni conclusive riguardarono gli argomenti dei quali si era-no occupate le leggi di unificazione (amministrazione locale, sicurezza pubblica, sanit pubblica, espropriazione ed opere pubbliche, giustizia amministrativa) cen-to anni prima. Cento anni le cui vicende amministrative potevano ancora essere significativamente indagate e raccontate utilizzando quali assi portanti le leggi di unificazione amministrativa, dal momento che cominciavano appena a produr-re i loro effetti la Costituzione, le Carte dei diritti, il Trattato di Roma, mentre la trasformazione economica e sociale era tumultuosamente in corso, le comuni-cazioni erano in via di sviluppo, la televisione aveva da poco cominciato regolari trasmissioni e ci si avviava soltanto verso una omologazione culturale e linguistica.

Oggi troppi cambiamenti sono intervenuti perch abbia senso una riflessio-ne di giuristi positivi condotta a partire specificamente dalle leggi di unificazio-ne amministrativa del 1865, anche se esse non possono certo essere messe nel dimenticatoio tanto pi che alcune non sono del tutto superate e comunque sono ancora sul tappeto problemi che gi esse si ripromettevano di risolvere (v., per esempio, lart. 2 della l. n. 2248 del 1865). Negli ultimi cinquantanni le novit della ultima parte dei precedenti cento anni hanno dato frutti determi-nando sedimentazioni ma anche gi obsolescenze e nuove contraddizioni e co-munque nuovi sviluppi, insieme allesigenza di sviluppi ulteriori. Tutto ci in un quadro istituzionale e soprattutto economico non pi delimitato da confini na-zionali (quello economico anzi tendenzialmente senza confini) ed entro un am-biente tecnologico che ha via via modificato le coordinate crono-spaziali travol-gendo ostacoli comunicativi, materiali e non, che sembravano insormontabili.

XIV U. ALLEGRETTI, A. BRANCASI, A. CORPACI, L. FERRARA, C. MARZUOLI, D. SORACE

Oggi dunque unindagine in prospettiva storica potr avere piuttosto qua-li utili punti di partenza gli aspetti amministrativi pi significativi dellattuali-t (pur senza la pretesa di esaurirli e di offrirne una ricomposizione sistematica) per dar conto dei mutamenti intervenuti nellultimo cinquantennio e delle pro-spettive di unamministrazione che, impegnata nel rinnovamento imposto dagli sviluppi tecnologici, sociali, culturali e facendo i conti con la sua storia, deve po-ter servire ai bisogni vecchi e nuovi degli uomini, sempre pi (auspicabilmente) integrandosi nellUnione europea, pur con la consapevolezza della necessit di preservare una identit nazionale e senza timore di esporsi pure agli effetti, pre-vedibili e imprevedibili, di una ancor pi ampia transnazionalit.

* * *In questa prospettiva, in primo luogo pu essere esaminato proprio il grup-

po di tematiche che potrebbe denominarsi della coesione politico-territoriale. A partire dalla constatazione che quello dellunit politica nazionale non vie-

ne oggi considerato il problema politico centrale, malgrado non sia mancato ad-dirittura qualche proclama secessionista, ma ricordando anche che il riconosci-mento costituzionale delle autonomie locali e la istituzione delle Regioni avreb-bero dovuto conciliare la scelta centralistica della unificazione con le ragioni del-la scartata proposta federalista, merita fare innanzitutto un bilancio del funzio-namento, ormai ultraquarantennale, delle Regioni, e insieme di quello delle al-tre amministrazioni locali, considerando pure lesperienza dei servizi nazionali coinvolgenti le Regioni e gli enti locali insieme allo Stato.

Peraltro, gli aspetti politici debbono essere confrontati con la prospettiva del-la coesione sostanziale di territori e popolazioni in condizioni di diversit, parti-colarmente accentuati in certe aree. Nel governo e nellamministrazione del ter-ritorio pu verificarsi se alla unificazione politica nazionale corrisponda una vi-sione coerente dei criteri di regolazione e gestione dello sviluppo, almeno nel-le sue incidenze territoriali.

Daltro lato, la questione della coesione nazionale va vista nella prospetti-va dellintegrazione europea e dunque del significato per lItalia dellessere uno Stato membro di questultima, domandandosi dunque in che modo lammini-strazione sar, o sarebbe opportuno che fosse, europeizzata, ma forse (o in-concepibile?) anche, allinverso, se non potrebbe essere auspicabile per qualche aspetto la italianizzazione dellamministrazione europea.

* * *Una seconda tematica potrebbe essere titolata: cittadinanza amministrativa. Se si guarda ai diritti sociali proclamati dalla Costituzione, si pu consta-

tare come oggi sia stato raggiunto un grado di effettivit ben diverso da quello

XVPER UNA RICERCA IN OCCASIONE DEL 150 ANNIVERSARIO

del momento in cui si celebrava il centenario delle leggi di unificazione ammi-nistrativa e come in relazione a essi siano anche sorte nuove forme di ammini-strazione. Tuttavia la crisi fiscale dello Stato o, forse, lavvio del riassestamento degli equilibri economici tra le diverse Regioni del pianeta e la pi agevole in-tercomunicazione fra queste ultime, insieme ai progressi tecnologici e ai succes-si delle scienze mediche ne stanno imponendo una rimodellazione.

In cosa consistono oggi (e come si sono evoluti da ieri) i diritti alla previ-denza, allassistenza, allistruzione, alla salute, alla sicurezza ma anche allacqua, allenergia, alla mobilit, allaccesso alla rete ecc.?

Ma anche: che cosa significano i nuovi diritti civili verso le amministrazioni corrispondenti al moltiplicarsi dei principi ai quali deve conformarsi la loro at-tivit, dalla partecipazione deliberativa e procedimentale alla sussidiariet e alla proporzionalit, dalla semplicit (e semplificazione) alla trasparenza (e pubbli-cit) fino alla piena risarcibilit dei danni?

Per potere utilizzare le risposte a questi interrogativi per la costruzione di un concetto attuale di cittadinanza amministrativa occorre per anche doman-darsi nei confronti di quali istituzioni possano farsi valere i diritti in questione quelle italiane, quelle europee, quelle di altri ordinamenti? e, ancor prima, quali persone possono vantare questi diritti: italiani, europei, extraeuropei (in particolare, migranti)?

Se, per, vero che una cittadinanza consistente soltanto di diritti e senza doveri non concepibile, anche necessaria una ricognizione dei doveri attuali delle persone, oltre quelli fiscali. E in parallelo non si pu esimersi dalla consi-derazione, e dalla definizione, del volontariato e del suo ruolo.

* * *Unaltra vicenda andata svolgendosi a partire dallunificazione politica,

quella a suo tempo riassunta nel motto fatta lItalia, ora bisogna fare gli italia-ni. Una vicenda che nellultimo cinquantennio, con lavanzare della costruzio-ne dellUnione europea, ha visto emergere il nuovo problema della conservazio-ne della ricchezza della cultura nazionale, da coniugare, per, con lesigenza di una formazione italo-europea, cui si affiancano le questioni poste dal necessario confronto con la molteplicit delle culture dei milioni di extraeuropei che vivo-no nel nostro come negli altri paesi dellUE. Innanzitutto, questi aspetti potreb-bero essere ricondotti al titolo: Unit e pluralismo culturale.

Un primo oggetto di attenzione a questo proposito pare dover essere lorganiz-zazione e la disciplina dellistruzione scolastica ai diversi livelli, tra i cui profili si possono ricordare, per esempio, limportanza riconosciuta alle diverse discipline, con particolare riguardo a quelle scientifiche e anche la questione del c.d. valore legale dei titoli di studio. Particolare attenzione merita poi linsegnamento della

XVI U. ALLEGRETTI, A. BRANCASI, A. CORPACI, L. FERRARA, C. MARZUOLI, D. SORACE

lingua italiana come lingua straniera, negli altri paesi, quale strumento di diffusio-ne della cultura nazionale (con gli effetti economici che ne conseguono), e ancor prima in Italia, in funzione dellintegrazione degli immigrati. Vi reciprocamen-te il tema della conoscenza e delluso da parte degli italiani di altre lingue, messa in specifica evidenza di recente anche dalla questione dellinternazionalizzazione delle universit, e in definitiva lesigenza di considerare il profilo dello statuto giu-ridico della lingua nazionale e delle altre lingue europee ed extraeuropee nellordi-namento nazionale e in quello europeo. Il ruolo della UE pu essere considerato non soltanto a proposito di questultimo aspetto e del valore giuridico dei titoli di studio ma anche con riferimento a interventi del genere del programma Erasmus.

Nella consapevolezza della fondamentale importanza che, soprattutto nellul-timo cinquantennio, hanno rivestito per la costruzione della cultura nazionale (passando dallunit linguistica) anche altre attivit culturali pubbliche e priva-te, non si pu per fare a meno di occuparsi anche della loro disciplina. Si trat-ta di porre lattenzione in particolare su quelle pi popolari, compresi i diversi tipi di spettacolo (tra i quali quelli sportivi e quelli musicali), e soprattutto sulla televisione, considerandola non soltanto strumento di informazione ma anche veicolo e momento di emersione di molteplici attivit culturali; senza dimenti-care, peraltro, il rilievo della rete anche sotto questo profilo.

N infine potr essere trascurato quel che faceva definire il nostro bel pae-se, ovvero il patrimonio culturale, sia in quella prospettiva che gli rende appro-priata la corrente denominazione inglese di cultural heritage, sia nellaltra pre-occupata della sua costituzione.

* * *Molti fenomeni precedentemente oggetto solo di consuetudini sociali ri-

servate (per esempio, alcuni di quelli oggetto della c.d. bioetica) o di regole di gruppo (per esempio, regole degli sport) o al pi ricadenti in fattispecie gene-rali del diritto privato (come, per esempio, a proposito dellambiente, le regole codicistiche sulle immissioni o sulla responsabilit civile), sono oggi attratti al diritto positivo e sono diventati particolarmente rilevanti per il diritto ammini-strativo mentre altri lo stanno divenendo (a cominciare, per esempio, da molti di quelli indotti dalla rete).

Per altro verso, si pu constatare il tentativo del diritto di occuparsi non sol-tanto di fatti che prima non lo riguardavano ma anche di eventi non verificatisi ma che, temibilmente o auspicabilmente, potrebbero o avrebbero potuto veri-ficarsi (si pensi, per esempio al principio di precauzione o al risarcimento delle chances), dandosi cos vita a una sorta di diritto dellincertezza.

Se ne pu parlare sotto letichetta di giuridificazione, domandandosi da un lato se anche a questo proposito abbiano rilievo gli sviluppi delle scienze e del-

XVIIPER UNA RICERCA IN OCCASIONE DEL 150 ANNIVERSARIO

la tecnologia e dallaltro quanto rilevi per essi il superamento dei limiti dellor-dinamento nazionale.

Unattenzione particolare pu essere prestata al ruolo che in tutto ci hanno giocato i giudici interni (Corte Costituzionale, Cassazione, Consiglio di Stato e in generale gg.aa. e gg.oo.) ed europei (dellUE e della CEDU) ed eventual-mente di altri ordinamenti sia per laffermazione di nuovi diritti sia per la defi-nizione e delimitazione delle competenze dei poteri di diversi ordinamenti. Per quanto riguarda il diritto interno, ben si conoscono del resto certe vicende del primo secolo dello Stato unitario.

* * *Il ruolo della tecnica merita di essere considerato direttamente in quanto tale.

Lo Stato unitario ha provveduto a lungo in prima persona o comunque attra-verso organismi pubblici alla costruzione di infrastrutture e alla gestione di ser-vizi; conseguentemente, gli apparati tecnici pubblici per tali scopi (dal genio ci-vile alle aziende delle ferrovie o dei telefoni, per esempio) hanno avuto un gran-de rilievo. Tale rilievo andato per declinando, in particolare con laffermarsi della convinzione che per garantire lesistenza di infrastrutture e servizi non fos-sero necessarie attivit di tal genere da parte di apparati pubblici. Ciononostante una delle caratteristiche salienti dellamministrazione pubblica degli ultimi de-cenni sembra poter essere descritta sotto letichetta di tecnificazione dellammi-nistrazione, sotto diversi profili.

Da un lato, la digitalizzazione e luso delle tecnologie informatiche va tra-sformando lordinario tessuto tradizionale delle comunicazioni interne, mentre, in parallelo, unanaloga trasformazione riguarda le comunicazioni bidireziona-li amministrazioni-cittadini. Tutto ci facilita praticamente laccessibilit ai do-cumenti amministrativi in misura precedentemente impensabile e consente al-tres una partecipazione ai procedimenti amministrativi concretamente pi ef-ficace da parte non solo dei singoli interessati ma anche e soprattutto dei porta-tori di interessi diffusi, determinando condizioni favorevoli anche per forme di partecipazione deliberativa.

Dallaltro lato, si pu osservare una spinta a ridurre lo spazio delle decisio-ni che sono espressione di discrezionalit politico-amministrativa sostituen-dole con decisioni concepite come tecniche, prospettando peraltro come tali anche le decisioni economiche. Queste tendenze hanno portato a riconoscere come dominio della tecnica, per esempio, le scelte monetarie e conseguente-mente ad accentuare lindipendenza dalla politica delle amministrazioni com-petenti. Pi in generale sono concepiti come attivit tecnica gli interventi nei mercati con luso anche per queste funzioni del modello dellamministrazio-ne indipendente.

XVIII U. ALLEGRETTI, A. BRANCASI, A. CORPACI, L. FERRARA, C. MARZUOLI, D. SORACE

Anche per questi aspetti ha avuto grande influenza il diritto europeo, peral-tro a sua volta oggetto di influenze extraeuropee.

* * *Nellultimo cinquantennio hanno subito modificazioni di grande importan-

za anche le forme di intervento pubblico nelleconomia, che sono state del re-sto riguardate dalle novit pi indietro ricordate.

Alla riduzione della gestione diretta di servizi di interesse generale corrisponde una regolazione unilaterale di attivit svolte da soggetti privati e/o la definizione di questultima mediante contratti. La disciplina delle amministrazioni preposte alle regolazioni , in parti sempre maggiori, di fonte europea.

Alla costruzione delle infrastrutture e pi in generale delle opere pubbliche si procede in parte mediante forme di collaborazione con imprese private, chiamate a provvedere al finanziamento secondo modelli importati da esperienze straniere, ma anche, in buona parte, mediante contratti di appalto, in relazione ai quali la scelta dei contraenti deve essere svolta in modo da garantire una effettiva con-correnza fra le imprese, secondo regole poste dal diritto europeo. Si va prospet-tando peraltro la possibilit di utilizzare questi contratti quali occasioni di per-seguimento di interessi pubblici ulteriori rispetto alla realizzazione delle opere.

Vi per anche il capitolo dei finanziamenti pubblici in relazione ai qua-li linfluenza europea si fa sentire, da un lato, con i divieti di finanziamenti di Stato e con i vincoli di bilancio, dallaltro con lintervento diretto mediante i fondi strutturali (FESR, FSE, FEOGA, SFOP, il primo dei quali di particolare interesse per il nostro Mezzogiorno).

* * *Anche lorganizzazione amministrativa andata incontro a significativi mu-

tamenti nel cinquantennio. Si devono in primo luogo segnalare le novit che riguardano in via ordinaria

il rapporto tra organi di governo e apparati amministrativi, dei quali si perse-guita una netta distinzione se non addirittura la separazione. Un rapporto co-struito in termini non omogenei a quelli presenti nel panorama europeo, ove la tendenziale indipendenza dalla politica richiesta per alcuni specifici appara-ti organizzativi (le AAII) e non in termini generali (ma qualche cenno in que-sta direzione ora forse leggibile nel Trattato di Lisbona). Anche la generalizza-ta c.d. privatizzazione del pubblico impiego, che si collega a un certo modo di concepire tale rapporto, una peculiarit nazionale.

Peraltro questultimo aspetto si accompagna ai tentativi di importare nellam-ministrazione pubblica modelli aziendali privati (v. per esempio le agenzie e certe riforme contabili). Del resto la piena coincidenza dellamministrazione

XIXPER UNA RICERCA IN OCCASIONE DEL 150 ANNIVERSARIO

pubblica con il diritto pubblico che assente, visto che la prima pu presen-tarsi in forme organizzative privatistiche o pu senzaltro essere svolta da sog-getti privati o comunque con strumenti privatistici quali i contratti, mentre ad organizzazioni sociali costituite da privati si continua talvolta ad attribuire sembianze pubblicistiche.

Potrebbe essere tuttavia il caso anche di domandarsi se i modelli organizza-tivi sono coerenti con i principi costituzionali ed europei che presiedono allat-tivit pubblica (dal principio di legalit a quello di semplicit e via dicendo).

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MESSAGGIO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Sergio Mattarella

Desidero rivolgere il mio pi cordiale saluto ai relatori e a tutti i partecipan-ti al convegno celebrativo del 150 anniversario dellunificazione amministra-tiva italiana.

A distanza di mezzo secolo da un altro importante incontro, svoltosi in occa-sione del Centenario delle leggi di unificazione, la citt di Firenze e il suo Ateneo tornano a testimoniare la rilevanza di quello snodo fondamentale della storia del nostro Paese. La lungimiranza delle leggi del 1865 nel delineare gli assi portan-ti dellassetto amministrativo unitario, vettore non secondario di una condivi-sa identit nazionale, oggi comprovata dal vostro denso programma di lavori.

Il processo di unificazione amministrativa ha rappresentato una felice sintesi tra la centralit delle posizioni giuridiche soggettive e lautonomia delle istitu-zioni, segnando il superamento di antiche concezioni censitarie e oligarchiche.

Il sistema amministrativo prevalentemente gerarchizzato e accentrato, deli-neato da quelle riforme, rispondeva alle prioritarie esigenze di completamento dellunificazione, anche a difesa dal rischio di rinascenti particolarismi. Esso poi stato integrato e reso pi vitale dal principio democratico e dal pluralismo po-litico-territoriale della Carta costituzionale, che oggi le pubbliche amministra-zioni concorrono ad assicurare.

E pur tuttavia listruzione, la sanit, la sicurezza pubblica, lamministrazione locale e lequilibrio tra giurisdizioni nelle diverse forme di tutela temi affron-tati dalle leggi di unificazione costituiscono ancora oggi capisaldi delleffetti-va garanzia dei diritti fondamentali affermati dalla Costituzione.

Del resto, nel confronto vivo con i mutamenti sociali, economici e cultura-li che si misura lagire amministrativo e la sua efficacia. Per questo sono preziose le occasioni e le sedi qualificate di confronto, come quella che oggi voi offrite.

Di fronte alle grandi sfide globali del nostro tempo e al processo di integra-zione europea che intendiamo sostenere, sono certo che il vostro dibattito con-tribuir a tracciare un bilancio, allo stesso tempo retrospettivo e prospettico,

XXII SERGIO MATTARELLA

dellamministrazione quale istituzione vivente per riprendere le parole di Vittorio Bachelet fondamentale strumento di partecipazione al governo del-la cosa pubblica e al perseguimento dellinteresse generale. Con questo auspicio rivolgo a tutti i migliori auguri di buon lavoro.

R. Cavallo Perin, A. Police, F. Saitta (a cura di), Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, ISBN 978-88-6453-432-9 (print) ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF) ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB), CC BY-NC-ND 4.0 IT, 2016 Firenze University Press

PER UN DIRITTO AMMINISTRATIVO DEL TEMPO POS-MODERNO

Paolo Grossi

Il plauso che io mi sento di esprimere allinizio di questa riunione congressuale non di mera convenienza cerimoniale, e non tanto per la iniziativa quanto per il modo con cui essa stata fermamente voluta, impostata e realizzata: n assise celebrativa, n uno sguardo retrospettivo a un secolo e mezzo di storia giuridica.

Lo stesso Convegno fiorentino dellottobre 1965, che pur serbava nella sua intitolazione formale il modulo della celebrazione e che, di conseguenza, volle articolarsi sui diversi argomenti di cui si erano occupate le leggi unificative cento anni prima, serb nel suo seno pi di uno spunto dissacrante. La Relazione in-troduttiva, che Feliciano Benvenuti pronunci in questo salone dei Cinquecento, tracciando un quadro che lui stesso tenne a qualificare come non usuale1, sot-tolineava con acerba franchezza le valenze negative di una legge contrassegnata come straniera perch estranea alla pi antica ma pi profonda tradizione na-zionale, legge non buona perch legge improvvisa, una apparizione dallal-to che si impose per le esigenze del momento senza che fosse stata concepita e creata da un consenso nazionale, legge pertanto fuori della storia, i cui elemen-ti essenziali parvero alloratore un mito, dei riti, dei feticci (Benvenuti, 1969: 71, 74, 81). Con una decisa e preveggente conclusione: il mito della legge del 1865 deve tramontare per dar luogo a una legislazione che sia, come deve es-sere, opera continua della nazione con al centro degli amministratori non pi detentori di un potere quasi sacrale ma trasformati in ministri dellamministra-to (Benvenuti, 1969: 85). Lo stesso Giovanni Miele (cui va il mio riverente ri-cordo di discepolo), introducendo allora la sezione senza dubbio pi rile-vante dei lavori congressuali, quella concernente la giustizia amministrativa, con maggiore pacatezza ma non deponendo un atteggiamento sostanzialmente non positivo, fece notare che essa [la legge] rappresent una scelta fra le possibili e che tale scelta potrebbe anche non essere stata quella adatta (Miele, 1969: 11).

Al di l, comunque, della vis polemica pi o meno accesa di qualche celebra-tore, possiamo oggi serenamente affermare che quel 1865 ci appare assai pi lon-

XXIV PAOLO GROSSI

tano di quanto non comportino i centocinquanta anni nel frattempo trascorsi, soprattutto perch lultimo cinquantennio stato folto di eventi incisivi, tan-to da segnalare lavvio di nuovi itinerari e, pertanto, una netta discontinuit gi rispetto al momento del centenario. Oggi, i nostri organizzatori, dinnanzi a un groviglio di problemi irrisolti che non possono non premere sulla consapevo-lezza culturale e tecnica dellamministrativista e di annodamenti nei quali tut-tora ci dibattiamo, sanno che eluderli sarebbe il venir meno a un dovere che in-veste la loro etica professionale, intendono lucidamente affrontarli, identifican-do questa riunione fiorentina (insieme alle tante che lhanno preceduta) come un momento di sosta a mezzo della transizione che viviamo, una sosta desti-nata ad una distesa riflessione critica, s da poter procedere nel prossimo cam-mino con maggiore forza progettuale. Essi hanno coscienza che il rapidissimo transito odierno consiste nello svolgimento di una linea di pensiero e di azio-ne, che, dalla crisi delle certezze illuministico/giacobine nel secondo dopoguer-ra, va costruendo qualcosa che non siamo ancora riusciti a ordinare compiuta-mente; per qualcosa di profondamente innovativo, qualcosa che sa di un pre-sente proiettato verso un futuro ancora indecifrabile.

Forse perch ho insegnato per tanti anni la storia del diritto, ma questo tem-po pos-moderno2 che in Italia mostra tutta la sua maturit con la Costituzione repubblicana e che avr nei tre decenni appena alle nostre spalle sviluppi inten-si e intensamente alterativi dei vecchi e spesso ottusi immobilismi trasformati dalla pigrizia di legislatori e giuristi in una dogmatica isterilente , questo tem-po pos-moderno mi si mostra ridondante s di complessit e opacizzato da un intrinseco disordine3, ma palesemente ricco di indubbie conquiste. Tempo dif-ficile per ogni giurista, ma straordinariamente fertile; particolarmente difficile e fertile per lodierno amministrativista, che si visto sfilacciarsi tra le mani le due componenti essenziali della sua corazza protettiva: la sovranit dello Stato nazionale e la legge. Sulla prima si torner tra poco; sulla seconda bene dedi-care ora qualche parola.

Lordine giuridico come sistema di norme, con la norma per eccellenza, la legge, quale pilastro portante (nella sua pretesa auto-sufficienza) dellintero or-dine, uscito sconvolto dalle verifiche esperienziali di fine Novecento. La per-suasione di un legislatore fornito di una spassionata e oggettiva contemplazione dei bisogni sociali e identificato nel provvidenziale monopolizzatore della pro-duzione giuridica assume laspetto di una mera mitizzazione. Il vecchio idolo si mostra addirittura infranto nella sua insufficienza disciplinativa della attuale complessit, con la conseguente erosione di un credo che aveva assunto caratte-ri di intoccabile assolutezza per tutta la modernit4.

Le norme non bastano pi, e lo segnala il riemergere imperioso, protagonisti-co, di una fonte ignara delle rigidit legislative, anzi estremamente duttile, i prin-

XXVPER UN DIRITTO AMMINISTRATIVO DEL TEMPO POS-MODERNO

cipii, spesso di origine giudiziale e dottrinale, capaci in grazia della propria inde-terminatezza di assorbire elasticamente le novit di un movimento e mutamento sempre pi in corsa. I principii, segni eloquenti di ogni transizione, trovano nel diritto amministrativo un terreno assai fertile in ragione della giustizialit che lo ha percorso a far data dalle prime sperimentazioni liberali tardo-ottocentesche5.

singolare che di questa sentitissima esigenza si sia fatto veicolo lo stesso le-gislatore statale, prendendo coscienza delle sue limitate possibilit di ordinare un presente continuamente superato da uno sviluppo mobilissimo, individuando prevalentemente principii e affidando implicitamente allinterprete (soprattutto al giudice) di dare loro un contenuto pi definito. Stanno a dimostrarlo parecchi atti legislativi, a partire dagli anni Novanta e, appena ieri, da quel Codice del processo amministrativo del 2010, una consolidazione legislativa che ha poco in comune con i vecchi Codici della tradizione liberale6.

Ho parlato pi sopra della pigrizia di legislatori e di giuristi. Tardi, infat-ti, troppo tardi si sono tratte le conseguenze storicamente rilevanti del plurali-smo sociale e giuridico di cui la nostra Costituzione intessuta (addirittura in-nervata), come ci testimonia, durante gli anni Cinquanta, un amministrativi-sta di grande spicco, un capo/scuola, Guido Zanobini, che nel suo diffusissi-mo Corso ha la franchezza di esprimere la sconcertante convinzione che la car-ta costituzionale nel diritto amministrativo ha una importanza soltanto remo-ta (Zanobini, 1954)7. Fortunatamente, la opposta percezione di una fonda-mentale importanza e della necessit per ogni gius-pubblicista di confrontar-si con quel patrimonio ideale e di operare un lavacro interiore liberante di vec-chi dogmatismi ingombranti e soffocanti fu di taluni cultori del diritto ammi-nistrativo, i pi vigilanti, i pi attenti ai segni del tempo: per menzionare solo un nome, penso a Benvenuti che, nel 1994, scriver, a conclusione di un frut-tuoso itinerario di ricerca, su Il nuovo cittadino tra libert garantita e libert at-tiva (ora in Benvenuti, 2006).

Anni Novanta! Anni fertili perch cos folti di arricchimenti (nelle mutazio-ni) per il patrimonio culturale dellamministrativista, con un itinerario progres-sivo su cui ancora oggi si lavora costruendo pietra su pietra il futuro di una co-munit rinnovata e rinvigorita. Anni di cospicui atti legislativi seminatori final-mente di nuovo entro le architetture dellordinamento (a cominciare dalla leg-ge 7 agosto 1990 in materia di procedimento amministrativo).

Siamo sempre pi lontani dalla palese antinomia tipica della configurazio-ne borghese dello Stato: liberale sul piano economico, ma oligarchica8 sul piano politico e assolutistica sul piano giuridico. Siamo, ormai, al declino della pub-blica amministrazione intesa potestativamente come autorit. Si fa largo, inve-ce, lidea forte del suo carattere strumentale. Accanto, in piena coerenza, il mo-dello unico quello politico di cittadinanza si pluralizza in diverse dimensioni

XXVI PAOLO GROSSI

ed emerge una cittadinanza amministrativa con limmagine tutta nuova e sua-dente di un cittadino attivamente partecipe, munito di un ampio corredo di di-ritti e doveri e chiamato ad agire, a prender parte; un cittadino che soprattutto le situazioni di dovere rendono creatura autenticamente relazionale e, pertanto, persona nel senso pi pieno. Accanto, in piena coerenza, uno sviluppo nitida-mente segnato che va dalla giurisdizione amministrativa come potere alla giu-stizia amministrativa come servizio, seppellendo nel passato il dualismo origi-nario che la differenziava da quella ordinaria grazie a delle tecniche di tutela so-stanzialmente omologhe.

Pi sopra ho parlato di una esigenza improcrastinabile per lamministra-tivista italiano: un lavacro interiore. Qui vorrei aggiungere quella di provve-dere a una maggiore disponibilit, nel proprio atteggiamento psicologico, ad aprirsi verso un paesaggio giuridico che sempre pi europeo e globale e che , di conseguenza, sempre meno ristretto entro i vecchi confini nazionali ormai lacerati nella loro compattezza. Egli deve assuefarsi a un complesso di spinte poli-centriche che incrinano e talora dissolvono la nozione di sovranit stata-le: si pensi alle euro-Regioni e ai gruppi europei di cooperazione territoriale. Alla tradizionale accezione di territorio come spazio geografico egli non po-tr non affiancare forme di spazialit se si vuole soft spaces dove la coesio-ne soprattutto funzionale.

Il tema dellEuropa, ossia dellintegrazione europea, forse il pi incalzante nellesigere lacquisizione di una mentalit maggiormente aperta. Sia per i moti-vi or ora segnalati, ma ancor pi per la dimensione economicistica che vi tut-tora imperante, si deve avere, ohim!, la franchezza di constatare che, a dispet-to delle velleit di spazio politico unitario, lEuropa resta a tuttoggi soprattutto un mercato unitario alla cui base stanno i pilastri fondativi delle libert econo-miche, giganteggianti sullo sfondo malgrado lopera assolutamente benemeri-ta e benefica della Corte di Giustizia tesa, gi dalla fine degli anni Sessanta, alla definizione sia pure casistica, com proprio di un organismo giudiziario di un corpus crescente di diritti fondamentali del cittadino europeo9.

Di questa prevalente dimensione economicistica il cultore italiano del diritto amministrativo non potr non tener conto, constatando per esempio la scel-ta delle normative europee per lefficienza e per la tutela a ogni costo della con-correnza; assumendo a esempio il tema/problema degli appalti pubblici, un sif-fatto atteggiamento diviene scelta per metodi elastici di selezione a fronte delle rigidit procedimentali e della conseguente minimizzazione della discrezionali-t amministrativa cui si ispira una lunga tradizione di qua delle Alpi.

Aggiungo che un ripensamento ancor pi deciso pretenderebbe il cosid-detto diritto globale, che si riduce come noto in un complesso di rego-le e istituti inventati da poteri economici e dominante in quel canale giuridi-

XXVIIPER UN DIRITTO AMMINISTRATIVO DEL TEMPO POS-MODERNO

co di produzione privata (e dunque soft law) che si affianca ai canali statali e sovra-statali nei traffici economici globali (Ferrarese, 2006; nonch la sinte-si di Galgano, 2010).

Tutto questo non significa rinnegare una determinata tradizione culturale e una caratterizzazione nazionale; significa che il paesaggio giuridico ormai estre-mamente complesso, con una variegata articolazione di fonti (spesso addirittu-ra atipiche10), e investe non solo il campo del diritto privato ma altres quel di-ritto pubblico delleconomia (che le leggi unificative del 1865 ignoravano). Si impone, pertanto, una pi puntuale coscienza di questa complessit e un sape-re agguerrito degli strumenti di conoscenza economica. Mentre esprimo siffat-te esigenze, mi rendo perfettamente conto che i costi da pagare possono esse-re molti e pesanti, anche perch concorrenza ed efficienza rischiano di soffocare impietosamente quella dimensione della solidariet che un valore/guida della nostra Costituzione (valore/guida che, ad avviso di chi vi parla, dobbiamo sfor-zarci tutti di preservare).

Unultima notazione: gli arnesi del laboratorio dellodierno amministrativista devono moltiplicarsi per consentirgli di avere un armamentario idoneo a quan-to i tempi richiedono. Egli non potr, infatti, non confrontarsi con i risultati del progresso tecnico/scientifico, indubbiamente enormi durante lultimo cin-quantennio, a cominciare da quella rivoluzione che il mercato ha vissuto e vive nel campo degli strumenti finanziari sottoposti a una travolgente de-materia-lizzazione (per maggiori chiarimenti cfr. Grossi, 2009 e 2012b). Il tradizionale bagaglio di sapere dovr necessariamente ampliarsi. Entro la generale tecnifica-zione, che trova una dimensione portante nella informatizzazione, questultima ha assunto una rilevanza centrale nei cambiamenti della prassi amministrativa e nella interazione tra amministrazione e cittadini. Il sempre pi diffuso dominio della tecnica arrivato a costituire lo strumento informatico come modulo nor-male di organizzazione della amministrazione pubblica operando una profonda conformazione modificativa di assetti inveterati. Singolare, nel nuovo paesag-gio pubblicistico, la creazione di autorit a legittimazione tecnica con indipen-denza (anche se relativa) dalla politica.

Una conclusione. Il plauso iniziale per gli ideatori del nostro Convegno mi sembra adeguatamente motivato e pienamente meritato. Non celebrazione di eventi ormai remoti, ma semplice occasione per una riflessione comune in un tempo in cui la discontinuit con il passato (anche recente) diventa sempre pi incisiva. Lamministrativista deve aspettarsi dai lavori di queste due giornate larricchimento delle sue consapevolezze, una pi lucida coscienza dei compi-ti a cui chiamato e degli strumenti di cui ha bisogno (molti dei quali nuovi di zecca). Ne scaturisce sicuramente un breviario per la sua azione intellettua-le. Il che non poco.

XXVIII PAOLO GROSSI

Note1 So che il quadro che qui ho tracciato non un quadro usuale; che esso va oltre quelle impo-

stazioni laudative che sembrano essere di dovere in ogni celebrazione (Benvenuti, 1969: 86).2 un aggettivo che mi capitato spesso di usare in questi ultimi anni, insoddisfacente nella

sua indubbia genericit ma puntuale nel segnalare una civilt giuridica che tende a distan-ziarsi sempre pi dai pretesi valori della modernit, incrinati o addirittura demoliti in questo tempo di nuovi itinerari (appunto, il pos-moderno) quando sono lentamente ma fermamen-te ridotti al rango negativo di pseudo-valori (cfr. Grossi, 2012a).

3 Di disordine hanno parlato senza mezzi termini due giuristi sensibilissimi osservatori della odierna transizione, il gius-pubblicista Giorgio Berti (Gitti, 2006: 32) e il civilista Umberto Breccia (Breccia, 2006: passim).

4 Assolutezza, perch veniva a concretarsi in un vero e proprio assolutismo giuridico, reso ancor pi assoluto (se cos si pu dire) dalle mitizzazioni abilmente allestite per renderlo inattaccabile dalla usura del tempo.

5 Mi sia consentito rinviare a quanto ho scritto recentemente con riferimento puntuale alla vicenda attuale del diritto amministrativo in Italia: Grossi, 2015.

6 Sul Codice come consolidazione legislativa, sulle sue finalit e sui suoi caratteri mi sono diffuso nel saggio ricordato alla nota precedente (Grossi, 2015: 93 sgg.).

7 solo un esempio tratto dalla settima edizione perch laffermazione risulta ripetuta anche nelle successive edizioni.

8 Oligarchica sul piano cetuale, anche se qui protetti e privilegiati non sono pi i ceti nobiliare ed ecclesiastico proprii dellantico regime, bens il ceto degli abbienti, i detentori della ric-chezza, i quali sono gli unici chiamati ad eleggere le assemblee dei cosiddetti rappresentanti. pleonastico ricordare qui come un quasi universale suffragio maschile si realizza in Italia soltanto nel 1913!

9 Almeno dalle sentenze Stauder (1969) e Internationale Handelsgesellschft (1970) (Grossi, 2013).

10 Che un impegno non rinviabile per il giurista italiano sia oggi un ripensamento dellassetto delle fonti del diritto mi sono sentito di affermare decisamente gi nel titolo e nel contenuto di una lezione napoletana del 2008 (cfr. Grossi, 2011).

XXIXPER UN DIRITTO AMMINISTRATIVO DEL TEMPO POS-MODERNO

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LA LEGISLAZIONE DEL 1865 TRA LE RADICI STATUTARIE E LATTUALIT

Alberto Romano

1. Ora che questo nostro convegno si avvia alla conclusione, possiamo con-statare che ha corrisposto pienamente a tutte le nostre aspettative: ormai com-piutamente apparso come di grande rilevanza scientifica nei limiti nei quali anche le nostre rappresentazioni degli assetti giuridici possano essere cos agget-tivate. Perci, sono particolarmente grato a chi questo nostro congresso ha cos bene organizzato, per avermi invitato a presiederne lultima sessione.

Al termine della quale, consueto che chi abbia avuto un simile onorifico incarico, accenni qualche osservazione, che possa dare unidea in qualche modo riassuntiva dello sviluppo del precedente dibattito, e degli orientamenti che vi si sono delineati. Tuttavia, i tratti salienti che vi sono emersi stamani, mi erano parsi percepibili gi nelle relazioni e negli interventi della densissima giornata di ieri. Perci, le mie considerazioni di oggi in realt tendono ad estendersi quasi naturalmente allintero nostro convegno.

2. Il quale, splendidamente inaugurato nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, stato dunque organizzato per ricordare che in questanno ricorre il centocinquantenario della legge 20 marzo 1865, n. 2248. Della Legge... inti-tolata significativamente ... per lunificazione amministrativa del Regno dItalia; con i suoi numerosi allegati tra i quali, ovviamente, spicca lAll. E, per la pi ampia sua portata, la perdurante sua vigenza testuale, e la saliente sua influen-za anche nei nostri giorni.

Daltra parte, sarei convinto che la ricostruzione di tale corpus normativo deve tenere conto del quadro generale nel quale si iscrive: esso deve essere ne-cessariamente contestualizzato con il rilevantissimo resto della legislazione di quello stesso anno.

Anzitutto, con unaltra legge ugualmente relativa al diritto amministrativo, ma emanata autonomamente: quella del 25 giugno n. 2359, Espropriazioni per

XXXII ALBERTO ROMANO

causa di utilit pubblica; la cui influenza, oltretutto, si rivelata assai duratura, almeno in qualche suo articolo, che oltretutto aveva valore di principio: il cui ri-ferimento ha pesato molto nel dibattito degli anni 80 del secolo scorso sui cri-teri di determinazione dellindennit di espropriazione, animato da autorevo-li prese di posizione dottrinali, e punteggiato da note e incisive sentenze della Corte costituzionale. Legge che mi pare assai importante, anche da altri punti di vista: perch, pi specificamente degli altri testi di quellanno 1865 anches-si peraltro da non sottovalutare dal medesimo angolo visuale , costituisce un raffinato esempio di una nostra disciplina legislativa che ha descritto e scandito dettagliatamente un procedimento amministrativo tra laltro, con particola-re attenzione al moderno tema della partecipazione degli interessati. Un proce-dimento che, fisiologicamente, era destinato alla adozione di un provvedimen-to amministrativo nel caso, particolarmente oneroso per il suo carattere abla-tivo; che, dunque, implica pure questo atto, per di pi per definizione con ef-fetti costitutivi. Tale legge, dunque, pone in evidenza che gi il legislatore di al-lora aveva ben presente e adeguatamente utilizzato ambedue questi istituti: il procedimento e il provvedimento amministrativi. Ambedue centrali nellazio-ne dellamministrazione, e, quindi, nellintero diritto amministrativo. Anche se solo negli anni 30 del secolo successivo, del secolo scorso cio, si sono svilup-pati i tentativi dottrinali di una loro sistemazione concettuale.

E poi, la medesima legge per lunificazione amministrativa con i suoi alle-gati, va contestualizzata, tra laltro, pure con i codici civilistici: quello sostan-ziale e quello processuale. Certamente, questi sono stati superati; in primo luo-go, ma non solo, da quelli del 1942. Ma, malgrado questo loro superamento, mi parrebbe necessario un rilievo: non ci si pu dimenticare che ancora solo in quei codici originari che possiamo trovare correttamente i termini con i qua-li devono seguitare ad essere raffrontate le norme amministrative coeve e con-nesse. Per esempio, ma anche anzitutto, gli artt. 4 e 5 dellAll. E; e, quindi, lin-terpretazione che ne sar poi imposta dalla Cassazione romana: la quale presup-porrebbe che debba essere preso alla lettera il divieto di annullamento dei prov-vedimenti da parte dei giudici ordinari, in particolare civili ci che compor-terebbe la loro efficacia, la produzione da parte loro dei loro effetti tipici, anche se eventualmente solo temporaneamente, temperata solo dalla loro non appli-cazione in giudizio.

Quando si fosse considerata questa pi ampia prospettiva, quellinterpreta-zione avrebbe dovuto fare i conti che non le sarebbero riusciti facili , con la contraddizione nella quale veniva a porsi, rispetto ad un principio fermo del di-ritto civile di allora: la piena nullit degli atti in violazione di norme impera-tive come sicuramente devono essere quelle che tutelano diritti soggettivi nei confronti dei poteri delle amministrazioni , la sanzione che lordinamento di-

XXXIIILA LEGISLAZIONE DEL 1865

spone per essi. E, correlativamente, il contrasto anche con un altro dato: al giu-dice civile di allora, erano attribuiti ancor meno che a quello del 1942, pote-ri costitutivi come quelli annullatori. Per la ricostruzione della cultura giuridi-ca che la dottrina dellepoca aveva al riguardo, appare tuttora prezioso il vol. III del Trattato Orlando, con gli scritti, in particolare, dellOrlando stesso vigoro-so critico delle scelte interpretative di quella Cassazione , e di Santi Romano. Da questi scritti, risulta chiara lestraneit a quella cultura, dellidea secondo la quale potrebbero appartenere fisiologicamente alla giurisdizione non solo a quella civile, ma anche a quelle speciali , anche poteri costitutivi e annullatori. Tanto che le decisioni delle giurisdizioni speciali amministrative sopravvissute allart. 1 dellAllegato E, cui fosse stato conservato leffetto annullatorio, veniva-no qualificate come aventi natura mista: e cio, per questa parte, amministrativa.

In altre parole, con la considerazione di quella pi ampia prospettiva, si sa-rebbe aperta la possibilit di interpretare tali artt. 4 e 5, a partire dalla afferma-zione che i provvedimenti lesivi di diritti sarebbero stati da considerare radical-mente nulli. Che tali provvedimenti, dunque, non avrebbero potuto esplicare effetti, neppure temporaneamente: a cominciare dalleffetto dispositivo di quel diritto. Cos che la preclusione comminata da tali norme per il giudice civile, avrebbe dovuto essere circoscritta alle pronunce ripristinatorie, e di condanna a facere specifici in genere: che, del resto, era esattamente lo specifico obietti-vo pratico che alla Cassazione romana premeva di pi acquisire. Gi alla fine dellOttocento la possibilit di queste alternative interpretative, anche se poi ri-sultarono perdenti, era stata acquisita da almeno parte della letteratura; da una parte se si vuole minoritaria, ma comunque ben autorevole. E stupisce che una loro riconsiderazione in termini pi attuali, non sia stata stimolata dalla entrata in vigore dellart. 21 septies della legge ormai generale sullazione amministrati-va; cio dalla recente codificazione per principi, e appunto generale, della figu-ra della nullit del provvedimento. Ma il discorso qui deve essere troncato, per-ch lesigenza di tornare sollecitamente al passato impedisce di far diventare di-gressioni quelli che devono rimanere semplici spunti.

3. La legge di unificazione amministrativa del 1865 dellallora neonato Regno dItalia, quindi, va inquadrata in tutta la legislazione dello stesso anno. Che nel suo insieme mi appare come un esempio che storicamente ha ben pochi riscon-tri, di un rinnovamento incisivo e completo dellintero nostro ordinamento di allora; e non solo di semplici riforme legislative, anche se viste nel loro comples-so. Perch fu un rinnovamento tuttaltro che estemporaneo. Perch, per contro, aveva radici pi profonde. In un atto, anzi in un evento storico, di pochi anni prima, che aveva dato nuovo assetto allintero sistema istituzionale dellallora Regno di Sardegna: nello Statuto Albertino del 1848. Che, s, in quellanno fu

XXXIV ALBERTO ROMANO

concesso unilateralmente dal Monarca; ma non per questo ne fu attenuato lef-fetto principale: egli rese cos costituzionale quella sua Monarchia; a comincia-re, anzitutto, mediante listituzione di un Parlamento bicamerale: anche se allora eravamo ben lontani dallelezione delle Camere, secondo la nostra Costituzione attualmente vigente, a [] suffragio universale e diretto []. Con innova-zioni, quindi, anzitutto nelle strutture dello Stato; prima ancora, cio, che nel-la normazione dei rapporti intersoggettivi; in particolare, di quelli tra le ammi-nistrazioni e gli ormai cittadini, di quelli cio di maggiore rilevanza e criticit. Sar la Monarchia cos ristrutturata e costituzionalizzata, che concreter le con-seguenze normative di questa sua ristrutturazione e costituzionalizzazione: me-diante sue leggi successive, che muover come pedine sulla scacchiera per il rag-giungimento di quellobiettivo. E, evidentemente, la legislazione di cui ricor-diamo il centocinquantenario, che assunse e svolse principalmente questa fun-zione; anche se fu preceduta da altre leggi, peraltro, solo in singole materie spe-cifiche: come non ricordare la riforma che ai comuni e alle province diede nel 1859 Rattazzi, con la legge che rimasta a lui intitolata?

alla luce, solo alla luce della concessione nel 1848 dello Statuto Albertino, che si possono percepire gli aspetti pi salienti della legislazione del 1865; in particolare di quella delle leggi di unificazione amministrativa, e del suo All. E. A tale legislazione, si spesso riconosciuta una valenza costituzionale, almeno materialmente. Ma mi sembra che, comunque, presenti anzitutto se si vuole: anche se non esclusivamente , il carattere di una attuazione di quello Statuto, di un atto questo s davvero di sostanza costituzionale. Ho gi notato che ap-pare pi ricca quella ricostruzione di quelle leggi, e di quellAllegato, che venis-se condotta considerando lintero quadro di tutta la legislazione di quel mede-simo 1865 da considerarsi sostanzialmente addirittura contestuale. Potrei ag-giungere adesso che ben maggiori spunti per la loro interpretazione potrebbe-ro essere scorti in una prospettiva che la comprendesse in un tuttuno con quel-lo Statuto. Con percezioni che erano pi facili, e che perci sono state pi fre-quenti, nella letteratura pubblicistica dei decenni successivi.

Una letteratura che aveva lo scopo, anche spesso dichiarato, della costruzio-ne del diritto pubblico del neonato Regno dItalia; di un diritto pubblico che, in primis, raccogliesse gli esiti del grande costituzionalismo europeo: ai quali pro-prio la legislazione di attuazione dello Statuto Albertino, quindi con la necessa-ria mediazione di questo, era spinta ad adeguarsi. Ma un diritto pubblico, dal-tra parte, che fosse specifico e proprio della nuova Nazione: con un senso del-la identit nazionale, e nello sforzo di definirla e concretarla, che appare assai lontano dal nostro Zeitgeist di oggi. Una letteratura, in particolare, di cui il gi ricordato Trattato Orlando costitu per noi amministrativisti liniziativa pi si-gnificativa. Era una letteratura che, pur dopo il cambio della maggioranza go-

XXXVLA LEGISLAZIONE DEL 1865

vernativa del 1876, mantenne una impostazione sostanzialmente liberale. E che era nutrita soprattutto di speranze per lavvenire della comunit nazionale; non sembra che presagisse gi le successive delusioni, che fosse gi consapevole dei nostri limiti che le avrebbero provocate.

4. la nostra legge del 20 marzo 1865, che inaugur questa stagione di so-stanziale attuazione dello Statuto Albertino; che precedette tutte le altre, pur del medesimo anno.

del tutto accidentale la diversit, addirittura la contrapposizione, rispetto alla stagione primaverile alla vigilia della quale fu adottata, quella autunnale nel-la quale in questanno la stiamo celebrando. Che, per quanto soltanto casuale, potrebbe rivelarsi comunque simbolica di un distacco gi gradualmente matu-rato, della nostra cultura giuridica da quelle antiche basi. Come il segno di un affievolimento della sua influenza sul nostro attuale ordinamento, e soprattut-to della diversit delle tecniche giuridiche di ricostruzione degli assetti che ne erano e ne sono derivati; di un affievolimento maggiore di quello che inevita-bilmente provocano lo scorrere del tempo, e levoluzione dei tempi. Lo scorre-re del tempo e levoluzione dei tempi, a velocit per cos dire normale; e non a quella della nostra storia contemporanea, che abbastanza generalmente si con-sidera accelerata. E per un simbolismo che potrebbe suggerire anche altri signi-ficati, parimenti autunnali, di declino del vecchio: di quello che mi limiterei a definire cos genericamente. Perch sono tanti che del nuovo che avvertono impetuosa lesigenza; ma, temo, molto di pi di quanto, del nuovo, appunto, gi ne riescano a percepire con chiarezza le base ricostruttive.

Del resto, una presa di distanza del nostro convegno da tali radici traspa-re anche dal titolo che gli organizzatori hanno voluto dare: A centocinquan-ta anni dalla unificazione amministrativa italiana. Con una formulazione che attenua il legame di questo nostro incontro con la legislazione di allora. Che segna pi un senso di superamento di quelle vecchie radici, che una riaffer-mazione di discendenza da queste. Anche rispetto allimmediato precedente di un cinquantennio fa , di un altro convegno sulla medesima legislazio-ne che anche oggi ricordiamo, appunto nel centenario della sua emanazio-ne. A quel Congresso che, per, si autodefin francamente come celebrativo del centenario delle leggi amministrative di unificazione. Se il titolo del nostro convegno di oggi segnasse realmente una maggiore presa di distanza dalla le-gislazione del 1865, questa deriverebbe sicuramente dal nostro netto ricono-scimento del distacco degli assetti attuali del nostro ordinamento, rispetto a quelli originari: quelli che tale legislazione impresse loro, anche nel pi diret-to condizionamento da parte dello Statuto Albertino. Ma che mi sembrereb-

XXXVI ALBERTO ROMANO

be che investa direttamente gli stessi metodi della loro ricostruzione; quanto meno la loro specificit.

Gi alla prima scorsa che potei dare ad una bozza di locandina di questo no-stro convegno, dallarticolazione e dalla intitolazione delle varie sessioni ricevet-ti una forte impressione: di novit, e di freschezza. E di discontinuit. Di una discontinuit che, per, forse stata un po riequilibrata: almeno, questa lal-tra impressione che ricevetti, stavolta dalla lettura delle relazioni provvisorie che ebbi la possibilit di leggere in anteprima, e dallascolto di quelle che ho potuto sentire in questi giorni. Perch, se anche in queste analisi ho percepito un desi-derio di modernit, vi ho trovato pure una adesione di una cultura del passato. Anzi: almeno nei fatti, vi ho semmai percepito lidea che questa abbia ancora molte cose da dirci; e di cui, perci, molto ancora dovremmo salvare.

5. Per una pi netta percezione degli profili salienti e innovativi di questo no-stro convegno, si impone lesigenza della considerazione di termini di raffron-to. Ed intuitivo dove quei termini possiamo reperire; per di pi in un parago-ne immediato e diretto: in quel convegno gi ricordato del 1965, che ugual-mente ebbe ha oggetto la legislazione del 1865, in occasione del centenario del-la sua adozione.

Convegno che ugualmente si tenne a Firenze, ugualmente nella stagione au-tunnale, ugualmente in un bellissimo palazzo: Palazzo Riccardi. Nella sede del-la Prefettura: per ragioni, per facilitazioni puramente organizzative, o come se-gno di quei tempi? In contraddizione con un possibile significato della scel-ta, per linaugurazione del nostro convegno di questanno, di Palazzo Vecchio, sede viceversa del Comune, tanto allorigine che oggi? Di quel Palazzo, tutta-via, che poi divenne Palazzo della Signoria, e infine Palazzo Ducale, fino al tra-sferimento del potere a Palazzo Pitti; dove, secoli dopo, diventato reggia, si in-sedi Vittorio Emanuele II.

Gli onori di casa li fece Giovanni Miele, allora titolare della cattedra di dirit-to amministrativo presso la Facolt di Giurisprudenza allUniversit di Firenze. Lo ricordo con affetto. E non credo che mi faccia velo lessere stato suo allie-vo, se affermo che la sua opera scientifica meriterebbe di essere tenuta pi viva di quanto gi lo sia.

Ancor oggi di grande interesse scorrere i nomi dei protagonisti di allora. Almeno di quei pochi che, pur in mancanza di una esplicita qualifica, operaro-no come i Direttori-Coordinatori delle Sezioni: Renato Alessi, Pietro Bodda, Massimo Severo Giannini, Antonio Amorth, Giovanni Miele, Paolo Barile, Aldo M. Sandulli, Umberto Pototschnig, Carlo M. Jaccarino, Pietro Agostino dAvack (dir poi di Gianfranco Miglio e di Feliciano Benvenuti). Cera tutto il Gotha del diritto amministrativo e non solo , di quegli anni.

XXXVIILA LEGISLAZIONE DEL 1865

Mi sembra, peraltro, che dal nostro punto di vista di posteri, vi fosse sta-ta qualche inserzione di troppo. Inutile essere esplicito. Basterebbe, e sarebbe pi significativo, ricorrere alla inesorabile legge del tempo: chiedere ai giovani studiosi di oggi, quali nomi tra quelli elencati conoscano, e quali opere di qua-li autori sentano ancora vivi.

Per contro, si notano subito alcune assenze. Quella di Eugenio Cannada Bartoli, giurista finissimo, anche se talvolta un po appartato. E, naturalmente, quella di Enrico Guicciardi, ben pi esposto tra gli amministrativisti di allora. Assenze che mi appaiono incomprensibili; tanto pi che vi erano tutti i loro pari-grado, secondo liconografia dellepoca: Miele, Sandulli, Giannini, Amorth, Benvenuti, etc. Comunque, non dispongo di elementi che possano spiegare con certezza alcune assenze nel convegno del 1965. Tuttavia, non mi sento di esclu-dere che non tutte, o non esclusivamente, fossero state determinate da rinunce di questi autorevoli maestri, cio da decisioni personali e per motivi personali; e che, altre, almeno in parte, da selezioni di quegli altri autorevoli maestri, che influenzarono di pi lorganizzazione del convegno.

Numerosissimi, poi, furono i relatori e gli interventori nelle varie Sezioni: con-sta di settanta pagine il libretto dellindice particolareggiato degli undici bellissi-mi volumi editi da Neri Pozza la scelta dellEditore fu di Feliciano Benvenuti , che raccolsero gli Atti del convegno il primo dei quali fu quello che si atteg-gi come un volume generale introduttivo, per la cura del quale egli fu affian-cato da Gianfranco Miglio. Sarebbe interessante anche oggi scorrere i nomi di allora. Nellimpossibilit di occupare tanto tempo qui, e tanto spazio nei futu-ri Atti, mi limiter ad una considerazione generale: il destino di quegli studiosi, di quelli che non lo fossero gi di primo piano, poi fu quanto mai vario: in una gamma di esiti individuali che vanno dalle acquisizioni di notoriet e di presti-gio che molti ebbero in seguito peraltro, pi o meno spiccate , alloblio nel quale caddero altri, forse pi numerosi.

6. Ma, per un confronto che possa porre in risalto le specificit del nostro convegno che oggi si conclude, ben pi che il richiamo dei protagonisti di quel-lo di cinquanta anni fa, sembrano significativi i temi che questi allora svolsero. Ripercorriamo, allora, quellindice: Lordinamento sanitario; Lordinamento co-munale e provinciale; La tutela del cittadino; Le opere pubbliche; Listruzione e il culto. Come si vede, convegno e volumi in linea di massima seguirono da vici-no la sequenza degli allegati alla legge 20 marzo 1865, n. 2248; ma con accor-pamenti che paiono di per s ancora significativi, pur se divergenti rispetto al cammino dei nostri studi: come il collegamento tra la Giustizia amministrativa e i diritti di libert; o assolutamente non coerenti con la nostra cultura di oggi: come quello tra Listruzione e Il culto.

XXXVIII ALBERTO ROMANO

Come evidente, allora larticolazione delle materie fu la pi classica possi-bile: per settori dellordinamento, colti soprattutto attraverso gli istituti giuridici nei quali si risolveva la loro regolazione, analizzati a loro volta soprattutto attra-verso lo studio delle norme che davano loro assetto. Certamente, vi erano pure digressioni critiche sulle disfunzioni di queste, e conseguenti proposte di loro modifica. Ma, inevitabilmente, rimaneva pi che dominante la scelta del meto-do secondo la quale la ricerca era e doveva essere condotta: linterpretazione di quelle norme, secondo le millenarie regole elaborate per questa.

Da questo quadro, si distaccava il gi citato primo volume, curato da Gianfranco Miglio e Feliciano Benvenuti. Che lo intitolarono a Lunificazione amministrativa ed i suoi protagonisti. Che gi con questa intitolazione si atteg-giava come una introduzione agli altri dieci. Per, in realt, in chiave fortemen-te critica: in netta contrapposizione rispetto agli altri, di cui in un certo senso metteva in discussione le stesse basi.

Miglio vi contribu con un robusto saggio di una sessantina di pagine, molto significativamente dedicato a Le contraddizioni dello Stato unitario Rappresentanza ed amministrazione nelle leggi del 1865. Vorrei sottolineare: lau-tore denunciava le contraddizioni non nel modo col quale lo Stato unitario fu formato, ma dello Stato unitario in s e per s. La sua contestazione, dunque, era radicale: investiva il fondamento stesso di quella legislazione, anche se alla maturazione della Lega Nord mancava ancora almeno un ventennio.

E Benvenuti complet la prima parte di quel volume, con un altro ben arti-colato e ancora pi cospicuo saggio, il cui titolo gi da solo, manifesta non solo gli obiettivi della ricerca, ma anche il segno dei suoi esiti: Mito e realt nellordi-namento amministrativo italiano.

Tuttavia, non mi sembra che lo strappo di questo primo volume di undici, abbia inciso troppo nelle pi tranquille descrizioni tecniche del nostro ordina-mento amministrativo, degli altri dieci, e della letteratura dei decenni successi-vi; quanto meno: non fu prevalentemente quello strappo a segnarla. nella lo-candina del nostro convegno, e sia pur sempre in riferimento a quelle leggi or-mai di centocinquanta anni fa, che si possono trovare spunti di novit pi so-stanziali e potenzialmente pi fecondi.

7. Colpiscono, nella lettura di questa nostra locandina di oggi, i titoli del-le varie sessioni, e quindi, dei vari volumi dei relativi Atti, come Coesione poli-tico-territoriale, La giuridificazione, La tecnificazione. Questi titoli indicano con chiarezza che gli organizzatori di questo nostro congresso hanno superato la pro-spettiva della ricostruzione degli assetti giuridici connessi a questi temi; di que-sta sola ricostruzione.

XXXIXLA LEGISLAZIONE DEL 1865

Anzitutto, pur ricordando la legislazione di centocinquanta anni fa, hanno tenuto lo sguardo ben fisso sul nostro presente. sul nostro presente che hanno focalizzato la loro attenzione. E al nostro presente in senso ampio. Certo, non hanno escluso quella ricostruzione di quegli assetti; che, del resto, il compito essenziale, e in un certo senso preliminare, che hanno affidato ai relatori. Ma, poi, sono andati oltre: hanno considerato, e sono stati molto attenti ai proble-mi che ha oggi la nostra societ. Hanno percepito linee evolutive che in questa si stanno sviluppando, prima ancora che si oggettivizzino in mutamenti del no-stro ordinamento. Nella nostra societ, hanno individuato tematiche critiche; ma hanno anche percepito lincidenza che vi possono avere gli strumenti giuridici: quelli attuali, che in parte hanno risolto o stanno risolvendo dei nodi, in parte no, e in parte li hanno addirittura stretti; ma anche quelli che potrebbero risul-tare da loro modifiche: come mezzi pi efficaci per la soddisfazione delle nostre vive speranze di un futuro sociale migliore. I titoli che ho riportato sono gi pi che significativi in questo senso; e non insisterei oltre con altre esemplificazioni che pur sarebbero state parimenti giustificate. Solo, sottolineerei anche le speci-ficazioni apposte viceversa al pi classico di quei titoli: La giustizia amministra-tiva..., che lo rendono molto pi aderente agli stimoli e agli umori del nostro tempo; ossia: ...come servizio, e, per di pi, con linciso: tra effettivit ed efficienza.

Mi pare che gli organizzatori di questo nostro convegno abbiano sollecita-to i relatori a tenere presenti una serie di domande. A chiedersi quale sia oggi il compito del giurista. Il che presuppone il chiarimento di che cosa voglia dire essere un giurista, oggi; e mi pare inevitabile, anche oggi, che il giurista sia una persona che ha conoscenza del diritto. ovvio: conoscenza e diritto sono due sostantivi che possono essere intesi in una infinita variet di significati. Per, mi pare che un suo requisito sia imprescindibile; ossia: che sappia ricostruire gli as-setti dellordinamento giuridico vigente il che, chiaramente, molto di pi dei dettati del legislatore, anche se presi nel loro complesso applicando i cri-teri classici dellinterpretazione altrettanto giuridica. Col che, si viene a porre il problema del metodo giuridico: non a caso, attualmente molto dibattuto. E la domanda: serve ancora oggi il puro metodo giuridico?

Sono convinto di s; ma solo entro un perimetro che va delimitato. quel-lo che comprende essenzialmente la funzione giurisdizionale.

Tutto il nostro sistema costituzionale, dove il nostro non certo riferito solo a noi italiani o dovrei dire addirittura istituzionale? , presuppone che la por-tata di ogni singola disposizione, e di ogni proposizione normativa comunque estraibile dallintero ordinamento, sia oggettivamente ricostruibile da un inter-prete: che, appunto, la interpreti secondo quelle regole giuridiche dellinterpre-tazione. E quando quellinterprete eserciti una funzione giurisdizionale, debba attenersi alle scelte operate da quel legislatore, e pi generalmente da quellor-

XL ALBERTO ROMANO

dinamento nel suo atteggiarsi appunto oggettivo: non vi pu sostituire le pro-prie. Certo, nessuno di noi cos ingenuo da ritenere che i giudici siano neutre bocche della legge: che le loro sentenze e decisioni non siano condizionate an-che dalle loro culture quella giuridica, ma anche altre , dal loro vissuto, dai loro giudizi e pregiudizi. Per chi frequenta le aule giudiziarie, non importa da quale parte del tavolo, conta la loro esperienza. Comunque, non solo per que-sti, sono tante le stratificazioni di conoscenze che ci hanno smaliziato: dallu-so politico del diritto alle acquisizioni delle recenti neuro-scienze, e altro. Ma i presupposti del nostro ordinamento, e non certo solo di questo, che il giudice possa circoscrivere in una gamma relativamente ristretta le opzioni interpretati-ve che possano ritenersi ragionevoli. Naturalmente, quando sia in buona fede: gi, esiste, deve esistere anche la figura del giudice di buona fede. in questo momento giurisdizionale, che lapplicazione del tradizionale metodo giuridico deve considerarsi esclusiva. Certo, anche il giudice, non di rado, deve conoscere pure altri saperi; ma solo perch talvolta il diritto stesso che li richiama, cio quando dallapplicazione del metodo giuridico risulti che siano funzionali alla ricostruzione della regula juris del resto, in quei casi, il giudice tende a dele-garne la determinazione a consulenti esterni. E va da s, daltra parte, che sono gli esiti dellapplicazione di quel medesimo metodo giuridico, che devono con-dizionare il comportamento degli altri protagonisti del processo: a cominciare dagli avvocati. Dai soli avvocati del contenzioso, ben sintende.

Ma oggi il giurista, quello che sa di diritto, lo sempre meno del contenzio-so. Perch sempre pi spesso, e per questioni talvolta molto importanti eco-nomicamente o socialmente, chiamato, per esempio, a valutare le disposizioni e le proposizioni normative sotto il profilo della loro funzionalit; che, per di pi pu essere considerata da una pluralit di punti di vista: vari e talvolta radi-calmente contrapposti. Pu essere chiamato, per esempio, tanto in ruoli pub-blici come in attivit professionali private, a valutare e a consigliare quale sia la condotta giuridicamente rilevante, pi conveniente rispetto a determinate fina-lit. E non un fatto accidentale che sempre pi spesso quel giurista chiama-to come un operatore del diritto; e che in quanto tale che deve appunto ope-rare. Anche in questi casi, non direi che si possa prescindere dal metodo giuri-dico: per una ricostruzione della portata delle norme che incidono nel caso, che non solo comunque indispensabile, ma che addirittura preliminare alla ulte-riore formazione di opinioni, ed adozione di scelte pratiche; perch non si pu valutare se una norma sia o no funzionale non importa da quali punti di vista , non si pu individuare quale sia la condotta pi conveniente da tenere alla luce della inevitabilit o almeno del rischio della sua applicazione, se prelimi-narmente non se ne accertino la portata e la cogenza. Poi, quel giurista, molto pi spesso, e per ragioni sempre pi spesso importanti, deve affrontare questio-

XLILA LEGISLAZIONE DEL 1865

ni pratiche: per la cui soluzione la regula juris rileva, ma insieme ad altri fatto-ri. Allora, quel giurista non opera come un avvocato del contenzioso; ma come una sorta di problem solver.

Il problema del metodo del giurista, attualmente al centro di dibattito tra diverse scuole. Mi azzarderei a tracciare questa correlazione. Quelle che tendo-no a sottovalutare la rilevanza e la forza vincolante dello stretto metodo giuri-dico, nella visione generale che hanno dellordinamento, tendono anche a non riservarvi un ruolo centrale alle tutele giurisdizionali dei diritti e degli interessi. E, naturalmente, viceversa.

Se dovessi terminare con una conclusione ci che peraltro dubiterei che sia ragionevole , la sintetizzerei cos. Quel che appare in crisi, pi che il meto-do giuridico, il ruolo del giurista classico, del giurista della ricostruzione per quanto possibile oggettiva dellordinamento e delle sue singole disposizioni e proposizioni normative: quello che poi, con questo solo bagaglio culturale, pu anche farsi il giurista del contenzioso giurisdizionale. Ma non in senso negati-vo: perch la sua crisi ha avuto cause e ha sbocchi positivi. Perch si risolve nella moltiplicazione e spesso nellincremento di rilevanza di altri suoi diversi ruoli. Specie quando operi, ripeto come problem solver; sintende di problemi pratici.

LORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

TRA STATO NAZIONALE E INTEGRAZIONE EUROPEA

R. Cavallo Perin, A. Police, F. Saitta (a cura di), Lorganizzazione delle pubbliche amministrazioni tra Stato nazionale e integrazione europea, ISBN 978-88-6453-432-9 (print) ISBN 978-88-6453-433-6 (online PDF) ISBN 978-88-6453-434-3 (online EPUB), CC BY-NC-ND 4.0 IT, 2016 Firenze University Press

LORGANIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E LINTEGRAZIONE EUROPEA

Roberto Cavallo Perin

Sommario 1. Lintegrazione tra uniformit e parallelismi. 2. Lintegrazione amministrativa concreta delle istituzioni: la pluralit delle riunificazioni. 3. Effettivit asimmetrica dellintegrazione amministrativa nei diversi settori dellamministrazione pubblica. 4. Lintegrazione tra amministrazioni pubbliche tra adeguatezza delle istituzioni e sussidiariet relativa. 5. Cultura giuridica comune e contraddizioni nei processi di integrazione tra istituzioni pubbliche. 6. La tutela amministrativa dei diritti soggettivi ed effettivit dei processi di integrazione. 7. Lintegrazione della finanza pubblica e del patrimonio pubblico. 8. La tecnologia e la scienza come strumenti danalisi e di innovazione nella soddisfazione integrata dei bisogni umani. 9. Istituzioni pubbliche ed ordinamenti giuridici di nuova integrazione.

1. Lintegrazione tra uniformit e parallelismi

dinteresse provare a comprendere i caratteri delle due principali integra-zioni cui ha partecipato lItalia: quella di centocinquantanni or sono che allo-rigine della sua costituzione come Stato nazionale e quella pi recente e tutto-ra in corso in cui partecipa insieme a molti altri Stati alla definizione dellordi-namento sovranazionale Unione europea.

Il diritto amministrativo in particolare ha visto negli ultimi ventanni molte materie o istituti giuridici divenire oggetto di una disciplina dellUnione euro-pea e per alcuni settori il processo dintegrazione stato evidente. Oltre alla cre-azione della moneta unica, la disciplina europea stata di grande rilievo per la-gricoltura, per lambiente, per gli appalti pubblici e per molte delle attivit din-teresse economico generale, talvolta come vera e propria disciplina di dettaglio in direttive o regolamenti, talaltra come disciplina di principio.

Di converso non si pu non rilevare che inesistente nonostante i ten-tativi1 una disciplina generale sul procedimento amministrativo (v. F. De Leonardis, Tra leggi di unificazione del 1865 e legge europea sul procedimen-to amministrativo, in questo volume), sulla validit degli atti amministrativi o sui beni pubblici (Craig, 2013: 503; Galetta, 2011: 7 sgg.; della Cananea, 2009; Glaser, 2014; Stelkens, 2014), come del pari assente una disciplina generale sulle obbligazioni e i contratti2 (Alpa, 2007; Ciatti, 2012; Schulze, Stuyck, 2011: passim; Cmara Lapuente, 2003: passim; Ajani, 2012; Bin, 2000; Castronovo, 2012; Galgano, 2012; Snchez-Lorenzo, 2013), o sullattivit

4 ROBERTO CAVALLO PERIN

dimpresa in Europa (Galgano, 2010: 217)3, che certo dinteresse anche per la pubblica amministrazione (v. S. Cimini, Levoluzione dei caratteri degli enti pubblici, in questo volume). Lassenza risulta pi marcata ove si consideri che proprio tali discipline di diritto pubblico o privato sono generalmente indi-cate come costitutive dellunicit giuridica del mercato europeo, cio i settori del diritto (commerciale e amministrativo) che anche storicamente sono sta-ti il diritto pubblico o privato delleconomia.

Un mercato che si sempre pensato unico, poich di esso si ci nono-stante predicata una disciplina-cultura giuridica uguale che lo conforma, non importa se di fonte normativa o giudiziale, che certo tollera deroghe ed ecce-zioni, non per in ragione della nazionalit delle imprese, della nazionalit de-gli individui, della nazionalit dei territori.

Sennonch a ben vedere la fenomenologia di unintegrazione nientaffat-to omogenea non pu dirsi una novit e forse neppure una mancanza o difet-to in senso proprio, dovendosi considerare normale nei processi dintegrazione. LItalia segna un rilevante precedente proprio nel primo processo dintegrazio-ne, ove si sono addirittura mantenute per sessantanni le molte interpretazioni parallele del medesimo codice civile del 1865, con le Cassazioni di Torino, di Firenze, di Napoli, di Palermo e poi dal 1878 di Roma4.

2. L integrazione amministrativa concreta delle istituzioni e la pluralit delle unificazioni

Anche tra le materie che sono divenute diritto amministrativo unitario per tutti gli Stati membri dellUnione europea emergono strumenti o modelli che si ripetono con una certa precisione nelle due esperienze dintegrazione e che pare qui dinteresse indicare, a cominciare dalla pi evidente e di maggiore rilevanza che ha ad oggetto la stessa definizione delle istituzioni preposte alla cura degli interessi del nuovo ordinamento unitario, dellItalia prima e dellUnione poi.

Le nuove istituzioni dunione nei due casi sono state essenzialmente giustap-poste alle preesistenti e il raccordo nel nuovo ordinamento avvenuto con pic-coli tratti di penna che sono stati scritti essenzialmente dallamministrazione italiana o dalla giurisdizione dellUnione europea, per una ragione essenziale che strutturale e deriva direttamente dalla teoria degli atti giuridici del dirit-to pubblico continentale.

Leffettivit del nuovo ordinamento unitario storicamente data dalla sua concreta definizione, che propria del provvedimento amministrativo o del provvedimento giurisdizionale e non della legislazione, poich essa come nor-ma astratta piuttosto segue o precede la concreta evoluzione dettata da atti o fatti giuridici (concreti).

5PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI E LINTEGRAZIONE