90 L EUROPEO90L EUROPEO L EUROPEO 91 FAUSTO E IAIO 1978 · nissimo immaginare Fausto e Iaio che...

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ggi non è cambiata molto da allora. Via Mancinelli, al quartiere Casoretto di Mi- lano, è praticamente rima- sta quella che era quella sera, la sera di sabato 18 marzo del 1978. Certo, tutta la città adesso è diversa, e pa- recchio. Non ci sono più i venti gelidi che la spazzavano tristemente in quegli anni. Venti soprattutto di disagio e di contrap- posizione fra giovani di schieramento po- litico opposto. Venti anche pesantemente contaminati dal terrorismo più feroce ben radicato in città, e che solo meno di due giorni prima – a Roma, ma anche con protagonisti assolutamente milanesi – aveva portato a termine l’impresa più criminosa ed efferata della storia del no- stro Paese: il rapimento di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse. Rispetto a quella sera, in più, c’è la lapi- de che ricorda l’episodio: “Ai compagni Iaio Iannucci e Fausto Tinelli, qui uccisi dai fascisti”, con la data di quel giorno tra- gico. Poi, è rimasto uguale il muro grigio che la cinge da una parte e dell’altra; ugua- le il colpo d’occhio che da lì portava al Cen- tro sociale Leoncavallo (quello non c’è più, trasferito dopo tanti altri conflitti in una zo- na più periferica); stessa la postazione del- l’edicola all’angolo dove i due giovani si fer- marono a guardare e commentare i titoli dei giornali che parlavano di Moro prima di imboccare la strada che li avrebbe portati incontro al loro destino; è rimasto al suo posto anche il campetto dell’oratorio in ter- ra battuta sul retro dell’abbazia dedicata a Santa Maria della Misericordia (bellissimo anche il chiostro, il tutto risalente al XV se- colo) di piazza San Materno, che nemme- no quattro giorni dopo li avrebbe accolti per l’ultimo saluto. Se ci si mette, anche adesso, a quell’angolo di via si possono be- nissimo immaginare Fausto e Iaio che en- trano per andare incontro a una delle mor- ti più misteriose e segrete che la storia d’I- talia ricordi, negli ultimi trent’anni. Un commando venuto dal nulla Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci aveva- no poco più di 18 anni e una vita fin trop- po simile a quella di migliaia loro coetanei: un impegno politico “normale” e naturale per la generazione milanese di quegli anni, le amicizie al Centro sociale, la passione per la musica e i concerti, i primi amori. Normali anche le abitudini (forse troppo, se qualcuno poteva avere interesse a pren- der nota degli spostamenti): il pomeriggio del sabato diviso fra la puntata al vicino Parco Lambro, la passeggiata con la fidan- zatina, la solita capatina al Leonka con l’ar- O 90 L’EUROPEO 90 L’EUROPEO Chi ha ucciso Iaio Iannucci e Fausto Tinelli? La lapide dice: “i fascisti”. La realtà è più complessa e la morte dei due ragazzi milanesi, impegnati, ma senza eccessi, a sinistra, e legati al Centro sociale Leoncavallo, resta un enigma Che (misteriosa) idea morire di marzo di Tiziano Marelli ~ L’Europeo 2006 n. 2 FAUSTO E IAIO 1978 Da sinistra, Fausto Tinelli e “Iaio” Iannucci.

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Page 1: 90 L EUROPEO90L EUROPEO L EUROPEO 91 FAUSTO E IAIO 1978 · nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia

mento: Iaio muore subito, Fausto durante iltragitto in ospedale. I tre assassini risalgonola via. Due da una parte – quelli in bianco– uno dall’altra parte del marciapiede, op-posto all’agguato. E arrivano in fondo giu-sto quando la prima gazzella dei carabinie-ri entra nella via, pochi attimi dopo il fattoe non si saprà mai chiamata da chi. I tre kil-ler a questo punto semplicemente spari-scono, svaniscono nel nulla.

Un’altra morte misteriosaNei tentativi di ricostruzione successivi

all’accaduto c’è chi dirà che lo fanno inmacchina e in moto raccolti da due com-plici in copertura, chi dice a piedi, secondoaltri addirittura confusi fra gli avventori delLeoncavallo, dopo esservi entrati dal retro(per avvalorare una tesi della faida internaall’ultrasinistra). La non chiarezza su que-sto “ripiegamento militare” del commandofarà da prologo a tutta l’inchiesta, mai ve-nuta praticamente a capo del mistero e ar-chiviata il 6 dicembre 2000, 22 anni e mez-

mezzo chilometro per arrivare a casa Tinel-li. Invece qualcosa o qualcuno li richiamaverso il punto in cui cadranno di lì a poco.Secondo la signora Marisa Biffi, unica te-stimone diretta del delitto, a Fausto e Iaio sisarebbero fatti incontro tre giovani più omeno della stessa età, altezza media: duecon impermeabile bianco, il terzo con giub-botto marrone. La donna, lontana pochimetri, coglie solo qualche spezzone di fra-se: più o meno «Siete del Leoncavallo?», poisente scoppiare botti che all’inizio le paio-no petardi. Sono colpi di Beretta 80 calibro7.65 invece, attutiti da un sacchetto di pla-stica bianca (tecnica da professionisti) cheavvolge la pistola a mo’ di raccoglitore deibossoli: nove in totale, equamente divisi frale vittime, tutti (meno uno, rinvenuto tem-po dopo incastrato nel marciapiede) anda-ti a segno. Entrambi cadono senza un la-

rivederci per il concerto della sera, il salutoagli amici riuniti al bar di fronte. Poi, il ri-trovarsi fra loro e l’incamminarsi verso ca-sa di Fausto: il risotto di mamma Danila liattendeva, anche questo come d’abitudineogni fine settimana, per le otto in punto.

Per chi conosce Milano e la zona vienenaturale pensare che la strada più ovvia perandare verso via Montenevoso (la loro me-ta) sia quella che dal Leoncavallo (nella viaomonima) porta direttamente in via Man-cinelli, la prima traversa a destra. Invece idue non lo fanno, è una stranezza che nonpotranno mai spiegare a nessuno: escono asinistra, girano e risalgono via Lambrate,arrivano allo slargo nella piazza della chie-sa, svoltano in via Casoretto e dopo pochimetri si trovano all’altezza di Mancinelli al-la fine di un giro più lungo. A questo puntologica vuole che vadano oltre per un altro

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Secondo l’unica testimone, a Fausto e Iaio si sarebbero fattiincontro tre giovani più o meno della stessa età, altezza media

Rabbia e dolore tra i militanti del Centro sociale Leoncavallo, frequentato da Lorenzo e Fausto, entrambi diciottenni.

ggi non è cambiata moltoda allora. Via Mancinelli, alquartiere Casoretto di Mi-lano, è praticamente rima-sta quella che era quella

sera, la sera di sabato 18 marzo del 1978.Certo, tutta la città adesso è diversa, e pa-recchio. Non ci sono più i venti gelidi che laspazzavano tristemente in quegli anni.Venti soprattutto di disagio e di contrap-posizione fra giovani di schieramento po-litico opposto. Venti anche pesantementecontaminati dal terrorismo più feroceben radicato in città, e che solo meno didue giorni prima – a Roma, ma anchecon protagonisti assolutamente milanesi– aveva portato a termine l’impresa piùcriminosa ed efferata della storia del no-stro Paese: il rapimento di Aldo Moro daparte delle Brigate rosse.

Rispetto a quella sera, in più, c’è la lapi-de che ricorda l’episodio: “Ai compagniIaio Iannucci e Fausto Tinelli, qui uccisidai fascisti”, con la data di quel giorno tra-

gico. Poi, è rimasto uguale il muro grigioche la cinge da una parte e dell’altra; ugua-le il colpo d’occhio che da lì portava al Cen-tro sociale Leoncavallo (quello non c’è più,trasferito dopo tanti altri conflitti in una zo-na più periferica); stessa la postazione del-l’edicola all’angolo dove i due giovani si fer-marono a guardare e commentare i titolidei giornali che parlavano di Moro prima diimboccare la strada che li avrebbe portatiincontro al loro destino; è rimasto al suoposto anche il campetto dell’oratorio in ter-ra battuta sul retro dell’abbazia dedicata aSanta Maria della Misericordia (bellissimo

anche il chiostro, il tutto risalente al XV se-colo) di piazza San Materno, che nemme-no quattro giorni dopo li avrebbe accoltiper l’ultimo saluto. Se ci si mette, ancheadesso, a quell’angolo di via si possono be-nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia d’I-talia ricordi, negli ultimi trent’anni.

Un commando venuto dal nullaFausto Tinelli e Lorenzo Iannucci aveva-

no poco più di 18 anni e una vita fin trop-po simile a quella di migliaia loro coetanei:un impegno politico “normale” e naturaleper la generazione milanese di quegli anni,le amicizie al Centro sociale, la passioneper la musica e i concerti, i primi amori.Normali anche le abitudini (forse troppo,se qualcuno poteva avere interesse a pren-der nota degli spostamenti): il pomeriggiodel sabato diviso fra la puntata al vicinoParco Lambro, la passeggiata con la fidan-zatina, la solita capatina al Leonka con l’ar-

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Chi ha ucciso Iaio Iannucci e Fausto Tinelli? La lapide dice: “i fascisti”. La realtàè più complessa e la morte dei due ragazzi milanesi, impegnati, ma senza eccessi, a sinistra, e legati al Centro sociale Leoncavallo, resta un enigma

Che (misteriosa) idea morire di marzo

di Tiziano Marelli ~ L’Europeo 2006 n. 2

FAUSTO E IAIO 1978

Da sinistra, Fausto Tinelli e “Iaio” Iannucci.

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mento: Iaio muore subito, Fausto durante iltragitto in ospedale. I tre assassini risalgonola via. Due da una parte – quelli in bianco– uno dall’altra parte del marciapiede, op-posto all’agguato. E arrivano in fondo giu-sto quando la prima gazzella dei carabinie-ri entra nella via, pochi attimi dopo il fattoe non si saprà mai chiamata da chi. I tre kil-ler a questo punto semplicemente spari-scono, svaniscono nel nulla.

Un’altra morte misteriosaNei tentativi di ricostruzione successivi

all’accaduto c’è chi dirà che lo fanno inmacchina e in moto raccolti da due com-plici in copertura, chi dice a piedi, secondoaltri addirittura confusi fra gli avventori delLeoncavallo, dopo esservi entrati dal retro(per avvalorare una tesi della faida internaall’ultrasinistra). La non chiarezza su que-sto “ripiegamento militare” del commandofarà da prologo a tutta l’inchiesta, mai ve-nuta praticamente a capo del mistero e ar-chiviata il 6 dicembre 2000, 22 anni e mez-

mezzo chilometro per arrivare a casa Tinel-li. Invece qualcosa o qualcuno li richiamaverso il punto in cui cadranno di lì a poco.Secondo la signora Marisa Biffi, unica te-stimone diretta del delitto, a Fausto e Iaio sisarebbero fatti incontro tre giovani più omeno della stessa età, altezza media: duecon impermeabile bianco, il terzo con giub-botto marrone. La donna, lontana pochimetri, coglie solo qualche spezzone di fra-se: più o meno «Siete del Leoncavallo?», poisente scoppiare botti che all’inizio le paio-no petardi. Sono colpi di Beretta 80 calibro7.65 invece, attutiti da un sacchetto di pla-stica bianca (tecnica da professionisti) cheavvolge la pistola a mo’ di raccoglitore deibossoli: nove in totale, equamente divisi frale vittime, tutti (meno uno, rinvenuto tem-po dopo incastrato nel marciapiede) anda-ti a segno. Entrambi cadono senza un la-

rivederci per il concerto della sera, il salutoagli amici riuniti al bar di fronte. Poi, il ri-trovarsi fra loro e l’incamminarsi verso ca-sa di Fausto: il risotto di mamma Danila liattendeva, anche questo come d’abitudineogni fine settimana, per le otto in punto.

Per chi conosce Milano e la zona vienenaturale pensare che la strada più ovvia perandare verso via Montenevoso (la loro me-ta) sia quella che dal Leoncavallo (nella viaomonima) porta direttamente in via Man-cinelli, la prima traversa a destra. Invece idue non lo fanno, è una stranezza che nonpotranno mai spiegare a nessuno: escono asinistra, girano e risalgono via Lambrate,arrivano allo slargo nella piazza della chie-sa, svoltano in via Casoretto e dopo pochimetri si trovano all’altezza di Mancinelli al-la fine di un giro più lungo. A questo puntologica vuole che vadano oltre per un altro

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Secondo l’unica testimone, a Fausto e Iaio si sarebbero fattiincontro tre giovani più o meno della stessa età, altezza media

Rabbia e dolore tra i militanti del Centro sociale Leoncavallo, frequentato da Lorenzo e Fausto, entrambi diciottenni.

ggi non è cambiata moltoda allora. Via Mancinelli, alquartiere Casoretto di Mi-lano, è praticamente rima-sta quella che era quella

sera, la sera di sabato 18 marzo del 1978.Certo, tutta la città adesso è diversa, e pa-recchio. Non ci sono più i venti gelidi che laspazzavano tristemente in quegli anni.Venti soprattutto di disagio e di contrap-posizione fra giovani di schieramento po-litico opposto. Venti anche pesantementecontaminati dal terrorismo più feroceben radicato in città, e che solo meno didue giorni prima – a Roma, ma anchecon protagonisti assolutamente milanesi– aveva portato a termine l’impresa piùcriminosa ed efferata della storia del no-stro Paese: il rapimento di Aldo Moro daparte delle Brigate rosse.

Rispetto a quella sera, in più, c’è la lapi-de che ricorda l’episodio: “Ai compagniIaio Iannucci e Fausto Tinelli, qui uccisidai fascisti”, con la data di quel giorno tra-

gico. Poi, è rimasto uguale il muro grigioche la cinge da una parte e dell’altra; ugua-le il colpo d’occhio che da lì portava al Cen-tro sociale Leoncavallo (quello non c’è più,trasferito dopo tanti altri conflitti in una zo-na più periferica); stessa la postazione del-l’edicola all’angolo dove i due giovani si fer-marono a guardare e commentare i titolidei giornali che parlavano di Moro prima diimboccare la strada che li avrebbe portatiincontro al loro destino; è rimasto al suoposto anche il campetto dell’oratorio in ter-ra battuta sul retro dell’abbazia dedicata aSanta Maria della Misericordia (bellissimo

anche il chiostro, il tutto risalente al XV se-colo) di piazza San Materno, che nemme-no quattro giorni dopo li avrebbe accoltiper l’ultimo saluto. Se ci si mette, ancheadesso, a quell’angolo di via si possono be-nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia d’I-talia ricordi, negli ultimi trent’anni.

Un commando venuto dal nullaFausto Tinelli e Lorenzo Iannucci aveva-

no poco più di 18 anni e una vita fin trop-po simile a quella di migliaia loro coetanei:un impegno politico “normale” e naturaleper la generazione milanese di quegli anni,le amicizie al Centro sociale, la passioneper la musica e i concerti, i primi amori.Normali anche le abitudini (forse troppo,se qualcuno poteva avere interesse a pren-der nota degli spostamenti): il pomeriggiodel sabato diviso fra la puntata al vicinoParco Lambro, la passeggiata con la fidan-zatina, la solita capatina al Leonka con l’ar-

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Chi ha ucciso Iaio Iannucci e Fausto Tinelli? La lapide dice: “i fascisti”. La realtàè più complessa e la morte dei due ragazzi milanesi, impegnati, ma senza eccessi, a sinistra, e legati al Centro sociale Leoncavallo, resta un enigma

Che (misteriosa) idea morire di marzo

di Tiziano Marelli ~ L’Europeo 2006 n. 2

FAUSTO E IAIO 1978

Da sinistra, Fausto Tinelli e “Iaio” Iannucci.

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Angelo Izzo – che, in tempi diversi, sa-ranno prodighi di rivelazioni sulle respon-sabilità del terzetto. Sarà però impossibilearrivare all’accertamento delle prove. An-che gruppi ed elementi della destra mila-nese finiranno nel mirino degli inquirenti:particolare attenzione viene rivolta a per-sonaggi di quel sottobosco e a spacciatoridi eroina del Casoretto.

Il giallo del cappello di lana bluNel tourbillon delle varie indagini che

si snoderanno negli anni compariranno espariranno impermeabili bianchi e giub-botti marroni, verranno acquisite testi-monianze definite importantissime pri-ma di trasformarsi in irrilevanti, entre-ranno e usciranno dall’inchiesta perso-naggi più o meno credibili.

Addirittura, un cappello di lana blu spor-co di sangue e con alcuni capelli biondi benvisibili all’interno – ritrovato sul luogo del-l’agguato durante la prima rimozione dellamontagna di fiori lasciati sul luogo dell’ag-guato – sparirà misteriosamente dall’uffi-cio corpi di reato del tribunale di Milano.

Un altro episodio sconcertante è dato dal

Iannucci Lorenzo. Con questo gesto voglia-mo vendicare la morte di tutti i camerati as-sassinati dagli strumenti della reazione edella sovversione”. A parte la stranezza divoler accreditare il delitto a una “brigata ar-mata di Milano” (quasi a voler rimarcare lalontananza da Roma: un trucchetto che an-che i magistrati ritengono ingenuo), è laprima volta che l’Esercito nazionale rivolu-zionario rivendica un’azione armata. Fran-co Anselmi è un militante dei primi Nar,ucciso lunedì 6 marzo 1978 – pochissimigiorni prima dei fatti del Casoretto – men-tre tentava di compiere una rapina inun’armeria in compagnia dei fratelli Giu-sva e Cristiano Fioravanti e di Alessan-dro Alibrandi, nomi tristemente famosidel panorama neofascista. Il documento èinteressante soprattutto nella parte finale:“Da questo momento cominceremo adagire e nulla potrà fermarci”. Secondo il vo-lantino, dunque, i Nar iniziano la loro atti-vità proprio quel 18 marzo 1978: da allora,

in effetti, saranno diverse le azioni crimina-li che commetteranno con questa sigla.

Negli anni le indagini non toccherannomai – è un dato incontrovertibile – nessunelemento di sinistra, mentre saranno anchemolti altri i neofascisti coinvolti. E gli ele-menti faticosamente raccolti dagli inqui-renti portano proprio nella capitale, sfiora-no anche elementi della banda della Ma-gliana, paventano connessioni con settorideviati dei servizi segreti (nel giro dei so-spettati entrano anche elementi collegatiall’assassinio del giornalista piduista Mi-no Pecorelli) e mettono in luce la possibi-lità che l’agguato possa essere stato com-messo da killer “in trasferta”. Vengono in-criminati in tre, appunto Massimo Carmi-nati (proprio uno dei sospettati dell’assas-sinio Pecorelli), Claudio Bracci e MarioCorsi (soprannominato Marione, uno deicapi riconosciuti, a tutt’oggi, degli ultrasdella Roma), grazie alle dichiarazioni a piùriprese di pentiti – in totale sei, compreso

tuizioni. Ma non avrà modo di arrivare infondo alla sua inchiesta: verrà ucciso daun’auto pirata – una Simca 1100 bianca del-la quale non si rinvenne mai nessuna trac-cia – sulle strisce pedonali sempre a Mila-no, in via Murat, poco tempo dopo, il 25 no-vembre. Per i testimoni dell’accaduto, l’au-tista parte improvvisamente da un par-cheggio lì vicino puntando dritto sul gior-nalista; il suo borsello, che conteneva ap-punti e considerazioni sul duplice delitto(sparito nella confusione successiva all’in-vestimento) verrà ritrovato a 300 metri dalluogo dell’incidente, in un’altra via. Vuoto.Ma le indagini di Brutto vengono comun-que alla luce e rafforzano quello che gli in-quirenti hanno capito forse subito: l’esecu-zione sembra essere frutto di una tipicaazione di elementi di destra. Anche perchésolo pochi giorni dopo il fatto di via Manci-nelli, il 23 marzo, in una cabina telefonicadi Roma la polizia rinviene un volantino afirma “Esercito nazionale rivoluzionario,Brigata combattente Franco Anselmi”; neltesto, fra l’altro, si legge: “Sabato 18 marzouna nostra Brigata armata di Milano ha giu-stiziato i servi del sistema Tinelli Fausto e

Non sembrava però avere dubbi il capo diGabinetto della questura di Milano Er-manno Bessone, il primo funzionario dipolizia a incontrare i giornalisti, la sera stes-sa, sul luogo del delitto: «È chiaro», disse,«che si tratta di un regolamento di conti,una faida fra gruppi della nuova sinistra oinerente al traffico di stupefacenti». Unaspiegazione che non convinse nessuno deipresenti. È vero che Fausto Tinelli avevacollaborato alla stesura di un “libro bianco”dedicato allo spaccio di stupefacenti nelquartiere (una piaga estesissima, nella Mi-lano di quegli anni) ma l’opera – una diquelle che allora si definivano di “con-troinformazione” – niente poteva avere ache fare con l’interno di quell’universo: loscopo dichiarato era opposto, cioè di fun-gere da denuncia del fenomeno.

Una resa dei conti? ImprobabileUn’improbabile “resa dei conti”, quella

paventata da Bessone, che soprattutto nonaveva convinto Mauro Brutto, giovane ecombattivo cronista di nera de l’Unità.Brutto si mise a raccogliere indizi, a farecongetture, a rivelare (a colleghi e amici) in-

L’EUROPEO 93

Rivendicò il delitto l’Esercito nazionale rivoluzionario, di estremadestra: la prima azione armata di una lunga carriera criminosa

22 marzo 1978. Centomila persone si ritrovano a Milano, in piazza S. Materno, per dare l’ultimo saluto a Fausto e Iaio.

zo più tardi, dal Gip Clementina Forleocon questa motivazione, nel classico e fred-do burocratese d’uso in questi casi: “Pur inpresenza dei significativi elementi indiziaria carico della destra eversiva e in particola-re degli attuali indagati (Massimo Carmi-nati, Mario Corsi e Claudio Bracci), ap-pare evidente allo Stato la non superabilitàin giudizio del limite appunto indiziario diquesti elementi, e ciò soprattutto per lanatura del reato e delle pur rilevanti di-chiarazioni”. Da allora nessuno indaga piùufficialmente su come e perché due ragaz-zi milanesi assolutamente simili a migliaiadi altri siano stati uccisi con una modalitàd’esecuzione chiaramente e freddamentestudiata a tavolino.

Nessuna indagine è stata in grado dichiarire qualsivoglia nesso logico certo sulperché siano stati proprio loro – obiettiviapparentemente casuali – a cadere sotto icolpi di pistola sparati da un killer profes-sionista appoggiato da un commando.

In effetti, sarebbe meglio dire che le ipo-tesi sono state tante ma, per i diversi inqui-renti impegnati nel caso, neppure una con-vincente o capace di sciogliere l’enigma.

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Angelo Izzo – che, in tempi diversi, sa-ranno prodighi di rivelazioni sulle respon-sabilità del terzetto. Sarà però impossibilearrivare all’accertamento delle prove. An-che gruppi ed elementi della destra mila-nese finiranno nel mirino degli inquirenti:particolare attenzione viene rivolta a per-sonaggi di quel sottobosco e a spacciatoridi eroina del Casoretto.

Il giallo del cappello di lana bluNel tourbillon delle varie indagini che

si snoderanno negli anni compariranno espariranno impermeabili bianchi e giub-botti marroni, verranno acquisite testi-monianze definite importantissime pri-ma di trasformarsi in irrilevanti, entre-ranno e usciranno dall’inchiesta perso-naggi più o meno credibili.

Addirittura, un cappello di lana blu spor-co di sangue e con alcuni capelli biondi benvisibili all’interno – ritrovato sul luogo del-l’agguato durante la prima rimozione dellamontagna di fiori lasciati sul luogo dell’ag-guato – sparirà misteriosamente dall’uffi-cio corpi di reato del tribunale di Milano.

Un altro episodio sconcertante è dato dal

Iannucci Lorenzo. Con questo gesto voglia-mo vendicare la morte di tutti i camerati as-sassinati dagli strumenti della reazione edella sovversione”. A parte la stranezza divoler accreditare il delitto a una “brigata ar-mata di Milano” (quasi a voler rimarcare lalontananza da Roma: un trucchetto che an-che i magistrati ritengono ingenuo), è laprima volta che l’Esercito nazionale rivolu-zionario rivendica un’azione armata. Fran-co Anselmi è un militante dei primi Nar,ucciso lunedì 6 marzo 1978 – pochissimigiorni prima dei fatti del Casoretto – men-tre tentava di compiere una rapina inun’armeria in compagnia dei fratelli Giu-sva e Cristiano Fioravanti e di Alessan-dro Alibrandi, nomi tristemente famosidel panorama neofascista. Il documento èinteressante soprattutto nella parte finale:“Da questo momento cominceremo adagire e nulla potrà fermarci”. Secondo il vo-lantino, dunque, i Nar iniziano la loro atti-vità proprio quel 18 marzo 1978: da allora,

in effetti, saranno diverse le azioni crimina-li che commetteranno con questa sigla.

Negli anni le indagini non toccherannomai – è un dato incontrovertibile – nessunelemento di sinistra, mentre saranno anchemolti altri i neofascisti coinvolti. E gli ele-menti faticosamente raccolti dagli inqui-renti portano proprio nella capitale, sfiora-no anche elementi della banda della Ma-gliana, paventano connessioni con settorideviati dei servizi segreti (nel giro dei so-spettati entrano anche elementi collegatiall’assassinio del giornalista piduista Mi-no Pecorelli) e mettono in luce la possibi-lità che l’agguato possa essere stato com-messo da killer “in trasferta”. Vengono in-criminati in tre, appunto Massimo Carmi-nati (proprio uno dei sospettati dell’assas-sinio Pecorelli), Claudio Bracci e MarioCorsi (soprannominato Marione, uno deicapi riconosciuti, a tutt’oggi, degli ultrasdella Roma), grazie alle dichiarazioni a piùriprese di pentiti – in totale sei, compreso

tuizioni. Ma non avrà modo di arrivare infondo alla sua inchiesta: verrà ucciso daun’auto pirata – una Simca 1100 bianca del-la quale non si rinvenne mai nessuna trac-cia – sulle strisce pedonali sempre a Mila-no, in via Murat, poco tempo dopo, il 25 no-vembre. Per i testimoni dell’accaduto, l’au-tista parte improvvisamente da un par-cheggio lì vicino puntando dritto sul gior-nalista; il suo borsello, che conteneva ap-punti e considerazioni sul duplice delitto(sparito nella confusione successiva all’in-vestimento) verrà ritrovato a 300 metri dalluogo dell’incidente, in un’altra via. Vuoto.Ma le indagini di Brutto vengono comun-que alla luce e rafforzano quello che gli in-quirenti hanno capito forse subito: l’esecu-zione sembra essere frutto di una tipicaazione di elementi di destra. Anche perchésolo pochi giorni dopo il fatto di via Manci-nelli, il 23 marzo, in una cabina telefonicadi Roma la polizia rinviene un volantino afirma “Esercito nazionale rivoluzionario,Brigata combattente Franco Anselmi”; neltesto, fra l’altro, si legge: “Sabato 18 marzouna nostra Brigata armata di Milano ha giu-stiziato i servi del sistema Tinelli Fausto e

Non sembrava però avere dubbi il capo diGabinetto della questura di Milano Er-manno Bessone, il primo funzionario dipolizia a incontrare i giornalisti, la sera stes-sa, sul luogo del delitto: «È chiaro», disse,«che si tratta di un regolamento di conti,una faida fra gruppi della nuova sinistra oinerente al traffico di stupefacenti». Unaspiegazione che non convinse nessuno deipresenti. È vero che Fausto Tinelli avevacollaborato alla stesura di un “libro bianco”dedicato allo spaccio di stupefacenti nelquartiere (una piaga estesissima, nella Mi-lano di quegli anni) ma l’opera – una diquelle che allora si definivano di “con-troinformazione” – niente poteva avere ache fare con l’interno di quell’universo: loscopo dichiarato era opposto, cioè di fun-gere da denuncia del fenomeno.

Una resa dei conti? ImprobabileUn’improbabile “resa dei conti”, quella

paventata da Bessone, che soprattutto nonaveva convinto Mauro Brutto, giovane ecombattivo cronista di nera de l’Unità.Brutto si mise a raccogliere indizi, a farecongetture, a rivelare (a colleghi e amici) in-

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Rivendicò il delitto l’Esercito nazionale rivoluzionario, di estremadestra: la prima azione armata di una lunga carriera criminosa

22 marzo 1978. Centomila persone si ritrovano a Milano, in piazza S. Materno, per dare l’ultimo saluto a Fausto e Iaio.

zo più tardi, dal Gip Clementina Forleocon questa motivazione, nel classico e fred-do burocratese d’uso in questi casi: “Pur inpresenza dei significativi elementi indiziaria carico della destra eversiva e in particola-re degli attuali indagati (Massimo Carmi-nati, Mario Corsi e Claudio Bracci), ap-pare evidente allo Stato la non superabilitàin giudizio del limite appunto indiziario diquesti elementi, e ciò soprattutto per lanatura del reato e delle pur rilevanti di-chiarazioni”. Da allora nessuno indaga piùufficialmente su come e perché due ragaz-zi milanesi assolutamente simili a migliaiadi altri siano stati uccisi con una modalitàd’esecuzione chiaramente e freddamentestudiata a tavolino.

Nessuna indagine è stata in grado dichiarire qualsivoglia nesso logico certo sulperché siano stati proprio loro – obiettiviapparentemente casuali – a cadere sotto icolpi di pistola sparati da un killer profes-sionista appoggiato da un commando.

In effetti, sarebbe meglio dire che le ipo-tesi sono state tante ma, per i diversi inqui-renti impegnati nel caso, neppure una con-vincente o capace di sciogliere l’enigma.

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Polizia e carabinieri procedono a uno sgombero del Centro sociale Leoncavallo, occupato abusivamente dall’ottobre 1975.

gazzo (lo ha raccontato Iaia, la sorella)esclamò: «Eight o’clock, eight o’clock! Dan-ger, danger!», prima di scappare a gambelevate. «Le otto, pericolo!»: minuto più mi-nuto meno, l’ora esatta del delitto.

È necessario sottolineare un altro episo-dio. In quegli anni erano famose – ancheoltre i confini del Casoretto – le gesta dellalocale “banda Bellini”, dal cognome di An-gelo Bellini, il capo riconosciuto, un ante-signano per gesti e ideologia (confusa) diquella che sarebbe poi stata l’Autonomiaoperaia. Bellini era sfuggito tre anni primaa un attentato sotto casa, curiosamentemesso in atto da elementi della destra ro-mana in trasferta…

Naturalmente, anche i quotidiani dellasinistra extraparlamentare dell’epoca si im-pegnarono in vari tentativi di “controinfor-mazione”: il Quotidiano dei Lavoratori,Lotta Continua, La Sinistra. Erano tentativivolti anche a sottolineare la possibile re-sponsabilità dell’eversione di destra, im-piegata come manovalanza in un disegno(peraltro già vissuto dal nostro Paese) di“strategia della tensione”. Nello stesso con-testo si collocava anche il rapimento Moro.Pure questi tentativi, però, non raggiunse-

mone di qualcosa che non avrebbe mai do-vuto vedere. In più, pedinamenti e appo-stamenti – a piedi e in macchina – nei con-fronti di tutta la famiglia Tinelli erano statinotati da almeno quattro settimane primadel delitto, e di questo il giovane si era det-to turbato con molti amici. Addirittura, unasignora bionda (contraddistintasi per unlook assolutamente non compatibile conquello dei giovani di sinistra di allora) eraandata – con la scusa di essere una sua am-miratrice – pochi giorni prima del 18 mar-zo a interrogare i vicini di casa sulle abitu-dini di Fausto: orari, spostamenti, scuolafrequentata, amicizie.

L’allarme del giovane di coloreA suggello di un mistero quasi da thriller,

il pomeriggio di quel giorno fatale a casaIannucci (proprio in piazza San Materno 1,di fronte alla chiesa) si presentò anche ungiovane di colore, mai visto prima né piùdopo, che in tono allarmato e concitatosuonò alla porta di casa, e ai familiari del ra-

fatto che la casa di Fausto Tinelli si trovava(e si trova, a tutt’oggi) in via Montenevoso9, esattamente di fronte al numero 8, dovesi è poi scoperto uno dei covi più impor-tanti delle Brigate rosse, quello che nascon-deva il memoriale di Aldo Moro. FrancoBonisoli, esponente brigatista a lungo oc-cupante quel rifugio, dirà anni dopo che leBr erano rimaste molto colpite dal delittodel Casoretto. Non a caso avevano dedica-to parte del loro comunicato numero 2 sulrapimento di Moro ai due ragazzi di Mila-no, rendendo omaggio “ai compagni Lo-renzo Iannucci e Fausto Tinelli, assassinatidai sicari del regime”. Incalzato però da Da-niele Biacchessi, (autore del libro Fausto eIaio, Baldini & Castoldi, 1996) che sottoli-neava quanto fosse curioso che le due abi-tazioni fossero così vicine, risponderà, qua-si confuso, di non esserne mai stato al cor-rente. Strano, perché le finestre di Faustodavano esattamente su quelle del covo, e siè anche ipotizzato – fra le varie congetture– che il giovane potesse essere stato testi-

94 L’EUROPEO

Il brigatista Franco Bonisoli sostenne di non aver saputo che lefinestre di Fausto dessero sul covo Br di via Montenevoso. Strano

Molte mamme partecipano ai funerali. La madre di Fausto, Danila Angeli, ancora oggi si batte per dare un nome agli assassini del figlio.

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Page 6: 90 L EUROPEO90L EUROPEO L EUROPEO 91 FAUSTO E IAIO 1978 · nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia

Polizia e carabinieri procedono a uno sgombero del Centro sociale Leoncavallo, occupato abusivamente dall’ottobre 1975.

gazzo (lo ha raccontato Iaia, la sorella)esclamò: «Eight o’clock, eight o’clock! Dan-ger, danger!», prima di scappare a gambelevate. «Le otto, pericolo!»: minuto più mi-nuto meno, l’ora esatta del delitto.

È necessario sottolineare un altro episo-dio. In quegli anni erano famose – ancheoltre i confini del Casoretto – le gesta dellalocale “banda Bellini”, dal cognome di An-gelo Bellini, il capo riconosciuto, un ante-signano per gesti e ideologia (confusa) diquella che sarebbe poi stata l’Autonomiaoperaia. Bellini era sfuggito tre anni primaa un attentato sotto casa, curiosamentemesso in atto da elementi della destra ro-mana in trasferta…

Naturalmente, anche i quotidiani dellasinistra extraparlamentare dell’epoca si im-pegnarono in vari tentativi di “controinfor-mazione”: il Quotidiano dei Lavoratori,Lotta Continua, La Sinistra. Erano tentativivolti anche a sottolineare la possibile re-sponsabilità dell’eversione di destra, im-piegata come manovalanza in un disegno(peraltro già vissuto dal nostro Paese) di“strategia della tensione”. Nello stesso con-testo si collocava anche il rapimento Moro.Pure questi tentativi, però, non raggiunse-

mone di qualcosa che non avrebbe mai do-vuto vedere. In più, pedinamenti e appo-stamenti – a piedi e in macchina – nei con-fronti di tutta la famiglia Tinelli erano statinotati da almeno quattro settimane primadel delitto, e di questo il giovane si era det-to turbato con molti amici. Addirittura, unasignora bionda (contraddistintasi per unlook assolutamente non compatibile conquello dei giovani di sinistra di allora) eraandata – con la scusa di essere una sua am-miratrice – pochi giorni prima del 18 mar-zo a interrogare i vicini di casa sulle abitu-dini di Fausto: orari, spostamenti, scuolafrequentata, amicizie.

L’allarme del giovane di coloreA suggello di un mistero quasi da thriller,

il pomeriggio di quel giorno fatale a casaIannucci (proprio in piazza San Materno 1,di fronte alla chiesa) si presentò anche ungiovane di colore, mai visto prima né piùdopo, che in tono allarmato e concitatosuonò alla porta di casa, e ai familiari del ra-

fatto che la casa di Fausto Tinelli si trovava(e si trova, a tutt’oggi) in via Montenevoso9, esattamente di fronte al numero 8, dovesi è poi scoperto uno dei covi più impor-tanti delle Brigate rosse, quello che nascon-deva il memoriale di Aldo Moro. FrancoBonisoli, esponente brigatista a lungo oc-cupante quel rifugio, dirà anni dopo che leBr erano rimaste molto colpite dal delittodel Casoretto. Non a caso avevano dedica-to parte del loro comunicato numero 2 sulrapimento di Moro ai due ragazzi di Mila-no, rendendo omaggio “ai compagni Lo-renzo Iannucci e Fausto Tinelli, assassinatidai sicari del regime”. Incalzato però da Da-niele Biacchessi, (autore del libro Fausto eIaio, Baldini & Castoldi, 1996) che sottoli-neava quanto fosse curioso che le due abi-tazioni fossero così vicine, risponderà, qua-si confuso, di non esserne mai stato al cor-rente. Strano, perché le finestre di Faustodavano esattamente su quelle del covo, e siè anche ipotizzato – fra le varie congetture– che il giovane potesse essere stato testi-

94 L’EUROPEO

Il brigatista Franco Bonisoli sostenne di non aver saputo che lefinestre di Fausto dessero sul covo Br di via Montenevoso. Strano

Molte mamme partecipano ai funerali. La madre di Fausto, Danila Angeli, ancora oggi si batte per dare un nome agli assassini del figlio.

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Page 7: 90 L EUROPEO90L EUROPEO L EUROPEO 91 FAUSTO E IAIO 1978 · nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia

una banca. La targa che ricorda i due gio-vani, proprio dove sono caduti, è sempreadornata di fiori, e i murales intorno e difronte sono regolarmente rinnovati e ridi-segnati, soprattutto in occasione di ognianniversario, il 18 marzo. A farlo sono glistudenti del liceo artistico Brera di via Haje-ch, quello che frequentava Fausto e che igiovani ribattezzarono da subito con il no-me dei due ragazzi uccisi. Danila Angeli, lamamma di Fausto Tinelli, non ha maismesso di sperare nella verità. In occasionedel convegno di Genova I comitati civilicontro silenzi e impunità, che si è tenuto nelluglio 2003, ha affermato fra l’altro: «Noiper lo Stato siamo vittime invisibili, che nonvuole proprio vedere. Io mi sento come unamadre argentina, e Fausto e Iaio sono deidesaparecidos».

Qualche settimana dopo il duplice as-sassinio fu redatto un libro, una raccoltadi alcune delle testimonianze lasciate sulluogo dell’assassinio. Il titolo, Che ideamorire di marzo, è la frase finale di unadelle lettere conservate dai familiari deidue ragazzi scomparsi.

vicine al Centro sociale che negli anni hasempre tentato di tenere vivo il ricordo diquegli eventi e di chiedere giustizia. Le stes-si madri, oltre ai compagni di allora e aquelli che si sono aggiunti negli anni, sonoattualmente impegnate a salvare il Leonca-vallo – già alla sua terza sede – dalla defini-tiva chiusura, eventualità contro la quale sisono mobilitati anche decine di intellettua-li e artisti. Secondo Moni Ovadia (la Re-pubblica, giovedì 26 gennaio 2006) «IlLeoncavallo è una delle realtà più vive e faparte della storia della città. Ha svolto unruolo fondamentale in campo culturale,sociale e politico offrendo spazi di aggrega-zione a cittadini come i giovani delle peri-ferie degradate o gli extracomunitari».

Quella che era la sede iniziale, nella viaomonima, dopo l’immediata demolizioneseguita allo sgombero, è diventata una ele-gante palazzina in vetrocemento verde;l’ingresso di una volta è adesso quello di

tensione che solo la fermezza dei diversileader accorsi sul posto non trasformò intragedia, come già era successo in cittàtempo prima dopo la morte di Claudio Va-ralli. I manifestanti furono almeno il dop-pio la mattina dopo, e non meno di 100mi-la sfilarono il mercoledì, giorno dei funera-li: a parteciparvi fu tutto il quartiere.

Le strade dei due amici, a quel punto, sidivisero: Lorenzo andò al cimitero di Lam-brate, a un tiro di schioppo dal quartiere;Fausto fu invece portato a Trento, città d’o-rigine e di vacanza l’estate. Al ritorno la fa-miglia Tinelli trovò la casa “ordinatamen-te” sottosopra: erano entrati uomini (lo di-cono i vicini) eleganti e silenziosi. A spari-re furono una serie di nastri magnetici re-gistrati da Fausto che solo lui sapeva checosa contenessero: non li aveva mai fattiascoltare a nessuno.

In quei giorni è nato il Comitato dellemadri del Leoncavallo, un gruppo di donne

L’EUROPEO 97

Al ritorno dall’inumazione di Fausto a Trento, la famiglia Tinellitrovò la casa di Milano “ordinatamente” sottosopra

Milano. Il cadavere del giornalista dell’Unità Mario Brutto, investito da un’auto. Il cronista stava indagando sull’uccisione di Fausto e Iaio.

• 1 febbraio 1977Azione e ritorsionePicchiatori neofascistiirrompono nell’UniversitàLa Sapienza di Roma. Duestudenti feriti. Il 2 febbraiomilitanti dell’autonomiaassaltano una sede del Fronte della gioventù.• 7 febbraioAggressione al sindacatoTafferugli tra i militanticomunisti e autonomidurante un comizio delleader della Cgil LucianoLama alla Sapienza.• 21 aprileAmmazzato un agenteAncora scontri di piazza aRoma. Una manifestazionestudentesca contro i decreti Malfatti di riformadell’Università degenera.Dalle file di Autonomia si spara. Colpito a mortel’agente Settimio Passamonti,ferito un altro poliziotto.• 22 aprilePiazze vietateIl ministro degli Interni,Francesco Cossiga,stabilisce il divieto assolutodi manifestare in piazza.• 3 maggioLa paura dei giuratiUn processo contro le Br a Torino viene rinviatoperché i giurati popolaririfiutano l’incarico.• 5 maggioVerso il compromessoSi riunisce un summit tradirigenti della Dc e del Pciper discutere dell’ipotesi diun programma di governo.Un primo passo verso il compromesso storico.• 12 maggioUccisa Giorgiana MasiSfidando il divieto delgoverno, i radicalimanifestano a Roma per

Un commando delle Brassale le auto di Aldo Moroe della scorta. Gli agentivengono uccisi, il leader dcrapito. Sciopero generalecontro il terrorismo.• 21 marzoLa legge anti-BrMisure speciali del governocontro il terrorismo.• 9 maggioMoro è stato uccisoIl corpo del presidentedella Dc viene fatto trovare in una Renault 4rossa in via Caetani (sotto).Il giorno dopo Cossiga si dimette da ministro.• 8 luglioPertini al quirinaleSandro Pertini elettopresidente dellaRepubblica.Il predecessore, GiovanniLeone, si è dimesso in seguito alle accuse di corruzione.• 6 agosto Muore il Papa Scompare Paolo VI; 20 giorni dopo viene eletto Giovanni Paolo I.Morirà il 28 settembre.Il successore sarà il Papapolacco, Karol Wojtyla,il primo straniero da secoli.

celebrare l’anniversariodella vittoria nelreferendum sul divorzio.Interviene la polizia e vieneuccisa una studentessa,Giorgiana Masi.• 4 gennaio 1978Terrorismo anti-FiatIl capo dei sorvegliantidella Fiat di Cassino vieneucciso in un agguato.La rivendicazione è: Operaiarmati per il comunismo.• 12 gennaioL’appello americanoDagli Usa un invito del Dipartimento di Stato ai leader dell’Occidente:non fate accordi di governocon i comunisti.• 28 febbraioIl presidente della dc Aldo Moro sostiene che il partito deve tentare un’alleanzaprogrammatica con il Pci.• 11 marzoIl governo d’emergenzaGiulio Andreotti, che si eradimesso dalla presidenzadel Consiglio il 16 gennaio,forma un governo dc,con l’appoggio dellesinistre, incluso il Pci.• 16 marzoVia Fani

1 9 7 7 - 7 8 E V E N T I ro alcun risultato tangibile. Una mancanzadi appigli investigativi totale che rimande-rebbe a un comportamento “culturale”classico, e ben noto della storia italiana: l’o-mertà ermetica propria delle situazionimafiose. E la mafia, occorre sottolinearlo,era ben presente in quella zona proprio at-traverso il traffico e lo spaccio di eroina, de-mandata a un sottobosco stanziale nelquartiere, a metà strada tra il confusamen-te politicizzato di destra e il delinquenzialepuro. Proprio il sottobosco su cui stava la-vorando il gruppo di lavoro per la stesuradel “libro bianco” al quale faceva riferimen-to attivo anche Fausto Tinelli. Sono stati di-versi i magistrati che si sono succeduti nel-l’inchiesta; in particolare Guido Salvini hadedicato al caso 15 lunghi anni. Anch’eglisenza successo. Aldo Giannuli, uno deimassimi consulenti della Commissionestragi, in una perizia sul caso redatta nel1998 per conto del tribunale milanese, haaffermato però: “I fascicoli sull’omicidio sipresentavano poveri, non comparivanonote confidenziali, nessun scambio episto-lare con altri corpi di polizia, nessun pas-saggio d’inchiesta. Il silenzio appare strano.Totale assenza di veline. Nessun rapportodella squadra narcotici. Nessun informato-re ha acquisito la minima notizia sul caso”.

Una città si mobilitaSubito dopo il delitto la città, o almeno

una sua parte, si mobilitò. Chiamati a rac-colta dal tam tam delle radio libere, Canale96, Radio Popolare, Radio Regione, migliaiadi giovani e militanti della sinistra extrapar-lamentare si concentrarono al Casoretto.

Il luogo dove erano caduti i due ragazzida quel momento diventò un simbolo, ilpunto di raccolta di montagne di fiori e mi-gliaia di bigliettini: poesie, scritti e semplicipensieri degli amici o di chi non li avevamai conosciuti, ma che in loro si ricono-sceva naturalmente. La sera stessa di quelsabato un corteo spontaneo di almeno30mila persone sfilò nelle strade del quar-tiere per poi abbandonarsi ad atti di violen-za in centro, in un clima generale di grande

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Page 8: 90 L EUROPEO90L EUROPEO L EUROPEO 91 FAUSTO E IAIO 1978 · nissimo immaginare Fausto e Iaio che en-trano per andare incontro a una delle mor-ti più misteriose e segrete che la storia

una banca. La targa che ricorda i due gio-vani, proprio dove sono caduti, è sempreadornata di fiori, e i murales intorno e difronte sono regolarmente rinnovati e ridi-segnati, soprattutto in occasione di ognianniversario, il 18 marzo. A farlo sono glistudenti del liceo artistico Brera di via Haje-ch, quello che frequentava Fausto e che igiovani ribattezzarono da subito con il no-me dei due ragazzi uccisi. Danila Angeli, lamamma di Fausto Tinelli, non ha maismesso di sperare nella verità. In occasionedel convegno di Genova I comitati civilicontro silenzi e impunità, che si è tenuto nelluglio 2003, ha affermato fra l’altro: «Noiper lo Stato siamo vittime invisibili, che nonvuole proprio vedere. Io mi sento come unamadre argentina, e Fausto e Iaio sono deidesaparecidos».

Qualche settimana dopo il duplice as-sassinio fu redatto un libro, una raccoltadi alcune delle testimonianze lasciate sulluogo dell’assassinio. Il titolo, Che ideamorire di marzo, è la frase finale di unadelle lettere conservate dai familiari deidue ragazzi scomparsi.

vicine al Centro sociale che negli anni hasempre tentato di tenere vivo il ricordo diquegli eventi e di chiedere giustizia. Le stes-si madri, oltre ai compagni di allora e aquelli che si sono aggiunti negli anni, sonoattualmente impegnate a salvare il Leonca-vallo – già alla sua terza sede – dalla defini-tiva chiusura, eventualità contro la quale sisono mobilitati anche decine di intellettua-li e artisti. Secondo Moni Ovadia (la Re-pubblica, giovedì 26 gennaio 2006) «IlLeoncavallo è una delle realtà più vive e faparte della storia della città. Ha svolto unruolo fondamentale in campo culturale,sociale e politico offrendo spazi di aggrega-zione a cittadini come i giovani delle peri-ferie degradate o gli extracomunitari».

Quella che era la sede iniziale, nella viaomonima, dopo l’immediata demolizioneseguita allo sgombero, è diventata una ele-gante palazzina in vetrocemento verde;l’ingresso di una volta è adesso quello di

tensione che solo la fermezza dei diversileader accorsi sul posto non trasformò intragedia, come già era successo in cittàtempo prima dopo la morte di Claudio Va-ralli. I manifestanti furono almeno il dop-pio la mattina dopo, e non meno di 100mi-la sfilarono il mercoledì, giorno dei funera-li: a parteciparvi fu tutto il quartiere.

Le strade dei due amici, a quel punto, sidivisero: Lorenzo andò al cimitero di Lam-brate, a un tiro di schioppo dal quartiere;Fausto fu invece portato a Trento, città d’o-rigine e di vacanza l’estate. Al ritorno la fa-miglia Tinelli trovò la casa “ordinatamen-te” sottosopra: erano entrati uomini (lo di-cono i vicini) eleganti e silenziosi. A spari-re furono una serie di nastri magnetici re-gistrati da Fausto che solo lui sapeva checosa contenessero: non li aveva mai fattiascoltare a nessuno.

In quei giorni è nato il Comitato dellemadri del Leoncavallo, un gruppo di donne

L’EUROPEO 97

Al ritorno dall’inumazione di Fausto a Trento, la famiglia Tinellitrovò la casa di Milano “ordinatamente” sottosopra

Milano. Il cadavere del giornalista dell’Unità Mario Brutto, investito da un’auto. Il cronista stava indagando sull’uccisione di Fausto e Iaio.

• 1 febbraio 1977Azione e ritorsionePicchiatori neofascistiirrompono nell’UniversitàLa Sapienza di Roma. Duestudenti feriti. Il 2 febbraiomilitanti dell’autonomiaassaltano una sede del Fronte della gioventù.• 7 febbraioAggressione al sindacatoTafferugli tra i militanticomunisti e autonomidurante un comizio delleader della Cgil LucianoLama alla Sapienza.• 21 aprileAmmazzato un agenteAncora scontri di piazza aRoma. Una manifestazionestudentesca contro i decreti Malfatti di riformadell’Università degenera.Dalle file di Autonomia si spara. Colpito a mortel’agente Settimio Passamonti,ferito un altro poliziotto.• 22 aprilePiazze vietateIl ministro degli Interni,Francesco Cossiga,stabilisce il divieto assolutodi manifestare in piazza.• 3 maggioLa paura dei giuratiUn processo contro le Br a Torino viene rinviatoperché i giurati popolaririfiutano l’incarico.• 5 maggioVerso il compromessoSi riunisce un summit tradirigenti della Dc e del Pciper discutere dell’ipotesi diun programma di governo.Un primo passo verso il compromesso storico.• 12 maggioUccisa Giorgiana MasiSfidando il divieto delgoverno, i radicalimanifestano a Roma per

Un commando delle Brassale le auto di Aldo Moroe della scorta. Gli agentivengono uccisi, il leader dcrapito. Sciopero generalecontro il terrorismo.• 21 marzoLa legge anti-BrMisure speciali del governocontro il terrorismo.• 9 maggioMoro è stato uccisoIl corpo del presidentedella Dc viene fatto trovare in una Renault 4rossa in via Caetani (sotto).Il giorno dopo Cossiga si dimette da ministro.• 8 luglioPertini al quirinaleSandro Pertini elettopresidente dellaRepubblica.Il predecessore, GiovanniLeone, si è dimesso in seguito alle accuse di corruzione.• 6 agosto Muore il Papa Scompare Paolo VI; 20 giorni dopo viene eletto Giovanni Paolo I.Morirà il 28 settembre.Il successore sarà il Papapolacco, Karol Wojtyla,il primo straniero da secoli.

celebrare l’anniversariodella vittoria nelreferendum sul divorzio.Interviene la polizia e vieneuccisa una studentessa,Giorgiana Masi.• 4 gennaio 1978Terrorismo anti-FiatIl capo dei sorvegliantidella Fiat di Cassino vieneucciso in un agguato.La rivendicazione è: Operaiarmati per il comunismo.• 12 gennaioL’appello americanoDagli Usa un invito del Dipartimento di Stato ai leader dell’Occidente:non fate accordi di governocon i comunisti.• 28 febbraioIl presidente della dc Aldo Moro sostiene che il partito deve tentare un’alleanzaprogrammatica con il Pci.• 11 marzoIl governo d’emergenzaGiulio Andreotti, che si eradimesso dalla presidenzadel Consiglio il 16 gennaio,forma un governo dc,con l’appoggio dellesinistre, incluso il Pci.• 16 marzoVia Fani

1 9 7 7 - 7 8 E V E N T I ro alcun risultato tangibile. Una mancanzadi appigli investigativi totale che rimande-rebbe a un comportamento “culturale”classico, e ben noto della storia italiana: l’o-mertà ermetica propria delle situazionimafiose. E la mafia, occorre sottolinearlo,era ben presente in quella zona proprio at-traverso il traffico e lo spaccio di eroina, de-mandata a un sottobosco stanziale nelquartiere, a metà strada tra il confusamen-te politicizzato di destra e il delinquenzialepuro. Proprio il sottobosco su cui stava la-vorando il gruppo di lavoro per la stesuradel “libro bianco” al quale faceva riferimen-to attivo anche Fausto Tinelli. Sono stati di-versi i magistrati che si sono succeduti nel-l’inchiesta; in particolare Guido Salvini hadedicato al caso 15 lunghi anni. Anch’eglisenza successo. Aldo Giannuli, uno deimassimi consulenti della Commissionestragi, in una perizia sul caso redatta nel1998 per conto del tribunale milanese, haaffermato però: “I fascicoli sull’omicidio sipresentavano poveri, non comparivanonote confidenziali, nessun scambio episto-lare con altri corpi di polizia, nessun pas-saggio d’inchiesta. Il silenzio appare strano.Totale assenza di veline. Nessun rapportodella squadra narcotici. Nessun informato-re ha acquisito la minima notizia sul caso”.

Una città si mobilitaSubito dopo il delitto la città, o almeno

una sua parte, si mobilitò. Chiamati a rac-colta dal tam tam delle radio libere, Canale96, Radio Popolare, Radio Regione, migliaiadi giovani e militanti della sinistra extrapar-lamentare si concentrarono al Casoretto.

Il luogo dove erano caduti i due ragazzida quel momento diventò un simbolo, ilpunto di raccolta di montagne di fiori e mi-gliaia di bigliettini: poesie, scritti e semplicipensieri degli amici o di chi non li avevamai conosciuti, ma che in loro si ricono-sceva naturalmente. La sera stessa di quelsabato un corteo spontaneo di almeno30mila persone sfilò nelle strade del quar-tiere per poi abbandonarsi ad atti di violen-za in centro, in un clima generale di grande

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