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for a Soil Framework Directive (COM (2006) 232) e l’Impact Assessment (SEC (2006) 1165), con l’obiettivo di proteggere il suolo europeo. In questi documenti vengono definiti i principali elementi di criticità (l’erosione, la compatta- zione, la salinizzazione, la perdita di sostanza organica, le frane, la contaminazione locale e diffusa, la impermeabilizzazione, la desertifica- zione) e vengono riconosciute la forte interrela- zione dei suoli con le altre matrici ambientali e la grande necessità di un’azione locale delle po- litiche di protezione, a causa dell’estrema varia- bilità spaziale delle problematiche. Sono quindi chiamati a svolgere un ruolo at- tivo, non solo gli Stati membri attraverso l’in- dividuazione delle aree a rischio e la defini- zione di obiettivi di riduzione del rischio, ma anche le Regioni attraverso l’inserimento nei PSR di misure di difesa del suolo. A questi fondamentali passi avanti del quadro normativo si associano le importanti scelte del governo italiano nell’attribuzione di fondi dedi- cati alla mitigazione del rischio idrogeologico. Lo sblocco di 750 milioni di euro di fondi F AS, destinati al dissesto idrogeologico a partire dal 2012 per 5 anni, e la Delibera «frane e ver- santi» approvata dal CIPE il 20 gennaio 2012, che destina circa 680 milioni di euro ai territori del Mezzogiorno minacciati dal rischio di cala- mità naturali – risorse finalizzate alla realizza- zione di 518 interventi già identificati tra il 2010 e il 2011 – vanno in questa direzione. Ciò che invece a livello nazionale ancora manca è l’attenzione per il ruolo strategico che può avere l’agricoltura. Infatti, le politiche agricole hanno continuato fino a oggi ad adot- tare criteri pervicacemente produttivistici, fa- vorendo l’agricoltura industriale a spese di quella tradizionale e riducendo le esternalità positive derivanti dagli interventi di manuten- zione del territorio che gli agricoltori, nello svolgimento delle loro attività, pongono soli- tamente in essere. Solo un ribaltamento della perdurante visione produttivistica e l’investimento in un’agricol- tura sostenibile possono consentire all’agricol- tura e, quindi, alle imprese agricole di ricon- quistare una dimensione ambientale attraverso la funzione di presidio territoriale. Vi sono dunque due linee d’azione che biso- gna portare avanti: da un lato, promuovere, at- traverso forme di sostegno finanziario e/o fi- scale, l’uso di tutte quelle pratiche agricole che incidono positivamente sulla riduzione del rischio idrogeologico; dall’altra, sensibiliz- zare, informare e formare gli agricoltori in modo che siano stimolati a svolgere al meglio questa importante funzione «ambientale» e a collaborare con le istituzioni locali per la ri- qualificazione del territorio. II.5.3. Agricoltura e fabbisogno energetico: potenzialità e limiti In risposta alle emergenze climatico-energeti- che e agli obiettivi di Lisbona e di Göteborg, il piano d’azione del Consiglio europeo 2007- 2009, Politica energetica per l’Europa, e il più ampio pacchetto legislativo Energia-Cambia- menti climatici, approvato dal Parlamento euro- peo il 17 dicembre 2008, hanno puntato alla ri- strutturazione del settore energetico attraverso un approccio integrato tra politiche secondo il principio del «20-20-20», vale a dire: ridu- zione, rispetto ai livelli del 1990, delle emis- sioni di gas serra del 20% (e di ulteriore ridu- zione del 10%, qualora altri paesi sviluppati si impegnino ad analoghe riduzioni); aumento dell’efficienza energetica del 20% entro il 2020, utilizzando per il 20% fonti rinnovabili e diversificate, per un minimo obbligatorio pari 90 I nuovi spazi dell’agricoltura italiana

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for a Soil Framework Directive (COM (2006)232) e l’Impact Assessment (SEC (2006) 1165),con l’obiettivo di proteggere il suolo europeo. Inquesti documenti vengono definiti i principalielementi di criticità (l’erosione, la compatta-zione, la salinizzazione, la perdita di sostanzaorganica, le frane, la contaminazione locale ediffusa, la impermeabilizzazione, la desertifica-zione) e vengono riconosciute la forte interrela-zione dei suoli con le altre matrici ambientali ela grande necessità di un’azione locale delle po-litiche di protezione, a causa dell’estrema varia-bilità spaziale delle problematiche.Sono quindi chiamati a svolgere un ruolo at-tivo, non solo gli Stati membri attraverso l’in-dividuazione delle aree a rischio e la defini-zione di obiettivi di riduzione del rischio, maanche le Regioni attraverso l’inserimento neiPSR di misure di difesa del suolo.A questi fondamentali passi avanti del quadronormativo si associano le importanti scelte delgoverno italiano nell’attribuzione di fondi dedi-cati alla mitigazione del rischio idrogeologico.Lo sblocco di 750 milioni di euro di fondi FAS,destinati al dissesto idrogeologico a partire dal2012 per 5 anni, e la Delibera «frane e ver-santi» approvata dal CIPE il 20 gennaio 2012,che destina circa 680 milioni di euro ai territoridel Mezzogiorno minacciati dal rischio di cala-mità naturali – risorse finalizzate alla realizza-zione di 518 interventi già identificati tra il2010 e il 2011 – vanno in questa direzione.Ciò che invece a livello nazionale ancoramanca è l’attenzione per il ruolo strategicoche può avere l’agricoltura. Infatti, le politicheagricole hanno continuato fino a oggi ad adot-tare criteri pervicacemente produttivistici, fa-vorendo l’agricoltura industriale a spese diquella tradizionale e riducendo le esternalitàpositive derivanti dagli interventi di manuten-zione del territorio che gli agricoltori, nello

svolgimento delle loro attività, pongono soli-tamente in essere.Solo un ribaltamento della perdurante visioneproduttivistica e l’investimento in un’agricol-tura sostenibile possono consentire all’agricol-tura e, quindi, alle imprese agricole di ricon-quistare una dimensione ambientale attraversola funzione di presidio territoriale.Vi sono dunque due linee d’azione che biso-gna portare avanti: da un lato, promuovere, at-traverso forme di sostegno finanziario e/o fi-scale, l’uso di tutte quelle pratiche agricoleche incidono positivamente sulla riduzione delrischio idrogeologico; dall’altra, sensibiliz-zare, informare e formare gli agricoltori inmodo che siano stimolati a svolgere al meglioquesta importante funzione «ambientale» e acollaborare con le istituzioni locali per la ri-qualificazione del territorio.

II.5.3. Agricoltura e fabbisogno energetico:potenzialità e limiti

In risposta alle emergenze climatico-energeti-che e agli obiettivi di Lisbona e di Göteborg, ilpiano d’azione del Consiglio europeo 2007-2009, Politica energetica per l’Europa, e il piùampio pacchetto legislativo Energia-Cambia-menti climatici, approvato dal Parlamento euro-peo il 17 dicembre 2008, hanno puntato alla ri-strutturazione del settore energetico attraversoun approccio integrato tra politiche secondo ilprincipio del «20-20-20», vale a dire: ridu-zione, rispetto ai livelli del 1990, delle emis-sioni di gas serra del 20% (e di ulteriore ridu-zione del 10%, qualora altri paesi sviluppati siimpegnino ad analoghe riduzioni); aumentodell’efficienza energetica del 20% entro il2020, utilizzando per il 20% fonti rinnovabili ediversificate, per un minimo obbligatorio pari

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al 10% del mercato dei carburanti, e promuo-vendo, tra l’altro, biocarburanti di «seconda ge-nerazione» a minor impatto ambientale.La quota europea del 20% per le fonti rinno-vabili è stata oggetto di trattative per l’adatta-mento alle condizioni esistenti in ciascunoStato dell’UE e ciò ha portato a una ridefini-zione degli obiettivi per il 2020 che, per l’Ita-lia, ha significato un abbassamento del contri-buto delle energie rinnovabili al 17% (Diret-tiva CE n. 28 del 2009, recepita dall’Italia conil dl 28 del 3.3.2011), ma si tratta di un obiet-tivo comunque difficilmente raggiungibile inconsiderazione della composizione attuale delbilancio energetico nazionale. Come ricordaanche il Piano Strategico Nazionale per loSviluppo Rurale (2010), il sistema energeticoitaliano è fortemente dipendente dall’estero: lapercentuale di energia importata è intorno

all’85% contro il 53% circa dell’UE-27. Se-condo i dati pubblicati dal Ministero delloSviluppo Economico (dicembre 2011) il bilan-cio energetico italiano relativo al 2010 si èchiuso con un aumento complessivo dei con-sumi di circa il 4% rispetto al 2009. Tali con-sumi, quantificabili in 187,8 milioni di tonnel-late equivalenti di petrolio, sono soddisfattiper oltre l’83% da combustibili fossili e per larimanente parte da fonti rinnovabili e importa-zioni di energia elettrica (rispettivamente,12% e 5%).Secondo i dati contenuti nel rapporto statisticoannuale del GSE (2010), la produzione lordada fonti energetiche rinnovabili (FER) è cre-sciuta in modo sostenuto nell’ultimo decennio(+48%) e ancor di più nell’ultimo quinquen-nio, favorita da numerosi meccanismi di in-centivazione, valutati tra i più vantaggiosi in

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Fig. 33 – Bilancio energetico italiano (2010)

Fonte: nostra elaborazione su dati Ministero dello Sviluppo Economico, 2011

ambito europeo. Il numero di impianti, annodopo anno, è andato costantemente raddop-piando, raggiungendo nel 2010 una consi-stenza pari a 160.000 unità, con una potenzaefficiente lorda pari a 30.284 MW con un in-cremento di circa il 65% rispetto al 2000.Tra le fonti rinnovabili, è quella idraulica a in-fluenzare la variabilità e l’entità della produ-zione, essendo fortemente condizionata da fat-tori di contesto, mentre la fonte geotermicacontinua a garantire una produzione piuttosto

stabile. Gli anni in cui le condizioni di idrauli-cità sono state favorevoli corrispondono aquelli in cui la produzione nazionale ha rag-giunto i valori più elevati. I valori della produ-zione non sono tuttavia sostanzialmente cam-biati in questi ultimi decenni; si pensi, a ri-guardo, che solo nel 2010 con 51.045 GWhprodotti si è superato il valore raggiunto nellontano 1977.Non meno importante, però, è il contributodelle fonti rinnovabili meno tradizionali. Lafonte eolica, per esempio, nell’ultimo decennioè cresciuta a tassi molto sostenuti: la produ-zione ha raggiunto i 9.126 GWh nel 2010 contassi medi di crescita annui intorno al 32%. Maè quella solare che tra tutte si contraddistingueper tassi di crescita straordinari. Dal 2000,quando erano presenti pochi impianti per lamaggior parte incentivati tramite il programma«Tetti Fotovoltaici», la produzione è cresciutadi 1.906 GWh fino al 2010 (+59% medio an-nuo), per raggiungere gli attuali 10.730 se-condo le prime stime 2011 (GSE, gennaio2012). Nell’arco di un solo anno, tra il 2009 eil 2010, gli impianti fotovoltaici sono più cheraddoppiati passando da 71.000 a 156.000unità, mentre la potenza installata è addiritturatriplicata da 1.144 a 3.470 MW. A livello na-zionale, il 49% della potenza è installato aterra, il 41% è collocato su edifici, il 6% suserre e pensiline e il residuo 4% è ubicato di-versamente, ad esempio è utilizzato per le bar-riere acustiche autostradali.Su base regionale, il Centro-Sud prevale nelleinstallazioni a terra (e quindi su terreni poten-zialmente agricoli): il primato spetta alla Pu-glia, dove le installazioni a terra sono l’83%,seguita da Molise (73%) e Basilicata (69%).Al Nord prevale la collocazione su edifici(Trentino-Alto Adige 90%, Valle d’Aosta82%, Lombardia 77%). La Sardegna, la Cala-

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0 200 400100Km

Incidenza % sul totale aziende agricolefino a 1,07 %

1,08 % - 2,49 %

2,5 % - 4,54 %

4,55 % - 7,78 %

7,79 % - 16,7 %

Fig. 34 – Incidenza percentuale delle aziendeagricole italiane con impianti di produzione dienergia rinnovabile (2010)

Fonte: nostra elaborazione su dati Istat

bria e la Liguria sono invece le regioni nellequali vi è la quota maggiore di impianti suserre e pensiline.

La produzione da bioenergie è stata pari nel2010 a 9.440 GWh con un tasso di crescitamedio annuo che nell’ultimo decennio si è at-

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Fig. 35 – Distribuzione regionale in Italia della potenza installata da FER al 31.12.2010

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, Rapporto statistico, 2010

testato intorno al 21%. La produzione si ripar-tisce tra impianti destinati alla sola produ-zione di energia elettrica (69%) e impianti dicogenerazione. Fra le biomasse per la produ-zione di elettricità prevalgono quelle solide,inclusi i residui solidi urbani biodegradabili(oltre il 60%), ma è significativa anche la cre-scita del biogas (che è passato dai circa 50impianti operanti nel 2000 ai 521 del 2011contribuendo alla produzione di circa 349,7MW di potenza elettrica installata, contro i3,3 MW del 2000) e dei bioliquidi. La produ-zione di energia elettrica tramite impianti ali-mentati da biomasse ha raggiunto nel 2010 gli8,9 TWh; di questi, il 59,7% sono prodottinelle regioni settentrionali, l’11% dalle re-

gioni del Centro, mentre il 12,8% provienedalle regioni meridionali e da quelle insulari.Secondo un censimento promosso dal CRPA

(maggio 2011) su un totale di 709 impianti,494 (di cui 313 operanti e 181 in costruzione)sono alimentati da biomassa di origine agro-zootecnica, mentre 215 (di cui 18 ancora inprogetto) trattano reflui provenienti da disca-rica. Una recente ricerca condotta dall’INEA

(2011) ha evidenziato che il nostro paese è ilmaggiore produttore europeo di biodieseldopo Germania e Francia. Più precisamente,la produzione di biocarburanti nel 2010 èstata di circa 46,5mila tonnellate di etanolo edi quasi 732mila tonnellate di biodiesel. Lacapacità installata è ripartita tra 19 impianti,

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Fig. 36 – Evoluzione della potenza efficiente lorda (MW) da FER in Italia (2008-2011)

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, Rapporto statistico solare fotovoltaico, 2011

con un potenziale produttivo di circa 2,5 mi-lioni t/anno di biocombustibile, di cui 4 infase di realizzazione. La maggiore concentra-zione di impianti è attualmente in Lombardia(670mila t/anno pari al 33% del totale).Per quel che attiene ai quadri regionali dellaproduzione di energia da tutte le fonti rinnova-bili, la situazione si presenta alquanto varia-bile e si caratterizza per un forte divario tra leregioni meridionali e quelle centro-settentrio-nali. Con il 19,4% della potenza installata laLombardia è la regione con la percentuale piùalta, seguita dal Trentino-Alto Adige conl’11,1% e dal Piemonte con il 9,5%. La To-scana, grazie al contributo del geotermico, ri-mane la regione con la maggiore potenza in-stallata nel Centro, mentre tra le regioni meri-dionali (isole comprese) il dato è abbastanza

uniforme (intorno al 5%). Fanno eccezione laPuglia (7,2%) e la Sicilia (5,9%), mentre i va-lori più bassi li ritroviamo in Basilicata e inMolise rispettivamente con 1,6% e 1,7% dipotenza installata.Queste prospettive stanno contribuendo a farcomparire una nuova tipologia di impresaagro-energetica indirizzata alla produzione dicolture cerealicole, oleaginose, crucifere, bio-masse e materiali legnosi (comprendenti pro-dotti residuali e colture specializzate) e refluidegli allevamenti zootecnici, da convertire inprodotti energetici. Questo approccio agricolono-food deve essere sostenuto da una idoneapolitica agro-industriale che, attraverso misurefiscali e interventi finanziari dedicati, possaincentivare lo sviluppo delle filiere agro-ener-getiche e l’adozione di nuovi sistemi colturali

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Fig. 37 – Evoluzione della produzione lorda (GWh) da FER in Italia (2008-2011)

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, 2011

a basso consumo energetico e ridotto impattoambientale. Alla scala micro le produzioni cerealicole eoleaginose potrebbero essere impiegate diret-tamente in azienda per soddisfarne il fabbiso-gno energetico, producendo olio vegetale peralimentare caldaie termiche aziendali, mac-chine motrici e operatrici semoventi con op-portuni adattamenti ai motori endotermici tra-dizionali e cogeneratori per la produzione dienergia elettrica e termica.Per quanto riguarda la produzione industriale dibiocarburanti organizzata nel modello di filiera

lunga, invece, la realtà è molto differente, so-prattutto per la complessità che comporta il co-ordinamento delle numerose funzioni svolte aidiversi stadi della filiera. Per questo motivo èimportante promuovere produzioni agro-energe-tiche secondo i principi di sostenibilità, met-tendo a coltura terre marginali o non utilizzatein precedenza e promuovendo la rotazione fracolture alimentari e colture per biocarburanti.Bisogna però mettere in evidenza che la diver-sificazione produttiva operata normalmente at-traverso la rotazione colturale, utile a mante-nere le condizioni di fertilità del suolo e l’e-

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Idraulica Eolica Solare Geotermica Biomasse Bioliquidi Biogas

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Fig. 38 – Produzione lorda (GWh) da FER in Italia, per regione (2010)

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, 2011

quilibrio tra produzioni food e no-food, creaun problema di approvvigionamento di mate-ria prima e non garantisce il funzionamentoottimale della fase industriale della filieraagro-energetica. È quindi opportuno ipotizzarenuove forme di organizzazione della produ-zione, specie nel caso di filiere lunghe. Que-st’azienda di nuovo tipo non deve essere con-siderata in competizione con la tradizionaleazienda agro-alimentare, in quanto esiste unevidente rapporto di complementarità fra i dueordinamenti produttivi che conferma l’impor-tanza della multifunzionalità agricola. Ciò si-

gnifica che le politiche agricole, ai diversi li-velli di governo, dovranno immaginare una ri-strutturazione equilibrata nell’uso dei terreniagricoli, che potranno essere coltivati per pro-durre cibo o biocarburanti e/o utilizzati per in-stallare impianti di produzione energetica. Se,infatti, l’Italia e l’Unione Europea non affron-teranno correttamente il problema dell’uso delsuolo per produrre cibo e produrre energia, sirischia di vanificare la lotta all’effetto serra edi creare ulteriori danni agli ecosistemi. Inprevisione delle nuova PAC post 2013 e in di-rezione 2020, occorre proporre rigorose linee

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0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100%

Piemonte

Valle d'Aosta

Lombardia

Veneto

Liguria

Umbria

Marche

Lazio

Abruzzo

Molise

Campania

Puglia

Basilicata

Calabria

Sicilia

Sardegna

A terra Su edifici Serre/Pensiline Altro

Toscana

Emilia Romagna

Friuli Venezia Giulia

Trentino Alto Adige

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-

Fig. 39 – Potenza del fotovoltaico installato nelle regioni italiane per tipo di sito al 31.12.2011

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, 2011

guida e regole ad hoc in modo da fermare glieffetti distorsivi che gli investimenti rivoltialla produzione di energia rinnovabile possonoprovocare.Il ruolo del settore primario sul piano energe-tico, pur non essendo risolutivo in senso asso-luto, va inteso come complementare, senza di-menticare che la funzione principale dell’agri-coltura è quella di fornire sostentamento perun’umanità in continua crescita.

II.5.4. L’indissolubile legame tra agricoltura epaesaggio

Agricoltura e paesaggio: un binomio indisso-lubile. L’agricoltura si configura come unadelle attività che hanno maggiormente contri-buito, nel corso dei secoli, a definire le formedei paesaggi. Questa componente «paeso-gena» svolta dall’agricoltura è evidente sututto il territorio nazionale, attraverso combi-nazioni di tratti diversificati in ragione dellamorfologia del terreno, delle tradizioni stori-che, delle tecniche di coltivazione sviluppatesicome espressione di uno stretto legame fra ter-ritorio e azione antropica. La varietà dei pae-saggi correlati agli assetti agricoli è rilevante:si va dai terrazzamenti dei versanti alpini e ap-penninici alle pianure della valle padana, dallearee collinari alle fasce pedemontane, dallepiane costiere peninsulari agli altipiani. Oltreall’evidente affermazione che non vi è agricol-tura senza una correlata forma di paesaggio, sipuò anche ragionevolmente sostenere, inver-tendo i termini, che – con le eccezioni dellearee urbane e delle fasce altimetriche più ele-vate – non vi è paesaggio senza agricoltura.Il rapporto affonda in una storia millenaria diazioni di trasformazione che l’uomo ha av-viato per la messa a coltura del territorio e checomprende attività di primaria sistemazionedel suolo (bonifica, drenaggio, livellamento,terrazzamento, disboscamento) e attività le-gate alla pratica colturale vera e propria. Ilpresidio agricolo sul territorio si esplica in unaazione pervasiva e costante di intervento, chedà forma a specifiche modalità di assetto terri-toriale e paesaggistico.

Prospettive e problemi del rapporto fra agri-coltura e paesaggio. Il rapporto fra agricolturae paesaggio assume nuove connotazioni alla

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Fig. 40 – Distribuzione per regione in Italiadella potenza installata da impianti a bioener-gie al 31.12.2010

Fonte: nostra elaborazione su dati Gse, 2010