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Sogni Lucidi Il paradosso della coscienza MICHELE CAVALLO * & FLAVIO LEONE ** "Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n° 30 I sogni, sappiamo, sono davvero strani: qualcosa magari ci appare straordinariamente chiara, minuziosa come la cesellatura di un orafo, su altre cose invece si passa sopra senza notarle neppure come ad esempio lo spazio ed il tempo. Credo che i sogni nascano non dalla ragione, ma dal desiderio, non dalla testa, ma dal cuore, anche se la mia ragione in sogno si è esibita qualche volta in ingegnosi voli non da poco. Certo è che in sogno accadono cose del tutto incomprensibili. Mio fratello, ad esempio, è morto cinque anni fa, qualche volta lo sogno: egli prende parte alle cose della mia vita, siamo molto interessati l'uno all'altro, ma intanto, durante tutto lo svolgimento del sogno, io sono pienamente cosciente che mio fratello è morto e sepolto. […] E va bene, ammettiamolo pure, è un sogno, ma questa vita che viene tanto esaltata, io volevo finirla suicidandomi, invece il mio sogno, oh! Esso mi ha indicato una vita nuova. "Il sogno di un uomo ridicolo" F. Dostoevskij INTRODUZIONE Sognare ed essere svegli, nella nostra cultura, sono considerate due dimensioni assolutamente separate, due condizioni discrete di esperienza dove l'una esclude l'altra.1 Sognare ed essere svegli si configurano quindi come stati incompatibili e lontani, dove il primo viene a rappresentare la dimensione immaginativa ed irreale dell'esistenza, ed il secondo invece viene esperito come effettivamente reale e soprattutto come la base sulla quale tentare di spiegare tutti i fenomeni incomprensibili o "strani". Noi pensiamo che essere svegli e sognare sono due momenti della nostra esperienza, perfettamente compatibili fra loro, e possono persino essere presenti nel medesimo istante. Esiste una letteratura molto vasta che si sta sviluppando attualmente negli Stati Uniti, oltre a una letteratura molto antica, in cui viene presa in esame la possibilità che si possa sognare ed essere svegli e presenti a sé stessi

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Sogni LucidiIl paradosso della coscienza

MICHELE CAVALLO * & FLAVIO LEONE ** "Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n° 30

I sogni, sappiamo, sono davvero strani:qualcosa magari ci appare straordinariamente chiara, minuziosa come la cesellatura di un orafo,su altre cose invece si passa sopra senza notarle neppure come ad esempio lo spazio ed il tempo.Credo che i sogni nascano non dalla ragione, ma dal desiderio, non dalla testa, ma dal cuore,anche se la mia ragione in sogno si è esibita qualche volta in ingegnosi voli non da poco.Certo è che in sogno accadono cose del tutto incomprensibili.Mio fratello, ad esempio, è morto cinque anni fa, qualche volta lo sogno:egli prende parte alle cose della mia vita, siamo molto interessati l'uno all'altro,ma intanto, durante tutto lo svolgimento del sogno, io sono pienamente cosciente che mio fratello è morto e sepolto. […]E va bene, ammettiamolo pure, è un sogno, ma questa vita che viene tanto esaltata,io volevo finirla suicidandomi, invece il mio sogno, oh! Esso mi ha indicato una vita nuova."Il sogno di un uomo ridicolo" F. Dostoevskij

INTRODUZIONE

Sognare ed essere svegli, nella nostra cultura, sono considerate due dimensioni assolutamente separate, due condizioni discrete di esperienza dove l'una esclude l'altra.1 Sognare ed essere svegli si configurano quindi come stati incompatibili e lontani, dove il primo viene a rappresentare la dimensione immaginativa ed irreale dell'esistenza, ed il secondo invece viene esperito come effettivamente reale e soprattutto come la base sulla quale tentare di spiegare tutti i fenomeni incomprensibili o "strani". Noi pensiamo che essere svegli e sognare sono due momenti della nostra esperienza, perfettamente compatibili fra loro, e possono persino essere presenti nel medesimo istante. Esiste una letteratura molto vasta che si sta sviluppando attualmente negli Stati Uniti, oltre a una letteratura molto antica, in cui viene presa in esame la possibilità che si possa sognare ed essere svegli e presenti a sé stessi

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nello stesso momento (Walsh e Vaughan, 1992). Sono anche state approntate tecniche adatte a sviluppare questo singolare stato di coscienza che nella letteratura scientifica viene chiamato Sogno Lucido. Dobbiamo a Frederik Willems van Eeden, psichiatra olandese e noto scrittore, il termine "sogni lucidi" e la prima seria ricerca in questo campo. Già nel 1913 van Eeden si proponeva di compiere uno studio sistematico della fenomenologia dei sogni consapevoli (LaBerge, 1985). Prima di passare ad esaminare la letteratura più moderna sul sogno lucido, ci sembra opportuno chiarire ciò che si intende per "sogno lucido": un sogno è definito lucido quando il sognatore sa che sta sognando. Attualmente la ricerca si sta orientando verso una conoscenza sperimentale di questa dimensione, esplorando: processi induttivi, correlati psicofisiologici, vissuti soggettivi; cercando anche di costruire ponti concettuali con le tecniche antiche, come lo yoga tibetano del sogno. 1. SOGNO-VEGLIA: REALTÀ VIRTUALI?Come facciamo ad essere sicuri che lo stato di veglia non sia anch'esso un sogno? Aveva forse ragione Shakespeare quando nella Tempesta scriveva: Siamo fatti della stessa materia Con la quale son fatti i sogni; E la nostra piccola vita E' avvolta nel sonno. Se è vero che siamo creatori (nella veglia e nel sogno) e non passivi elaboratori di esperienze, allora la veglia e il sogno non si contrappongono così nettamente, entrambi sono "fatti della stessa materia". Quando ci svegliamo, noi diciamo "Era solo un sogno" intendendo che non era reale. Cioè, noi gli riconosciamo minor validità o status ontologico alla luce della nostra coscienza di veglia. Ciò a dispetto del fatto che ad ogni risveglio, notte dopo notte, sogno dopo sogno, noi prendiamo i sogni come "reali" e quindi all'interno di essi fuggiamo e combattiamo, ridiamo e piangiamo, imprechiamo e ci rallegriamo (Walsh e Vaughan, 1992). Eppure questo universo apparentemente oggettivo è una creazione delle nostre menti, una soggettiva, transitoria produzione che noi creiamo. Per il grande filosofo taoista Chuang-Tzu il sognatore «mentre sta sognando non sa che si tratta di un sogno, e nell'ambito del sogno stesso egli potrebbe persino cercare di interpretare il sogno. Solo dopo che si sarà svegliato saprà che si trattava di un sogno. Un giorno egli avrà un grande risveglio e si accorgerà che tutto ciò è un grande sogno» (in Walsh e Vaughan, 1992, p. 196). 2. LA STORIA DEL SOGNO LUCIDOAbbiamo accennato come, in anni recenti, Frederik van Eeden lasciò dettagliate descrizioni dei suoi sogni lucidi.2 Nel Buddhismo tibetano c'è un tipo di letteratura chiamata milamgyi terdzod, letteralmente "tesori dei sogni". Secondo la tradizione tibetana dello Dzogchen, la chiave del lavoro sul sogno è lo sviluppo di una maggiore consapevolezza nello stato onirico. In questa cultura, il sogno lucido non è come per i Senoi3 lo strumento diretto per la trasformazione,

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ma è un epifenomeno dello sviluppo della consapevolezza. Questi versi buddhisti danno una idea di ciò: Quando albeggia lo stato del sogno, Non giacere nell'ignoranza come un cadavere. Entra nella sfera naturale della stabile presenza. Riconosci i sogni e trasforma l'illusione in luminosità. Non dormire come un animale. Pratica in modo da unificare il sonno e la realtà Lo yoga tibetano del sogno persegue la chiarezza mentale e non l'esperienza in se stessa. Grandi maestri hanno affermato che nel momento in cui la consapevolezza diviene assoluta i sogni cessano del tutto, e che al loro posto si manifesta una chiarezza indescrivibile (Norbu, 1993). L'idea che l'attività onirica possa addirittura cessare una volta raggiunto uno stato di consapevolezza assoluta, è perfettamente in linea con ciò che viene affermato nel primo sutra degli aforismi di Patanjali "Yogas citta-vrtti-nirodhah", lo yoga è la soppressione delle modificazioni della mente.4 Per decadi, i ricercatori occidentali hanno respinto tali resoconti perché impossibili. Comunque, negli anni settanta, attraverso un varco nella storia della ricerca sul sogno, due ricercatori hanno fornito prove sperimentali del sogno lucido. Lavorando indipendentemente e piuttosto sconosciuti l'uno all'altro, Alan Worsley in Gran Bretagna e Stephen LaBerge in California, hanno imparato a sognare lucidamente (LaBerge, 1985). Mentre venivano monitorati elettrofisiologicamente in un laboratorio del sonno, segnalavano, attraverso i movimenti oculari, che stavano sognando consapevolmente. I loro elettroencefalogrammi mostravano il tracciato caratteristico del sonno REM (rapidi movimenti oculari), durante il quale usualmente si svolgono i sogni. Per la prima volta nella storia qualcuno aveva mandato un segnale dal mondo dei sogni mentre stava ancora sognando. Da allora la ricerca sul sogno non è stata più la stessa. E' interessante notare che per un pò di tempo LaBerge non riuscì a pubblicare i suoi resoconti perché gli incaricati delle riviste semplicemente rifiutavano di credere che il sogno lucido fosse possibile. Da allora si è andata sviluppando una intensa attività di ricerca tesa ad identificare la natura di questo fenomeno e i fattori che lo differenziano dal sogno comunemente inteso. Queste ricerche mostrano come il sognatore, durante un sogno lucido, elicita a livello elettroencefalografico un tracciato REM, ed è in grado di segnalare all'esterno, attraverso i movimenti oculari, che sta sognando; egli è in grado di sognare e di comunicare con il ricercatore nel medesimo tempo (LaBerge, 1985). Sulla base di queste fondamentali ricerche, compiute in contesti sperimentali, molti altri aspetti sono stati esplorati: la frequenza e la durata dei sogni lucidi, i correlati psicofisiologici, le caratteristiche psicologiche di coloro che sognano lucidamente, i mezzi più affidabili per la loro induzione, il loro potenziale risanatore e di autoconoscenza (Hearne, 1983; Moss, 1989; Wolpin et al., 1992).3. LE IMPLICAZIONI DELLA LUCIDITA': IL VISSUTO

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3.1 Il sogno lucido come evento psicofisiologico Il sogno lucido è un'esperienza che sembra caratterizzarsi come esclusivamente mentale. Ma come può un vissuto soggettivo essere solo mentale o solo fisico? Cosa fa il corpo mentre il sognatore esperisce il suo sogno? Attraverso un approccio psicofisiologico possiamo collocare il fenomeno del sogno lucido nell'interfaccia tra il soma e la psiche, eliminando così ogni possibile idea di separazione e di autonomia tra le due aree. Infatti se - come suggerisce R. Venturini - punto di partenza della psicofisiologia è una situazione o modificazione psicologica, il vissuto, di cui la psicofisiologia clinica specificamente si occupa, è da identificare in quello che tradizionalmente viene denominato vissuto corporeo o che, forse più appropriatamente, potremmo chiamare vissuto psicofisiologico (1995, p. 21).La psicofisiologia, quindi, si viene a configurare come quella metodologia di studio che può aiutarci a scoprire l'esistenza diun sistema corpo-mente-corpo-mente....., caratterizzato da un continuo mutamento e aggiustamento dei due termini, entità non più contrapposte, ma unificate in quell'interfaccia (appunto il vissuto psicofisiologico) in cui si esprime la loro inscindibile e "riposata" unità (ivi, pp. 21-22). E' importante che l'approccio allo studio del sogno lucido venga effettuato in termini psicofisiologici, valorizzando l'osservazione del corpo e confidando che sarà possibile un giorno arrivare a stabilire con sufficiente precisione la possibilità per i sognatori lucidi di intervenire, dalla situazione di sogno, sul proprio corpo allo scopo di ottenere guarigioni o modificazioni. 3. 2 Il vissuto del corpo Come abbiamo già visto dalla descrizione di F. Van Eeden, nel sogno cosciente si ha la consapevolezza di possedere due corpi: il corpo fisico, addormentato e il corpo del sogno, attivo: Nel sogno lucido, la sensazione di avere un corpo con occhi, mani, una bocca che parla e agisce, è perfettamente chiara; ciò nondimeno, nello stesso tempo, noi sappiamo che il corpo fisico sta dormendo in una postura affatto differente. Il sogno lucido dunque mostra lo sdoppiamento del soggetto che vive un'esperienza particolare, profondamente assorbito in essa e allo stesso tempo la vive come una sorta di gioco dal quale sa che potrà risvegliarsi.3. 3 Il tempo Gli studi di LaBerge si sono occupati di verificare se i sogni avvengono in tempo reale oppure se essi avvengono nel breve lasso di un istante, come alcuni ricercatori erano propensi a credere, ma i risultati degli esperimenti ci portano a ritenere chesebbene i sogni, qualche volta, avvengano indubbiamente in questo modo, le prove suggeriscono che normalmente durano lo stesso tempo che durerebbero nella vita reale. In uno studio, Dement e Kleitman svegliarono cinque soggetti ogni cinque o quindici minuti dopo l'inizio dei loro periodi REM, e chiesero loro di dire quanto tempo era passato. Quattro su cinque

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soggetti riuscirono sempre ad indicare il tempo giusto. Lo stesso studio mostrò che i sogni riferiti dopo quindici minuti di sonno REM erano più lunghi di quelli avvenuti dopo cinque minuti. Queste relazioni sembrano contraddire la nozione di sogni istantanei. Tuttavia non provano che il tempo del sogno sia identico al "tempo reale", ma indicano solo che in genere i due tempi sono reciprocamente proporzionali (in LaBerge, 1985, p. 77).3.4 Lo spazio: le qualità del mondo fisico Il mondo della vita di veglia ci appare composto di oggetti stabili e definiti, collocati in una dimensione spazio-temporale. Se l'esperienza del tempo durante un sogno lucido è assimilabile a quella della veglia, così non si può dire per l'esperienza dello spazio. Molti sognatori lucidi riferiscono che la modalità di spostamento che prevale nei loro sogni è il volo: nei sogni lucidi generalmente non si cammina, si può volare ad alte velocità, oppure strisciare sul terreno. I paesaggi vengono creati dal sognatore, che può realizzare i propri desideri e nello stesso tempo essere consapevole del proprio atto creativo. Riportiamo un sogno lucido di uno di noi, che illustra bene il vissuto dello spazio.Solitamente dopo l'osservazione ravvicinata delle figure mi trovo in uno scenario in cui non vedo il mio corpo, non posso osservarmi mentre compio delle azioni nell'ambiente di sogno, ma ho la consapevolezza di volare, compio delle ricognizioni sull'ambiente di sogno osservando da vicino gli oggetti che lo compongono; è come se fossi diventato solo occhi e consapevolezza. Oggi però il sogno si è svolto in maniera diversa, anziché volare, mi sono trovato in uno scenario che mi vedeva fermo e immobile, anche se pur sempre consapevole di sognare. Invece di essere io a volare era il paesaggio che scorreva davanti a me come una pellicola, cambiando continuamente. 3.5 L'identità In tale stato i soggetti non si sentono spaventati, non provano sgomento o paura; conservano un senso molto forte di auto-consapevolezza per tutto il tempo ma questa consapevolezza appare diversa da quella diurna. Il pensiero è chiaro e le immagini sono parzialmente sotto il controllo volontario, si può decidere cosa pensare o immaginare; al risveglio il ricordo è vivido e stabile e il senso dell'io ne risulta integrato e stabilizzato.4. TECNICHE DI INDUZIONEPer la maggior parte di noi i sogni lucidi sono rari ed al di là della nostra possibilità di induzione. Esiste qualche metodo per coltivare la nostra abilità di "svegliarci" volontariamente durante i sogni? Una varietà di tradizioni contemplative e di esploratori del sogno dicono di sì. Saggi come Aurobindo, Ramakrishna, e Steiner, al pari di studiosi occidentali di meditazione, in situazione di ritiro, hanno descritto la loro capacità di mantenere continuamente la lucidità per buona parte della notte sia durante i sogni che nel sonno senza sogni. Anche praticanti avanzati di Meditazione Trascendentale (TM) riferiscono questa esperienza

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e alcuni persino affermano di essere testimoni ininterrotti dei loro sogni (Walsh & Vaughan, 1992). Con ciò essi intendono che durante i sogni o anche nel sonno senza sogni, rimangono identificati con la coscienza e quindi semplicemente osservano le figure e i drammi nei loro sogni senza venirne perturbati. Inoltre, questo "testimoniare equanime" può venire protratto alla vita di veglia durante il giorno. In accordo con la tradizione Vedica della Meditazione Trascendentale, il primo stadio dell'illuminazione si considera raggiunto quando la testimonianza diventa ininterrotta e imperturbabile (Taimni, 1970). E' molto importante sottolineare che la possibilità di sognare lucidamente è legata al livello di consapevolezza presente nell'individuo.5 Esamineremo tre tipi di processi che favoriscono l'insorgenza della lucidità in sogno: a) processi spontanei, ossia creati dalla storia personale e dalla costituzione peculiare del sognatore; b) processi di induzione favoriti da tecniche che richiedono una disciplina; c) processi che richiedono l'intervento "esterno". In quest'ultimo caso il sogno può essere prodotto in una situazione sperimentale in cui sono controllati i processi che favoriscono lo sviluppo della lucidità e i correlati psicofisiologici.4.1. Processi spontanei Tra i fattori interni al sognatore che possono determinare l'inizio di un episodio di lucidità durante un sogno il più comune è forse la percezione delle incongruenze. Come sottolinea LaBerge, Uno dei modi in cui ciò accade tipicamente riguarda la percezione delle incongruenze nel contenuto del sogno, avvertite come anomale, seguita dal riconoscimento critico che la spiegazione per l'evento bizzarro è che è solo un sogno (1986, p. 161).Come farebbe però il sognatore ad accorgersi delle incongruenze se egli fosse assorbito completamente dal sogno e vivesse il sogno come una realtà? Evidentemente egli può percepire le contraddizioni della scena di sogno perché lungo il continuum del grado di consapevolezza, la sua capacità critica è rilevante. Tra i fattori che possono innescare spontaneamente un sogno lucido troviamo i sogni ansiosi e gli incubi. Il panico, l'ansia e lo spavento possono dare luogo a reazioni di attivazione generale, una sorta di allarme che può (se non produce il risveglio completo del sognatore), indurre il fenomeno della lucidità.6 In generale emozioni molto intense si associano all'emergere della lucidità. Un terzo modo di iniziare il sogno lucido è il riconoscimento dello scenario del sogno per la sua oniricità, ossia per la sua forte somiglianza con un ambiente di sogno. In accordo a quanto riferito da Gackenbach (1985), la ragione più spesso riportata dai soggetti come causa della lucidità, era un senso di "dreamlikeness", che possiamo tradurre con il termine "oniricità". 4.2. L' induzione attraverso la tecnica e l'impegno Secondo la tradizione tibetana dello Yoga del Sogno, è possibile, attraverso l'esercizio di tecniche appropriate e la disciplina, arrivare ad un punto in cui la nostra presenza consapevole permane costante, durante la veglia e

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durante il sonno. E' possibile quindi sviluppare un atteggiamento vigile, distaccato, e soprattutto consapevole anche in sogno. A) Diversi autori affermano che la pratica della meditazione può facilitare l'emergenza del sognare lucidamente. Tra questi, Sparrow (1976) afferma che meditare nelle prime ore del mattino sovente porta a sognare con lucidità durante il sonno immediatamente successivo alla meditazione, a condizione però che non si mediti con il fine di esperire sogni lucidi. Altri autori hanno suggerito che la meditazione favorisce il sogno lucido (Glicksohn, 1989; Hearne, 1983; Norbu, 1993; Walsh e Vaughan, 1992). Michael Katz, nell'introduzione al libro Lo Yoga del Sogno, riferendosi ad un sogno lucido che aveva lasciato in lui una profonda impressione afferma:L'intera esperienza era stata affascinante. La considero ancora una delle esperienze più significative della mia vita. Il Lama che sovrintendeva al ritiro la paragonò all'aver passato un esame di guida. Da quella volta ho avuto parecchie esperienze di lucidità durante il sogno. Non posso dire che mi capitino ogni notte, ma avvengono con regolarità. La loro frequenza aumenta nei periodi in cui pratico intensamente la meditazione, ad esempio durante i ritiri. Inoltre ho constatato che se di notte mi sveglio e pratico la meditazione, quando mi riaddormento faccio frequentemente sogni lucidi (Norbu, p. 12). Sembra fondata dunque l'ipotesi che la pratica della meditazione favorisca il sognare lucidamente, ma ci sembra opportuno precisare che in questo caso, il sogno lucido costituisce un epifenomeno dovuto alla trasformazione della coscienza prodotta dalla pratica costante della meditazione. Lo scopo del meditante non è quello di sognare lucidamente ma di evolvere sul sentiero spirituale. Le tecniche meditative si basano sulla possibilità di invertire il processo dell'attenzione dall'esterno (direzione verso la quale l'attenzione è costantemente rivolta), all'interno di noi stessi, sviluppando la capacità di eludere i sensi, di contemplare il vuoto mentale e infine di permettere alla consapevolezza di osservare se stessa. E' evidente a questo punto che l'aumento della possibilità di diventare lucidi in sogno è strettamente connesso con la crescita del livello generale della consapevolezza che risulta inevitabilmente dalla pratica costante di una tecnica. In questo senso, ci sembra che la meditazione si possa definire come la via regia per il raggiungimento della veglia perenne. Per riassumere il punto di vista dello Yoga tibetano sulla relazione tra il sogno lucido e l'illuminazione vengono a proposito le parole di Namkahai Norbu per il qualeQuando inizia il bardo dell'esistenza riprende il funzionamento o l'attività della mente, insieme al cosiddetto "corpo mentale". Ciò equivale al sorgere dello stato del sogno. Nella pratica, dobbiamo avere la consapevolezza o la padronanza dello stato della luce naturale. Quando si è coscienti della presenza di questo stato di luce naturale, nel momento in cui inizia lo stato del sogno si diventa spontaneamente lucidi e consapevoli di sognare durante il sogno stesso, e automaticamente si ottiene il controllo sui propri sogni. Ciò significa che il sogno non condiziona più il sognatore, ma al

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contrario è l'individuo a governare il sogno. Per questa ragione la pratica del sogno è secondaria, mentre non mi stancherò mai di ripetere quanto sia importante la pratica della Luce Naturale (ivi, p. 44).B) Un'altra tecnica in grado di sviluppare la capacità di sognare lucidamente, come abbiamo già accennato sopra, è la MILD (Induzione Mnemonica del Sogno Lucido). Essa è descritta da LaBerge nel suo libro Lucid Dreaming, ed è basata su niente di più complesso o esoterico della nostra capacità di ricordare che vi sono azioni che desideriamo compiere nel futuro. Oltre a scrivere dei promemoria, noi riusciamo a farlo formando una connessione mentale fra ciò che vogliamo fare e le circostanze future in cui vogliamo farlo. Questa connessione è molto facilitata dall'accorgimento mnemonico di visualizzarci nell'atto di fare quello che intendiamo ricordare. E' anche utile verbalizzare l'intenzione: "Quando accadrà questo e questo, voglio ricordarmi di fare questo e questo." Per esempio: "Quando passerò davanti alla banca, voglio ricordarmi di ritirare del denaro." La frase che io uso per organizzare lo sforzo che mi sono proposto è: "La prossima volta che sognerò voglio ricordarmi di accorgermi che sto sognando." Il "quando" e il "che cosa" dell'azione progettata devono essere chiaramente specificati. Io esprimo questa intenzione o immediatamente dopo essermi svegliato da un periodo REM, o dopo un periodo di piena coscienza come verrà specificato. Un punto importante è che, per ottenere l'effetto desiderato, è necessario fare qualcosa di più che recitare distrattamente la frase. Bisogna davvero voler fare un sogno lucido. Ecco il procedimento consigliato passo per passo:1) Alle prime ore del mattino, quando vi svegliate spontaneamente da un sogno, ripensatelo varie volte, finché lo avete memorizzato. 2) Poi, mentre siete a letto e tornate a dormire, ditevi: "La prossima volta che sognerò voglio ricordarmi di accorgermi che sto sognando." 3) Visualizzatevi nuovamente nel sogno che avete appena fatto e che ricordate; ma questa volta vedetevi nell'atto di essere consapevoli di sognare. 4) Ripetete i numeri 2 e 3 finché sentite che vi siete fissati bene in mente la vostra intenzione o finché vi addormentate.Se tutto va bene, in breve tempo vi troverete lucido in un altro sogno. Il complesso mentale implicito in questo procedimento è molto simile a quello che adottiamo quando decidiamo di svegliarci a una certa ora e andiamo a letto dopo aver messo a punto la nostra sveglia mentale. La capacità di svegliarci nei nostri sogni può essere considerata come una sorta di perfezionamento della capacità di svegliarci dai nostri sogni. Il motivo per cui questi esperimenti vanno fatti nel primo mattino è che i sognatori lucidi, da van Eeden alla Garfield, hanno riferito che tali sogni avvengono quasi esclusivamente durante le prime ore del mattino. La nostra ricerca allo Stanford indica che il sogno lucido avviene durante i periodi REM, e, poiché il sonno REM si verifica nell'ultima parte della notte, sembra essere questo il momento più favorevole per il sogno lucido.

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Sebbene alcuni sognatori abbiano indotto con successo sogni lucidi usando la MILD durante il primo periodo REM, la tecnica sembra essere più efficace se praticata nel primo mattino dopo essersi svegliati da un sogno (1985, pp. 137-139).Interessante quanto macchinosa la tecnica escogitata da LaBerge, basata su una forte motivazione, una buona memoria e soprattutto la pratica della visualizzazione che consiste nello sviluppo della tecnica immaginativa di visualizzarsi nella situazione. E' probabile che la tecnica se praticata regolarmente e con impegno possa dare dei buoni risultati. Il sogno lucido così raggiunto non sarebbe però il risultato di un più ampio sviluppo della personalità e della coscienza; tuttavia, anche se questa esperienza fosse soltanto il risultato occasionale di una tecnica, potrebbe comunque favorire l'acquisizione di una maggiore integrazione psicologica.4.3. Induzione del sogno lucido attraverso stimolazioni esterne Un'altra tecnica di induzione del sogno lucido è basata sull'idea di fornire un segnale esterno per ricordare al sognatore che sta sognando. Sono stati effettuati numerosi tentativi per mettere in pratica questa idea, con vari esiti. La maggior parte degli studi ha utilizzato segnali acustici, mentre in altri sono stati usati stimoli tattili. La maggior parte dei dati a disposizione riguarda gli studi che hanno adottato un approccio diretto: suggerimento verbale del tipo "questo è un sogno", rivolto a soggetti preparati, durante il sonno REM, usato per indurre la lucidità. Uno studio compiuto da LaBerge (1985) ha prodotto risultati promettenti, suggerendo l'attuabilità di questa tecnica. Incoraggiati da tale studio, LaBerge, Owens, Nagel e Dement (in LaBerge, 1986) hanno registrato quattro soggetti (due sognatori lucidi esperti e due inesperti) da una a due notti ciascuno. Un nastro registrato ripeteva la frase "questo è un sogno" ad un volume che aumentava progressivamente cinque o dieci minuti dopo l'inizio di ciascun periodo REM. I soggetti avevano ricevuto l'istruzione di segnalare con un paio di movimenti oculari intenzionali, sia a destra che a sinistra, ogni qualvolta avessero udito il nastro oppure avessero realizzato di sognare. I tecnici spegnevano il nastro immediatamente appena osservavano i segnali dei movimenti oculari sul poligrafo. LaBerge et al. (1986) hanno rilevato che lo stimolo del nastro applicato quindici volte ha prodotto la lucidità nel 33% dei casi, anche se tutti questi sogni lucidi non sono durati più di qualche secondo. In una variazione, in cui lo stimolo che doveva ricordare ai sognatori che stavano sognando, era di tipo tattile, Hearne (1983) ha verificato l'efficacia di scosse elettriche al polso. Tra quindici soggetti di sesso femminile che hanno passato una notte ciascuno nel laboratorio del sonno, sei hanno sperimentato un sogno lucido stimolato con questo metodo. Hearne non riferisce il numero totale di scosse applicate, rendendo così difficile effettuare una valutazione. Altri studi riportano la relativa inefficacia di questo metodo.

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Dei processi di induzione che abbiamo appena descritto, quest'ultimo ci sembra senz'altro il più grossolano, in quanto meccanico, poco spontaneo, e soprattutto non abbinato allo sviluppo parallelo della consapevolezza.5. LA PSICOFISIOLOGIA DEL SOGNO LUCIDO5.1 La verifica fisiologica del sogno lucido Una volta restituita la debita rilevanza al corpo, nel trattare la fenomenologia oggetto di studio, la domanda che si impone alla nostra attenzione è: sotto quali condizioni fisiologiche si verificano i sogni lucidi? La maggior parte dei ricercatori hanno accettato l'ipotesi di Hartmann, secondo la quale i sogni lucidi non sono "parti tipiche del pensiero di sogno, ma brevi risvegli" (Hall, 1981; Moss, 1989). Stewart (1989) e Zadra (1992) hanno rilevato che durante il sonno REM si verificano frequenti risvegli transitori e hanno proposto questi "micro-risvegli" come base fisiologica del sogno lucido. Evidenze empiriche a conferma che i sogni lucidi avvenivano durante la fase REM, erano apparse già verso la fine degli anni settanta. Ogilvie et al. (1978) offrirono alcune osservazioni preliminari sulla fisiologia del sogno lucido. Si basarono su comuni registrazioni del sonno di due soggetti che riferirono un totale di tre sogni lucidi in seguito al risveglio dal sonno REM. In ogni caso, nessuna prova era stata fornita che i sogni lucidi erano avvenuti durante la fase REM immediatamente precedente ai risvegli e ai resoconti. Ciò che era necessario per stabilire senza ambiguità lo stato fisiologico del sogno lucido era una sorta di resoconto fornito dalla scena di sogno. LaBerge e i suoi collaboratori all'Università di Stanford si occuparono di fornire non solo la prova che i sogni lucidi si verificano prevalentemente durante la fase REM del sonno, ma anche la prova dell'esistenza della lucidità in sogno. Essi architettarono un esperimento che prevedeva la segnalazione, attraverso i movimenti oculari, del momento in cui i sognatori si accorgevano che stavano sognando, ossia del momento in cui diventavano lucidi. Più precisamente, i sognatori, nel momento in cui diventavano consapevoli che di fronte a loro si dispiegava uno scenario onirico, dovevano compiere un certo numero di movimenti oculari, a destra e a sinistra, stabiliti in precedenza con gli sperimentatori. Questo tipo di esperimento, ripetuto più volte e da diversi autori, doveva condurre alla convinzione, fondata su basi sperimentali, che i sogni lucidi sono una realtà esperienziale e che avvengono prevalentemente durante la fase REM del sonno.5.2 La respirazione di sogno e il corpo Un'attività fisiologica indagata da LaBerge e il suo gruppo è stata quella respiratoria. Hanno allestito un esperimento per determinare in quale misura i modi di respirare dei sognatori lucidi concordassero con quelli del loro respiro da svegli. Essi erano interessati a verificare se nei soggetti che all'interno del sogno trattengono il respiro, questo si ferma anche fisicamente. A questo scopo concordarono con i soggetti onironauti una forma di respiro da attuare poi ogni volta che si accorgevano che stavano sognando. Dall'esperimento conclusero che il controllo volontario dell'immagine mentale del respiro durante il sogno lucido si riflette in

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cambiamenti corrispondenti della nostra effettiva respirazione. Tuttavia non dobbiamo sorprenderci troppo di questi risultati in quanto potrebbero verificarsi anche per altre attività, se non ci fossero dei meccanismi biologici specifici che lo impediscono; conclude infatti LaBergeTutto quello che abbiamo dimostrato con la nostra ricerca è che il contenuto respiratorio nella coscienza di un sognatore sembra influire sull'effettivo modello di respiro di chi sogna. La stessa relazione si presenterebbe probabilmente vera per il camminare, il parlare o qualsiasi altra forma di comportamento, se non per il fatto che la maggior parte dei nostri muscoli sono paralizzati durante il sonno REM (1985, p. 81).5. 3 L'attività sessuale e il corpo Un'attività onirica che sarebbe interessante studiare nelle sue relazioni con i processi fisiologici è l'eccitazione sessuale e l'orgasmo. La ricerca di LaBerge è proseguita in questo senso cercando di accertare, attraverso molteplici rilevazioni elettrofisiologiche, se durante una attività sessuale onirica, si verificano modificazioni nel corpo paragonabili a quelle dello stato di veglia. Egli istruì alcuni soggetti a segnalare le varie fasi di eccitazione e di orgasmo durante il sogno lucido, con segnali messi in atto dai movimenti oculari. I risultati delle rilevazioni elettrofisiologiche abbinate ai segnali forniti dal soggetto sono così riferiti e commentati da LaBergeCome nel caso di Miranda, la registrazione poligrafica di Randy rivelò una precisa corrispondenza con la relazione del suo sogno lucido. Durante i trenta secondi di attività sessuale indicati dal suo secondo e terzo segnale, la frequenza del suo respiro raggiunse il massimo dei periodi REM, esattamente come per Miranda. L'estensimetro indicò che la sua erezione, dopo essere cominciata poco prima dell'inizio del periodo REM, aveva raggiunto il suo massimo livello tra il secondo e terzo stadio. Una lenta detumescenza era cominciata quasi immediatamente dopo l'orgasmo sognato. Il cuore di Randy, come quello di Miranda, mostrò solo un moderato aumento di frequenza durante l'orgasmo nel sogno lucido. In generale questi orgasmi sembrarono innescare risposte fisiologiche molto simili nei loro corpi addormentati. Questo in particolare, per l'aumento della frequenza del respiro in entrambi. Un'importante implicazione è che, sotto certi aspetti, il sogno lucido sessuale ha un potente impatto sul corpo del sognatore come nella realtà (ivi, pp. 86-87, c. n.).Questi esperimenti sono molto interessanti, non pretendono di rivelare verità assolute e indiscutibili, ma sicuramente scuotono alla base tutte le concezioni culturali sul sogno che vedono quest'ultimo come un processo semplicemente immaginativo. L'impressione che abbiamo nel leggere i resoconti degli esperimenti di LaBerge è che il sogno, soprattutto se lucido, assomigli decisamente ad uno scorcio di vita reale vissuta, con le implicazioni di espansione e di crescita che la vita ci accorda. Confinare il sogno a fenomeno immaginativo significa negare una parte della vita. LaBerge e i suoi colleghi ci hanno dimostrato che quando sogniamo, e in

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special modo quando sognamo lucidamente, non è coinvolta solo la nostra mente, ma anche il nostro corpo è implicato fortemente. In conclusione gli studi compiuti da LaBerge e il suo gruppo all'università di Stanford hanno evidenziato come l'attività fisiologica che si correla con il fenomeno onirico assomiglia maggiormente all'attività percettiva che a quella immaginativa, e ciò è stato dimostrato in modo abbastanza preciso. Come egli stesso scriveI nostri studi allo Stanford coprono una vasta area mostrando la relazione tra cambiamenti fisiologici nel corpo dei sognatori lucidi e una varietà di operazioni compiute dal loro corpo "onirico" nei loro sogni (1985, p. 76).

6. FENOMENI ASSOCIATI ALL'ESPERIENZA DEL SOGNO LUCIDO 6.1 Il senso di realtà' Nel corso di un sogno lucido, i soggetti ritengono che lo stato di coscienza sia chiaro e preciso e che le cose appaiano "come esse sono realmente". L'impressione che ne deriva è che il nostro stato ordinario di coscienza sia distorto e parziale, e che viviamo in uno stato di illusione (trance consensuale). Così si evidenzia che: (a) il senso di realtà rappresenta una funzione distinta rispetto al giudizio di realtà, anche se essi spesso operano in sincronia; (b) la percezione del senso di realtà non è inerente alla sensazione, in quanto nel sogno lucido le sensazioni non sono evocate da stimoli esterni. Gli stimoli del mondo interno divengono investiti del senso di realtà ordinariamente concesso agli oggetti. Attraverso ciò che può essere definito "spostamento di realtà" i pensieri e le immagini diventano reali (Deikman, 1966). Sognare lucidamente conferisce al sognatore la possibilità di esperire stati "altri" di coscienza e la possibilità di esplorare l'area dell'ignoto con il conseguente arricchimento che tutta la personalità può trarre dalla conoscenza diretta. L'esperienza del sogno lucido è vissuta dal sognatore come estremamente reale a causa della disidentificazione che egli vive rispetto ai contenuti dei suoi sogni. Egli è pura consapevolezza che osserva il film onirico proiettato dalla sua stessa mente.6.2 Unita' Da una parte la percezione di unitarietà può rappresentare la percezione della propria struttura psichica, dall'altra l'esperienza può essere la percezione della reale struttura del mondo. Come suggerisce Deikman «L'unità potrebbe essere, infatti, una proprietà del "mondo reale" che diventa percepibile attraverso le tecniche della meditazione del sogno lucido, della rinuncia, o sotto speciali condizioni che creano una spontanea e breve esperienza» (p. 112).6.3 Ineffabilità Anche se a volte i sognatori lucidi scrivono lunghi resoconti, essi sostengono che quest'esperienza non può venire comunicata tramite la parola o facendo riferimento ad esperienze simili che avvengono durante la

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vita di veglia. Essi sentono che non ci sono parole per comunicare l'intensa realtà e le sensazioni sconosciute. 6.4 Fenomeni trans-sensoriali Molti sognatori lucidi sottolineano che l'esperienza va al di là degli usuali canali sensoriali, ideativi e mnestici. Essi descrivono questo stato come pieno di profonde e vivide percezioni. 6.5 Trascendenza dello Spazio e del Tempo Questa categoria si riferisce da una parte alla perdita dell'usuale senso dell'orientamento, in termini di percezione tridimensionale consueta della vita di veglia, dall'altra ad un radicale cambiamento della prospettiva nel quale ci si trova improvvisamente come se si fosse fuori dal tempo, al di là del passato e del futuro. In questo stato di coscienza, spazio e tempo sono generalmente concetti senza significato. I concetti di spazio e tempo sono prodotti dal modo di essere della mente che divide e classifica; lo spazio del sogno è uno spazio di creazione, le immagini vengono create anche in funzione dei desideri consapevoli, e il corpo di sogno non sottostà alle leggi della gravità, infatti, molti sognatori lucidi si descrivono come delle consapevolezze volanti. Il concetto di tempo è legato al carattere consequenziale degli eventi, nel sogno lucido l'unica consequenzialità riscontrabile è quella tra desiderio e creazione, il tempo (come noi lo intendiamo) per il sognatore non esiste, la sua esperienza è quella di un tempo unico, un eterno presente, un tempo senza tempo.6.6 Senso del Sacro La sacralità viene qui definita come una risposta irrazionale, intuitiva, palpitante alla presenza di realtà ispiratrici. E' ciò che le persone percepiscono come qualcosa che ha uno speciale valore. I sognatori lucidi spesso provano questa sensazione quando si risvegliano dal sogno; la loro esperienza assume per essi un valore del tutto speciale, che, per quanto possa venire raccontata e condivisa a livello intellettuale, rimane per i sognatori una realtà esperita in uno stato "altro" di coscienza, per il quale essi provano attrazione, rispetto e devozione, e anche un sano desiderio.6.7 Profondi Sentimenti Positivi Questa categoria mette a fuoco sentimenti come la gioia, l'amore, e la pace inerenti alla coscienza mistica. Ci sembra possibile assimilare i vissuti dell'esperienza del sogno lucido a questa categoria di sentimenti, in quanto se l'esperienza diretta del sognare lucidamente non sempre è associata a tali sentimenti, il risveglio dal sogno lucido è caratterizzato generalmente dalla presenza di sentimenti di intensa gioia, la sensazione di conoscere un pò più sé stessi, una migliore disposizione nei confronti del proprio ambiente di relazione. 6.8 Paradossalità Questa categoria riflette la maniera nella quale aspetti significativi della coscienza onirica sono percepiti dal sognatore come reali, a dispetto del fatto che essi violano le leggi della logica aristotelica. L'esperienza del sogno lucido, è paradossale per chi ascolta il resoconto del sognatore ma

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non per il sognatore stesso. E' proprio l'esperienza della paradossalità e dell'assurdo che permette l'insorgenza di profondi sentimenti positivi. Il sapere linguistico è differente dal sapere esperienziale, e quest'ultimo è traducibile nel primo solo a costo di profonde distorsioni. Il sognatore lucido conosce qualcosa in più delle possibilità umane, proprio come il mistico, ma il compito di comunicare l'esperienza ad altri appare impossibile. 6.9 Transitorietà La speciale ed inusuale forma di coscienza di sogno può durare da una manciata di secondi fino a qualche minuto. Tuttavia la durata della lucidità in sogno è strettamente connessa con il livello di consapevolezza raggiunto dal sognatore. Sviluppando la consapevolezza attraverso le tecniche più adatte a ciascuno è possibile aumentare il tempo di lucidità fino a rendere tale stato relativamente stabile, ma si può andare anche oltre (per esempio praticando lo Yoga Tibetano del sogno) ed arrivare a testimoniare stabilmente il proprio sonno senza sogni. 6.10 Cambiamenti positivi nell'atteggiamento e nel comportamento Le persone che hanno sperimentato il contenuto delle categorie sopra discusse concordano nel riferire cambiamenti nelle attitudini (1) verso se stessi, (2) verso gli altri, (3) verso la vita. Viene descritto un aumento nell'integrazione della personalità, un rinnovato senso dei valori personali in aggiunta al rilassamento degli abituali meccanismi di difesa dell'Io. La sensazione comune a queste persone è che i loro problemi possono finalmente essere affrontati, ridotti o definitivamente eliminati. La pratica costante del sogno lucido e delle tecniche che lo possono indurre porta generalmente alla trasformazione radicale della personalità e alla nascita di nuove qualità adattative sul piano del sé e delle relazioni con gli altri. I sognatori lucidi riferiscono di vivere le loro vite ad un nuovo livello di integrazione psicologica, di sperimentare sensazioni di soddisfazione e di compimento unite a sensazioni di potere (inteso come capacità di contribuire allo sviluppo della convivenza nel proprio ambiente) che si contrappongono fortemente col vissuto che caratterizza lo stallo dell'impotenza nevrotica. E' implicito, in queste affermazioni, il tentativo di sottolineare come l'apprendimento di questo tipo di esperienze possa costituire un importante fattore terapeutico nella cura delle nevrosi e delle depressioni.6.11 Fenomeni Estetici L'esperienza del sogno lucido assomiglia molto a quella prodotta da una dose di LSD. la persona che viaggia in acido sa che tutto ciò che vede è il prodotto dell'incontro tra la droga e alcune potenzialità del sistema nervoso umano. Egli gode meravigliato delle immagini estetiche create dalla sua stessa mente, egli sa che sta viaggiando in una dimensione trasformativa dai ritmi vertiginosi, e difficilmente egli scambia ciò che vede per realtà. Analogamente, i sognatori lucidi creano i fantasmagorici ambienti di sogno rimanendo consapevoli che si tratta di una creazione delle loro menti. Possono esprimere desideri e realizzarli direttamente nel sogno, possono creare immagini fantastiche, giochi di colori e ogni tipo di rappresentazione

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inimmaginabile. Ci sembra, per concludere, di poter sottolineare la posizione attiva e costruttiva dei sognatori lucidi che applicano la propria volontà alla direzione dell'esperienza. Molti sognatori riferiscono di provare intuizioni molto profonde e illuminanti di talune idee o problemi e di avere molte immagini visive vivide e tridimensionali.7. SOGNO LUCIDO E "RISVEGLIO"La possibilità di sperimentare uno stato di lucidità durante l'attività onirica comporta una serie di implicazioni e di interrogativi di tipo filosofico, volti al tentativo di comprendere i meccanismi della coscienza che operano durante il sonno, ma anche quei meccanismi che regolano la nostra coscienza di veglia. Infatti, quando sognamo esperiamo i nostri sogni come realtà; tutto il nostro essere percettivo ed emotivo si identifica con il contenuto degli stessi, a tal punto che possiamo provare forti angosce oppure gioie e piaceri. Quando la lucidità sopraggiunge ad illuminare la scena di sogno, l'esperienza muta completamente: sappiamo che stiamo sognando, sappiamo quindi che il sogno non è reale ed emerge la consapevolezza del fatto che esso è una costruzione della nostra mente. Questo processo porta alla configurazione di un continuum del grado di consapevolezza che va da un minimo nei sogni non-lucidi ad un massimo nei sogni lucidi; può sorgere di conseguenza l'ipotesi che esista la possibilità di estendere anche allo stato di veglia ciò che abbiamo visto accadere nello stato di sogno: anche durante lo stato di veglia la consapevolezza può essere presente in grado maggiore oppure minore, dando origine nel primo caso ad una sorta di illusione di realtà caratteristica del sogno non-lucido, e nel secondo ad uno stato di veglia lucida . Se l'ipotesi è percorribile, dovrebbe esistere uno stato di coscienza proprio dello stato di veglia, paragonabile all'insorgenza della lucidità in sogno e che potremmo chiamare veglia "Risvegliata".Grafico Lucidità

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La consapevolezza aumenta proporzionalmente nello stato di sogno e nello stato di veglia, portando al sogno lucido da una parte e al Risveglio dall'altra.Queste implicazioni sono state valutate da Judith R. Malamud: Nel presentare la ricerca sul sogno lucido, in un contesto esteso alla filosofia, spero di chiarire come diventare lucidi in sogno possa costituire una spinta verso la promozione di una parallela evoluzione della coscienza nella vita di veglia. Come la lucidità di sogno è la conoscenza che siamo addormentati e che stiamo sognando, così la Lucidità di Veglia, può essere definita come conoscenza, durante lo stato di veglia, che siamo addormentati e che stiamo Sognando in relazione ad una realtà possibilmente più obiettiva, e cioè, "La Vita Risvegliata". Così la lucidità come è stata qui definita, non è ristretta e limitata ad uno specifico stato di coscienza. Il tentativo di capire le potenzialità della lucidità in sogno ci potrà condurre ad intravedere possibilità parallele per la lucidità nella vita di veglia (1986, p. 590).Alla luce di quanto abbiamo detto fino a questo punto sembra prendere forma la possibilità che quello stato che noi riteniamo abitualmente di veglia possa venire considerato come uno stato di sonno da svegli. A questo proposito C. Tart titolava un suo recente lavoro dedicato all'argomento: "La struttura e la dinamica della veglia addormentata".

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L'analisi compiuta da Tart è di tipo psicologico, egli mira a mostrare come l'uomo sia del tutto inconsapevole del processo di costruzione che porta all'esistenza di quella dimensione che conosciamo come "reale". Alla domanda "che cosa significa trovarsi in uno stato di veglia addormentata?" così risponde:Possiamo dire che "L'uomo è addormentato" nel senso generale che un individuo in uno stato di coscienza ordinario, culturalmente "normale" è: (a) inconsapevole o solo parzialmente consapevole di importanti oggetti, persone e processi nel suo ambiente circostante. (b) inconsapevole o solo parzialmente consapevole di importanti, a volte vitali capacità, processi, ed eventi all'interno del suo essere. Se ciò fosse tutto, riguardo alla nostra definizione iniziale dell'essere addormentati, potremmo molto più semplicemente definirla "ignoranza", e in questo caso il rimedio sarebbe la produzione dello sforzo mirato verso l'educazione. Di conseguenza dobbiamo aggiungere: (c) l'uomo abitualmente e automaticamente passa una grande quantità del suo tempo nel fantasticare e in illusori sistemi di credenze su se stesso e sul mondo; vale a dire, l'uomo si aggira in una sorta di veglia(di giorno)sognante; (d) l'uomo è fortemente ed emozionalmente coinvolto con molti dei suoi sogni (di veglia) e con i suoi illusori sistemi di credenze e per di più li difende; e (e) l'uomo distorce significativamente la percezione che ha di sé e del suo mondo, usualmente in una maniera che convalida soggettivamente i suoi sogni (di veglia) e gli illusori sistemi di credenze.Come conseguenza dell'essere addormentato in questo senso, che consiste in ciò che ho definito altrove trance consensuale noi proviamo molta sofferenza. Dal punto di vista di coloro che sono più consapevoli di se stessi e del mondo della natura, la maggior parte di questa sofferenza è inutile e non necessaria. E' come una persona matura che osserva le traversie di un adolescente, e sa come esse potrebbero essere gestite più facilmente. Per dirla in un altro modo, le nostre vite sono vissute ad un livello mentale inferiore piuttosto che pienamente, con la conseguenza che la percezione, il pensiero, il sentimento e l'azione risultano disadattivi. Risvegliarsi da questo stato di veglia addormentata, acquisire la pienezza mentale, richiede considerevolmente di più che la semplice esposizione a "fatti" educativi. (Tart, 1993, pp. 142-143).Dunque, se per vincere l'angoscia e il terrore che a volte proviamo nei sogni, è necessario diventare lucidi e coscienti del processo, così per eliminare la sofferenza e l'ignoranza dallo stato di veglia addormentata è necessario "Risvegliarsi". Dato che lo stato di veglia e quello di sonno sono modulazioni psicofisiologiche di un essere sempre integrato, è verosimile ritenere che la pratica del sogno lucido, che implica un aumento della consapevolezza in sogno, possa contribuire a vincere l'illusione dello stato di veglia e condurre al "Risveglio". Per concludere ci sembrano opportune le parole con le quali J. R. Malamud conclude il suo articolo:

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Forse, anche il "Risveglio" comporta una sparizione del nostro concetto di sé e del mondo come lo percepiamo ordinariamente. Questa analogia è coerente con gli insegnamenti mistici sul bisogno di lasciar cadere la realtà come viene percepita dai sensi, e "morire" in qualità di ego per poter conoscere la Realtà. Così, Risvegliarsi potrebbe significare diventare esperienzialmente consapevoli di una realtà apparentemente più obiettiva e del Sé che sogna le nostre vite di veglia. Forse, dopo il Risveglio, ci potremo meravigliare per la bizzarria e creatività, ansietà e dolcezza dei nostri sogni della vita di veglia (1986, p. 609). *,** PsicologiBIBLIOGRAFIAAA. VV., I linguaggi del sogno, Sansoni Editore, Firenze, 1984. ABHINAVAGUPTA, Essenza dei tantra, tr. it. a cura di R. Gnoli, BUR, Milano, 1990. AHSEN A., Prolucid dreaming: a content analysis approach to dreaming, "Journal of Mental Imagery", 1988, 12, pp. 1-70. BASTIDE R., Sogno, trance e follia, tr. it. Jaca Book, Milano, 1976. CASTANEDA C., Viaggio a Ixtlan, tr. it. Ubaldini, Roma 1973. CASTANEDA C., L'arte di sognare, tr. it. Rizzoli, Milano, 1993. COVELLO E., Lucid dreaming: A review and experiential study of waking intrusions during stage REM sleep, "Journal of Mind and Behavior", 1984 Win, Vol 5(1), pp. 81-98. DEIKMAN A. J., Deautomatization and the mystic experience, "Psychiatry", Vol. 29, 1966, pp. 324-338. FENWICK P. et al., Lucid dreaming: Correspondence between dreamed and actual events in one subject during REM sleep, "Biological Psychology", 1984 Jun, Vol 18(4), pp.243-267. FOULKES D., GRIFFEN M., An experimental study of 'creative dreaming, "Sleep Research", 5, (1976): 129. GACKENBACH J., A survey of considerations for inducing conscious awareness of dreaming while dreaming, "Imagination Cognition and Personality", 1985-86 Vol 5(1), pp.41-55. GARFIELD P., Creative dreaming, Ballantine, New York, 1974. GLICKSOHN J., The structure of subjective experience: Interdependencies along the sleep-wakefulness continuum, "Journal of Mental Imagery", 1989 Sum, Vol 13(2), pp. 99-106. GREEN C., Sogni lucidi, tr. it. Mediterranee, Roma, 1985. GRIFFEN M., FOULKES D., Deliberate presleep control of dream content: An experimental study, "Perceptual and Motor Skills", 45, (1977): 660. HALL C., Do we dream during sleep? Evidence for the Goblot hipothesis, "Perceptual and Motor Skills", 53, (1981): 239. HEARNE K. M., Lucid dream induction, "Journal of Mental Imagery", 1983 Spr, Vol 7(1), pp. 19-23. JUNG C. G., Ricordi, Sogni, riflessioni, tr. it. BUR, 1992, Milano. KAPLAN-WILLIAMS S., Il potere dei sogni, tr. it. Xenia Edizioni, Milano, 1993. LABERGE S., Lucid Dreaming, tr. it. Armenia editore , 1985, Milano.

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nell'immaginario» (p. 48).2 In uno di questi resoconti l'autore descrive come sognò di essere consapevole del sogno e di star sognando: «sapevo con assoluta certezza di star sognando e che in realtà riposavo supino nel mio letto. Decisi di svegliarmi dolcemente e di osservare attentamente come la mia sensazione di riposare bocconi si sarebbe trasformata in sensazione di riposare supino: ciò che feci lentamente e deliberatamente. La transizione fu assolutamente straordinaria. Provai come l'impressione di scivolare da un corpo ad un altro: ed avvertii molto distintamente il doppio ricordo dei due corpi» (in Lapassade, p. 31).3 La popolazione dei Senoi (Malesia) costituisce un esempio eccellente di cultura che attribuisce un valore particolare al lavoro sul sogno. La Garfield (1974) ha così riassunto gli aspetti fondamentali del lavoro sul sogno dei Senoi: in sogno si deve affrontare e superare il pericolo, andare incontro ad esperienze piacevoli, fare in modo che i sogni diano un risultato positivo o creativo. E' ovvio che questo lavoro direttivo sul e nel sogno presuppone una "educazione" alla lucidità in sogno.4 Yoga significa unione, intesa come unione con l'Assoluto, la ricomposizione di tutti gli opposti; quando questa unione viene raggiunta la mente si dissolve come ghiaccio al sole, e scompare così la possibilità di "sognare" sia quando siamo svegli che quando dormiamo. 5 Si può essere semplicemente consapevoli che qualche fenomeno sta avendo luogo, e si può essere consapevoli di essere consapevoli. Questa autoconsapevolezza ci consente a diversi livelli di separarci dai contenuti della nostra coscienza, e il suo sviluppo coincide con l'aumento della separazione tra la coscienza e i suoi contenuti. In linea generale, quindi, coltivare un atteggiamento che miri alla disidentificazione tra la coscienza e l'oggetto dell'esperienza, favorisce l'apparizione della lucidità sia nello stato di sonno che nello stato di veglia (cfr. Tart, 1977).6 Cfr. alcuni concetti psicofisiologici: livelli di vigilanza, sostanza reticolare ascendnte, correlati EEG del sogno.

Veglia - Sonno - SognoNicola Lalli *

"Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n° 30

Veglia, sonno profondo (o sonno NREM), sonno desincronizzato (o sonno REM) sono tre stati diversi, ma strettamente integrati, della complessa attività del S.N.C., e rappresentano il continuum vitale dell'uomo. Prima di descrivere le loro diversità fenomenologiche e funzionali, debbo sottolineare che questi tre stati sono sottomessi ad una regola fondamentale che si potrebbe definire "della separazione e della non interferenza". Nella normalità infatti, questi stati sono nettamente separati l'uno dall'altro, il passaggio avviene in maniera graduale e codificata, particolari

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meccanismi neurofisiologici, tramite la loro attivazione o disattivazione, impediscono qualsiasi interferenza o sovrapposizione. Nella patologia questa regola viene meno, tanto da ritenere che la sovrapposizione o l'interferenza tra questi stati, sia un segno patognomonico del disfunzionamento mentale. Ne citerò due per esemplificare. Da una parte la narcolessia; la cui genesi è legata alla netta riduzione del tempo che deve intercorrere tra la fine dello stato di veglia e l'inizio della fase REM: arco di tempo definito "latenza REM" e che nell'uomo ha una durata media di 70'-80'. Questo passaggio nella narcolessia avviene invece d'emblèe creando i tipici segni del disturbo: l'incoercibile sonnolenza e la caratteristica atonia muscolare. Dall'altra le allucinazioni del delirium tremens che sono dovute ad una sovrapposizione della fase REM nello stato di veglia. ***Lo stato di veglia è caratterizzato da attenzione, autoconsapevolezza e possibilità di compiere azioni altamente finalizzate. Affinché si realizzino queste funzioni è necessario che il S.N.C. si trovi nelle seguenti condizioni: a) integrità della corteccia cerebrale, metabolismo cerebrale implicante un maggior consumo di glucosio ed attività elettrica cerebrale rapida e di basso voltaggio (onde alfa e beta); b) attivazione di tutta una serie di apparati sottocorticali, dal bulbo all'ipotalamo, che sono influenzati ed influenzano la corteccia; c) contemporanea inibizione di alcuni meccanismi deputati al sonno, in primo luogo il sistema ponto-genicolo-occipitale (PG0). "Anatomicamente il sistema di veglia è costituito da una rete di neuroni situati nella formazione reticolare mesencefalica. Durante la veglia questi neuroni eccitano la corteccia per mezzo di neurotrasmettitori, in particolare l'acetilcolina: essi stessi ricevono un innervamento noradrenergico che proviene in particolare dal locus coeruleus. Tutto funziona come se numerosi meccanismi di controllo impedissero al sonno di sopraggiungere durante la veglia e l'inizio del sonno. I due meccanismi di controllo più importanti sono posti sia in una parte del sistema di veglia (locus coeruleus), sia al livello del sistema del raphe dorsalis (che è attivo durante la veglia, l'addormentamento e il sonno leggero)" 2. Comunque affinché avvenga il passaggio dalla veglia al sonno NREM, sono necessarie almeno due condizioni fondamentali: l'attivazione del ritmo circadiano e l'assenza di forti stimolazioni sensoriali. Le caratteristiche del S.N.C. durante il sonno NREM sono: 1) l'attività corticale si modifica fino a costituirsi come un tracciato di onde lente e fusi; 2) una marcata diminuzione del consumo di glucosio e di ossigeno della corteccia cerebrale, mentre le riserve energetiche si accumulano nella glia, sotto forma di glicogeno; 3) l'inibizione dei centri aminergici.Sul piano fenomenologico questo stato comporta una perdita di consapevolezza, una riduzione del tono muscolare ed una riduzione della recettività agli stimoli esterni. Possono comparire

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attività mentali che sono caratterizzate da un pensiero lucido astratto, in genere privo di immagini. Siamo così arrivati all'aspetto più complesso, che è il sonno desincronizzato o paradosso (o sonno REM) che è così caratterizzato: 1) L'attività corticale è caratterizzata da un tracciato EEG molto simile a quello della veglia. 2) L'attività metabolica cerebrale è aumentata notevolmente. 3) Una serie di parametri biologici fondamentali subiscono profonde variazioni: come l'inibizione del tono muscolare e la caduta della omeotermia. 4) L' attivazione del sistema PGO. 5) Inoltre è fondamentale, perché si instauri la fase REM, la presenza di una situazione di estrema sicurezza e tranquillità come risulta dagli studi di M. Jouvet."Si vede che il sogno è possibile solo dopo la verifica di numerosi sistemi di sicurezza: questa protezione sembra molto adeguata, perché il sonno si accompagna ad un aumento della soglia della veglia e ad una paralisi quasi totale. Sordo, cieco, paralizzato, l'animale diventa molto vulnerabile: non può sognare se non è al sicuro". 2 "Questa nozione di sicurezza è importante ed esplicita in parte le variazioni della durata del sogno in differenti specie: gli animali cacciati, che sono raramente al sicuro, dormono poco, il loro sonno è molto leggero e la durata totale dei periodi di sonno paradosso non eccede i 15-20 minuti nelle 24 ore; invece i cacciatori (carnivori) ed il gatto domestico, quando è perfettamente al sicuro e non deve cacciare per nutrirsi, dormono molto e la durata del sonno paradosso può superare i 200 minuti ogni 24 ore" 2. E' utile sottolineare questi due aspetti. Il sonno paradosso è protetto da una serie di passaggi, quasi a significarne l'estrema importanza, ma anche l'estrema vulnerabilità; e che una situazione di sicurezza influenza favorevolmente la durata del sonno REM. Mi sembra interessante e possibile poter collegare quest'ultima peculiarità con la fase endouterina, che sicuramente rappresenta nell'uomo il massimo di sicurezza rispetto a fattori traumatici esterni. Poiché la fase REM è collegata con la produzione onirica, dobbiamo cercare, a questo punto, di comprendere quale può essere il legame tra attività onirica ed evoluzione dell'uomo.

Abbiamo già descritto quali sono i fenomeni caratteristici di questo stadio: attività cerebrale rapida, simile a quella della veglia; completa inibizione del tono muscolare; presenza di rapidi movimenti oculari; recettività per gli stimoli interni, nettamente aumentata rispetto alla fase NREM; incrementa il metabolismo cerebrale; l'attivazione del sistema PGO. Ma il dato più singolare è la caduta della regolazione omeostatica in genere, della omeotermica in particolare. E' questo uno dei dati meno comprensibili che fa dire a M. Jouvet: "... non si capisce come il sogno possa costituire un vantaggio evolutivo, dal momento che corrisponde allo stato in cui l'animale è più vulnerabile: lo stato di sogno è in effetti il momento più pericoloso del ciclo a tre tempi

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sonno-veglia-sogno, poiché il cervello chiude la porta al mondo esterno, e dunque agli eventuali pericoli, per aprirsi ad un programma endogeno". 2 Questa singolarità, inspiegabile in termini evoluzionistici, deve però essere compresa, altrimenti si rischia di perdere in gran parte il significato della fase REM. Ma soprattutto deve essere compreso perché mai in questa fase, viene meno il meccanismo di autoregolazione della temperatura corporea, che come sappiamo, è un meccanismo fondamentale di sopravvivenza per gli animali omeotermi che, come è noto, sono animali evoluti rispetto a quelli poichilotermi. Perché mai gli animali omeotermi, durante la fase REM, si trasformano, momentaneamente, in poichilotermi? Per fornire una possibile ipotesi esplicativa bisogna tenere presente una ulteriore differenza fondamentale: mentre per gli animali poichilotermi, i neuroni continuano a riprodursi, negli animali omeotermi, i neuroni non solo non si riproducono dalla nascita in poi, ma dai 20 anni in poi inizia una loro fisiologica distruzione. Questa specificità anatomica, sembrerebbe essere penalizzante e comportare, per gli animali omeotermi, una minore capacità di immagazzinare memoria o comunque di modellare funzionalmente la rete neuronale in funzione dell'apprendimento. Invece forse è vero proprio il contrario!

Infatti noi sappiamo che le informazioni si fissano a livello sinaptico: se le cellule nervose si rinnovassero continuamente, inevitabilmente quelle nuove potrebbero trasmettere solo il patrimonio genetico mentre l'informazione acquisita andrebbe perduta. La divisione delle cellule comporterebbe inevitabilmente la perdita dell'informazione con la formazione di nuovi circuiti che sarebbero sì pronti e recettivi a nuove informazioni, ma perderebbero quelle acquisite in precedenza. Dobbiamo dedurne che è di fondamentale importanza la persistenza dei ricordi delle esperienze precedenti che evidentemente ricoprono un ruolo importante rispetto alla continuità ed alla identità dell'individuo. Identità che si identifica non tanto con le strutture, quanto piuttosto con la storia ed il ricordo della storia di ogni singolo individuo. Quindi l'omeotermia, meccanismo evolutivo fondamentale, si è evoluto di pari passo con la fase REM, altro meccanismo evolutivo fondamentale. Ma l'omeotermia si è anche parallelamente evoluta con la non riproduzione dei neuroni. E' probabile che in questa complessità si dovesse costituire una nuova modalità che permettesse al S.N.C. di "processare" correttamente e continuamente le nuove informazioni. La fase REM potrebbe essere devoluta esattamente a questo compito: l'elaborazione ed il mantenimento dei ricordi o delle tracce mnesiche. Perché mai poi ci sia una contemporanea caduta del meccanismo omeotermico, lo vedremo successivamente. Ma seguiamo ancora M. Jouvet. "Lo studio dell'omeostasi potrebbe offrire qualche dato ulteriore: esiste in effetti, nel corso del sonno paradosso, una

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continuità ontogenetica tra i movimenti del feto (di topo o di cavia) in utero, quelli del topolino o del gattino neonato nei quali il sistema di inibizione posturale non è ancora funzionante - ed il comportamento onirico dell'adulto. I movimenti del feto sono senza dubbio l'espressione motrice della formazione di sinapsi preformate geneticamente nel corso della maturazione del S.N.C. Noi sappiamo in effetti che l'ambiente può modificare l'organizzazione funzionale e anatomica del cervello. E' così che l'attività corticale unitaria e l'organizzazione dei dendriti nella corteccia visiva possono essere modificate nei gattini mediante la occlusione prolungata delle palpebre, o che l'aspetto architettonico o enzimatico della corteccia può essere alterato nel topo dall'isolamento o dalla iperstimolazione sensoriale. Sembra dunque difficile capire come una programmazione genetica definitiva, stabilita al fine di una maturazione, possa essere efficace per organizzare dei futuri comportamenti innati a dispetto delle modificazioni plastiche sinaptiche indotte dall'ambiente. Inoltre la programmazione genetica definitiva di centinaia di miliardi di connessioni sinaptiche richiederebbe un numero di geni ben superiore a quelli che esiste nel genoma. Per questo motivo sembrerebbe più soddisfacente il concetto di una programmazione genetica ricorrente e periodica". 2Il meccanismo di questa programmazione ricorrente viene definita da Jouvet "apprendimento filogenetico endogeno". A riprova di questa sua tesi endogena, Jouvet ha evidenziato nel gatto alcuni comportamenti ottenuti mediante l'ablazione di alcune parti del nucleus coeruleus che è deputato ad inibire l'attività motoria. Durante la fase REM, il gatto può quindi muoversi e si evidenziano comportamenti non finalizzati e ripetitivi: sequenze di esplorazione, di avvicinamento alla preda, di pulizia del corpo etc. La differenza fondamentale tra questi comportamenti in fase REM, e quelli che avvengono nello stato di veglia, è che in quest'ultimo caso, ogni comportamento è sempre diretto verso un oggetto dell'ambiente esterno. Che tutto questo possa servire ad una ripetizione e ad un apprendimento di schemi endogeni, cioè innati è plausibile. Ma temo che questo non sia applicabile all'uomo, visto che in questi comportamenti innati, rispetto a quelli appresi, sono veramente minimi. Ancora una volta l'osservazione in laboratorio ed esclusivamente sugli animali, comporta risultati e teorie che non sono applicabili ed estensibili all'uomo, la cui complessità comporta schemi interpretativi diversi. Nell'uomo dobbiamo ritenere che durante la fase REM, il S.N.C. si esercita con quei residui di memoria a breve termine (derivanti dalle esperienze quotidiane) e che cerca non solo di vagliarle ed approfondirle, ma anche di fare quello che Piaget definisce "il gioco interiore della mente". Provare cioè nuove soluzioni o nuove associazioni per tentativi ed errori. Cosa resa possibile dal fatto che l'inibizione della motricità impedisce un pericoloso quanto cieco passaggio all'atto. Il fatto che Jouvet abbia dimostrato che in fase REM l'animale è cieco e sordo ad ogni stimolo esterno, testimonia semplicemente la non recettività a stimoli provenienti dall'esterno. Ma è proprio questa situazione che rende possibile

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e favorisce una maggiore recettività agli stimoli interni, cioè ai ricordi. Che tutto questo debba avvenire in una situazione di estrema protezione, di inibizione motoria e con un massiccio dispendio energetico e metabolico è perfettamente logico e comprensibile e soprattutto è testimonianza dell'estrema complessità ed importanza della fase REM. Ma la domanda che dobbiamo porci, ed alla quale occorre dare una risposta, è perché in questa fase viene meno il meccanismo omeostatico di cui la perdita dell'omeotermia, ne rappresenta l'aspetto più eclatante. Sembrerebbe poco logico e poco comprensibile: un processo evoluto, come l'omeotermia, viene meno in una fase che abbiamo visto ha bisogno di grande sicurezza e protezione. Sembra veramente paradossale! Credo che sia proponibile una ipotesi che apra ad ulteriori approfondimenti. La caduta dei meccanismi omeostatici nella fase REM, rende questa situazione aperta e non codificata, capace di massima recettività e libertà a differenza della situazione omeostatica che ben sappiamo preservando l'organismo da possibili variazioni serve a mantenerne la stabilità. Stabilità che se è utile sul piano fisiologico lo è molto meno su quello dello sviluppo psichico che implica e necessita di un maggior grado di libertà. Quindi dobbiamo ritenere che la singolarità della fase REM sia proprio quella di essere alla base della creatività e del nuovo e quindi costituisca un momento fondamentale per lo sviluppo e l'evoluzione psichica dell'uomo. La veglia ed il sonno NREM, visti in chiave evoluzionistica, presentano una peculiarità comune che li rende fondamentali per la sopravvivenza. La veglia permette un rapporto con la realtà finalizzato alla difesa, alla ricerca del cibo della sicurezza, del partner ecc. Il sonno NREM (perlomeno per le specie più evolute che ne sono provviste) serve fondamentalmente per la reintegrazione delle energie consumate in questa attività. Ambedue gli stati sono regolati dal principio di omeostasi: cioè la tendenza da parte dell'organismo a mantenere stabili i principali parametri biologici. Aspetto necessario e fondamentale per un corretto mantenimento di un assetto biologico ottimale al fine di un corretto adattamento alla realtà. La fase REM in questa, ottica sembra essere uno stato regressivo, o comunque non funzionale. Ma se vogliamo dare un senso a questa "singolarità" dobbiamo ritenere che proprio questo liberarsi delle regole omeostatiche, conferisce allo stato REM una peculiarità: quella di poter attendere, non all'adattamento ed alla ripetitività, ma alla novità ed alla creatività. E perché questo possa accadere è necessario, come ha ampiamente dimostrato M. Jouvet, che ci sia uno stato di sicurezza e di tranquillità. Alcuni AA. 1 hanno definito i sogni come "figli di un cervello ozioso". Definizione sicuramente affascinante ma che forse rende meno l'idea rispetto al considerare l'attività onirica come "un gioco della mente". Di quella mente che dopo aver messo in atto le fondamentali funzioni cognitive e razionali, necessarie alla sopravvivenza, ed all'adattamento, può permettersi il lusso di dare spazio ad una attività mentale che abbia sempre più le caratteristiche dello psichico. Ed ove per psichico ovviamente

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intendo prevalentemente l'attività inconscia. Il sogno: funzione e significato. Ed è in questo contesto che dobbiamo inserire la possibilità di comprendere le funzioni ed il significato del sogno. Il sogno ha caratteristiche di tipo allucinatorio, nel senso che colui che sogna, non è consapevole del suo particolare stato psicologico, ma vive come vere le immagini o le parole del sogno: il sogno è caratterizzato da immagini molto vivide, accompagnate spesso da sensazioni uditive e di movimento: quindi nel sogno sono impegnate la sensorialità visiva, uditiva e cenestesica, meno gli altri sensi come il gusto, l'olfatto o il tatto. Intense invece possono essere le emozioni che variano dalla gioia all'angoscia. Sul piano fenomenologico il sogno è caratterizzato da tre processi fondamentali (J. Allan Hobson, 1987); L'attività del S.N.C. che corrisponde appunto alla fase REM. Il blocco delle afferenze sensoriali tramite una prima inibizione presinaptica del terminali afferenti dei nervi cutanei, e da una ulteriore inibizione dei livelli più elevati dei circuiti sensoriali. Blocco delle afferenze motorie: questo fenomeno è dovuto ad una inibizione post-sinaptica dei motoneuroni della via finale comune situata nel midollo spinale e nel tronco encefalico. La generazione di segnali interni che vengono vissuti, a causa della interazione sensoriale, come provenienti dall'esterno. "Sulla base di questi tre processi, il cervello si prepara a processare l'informazione che proviene dal suo interno, ad escludere i dati provenienti dall'esterno ed a non agire in rapporto alla informazione generatasi al suo interno" (J. Allan Hobson, 1987). Certamente questi dati sono validi, ma la neurofisiologia non può dirci nulla di più circa il significato delle informazioni interne. E' evidente che le informazioni interne nascono dall'esperienza, dalla memoria dei residui diurni, ma anche e soprattutto dalla organizzazione psichica complessiva del soggetto. Infatti che prevalga una struttura di inconscio rimosso o uno stato di inconscio mare calmo, la produzione onirica è molto diversa (vedi 6).Sulla base delle nozioni di neurofisiologia e delle esperienze cliniche, il sogno può essere considerato come una particolare modalità di pensiero, che permette al soggetto non solo di rappresentarsi la sua situazione interna, ma anche di tentare soluzioni, più o meno incongrue, delle sue problematiche e delle sue conflittualità. Il sogno è un momento di riflessione ed un tentativo di soluzione di problemi o di conflitti mediante la rappresentazione drammatica, come in uno scenario teatrale, delle pulsioni, delle angosce, delle speranze e dei desideri. In una parola con tutta la sua complessa e più profonda struttura psichica del sognatore. E' quindi il sonno che permette l'emergere del sogno e non viceversa. Già da decenni, sulla base di considerazioni di clinica psicoanalitica, avevamo contestato questa affermazione di Freud, ma se fosse necessario oggi possiamo ultimare anche un dato che ci proviene dagli studi di neurofisiologia del sonno. L'evidenziamento di una specifica funzione neurofisiologica, il CAP (Cyclic Alternative Pattern) (vedi 7) meccanismo che

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serve a stabilizzare il sonno e che serve solo durante la fase REM, è una conferma ulteriore, su base neurofisiologica, che il sogno non è l'esaudimento allucinatorio dei desideri", necessario per proteggere il sonno. Le funzioni del sonno sono invece molteplici e non del tutto chiarite. Le più importanti sono. attivare i circuiti cerebrali, attivare il passaggio delle informazioni dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine ed inoltre, probabilmente, eliminare una serie di informazioni inutili o superflue. Ma sicuramente il sogno assolve anche una funzione, quella forse da più tempo accertata, di aprire al mondo dell'inconscio, avendo parzialmente chiuso, con il sonno, al mondo esterno. Ma prima di affrontare questo problema, credo sia necessario sottolineare un particolare aspetto del sogno. Noi sappiamo che il sogno avviene, e probabilmente occupa gran parte della fase REM, che nell'adulto corrisponde circa il 20% del sonno totale, ovverosia circa 80-90 minuti per notte. Sappiamo inoltre che il sogno, per quanto articolato e complesso, può avvenire nell'arco di pochi secondi. Ora, mediamente, a parte rare eccezioni legate ad un sonno molto leggero ed interrotto, al mattino in genere si ricordano solo pochi sogni. Quindi dobbiamo ritenere che di tutta la complessiva produzione onirico, noi riusciamo a ricordarne solo una parte minima. Dobbiamo dedurre che ci deve essere una differenza tra la complessiva attività onirica ed il sogno o i sogni che ricordiamo. Nel senso che probabilmente l'attività onirica nel suo insieme ha funzioni numerose e complesse, il sogno ricordato ha una funzione specifica diversa. I sogni che si ricordano, riguardano esperienze oniriche significative e strettamente collegate con le dinamiche psicologiche conflittuali o comunque più importanti in quel momento, per quella persona. Possiamo pertanto pensare che i sogni che si ricordano, sono tentativi di visualizzare ed a volte tentativi di risoluzione, di conflitti, problemi o di particolari dinamiche psicologiche del soggetto. Il linguaggio del sogno. Il sogno si esprime mediante un linguaggio, la cui caratteristica fondamentale è di essere costituito prevalentemente per immagini. Il bambino conosce il mondo attraverso le sensazioni tattili, acustiche ma soprattutto visive. All'inizio non c'è il verbo, ma l'immagine, che deve essere distinta dalla pura sensazione visiva, perché indice di una capacità di organizzazione psichica più complessa. Il bambino recepisce miriade di sensazioni visive, le seleziona e le elabora soprattutto sulla base della continuità e della ripetitività dell'oggetto. Dal momento che riesce a formare le immagini, il bambino comincia a crearne di nuove ed a giocarci: il sogno può essere visto come continuazione di questa attività ludica. Il linguaggio onirico è un linguaggio prevalentemente per immagini, e di queste conserva due proprietà caratteristiche: la sinteticità e l'ambiguità. Su un piano evolutivo culturale, possiamo paragonare il sogno alla scrittura ideografica che è più universale, ma meno definita di quella fonetica. L'immagine ci fornisce infatti una informazione più rapida e sintetica, ma in qualche modo anche meno definita e precisa. Ovverosia l'immagine, più della parola, può avere significati multipli, perché l'immagine rende

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possibili due meccanismi: la condensazione e lo spostamento. In questo modo una immagine può fondersi o sostituirsi ad un'altra, dando luogo al simbolo, che sulla base di connessioni profonde può rappresentare, al di là delle apparenze qualche cosa di diverso. A differenza del segno che indirettamente rimanda alla presenza di una realtà precisa e del segnale che è un indice convenzionale ed esplicito. Sono inoltre caratteristiche del linguaggio onirico altre due modalità, tipiche del processo primario: assenza delle categorie temporo-spaziali e persistenza del principio di contraddizione, per cui possono accadere cose antitetiche ed opposte, senza che questo desti nel sognatore, stupore o incredulità. Quindi la struttura del linguaggio onirico è caratterizzata da spostamento, condensazione, simbolismo, assenza del principio di continuità e contiguità e di quello di non contraddizione. Se questa è la struttura del linguaggio onirico, i contenuti sono immagini che possono derivare da: a) immagini riguardanti il passato; b) immagini tratte da situazioni presenti (resti diurni); c) costituzione di immagini completamente nuove. Le scene possono essere semplici o molto complesse ed articolate. Normalmente il soggetto vive il sogno come realtà; a volte invece "sa" che sta sognando. Questa evenienza può indicare un tentativo di superamento dell'angoscia, nel senso che se il contenuto del sogno suscita angoscia, pensare che si sta sognando, è un modo per sdrammatizzarlo. L'esperienza onirica viene successivamente, nella veglia, organizzata in un racconto del sogno che ascoltato e recepito dal terapeuta ne rende possibile l'interpretazione.* Titolare di Psicoterapia. Facoltà di Medicina e Chirurgia Università "La Sapienza" di Roma.

BIBLIOGRAFIABOSINELLI M., CICOGNA P.C. (a cura di): Sogni: figli di un cervello ozioso, Bollati Boringhieri, Torino, 1991. JOUVET M.: La natura del sogno, Theoria, Roma, 1991. HOBSON J.A.: La macchina dei sogni, Giunti, Firenze, 1992. LALLI N.: Manuale di Psichiatria e Psicoterapia (con riferimento al capitolo "Sonno: normalità e patologia"), Liguori, Napoli, 1991. LALLI N., FIONDA A.: L'altra faccia della luna. Il mistero del sonno. Il problema dell'insonnia, Liguori, Napoli, 1994. LALLI N.: L'inconscio nella psicoanalisi. La psicoanalisi dell'inconscio, Psicobiettivo, XV, n. 2, 1995. TERZANO M.G. e coll.: The cyclic alternating pattern as a phisiologic component of normal NREM sleep, Sleep 8.2.1995.

SONNO, SOGNO e TRANCEUmberto Piscicelli *

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"Informazione Psicologia Psicoterapia Psichiatria", n° 30

PREMESSE. Da sempre l'uomo si chiede come mai egli abbia bisogno ogni giorno di dormire e sognare e come ciò avvenga. I precedenti storici di tali bisogni si trovano nei documenti più antichi della letteratura e della scienza, quali i poemi omerici, gli scritti dei pre-socratici, di Platone, Ippocrate, Galeno, i documenti della Scuola salernitana, le riflessioni di Cartesio, fino a giungere alle ipotesi di Pavlov. La risposta a tali interrogativi è sempre stata difficile da dare poichè man mano che la riflessione e la ricerca si sono addentrati nell'argomento sono emersi aspetti da spiegare molto complessi e da qui la necessità di confrontarsi con modalità di studio multidisciplinari. All'inizio del nostro secolo una rilevante sollecitazione allo studio del sogno, come espressione fondamentale del sonno, è stata data da Freud con la psicoanalisi. Egli ha dimostrato che il contenuto manifesto del sogno, così come si può raccogliere al risveglio, è il risultato di una serie di trasformazioni operate dalla censura onirica sui contenuti latenti, al fine di impedire l'accesso del materiale primitivo nella coscienza. Per questi dinamismi Freud ha attribuito al sogno la funzione di custode del sonno. Aserinsky e Kleitman nel 1953 hanno potuto notare che il sonno ha un andamento non omogeneo in quanto inframmezzato da regolari periodi di presenza di movimenti oculari rapidi (sonno REM). Quando i soggetti erano svegliati durante i periodi REM essi davano caratteristici resoconti, ricchi di componenti visuo-allucinatori e con grande capacità di progressione tematica, che invece mancavano od erano rari durante il sonno non REM. Successivamente Foulkes (1962) metteva in evidenza una ricca presenza di attività mentale anche durante il sonno non-REM, ed in corso di addormentamento. Le componenti mentali del sonno non-REM presentavano una ridotta componente visuo-allucinatoria, un minor coinvolgimento emotivo ed una povertà e staticità dei personaggi agenti nella scena, con caratteristiche più simili al pensiero cosciente. In tale contesto, gli studi condotti sul comportamento della memoria e sul suo consolidamento, nel passaggio dalla sua registrazione da breve termine a lungo termine, dimostrava che ciò avviene soltanto durante brevi tratti del risveglio durante il sogno. Da ciò l'ipotesi che l'oblio dei sogni sia dovuto a interferenza fra qualità e contenuti di memoria, piuttosto che ad un loro mancato consolidamento. Così il sogno, a differenza di quanto affermato dalla psicoanalisi, non metterebbe in oblio le richieste profonde ma sarebbe il risultato dei tentativi telencefalici di dare un senso ed una struttura di immagine, tramite le informazioni provenienti dalle memorie più arcaiche e dalle situazioni di stress derivate dall'ambiente. Sicché la possibilità di affrontare con successo durante la veglia le situazioni di stress dipende non solo dalla natura di queste quanto dal significato che esse assumono nell'esperienza

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del soggetto. Inoltre con questo meccanismo si integra la facoltà epurativa del sonno REM sui desideri e propositi irrealizzabili.ONTOGENESI DEL SONNO E DELLA VEGLIA. Almeno fino al sesto mese le reazioni del feto agli stimoli interni ed esterni seguono un modello di funzionamento di tipo spinale e quantistico, cioè tutto o niente. Nella prima fase fetale le strutture deputate al controllo motorio riflesso sono collocate a livello bulbo-pontino. Più tardi saranno queste stesse a controllare lo stato di sonno in cui verrà a trovarsi il feto per la maggior parte del tempo. Dopo tale periodo il feto dimostra di trattenersi dal rispondere in maniera riflessa ed immediata agli stimoli, egli si comporta come se volesse prima saggiarli e valutare. Infatti, intorno al sesto mese di gestazione appaiono le prime manifestazioni elettroencefalografiche del cervello fetale, con caratteristiche molto simili a quelle che avrà nell'adulto il sonno REM, le cui manifestazioni nel feto si estendono a tutte le 24 ore del giorno. Visto che nella scala evolutiva i rettili e gli uccelli sono dotati per primi di queste attività, McLean ha definito questo livello dello sviluppo del sistema nervoso "cervello rettiliano". Il cervello a tale tappa di sviluppo è agli albori del funzionamento, pertanto il sonno REM non possiede ancora quelle prerogative che noi riferiamo al sogno adulto, probabilmente il REM fetale ha un ruolo metabolico nella generica elaborazione delle reazioni emotive, degli impulsi genetici che cercano attuazioni e nella sollecitazione interiore di stati eccitatori capaci di stimolare lo sviluppo della corteccia cerebrale. Infatti è probabile che il sonno REM supplisca, durante la vita intrauterina, le funzioni della veglia e della corteccia cerebrale (Mancia, 1980). Soltanto al termine della vita fetale l'attività del sistema nervoso dimostra di orientarsi sul giorno e sulla notte e perciò appaiono le primissime espressioni EEG di sonno calmo (SC o non-REM) e della veglia, che occupano ciascuna la durata di 6 ore, mentre il sonno REM resta limitato a 12 ore giornaliere. Un'autorevole posizione spetta ai pareri enunciati da Spitz (1962), il quale sostiene che all'inizio il feto non ha una vita psichica, mentre il neonato la instaurerebbe tramite complesse relazioni. In questa complessità Spitz riconosce l'esistenza di uno stadio preoggettuale, regolato da un "primo organizzatore", cui corrisponde una caratteristica plasticità formativa del sistema nervoso. Verso il terzo mese di vita, epoca critica dell'evoluzione psicobiologica, appaiono espressioni attive capaci di coinvolgere i rapporti con l'ambiente, come per esempio "la risposta del sorriso e della lallazione". In questo stesso periodo il sonno REM dimostra di svolgere un ruolo di integrazione fra mondo sensoriale e mondo fantasmatico e ciò si protrae per tutta l'epigenesi dell'attività mentale. Date queste acquisizioni, da questo momento, secondo la Klein (1928), si possono correlare i dati neurofisiologici con quelli emersi dall'osservazione del bambino. Si evidenzia allora come il bambino estrofletta le sue pulsioni sotto forma di una motricità coordinata e diretta alla ricerca oggettuale del seno, mentre opera scissioni ed identificazioni con lo stesso seno tramite

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parti di Sé distruttive. Nel versante interno il bambino dispone invece dello stato mentale protoonirico, collegato con il sonno REM, come momento necessario ad attutire le pulsioni distruttive ed a crearsi occasioni fusionali e di anti-deflusso. Vale a dire un eccesso di estroflessione potrebbe costituire una minaccia per la formazione del primo nucleo di Sé, qualora dovesse insistere sulle esperienze del neonato senza essere puntualmente controbilanciato dallo stato di fusione regolato dal sonno REM. Il ciclo di sonno-veglia permette dunque alle pulsioni istintuali di andare incontro a processi di fusione e defusione che si estendono dal sonno alla veglia. e che successivamente accompagnano le posizioni schizo-paranoidi e la formazione del super-Io primario (Klein, 1928). Intorno al quinto mese di vita postnatale, il sonno non-REM acquisisce la III° e IV° fase, ossia quell'insieme conosciuto come sonno ad onde lente o SWS (slow wave sleep). In questo periodo il sonno REM cede altro tempo della giornata al sonno non-REM., specialmente nei bambini ben nutriti e che non sono più allattati al seno. Lo svezzamento troppo rapido produce un'altrettanta diminuzione del sonno REM a favore di una impennata dello SWS. Allattamento e svezzamento sono momenti cruciali per la vita mentale del bambino. Lo svezzamento coincide infatti con la posizione depressiva, con la separazione dalla madre, con il bisogno di rappresentarsela e con lo sviluppo della simbolizzazione. Secondo Fagioli (1981) la variazione del peso corporeo, guidata dal rilascio di ormoni della crescita, risulta a sua volta correlata con una buona organizzazione del sonno. Una relazione fra sonno e metabolismo proteico è stata di recente dimostrata anche da studi sulla ritenzione di azoto. La particolare presenza di rilascio ormonale della crescita durante lo SWS ha avvalorato l'ipotesi che essa stimoli in modo specifico la sintesi proteica necessaria per la ricostruzione dei tessuti corporei e cerebrali, i quali si logorano durante la veglia o nell'allestire materiale mneumonico. Horne (1993) ritiene che lo SWS sia la componente fondamentale del sonno "nucleare" e, da un certo momento in poi, sia indispensabile per la reintegrazione delle strutture cerebrali, per regolare l'andamento della temperatura corporea e del lavoro REM durante il sonno. Così il sonno REM può svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo cerebrale e delle sue funzioni. Ma a che epoca le funzioni del sonno REM si configurano sotto forma di immagini, così come sono vissute nel ricordo della veglia? Sembra che ciò avvenga intorno al quinto mese in seguito all'accollamento delle esperienze propriocettive con quelle visive ed uditive. L'aumento della vigilanza cosciente coincide certamente con la maggiore utilizzazione dello SWS durante il sonno. La composizione del percetto che attiva la coscienza è infatti di questo stesso periodo. Secondo Aserinsky e Kleitman (1953) spesso durante il sonno REM si verificano brevi risvegli e movimenti corporei capaci di frammentare il sogno, facendo in modo che il ricordo del materiale che precede il risveglio venga perduto. Maury ritiene invece che il sogno venga addirittura costruito una frazione prima del risveglio. Date queste incertezze non è

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possibile determinare la puntuale presenza dei sogni durante il lavoro REM, né di sapere se negli altri mammiferi esistano sogni durante il sonno REM. Freud (1966-1980) ha distinto due tipi di contenuto delle attività mentali durante il sogno, ossia i contenuti manifesti che si rivelano come logica dei sogni, costruiti tramite complessi meccanismi di condensazione e spostamenti, ed i contenuti latenti che sarebbero manifestazioni di impulsi biologici di base del sistema nervoso. Jung (1976) riteneva invece che i sogni avessero una funzione di compensazione, capace di manifestare i richiami dell'inconscio collettivo, adatti a permettere la realizzazione di istinti che originano dai livelli più primitivi della natura, dove la psiche parla per immagini. Cohen (1980) asserisce che i sogni aiutano ad organizzare il pensiero, a classificare e selezionare gli eventi del giorno, a depurare gli elementi da scartare. Kleitman (1963) ritiene invece che il sogno può essere considerato un compito primitivo dell'attività cerebrale, associato durante l'evoluzione all'apparizione di immagini oniriche dell'attività EEG del REM . Anche Hobson e McCarley (1977) hanno considerato il sogno come una variazione secondaria del sonno REM, vale a dire il sogno sarebbe il risultato di uno sbarramento cerebrale da parte di impulsi più primitivi del cervello che regolano l'attivazione delle funzioni REM. Le esperienze sensoriali agiscono sul sistema nervoso centrale e in particolare su alcune sue formazioni in virtù della sua plasticità, determinandone l'organizzazione sinaptica. La corteccia depura dai richiami istintuali e dai ricordi immagazzinati, intessendoli insieme durante il sogno. L'incremento del sonno sincrono indica che i sistemi sincronizzati già presenti ed in parte attivi nel cervello dalla nascita, aumentano la loro influenza con il passare dei mesi, per azione delle esperienze sensoriali. Vogel (1983) ritiene che a questo punto del percorso il sistema nervoso svolga un ruolo molteplice nell'attivare sia le fasi non-REM quanto le immagini ipnagogiche ed ipnopompiche. In realtà si potrebbe considerare che i sogni siano funzioni derivate da un'attivazione secondaria della corteccia, con iniziali sollecitazioni provenienti dalla lavoro REM controllato dal ponte (FTG). Dato tale intrigo funzionale, il sogno può verificarsi anche al di fuori del sonno REM, come durante l'addormentamento e le fantasie. Michel Jouvet (1975) ritiene che comunque qualsiasi comportamento istintivo sia codificato geneticamente. Durante il sonno REM questo repertorio di richiami ed i relativi codici vengono letti e riprogettati all'interno del cervello. Qualora si renda necessario un adattamento all'ambiente, è possibile che il codice venga elaborato durante tale lettura e ricodificato. Infatti la privazione di sonno REM diminuisce la capacità adattativa dei comportamenti istintivi. Gli eventi del giorno sono classificati dal lavoro REM ed i ricordi importanti vengono immagazzinati tramite la formazione di nuove proteine e nuove reti di coniugazione nei centri che detengono la memoria. Mentre i ricordi indesiderati sono trasformati, destrutturati, eliminati oppure mantenuti fuori dalla coscienza.

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Snyder (1963) ha potuto verificare che il sonno REM non solo impedisce al sonno di diventare troppo profondo ma può al contrario attenuare la sua suscettibilità qualora l'individuo riesca a dormire profondamente in ambiente sicuro e protetto. La privazione del sonno REM accentua i comportamenti istintivi, l'aggressività, le tendenze esplorativo ed impulsive, l'appetito alimentare ed il desiderio sessuale. Una regolare utilizzazione del sonno REM può infatti liberare dalle eccessive pressioni istintuali, stabilire una maggiore flessibilità dei comportamenti e consente di occuparsi maggiormente di sé. Le ipotesi correnti sul significato funzionale del sonno REM si allineano oggi su due interpretazioni, la "teoria passiva" che spiega la grande quantità di sonno REM come dovuta alla mancanza di influenze inibitrici da parte della corteccia; la "teoria attiva" sostiene che il cervello nel corso dello sviluppo ha bisogno di sonno REM per crearsi stimoli autogeni e potersi mantenere in stato di allerta. Snyder (1963) asserisce che il sonno REM rappresenta un residuo ancestrale di arcaici modelli funzionali del sistema nervoso dei mammiferi primitivi, ora probabilmente estinti, e nei quali questo tipo di sonno era molto abbondante ed importante per la regolazione degli equilibri funzionali. Nei feti la maggior quantità del sonno REM potrebbe essere soltanto un riflesso della ricapitolazione ontogenetica. In questo contesto il sonno REM viene attivato dal tronco dell'encefalo per controllare alcuni eventi omeostatici regolati dall'ipotalamo. Per molti aspetti il sonno REM oltre che fungere durante il periodo fetale come sostituto della veglia, ha il compito di regolare il metabolismo emotivo, la regolamentazione dei bisogni., l'elaborazione della memoria, la drammatizzazione dei contenuti tramite sogni per immagini. SONNO E REINTEGRAZIONE Tutto il primo anno di vita è caratterizzato da rapide modificazioni dell'organizzazione del sonno. Per esempio dopo la nascita, il neonato si addormenta passando direttamente dalla veglia al sonno REM, mentre al termine del primo anno di vita l'addormentamento avviene quasi esclusivamente in sonno non-REM. Numerose ricerche hanno provato un rapido aumento della quantità del sonno non-REM o sonno calmo (SC) nel corso dei primi mesi dopo la nascita, fenomeno più evidente durante la prima parte della notte. In questa maniera la 3° e 4° fase del sonno non-REM (lo SWS di Horne o sonno nucleare) acquista un ruolo essenziale, tanto che nella privazione di sonno il suo recupero diviene indispensabile per la funzione che assume nella reintegrazione delle strutture cerebrali logorate dall'attività della veglia, più di quanto serva il recupero del REM. Molte caratteristiche EEG che distinguono il sonno non-REM dell'adulto, quali i fusi, le onde delta, i complessi K, non compaiono durante la fase fetale ma si rendono evidenti qualche settimana dopo la nascita. Il complesso SWS si completa solo intorno al quinto mese di vita. Il sonno non-REM per le sue caratteristiche ontogenetiche ed ECgrafiche è denominato anche sonno calmo (SC) o transizionale. Mi sembra importante segnalare che fino a quando il sonno non-REM non è comparso con tutte le

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sue qualità funzionali, la termoregolazione e molti altri meccanismi omeostatici non risultano completamente maturi. Numerose ricerche hanno suggerito che il sonno può influenzare i processi di memoria. Infatti dopo privazione di sonno si dimostra un peggioramento delle prestazioni mnestiche. Lo "sleep effect" è più accentuato quando il sonno segue immediatamente l'apprendimento. Quantunque la privazione di sonno REM riduca i ricordi del materiale verbale e delle storie più di quanto possa fare la privazione di SWS, tuttavia dipende dall'SWS l'aumento della sintesi proteica. Il sonno SWS è perciò indispensabile specie per la riparazione del logorio cerebrale. E' anche noto che durante il sonno non-REM si verifica un aumento della secrezione dell'ormone della crescita (hGH), dell'adrenalina, del cortisolo, della prolattina, dell'ormone luteinizzante, dell'ormone follicolo-stimolante, dell'ormone tireotropo e della sintesi proteica. Molti AA. sostengono che durante il sonno non-REM il metabolismo rimarrebbe basso mentre aumenterebbe la reintegrazione dei tessuti, ritenendo che nel sonno vi sia una più ampia disponibilità di carica energetica cellulare. I soggetti ipotiroidei hanno scarso o assente SWS. Dopo un intenso esercizio fisico con aumento del metabolismo si accelerano diversi processi, tutti legati al riscaldamento corporeo che sembra sia il fattore ostacolante l'aumento di SWS.

VEGLIA E SONNO L'organo che più risente del lavoro compiuto durante la veglia è il cervello. Il primo suo bisogno è compensatorio; serve dormire per riposarsi. Esiste però un bisogno ben più importante che è il sonno nucleare, necessario al recupero ed alla reintegrazione dell'attività cerebrale, costituito essenzialmente da una abbondante fase 4. Alla fase 4 appartiene anzitutto l'attività delta ma anche espressioni del sonno REM che svolge ruoli simili. Se aumenta la durata della veglia, il sonno successivo si allunga. impegnando specialmente la fase 4 o SWS., essendo la più implicata nel lavoro elaborativo ed adattativo dopo le sollecitazioni provocate dalla veglia (Agnev e Webb). Intanto si può affermare che tutte le sere quando si va a dormire, il passaggio più naturale dalla veglia al sonno, avviene tramite una scissione regressiva che scolla le funzioni immaginative da quelle propriocettive. L'addormentamento viene ottenuto proprio con tale meccanismo di scissione che riporta l'organizzazione nervosa a funzionare come nel periodo presimbolico. Da qui la necessità del sistema nervoso di procurarsi una funzione di sogno per immagini per ricollegare quegli stati primitivi con il pensiero vigile. Per spiegare questa sequenza sono state emesse numerose teorie, ma nessuna di esse dimostra realmente ciò che avviene durante la fase SWS, tanto che Webb giunge ad affermare che Il sonno non è altro che una immobilità il cui scopo è di occupare le ore improduttive del sonno. Tuttavia la correlazione esistente fra durata della veglia e del sonno ha confortato l'ipotesi di un incremento del calore durante la veglia ed insieme del

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metabolismo cerebrale (CMR), nonché del flusso sanguigno cerebrale (CBF) che invece il sonno tende a riportare in equilibrio. Il fatto che durante il sonno REM il CBF aumenta a livelli superiori, fino al 40% rispetto a quello della veglia, starebbe a dimostrare il diverso compito assegnato alle funzioni REM e non-REM nella regolazione fra inconscio e coscienza. Così il CMR diminuisce durante il sonno non-REM in alcune aree della corteccia del 30% in media.(Hubel, 1959). Pertanto la domanda di energia da parte del cervello si sposta dai processi associati con un'elevata frequenza di scarica dei neuroni, tipica della veglia, verso quelli che facilitano l'incremento della sintesi proteica dei neuroni, delle cellule gliali e della sintesi cerebrale dell'RNA, tipici del sonno non-REM e dei processi di apprendimento. E' inoltre accertato che le onde delta dello SWS vengano prodotte dalla corteccia cerebrale delle regioni frontali ed assume connessioni particolari con un aumento funzionale del sistema immunitario e della secrezione di hGH. Si potrebbe allora spiegare come l'efficacia della risposta immunitaria possa controllare quotidianamente la buona salute fisica e psichica nel respingere un'infezione. Sembra importante osservare che nei pazienti affetti da alcune malattie psichiatriche che allontanano il soggetto dall'ambiente rendendolo introverso, come avviene nella depressione grave e nella schizofrenia, la quantità di SWS è molto ridotta mentre aumenta il sonno REM ed il numero dei movimenti oculari. In queste malattie i pazienti presentano una perdita di interesse per il mondo esterno ed un umore preoccupato, da cui deriva una diminuzione del lavoro cerebrale e dei processi di percezione cosciente. La perdita di interesse per le attività quotidiane tende ad associarsi ad una diminuzione quantitativa dello SWS. I SOGNI NELL'OMEOSTASI e NELL'APPRENDIMENTO. Freud asseriva che i sogni sono "la soddisfazione del desiderio che fornisce una via sostitutiva per scaricare le emozioni represse ed i desideri inconsci". Coen (1980) nel libro "Sleep and Dreaming" sostiene che il sogno può non essere solo il riflesso delle proprie ansietà, ma un processo necessario per risolvere i problemi emotivi ed intellettivi. I sogni possono aiutare ad organizzare i pensieri ed a selezionare gli eventi del giorno. I sogni rappresentano la pulizia dei ricordi irrilevanti del giorno precedente. Diversamente Hobson ha sostenuto che il sogno è soltanto un fenomeno secondario del sonno REM, ossia sarebbe il risultato casuale di uno sbarramento della corteccia, ottenuto tramite coniugazione con immagini, da parte di impulsi provenienti dalle parti più primitive del cervello. Il sognare serve a stabilire un po' di ordine, liberando i ricordi immagazzinati e che vengono tessuti insieme fra loro secondo una trama filmica. La porzione caudale della corteccia cerebrale è responsabile dell'attivazione dei sogni e risiede nella regione del "ponte" Secondo Jouvet, durante il sonno REM i comportamenti istintivi, codificati geneticamente, devono essere iscritti nei comportamenti possibili, resi intellegibili e verificabili. Vogel sosteneva che la privazione di sonno REM diminuisce di fatto la capacità di modificare i comportamenti istintivi,

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aumenta la sensibilità ai diversi stimoli, riduce la paura ma incrementa l'aggressività, l'impulsività e la tendenza ad esplorare. Il potenziamento degli stimoli provenienti dal mondo reale ha come effetto un aumento dell'SWS, il che stabilisce un certo tipo di recupero per il sistema nervoso. I compiti di apprendimento sono stati valutati da Smith durante la privazione di sonno sia prima che dopo la prova. Quando la privazione precede l'apprendimento i risultati sono stati dubbi, quando invece la privazione di sonno REM è avvenuta dopo l'apprendimento peggiorava significativamente la fissazione del ricordo. La privazione di sonno REM tende quindi a deteriorare il ricordo delle esperienze compiute. L'immagazzinamento a lungo termine dei ricordi da parte del cervello sembra mediato dalla sintesi di proteine della memoria, dopo un immagazzinamento a breve termine sostenuto da una rete riverberante di neuroni. Dallo studio del ricambio di RNA è stato dimostrato che il consolidamento della memoria avviene durante il sonno REM. Mi sembra interessante riferire gli studi compiuti da Morrison (1983) sulla funzione REM degli animali mammiferi nei confronti dell'uomo. Egli ha potuto osservare che nei mammiferi il sonno REM è molto simile al tracciato EEG della veglia attenta. Nell'uomo ed in altri primati superiori il tracciato del sonno REM è invece simile allo stadio 1 del sonno e questo spiega perché in passato il sonno REM dell'uomo veniva chiamato "stadio 1 REM". Un altro valido indizio della parentela esistente fra veglia e sonno REM deriva da una particolare attività EEG, con frequenza theta di 7 Hz, derivata da una struttura cerebrale molto arcaica, denominata ippocampo, la cui attività si suppone sia quella di indirizzare l'attenzione su stimoli nuovi. Analogamente alle funzioni ippocampali durante il sonno REM si attivano fasi di scariche a raffiche sia di onde a punta ponto-genicolo occipitali (PGO) che si propagano a porzioni del sistema visivo, sia raffiche analoghe di attività dei muscoli dell'orecchio medio, definite MEMA (middle ear muscle activity). Queste varianti del sonno REM hanno tutte il significato di attivazione delle risposte di vigilanza.ELABORAZIONE SIMBOLICA IN STATO IPNAGOGICOSIMILE A tale riguardo è importante ricordare una ricerca elaborata da Bertini (1964) in collaborazione con Witkin e Lewis. Le caratteristiche di questa procedura si centrano nella induzione di una condizione di ridotta vigilanza e con la comparsa di una fenomenologia regressiva, con le caratteristiche del pensiero simbolico, che presuntivamente si colloca fra la veglia ed il sonno. La tecnica consiste nella imposizione, mediante cuffia biauricolare, di un suono cosiddetto bianco e nell'applicazione di due semicoppe di celluloide bianca sopra agli occhi così da stabilire un campo omogeneo di suono e di luce diffusa. Con questa procedura si assiste alla comparsa di un'accentuata sonnolenza, con disorganizzazione del pensiero, perdita della percezione del tempo, presenza di pseudo allucinazioni di tipo prevalentemente visivo e in qualche tratto di tipo acustico e corporeo. La trance ipnotica è una riproduzione simile a questo stadio. Di conseguenza

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da tale procedura affiora una elaborazione associativa di immagini e di contenuti rilevanti, correlata ad uno stato d'animo preconscio, che affiora simbolicamente in verbalizzazioni particolarmente ermetiche. Subito dopo che i soggetti dell'esperimento assistono alla proiezione di un film con scene dettagliate e ricche di contenuti provocatori, essi vengono fatti distendere su appositi lettini, sotto la sorgente di una luce rossa e sottoposti alla procedura. Il compito richiesto è di parlare di continuo durante tutto il periodo su cui insiste l'influenza di queste particolari condizioni sperimentali. I brani della verbalizzazione che in questo modo vengono raccolti, possono essere così ascoltati, analizzati e confrontati sia sul versante psicologico che psicofisiologico. Il procedimento induce e mantiene la possibilità di osservare continuamente l'evolversi delle tracce associative dei processi simbolici primari e perciò subconsci. Gli AA. hanno altresì individuato nei soggetti in esame precise caratteristiche di personalità sollecitandoli ad uno stato di continua produzione allucinatoria di tipo sonnambolico nell'ambito visivo, acustico e somatico. Con tale finalità la procedura in parola può essere impiegata in una gamma assai vasta di indagini clinico-sperimentali. C'è da precisare che questa procedura essendo induttiva si allinea fra i derivati dell'ipnosi, ossia delle trance ottenute per mezzo di ipnotismo suggestivo, strumentale ed estremamente direttivo. Tale prospettiva risulta particolarmente adatta all'elaborazione simbolica del materiale contenuto nel subconscio. La psicoanalisi ha portato un contributo interessante alla comprensione dei processi di simbolizzazione, ai loro dinamismi ed alla scoperta della loro fenomenologia subconscia. L'analisi dei simboli ha permesso di confermare tutti quei meccanismi di allestimento cui incorre il materiale onirico, quali la condensazione, lo spostamento, la dislocazione, l'inversione negli opposti. Circa le differenze individuali appaiono importanti i risultati del diverso comportamento nella réverie della struttura conoscitiva dei soggetti. Questi possono essere considerati "field dependent" quando siano di tipo meno differenziato, oppure "field independent" qualora siano di tipo più differenziato. Nei dipendenti dal campo la valutazione di qualità dell'attività mentale è di tipo pensiero-simile od onirico-simile con manifesta tendenza verso la dipendenza dagli stimoli provenienti dal campo. Gli indipendenti dal campo conservano invece una chiara autonomia di comportamento, una capacità di controllo puntuale sugli stimoli provenienti dal campo, un'attitudine a produrre i loro discorsi secondo un andamento logico di ideazione strutturata ed obiettiva. Di conseguenza i soggetti campo dipendenti risultano molto influenzati dal procedimento ipnagogico, essi esprimono in questa situazione il massimo di produzione allucinatoria, si comportano quasi siano avvinghiati all'allucinazione, ossia in assenza di un campo di riferimento esterno essi tendono a creare quella situazione sotto forma immaginativa interna. La condizione che i campo dipendenti utilizzano dimostra di avere una funzione assimilativa, tanto che essi presentano una certa difficoltà a

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differenziare i percetti dalle semplici rappresentazioni. Inoltre costoro subiscono il grande fascino della stimolazione iniziale e non si accorgono dei cambiamenti che seguono. Questi soggetti ricordano poco i sogni della notte precedente e quando ricordano il loro pensiero è omogeneo, povero di contenuti, di variazioni ed articolazioni bizzarre, è invece più ricco di emotività. La maggiore suggestionabilità dei campo-dipendenti espone costoro a subire il fascino dell'induzione e del significato dell'esperienza, essi sono coinvolti dalle parole che un operatore rivolge loro. Nelle loro comunicazioni essi accolgono incondizionatamente le conclusioni dell'operatore. Pertanto il loro rapporto si intesse moltissimo con le parole e la dipendenza da chi induce e mai riescono autonomamente ad approfondire il livello delle proprie indagini fino all'inconscio. Il tracciato EEG dei campo dipendenti dimostra la presenza di una accelerazione nella frequenza di onde beta, esaltata oltre misura (più di 40 al secondo).IPNOSI, SUGGESTIONE E TRANCE Nei rapporti fra coscienza ed inconscio esiste una particolare disposizione, a doppia viabilità, nel tradurre l'informazione da un livello all'altro. Bernheim (1886) ha considerato la suggestione come un processo di trasformazione di una idea ricevuta nella sua messa in esecuzione. Nel soggetto ipnotizzato vi è la trasformazione dell'idea in azione, sensazione, movimento, visione, ascoltazione, tutte risposte compiute così rapidamente ed intensamente che il controllo e l'inibizione intellettuale non fa in tempo ad agire. Il meccanismo della suggestione, così largamente presente in ipnosi, è nient'altro che la capacità di capire e partecipare intensamente i significati dei messaggi, tanto da dipendere dai riflessi ideo-motori, ideo-sensoriali ed ideo-eccitatori. In tal maniera, la mente conscia dimostra una grande disposizione all'elaborazione simbolica, alla codificazione e trasmissione dell'informazione, estesa a tutta la rete organizzativa della propria interiorità psico-somatica. La capacità di entrare in ipnosi profonda rappresenta una variabile importante in questo processo di trasduzione dell'informazione, di ricezione e di vissuto dei suoi significati. L'ipnosi si svolge fra una persona che induce lo stato e trasmette l'informazione ed un'altra persona che riceve i messaggi e li vive. A coniugare questa possibilità c'è lo stato di trance. L'ipnosi è uno stato di trance ottenuto tramite ipnotismo. Gill e Brenman (1959), parafrasando una interpretazione di Kriss, riguardante i meccanismi psicologici di apprendimento, ebbero a paragonare l'ipnosi ad una regressione adattativa dell'Io al servizio dell'Io. Questo può valere unicamente per la trance. La sequenza delle definizioni storiche circa le maniere di intendere l'ipnosi ha da sempre condizionato le interpretazioni sulla sua natura, al punto di ritenere che ogni stato di trance fosse ipnosi. Questo malinteso è risultato estremamente lesivo poiché ha disorientato per molto tempo le interpretazioni e le ricerche su questo importante fenomeno. Solo in tempi più recenti è stato possibile formulare altre spiegazioni, specie per quanto riguarda le condizioni che regolano la trance autogena.

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In particolare il Training Autogeno di Schultz ha avuto il merito propositivo di iniziare una discussione sulle differenze fenomenologiche che distinguono l'ipnosi dai principi dell'autogenia. Tuttavia il tentativo ha finito per ricalcare gli aspetti dell'ipnotismo sul piano esecutivo. Schultz, nella introduzione al suo trattato, ha ammesso che le frasi da recitare nei suoi esercizi altro non sono che formule ideomotorie e suggestive. I lavori successivi, condotti da Piscicelli, hanno potuto utilizzare procedure e metodi di trance autogena depurati dalla suggestione. TRASDUZIONE AUTOGENA DELL'ESPERIENZA Una serie di ricerche iniziate con le indagini anatomiche da Papez (1937)e poi di neurofisiologia da Selye (1936), hanno culminato in una teoria che interpreta la maniera in cui gli stress psicofisici si trasducano in problemi psicosomatici mediante il rilascio di ormoni dell'asse ipotalamo-pituitario-surrenalico del sistema endocrino. Selye ha definito questo processo di trasduzione "sindrome generale di adattamento". Contemporaneamente Papez dimostrava che l'esperienza mentale viene trasdotta nelle tipiche risposte fisiologiche delle emozioni tramite un circuito di strutture cerebrali che si iscrivono nel sistema limbico-ipotalamico, corrispondente quindi al principale trasduttore psicofisico dell'informazione. Infatti le cellule secretorie all'interno dell'ipotalamo dimostrano di poter funzionare come trasduttori molecolari dell'informazione convertendo gli impulsi neurali, codificati dalla mente, in molecole ormonali messaggere del sistema endocrino che regola l'organismo nei suoi funzionamenti. Con questo sistema si dimostravano correlati i centri del piacere e del dolore, dell'aggressività e dei legami affettivi, dell'attacco e della fuga, degli ormoni corticoidi secreti dalle ghiandole surrenali, capaci a loro volta di influenzare il sistema immunitario tramite immunotrasmettitori. Si aggiungeva allora un altro campo di ricerca per indagare i fenomeni riguardanti la trasduzione fra mente e corpo. Oggi si può riconoscere questo compito al sistema reticolare attivatore ascendente (SRAA) studiato da Moruzzi e Magoun (1949). Tale sistema, situato nel tronco encefalico, riceve le informazioni sensoriali da tutto il corpo ed agisce anche da filtro e coordinazione, trasmettendo al cervello soltanto le informazioni nuove ed interessanti. Questo sistema ha la capacità di rimanere sempre desto e di stare all'erta. Il dispositivo ha la propria sede nel locus coeruleo dell'area del ponte, la cui base psicobiologica si fonda sull'attività di un gruppo di neuroni che contengono noradrenalina. Tale centro comunica anche con il sistema limbico-ipotalamico che integra la memoria ma anche interagisce con molte aree della corteccia cerebrale. Il "locus coeruleus" trasduce perciò gli stimoli insoliti in una intensificazione dell'attività psicobiologica. Quando però le situazioni diventano monotone e ripetitive esse fanno diminuire l'attività del centro e ciò conduce al rilassamento oppure al sonno. Jouvet (1975) ha scoperto i rapporti intessuti fra locus coeruleus e meccanismi del sogno ritenendo che questo rapporto sia alla base del processo di integrazione fra sogno e comportamenti

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genetici, fra mente e corpo, fra schemi di comunicazione e guarigione psicofisica. Successivamente Achterberg (1985) ha fornito dimostrazioni sulla regolazione che intercorre fra mente-corpo e l'omeostasi delle funzioni vitali. L'A. ha evidenziato come le vie responsabili di tali funzioni siano le stesse che regolano le coniugazioni esistenti fra il ponte, il sistema limbico-ipotalamico, la corteccia frontale e l'emisfero destro. Lo sviluppo completo di questo sistema si compie entro i primi sette anni della vita.MEMORIA ED APPRENDIMENTO I meccanismi che regolano l'apprendimento e la memoria vengono oggi cercati prevalentemente nella trasduzione che agisce fra mente-corpo ed area limbico-ipotalamica. Gli studi di McGaugh (1983) hanno accertato come l'apprendimento e la memoria siano influenzati e regolati da alcuni ormoni ipotalamici, quali la corticotropina, l'adrenalina, la vasopressina ed i peptidi oppioidi. Gli effetti sulla memoria da parte della stimolazione dell'amigdala e dell'ippocampo (sezioni del sistema limbico) possono sollecitare la secrezione di adrenalina nel surrene. Si organizzano così informazioni crociate ed integrate fra centri limbico-ipotalamici, aree visive e percettive, la corteccia frontale e le risposte della periferia corporea (Mishikin, 1982). Queste ricerche stanno fornendo una base sperimentale molto fertile alle metodologie da applicare per facilitare le psicoterapie. L'acquisizione di informazioni e di conoscenze di un sistema di memoria autoregolato, richiede dunque l'evoluzione di un circuito cortico-limbico-talamico. Così i processi di trasduzione autoriflessiva dell'informazione, dell'apprendimento e della memoria appaiono come la base psicobiologica della regolazione autoguidata e della comunicazione mente-corpo. Si può quindi affermare che il luogo della memoria risieda nei nuclei della base cerebrale ed abbia natura inconscia.APPRENDIMENTO STATO-DIPENDENTE Braid già dalla metà del secolo diciannovesimo aveva descritto cosa si intende per "stato-dipendente" e per stato alterato di coscienza, condizioni che permettono l'ipnosi e la guarigione psicofisica. Egli asseriva che il termine ipnotismo dovrebbe essere riservato a quei casi in cui quando la persona si sveglia non ha il ricordo di ciò che è avvenuto durante il sonno. L'ipnotismo comprende solamente quelle condizioni in cui si attiva ciò che finora è stato definito stato di coscienza sdoppiata, condizione che sostiene una speciale amnesia reversibile, la cui memoria può essere recuperata qualora il soggetto torna a vivere l'esperienza in quel medesimo stato. Questa stessa dissociazione è stata considerata da Janet una delle principali cause della psicopatologia. Inoltre la dissociazione si può produrre spontaneamente nel momento dello stress, seguendo gli stessi meccanismi che instaurano lo stato di dipendenza dell'ipnosi. Comunque un grave stress può provocare invariabilmente una alterazione dello stato, identificabile come una forma di trance spontanea (David Cheek, 1969)).LA TRANCE.

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Il fatto che la trance si produca spontaneamente nei momenti di stress fa pensare che questo fenomeno sia una conseguenza di un certo stato nel quale si attiva un modo arcaico di apprendere e di evocare, distribuito a più strati dell'organizzazione. Esempi di tali esperienze possono essere i funzionamenti di flashback e di déjà vu. Ciò dimostra che esistono diversi livelli di consapevolezza, a secondo della modalità con cui i soggetti sono stati sollecitati o provocati, come pure si può postulare che fra l'organizzazione della coscienza e dell'inconscio esistano diversi repertori fenomenologici dell'esperienza, spesso modulati differentemente e non comunicanti fra loro. Ognuno di questi livelli può porsi come struttura di una suscettibilità attitudinale, di possibili esistenze multiple, con un ventaglio di disponibilità che va dalla creatività del pensiero, alle manifestazioni artistiche, religiose, psicotiche e amorose, da una réverie all'altra, da una trance all'altra. Quella che sembra una continuità della coscienza nella comune consapevolezza quotidiana è in realtà un'illusione precaria, resa possibile unicamente dai nessi associativi che esistono. Vale a dire il quotidiano stato di consapevolezza o di coscienza si dimostra in realtà costituito da abituali ricordi e comportamenti consociativi che emergono. La creatività di cui godiamo nell'arte, nella scienza e nella vita di tutti i giorni, è vera e propria creazione di quei modelli che ci sembrano abituali. Per cui ciò che di solito si definisce un'intuizione è nient'altro che il contenuto di un infiltrato che è riuscito a commistionarsi con le categorie della coscienza. Il modello concettuale che fa riferimento alle fasi evolutive dell'epigenesi, pone la "fusione" come l'istanza da cui inizia ogni apprendimento. Da questa fase dipende, per tutta la vita, l'attitudine ad apprendere ed a comunicare proposizioni affettive e di contenuti. Queste facoltà hanno dunque bisogno di fare anche da spola e da riferimento ai fenomeni più primitivi dell'assimilazione. L'essere umano deve costantemente far ritorno alle situazioni dello stato primitivo, sia quando apprende o cerca ricordi, ma anche quando egli non è in grado di coscientizzare tali meccanismi poiché essi hanno strutture inconsce. Ogni sera, quando la persona si abbandona alla fase 1 del sonno, all'addormentamento, succede come se si azionasse un incremento del sonno REM ed un ritorno alle funzioni nervose neonatali. La trance attiva queste medesime condizioni primitive dell'esperienza, ossia scinde l'accollamento che si è determinato durante lo sviluppo fra le funzioni visive e le propriocezioni. La trance disinibisce perciò le strutture filogeneticamente antiche dal controllo neo corticale e promuove esperienze altrimenti irrealizzabili in stato di vigilanza. Si avvia così una intensa esperienza propriocettiva e fusionale che porta, durante le ulteriori fasi del sonno, a funzioni psicosomatiche digestive, assimilative e di metabolizzazione, adatte alle condizioni omeostatiche inconsce quanto agli equilibri richiesti dall'ambiente. La trance perciò si attiva durante ogni momento di intensa sollecitazione emotiva, come durante gli stress, in ogni partecipazione affettiva, nell'innamoramento, nell'orgasmo, nell'apprendimento, in ogni scissione fra

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immagini e sensazioni somatiche, nel vissuto di disagio e di malattia psicosomatica, nella riviviscenza e nel recupero di memorie del passato, in ogni illuminazione, intuizione ed esumazione archetipica, nella meditazione, nella preghiera, nell'identificazione, in ogni intenso vissuto somatico di peso, di calore e di contatto. Evans (1972) ha osservato come in trance il ritmo alfa presenti un comportamento paradosso. Esso si desincronizza e scompare sia in colui che si sveglia e torna attento alle attività cognitive-percettive, sia nel soggetto sveglio, in via di rilassamento, man mano che tende a diventare sempre più sonnolento. In confronto con tali parametri il ritmo alfa dimostra di seguire un comportamento a forma di U. Se si considera il ritmo alfa come manifestazione di una relativa inattività funzionale della corteccia, l'attivazione di una particolare area cerebrale si accompagna ad una diminuzione della quantità di ritmo alfa. Così la maggior parte dei soggetti destrimani presenta una maggior quantità di alfa nell'emisfero destro rispetto al sinistro. Più la trance è autogena maggiore è l'attivazione del ritmo alfa dell'emisfero destro. Da tale confronto si può dedurre che vi è un'attivazione emisferica sinistra durante compiti verbali di ipnosi, mentre vi è una maggiore attivazione destra durante la trance autogena ed i compiti coperti, cioè non verbali e non agiti. Le ricerche di McGaugh (1983) dimostrano che gli ormoni secreti durante tutti questi avvenimenti modulano l'apprendimento e la memoria nel sistema limbico, in particolare nell'amigdala e nell'ippocampo, tramite il rilascio di neurotrasmettitori del sistema ipotalamo-pituitario-endocrino, gli stessi ormoni che si mobilitano in caso di fenomeni psicosomatici correlati con lo stress.TRANCE AUTOGENA COME MIMESI DELL'ADDORMENTAMENTO Alcune importanti considerazioni hanno spinto a cercare modalità di attuazione della trance necessaria ai fini terapeutici, che fossero scevre da quelle componenti negative presentate dalla trance sotto suggestione ipnotica. Grava sulle procedure ipnotiche la difesa dalla succubanza, recepita come protezione dell'integrità dell'Io. Il risultato è l'attivazione di tutta una serie di resistenze capaci di impedire la libertà dell'esperienza. Inoltre una trance ottenuta attraverso l'induzione ideomotoria, verbale o non, comunque fa riferimento ai processi simbolici subconsci e nega la possibilità di attivare l'ambito presimbolico delle esperienze inconsce. La trance autogena ha invece una formula di accesso ampiamente personale e può essere enunciata in diversi modi, comunque assecondando le disposizioni più naturali dello stesso soggetto a rilassarsi e scindersi nell'addormentamento. La trance autogena inizia con un esame interiore dei propri sistemi di apprendimento, memoria e comportamenti inerenti allo stato stesso di trance. La persona che intende realizzare la trance indirizza la propria attenzione su un esercizio di visualizzazione della propria immagine corporea per una breve durata di tempo (1-2 minuti). Subito dopo il soggetto abbandona questo impegno e si dirige alla raccolta delle sensazioni propriocetive del

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corpo, quel corpo che poc'anzi immaginava, quindi procede alla ricerca delle proprie sensazioni di peso sui piani di appoggio del corpo sulla poltrona, alla verifica del rilassamento dei muscoli sottostanti, del calore, delle sensazioni fusionali e di pienezza interna, provenienti dall'esperienza del con-tatto. A questo punto il soggetto si trova immerso in propriocezioni di torpore e di addormentamento muscolare dilagante, che ben presto investono anche la mente conscia. Si evidenzia allora un funzionamento mentale inconscio che lentamente si amplifica, assimila la voce dell'operatore, si automatizza, si rivela mancante di aspetti temporali, ossia un archivio estremamente ricco di dati di memoria, di facoltà evocative fatte di immagini, sensazioni somatiche e viscerali le più varie, nonché ricco di intuizioni ed illuminazioni. La chiusura degli occhi intensifica la produzione di onde alfa e quindi di onde theta nel cervello, le quali si associano con l'esperienza di intuire, sentire ed immaginare in maniera costruttiva ed associativa con il sistema limbico ipotalamico, con la corteccia centrale e con i processi dell'emisfero destro. Appena le palpebre si chiudono, spesso si nota una loro vibrazione frequente che testimonia una valida attitudine a sperimentare la trance profonda (Spiegel e Spiegel,1978). Specie se il soggetto osserva alcune regole procedurali, si verifica allora una propensione ad autoesaminarsi. Può essere una buona regola far precedere la trance da un esame retrospettivo della propria storia e della natura dei problemi. Accade spesso che con il subentrare della trance il soggetto ben presto sperimenti alcune intuizioni e ciò si accompagna a spontanee remissioni parziali dei sintomi di cui soffre.STEREOELETTROENCEFALOGRAFIA IN TRANCE La SEEG è una registrazione dell'attività elettrica di strutture cerebrali profonde, mediante l'inserimento di elettrostimolatori multipolari, impiantati stereotatticamente nei nuclei limbici, quali sono l'amigdala, il corno di Ammone ippocampale bilaterale, la corteccia cerebrale ed altre aree ritenute interessanti. Così durante la trance è stato possibile osservare un significativo aumento dell'attività alfa e theta (Talairach e Coll.,1974). Il risultato più interessante di questa ricerca ha dimostrato che durante la trance l'attività di fondo del tracciato SEEG era caratterizzata dalle tipiche modificazioni delle fasi 1,2,3,4 del sonno e del sogno, mentre in stato di ipnosi il tracciato si presentava sostanzialmente difforme, con riduzioni dell'attività lenta ed aumento della frazione sensorimotoria del ritmo beta. La stimolazione del corno di Ammone sinistro tendeva a produrre risveglio, mentre a destra determinava un approfondimento dello stato di trance. Il ruolo preminente dell'amigdala si delineava con effetti di risveglio, mentre l'ippocammpo confermava un ruolo opposto, vale a dire una prevalente funzione inibitoria e di rilassamento. Pertanto sembra possibile postulare che la trance sia mediata da una bilancia dinamica fra due importanti strutture limbiche, l'ippocampo con funzione potenziante sullo stato di trance, e l'amigdala con funzione antagonistica.TRANCE E GUARIGIONE AUTOGENA

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Senza alterare la natura autogena della guarigione, si può legittimamente sollecitare il soggetto a cercare l'uso delle capacità che la propria mente inconscia possiede, che può usare come utile risorsa per cambiare l'andamento della propria reattività e del proprio stile di vita. Di solito questa procedura rimane un lavoro interno, silenzioso e privato che l'individuo compie (Piscicelli, 1995). Qualche volta il terapeuta potrebbe ritenere necessario sollecitare il soggetto a fare esperienza intenzionale di un sintomo invece di resistergli. In questo caso qualora si provochi una manifestazione sintomatica, si può annullare gli aspetti dissociativi ed involontari dipendenti dai conflitti automatizzati, vale a dire si annulla ciò che ordinariamente viene etichettato come sintomo di una malattia (Rossi, 1986). . Altre volte si può invitare il soggetto a verbalizzare le sue esperienze inconsce, ben sapendo che così ci si immette immediatamente in un settore dell'organizzazione simbolica, la cui natura è prevalentemente subconscia. Quando invece si osserva rigorosamente la procedura ortodossa dell'analisi autogena dell'inconscio, può risultare utile saper riconoscere la presenza indiretta di alcuni segnali somatici spontanei che il soggetto manifesta e che mostrano i ruoli impliciti nell'attività interiore, dipendenti dalla situazione di stato in cui l'inconscio si dimena. Fra i segnali che possono dimostrarsi orientativi risultano particolarmente interessanti il rallentamento del battito cardiaco, della respirazione, della deglutizione, la tonicità dei muscoli del viso, la reattività motoria generale, le distorsioni percettive, la presenza di lacrimazione, i mutamenti delle pupille, la possibile amnesia ed anestesia, le manifestazioni di sonno profondo. Tutto questo potrebbe dare la sensazione di poter gestire il proprio destino, di fatto esso rappresenta soltanto l'utilizzazione del migliore adattamento nel trasformare il proprio futuro accedendo alle proprie risorse interne. Il quadro problematico attuale dell'individuo può quindi subire un nuovo orientamento lungo l'intera linea di utilizzazione delle risorse che la natura ha concesso (Gendline, 1976). Fra i maggiori studiosi della psicologia del profondo che hanno utilizzato la trasduzione intermodale dell'informazione mi piace ricordare C. G. Jung (1933). Egli affermava che è nell'intensità del disturbo che si trova l'energia di cui il paziente dispone per eliminare le condizioni che portano alla malattia. Per impadronirsi dell'energia dislocata nei posti sbagliati si può estrapolare l'affetto unitamente a tutte le fantasie che ad esso si riferiscono, lasciando poi campo libero per ricreare un possibile ordine vitale. L'affetto, prima sprovvisto di relazioni, diventa ora una rappresentazione più o meno chiara ed articolata. Questo è l'inizio della funzione trascendente, ossia della cooperazione tra dati inconsci e proposizioni consce. Si sviluppa allora un'immagine interiore, fantasmatica, di natura ipnagogica che dovrà essere fissata e tradotta in parole. In questo modo il paziente genera tutti quegli insight che sono necessari a facilitare ulteriormente la soluzione dei problemi.

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Il soggetto che esce dalla trance spesso non sa cosa gli è accaduto. Quando dovessimo chiedergli un resoconto verbale di questa sua esperienza egli si sente disorientato, rispondere compiutamente gli è possibile solo dopo un numero sufficiente di esercizi. LA CONSEGNA Una volta che il soggetto accede all'origine del problema di ciò che lo rende sofferente, egli chiede al suo inconscio di elaborare le possibili soluzioni da adottare. A questo punto, l'opera svolta dalle funzioni SWS può dare delega di proseguire il lavoro trasformativo alla funzione REM ed ai sogni. Ogni notte, per una media di cinque volte, i sogni procedono ad un lavoro adattativo e trasformativo di grande efficacia, ossia coniugano le funzioni SWS con quelle REM.

* Titolare insegnamento Psicosomatica Ostetrica e Ginecologia e di Sessuologia medica.BibliografiaAcheterberg, J. Imagery and Healing. Shambhala. Boston. 1985. Aserinsky, E. & Kleitman, N. Regularly occurring periods of eye motility, and concomitan phenomena during sleep.-Science,118,273-274,1953. Bernheim, H. Suggestive therapeutives: A tratise on the nature and uses of hipnotism. Westport, Conn:Associated Booksellers,1886-1957 Bertini,M & Lewis,H.B.&Witkin H.A.. Some preliminary observation with an experimental procedure for the study of hipypnagogic adn related phenomena. Arch. Psich. Neurol. Psychiat.? 6, 493-534. 1964 Cheek, D. Communication with the critically ill. The Americ. J. Hypnosis, 12(2), 7585. 1969. Cohen, D.B. The cognitive activity of sleep. Progress in Brain Research,53,307-332.-1980 Evans, F. The placebo response in pain control. Psycopharmacology Bulletin, 17,72-76. 1981 Fagioli I. Introduzione all'edizione italiana. Hornej.-Perchè dormiamo. A.Armando. Roma 1993. Foulkes, D. The psychology of sleep.-Scriber's Sons. New York-1966. Gendlin, E. Focusing. Everest House? New York. 1978 Gill,M. & Brenman, M. Treatment of a case of anxiety hysteria by a hypnotic technique employing psychoanalytic principles.-Bull.Menninger Clinic.,7,16-171-1943 Hobson, J.A. & Mc Carley,R.W. The brain as a dream generator:an activation syntesis. Hypothesis of the dream process.Am..J. Psychiat.,134,1335-1348? 1977. Horne,J. Perchè dormiamo. Armando. Roma 1993. Hubel, D.H. Single unit activity in striate cortex of unreistrained cats. J. Physiol. (Lond.). 1959. Jouvet, M. The function of dreaming: A neurophysiologist's point of view. In M. Cazzaniga & C. Blekemore:The handbook of psychobiology. Academic

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