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7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro- duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono essere divise poiché sono integrate tra loro e in perfetta simbiosi. Per esempio, risulta difficoltoso distin- guere trasporto e produzione nelle linee di raccolta così come nella veicolazione del greggio verso le aree di rac- colta presso i terminali di spedizione. La separazione tra produzione e trasporto via mare avviene nei terminali di spedizione. Essi costituiscono il punto focale verso cui convergono le attività di pro- duzione, con la continua alimentazione di prodotto attra- verso le condotte, e al tempo stesso rappresentano il punto di partenza per le attività di solo trasporto. Da questi ter- minali il greggio viene avviato verso le aree di consumo per mezzo di sistemi di trasporto che hanno come solo fine il trasferimento di quantità determinate in luoghi predeterminati. Il greggio giunge nei terminali di spedizione per mezzo delle condotte, o pipeline, che lo trasportano con conti- nuità dalla zona di produzione. Le condotte terminano presso l’area di stoccaggio, dove sono presenti serbatoi cilindrici in lamiera d’acciaio di varie dimensioni (v. cap. 5.3). Qui il petrolio rimane fino a quando non è avviato alla zona di caricamento sulle navi cisterna o petroliere. Dai serbatoi verrà quindi pompato attraverso una serie di condotte verso il pontile di caricamento e, per mezzo di apposite manichette, caricato a bordo della nave. Nel seguito, dopo un breve cenno sulla distribuzione della risorsa e sul suo commercio, vengono delineate le principali caratteristiche delle strutture portuali e delle navi impiegate per il trasporto. Viene trattato altresì l’a- spetto più problematico del settore ovvero il rinnovo della flotta petrolifera. Infine vengono illustrati gli aspetti ambien- tali del trasporto via mare del greggio e dei suoi derivati e viene analizzato il caso particolarmente interessante del Mar Mediterraneo quale esempio di ecosistema interes- sato dal trasporto via mare di petrolio. 7.2.2 Distribuzione della risorsa e trading L’olio è la fonte energetica più utilizzata a livello mon- diale, con una quota media pari a circa il 38% dei con- sumi primari di energia. Nei primi anni del 21° secolo, il contributo alla domanda mondiale è sensibilmente diverso nelle sei macroaree geopolitiche ed economiche nelle quali usualmente si divide il pianeta Terra: l’Ame- rica Settentrionale ne copre il 30%, la macroarea Asia- Pacifico il 28%, l’Europa-Asia ex sovietica circa il 26%; mentre le altre macroaree (America Centrale e Meri- dionale, Medio Oriente, Africa) si attestano su valori net- tamente inferiori, oscillanti fra il 3 e il 6%. L’andamento dei consumi, nei primi anni del Due- mila, è andato diversificandosi nelle varie macroaree. In quella nordamericana, dove l’olio viene in gran parte uti- lizzato nel settore dei trasporti, la domanda ha segnato un lieve calo dovuto alla contrazione del traffico aereo dopo gli attentati terroristici del settembre 2001. Anche nell’America Meridionale il consumo è complessiva- mente diminuito per cause in parte economiche (reces- sione in Colombia e in Uruguay, svalutazione della divi- sa nazionale e conseguente raddoppio dei prezzi dei pro- dotti petroliferi in Argentina), in parte politiche (incertezze della situazione politica in Brasile, gravi contrasti inter- ni nel Venezuela), in parte tecniche (costruzione di impian- ti elettrici alimentati da energia idrica e da gas natura- le). Il consumo è aumentato nei paesi dell’Asia e del Pacifico (con l’eccezione del Giappone, che ha attra- versato un periodo di crisi), soprattutto in Cina, dove la domanda è cresciuta parallelamente all’aumento del red- dito, e quindi del numero di autoveicoli circolanti, e alla 7.2 Trasporto di greggio via mare 829 VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

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7.2.1 Introduzione

Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto nonpossono essere divise poiché sono integrate tra loro e inperfetta simbiosi. Per esempio, risulta difficoltoso distin-guere trasporto e produzione nelle linee di raccolta cosìcome nella veicolazione del greggio verso le aree di rac-colta presso i terminali di spedizione.

La separazione tra produzione e trasporto via mareavviene nei terminali di spedizione. Essi costituisconoil punto focale verso cui convergono le attività di pro-duzione, con la continua alimentazione di prodotto attra-verso le condotte, e al tempo stesso rappresentano il puntodi partenza per le attività di solo trasporto. Da questi ter-minali il greggio viene avviato verso le aree di consumoper mezzo di sistemi di trasporto che hanno come solofine il trasferimento di quantità determinate in luoghipredeterminati.

Il greggio giunge nei terminali di spedizione per mezzodelle condotte, o pipeline, che lo trasportano con conti-nuità dalla zona di produzione. Le condotte terminanopresso l’area di stoccaggio, dove sono presenti serbatoicilindrici in lamiera d’acciaio di varie dimensioni (v. cap.5.3). Qui il petrolio rimane fino a quando non è avviatoalla zona di caricamento sulle navi cisterna o petroliere.Dai serbatoi verrà quindi pompato attraverso una serie dicondotte verso il pontile di caricamento e, per mezzo diapposite manichette, caricato a bordo della nave.

Nel seguito, dopo un breve cenno sulla distribuzionedella risorsa e sul suo commercio, vengono delineate leprincipali caratteristiche delle strutture portuali e dellenavi impiegate per il trasporto. Viene trattato altresì l’a-spetto più problematico del settore ovvero il rinnovo dellaflotta petrolifera. Infine vengono illustrati gli aspetti ambien-tali del trasporto via mare del greggio e dei suoi derivatie viene analizzato il caso particolarmente interessante del

Mar Mediterraneo quale esempio di ecosistema interes-sato dal trasporto via mare di petrolio.

7.2.2 Distribuzione della risorsa e trading

L’olio è la fonte energetica più utilizzata a livello mon-diale, con una quota media pari a circa il 38% dei con-sumi primari di energia. Nei primi anni del 21° secolo,il contributo alla domanda mondiale è sensibilmentediverso nelle sei macroaree geopolitiche ed economichenelle quali usualmente si divide il pianeta Terra: l’Ame-rica Settentrionale ne copre il 30%, la macroarea Asia-Pacifico il 28%, l’Europa-Asia ex sovietica circa il 26%;mentre le altre macroaree (America Centrale e Meri-dionale, Medio Oriente, Africa) si attestano su valori net-tamente inferiori, oscillanti fra il 3 e il 6%.

L’andamento dei consumi, nei primi anni del Due-mila, è andato diversificandosi nelle varie macroaree. Inquella nordamericana, dove l’olio viene in gran parte uti-lizzato nel settore dei trasporti, la domanda ha segnatoun lieve calo dovuto alla contrazione del traffico aereodopo gli attentati terroristici del settembre 2001. Anchenell’America Meridionale il consumo è complessiva-mente diminuito per cause in parte economiche (reces-sione in Colombia e in Uruguay, svalutazione della divi-sa nazionale e conseguente raddoppio dei prezzi dei pro-dotti petroliferi in Argentina), in parte politiche (incertezzedella situazione politica in Brasile, gravi contrasti inter-ni nel Venezuela), in parte tecniche (costruzione di impian-ti elettrici alimentati da energia idrica e da gas natura-le). Il consumo è aumentato nei paesi dell’Asia e delPacifico (con l’eccezione del Giappone, che ha attra-versato un periodo di crisi), soprattutto in Cina, dove ladomanda è cresciuta parallelamente all’aumento del red-dito, e quindi del numero di autoveicoli circolanti, e alla

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Trasporto di greggio via mare

829VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

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progressiva sostituzione del carbone con l’olio; ma anchein India, nella Corea del Sud e in alcuni paesi del Sud-Est asiatico. È aumentato pure in Africa, soprattutto acausa dell’incremento del settore dei trasporti, mentreper gli usi industriali e domestici l’energia proviene anco-ra essenzialmente dal carbone, che è largamente dispo-nibile nel Sudafrica, lo Stato economicamente più signi-ficativo del continente. Nel Medio Oriente, dove il petro-lio copre più della metà dei consumi energetici, ladomanda si mantiene stabile. La situazione più compo-sita si manifesta nella macroarea Europa-Eurasia, com-prendente entità geografiche assai differenti: Europaoccidentale, in cui ormai vengono convenzionalmenteinclusi anche tutti i paesi entrati nel 2004 a far parte del-l’Unione Europea; i restanti paesi dell’Europa orientalee balcanica e la Turchia; gli Stati nati dalla dissoluzionedell’Unione Sovietica. Nell’Europa occidentale si regi-stra una lieve diminuzione, dovuta in parte al rallenta-mento dell’attività economica nei paesi più importanti,in parte alla progressiva sostituzione dell’olio con il gasnaturale; nel resto della macroarea, invece, il consumosegna un lieve aumento.

Dal 2002 la produzione di olio sta lentamente calan-do. A fronte della diminuzione della produzione la doman-da viene soddisfatta dalla riduzione degli stoccaggi, con-trollati dall’industria petrolifera nell’area OCSE (scor-te industriali), riduzione in parte compensata da unaumento delle scorte detenute dai governi dei paesi OCSE(scorte strategiche). La contrazione manifestatasi dal2002 ha interessato soprattutto i paesi OPEC, che hannoadottato una politica di difesa del prezzo imposta dallacrescita di paesi concorrenti (tra cui Russia, Norvegia eMessico), e ha rischiato di aggravarsi per le vicende poli-tiche e militari dell’Iraq e per il lungo sciopero dei lavo-ratori dell’industria petrolifera del Venezuela. In realtà,il deficit di offerta è stato minore di quanto temuto ed èstato coperto senza grandi difficoltà dall’aumento dellaproduzione dell’Arabia Saudita e di alcuni altri paesi,nonché da un parziale ricorso alle scorte industriali.

La dimensione globale del commercio e del trafficopetrolifero è in continua crescita. Dell’attuale produzio-ne petrolifera mondiale annua (2003) di greggio e prodot-ti industriali derivati, oltre i tre quarti (più di 2,8�109 t)sono oggetto di scambio internazionale. L’aumento degliscambi è proporzionalmente maggiore della crescita dellaproduzione: il rapporto esportazioni/produzione, tra il1991 e il 2001, è salito dal 60% al 72% e la produzioneda 65,5 a 75,0 milioni di barili al giorno. Peraltro, nono-stante i grandi mutamenti geopolitici avvenuti negli anniNovanta, i maggiori paesi esportatori e importatori sonorimasti sostanzialmente gli stessi. Le uniche novità rimar-chevoli sono rappresentate dal sensibile aumento delleesportazioni del Canada e delle importazioni della Cina,paesi che sono entrati a far parte del gruppo dei primi dieciStati, rispettivamente, esportatori e importatori.

Il trasporto via mare riguarda soprattutto gli scambiinterregionali, cioè gli scambi che avvengono tra macroa-ree diverse. Per quanto concerne l’insieme del greggioe dei prodotti derivati, si stima che la quantità oggetto discambi interregionali sia superiore a 1,6 milioni di t, cor-rispondente a circa il 60% del complesso degli scambiinternazionali e a circa il 45% della produzione. A suavolta, il trasporto via mare riguarda il 55-60% degli scam-bi interregionali: in cifre assolute 1,2 miliardi di tonnel-late all’anno, per la maggior parte movimentati su gran-di rotte intercontinentali.

Tra le previsioni a medio e a lungo termine delladomanda energetica mondiale, le più note e utilizzatesono quelle effettuate dall’Agenzia Internazionale del-l’Energia, che considerano il 2030 come data terminalee il 2010 e il 2020 come anni intermedi. Per i paesi del-l’area OCSE e per l’Unione Europea (prima dell’ingressodei dieci Stati entrati nel 2004), si rileva una prospetti-va di crescita piuttosto sostenuta della domanda energe-tica complessiva e della domanda di energia derivatadalle singole fonti.

Esaminando l’origine del traffico petrolifero mon-diale, si osserva che almeno 12 milioni di barili al gior-no partono dal Medio Oriente e che di essi 3-3,5 sonodestinati agli Stati Uniti. Tra i paesi della macroarea, ilmaggior esportatore è di gran lunga l’Arabia Saudita,con 7,2 milioni di barili al giorno, seguita a distanza daIran, Iraq e Kuwait. Data la modestia degli scambi intra-regionali, questi 12 milioni di barili viaggiano quasi tuttivia mare su grandi distanze. Tenuto conto della rete deglioleodotti che adducono il greggio dai giacimenti dei pro-duttori mediorientali e aggiungendovi quello esportatodalla Libia e dall’Algeria, emerge l’importanza del traf-fico petrolifero mediterraneo (v. oltre).

7.2.3 Strutture portuali

Un aspetto che distingue i porti per la loro capacità aospitare navi cisterna è la profondità del fondale del baci-no o tirante di profondità. Per navi fino a 30.000 ton-nellate di portata lorda (tpl) o stazza sono necessari tra7 e 10 m di profondità, 12 m sono necessari fino a 50.000tpl e almeno 15-20 m per stazze comprese tra 100.000 e265.000 tpl. I bacini sono delimitati dalle banchine omoli; nel caso particolare delle petroliere, le banchinesono costituite da un pontile con una o più piattaformeisolate così da garantire anche le condizioni di sicurez-za necessarie in fase di carico-scarico.

Inoltre, l’accresciuta stazza di vari tipi di nave e la lorospecializzazione hanno richiesto interventi spesso radicaliin molti porti, soprattutto in quelli con maggior traffico ocostruiti lungo l’estuario di un fiume. Da un punto di vistastrutturale sono state adottate varie soluzioni: là dove èstato possibile si è provveduto ad abbassare il fondale del

830 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

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porto mediante dragaggi, oppure a creare uno o più cana-li di accesso nel caso in cui la zona costiera prospicien-te risulti troppo bassa. Il costo di questi interventi, cherichiedono una costante manutenzione, è comunque ele-vato. Altra soluzione è stata quella di ampliare il portonon nella direzione della terra ma verso il mare. Sonostati realizzati così vasti avamposti dotati di calate e pontisporgenti; ma non sempre ciò è possibile o economica-mente vantaggioso, per cui ci si orienta verso soluzionioffshore, che consentono l’attracco di navi di grandestazza come le superpetroliere. Questa soluzione, deri-vata anche da esigenze riguardanti la produzione off-shore di idrocarburi, consta nella realizzazione di piat-taforme fisse poste al largo del porto, denominate ter-minali, elasticamente o rigidamente ancorate al fondo ecollegate alle infrastrutture portuali mediante grandi con-dotte in cui corrono le tubazioni per il convogliamentodi prodotti petroliferi fino ai depositi costieri. Altra solu-zione, più complessa ma più efficiente, è la costruzionedi vere e proprie isole artificiali, solidamente ancorateal fondo e poste al largo di porti o zone industriali.

Terminali petroliferiLe strutture portuali che ospitano l’attracco di navi

cisterna o petroliere, oltre a disporre dei necessari ser-vizi per le operazioni di attracco e di carico e scarico deiprodotti, devono avere le attrezzature necessarie alle ope-razioni di servizio. Poiché la movimentazione del cari-co non necessita di particolari impianti, l’attracco avvie-ne di solito a strutture leggere di vario tipo, dette ponti-li, il cui ruolo è quello di far fronte all’impatto delle naviin fase di accostamento, di sostenere le tubazioni di col-legamento con i serbatoi a terra e di fornire un collega-mento stradale alla terraferma.

I pontili sono opere di accostamento con struttura agiorno, costituite da un’impalcatura e da pali verticali einclinati di sostegno, che si sviluppano in direzione per-pendicolare rispetto alla linea di costa. Nel caso parti-colare di traffico di prodotti liquidi, i pontili sono costi-tuiti da una o più piazzole di limitata dimensione, cui èassociato un sistema di piloni di accostamento e di ormeg-gio, collegato a terra dalla passerella portatubi (fig. 1).

I piloni di accostamento sono essenzialmente costi-tuiti da pali tubolari verticali in acciaio, infissi nel fon-dale in modo da reggere l’impatto laterale della nave, madotati di flessibilità così da dissipare l’energia senza dannoalla nave né al pilone stesso. I piloni per ormeggio sonoin genere costituiti da pali metallici inclinati collegati traloro alla sommità da elementi rigidi. In alcuni casi essisono realizzati con pali verticali di grande diametro, siaisolati sia disposti in gruppi e rigidamente collegati.

A causa del rischio di incendio, l’approdo si effettuadi solito su pontili e opere isolate, ubicati in posizionetale da permettere un rapido allontanamento della nave.Nel caso di fondali bassi e per ragioni di sicurezza sicostruiscono terminali in mare aperto, anche a notevoledistanza dalla costa, costituiti da piattaforme sostenuteda pali o da boe speciali e collegate a terra mediante oleo-dotti sottomarini (fig. 2).

L’attrezzatura di cui un terminale deve essere dotatodifferisce a seconda che si tratti di un terminale di cari-co o di scarico, o di entrambi, e dei prodotti che si movi-mentano (greggi o prodotti petroliferi). Il trasferimentoa terra del carico avviene attraverso le tubazioni instal-late nel pontile e mediante l’impiego di pompe installa-te sulle navi. Queste provvedono in genere allo scaricodalla nave in 20 ore circa, avendo una portata oraria nomi-nale pari a circa il 5% della portata lorda della nave. Per

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TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

fig. 1. Esempio di pontile di attracco per navi cisterna (S. Panaria, SR).

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le operazioni di carico, invece, deve essere presente aterra una stazione di pompaggio, completata da una sta-zione di riscaldamento nel caso di prodotti viscosi.

A una distanza minima di 1.000-1.500 m dal puntodi attracco trovano posto i serbatoi di deposito, la cuicapacità deve essere almeno tre volte quella della piùgrande imbarcazione che può attraccare. I serbatoi, postia terra in aree protette e isolate, sono generalmente diforma cilindrica, costruiti in lamiera metallica. La lorocapacità è in continuo aumento e può raggiungere i100.000 m3. L’area di stoccaggio è delimitata da muri eargini di sostegno che formano per ciascun serbatoio ogruppo di serbatoi un bacino di contenimento in caso diperdite. La capacità del bacino è funzione della dimen-sione dei serbatoi contenuti e deve essere almeno pari aquella dei serbatoi stessi.

Nei porti dedicati esclusivamente al movimento diprodotti liquidi, l’attrezzatura viene completata con instal-lazioni atte a eliminare i residui liquidi e/o gassosi negliscafi delle navi, per evitare la formazioni di atmosfereesplosive e l’inquinamento delle acque costiere. Tutta lastruttura portuale deve essere provvista di un idoneo ser-vizio antincendio. In particolare, le misure di preven-zione contro i rischi di incendio prevedono: costruzionedi sbarramenti fissi e mobili, pulizia del piano d’acquain caso di rilasci, congrua distanza dalle installazioni ter-restri, installazione per la depurazione delle acque pro-venienti dalla pulizia delle cisterne, ecc.

7.2.4 Tipologia delle naviimpiegate

Nota storicaLa caratteristica del petrolio di presentarsi allo stato

liquido ha spinto alla realizzazione di navi che fosserodedicate al suo trasporto. La nascita del trasporto viamare di petrolio e dei suoi derivati si deve al processo diproduzione di kerosene brevettato negli Stati Uniti nel1854 e alla scoperta dei giacimenti in Pennsylvania nel1859, che consentirono agli Stati Uniti di divenire il primoproduttore di kerosene e di esportarlo in Europa. Il kero-sene era impiegato solo come olio combustibile per lam-pade. La crescita dell’impiego dell’olio nel settore ener-getico e la scoperta delle risorse in aree spesso moltodistanti dai centri industriali hanno fatto sì che il tra-sporto via mare dell’olio svolgesse un ruolo vitale.

La crescita dell’industria petrolifera è legata a quelladel settore del trasporto, con una veloce evoluzione delledimensioni e delle caratteristiche delle navi. Nel 1861 siassistette al primo trasporto di petrolio dall’America allaGran Bretagna con un veliero in legno, l’Elizabeth Watts,che aveva un carico di petrolio contenuto in barili peruna capacità totale di 224 t. Nel 1863 venne costruitauna nave da trasporto di 416 t, l’Atlantic, un veliero a trealberi con scafo in ferro, così come il suo gemello GreatWestern. Lo spazio di carico era suddiviso da una para-tia centrale longitudinale e da paratie trasversali, che for-mavano gli otto serbatoi di carico con una capacità tota-le di 700 t di olio. Queste navi avevano a bordo il lorosistema di pompaggio che consentiva lo scarico in 24ore. Una nave simile, della capacità di 1.400 t, costrui-ta nello stesso anno, poteva trasportare l’olio anche inbarili posti sui ponti intermedi. I maggiori problemiriscontrati furono la sicurezza contro il rischio di incen-di ed esplosioni dovuti ai vapori dell’olio trasportato non-ché la stabilità stessa della nave, a causa del movimen-to del carico liquido all’interno dei serbatoi.

Nonostante la dimostrazione della possibilità di impie-gare queste navi con serbatoi indipendenti, il trasportodell’olio continuò con l’impiego dei barili in legno. L’in-troduzione delle navi con propulsione a vapore costituìun’ulteriore spinta al trasporto via mare. Fino al 1910 iproduttori furono solo gli Stati Uniti e la Russia e le dif-ficoltà del trasporto attraverso l’Atlantico costituivanouna limitazione nello sviluppo del mercato tra l’Ameri-ca e l’Europa, la quale invece si poteva approvvigionarepiù facilmente dalla Russia, in particolare dalla regionedel Mar Caspio, con i giacimenti ubicati intorno a Baku,raggiungibili via mare molto più agevolmente. Nel 1878venne costruita in Svezia la nave da trasporto Zoroaster,una nave in ferro con propulsione a vapore di circa 400 t.Il carico inizialmente veniva posto in otto serbatoi cilin-drici indipendenti dallo scafo che consentivano il tra-sporto di circa 240 t di olio; successivamente furono

832 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

9,25

31,2

0

5,85

0,00

0,50oleodotti

�11,50

�27,45

fig. 2. Esempio di terminale petrolifero in mare aperto (largo di Ravenna).

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rimossi i serbatoi, aumentando la capacità a 400 t. Un’al-tra innovazione della Zoroaster fu l’impiego diretto diolio combustile anziché del carbone per la propulsione.Nel 1886 fu costruita la Glückauf, una grande nave a vapo-re specifica per il trasporto di olio, di ben 2.297 tpl.

Un’ulteriore spinta all’innovazione della flotta petro-lifera è legata al nome del britannico Marcus Samuel,che vide una grande opportunità nel commercio dell’o-lio russo verso l’Estremo Oriente, utilizzando il Canaledi Suez. La compagnia che gestiva il Canale di Suezrichiedeva degli standard di sicurezza elevati che le flot-te delle compagnie statunitensi non soddisfacevano. CosìSamuel decise di costruire una nave che fosse in gradodi attraversare il canale; la nave, la Murex di 5.000 tpl,fu varata nel 1892. Aveva serbatoi di zavorra e i cinqueserbatoi di carico erano posizionati al centro della navee isolati con compartimenti stagni dai gavoni di prua,dalla caldaia e dal locale motori a poppa per provvede-re alla loro protezione in caso di collisione. Per ridurregli effetti di ondeggiamento del carico, al centro dei ser-batoi erano posti una paratia stagna e dei cofani di espan-sione per minimizzare la superficie libera. Il sistema di

pompaggio consentiva lo scarico e il carico in 12 ore eun sistema di lavaggio delle cisterne con vapore per-metteva di utilizzarle nel viaggio di ritorno per traspor-tare derrate alimentari o altro.

Il tonnellaggio delle navi ha visto successivamenteuna crescita esponenziale, iniziata ai primi del Nove-cento e durata fino alla prima crisi petrolifera del 1973.Quest’ultima e la seguente crisi del 1980 hanno portatoa una riduzione della capacità di trasporto che aveva rag-giunto l’apice nel 1973 con circa 340 milioni di tpl. Nellostesso modo il tonnellaggio medio delle navi cisterna ècresciuto da 5.000 tpl all’inizio del 20° secolo fino acirca 100.000 tpl nei primi anni Ottanta, per scendereattorno a 90.000 tpl alla fine del secolo scorso (fig. 3).

Tipologie attuali delle navi per il trasporto di greggio e dei suoi prodotti

Le tipologie attuali di petroliere (anche dette oiltankers) sono cinque, differenti per dimensioni e capa-cità di trasporto (tab. 1).

Le navi appartenenti alla categoria Panamax presen-tano il limite di portata massimo corrispondente alla mas-sima capacità di transito nel Canale di Panama. La neces-sità di passare attraverso il sistema di chiuse del canalefissa le dimensioni massime dello scafo a una lunghez-za di 274,3 m e una larghezza di 32,3 m. Nell’Atlanticole navi appartenenti a questa categoria presentano il van-taggio di essere le uniche a poter attraccare ai numero-si porti i cui fondali sono poco profondi.

La classe Aframax comprende navi che presentano unportata lorda massima in accordo con l’Average FreightRate Assessment (AFRA). Nel passato il limite massi-mo era posto a 79.999 t, pari al limite superiore dellaprima classe delle sei nella quale la tariffa AFRA è sud-divisa. Le navi di tale taglia vengono impiegate tradi-zionalmente per il trasporto di greggio a breve e medioraggio. Da notare che la petroliera più grande che puòessere ospitata a pieno carico in alcuni porti statuniten-si è di 100.000 tpl.

Le navi della classe Suezmax presentano una porta-ta lorda che fa riferimento alla capacità massima di tra-sporto attraverso il Canale di Suez (attualmente un milio-ne di barili, circa 140.000 t). Questo limite è soggetto avariazioni a causa dell’aumento di profondità del cana-le (che attualmente ha una profondità di circa 20 m).

Le navi della classe VLCC (Very Large Crude Car-rier) furono richieste nella fase di rapida espansione delmercato dell’olio negli anni Sessanta e in particolaredopo il 1967, con la chiusura del Canale di Suez e lanecessità di navigare e passare per il Capo di Buona Spe-ranza. Attualmente le VLCC sono il mezzo più efficaceper trasportare grandi volumi di greggio, fino a 2 milio-ni di barili, a consumatori posti a grandi distanze.

La maggior parte delle navi appartenenti alla classedelle ULCC (Ultra Large Crude Carrier) è stata costruita

833VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

100.00090.00080.00070.00060.00050.00040.00030.00020.00010.000

0

350

1910

1930

1950

1970

1990

1900

1920

1940

1960

1980

2000

300

250

200

150

100

50

0

tpl t

otal

e (1

06 ) tpl totale

tpl m

ediatpl media

fig. 3. Evoluzione della portata lorda delle navi cisterna (Newton, 2002).

tab. 1. Tipologie di petrolieree loro caratteristiche principali

DimensioniTipologia di una petroliera

tipica

Panamax 60.000 tpl55.000-70.000 tpl 228,6 m · 32,2 m · 12,6 m

Aframax 100.000 tpl75.000-120.000 tpl 253 m · 44,2 m · 11,6 m

Suezmax 150.000 tpl120.000-200.000 tpl 274 m · 50 m · 14,5 m

Very Large Crude Carrier (VLCC) 280.000 tpl200.000-320.000 tpl 335 m · 57 m · 21 m

Ultra Large Crude Carrier (ULCC) 410.000 tploltre 320.000 tpl 377 m · 68 m · 23 m

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nella seconda metà degli anni Settanta. Poco flessibilinel loro impiego e limitate dal poter accedere a pochiporti, le ULCC non hanno mai raggiunto il loro pienopotenziale.

Le tipologie di navi da trasporto si possono diffe-renziare anche in funzione del carico stesso. Si usa distin-guere navi cisterna per greggio (o petroliere), per pro-dotti petroliferi, per prodotti chimici, per carichi sia diolio che di prodotti chimici, navi per trasporti combina-ti, navi per trasporto di gas liquefatti (v. cap. 7.3), naviper Floating Production Storage and Offloading (FPSO;v. cap. 5.2) e cisterniere navetta.

Le petroliere sono progettate per il trasporto di greg-gio da aree di raccolta e stoccaggio, in prossimità deigiacimenti, alle raffinerie, effettuando il viaggio di ritor-no con una zavorra. La dimensione di queste navi, comegià detto, è andata crescendo rapidamente fino a tocca-re il suo apice negli anni Settanta; è stata questa l’eradelle superpetroliere che sono le navi più grandi maicostruite. La tecnologia per la movimentazione del cari-co ha visto l’introduzione di sistemi di riscaldamentocon vapore per gestire il carico di oli pesanti e viscosi eper poter accelerare le fasi di carico e scarico. Le petro-liere sono equipaggiate con un sistema di lavaggio dellecisterne e un sistema di gas inerte per ridurre i rischi diincendi ed esplosioni. Le navi più recenti presentanonumerose altre caratteristiche per la sicurezza come ildoppio scafo, la doppia sala macchine, le attrezzatureper la propulsione e la manovra.

Le navi cisterna per prodotti petroliferi sono estre-mamente versatili, per consentire il trasporto di diffe-renti prodotti senza il rischio di reciproca contamina-zione. Queste navi presentano un complesso sistema dimovimentazione del carico per permettere il trasferi-mento di differenti prodotti simultaneamente e in manie-ra completamente separata. I serbatoi sono rivestiti perproteggerli dalla corrosione e per assicurare la purezzadel carico e facilitare il lavaggio. Si distinguono due tipidi carico: prodotti ‘puliti’, costituiti dai distillati legge-ri, e prodotti ‘sporchi’, formati dai prodotti più pesantidel processo di raffinazione. Nel caso dei prodotti spor-chi la nave deve avere i dispositivi adeguati per facilita-re le operazioni di movimentazione del carico, come iriscaldatori. In genere si preferisce trasportare semprelo stesso tipo di carico per minimizzare tempi e costinecessari per il lavaggio dei serbatoi, che in questo casodeve essere molto accurato.

Tecnologia costruttiva delle petroliereL’evoluzione della tecnologia costruttiva delle navi

cisterna ha seguito quelle che erano le esigenze del mer-cato e in particolare, come già detto, l’incremento dellastazza lorda e quindi della portata o capacità di carico.

Un elemento chiave nella costruzione delle petrolie-re è la modalità di compartimentazione dello spazio a

disposizione per la realizzazione delle cisterne. Inizial-mente la compartimentazione trasversale era realizzatacon una paratia stagna longitudinale, così da otteneredue camere sulla sezione trasversale che si estendevanodal fondo nave fino al ponte di corridoio. Queste si pro-lungavano nell’interponte con piccoli cassoni (in gene-re adiacenti) detti cofani di espansione, aventi il ruolo diridurre lo specchio liquido all’interno dei serbatoi, con-tenendo così gli effetti dinamici dovuti al rollio e al bec-cheggio nonché le perdite per evaporazione. Proprio perassicurare il loro ruolo era prevista la possibilità di farespandere il liquido sottoposto alle escursioni termiche.La capacità dei cofani era circa il 5-6% del volume dellacisterna. Poiché l’uso dei cassoni di espansione, nono-stante fosse efficace, richiedeva di imbarcare greggio oprodotti con la stessa densità, per assicurare l’espansio-ne attesa, si è preferito ricorrere a soluzioni tecniche dif-ferenti decisamente più semplici, con un solo ponte euna sola paratia longitudinale (fig. 4 A). Con l’aumenta-re delle dimensioni delle navi, per esigenze strutturali eper contenere i carichi dinamici indotti da beccheggio erollio, furono introdotte ulteriori paratie longitudinali,così da creare tre o quattro comparti sulla sezione tra-sversale (figg. 4 B e 4 C).

La compartimentazione longitudinale è rimastasostanzialmente invariata dalla costruzione della Glückauf.La sezione longitudinale per navi di piccola stazza è ben

834 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

A

B

C

A

B

C

fig. 4. Sezioni trasversali tipiche delle navi cisterna (Eni).

C

A

B

Page 7: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

rappresentata nella fig. 5. La nave presenta un apparatomotore con una sola elica (rari i casi a due eliche) siste-mato a poppa; un’intercapedine utilizzata quale stazio-ne di pompaggio; cisterne del carico che si estendono dadetta intercapedine per una lunghezza pari al 56-65%della lunghezza della nave; un’altra intercapedine; depo-siti di acqua e nafta per uso di bordo posti all’estremaprora. Sul ponte di coperta si possono notare due isoledi sovrastrutture, una in corrispondenza dell’apparatomotore, con un triplo (o doppio) ordine di casseri peralloggio equipaggio e altri usi, e l’altra al centro dellanave, con un doppio ordine di casseri, adibita a planciadi comando e alloggio ufficiali di coperta. Il castello diprua è adibito a depositi vari.

La crescita delle dimensioni delle navi cisterna hacondotto a una modifica sostanziale della sezione lon-gitudinale, la quale ora presenta una sola isola sistema-ta a poppa costituita da un triplo o quadruplo ordine dicasseri (fig. 6). Nel contempo si sono allungate le cister-ne riducendole di numero.

L’apparato motore, quale esso sia, trova posto a poppa;ciò presenta il vantaggio di richiedere solo due intercape-dini anziché quattro, contribuendo al contenimento delpeso della nave e a un impianto semplificato per quandoriguarda i servizi di bordo. La tendenza all’appoppamen-to della nave nel viaggio di ritorno, determinato dal pesodell’apparato motore ubicato a poppa, viene contenuta da

una distribuzione intelligente della zavorra (dovendo lanave effettuare il viaggio di ritorno zavorrata).

La compartimentazione longitudinale della zona dellecisterne si effettua con paratie stagne trasversali. Finoall’introduzione delle superpetroliere, l’interasse tra leparatie trasversali era limitato a 10-12 m, lunghezza checonsentiva di attenuare i carichi agenti sulle paratie stes-se. In Giappone è stato introdotto negli anni Sessantal’impiego di paratie trasversali con interasse di 45 m econ paratie di frenamento al loro interno. In tal modo siè ottimizzato l’impiego della nave perché risultano ridot-ti i tempi di carico e scarico, ma per contro si hanno pro-blemi di galleggiabilità e stabilità nel caso di falla chedevono essere risolti in fase di progetto.

Le intercapedini terminali della zona cisterniera(cofferdam) servono a separare quest’ultima dalla zonadell’apparato motore, con lo scopo di ridurre i rischi diincendio e scoppio. Per una maggiore efficacia le inter-capedini hanno la possibilità di essere riempite rapida-mente di acqua, così da impedire o ritardare la propa-gazione di un eventuale incendio. Tale soluzione, o equi-valente, è richiesta per l’attraversamento del Canale diSuez.

Nell’intercapedine trova posto, come già detto, il loca-le pompe che, rispetto a soluzioni precedenti (quale ilposizionamento delle pompe al centro della nave), com-porta una semplificazione delle tubazioni di carico e la

835VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

fig. 5. Sezionelongitudinale nella vecchiaconfigurazione delle navicisterna (Eni).

fig. 6. Sezione longitudinalenella nuova configurazione delle navi cisterna (Eni).

Page 8: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

possibilità di impiegare motori elettrici o diesel collo-cati nella zona motori e accoppiati alle pompe con unasse attraversante la paratia stagna.

Notevole è stata l’evoluzione della costruzione degliscafi, sino agli attuali doppi scafi. Il maggiore proble-ma da risolvere era la resistenza strutturale longitudina-le che gli schemi costruttivi in uso fino ai primi del Nove-cento non erano in grado di assicurare. Nel 1908 SirJoseph Isherwood inventò una struttura atta a garantiretale resistenza. Essa era costituita da un sistema a strut-tura longitudinale, nel quale i fasciami del ponte dellemurate e del fondo erano sostenuti da correnti longitu-dinali continui distanziati fra loro di 750-900 mm e lega-ti da telai formanti ossature rinforzate (fig. 7). La strut-tura di base si è evoluta, giungendo all’attuale sistema astruttura mista con struttura longitudinale del ponte e delfondo e con struttura trasversale dei fianchi e delle para-tie longitudinali, così da realizzare enormi telai con even-tuali saettoni, in grado di resistere maggiormente a sol-lecitazioni trasversali (fig. 8).

Altro elemento strutturale importante dal punto divista costruttivo sono le paratie stagne. Nelle navi cister-na queste non sono sempre sollecitate dal carico idro-statico; nel caso di carico uniformemente distribuito intutte le cisterne, solo le paratie di estremità sono infattisoggette al carico idrostatico. Questo stato di sollecita-zione cambia in fase di scarico o carico o in condizionidi zavorramento; in quest’ultimo caso esse saranno inol-tre soggette a carichi dinamici dovuti alla navigazione,con sovrapressioni anche di 0,6-0,7 kg/cm2.

La paratia stagna classica è costituita da fasciame dilamiera a corsi orizzontali collegato, con telai angolari ocon semplice saldatura lungo tutta la sua periferia, ai fascia-mi di fondo, di murata e del ponte. Questo fasciame viene

rinforzato con montanti verticali saldati a esso e colle-gati alle estremità con il ponte e il fondo con strutturerealizzanti incastri o appoggi, e da traverse che si inca-strano ai fasciami di murata (fig. 9 A).

L’attuale schema costruttivo delle paratie stagne èstato sviluppato durante la Seconda Guerra Mondialeper le cisterne T2. Sono paratie del tipo corrugato o ondu-lato che consentono di attribuire al fasciame anche lafunzione di montante; rimane comunque la necessitàdelle traverse (fig. 9 B). Un vantaggio non indifferente diquesto schema costruttivo è il risparmio di peso, che siaggira attorno al 10%; per contro si ha una maggiore lun-ghezza di saldatura che costituisce una debolezza dellastruttura, poiché le saldature costituiscono un potenzia-le punto di innesco della corrosione. Si è assistito quin-di a un ritorno alle paratie piane per la loro semplicitàcostruttiva e il minor rischio di corrosione.

Le ultime innovazioni costruttive sono strettamenteconnesse a quanto emerso nei disastri ecologici prodottidai naufragi di petroliere. È il caso della Exxon Valdez nel1989, che sollecitò l’introduzione di nuove regolamenta-zioni (OPA 90 e Marpol-IMO 92) nella costruzione dellenavi e in particolare l’adozione di un doppio scafo. Inquesto caso si realizza un secondo scafo indipendente dalprimo che deve presentare una resistenza strutturale auto-noma; lo spazio interposto tra i due scafi viene impiega-to per il carico della zavorra.

La motorizzazione delle petroliere ha seguito l’evo-luzione del mercato del greggio. Infatti prima della crisipetrolifera del 1973 si era preferito adottare turbine avapore come sistemi di generazione di potenza, le qualiconsentivano di sviluppare potenze elevate superiori aquelle erogate dai motori diesel marini, anche se pre-sentavano consumi di carburante decisamente elevati. Il

836 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

fig. 7. Struttura trasversale Isherwood di una nave cisterna (Newton, 2002).

fig. 8. Struttura trasversale moderna di una nave cisterna (Eni).

Page 9: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

nuovo corso economico, dopo il 1973, ha spinto i pro-duttori di motori marini a sviluppare un motore diesel ingrado di fornire la necessaria potenza per far navigareuna VLCC con consumo contenuto. A partire dal 1980molte turbine a vapore su VLCC sono state sostituite coni nuovi motori diesel. Da ricordare è il tentativo effet-tuato in Giappone di impiegare delle turbine a gas perridurre ulteriormente i costi del carburante.

Operazioni di carico e scarico delle navi cisternaLa petroliera arriva al luogo di carico zavorrata e

viene diretta verso la banchina di carico per l’ormeggio;si procede quindi a collegare le manichette di carico airispettivi collettori di bordo e di terra. Prima di proce-dere al carico si deve scaricare la zavorra e attendere l’i-spezione della nave; in questa fase le cisterne vengonoventilate per rimuovere gli eventuali gas residui, cosìcome si attuano tutte le norme e le misure di sicurezzanecessarie. Le operazioni di carico si realizzano seguen-do il piano di carico stabilito dal cantiere di costruzionee approvato dal Registro Navale. Il piano è definito infunzione del tipo di greggio da imbarcare e in modo daridurre al minimo le sollecitazioni sulla struttura dellanave, oltre a mantenerla in condizioni ottimali di asset-to. Al termine del carico si staccano le manichette fles-sibili di terra e, dopo aver chiuso tutte le saracinesche,si procede alla verifica del carico. Questa avviene attra-verso la misurazione dei livelli, della temperatura e delladensità a tre diverse altezze in ogni cisterna, così da veri-ficare il quantitativo caricato. Una parte dei campioniviene conservata per poi essere consegnata al luogo discarico.

Poco prima di arrivare al porto di scarico è necessarioprocedere al riscaldamento del carico, così che il greggio sipresenti con una viscosità tale da poter essere aspirato dallepompe. La temperatura alla quale generalmente si porta ilcarico è di almeno 50 °C (alla base del carico); il riscalda-mento si realizza con delle serpentine poste nella parte bassadelle cisterne, nelle quali circola vapore (fig.10). Poiché l’im-piego del vapore comporta, in caso di condense, una dimi-nuzione dell’efficienza, la lunghezza delle serpentine non èmai eccessiva e le salite e le discese sono dotate di valvole

837VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

A B

fig. 9. Struttura delle paratie stagne di una nave cisterna (Eni).

A B

fig. 10. Serpentine di riscaldamento del carico di una nave cisterna (Eni).

Page 10: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

termostatiche per lo scarico automatico della condensa. Nelcaso di motocisterne si ricorre a un evaporatore, nel caso diturbocisterne, invece, il vapore è spillato direttamente dallaturbina.

Giunti al luogo di scarico si eseguono le operazionidi ormeggio, con le stesse precauzioni osservate in fasedi carico; si procede alla verifica del carico misurandolivelli, temperatura e densità nelle singole cisterne. Siprocede quindi a effettuare la connessione alle mani-chette e all’attivazione delle pompe di bordo per lo sca-rico seguendo il piano relativo. Le pompe sono attivateprima in moto lento per poi raggiungere gradualmentela condizione di regime; esse vengono arrestate quandoil livello è ancora di circa 40 cm, così da evitarne il disin-nesco. Lo svuotamento della cisterna procede quindi conle pompe di stripping e con altri eventuali sistemi. Duran-te lo scarico si procede contemporaneamente al caricodella zavorra nelle apposite cisterne, così da ridurre itempi delle operazioni; in tal modo infatti, terminato loscarico si può procedere al distacco delle manichette ela nave è pronta per partire per un nuovo viaggio.

Un’operazione che viene eseguita in fase di naviga-zione è il lavaggio delle cisterne con acqua calda e conun dispositivo denominato butterworth; ciò consente dirimuovere l’olio rimasto sulle pareti e di evitare l’even-tuale contaminazione dei successivi prodotti da imbar-care. Al termine di questa operazione è necessario ven-tilare i locali per rimuovere i gas presenti e ridurre ilrischio di esplosioni e incendi. Una misura ulteriore cheviene presa, soprattutto sulle VLCC, dove le cisternehanno dimensioni ragguardevoli, è il riempimento dellestesse con gas inerte (Inert Gas System, IGS), così daassicurare un’atmosfera sicura, utilizzando i gas di sca-rico dei motori della nave.

Questa misura di sicurezza è particolarmente indi-cata nel caso in cui il lavaggio delle cisterne avvenga uti-lizzando lo stesso greggio (Crude Oil Washing, COW).Tale misura consente di avere una pratica più economi-ca e sicura rispetto al lavaggio con acqua, oltre a limita-re l’accumulo delle miscele olio-acqua. Per limitare il

rilascio in mare, queste miscele vengono poste in un ser-batoio di deposito, dove nel tempo l’olio si separa dal-l’acqua; l’acqua chiara viene rilasciata in mare e l’oliosi lascia nel serbatoio che verrà riempito nuovamentecon greggio al prossimo carico. Questo metodo (LoadOn Top, LOT), entrato in uso negli anni Sessanta a operadella Shell, è divenuto misura internazionale nel 1978.Nello stesso anno, con l’introduzione della convenzio-ne Marpol (Marine pollution), abbreviazione con la qualesi indica l’International Convention for the Preventionof Pollution from Ships, è stato stabilito che tutte le navicisterna esistenti debbano essere dotate di COW e di IGSnonché della possibilità di attuare la procedura LOT; lenuove navi devono inoltre installare dei separatori olio-acqua e dei sistemi per la misura del contenuto di olio.Rimane comunque il problema dello smaltimento deireflui, poiché molti porti non hanno le opportune attrez-zature per il loro trattamento.

La fase finale è costituita dall’introduzione, comegià detto, della costruzione delle navi con il doppio scafoe dalla modifica delle navi con singolo scafo con l’ado-zione di metodi di contenimento del carico in caso diaffondamento.

Consistenza della flotta petrolifera mondialeLa consistenza complessiva della flotta petrolifera

mondiale, se si escludono le navi di piccola stazza (infe-riori a 10.000 tpl), è di circa 3.500 unità, con un tonnel-laggio lordo complessivo di poco inferiore ai 300 milio-ni di tpl. La ripartizione di quest’ultimo tra le vari clas-si del naviglio cisterniero è riportata in tab. 2.

Passando a classificare la flotta delle navi cisternanon soltanto per dimensione ma anche in relazione aglistandard di sicurezza, si possono distinguere sei rag-gruppamenti.

I primi tre corrispondono alle categorie IMO 1, 2 e3, e sono definiti conformemente alle definizioni accol-te dall’IMO (International Maritime Organisation), orga-nismo delle Nazioni Unite preposto al settore marittimo,e dall’UE.

838 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

tab. 2. Consistenza della flotta petrolifera mondiale (aggiornata al 30 aprile 2003) («The Drewry Monthly», 2003)

Categoria di portata lorda Navi Tonnellaggio lordo complessivo(tpl) Numero % milioni di tpl %

10.000-15.000 1.862 54,0 54,0 18,250.000-80.000 285 8,3 18,2 6,180.000-120.000 575 16,7 55,5 18,7

120.000-200.000 287 8,3 42,1 14,2200.000-320.000 412 12,0 117,2 39,4

oltre 320.000 25 0,7 10,2 3,4

Totale 3.446 100,0 297,2 100,0

Page 11: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

La categoria 1 comprende navi costruite generalmenteprima del 1982, dette pre-Marpol (�20.000 tpl per il tra-sporto di greggio e �30.000 tpl per il trasporto di pro-dotti petroliferi); oltre a essere a scafo singolo, questenavi sono sprovviste di cisterne per zavorra segregate(Segregated Ballast Tanks in Protective Location,SBT/PL). Le navi recentemente coinvolte in incidentiimportanti appartengono prevalentemente a questa cate-goria (come la Erika e la Prestige). La categoria 2 com-prende navi costruite generalmente tra il 1982 e il 1986,dette Marpol, con le stesse caratteristiche della catego-ria 1 ma provviste di SBT/PL. La categoria 3 includenavi di dimensione inferiore a quella delle categorie 1 e2, ma superiore alle 5.000 tpl; tali navi operano preva-lentemente su rotte regionali o locali.

Altri due gruppi (4 e 5) comprendono navi di tagliaminore; il sesto è costituito dalle unità dotate di doppioscafo. La dismissione riguarda le navi dei primi quattrogruppi, esclude per ora quelle del quinto e ovviamentela flotta del sesto gruppo, già dotata di doppio scafo.

Al 30 aprile 2003 le navi cisterna della categoria 1registravano un tonnellaggio complessivo di circa 50-53milioni di tpl, di cui 4,5 milioni riguardavano navi sot-toposte a interventi di miglioramento (doppio fondo odoppia fiancata). Alla stessa data il tonnellaggio com-plessivo delle navi cisterna della categoria 2 ammonta-va a oltre 80 milioni di tpl, di cui poco più di 5 milioniriferiti a navi con doppio fondo e 10 milioni a navi condoppia fiancata. Alla categoria 3, infine, erano attribui-bili 13 milioni di tpl (Bilardo e Mureddu, 2005). Dellenavi che compongono l’insieme delle tre categorie cita-te, per un totale di 140-150 milioni di tpl, circa 1/3 deltonnellaggio appartiene alla categoria 1, oltre la metàalla categoria 2 e il restante (meno del 10%) alla cate-goria 3. Come si è detto, possono ancora individuarsidue altre categorie di vettori generalmente sprovvisti didoppio scafo, che si caratterizzano per la loro minoredimensione.

Nella categoria 4 rientrano le navi cisterna con staz-za che va dalle 600 alle 5.000 tpl, anch’esse oggetto delladismissione accelerata adottata dall’UE (finora eranoinvece escluse dal regolamento 13 F dell’IMO), per lequali è prevista l’uscita di servizio entro il 2008. Si trat-ta di un naviglio consistente, intorno alle 4.300 unità(OCIMF, 2003b), il cui tonnellaggio complessivo, diffi-cile da stimare con precisione, non dovrebbe comunqueessere lontano dai 10 milioni di tpl. Il numero delle navicisterna di questa categoria provviste di doppio scafo ècrescente, ma non raggiunge tuttavia le 170-180 unità,delle quali meno di una decina opera in Europa (OCIMF,2003b).

L’altro gruppo (categoria 5) include un numerosonaviglio eterogeneo anche per standard di sicurezza, distazza inferiore alle 600 tpl, in servizio su rotte locali esoprattutto rilevante per gli scali nei porti insulari.

Infine il tonnellaggio complessivo del gruppo 6, ossiadelle navi con doppio scafo già in servizio, è di entitàpiù o meno equivalente a quello del naviglio sprovvistodi doppio scafo e da dismettere entro il 2015, essendostimato intorno ai 154 milioni di tpl (OCIMF, 2003a).Su questa cifra, e comunque su un ordine di grandezzatra i 150 e i 155 milioni di tpl, sono concordi molti ana-listi. Un dato di diversa natura, concernente le respon-sabilità delle perdite (fixtures) relative agli oli pesanti(heavy oils) ma con l’esclusione dei greggi, confermaindirettamente che le navi con doppio scafo sono circala metà dell’intera flotta petrolifera disponibile: global-mente, nel 2002, su 2.925 fixtures, il 57%, cioè 1.667,riguardava navi sprovviste di doppio scafo.

7.2.5 Rinnovo della flottapetrolifera

Invecchiamento della flotta petroliferaL’invecchiamento della flotta petrolifera è stato deter-

minato dai forti mutamenti che hanno interessato l’evo-luzione della domanda di naviglio cisterniero e dagli sfa-samenti delle risposte armatoriali ai sussulti del merca-to petrolifero e di quello, a esso collegato, dei noli dal1973 a oggi.

La situazione è mutata sostanzialmente a partire dal1988: l’aumento della domanda mondiale di petrolio,l’avvenuto adeguamento alle convenzioni internaziona-li stipulate in precedenza e la mancata introduzione dinuove regole più restrittive, una maggiore remunerati-vità dei noli e l’elevato prezzo raggiunto dalle petrolie-re (sia nuove sia di seconda mano) sono stati i fattoriconcomitanti che hanno contribuito ad arrestare il disar-mo della flotta esistente e a riavviare la domanda di nuovepetroliere.

Mentre però la costruzione di una nuova petrolierarichiede tempi tecnici lunghi, l’arresto del disarmo dellevecchie navi è stato immediato. Perdura quindi una situa-zione di invecchiamento della flotta, che appare in con-trasto con le esigenze di ammodernamento recepite inparte dalla regolamentazione internazionale e che si pre-senta fortemente indiziato per costituire, nei prossimianni, il principale fattore di rischio tra quelli accertabili.

In particolare, la tab. 3 mostra che il 65% della flot-ta addetta al trasporto di greggio denunciava già nel1989 un’anzianità di almeno 13 anni. Dati recenti con-fermano che il 60% della flotta petrolifera ha un’età di15-16 anni. In particolare nel 1989 la portata lorda dellenavi costruite prima del 1976 (83.700.000 tpl) costitui-va il 77,7% della portata lorda totale delle navi di staz-za superiore alle 200.000 t (107.700.000 tpl). Alla finedel 1992, il 90% circa delle grandi navi cisterna, circail 50% del totale della flotta petrolifera, aveva un’etàsuperiore ai 15-16 anni («Petroleum Economist», 1991).

839VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

Page 12: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

Se si considera che la vita media delle grandi navi cister-na con normale manutenzione è di 15-20 anni, e si tieneconto che molte di esse sono rimaste inutilizzate perlungo tempo con manutenzione ridotta al minimo, sipuò ragionevolmente concludere che la flotta in servi-zio si presenta attualmente in condizioni critiche dalpunto di vista della sicurezza (età, corrosione, ecc.). Lo

sviluppo dell’attività cantieristica fu sostenuto da unforte ritmo di crescita della domanda di petrolio neglianni precedenti la prima crisi petrolifera (1973). La chiu-sura del Canale di Suez, provocata dalla guerra, miseimmediatamente in grave difficoltà il sistema di approv-vigionamento dal Golfo Persico per due ordini princi-pali di motivi: il primo dovuto alla diversificazione obbli-gata del traffico sulla lunga rotta per il Capo di BuonaSperanza; il secondo legato alla struttura stessa dellaflotta, vincolata fino ad allora alla Suez Size, cioè adavere dimensioni non superiori a quelle corrispondentia una portata lorda di 70.000-80.000 t, limite massimoper la navigazione a pieno carico nel Canale di Suez. Acausa di tale limite, la flotta, così come era stata strut-turata, si trovò a dover fronteggiare sia un altissimoaumento dei costi unitari di trasporto a causa del mag-giore percorso, sia la caduta della capacità complessi-va a causa dell’allungamento dei tempi di navigazione.Proprio a partire da tale circostanza ebbe inizio la corsaalla costruzione di grandi navi cisterna che consentis-sero il trasporto di cospicui quantitativi di greggio sulunghe rotte e a basso costo. I VLCC avevano portatalorda fino a 200.000-250.000 t e gli ULCC fino a450.000-500.000 t. Per meglio rendersi conto della dra-sticità del cambiamento, può essere utile ricordare chetra il 1973 e il 1976 il varo delle navi cisterna VLCC eULCC fece misurare un incremento annuo di capacitàdi 22 milioni di tpl, mentre tra il 1980 e il 1987 taleincremento medio annuo si ridusse a meno di 1 milio-ne di tpl. Soltanto negli ultimi anni Ottanta si è regi-strata una relativa crescita dell’attività fino a 3 milionidi tpl (Radetzki, 1989).

L’attività cantieristica proseguì per inerzia la sua cre-scita fin quasi alla fine degli anni Settanta, arrestando-si a causa dell’inversione di tendenza nei consumi emer-sa già prima del 1980. La Guerra del Kippur (1973), lariduzione forzata dei consumi che ne conseguì in tutti ipaesi dell’area industrializzata e l’avvio di politicheenergetiche finalizzate alla ricerca e allo sviluppo difonti alternative al petrolio nonché al perseguimento delrisparmio energetico negli usi sia industriali sia civiliprepararono un progressivo contenimento della doman-da di greggio e l’inizio della crisi strutturale del tra-sporto marittimo.

Anche a causa della seconda crisi petrolifera del 1979,indotta dalla rivoluzione iraniana e dal ridimensiona-mento dei consumi energetici nell’area OCSE e che dove-va indirizzare poi il mercato petrolifero degli anni Ottan-ta, la forbice tra il declino della domanda e l’eccesso dicapacità di trasporto si allargò ulteriormente, portandoal crollo dei noli, al progressivo assottigliamento del mar-gine dei guadagni sui costi operativi delle navi cisternarimaste in servizio e alla stagnazione del settore.

L’esito finale fu la sospensione – per un periodo cheva grosso modo dal 1980 al 1987 – degli ordinativi di

840 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

tab. 3. La flotta petrolifera mondiale (1990)(Radetzki,1989; Tucker, 1989;

«World Tanker Fleet Review», 1989; MEPC, 1990; Bilardo e Mureddu, 2005)

Categoria Milioni %di tpl

(1) Navi in attività sul mercato 229.100 92,9dei trasporti marittimi

(2) Navi adibite a depositi 5.900 2,4semipermanenti

(3) Navi ferme 1.800 0,7(4) Flotta commerciale (1+2+3) 236.800 96,0(5) Navi governative e miscellanee 9.800 4,0

Totale flotta (4+5) 246.600 100,0

Ripartizione per bandiera

Bahamas 10.908 4,4Brasile 3.559 1,4Cipro 11.017 4,5Danimarca 4.653 1,9Francia 3.720 1,5Giappone 13.388 5,4Grecia 16.001 6,5Iran 6.257 2,5Italia 4.627 1,9Liberia 56.016 22,7Norvegia 14.179 5,7Panama 20.946 8,5Regno Unito 16.593 6,7Singapore 4.937 2,0Spagna 3.387 1,4ex URSS 5.735 2,3USA 15.955 6,5Altri paesi 34.749 14,2

Ripartizione per classi di età e dimensione

Totale 237.200 100,0di cui: - maggiori di 200.000 t 107.700 45,4

- minori di 200.000 t 129.500 54,6

navi costruite prima del 1976 154.200 65,0di cui: - maggiori di 200.000 t 83.700 35,3

- minori di 200.000 t 70.500 29,7

navi costruite dopo il 1976 83.000 35,0di cui: - maggiori di 200.000 t 24.000 10,1

- minori di 200.000 t 59.000 24,9

Page 13: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

nuove navi cisterna, con il conseguente arresto del nor-male processo di ammodernamento della flotta, senzaeccezione di bandiera, mentre anche il mercato di secon-da mano risentiva del generalizzato declino della doman-da. Si verificò altresì un forte tasso di disarmo, che nel1985 raggiunse le 27.000 tpl, corrispondente al 10,6%dell’intera flotta petrolifera mondiale, pur se non neces-sariamente erano le navi più vecchie e peggio attrezza-te quelle che uscivano dal mercato. Nell’insieme, nono-stante l’introduzione delle nuove normative internazio-nali sulla sicurezza contro il rischio di incidenti, si verificòun forte rallentamento del normale processo di ammo-dernamento della flotta. Non sono mancati, negli ultimianni di quel periodo, segnali contraddittori nel mercatosecondario, legati soprattutto a vistose oscillazioni dellequotazioni in corrispondenza di eventi bellici e crisi poli-tiche locali, ma del tutto sprovvisti di effetti positivi inrelazione all’ammodernamento delle navi cisterna: infat-ti i passaggi di proprietà dettati da contingenze specula-tive non rappresentano generalmente altro che un pro-gressivo degrado della manutenzione.

Problemi tecnici ed economici connessi alla ristrutturazione della flotta cisterniera

Il rinnovo di 140-150 milioni di tonnellaggio com-porta problemi di capacità cantieristica e di reperimen-to di ingenti mezzi finanziari; la decisione di accelerarei tempi di dismissione delle navi senza doppio scafo,soprattutto nell’eventualità di una più larga accettazio-ne del calendario europeo in ambito IMO, accentua, comesi può vedere dalla fig. 11, la concentrazione delle dismis-sioni in alcuni anni.

In particolare, il progetto di disarmo nel periodo2003-15 si articola nei seguenti tre punti: nel primotriennio (2003-05) circa 48 milioni di tpl, di cui più di3/4 nel 2005; nel quinquennio intermedio (2006-10) po-co meno di 80 milioni di tpl; nel quinquennio finale(2011-15) altri 12 milioni di tpl, di cui la metà concen-trati nell’ultimo anno. Tutta l’operazione sarà concen-trata soprattutto in un anno – il 2010 – nel quale ver-ranno dismessi ben 65 milioni di tpl, cioè oltre il 40%del tonnellaggio complessivo previsto per tutto il perio-do. In due soli anni, il 2005 e il 2010, si concentreràquindi più del 70% delle dismissioni previste per l’in-tero spazio di tempo 2003-15.

La sostituzione in soli due anni di un tonnellaggio ditale entità costituisce un evento senza precedenti. Non èda escludere che la finanza, l’armatoria e la cantieristi-ca mondiali siano in grado di far fronte a questa ondaanomala di rinnovi, che peraltro costituisce una straor-dinaria occasione di sviluppo e di profitti per alcuni ope-ratori. Resta però il fatto che il 2010 sarà un anno cru-ciale, e non si può sottovalutare l’eccezionalità dell’e-vento né ignorare la possibilità di conseguenze sul mercatodelle costruzioni navali e su quello dei noli.

È possibile innanzi tutto che vengano acuiti i pro-blemi di capacità della cantieristica mondiale, sia deicantieri che costruiranno le nuove navi sia di quelli chedemoliranno le navi messe fuori servizio, e inoltre chevengano così alimentate sul mercato primario e su quel-lo della rottamazione tensioni di qualche rilevanza, anchese sulla loro possibile entità si registrano opinioni con-trastanti.

È comunque probabile che l’andamento oscillantedegli ordini e dell’attività cantieristica possa essere menodrammatico di come viene previsto da chi sostiene cheil mercato delle navi cisterna nei prossimi decenni saràcaratterizzato da alti e bassi (Stopford, 2003). È ragio-nevole attendersi infatti che tale andamento possa esse-re molto attenuato dalla domanda di nuove navi attivatadall’aumento dei consumi, domanda che risulta altret-tanto importante, anche quantitativamente, rispetto aquella determinata dalle dismissioni e che può consen-tire una programmazione dell’offerta cantieristica rego-lata su livelli accettabili di utilizzazione della capacitàproduttiva. Effetti analoghi dovrebbe avere la costruzio-ne di navi per il gas o prodotti misti (combiner), per laquale è in atto da anni una crescita sostenuta e stabile,che non mostra segni di imminente rallentamento.

Il rinnovo e l’ampliamento della flotta, in ogni caso,sembrano destinati a sostenere, stabilmente e per un lungoperiodo, il volume d’affari e l’attività del settore arma-toriale, dopo gli alti e bassi registrati negli ultimi quat-tro decenni di mercato delle costruzioni navali. Ne sonosintomi premonitori l’andamento sostenuto degli ordi-ni, registrato da diversi anni, e i programmi di costru-zione di molti cantieri.

Per quanto riguarda l’andamento prevedibile del-l’attività di rottamazione va tenuto presente che esiste

841VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

2015

2014

70

60

50

40

30

20

10

0

tpl (

106 )

anni

fig. 11. Dismissioni della flotta petroliferamondiale tra il 2003 e il 2015 secondo il calendario adottato dall’UE e propostoall’IMO (per cortesia di Bilardo e Mureddu).

Page 14: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

una correlazione tra mercato primario, capacità inutiliz-zata e rottamazione, che rivela un meccanismo di aggiu-stamento in cui ciascuna delle tre variabili opera comefattore di riequilibrio (Bilardo e Mureddu, 2005). Si temeche un volume di rottamazione eccessivo, comunque mairaggiunto in precedenza, possa rompere questo mecca-nismo di compensazione tra eccesso di capacità inuti-lizzata e rottamazione.

Tra gli effetti del programma di dismissione della UEva anche annoverato il fatto che l’età di molte navi cheandranno in disarmo sarà inferiore a quella presa in con-siderazione nei piani di ammortamento degli armatori edei finanzieri. È stato stimato che, nel 2010, 247 navi (dicui 200 unità della sola categoria 2), per complessivi 39milioni di tpl, verranno messe fuori servizio quandoavranno meno di 20 anni (Bilardo e Mureddu, 2005).Oltre a perdite per i proprietari di navi relativamente gio-vani da rottamare ed effetti sul prezzo delle navi nuove,ciò comporterà, più in generale, variazioni importantisul calcolo degli ammortamenti (il periodo di riferimentosarà necessariamente inferiore a 20 anni), determinan-do così cambiamenti sugli equilibri aziendali sia dellesocietà armatoriali sia delle banche finanziatrici (OCIMF,2003a, 2003c).

Un altro aspetto rilevante è quello della dimensio-ne del finanziamento degli investimenti richiesti. Ilprezzo di una nave cisterna a doppio scafo (che per unarmatore è la maggiore componente di costo) va dai70-75 milioni di dollari per un VLCC, ai 30 milioni peruna nave della categoria ‘products’ (Drewry ShippingConsultants, 2003). Pur senza procedere a una vera epropria stima del volume di investimenti richiesto nelcorso dell’intero periodo 2003-30, può facilmente dedur-si che il fabbisogno finanziario (anche a prescinderedal forte aumento dei costi di gestione) sarà dell’ordi-ne di almeno un centinaio di miliardi di dollari, il chenon potrà non creare qualche problema, sia all’internodella cerchia dei tradizionali finanziatori del settore,sia, più in generale, sul sistema finanziario interna-zionale.

In base ai dati di lungo periodo sulla consistenza esulla capacità utilizzata, è possibile individuare la pre-senza di un andamento ciclico in cui le fasi ascendenti,alimentate da qualche importante mutamento istituzio-nale e tecnologico, sono seguite da lunghi periodi di stasi,cui corrispondono la riduzione della capacità utilizzatae un forte invecchiamento del naviglio. Sono presenti lecondizioni per ritenere che stia per innescarsi un nuovociclo – di maggiore ampiezza di quello avviato con laMarpol – di cui vedremo gli effetti tra 20 anni, quandola flotta invecchierà tutta insieme.

Alle fluttuazioni della consistenza della flotta e dellacapacità utilizzata è anche legato – come è testimoniatodalle analisi econometriche effettuate in passato – l’an-damento dei noli. Per il futuro, nella misura in cui non

sopraggiungano ostacoli imprevisti al rinnovamento dellaflotta, si può prevedere qualche aumento dei noli nellafase più acuta della transizione, ma tali aumenti tende-ranno a essere assorbiti rapidamente a mano a mano chela capacità utilizzata si assesterà su livelli normali.

Altre considerazioni, per così dire a margine, meri-tano forse di essere sviluppate. Innanzi tutto non sem-bra che possano essere individuate conseguenze tangi-bili per l’industria petrolifera e per l’approvvigionamentoenergetico: all’aspetto positivo della riduzione del rischionon si accompagna nessun serio pericolo di rallentare ilservizio di trasporto, per scarsità di navi con standard disicurezza adeguati; un eventuale aumento dei noli sareb-be comunque temporaneo e facilmente assorbibile senzaricorrere necessariamente a traslazioni sui prezzi.

Connessa alle difficoltà tecniche di aggiustamento,e in particolare ai lunghi tempi di costruzione delle navi,c’è tuttavia la possibilità che si verifichino, nella fase dirinnovamento della flotta mondiale, temporanei eccessidi domanda, con conseguenti tensioni o occasionali stroz-zature di mercato («Oil & Gas Journal», 2003).

È possibile inoltre che tali tensioni possano aumen-tare, qualora all’obbligo di utilizzare navi cisterna concaratteristiche strutturali adeguate (dotate di doppioscafo, o, fino al 2015, rinforzate con varie forme dimiglioramento) non dovesse accompagnarsi la possibi-lità di utilizzare pienamente l’offerta con tali caratteri-stiche disponibile sul mercato internazionale. Ciò potreb-be succedere nel caso in cui, pur all’interno di una nor-mativa che riflette la politica di liberalizzazione deltrasporto marittimo perseguita in generale dall’UnioneEuropea, esistano clausole, eccezioni o semplicementeinterpretazioni nell’applicazione di tale normativa alivello dei singoli paesi membri, che riducano di fattola possibilità di servirsi delle navi a doppio scafo dispo-nibili sul mercato.

Una seconda considerazione riguarda la scarsa chia-rezza con cui avviene la ripartizione di costi e beneficidi un cambiamento come quello esaminato, non solo traproduttori e consumatori intermedi e finali (in partico-lare sono oscuri i vantaggi e gli oneri e il meccanismodi traslazione del prezzo del petrolio), ma anche tra que-sti e altre parti del gioco (armatori, assicuratori, ecc.).Infine va ribadita l’esigenza di interventi coordinati trai vari livelli decisionali (globale, europeo, nazionale) etra le varie aree geografiche. In merito alla rilevanza diquest’ultimo aspetto, va sottolineato che in Europa, nelMediterraneo e negli USA, a causa delle caratteristichedel naviglio operante, non dovrebbero determinarsi caren-ze di offerta di navi cisterna a doppio scafo, mentre cosìpotrebbe non essere, sia pure temporaneamente, in altrearee, con conseguenze sul mercato nel suo insieme. Vainoltre osservato che in assenza di un accordo globale,a prescindere da qualche distorsione del mercato, navisenza i nuovi standard di sicurezza, sebbene bandite dai

842 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

Page 15: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

porti, avrebbero ancora la possibilità di navigare non lon-tano dalle coste di paesi che adottano le nuove regole(per esempio nel Mediterraneo) e in generale lungo rotteche presentano elevati rischi per tutti.

Implicazioni economiche del rinnovo della flottaPrecedentemente sono state prese in considerazione

alcune stime e previsioni plausibili sulla movimentazio-ne del petrolio nel mondo e nel Mediterraneo. Da talistime si possono trarre indicazioni sull’andamento di unadelle variabili cruciali, da cui l’evoluzione del fenome-no delle ‘maree nere’ dipende: il traffico di petroliere.

I dati sulla domanda di naviglio cisterniero – coe-renti con le previsioni sul traffico – indicano una cre-scita di oltre il 41% dell’insieme della flotta petroliferamondiale (quasi dell’83% per i soli VLCC) negli annitra il 1990 e il 2005, secondo una stima effettuata dallaMarine Economics Ltd., in una rassegna della domandacui l’attività cantieristica dovrebbe essere in grado dirispondere («World Tanker Fleet Review», 1989; Tucker,1989). Per quanto riguarda il Mediterraneo, è probabileche la già consistente presenza di petroliere registri unaumento prossimo al 50%, in linea con l’incremento delfabbisogno mondiale di trasporto cisterniero.

Questa forte tendenza espansiva dà per scontato unandamento crescente della domanda petrolifera e unaripresa dell’attività cantieristica nel lungo periodo, tut-tavia prescinde dalla possibilità di un forte aumento deglistandard di sicurezza delle navi.

Al fabbisogno di potenziamento della capacità di tra-sporto si affiancano: l’esigenza di rinnovamento di unaflotta straordinariamente invecchiata (come si è visto,circa il 50% della flotta mercantile mondiale nel suoinsieme è stato varato prima del 1976); l’obbligo di ade-guare le navi in servizio (per standard di manutenzione,caratteristiche tecniche e attrezzature antinquinamento)

alle norme di sicurezza imposte dalla normativa inter-nazionale vigente e, in prospettiva, alle nuove regole piùrestrittive che in tutto il mondo si tende a introdurre.

Il concomitante insorgere di questi fattori ha già deter-minato, dal 1988 a oggi, effetti contrapposti: da un lato,un forte rallentamento del tasso di disarmo delle navicisterna (che ha ulteriormente contribuito ad aumentarel’età media della flotta) e una vivacità dei mercati deinoli e del naviglio usato; dall’altro, un rapido aumentodei costi di manutenzione e di adattamento, una cresci-ta di alti rischi finanziari per incidenti determinati dallostato di usura delle navi, una ripresa consistente delladomanda di naviglio nuovo e infine un mutamento dellacomposizione della flotta per tipo di proprietà, indicati-vo della tendenza a ridurre investimenti e responsabilitàarmatoriali da parte delle compagnie petrolifere. Neiprossimi anni, le tendenze di quest’ultimo tipo di effet-ti dovranno certamente accentuarsi, considerando comun-que che l’aumento dei costi di riparazione e di manu-tenzione rende ormai antieconomico il mantenimento diuna flotta invecchiata.

È stato stimato che, per un VLCC o un ULCC chefaccia per la prima volta un controllo generale si richie-dono, per rispettare le norme internazionali, dalle 200alle 400 t di acciaio. Soltanto la sostituzione dell’acciaiocosta circa 1,5 milioni di dollari; per le navi più vecchiequesta cifra raggiunge i 7-8 milioni.

Per quanto riguarda le operazioni di adattamento checomportano radicali o comunque importanti trasforma-zioni delle navi, i dati sui costi valgono caso per caso esi prestano male a essere generalizzati anche per le navicisterna della stessa categoria di stazza. A ogni modo,un’indicazione di massima di questi costi, escludendo larealizzazione del doppio fondo, è fornita dalla tab. 4.

Da questo tipo di dati si può dedurre che la spesa diristrutturazione di navi di 20.000-40.000 tpl può oscillare

843VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

tab. 4. Costi di adattamento della flotta delle navi cisterna

Sistema Costo (dollari)

CBT (Clean Ballast Tanks) 25.000 per 32.000 tpl

SBT (Segregated Ballast Tanks) adattamento di cisterna 0,6-1 milione per 20.000-40.000 tplzavorramento al minimo 1 milione per 50.000 tpl

IGS (Inert Gas System) 1,5 milioni per 100.000 tpl

COW (Crude Oil Wash) oltre 3 miloni per un VLCC

Altri sistemi:sistema per monitorare tra 0,7 e 1 milione

e controllare lo scaricamento dell’olioequipaggiamento per separare olio e acqua tra 0,5 e 1 milione nel 1985equipaggiamento per filtrare l’olio 120.000 per 30.000 tpl

Adeguamento del sistema di radiocomunicazioni 25.000-50.000

Page 16: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

tra 1 e 3 milioni di dollari (il costo di una nave cisternanuova di questa stazza si aggira tra 15 e 30 milioni didollari) e quella di un VLCC potrebbe andare da 5 a 10milioni di dollari (il costo di un VLCC nuovo si aggiratra 50 e 90 milioni di dollari); il costo di ristrutturazio-ne è quindi circa il 10% del costo complessivo di unanave nuova, senza contare il doppio fondo, il cui obbli-go è stato già introdotto dagli USA.

L’obbligatorietà del doppio fondo solleva due pro-blemi (Drewry Shipping Consultants, 1991a): quello del-l’entità del rinnovo della flotta e quello dell’aumento delcosto delle nuove navi.

Il primo aspetto può essere riassunto da un dato elo-quente: delle circa 3.000 petroliere oggi esistenti solo il20% ha il doppio fondo (e solo parziale) e soltanto lametà di questo 20% si riferisce a navi di oltre 40.000 t;è da ricordare che non esistono VLCC o ULCC con dop-pio fondo completo (Drewry Shipping Consultants,1991a). L’associazione degli armatori Intertanko ha messo

a punto un altro sistema di sicurezza, il rescue tank, basa-to sul principio della stabilizzazione idrostatica, che siritiene possa dare migliori risultati del doppio fondo econ costi minori. Esistono comunque controindicazioniall’adozione del doppio fondo che, secondo alcuni, com-porterebbe la riduzione di altri aspetti della sicurezzadelle navi. La dimensione dei cambiamenti necessari perattrezzare la flotta mondiale con il doppio fondo è illu-strata nella tab. 5. I costi di riparazione e manutenzionedi una nave di età tra 15 e 20 anni sono in media cinquevolte superiori a quelli di una nave tra 5 e 10 anni (tab. 6).Nel 1990 il costo del doppio fondo veniva stimato parial 15% del costo di costruzione di una nave cisterna, masecondo una stima recente raggiunge il 20%.

L’insieme dei fattori indicati – e in particolare l’au-mento dei costi di manutenzione e trasformazione dellenavi più vecchie – fa prevedere un’accelerazione nelprocesso di rinnovamento dell’intera flotta mondiale.Le previsioni sul tasso di disarmo indicano una netta

844 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

tab. 5. Trasformazione potenziale della flotta mondiale per l’introduzione del doppio fondo(Drewry Shipping Consultants, 1991b)

10.000-50.000 tpl 50.000-175.000 tpl

Anni annua cumulativa annua cumulativa

numero 103 tpl numero 103 tpl numero 103 tpl numero 103 tpl

1990-95 20 481 20 481 68 4.911 68 4.9111996 25 726 45 1.207 37 3.423 105 8.3341997 37 925 82 2.132 32 3.203 137 11.5371998 33 973 115 3.105 43 4.888 180 16.4251999 55 1.154 170 4.259 170 18.629 350 35.0542000 88 2.130 258 6.389 133 15.015 483 50.0692001 86 2.044 344 8.433 30 2.818 513 52.8872002 130 3.623 474 12.056 40 3.322 553 56.2092003 178 3.220 652 17.276 65 5.344 618 61.5532004 82 2.336 734 19.612 72 5.291 690 66.8442005 36 987 770 20.599 35 2.518 725 69.3622006 67 2.035 837 22.634 32 2.463 757 71.8252007 99 2.989 936 25.623 28 2.130 785 73.9552008 55 1.693 991 27.316 27 2.188 812 76.1432009 36 1.094 1.027 28.410 33 2.833 845 78.9762010 210 6.607 1.228 35.017 76 7.343 921 86.319

tab. 6. Costi di riparazione e manutenzione (migliaia di dollari) per età e dimensioni delle navi cisterna(Drewry Shipping Consultants, 1991b)

Stazza delle navi (migliaia di tpl)

Classi di età (anni) 15-25 25-40 40-70 70-100 100-140 140-185

5-10 152 176 206 240 271 30110-15 507 587 687 800 903 1.00415-20 652 755 844 1.030 1.162 1.292

Page 17: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

inversione di tendenza nei prossimi anni rispetto aglianni indicati nella tab. 7.

Contemporaneamente all’accelerazione dell’elimi-nazione delle vecchie navi, si prevede un rapido aumen-to delle navi di nuova costruzione, aumento ampiamen-te confermato dall’impennata degli ordini di nuove navicisterna (tab. 8), che hanno raggiunto il livello più altodal 1976, con un incremento, rispetto al 1989, tra il 50%e il 60% a seconda delle fonti.

La rapida crescita e il rinnovamento della flotta dellenavi cisterna pongono seri problemi finanziari interna-zionali. Non è di secondaria importanza che attorno atali posizioni si raccolga una significativa convergenzadi opinioni di esperti, commentatori e compagnie del set-tore. L’ordine di grandezza degli investimenti per rim-piazzare 110 milioni di tpl dei VLCC viene valutato in100 miliardi di dollari in dieci anni. Nel corso della con-ferenza internazionale Shipping Outlook (Singapore, ago-sto 1989), è stata invece valutata pari a 200 miliardi didollari in dieci anni la spesa necessaria per il rinnovodell’intera flotta petrolifera. Nella medesima conferen-za, è stata stimata intorno al 70% del fabbisogno delcapitale la quota che potrà essere coperta dalle bancheper la realizzazione del programma di rinnovamento

mondiale della flotta petrolifera ed è stato valutato cheil volume complessivo della dipendenza dalle banchesalirà dal livello attuale di 50-60 miliardi di dollari a 140miliardi circa nel 2010.

L’andamento dei prezzi delle navi di nuova costru-zione, nonché del tasso di sostituzione della flotta invec-chiata, fa tuttavia ritenere che queste cifre siano addirit-tura approssimate per difetto, anche a prescindere dallapossibilità che nei prossimi anni si verifichino muta-menti importanti nella rigidità dei criteri di sicurezza,che accelerino il processo di svecchiamento della flotta.

L’effetto congiunto del maggior fabbisogno di navicisterna per far fronte all’accresciuta domanda e di unarapida sostituzione delle navi obsolete potrebbe signifi-care la messa in disarmo di più di 2/3 della flotta attua-le; analogo risultato si avrebbe se si decidesse di inter-dire l’impiego di navi cisterna di età superiore a 15 anni.

7.2.6 Aspetti ambientali del trasporto via mare

I dati riguardanti il commercio e il trasporto internazio-nale di idrocarburi hanno messo in evidenza l’imponen-te dimensione e la continua crescita del cabotaggio petro-lifero mondiale. Un traffico di tale entità non può cheavere implicazioni negative per l’ambiente marino ecostiero, anche considerando soltanto il petrolio che,durante le varie fasi della navigazione, si riversa quoti-dianamente nei mari di tutto il mondo. I versamenti dipetrolio in mare, che vengono chiamati anche ‘mareenere’ od oil spills e sono oggetto di un’ampia letteratu-ra, non sono associati soltanto al traffico marittimo. Que-st’ultimo ne costituisce comunque una causa importan-te perché il cabotaggio petrolifero, oltre a essere sog-getto a incidenti che possono causare la fuoriuscitaparziale o totale del carico, pratica operazioni di routine(v. oltre) da cui derivano piccoli ma sistematici versa-menti; anche il cabotaggio non petrolifero è comunquesoggetto a incidenti che possono causare rotture ai ser-batoi di carburante.

Dimensione dei versamenti su scala mondialeLa dimensione complessiva dei versamenti di petro-

lio è oggetto di stime a dir poco divergenti; tuttavia gene-ralmente si ritiene che oscilli intorno a 3 milioni di t/annocausati dall’uomo, cui va aggiunto un altro migliaio ditonnellate di versamenti causati da eventi naturali.

Sui versamenti accidentali connessi con il trasportomarittimo esistono dati storici attendibili, anche se essispesso si limitano a quelli più rilevanti che hanno pro-vocato l’immissione in mare di decine di migliaia di ton-nellate di petrolio. A partire dagli anni Novanta, il nume-ro delle maree nere accidentali si è drasticamente ridot-to in alcune aree come gli Stati Uniti, e sembra comunque

845VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

tab. 7. Flotta petrolifera messa in disarmo nel periodo1983-90 (milioni di tpl)

(Drewry Shipping Consultants, 1991b)

Classi di stazza (migliaia di tpl)Anni

10-45 45-90 90-175 175 Totale

1983 2,6 4,4 1,8 15,6 24,41984 2,8 3,3 0,8 11,9 18,81985 2,1 2,8 2,1 20,0 27,01986 2,4 1,6 1,1 10,6 15,71987 1,1 1,1 1,2 4,3 7,71988 0,7 0,8 0,4 1,2 3,11989 0,4 0,6 0,3 0,3 1,61990 0,1 0,1 0,1 - 0,3

tab. 8. Ordinativi di navi cisterna nel periodo 1985-90(milioni di tpl)

(Drewry Shipping Consultants, 1991b)

Classidi stazza 1985 1986 1987 1988 1989 1990(migliaia di tpl)

10-45 3,0 1,8 2,7 3,6 4,0 3,845-90 6,9 3,5 3,2 3,5 3,9 3,090-175 1,6 1,9 3,4 5,9 9,6 16,5

175 2,3 3,3 6,5 9,5 10,6 21,8

Totale 13,8 10,5 15,8 22,5 28,1 45,1

Page 18: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

essere sensibilmente diminuito anche su scala globale.Nonostante questa tendenza, continuano a registrarsiannualmente decine di incidenti, specie nella cattiva sta-gione, alcuni dei quali sono diventati tristemente noti perl’entità dei versamenti e per gli effetti devastanti sul-l’ambiente marino e costiero.

Come sulla dimensione globale dell’inquinamentopetrolifero, anche sul volume delle maree nere acci-dentali nel trasporto marittimo le stime esistenti diver-gono tra loro, in particolare per ciò che riguarda gli ulti-mi 10-15 anni, nei quali si è registrata, parallelamentealla diminuzione del numero degli incidenti, anche unacontrazione dei volumi versati complessivi. A contri-buire alla riduzione delle maree nere accidentali legateal trasporto marittimo sono stati: a) l’entrata in vigoredella convenzione internazionale Marpol 73/78; b) l’a-dozione di alcuni importanti provvedimenti legislativinazionali con rilevanza regionale, in particolare nel 1990l’OPA (Oil Pollution Act) per le acque territoriali statu-nitensi; c) l’introduzione di corridoi a senso obbligatoin alcuni passaggi particolarmente a rischio (per esem-pio, il Canale della Manica); d) il miglioramento, sia purlimitato, della sorveglianza aerea del traffico marittimo;e) la pratica di mantenere un ambiente di gas inerte nelleintercapedini e nei volumi liberi delle cisterne, anche nelcorso delle operazioni di carico e scarico.

Tra le stime pubblicate, che si attestano tra 140.000e 420.000 t/anno, viene ritenuta particolarmente atten-dibile quella che colloca il volume annuo di versamen-ti dovuti a incidenti navali tra le 300.000 e le 500.000 tper il periodo 1970-90, e intorno alle 150.000-200.000 tper il decennio successivo.

Si può osservare che in ognuno dei decenni del 20°secolo si sono registrate grandi maree nere: la maggio-re (quasi 300.000 t di greggio) continua a essere quellacausata dall’Atlantic Empress nelle acque di Tobago allafine degli anni Settanta, seguita da altri sette versamen-ti superiori alle 70.000 t nello stesso decennio, mentrenegli anni Sessanta è avvenuto un altro incidente che haprovocato versamenti superiori alle 100.000 t (TorreCanyon al largo della Cornovaglia); gli anni Ottanta sonostati caratterizzati da un numero impressionante di mareenere causate da operazioni belliche durante il conflittoIran-Iraq (sei superiori alle 70.000 t, di cui due addirit-tura sopra 200.000 t, e altre due sopra le 100.000 t), acui si sono però affiancati altri incidenti estranei aglieventi bellici, come quelli alla Castillo de Bellver(250.000 t), alla Odissey (140.000 t) e quello alla IrenesSerenade (100.000 t). Gravi incidenti si sono verifica-ti anche negli anni Novanta, innanzi tutto quello allaABT Summer che ha causato una marea nera che perdimensione (260.000 t di greggio) è la seconda di tuttii tempi, cui vanno aggiunti quello della Haven nel Golfodi Genova (144.000 t) e almeno altri tre con versamentisuperiori alle 70.000 t, che hanno interessato le acque

texane, scozzesi, gallesi e spagnole. Infine, nei primianni del 21° secolo, sebbene si sia registrato un numerominore di incidenti, non sono mancati versamenti didimensioni considerevoli, il più grande dei quali (tra40.000 e 70.000 t di olio combustibile) è stato causatodall’affondamento della Prestige (2002), che ha inqui-nato il mare e le coste spagnole, portoghesi e francesi.

Va per altro segnalato che fra gli incidenti più notifigurano anche eventi con versamenti di minor entità.È il caso per esempio dell’incidente alla petroliera ExxonValdez in Alaska nel 1989 e di quello più recente allaErika al largo delle coste atlantiche della Penisola Ibe-rica (1999).

Versamenti di routine nel trasporto marittimoPer quanto rilevanti, i versamenti dovuti a incidenti

rappresentano una piccola quota (dal 5 al 20%, a secon-da dei criteri di stima) del totale degli scarichi a mare dipetrolio dovuti al trasporto marittimo. La maggior partedi questi versamenti è determinata da operazioni di rou-tine, tra cui vanno annoverate lo scarico delle acque dizavorra e il lavaggio delle cisterne prima che le navi giun-gano al porto di carico, il rifornimento di carburante, l’e-liminazione delle acque di sentina, il lavaggio in bacinodi carenaggio e le perdite durante lo scarico ai terminali.

È opinione abbastanza diffusa che l’applicazione delleconvenzioni internazionali nell’ultimo decennio abbiacontribuito a ridurre drasticamente l’inquinamento daoperazioni di routine, grazie all’introduzione dell’ob-bligo della zavorra segregata a partire dalle navi di nuovacostruzione e all’introduzione di procedure più ‘pulite’,relative soprattutto allo scarico delle acque di zavorra eal lavaggio delle cisterne. Altri effetti positivi importan-ti sono derivati dall’utilizzazione di scatole nere che testi-moniano dello scarico di acque inquinate e del loro gradodi inquinamento, dal miglioramento delle tecniche diseparazione acqua-olio e, infine, dall’ammodernamen-to dei terminali.

È tuttavia del tutto fuorviante affermare che l’inqui-namento non accidentale dovuto al trasporto petroliferoabbia perduto rilevanza. Anche a voler prescindere dagliscarichi che risultano ancora compatibili con le normedelle convenzioni internazionali, non sono pochi i paesiche non hanno sottoscritto o ancora devono far entrarein vigore gli accordi ed esistono inoltre fasce di elusio-ne delle norme più elementari anche in relazione ad areee navi di paesi firmatari.

Al 2004 i versamenti non accidentali possono anco-ra essere stimati tra 600.000 e 1.200.000 t/anno, per cuicomplessivamente le maree nere dovute al trasporto marit-timo dovrebbero ammontare (includendo i versamentiprovocati sia da incidenti sia da operazioni di routine) apiù di 1.000.000 di t/anno.

In realtà, anche per le maree nere accidentali, megliodocumentate, il calo tendenziale si basa su elementi

846 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

Page 19: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

incerti. D’altra parte, sia pur dando per avvenuta una ridu-zione delle maree nere, alcune osservazioni meritano diessere sottolineate: a) tale riduzione non è sufficiente afar considerare risolto il problema dell’inquinamentomarino da petrolio; b) non può essere di sollievo la con-statazione che complessivamente le maree nere costitui-scono una piccola percentuale del petrolio movimentato,o che questa quota si è ridotta, dato che è la loro dimen-sione assoluta – comunque grande – a essere rilevante;c) la tendenza decrescente non interessa allo stesso modotutte le aree; d) le cause immediate (condizioni meteoro-logiche avverse, debolezze strutturali degli scafi, erroreumano, ecc.) e la causa strutturale (intensità del trafficopetroliero) non possono essere facilmente ridimensiona-te e sono pertanto ancora pienamente attive.

Le maree nere sono dunque una conseguenza nonoccasionale del traffico petrolifero. Le principali causedegli incidenti navali che provocano versamenti di petro-lio sono costituite da affondamenti, collisioni, manovreerrate ai terminali di carico e scarico, incagliamenti,incendi e altri incidenti a bordo. La loro importanza rela-tiva è stata rappresentata graficamente nella fig. 12.

Il fatto che la frequenza dei versamenti sia collega-ta a una varietà di cause immediate specifiche non devefar però dimenticare che questi versamenti sono un even-to sistematico, dipendente soprattutto dallo sviluppo deltraffico mercantile che accompagna lo sfruttamento suscala mondiale delle risorse di idrocarburi. Ciò è con-fermato da stime econometriche che evidenziano l’esi-stenza di una correlazione tra il numero di incidenti e laproduzione e il commercio internazionale di greggio.Oltre che con la crescita del traffico petrolifero mon-diale, le cause immediate d’incidente presentano un’e-levata correlazione statistica anche con l’età e la ban-diera delle navi.

Evoluzione del quadro normativo dei trasporti marittimi in Europa

A seguito dell’incidente della Erika, l’Unione Europeaha dato un forte impulso all’aggiornamento del quadro nor-mativo in merito alla sicurezza del trasporto marittimo.Analogamente, l’incidente della Exxon Valdez stimolò negli

Stati Uniti una forte reazione che portò all’adozione del-l’OPA nel 1990.

Nei primi sei mesi del 2003 il Parlamento Europeoe la Commissione hanno messo in atto decisioni che rive-stono la massima importanza per il rinnovamento strut-turale del naviglio commerciale e per la gestione e il con-trollo del traffico marittimo nelle acque europee, in par-ticolare, del Mar Mediterraneo. Il rilievo che il nuovoordinamento assume per la sicurezza della navigazionenon sta tanto nel carattere innovativo delle disposizionidi legge, peraltro già inquadrate in una sequenza tem-porale predisposta dall’IMO e la cui piena attuazione eraprevista in tempi lunghi fino al 2015, quanto nella deter-minazione con cui sono stati accorciati i tempi previstiper le fasi del processo di ristrutturazione della flotta. Siricorda però che, per quanto rilevanti, i versamenti dovu-ti a incidenti rappresentano meno di 1/4 delle maree nerecomplessive; come già detto, il resto è determinato daoperazioni di routine, in particolare dallo zavorramentoe dal lavaggio delle cisterne.

Per quanto riguarda il quadro normativo, costituitodalle convenzioni internazionali (in particolare, la Mar-pol), si possono fare alcune considerazioni generali suilimiti nelle norme, le mancate adesioni e l’inadeguatez-za degli strumenti di attuazione e controllo (fig. 13). Lemodifiche apportate dall’IMO nel 2001 e nel 2002 alleregole della convenzione Marpol hanno reso più strin-genti alcuni criteri di sicurezza, ma non modificano lasostanza di queste osservazioni. Non sono inoltre certa-mente mancati nel corso degli ultimi anni interventi inno-vativi volti a potenziare la capacità di prevenzione, dicontrollo e di intervento, a livello sia nazionale sia inter-nazionale, in particolare europeo. Per quanto riguardal’Italia, gli interventi sono stati i seguenti: la chiusuradella laguna veneta alle navi cisterna non provviste didoppio scafo (con l’eccezione delle piccole imbarcazio-ni inferiori a 5.000 tpl); l’iniziativa volontaria delle com-pagnie aderenti all’Unione Petrolifera Italiana (UPI) diimpegnarsi a non far transitare le petroliere proprie onoleggiate, cariche o con zavorra, per le Bocche di Boni-facio; l’accordo volontario sulla sicurezza della naviga-zione nei porti e nelle acque territoriali italiane.

847VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

affondamenti

collisioni

incagli

incendi, esplosioni

condizioni atmosferiche

trasbordo di petrolio

altre cause

2%

33%

24%

19%

8%

6%

8%fig. 12. Cause di versamenti accidentalinel trasporto marittimo(ripartizione percentuale)(per cortesia di Bilardo e Mureddu).

Page 20: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

Tra le iniziative europee, va ricordato il regolamen-to (CE) n. 417/2002 del Parlamento Europeo e del Con-siglio del 2002 sull’introduzione accelerata delle normein materia di doppio scafo.

Dopo l’incidente della Prestige, Francia e Spagna ave-vano chiuso unilateralmente e con effetto immediato leloro acque territoriali alle navi a scafo singolo, mentre ilConsiglio dei Capi di Stato dei paesi membri dell’UE haapprovato una prima mozione che accorciava i tempi perla messa al bando del naviglio monoscafo. Nel 2003 ilParlamento Europeo ha approvato la dismissione dellepetroliere a scafo singolo e il divieto di trasportare pro-dotti petroliferi pesanti nello stesso tipo di navi cisterna.In particolare, le navi costruite prima del 1982 (conside-rate le più pericolose) sono state bandite al raggiungimentodell’età di 23 anni, anziché di 28 come precedentementeprevisto. Per le altre categorie di grandi navi cisterna (oltre250.000 tpl) a singolo scafo è prevista la messa in moraentro il 2010, con un calendario più stringente di quelloin vigore. Resta la questione delle petroliere di piccolastazza, utilizzate soprattutto per le isole, per le quali sonopreviste regole diverse e meno rigide. Nell’attuazione dellenorme europee non sono del tutto assenti problemi nel-l’applicazione contemporanea e omogenea in tutti i paesimembri, condizione necessaria affinché non ne sia limi-tata l’efficacia. È viva tra gli operatori qualche preoccu-pazione per quanto concerne quella parte consistente deltraffico marittimo petrolifero costituito da cabotaggio insu-lare, che è soggetto a un regime speciale.

I risvolti ambientali del cabotaggio marittimo di set-tore non sono che un aspetto del cosiddetto sustaining

shipping (Ornitz e Champs, 2002), che è appunto una com-plessa questione di politica marittima ed economica (o,come più semplicemente si dice, di policy) e, in quantotale, richiede di essere affrontata tenendo conto dei diver-si punti di vista e cercando di considerare i problemi con-creti, senza limitarsi alle caratteristiche tecniche delle navicisterna, né al doppio scafo; la sicurezza marittima, oltreche le navi, riguarda infatti le strutture portuali e offshore,i terminali, le raffinerie, le unità di stoccaggio.

Interessi economici e salvaguardia ambientale:possibilità di convergenza

L’adeguamento dell’industria a più stringenti vinco-li di sicurezza ambientale non sempre si traduce nel lungoperiodo in un aggravio di costi, ma può anche costitui-re un’occasione per migliorare l’efficienza complessivadi un’attività produttiva e creare condizioni di maggio-re concorrenzialità. Per questa via si possono immagi-nare possibilità di convergenza tra interessi economici esalvaguardia ambientale. La differenza tra il punto divista aziendale e quello ambientalista resta comunquegrande. Alcune considerazioni possono però essere utili.

Chi opera sul mercato non può ignorare che l’opinio-ne pubblica nazionale e mondiale è molto più attenta chein passato al rischio di danni ambientali derivanti dalleattività industriali e ben poco propensa ad addossarsi, purese solo in parte, i costi di tali danni; ciò vale anche perl’inquinamento petrolifero, oggetto di particolare sensi-bilità da parte dell’opinione pubblica europea.

Per l’industria petrolifera il peso economico dei costidiretti connessi alle maree nere non è certamente irri-levante; tuttavia, il rischio finanziario, anche di inci-denti gravi, può essere gestito senza difficoltà insor-montabili, come risulta evidente dalla tab. 9. Secondotale stima il costo associato alle maree nere per barileprodotto varia da un minimo di 0,03 centesimi di dol-laro nella zona dell’Atlantico meridionale a un massi-mo di 1,97 centesimi di dollaro nella regione artica,valori decisamente modesti rispetto al prezzo del bari-le, soprattutto se si tiene conto che tale costo consideral’eventualità di versamenti di grandi dimensioni senzache vengano realizzate misure di contenimento dell’in-quinamento a mare, il che dovrebbe condurre a unasovrastima. Resta però il fatto che le cifre indicate sonopiù basse di quelle relative agli aumenti dei premi diassicurazione causati dalle recenti restrizioni legislati-ve introdotte negli USA. L’esistenza di un rischio dimarea nera (o di qualsiasi altro tipo di danno), non tra-scurabile a livello globale e da prevenire negli aspetti tec-nici e finanziari, non implica necessariamente che esistauna particolare forma di risarcimento migliore di un’al-tra. Per fare un esempio, le responsabilità dell’inquina-mento dell’aria non vengono fatte ricadere né sulle com-pagnie che producono elettricità, né sull’industria auto-mobilistica. Tuttavia, addossare l’onere della prevenzione

848 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

3.000

2.500

2.000

1.500

1.000

500

0

60%

50%

40%

30%

20%

10%

n. di ispezioni

% di ispezioni

0%

Ital

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Isla

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fig. 13. Ispezioni realizzate dagli Stati membridell’UE nel 2001 ai sensi del controllo da partedegli Stati di approdo (Commissione UE).

Page 21: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

finanziaria del rischio al soggetto del possibile inqui-namento appare giustificato da diversi punti di vista.Sotto l’aspetto economico, gli inquinamenti vengonotrattati come effetti esterni al meccanismo di mercato:il soggetto che li origina nello svolgimento della pro-pria attività provoca un danno, di cui è responsabile, aiterzi e all’ambiente; questi danni sono da considerareun costo, effettivo o potenziale, da sostenere al pari deglialtri costi legati al processo produttivo, in grado diinfluenzare il livello ottimale di produzione. La man-cata considerazione degli effetti degli inquinamenti nellarealtà provoca una situazione di danno finanziario almercato (market failure) e impedisce quindi al sistemaeconomico di raggiungere una posizione ottimale. Laloro mancata trasformazione in un costo deriverebbeappunto dall’impossibilità di formazione di un merca-to che li riguardi e che ne permetta l’associazione a unvettore di prezzi. Le soluzioni indicate dalla teoria eco-nomica tradizionale, sebbene diverse tra loro, sono ricon-ducibili a un meccanismo che permetta di far rientraregli effetti degli inquinamenti come costo a carico di chili provoca.

Ogni nuovo vincolo alla propria attività produttiva èsempre visto inizialmente dalle industrie come un peri-colo per la loro stessa sopravvivenza; inoltre normeambientali più rigide non concernono soltanto il trasportomarittimo del petrolio. Per rimanere in campo petrolife-ro, si pensi semplicemente alle reazioni dell’industriastatunitense di raffinazione al Clean Air Act 1991, o alla

‘tassa CO2’ ventilata dalla CEE, definita dai paesi delGolfo «una dichiarazione di guerra». Tuttavia, se i nuovivincoli si traducono in breve tempo in un aggravio deicosti, a medio-lungo termine tale aggravio perde ognivalenza di penalità, se è generalizzato a tutti gli opera-tori del settore, e assume il ruolo di componente strut-turale di costo che viene traslata sul prezzo del prodot-to finale. Il contrasto tra chi difende e chi combatte aoltranza l’introduzione di nuovi vincoli ambientali nonè così vitale quanto può sembrare; la questione impor-tante è se il mercato è in grado di assorbire i necessariaggiustamenti senza eccessivi problemi.

Perché questo processo di assorbimento avvenga,sono necessarie due condizioni. La prima consiste nel-l’esistenza di una regolamentazione adeguata, ossia dinorme nazionali e internazionali le quali, oltre a rende-re obbligatorie per tutti le regole per la salvaguardiaambientale e quindi le decisioni relative all’imputazio-ne dei costi, siano ‘sostenibili’ e vengano garantite daverifiche della loro corretta applicazione; la normativaesistente presenta limiti soprattutto per quanto riguardai controlli dei dispositivi di sicurezza e la definizione deisoggetti e dei limiti della responsabilità. La seconda con-dizione è che vengano effettuate da parte dei produttorisia una corretta valutazione sia una gestione del rischio,che consentano di programmare, senza mettere a repen-taglio i risultati economici delle aziende, la coperturafinanziaria necessaria per far fronte a eventuali risarci-menti e costi di risanamento ambientale.

849VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

tab. 9. Rischio finanziario connesso allo sviluppo della produzione petrolifera nella zona continentale esterna degli Stati Uniti (Opaluch e Grigalunas, 1989)

Area di zolla continentale Costo per barile versato Costo per miliardo di barili/giorno e provincia Nord- (dollari) di greggio prodotto

e Centroamericana (milioni di dollari)

Atlantico centrale (Virginia) 3,8 0,5Atlantico meridionale (Carolina) 4,4 0,3Atlantico settentrionale (Acadia) 26,7 1,5Bacino di S. Giorgio 250,7 14,6Bacino Navarino (Artico) 8,6 0,8California centrale e settentrionale 210,4 10,2California meridionale 27,2 1,4Cook Inlet, Kodiak, Shumagin (Artico) 84,1 4,9Golfo del Messico centrale (Luisiana) 37,1 2,1Golfo del Messico occidentale (Luisiana) 11,4 0,6Golfo del Messico orientale (Luisiana) 37,6 3,0Golfo di Alaska (Fjord) 8,2 0,6Mare di Beaufort (Artico) 30,4 2,4Mare dei Chukchi (Artico) 30,2 2,4Norton e Aleutine (Artico) 249,1 19,7Stretto della Florida (Indiana occidentale) 60,7 4,8Washington e Oregon 140,2 5,3

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7.2.7 Il caso del Mar Mediterraneo

Dai primi anni del 20° secolo il bacino del Mar Medi-terraneo è stato soggetto al traffico petrolifero più impor-tante nel panorama mondiale; pertanto, lo studio del-l’integrazione fra questo ecosistema e il trasporto di greg-gio via mare rappresenta un caso di particolare interesse.Fino agli inizi degli anni Trenta il traffico era diretto dalloStretto di Gibilterra verso il Canale di Suez, con una cre-scita sempre maggiore in funzione delle esportazioni diolio lampante verso l’Estremo Oriente. In seguito allosviluppo dei giacimenti mediorientali il traffico ha vistoun’inversione di direzione e un cambiamento anche neiprodotti trasportati. Il maggiore traffico era dovuto algreggio che dai paesi della Penisola Araba veniva tra-sportato prevalentemente in Europa e in parte in Ameri-ca. Si è così assistito all’incremento del traffico e allevarie crisi petrolifere che hanno avuto una diretta con-seguenza proprio su di esso.

Gli incidenti petroliferi avvenuti in tutto il mondo hannospinto, come già detto, lo sviluppo di norme sempre piùstringenti dal punto di vista ambientale, fino a giungerealla nuova normativa europea che assicura un aumentodella sicurezza in un bacino marittimo così delicato dalpunto di vista ambientale e già fortemente alterato.

La nuova normativa europeaLe principali innovazioni introdotte dall’UE rispetto

al programma dell’IMO (regolamento 13) possono esse-re riassunte dalla tab. 10. Un altro aspetto innovativo con-cerne il sistema dei controlli (tab. 11). In generale l’en-trata in vigore della nuova disciplina prevede regole moltosimili a quelle già adottate dagli USA: forte valenza poli-tica e possibile generalizzazione delle regole UE.

La proposta, presentata dalla Commissione dell’UEall’IMO in data 10 aprile 2003, costituisce un emenda-mento al regolamento IMO 13G dell’allegato 1 dellaMarpol (73/78; MEPC 49/16/1). L’attuazione delle normeeuropee è in corso e non sono del tutto assenti probleminell’applicazione contemporanea e omogenea in tutti ipaesi membri, condizione necessaria affinché non ne sialimitata l’efficacia.

Già nel febbraio del 2003, prima dell’approvazionedel nuovo regolamento europeo ma in applicazione delledirettive Erika 1, il governo italiano aveva disposto ildivieto di accesso ai porti nazionali, oltre che ai termi-nali offshore e alle zone di ancoraggio nelle acque ter-ritoriali italiane, a tutte le navi cisterna di stazza lordasuperiore alle 5.000 tpl che non disponessero di doppioscafo, avessero un’età superiore ai 15 anni e trasportas-sero «combustibile pesante, oli usati, greggio pesante,

850 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

tab. 10. Quadro sinottico della nuova regolamentazione UE

Tipo di nave* Cargo Regole Nuove regole Dataesistenti proposte di applicazione

Navi con scafo singolo, Heavy grades of oil Attualmente Bando dai porti UE. Immediatamente,battenti qualsiasi bandiera: (oli combustibili non esistono Ogni trasporto dal giorno di entratacategoria 1 pesanti, greggi pesanti, regole di petrolio o prodotti in vigore del nuovocategoria 2 oli esausti, bitume petroliferi pesanti per regolamentocategoria 3 e residui) o dai porti europei,

terminali offshore Anno 2008 per le navio aree di ancoraggio tra 600 e 5.000 tpl

. dovrà essere effettuatocon navi a doppio scafo, indipendentementedalla bandiera battuta

Navi con scafo singolo, Tutti i greggi e i prodotti Bando Bando dai porti UE Età limite tra 23 e 28battenti qualsiasi bandiera petroliferi (all grades dai porti UE anni, con scadenza

of oil) 2005 (categoria 1) eEtà limite tra 26 2010 (categorie 2 e 3)

e 30 anni,scadenza 2007 Per le navi con struttura(categoria 1), rinforzata è prevista,scadenza 2015 come nella legislazione(categorie 2 e 3) USA, una scadenza più

ampia (2015, o 25 annidi età)

*Si tratta della stessa classificazione adottata dall’IMO e mutuata dall’UE già nel precedente regolamento (EC) n. 417/2002

Page 23: 7.2 Trasporto di greggio via mare...7.2.1 Introduzione Nell’ambito delle attività di esplorazione, sviluppo e pro-duzione (upstream) le fasi di produzione e trasporto non possono

bitume e catrame» (la definizione di ‘greggio pesante’ siriferisce a prodotti con un grado API inferiore a 25,7).

Previsioni nel breve termine delle principalicorrenti mediterranee di traffico

Una stima del volume di traffico petrolifero nel Medi-terraneo deve tener conto innanzi tutto della rete di tra-sporto che dai giacimenti mediorientali porta il greggioai terminali costieri e delle modificazioni in corso dellastessa rete. La capacità di trasporto della rete con sboc-co sul Mediterraneo, realizzata in passato e in corso diriattivazione e potenziamento a partire dalla SecondaGuerra del Golfo, ha trasformato il carattere strategicodell’accesso al Golfo Persico attraverso le Stretto diOrmuz. Le recenti vicende belliche, così come i prece-denti conflitti nell’area, ne hanno momentaneamente ral-lentato l’utilizzo, modificando anche l’importanza rela-tiva dei diversi comparti della rete, ma non hanno arre-stato la tendenza complessiva alla crescita nel lungoperiodo. L’ultima tessera di un mosaico in evoluzione ècostituita dall’oleodotto che dovrebbe collegare la costasiriana con la parte nord-occidentale dell’Iraq (si trattadi un progetto franco-russo).

Oggi è stimabile che nel Mediterraneo, attraverso ilBosforo e i terminali degli oleodotti mediorientali, pos-sano transitare circa 6 milioni di barili/giorno. Se si tieneconto anche del volume di esportazione del greggio libi-co, algerino e tunisino (a prescindere dalla sua destina-zione), la movimentazione nel Mediterraneo di greggioproveniente da Medio Oriente e Africa settentrionaledovrebbe essere superiore agli 8 milioni di barili/giorno(circa 400 milioni di t/anno) e potrebbe avvicinarsi, inlinea con le previsioni di crescita della domanda mondia-le, ai 10 milioni di barili/giorno nel prossimo decennio.

Ad analoghe conclusioni si può pervenire seguendoun’altra via. Prendendo in considerazione i dati relativialle direzioni di trasporto in condotta e alle rotte di petro-lio greggio tra un certo numero di aree economiche, e

individuando così i percorsi dei principali flussi, si puòstimare la movimentazione che interessa il Mediterra-neo. Per la stima degli scambi relativi sia al greggio siaai prodotti, così come per il gas, è rilevante l’area medi-terranea allargata, tenendo conto delle trasformazioni inatto degli scambi e del traffico petroliferi, delle pro-spettive delle rotte mediterranee per i porti statunitensi,della produzione mediorientale di gas naturale, della retedi oleodotti e di gasdotti e del sistema di raffinerie chesi affacciano sul Mediterraneo.

La tab. 12 illustra una stima della movimentazionedi petrolio nel Mediterraneo, effettuata sulla base dei datipiù recenti disponibili (aggiornati al 2002), e utilizzan-do alcune ipotesi ragionevoli, relative alla ripartizionedei flussi di traffico petrolifero verso l’Europa e dalMedio Oriente agli USA. Le variabili più problematichein questo tipo di stima – e tanto più nelle previsioni –sono quelle concernenti il volume delle importazioninegli Stati Uniti dal Medio Oriente e le rotte attraversole quali tali importazioni sono e saranno effettuate.

Degli attuali 17 milioni di barili/giorno di originemediorientale, 2-2,4 milioni sono destinati agli USA. Diquesti ultimi, con margine di incertezza, si può affer-mare che transitano nel Mediterraneo circa 0,5 milionidi barili/giorno. Nella tabella sono riportate due diversestime: nella prima si considerano soprattutto i flussi pro-venienti dal Medio Oriente e dall’Africa settentrionalementre è minimizzata l’importanza di altri flussi mino-ri; la quantità di greggio movimentata supera i 6,5 milio-ni di barili/giorno. Nella seconda ipotesi, che invece con-sidera tutti i flussi di trasporto e in particolare l’approv-vigionamento massimo per quanto riguarda gli USA –ma che pure potrebbe risultare approssimata per difetto– si supererebbero gli 8 milioni di barili/giorno, che sem-bra coerente con le tendenze dei consumi mondiali, conil recente aumento della dipendenza statunitense dalpetrolio mediorientale e con il potenziamento in atto dellarete di oleodotti con terminali sul Mediterraneo.

851VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

tab. 11. Applicazione di regole di controllo (CAS - Condition Assessment Scheme)

Tipo di nave* Cargo Regole Nuove regole Dataesistenti proposte di applicazione

Navi con scafo singolo, Heavy grades of oil Controllo Controllo obbligatorio A partire dal 2005 battenti qualsiasi bandiera (oli combustibili obbligatorio all’ingresso dei porti UE per navi con 15

pesanti, greggi pesanti, all’ingresso per le categorie 2 e 3 o più anni di etàoli esausti, bitume dei porti UE: (la categoria 1 èe residui) categoria 1 ormai bandita)

a partire dal 2007categoria 2 a partire dal 2010categoria 3esente

*Si tratta della stessa classificazione adottata dall’IMO e mutuata dall’UE già nel precedente regolamento (EC) n. 417/2002

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In conclusione, anche in questo modo si arriva a unastima del petrolio che transita nel Mediterraneo dell’or-dine di 8 milioni di barili/giorno. A questo volume ditraffico va aggiunto il trasporto di prodotti petroliferi, didimensione tutt’altro che trascurabile, anche in consi-derazione del fatto che la capacità di raffinazione sullecoste mediterranee costituisce una quota crescente dellacapacità di raffinazione mondiale.

Strutture portualiLa situazione dei porti e dei terminali petroliferi loca-

lizzati nei paesi sul Mediterraneo presenta elementi dirischio, dovuti sia all’elevato volume di traffico che inte-ressa il carico e lo scarico di idrocarburi nell’insiemedella rete portuale e alla forte concentrazione di questonei porti di maggiore capacità, sia all’inadeguata dispo-nibilità di attrezzature necessarie per la ricezione e il trat-tamento delle zavorre oleose, in molti casi addiritturaassente.

Da una ricerca svolta su cinquantadue porti e termi-nali petroliferi in undici paesi del Mediterraneo, solodiciassette di essi risultavano provvisti delle necessarieattrezzature per la ricezione e il trattamento delle zavor-re oleose, mentre i rimanenti trentacinque erano ancoradel tutto inadeguati o addirittura in molti casi sprovvistidella richiesta capacità di stoccaggio.

Nonostante i progressi compiuti negli anni più recen-ti, la carenza delle attrezzature nei porti resta un proble-ma cruciale. Secondo i dati forniti da una inchiesta, la

maggior parte dei porti (non solo mediterranei) conti-nua a offrire servizi inadeguati. I costi di investimentoprevisti per i diversi paesi mediterranei in cui sono loca-lizzati i trentacinque porti presi in considerazione e anco-ra da attrezzare o con installazioni da completare eranostati stimati in 132,62 milioni di dollari, secondo i datiriportati nella tab. 13.

Tra i diversi tipi di investimento la somma era cosìsuddivisa: 124,66 milioni per costruzione di nuoveinstallazioni di ricezione, inclusi serbatoi di stoccag-gio e trattamento primario e secondario; 7,31 milioni

852 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS

tab. 12. Stima della movimentazione del petrolio greggio nel Mediterraneo nel 2002(migliaia di barili/giorno) (Bilardo e Mureddu, 2005)

ProvenienzaDestinazione

Europa USA Africa Oriente Altri paesi Ignota Totale

Medio Oriente 3.700 178 0 3.878Africa settentrionale 2.200 270 30 2.500ex URSS 100 0 0 100Africa occidentale 90 0 90America Latina 35 0 0 35altre aree 125 0 0 50 175

Totale 6.250 448 30 50 6.778

Medio Oriente 3.700 710 0 4.410Africa settentrionale 2.200 270 30 2.500ex URSS 400 0 0 400Africa occidentale 450 0 450America Latina 210 0 0 210altre aree 200 0 0 100 300

Totale 7.160 980 30 100 8.270

Ipotesi bassa

Ipotesi alta

tab. 13. Costi di investimento previsti per i porti dei diversi paesi mediterranei

Stato Milioni di dollari

Cipro 0,88Egitto 2,74Francia 1,55Grecia 6,15Israele 0,55Italia 47,40Libano 35,53Marocco 1,22Siria 33,95Spagna 1,35Turchia 1,30

Totale 132,62

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per integrazione di trattamento secondario; 0,65 milio-ni per altri investimenti.

La lentezza nell’adeguamento agli standard di sicu-rezza ufficialmente accettati è causata non soltanto dal-l’elevato costo di investimento da fronteggiare, maanche dal problema non secondario di dover procede-re allo stoccaggio e al trattamento dei residui di scari-co: mentre alcuni residui di idrocarburi possono esse-re economicamente riciclati, per altri tipi di residui,spesso tossici, le difficoltà non sono superabili né facil-mente, né senza costi elevati (Drewry Shipping Con-sultants, 1991a).

Gli investimenti necessari sia per dotare di adeguateattrezzature di sicurezza i porti e la rete dei depositi costie-ri, sia per realizzare gli impianti di stoccaggio e di riciclodegli scarichi non sono realizzabili senza un programmadi ampie proporzioni. Tale programma non può essereimprovvisato sulla spinta di reazioni emotive, ma devecontenere scelte precise di lungo periodo e va coordina-to, se non altro a livello nazionale. Gli investimenti neces-sari – di ampiezza considerevole e richiedenti ingenti finan-ziamenti – coinvolgono interessi generali e concernonol’assetto del territorio nel suo insieme; di essi non posso-no farsi carico soltanto gli operatori del settore.

Modifiche delle convenzioni internazionali sulla sicurezza della flotta petrolifera

Per quanto riguarda la sicurezza della navigazione,una linea proponibile appare – oltre alla individuazionedi possibili canali attraverso i quali possono farsi valeregaranzie di controllo e intervento coordinato in tutta l’a-rea mediterranea (tra i casi più difficili, la Libia, la Tuni-sia e l’Algeria interessano più da vicino l’Italia) – quel-la di negoziare innovazioni che impongano caratteristi-che tecniche o limiti di età alle navi cisterna cheattraversano il Mediterraneo, sempre nell’ambito di unaprospettiva di ammodernamento della flotta petroliferasu tutte le rotte.

Dal punto di vista normativo, un’azione in tal sensopotrebbe essere avviata attraverso modifiche delle con-venzioni internazionali esistenti, rivolte a rendere piùrestrittive le norme di sicurezza della flotta petroliferain generale e di quella che attraversa il Mar Mediterra-neo in particolare.

L’adozione di maggiori restrizioni (per esempio, lazavorra segregata) comporterebbe in pratica il rinnova-mento di un’ampia quota della flotta esistente, con impli-cazioni economiche di tipo e di ampiezza vicini a quel-li già indicati. In particolare, ciò potrebbe avvenire attra-verso modifiche alla Marpol, anche se la lunga stradapercorsa dalla definizione e dall’applicazione di questaconvenzione – pur se limitata nei contenuti e non accet-tata da tutti i paesi del Mediterraneo – è una indicazio-ne abbastanza eloquente delle difficoltà che si possonoincontrare.

Non va comunque dimenticato che lo scenario che sipuò prefigurare intorno a un’ipotesi di rinnovamento for-zato della flotta petrolifera sarebbe contrassegnato, oltreche da un enorme fabbisogno di finanziamento dell’in-vestimento necessario, anche da effetti di forte condi-zionamento dell’approvvigionamento e dei prezzi. Ancheammesso che le petroliere di piccola e media capacità ditrasporto vengano chiamate a svolgere servizio sulle lun-ghe rotte, sarà ugualmente inevitabile subire una forteriduzione della quota del volume di greggio movimen-tato sulle grandi distanze. Per evitare che il conseguen-te aumento dei noli e quindi l’aggiustamento verso l’al-to dei prezzi del petrolio possano creare una vera e pro-pria terza crisi, occorre pertanto che la ristrutturazionedella flotta petrolifera mondiale avvenga con gradualità;sia sostenuta da un coordinamento internazionale nelledecisioni in tema di finanziamento degli investimenti,con il coinvolgimento diretto della finanza, degli arma-tori, dei cantieri e dei governi; si accompagni a condi-zioni non conflittuali sul mercato del petrolio.

Sul piano dell’iniziativa politica potrebbero fare laprima mossa i governi europei; anche i governi di altripaesi e regioni più direttamente coinvolti nelle importa-zioni di petrolio – in particolare USA e Giappone – potreb-bero tuttavia essere interessati a promuovere un’intesaper aumentare la sicurezza della navigazione senza crea-re disparità pericolose tra area e area.

Non ci sarebbe molto da meravigliarsi se i maggio-ri vincoli imposti dalle nuove norme USA avessero comeprincipale risultato un dispiegamento dualistico dellaflotta petrolifera: le navi migliori sulle rotte dirette negliUSA, le meno sicure sulle altre rotte; oppure – scenarionon meno inquietante – la costituzione di microflotte(one company, one ship) per l’approdo nei porti ameri-cani, con eventuali trasbordi di greggio al largo. Sullabase di quanto detto, un’iniziativa più limitata, ma conrisultati pratici immediati, potrebbe essere costituita dal-l’impegno delle imprese petrolifere europee a non uti-lizzare navi senza adeguati requisiti di sicurezza.

In realtà il rischio di incidenti è fortemente correlatoal permanere in circolazione di un certo numero di naviassolutamente inaffidabili (la Haven dell’incidente diGenova era una di queste), le quali, continuando a esse-re tollerate, trovano sempre qualche operatore attratto daibassi costi, anche se con maggiori rischi per sé e per glialtri. Queste navi pericolose sono ben note agli operato-ri del settore e non sarebbe difficile stilarne una lista.

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853VOLUME I / ESPLORAZIONE, PRODUZIONE E TRASPORTO

TRASPORTO DI GREGGIO VIA MARE

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Claudio AlimontiDipartimento di Ingegneria Chimica, dei Materiali,

delle Materie Prime e MetallurgiaUniversità degli Studi di Roma ‘La Sapienza’

Roma, Italia

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TRASPORTO IDROCARBURI E STOCCAGGIO GAS