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ISSN 1593-7305 N. 1 GENNAIO 2015 Anno XXX RIVISTA MENSILE de Le Nuove Leggi Civili Commentate LA NUOVA GIURISPRUDENZA CIVILE COMMENTATA a cura di Guido Alpa e Paolo Zatti Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.a. - Sped. in abb. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano La Rivista contribuisce a sostenere la ricerca giusprivatistica nell’Università di Padova PAOLO BENCIOLINI «Obiezione di coscienza»?

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ISSN 1593-7305N. 1 GENNAIO 2015 • Anno XXX RIVISTA MENSILEde Le Nuove Leggi Civili Commentate

LA NUOVAGIURISPRUDENZA

CIVILECOMMENTATA

a cura di Guido Alpa e Paolo Zatti

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PAOLO BENCIOLINI

«Obiezione di coscienza»?

CONS. STATO, III sez., 2.9.2014, n. 4460Conf. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III,26.1.2009, n. 214

Personalità (diritti della) - Diritto

alla salute - Nozione di «cura» - Di-

mensione personale - Rilevanza -

Principio autoritativo - Esclusione

(Cost., artt. 2, 3, 13, 32) (a)

Personalità (diritti della) - Diritto

alla salute - Decisione terapeutica -

Autodeterminazione del paziente -

Beneficialità della cura - Dimensio-

ne personale - Diritto al rifiuto di

cure salvavita - Sussistenza (Cost., artt.2, 3, 13, 32) (b)

Personalità (diritti della) - Diritto

alla salute - Rifiuto di cure - Obbli-

ghi della p.a. (artt. 2, 3, 13, 32 Cost.) (c)

Giurisdizione civile - Giurisdizione

amministrativa - Diritti fondamenta-

li - Lesione da parte della p.a. - Crite-

ri di ripartizione (Cost., artt. 2 e 32; l.20.3.1865, n. 2248, all. E, art. 2; d. legis. 31.3.1998,n. 80, art. 33, comma 2o, lett. e); cod. proc. amm.,art. 7) (d)

Personalità (diritti della) - Diritto

al rifiuto di cure - Obblighi della

p.a. - Contenuto - Obiezione di co-

scienza - Rilevanza - Esclusione (artt. 2,3, 13, 32 Cost.) (e)

(a) La «cura» non è un principio autorita-tivo ma si declina e si struttura, secondoun fondamentale principium individuatio-nis che è espressione del valore personali-stico tutelato dalla Costituzione, in baseai bisogni, alle richieste, alle aspettative,alla concezione stessa che della vita ha ilpaziente. Perciò nessuna visione della ma-lattia e della salute, della sofferenza e cor-relativamente della cura, per quanto mo-ralmente elevata o scientificamente accet-tata, può essere contrapposta o, addirittu-ra, sovrapposta e comunque legittima-mente opposta dallo Stato o dall’ammini-strazione sanitaria o da qualsivoglia altro

soggetto pubblico o privato alla cognizio-ne che della propria sofferenza e, correla-tivamente, della propria cura ha il singolomalato.

(b) La decisione terapeutica ha nel con-senso informato e nell’autodeterminazio-ne del paziente il suo principio e la sua fi-ne, poiché è il paziente, il singolo pazien-te, e non un astratto concetto di cura, dibene, di «beneficialità», il valore primo edultimo che l’intervento medico deve salva-guardare. Proprio per questa sua insop-primibile e inviolabile dimensione intimae individuale, che muove dalla pura co-scienza di sé, del proprio corpo e dellapropria individualità, il diritto alla autode-terminazione terapeutica del paziente nonpuò incontrare un limite, di fatto o di di-ritto, nemmeno allorché da esso conseguail sacrificio del bene della vita.

(c) A fronte del diritto, inviolabile, che ilpaziente ha di rifiutare le cure, interrom-pendo il trattamento sanitario non (più)voluto, sta correlativamente l’obbligo, daparte dell’Amministrazione sanitaria, diattivarsi e di attrezzarsi perché tale dirittopossa essere concretamente esercitato.Non può dunque l’Amministrazione sani-taria sottrarsi al suo obbligo di curare ilmalato e di accettarne il ricovero, anche diquello che rifiuti un determinato tratta-mento sanitario nella consapevolezza del-la certa conseguente morte, adducendouna propria ed autoritativa visione dellacura o della prestazione sanitaria che, intermini di necessaria beneficialità, con-templi e consenta solo la prosecuzionedella vita e non, invece, l’accettazione del-la morte da parte del consapevole pazien-te; né subordinare il ricovero del malatoalla sola accettazione delle cure.

(d) Laddove l’Amministrazione vulneriun diritto fondamentale del privato conun mero comportamento materiale o conuna mera inerzia, non legati in alcun mo-do, nemmeno mediato, all’esercizio di unpotere, tale violazione di diritto soggetti-vo rientra nella cognizione del giudice or-

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c

dinario, al quale compete la tutela di tuttii rapporti tra il privato e l’Amministrazio-ne nei quali quest’ultima non abbia assun-to la veste di autorità, bensì abbia svoltoun ruolo paritetico, a seconda dei casi, dicontraente o di danneggiante o, comun-que, di soggetto assimilabile a qualsivo-glia parte di un normale rapporto giuridi-co «iure privatorum». Quando invecel’Amministrazione pretenda di incideresul rapporto mediante l’esercizio di unpotere pubblicistico, la situazione del pri-vato che «dialoga» col potere e vi si con-trappone assume la configurazione del-l’interesse legittimo, tutelabile avanti algiudice amministrativo. Il sostrato sostan-ziale della situazione giuridica soggettivaè quindi sempre il medesimo e non è de-gradato dall’esercizio del potere né, perconverso, potenziato dal ruolo di superdi-ritto o diritto non affievolibile.

(e) Il rifiuto opposto dalla Regione di farsospendere, ad una propria strutturaospedaliera, l’alimentazione artificiale diuna paziente in stato vegetativo perma-nente, su richiesta del suo tutore, nonpuò giustificarsi con ragioni attinenti al-l’obiezione di coscienza, poiché spetta al-la legge disciplinare compiutamente lemodalità e i limiti entro i quali possonoassumere rilevanza i convincimenti intimidel singolo medico, ferma la necessitàche la struttura ospedaliera garantisca,comunque, la doverosità del satisfacereofficio.

dal testo:

Il fatto. 1. (Omissis), nella sua qualità di tu-tore di (Omissis), impugnava avanti al T.A.R.Lombardia la nota della Regione Lombardia(Omissis) del 3.9.2008, con la quale il DirettoreGenerale della Direzione Generale Sanità re-spingeva la richiesta, formulata dal predettocon atto di significazione e diffida del19.8.2008, che la Regione mettesse a disposi-zione una struttura per il distacco del sondinonaso-gastrico che alimentava e idratava artifi-

cialmente la predetta (Omissis) in stato di co-ma vegetativo permanente, in seguito all’auto-rizzazione rilasciata dalla Corte di Appello diMilano, con decreto del 9.7.2008, nel giudiziodi rinvio disposto dalla Corte di Cassazione,sez. I, 16.10.2007, n. 21748, e in sede di recla-mo contro provvedimento del giudice tutelaredel Tribunale di Lecco.

2. Nell’impugnato provvedimento la Regio-ne Lombardia, pur manifestando sentimenti disolidarietà e vicinanza al tutore per quanto sta-va accadendo alla sua famiglia, con la predettanota respingeva la richiesta del tutore, “inquanto le strutture sanitarie sono deputate allapresa in carico diagnostico-assistenziale dei pa-zienti” e in tali strutture, hospice compresi, de-ve essere garantita l’assistenza di base che si so-stanzia nella nutrizione, idratazione e accudi-mento delle persone e, in particolare, negli ho-spice possono essere accolti solo malati in faseterminale.

3. La nota aggiungeva che il personale sani-tario che avesse proceduto, in una delle strut-ture del Servizio Sanitario, alla sospensionedell’idratazione e alimentazione artificiale sa-rebbe venuto meno ai propri obblighi profes-sionali e di servizio, anche in considerazionedel fatto che il provvedimento giurisdizionale,di cui si chiedeva l’esecuzione, non contenevaun obbligo formale di adempiere a carico disoggetti o enti individuati.

4. Avverso tale decisione proponeva ricorsoavanti al T.A.R. Lombardia il predetto tutore,deducendo, con un unico motivo, la violazionee la falsa applicazione degli artt. 2, 13, 32 e 33,comma primo, Cost., e in special modo degliartt. 1, 7, 11 e 25 e ss. della l. 833/1978, in re-lazione agli artt. 24, 101, 102, 111 e 117 Cost. eai principi sull’esecuzione dei provvedimentigiurisdizionali, l’illogicità manifesta e la mani-festa irragionevolezza, lo sviamento e l’eccessodi potere.

5. Il ricorrente lamentava che il provvedi-mento impugnato sostanziasse un autentico“atto di ribellione” della Regione Lombardia aldiritto, come sancito da un pronunciamentogiurisdizionale, quale quello della Corte di Ap-pello di Milano, sin dal 9.7.2008 esecutivo e or-mai divenuto anche inoppugnabile, per l’esserestata respinta ogni impugnativa contro il mede-simo proposta tanto avanti alla Corte costitu-

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zionale quanto dinanzi alla Corte di Cassazio-ne.

6. La Regione Lombardia, quale ente istitu-zionalmente e costituzionalmente competenteper i servizi sanitari nonché per il coordina-mento e la programmazione degli stessi, ha laresponsabilità di assicurare le cure e, dunque,anche l’interruzione delle stesse, in conformitàdei pronunciamenti giudiziari, e ciò per la ge-neralità dei pazienti che, come (Omissis), eranoin carico al Servizio Sanitario Regionale.

7. Assumeva ancora il ricorrente che sareb-be comunque abnorme e manifestamente lesi-vo della libertà dell’esercizio della professiona-le intellettuale, anche agli effetti dell’art. 33,comma 1, Cost., oltre che del diritto alla salutedi cui all’art. 32 Cost., che un organo ammini-strativo della Regione stabilisse quali fosserogli obblighi professionali del medico in riferi-mento a cure e trattamenti da praticarsi ad unsingolo paziente, poiché ciascuno, adottandotale ordine d’idee, potrebbe vedersi elargiti onegati dal “suo” medico trattamenti sanitari ocure ad arbitrio dell’Amministrazione.

8. Il rifiuto assoluto della Regione Lombar-dia, e delle strutture sanitarie da essa program-mate e coordinate nell’ambito del servizio pub-blico, a collaborare all’esecuzione di un prov-vedimento giurisdizionale esecutivo, dovevaquindi, ad avviso del ricorrente, ritenersi gra-vemente illegittimo, anche dal punto di vistadell’art. 388, comma secondo, c.p. o di altrenorme penali che sanzionano l’elusione o laviolazione delle decisioni giudiziarie.

9. Il ricorrente chiedeva quindi al T.A.R.lombardo di annullare l’atto impugnato, con-dannando l’Amministrazione al risarcimentodel danno.

10. Si costituivano nel giudizio di prime cu-re la Regione Lombardia, eccependo il difettodi giurisdizione del g.a. e comunque, nel meri-to, resistendo al ricorso, nonché la curatricespeciale dell’interdetta, Avv. Franca Alessio,aderendo al ricorso medesimo.

11. Con successiva istanza cautelare, deposi-tata il 30.12.2008, il ricorrente domandava ido-nea tutela cautelare, volta ad assicurare l’esecu-zione del decreto della Corte d’Appello di Mi-lano.

12. Nella camera di consiglio del 22.1.2009,fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il

T.A.R. Lombardia, ritenuto di poter deciderela controversia in forma semplificata, ai sensidell’art. 26 della l. 1034/1971 al tempo vigente,stante anche la rinuncia alla domanda risarcito-ria proposta dal ricorrente, tratteneva la causain decisione.

13. Il T.A.R. Lombardia, con sentenza n.214 del 26.1.2009, accoglieva il ricorso di(Omissis) e annullava il provvedimento impu-gnato.

14. Il T.A.R. riteneva anzitutto sussistente lapropria giurisdizione (Omissis).

15. Nel merito il T.A.R. stigmatizzava ilprovvedimento impugnato, per aver esso ille-gittimamente vulnerato il diritto costituzionaledi rifiutare le cure, siccome riconosciuto ad(Omissis) dalla sentenza della Cass., sez. I,16.10.2007, n. 21748, quale diritto di libertàassoluto, il cui dovere di rispetto si impone er-ga omnes, nei confronti di chiunque intratten-ga con l’ammalato il rapporto di cura, non im-porta se operante all’interno di una strutturasanitaria pubblica o privata.

(Omissis)17. L’Amministrazione Sanitaria, confor-

mandosi alla sentenza, avrebbe dovuto, in os-sequio ai principi di legalità, buon andamento,imparzialità e correttezza, indicare la strutturasanitaria dotata dei requisiti strutturali, tecno-logici e organizzativi, tali da renderla “confa-cente” agli interventi e alle prestazioni stru-mentali all’esercizio della libertà costituzionaledi rifiutare le cure, al fine di evitare all’amma-lata o al tutore o curatore di lei, nel suo interes-se, di indagare quale struttura sanitaria sia me-glio equipaggiata al riguardo.

18. (Omissis), frattanto, decedeva ad Udineil 9.2.2009.

19. Avverso la sentenza del T.A.R. lombar-do ha comunque proposto appello la RegioneLombardia, chiedendo al Consiglio di Stato diannullare e/o riformare l’appellata sentenza,previa – se del caso – sollevazione dell’eccepitaquestione di legittimità costituzionale degliartt. 51 e 52 c.p.c. per violazione degli artt. 111e 117, comma primo, Cost.

20. La Regione Lombardia, nell’affermare ilproprio perdurante interesse alla decisione del-la controversia, ha proposto quattro motivi dicensura: 1) l’assenza di imparzialità del giudicedi primo grado e la nullità della sentenza impu-

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gnata o, in subordine, la questione di legittimitàcostituzionale degli artt. 51 e 52 c.p.c.; 2) il di-fetto di giurisdizione del giudice amministrati-vo a conoscere della presente controversia; 3) laillegittimità della sentenza per violazione dellanormativa in materia di erogazione dei servizisanitari e per illogicità e contraddittorietà dellamotivazione; 4) la illegittimità della sentenzaper erronea interpretazione del decreto dellaCorte d’Appello di Milano del 9.7.2008.

21. Si è costituito l’appellato, (Omissis), do-mandando di dichiarare inammissibile e, co-munque, di respingere l’avversario gravame esi è costituita, altresì, la curatrice speciale di(Omissis), opponendosi anch’ella all’accogli-mento dell’appello.

22. Nella pubblica udienza del 17.7.2014 ilCollegio, uditi i difensori delle parti, ha tratte-nuto la causa in decisione.

I motivi. (Omissis) 21.2. (...) sul punto dellagiurisdizione, il T.A.R. lombardo ha affermatoche sussiste, “senza alcun dubbio” (p. 2 del-l’impugnata sentenza), la giurisdizione rationemateriae del giudice amministrativo, ai sensidell’art. 33 del d. lgs. 80/1998, poiché si verte econtroverte in ipotesi di giurisdizione esclusiva.

21.3. Secondo il primo giudice la valutazio-ne dell’amministrazione regionale, in qualità disoggetto titolare della funzione amministrativadi organizzazione del servizio pubblico sanita-rio regionale, avente ad oggetto l’identificazio-ne dei compiti allo stesso pertinenti, si inseri-sce in una fase del rapporto amministrativo at-tinente al momento prettamente organizzativodel servizio pubblico, concretantesi nello svol-gimento del potere ad esso assegnato.

21.4. Nessun rilievo, sul punto, può avere –secondo il T.A.R. – una qualsivoglia considera-zione sul “formante di diritto soggettivo o sulrango costituzionale della posizione soggettivadedotta” (p. 2 dell’impugnata sentenza), dalmomento che, anche in materia di diritti fon-damentali tutelati dalla Costituzione, ove siversi nelle materie riservate alla giurisdizioneesclusiva (come appunto, ed esemplarmentenel caso di specie, per un servizio pubblico),compete al giudice amministrativo, quale giu-dice naturale della legittimità dell’esercizio del-la funzione pubblica, la cognizione delle relati-ve controversie in ordine alla sussistenza dei

diritti vantati ed al contemperamento deglistessi con l’interesse generale pubblico, sempreche la loro incisione sia dedotta come effetto diuna manifestazione di volontà o di un compor-tamento materiale, espressione di poteri auto-ritativi, di cui si denunci la contrarietà alla leg-ge (Cass., Sez. Un., 28.12.2007, n. 27187).

21.5. Tale sentenza delle Sezioni Unite,menzionata dal primo giudice, ha affermato ilfondamentale principio di diritto che anche inmateria di diritti fondamentali tutelati dallaCostituzione, quali il diritto alla salute (art. 32Cost.), allorché la loro lesione sia dedotta comeeffetto di un comportamento materiale, espres-sione di poteri autoritativi e conseguente ad at-ti della p.a. di cui sia denunciata l’illegittimità,in materie riservate alla giurisdizione esclusivadei giudici amministrativi, come ad esempio inquella di gestione del territorio, compete a det-ti giudici la cognizione esclusiva delle relativecontroversie e circa la sussistenza in concretodei diritti vantati e il contemperamento o la li-mitazione dei suddetti diritti in rapporto all’in-teresse generale pubblico all’ambiente salubree la emissione di ogni provvedimento cautela-re, per assicurare provvisoriamente gli effettidella futura decisione finale sulle richieste ini-bitorie, demolitorie ed eventualmente risarci-torie dei soggetti che deducono di essere dan-neggiati da detti comportamenti o provvedi-menti.

21.6. Il T.A.R. richiama anche il precedentedella Corte costituzionale che, nella sentenza n.140 del 27.4.2007, ha chiarito che l’orienta-mento espresso dalle Sezioni Unite della Cortedi Cassazione, circa la sussistenza della giuri-sdizione del giudice ordinario in presenza dialcuni diritti assolutamente prioritari (tra cuiquello alla salute), risulta enunciato in ipotesiin cui venivano in considerazione meri com-portamenti della pubblica amministrazione e,pertanto, esso è coerente con la sentenza n. 191del 2006, con la quale la stessa Corte costitu-zionale ha escluso dalla giurisdizione esclusivala cognizione del risarcimento del danno con-seguente a meri comportamenti della pubblicaamministrazione, mentre nel caso in esame, in-vece, si tratta di specifici provvedimenti o pro-cedimenti “tipizzati” normativamente, sicchéla giurisdizione del g.a. sussiste.

21.7. La sentenza impugnata perviene, così,

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alla conclusione che nella presente vicenda ilgiudice amministrativo detenga, in definitiva,“tutti i poteri idonei ad assicurare piena tutela,per equivalente o in forma specifica, alla lesio-ne dei diritti fondamentali asseritamente sof-ferta in dipendenza dell’illegittimo eserciziodel potere amministrativo” (p. 3 dell’impugna-ta sentenza).

22. La Regione Lombardia censura la deci-sione del T.A.R. e sostiene l’assunto che l’attoregionale, oggetto di impugnazione, non attie-ne affatto “al momento prettamente organizza-tivo del servizio”, in quanto non era in conte-stazione una modalità di svolgimento del rap-porto controverso, bensì il divieto assoluto, peril Servizio Sanitario Nazionale, di erogare pre-stazioni non previste nei livelli essenziali di as-sistenza (c.d. LEA) e, a contrariis, di non ero-gare l’assistenza di base rappresentata dall’ali-mentazione e dall’idratazione artificiale.

22.1. Quello richiesto dal tutore di (Omis-sis), ad avviso della Regione appellante, sareb-be un trattamento extra ordinem, non previsto,ma anzi vietato dall’ordinamento sanitario e,pertanto, in discussione non sarebbe il correttoesercizio, da parte della Regione, del potere or-dinario di assistenza ad essa attribuito dallalegge, bensì il dovere di rendere comunqueuna prestazione costituente un diritto ricono-sciuto dal giudice civile.

22.2. Deve escludersi, secondo tale tesi, chela domanda azionata dal tutore potesse rientra-re nella giurisdizione esclusiva del T.A.R. inmateria di servizi pubblici, avendo la Corte co-stituzionale, con sentenza n. 362 del 2007, di-chiarato l’illegittimità del comma 1 dell’art. 33del d. lgs. 80/1998 nella parte in cui, con ri-guardo alla materia dei pubblici servizi, affidaalla giurisdizione esclusiva del g.a. “tutte lecontroversie” anziché “le controversie relativea concessioni di pubblici servizi, escluse quelleconcernenti”.

22.3. Il citato art. 33, nel comma 2, lett. e),esclude espressamente dal novero dei rapportisussumibili nella giurisdizione esclusiva, inol-tre, “i rapporti individuali di utenza con sog-getti privati”.

22.4. Sostiene la Regione che non si sarebbeal cospetto di servizi erogabili sulla base di rap-porti convenzionali di diritto pubblico, di ca-rattere concessorio, che radicherebbero la giu-

risdizione esclusiva, ma di una domanda, pro-posta da un privato e tesa a far valere un suopreteso diritto di interruzione (attiva) delle cu-re sugli obblighi (di renderle) da parte del ser-vizio pubblico.

22.5. È possibile affermare, conclude la Re-gione appellante, che vi sia giurisdizione esclu-siva nel caso in cui l’attività della pubblica am-ministrazione debba essere vagliata alla streguadelle norme che regolano l’attività o il serviziopubblico, per statuire la sua legittimità o menoa fronte di regole esistenti, indipendentementedalla natura della situazione giuridica dedotta(diritto soggettivo o interesse legittimo), men-tre si è invece fuori da tale ambito di giurisdi-zione esclusiva quando, come nel caso di spe-cie, la pretesa del privato non assuma, comeparametro di riferimento, l’ordinamento di set-tore – le regole del Servizio Sanitario – bensìquello generale, sostantivo e costituzionale, alfine di far prevalere un diritto soggettivo suidoveri e obblighi della pubblica amministra-zione.

22.6. Trattandosi di un diritto soggettivo“assoluto” e non rientrando la materia – richie-sta di prestazioni non contemplate dai LEA –tra quelle proprie della giurisdizione esclusiva,dunque, la Regione ne deduce che il T.A.R.avrebbe dovuto declinare la propria giurisdi-zione.

23. L’assunto della Regione è infondato, do-vendosi qui riaffermare, al pari del primo giu-dice, la giurisdizione del giudice amministrati-vo sulla presente controversia.

23.1. L’appellante ha inteso negare l’effet-tuazione della richiesta prestazione sanitarianon con la semplice inerzia o con un merocomportamento materiale, agendo “nel fatto”,o adducendo a motivo di tale mancato adempi-mento l’impossibilità tecnica della prestazionerichiesta o un impedimento di ordine fattuale,bensì con l’emanazione di un espresso provve-dimento, a firma del Direttore Generale dellaSanità Lombarda, con il quale essa ha sostenu-to, sulla base di una propria interpretazionegiuridica dell’ordinamento settoriale ed eserci-tando un potere attinente all’organizzazionedel servizio, che le strutture sanitarie sono de-putate alla presa in carico diagnostico-assisten-ziale dei pazienti e non possono procedere, in-vece, alla sospensione dell’alimentazione e del-

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l’idratazione artificiale, anche per la conse-guente responsabilità del personale sanitarioche tale sospensione attuasse per il ritenuto ve-nir meno ai propri obblighi professionali e diservizio.

23.2. La Regione Lombardia, nel denegarela prestazione richiesta mediante il contestatoprovvedimento, ha dunque esercitato un pro-prio potere discrezionale, attinente all’organiz-zazione del servizio sanitario, e l’esercizio di ta-le potere radica la giurisdizione esclusiva delgiudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33,comma 1, del d. lgs. 80/1998 e alla luce diquanto ha chiarito la Corte costituzionale nellasentenza additiva n. 204 del 2004.

24. Non ignora questo Collegio la prevalen-te giurisprudenza delle Sezioni Unite, pur ri-cordata dalla Regione appellante, in materiadei cc.dd. diritti assoluti, incomprimibili e inaf-fievolibili.

24.1. Ha chiarito anche di recente la Supre-ma Corte che le controversie relative a tutte leprestazioni erogate dal Servizio Sanitario Na-zionale – ricorrendo un rapporto obbligatoriotra cittadini e amministrazione, con l’esclusio-ne di un potere autorizzatorio – sono devolutealla competenza del giudice ordinario, ai sensidel criterio generale di riparto delle giurisdi-zioni definito dalla l. 20 marzo 1865, n. 2248,all. E, art. 2, e presupposto dell’art. 442 c.p.c.(v., tra le tante, Cass., Sez. Un., 22.2.2012, n.2570 in Foro amm., C.d.S., 2012, 2, 263), e chesiffatto tipo di controversie non rientra in alcu-na delle ipotesi di giurisdizione esclusiva, maneppure, trattandosi di diritto soggettivo per-fetto, nella giurisprudenza amministrativa dilegittimità.

24.2. Alla base di tale consolidato orienta-mento la sentenza appena citata ha ribaditoche, ai fini del riparto della giurisdizione tragiudice ordinario e giudice amministrativo, lalesione di una specifica pretesa, quale quellafacente capo al diritto alla salute di cui all’art.32 Cost., è sufficiente, sulla base del criteriodel petitum sostanziale, che va identificato so-prattutto in funzione della causa petendi e,cioè, dell’intrinseca natura della posizione de-dotta in giudizio, a far ritenere che la parte,quale assistita dal Servizio Sanitario Regionale,abbia fatto valere un diritto soggettivo, oggettodella tutela garantita dall’art. 32 Cost. in favore

di tutti i cittadini, e che, trattandosi di un dirit-to primario e fondamentale, il pur necessariocontemperamento con altri interessi non vale asottrargli la consistenza di diritto soggettivoperfetto.

24.3. Secondo la Suprema Corte la posizio-ne creditoria correlata al diritto alla salute nonè per sua natura suscettibile di essere affievoli-ta dal potere di autorizzazione o, comunque,dall’esercizio di qualsivoglia potere da partedella pubblica amministrazione.

24.4. Si sarebbe peraltro anche al di fuoridel perimetro della giurisdizione esclusiva, di-segnato dalla Corte costituzionale nella senten-za n. 204 del 2004 relativa all’art. 33, comma 2,lett. e), del d. lgs. 80/1998.

24.5. Analogamente, ad esempio, la Supre-ma Corte ha stabilito che la controversia relati-va al diniego dell’autorizzazione ad effettuarecure specialistiche presso centri di altissimaspecializzazione all’estero appartiene alla giuri-sdizione del g.o., giacché la domanda è direttaa tutelare una posizione di diritto soggettivo –il diritto alla salute – non suscettibile di affie-volimento per effetto della discrezionalità me-ramente tecnica attribuita in materia alla p.a.,senza che rilevi che, in concreto, sia stato chie-sto l’annullamento dell’atto amministrativo, ilquale implica solo un limite interno alle attri-buzioni del g.o., giustificato dal divieto di an-nullamento, revoca o modifica dell’atto ammi-nistrativo ai sensi dell’art. 4, l. 20 marzo 1865,n. 2248, all. E, e non osta alla possibilità per ilgiudice di interpretare la domanda come com-prensiva della richiesta di declaratoria del dirit-to ad ottenere l’autorizzazione ad effettuare lecure all’estero (Cass., Sez. Un., 6.9.2013, n.20577, in Foro amm., C.d.S., 2013, 12, 3324).

25. Pure la giurisprudenza di questo Consi-glio, seppur in riferimento alle spese medichesostenute all’estero, riconosce la teoria dei di-ritti assoluti, declinando la propria giurisdizio-ne (Cons. St., sez. III, 11.7.2011, n. 4156, inForo amm., C.d.S., 2011, 7-8, 2352).

26. Deve tuttavia darsi conto, come del re-sto ha fatto il T.A.R. menzionando la sopra ci-tata sentenza delle Sezioni Unite, 28.12.2007,n. 27187, di un diverso orientamento, seguitoappunto dalle Sezioni Unite, secondo cui taletesi – che si fonda sul presupposto che sui di-ritti fondamentali protetti dalla Costituzione,

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in quanto gli stessi non sono degradabili ad in-teressi legittimi, la p.a. agirebbe sempre in ca-renza assoluta di potere e, quindi, i comporta-menti posti in essere dalla stessa dovrebberosempre essere valutati, perché non fondati sul-l’esercizio di un potere, come attività materialie di mero fatto, riservate alla esclusiva cogni-zione del giudice ordinario – non può esserecondivisa, trattandosi di una tesi sostenibile al-lorché il riparto di giurisdizione si fondavaesclusivamente sulla tradizionale bipartizionetra diritti soggettivi ed interessi legittimi, manon più sostenibile dopo l’entrata in vigore deld. lgs. 80/1998, come modificato dalla l. 205/2000 e ridisegnato dalle sentenze della Cortecostituzionale del 28.4.2004, n. 204, edell’8.3.2006 n. 191.

25.1. A seguito della entrata in vigore di det-ta normativa, infatti, in materia di giurisdizioneesclusiva non rileva più, al fine del riparto dellagiurisdizione tra giudice amministrativo e giu-dice ordinario, la distinzione tra diritti sogget-tivi ed interessi legittimi, anche se vengono inconsiderazione diritti costituzionalmente pro-tetti e non suscettibili di affievolimento ad in-teressi legittimi, ma la distinzione tra compor-tamenti distinzione tra comportamenti ricon-ducibili all’esercizio di pubblici poteri e mericomportamenti, identificabili questi in tuttequelle situazioni in cui la pubblica amministra-zione non esercita – nemmeno mediatamente,e cioè avvalendosi della facoltà di adottarestrumenti intrinsecamente privatistici – alcunpubblico potere.

25.2. In un recente arresto la Cassazione hacosì ribadito il “principio, già affermato daquesta Suprema Corte (cfr. Cass. n. 27187 del2007, resa a sezioni unite), secondo cui anchein materia di diritti fondamentali tutelati dallaCostituzione, quali il diritto alla salute (art. 32Cost.) – allorché la loro lesione sia dedotta co-me effetto di un comportamento materialeespressione di poteri autoritativi e conseguentead atti della p.a. di cui sia denunciata la illegit-timità, in materie riservate alla giurisdizioneesclusiva dei giudici amministrativi, come quel-la della gestione del territorio – compete a dettigiudici la cognizione esclusiva delle relativecontroversie in ordine alla sussistenza in con-creto dei diritti vantati, al contemperamento oalla limitazione di tali diritti in rapporto all’in-

teresse generale pubblico all’ambiente salubre,nonché alla emissione dei relativi provvedi-menti cautelari, che siano necessari per assicu-rare provvisoriamente gli effetti della futuradecisione finale sulle richieste inibitorie, demo-litorie ed eventualmente risarcitorie dei sogget-ti che deducono di essere danneggiati da detticomportamenti o provvedimenti” (Cass., Sez.Un., 5.3.2010, n. 5290, in Dir. proc. amm.,2010, 4, 1370).

25.3. La dottrina, anche nel prendere spun-to da tale pronuncia, non ha mancato di auspi-care che si prosegua in questa direzione e chela giurisprudenza prenda il coraggio di com-piere l’ultimo passo e, abbandonando la teoriadell’indegradabilità, attribuisca finalmente alg.a. il ruolo che gli è assegnato dalla Costitu-zione: quello di titolare del potere di attuarenel giudizio l’effettività dell’ordinamento.

25.4. Tale secondo orientamento, che appa-re preferibile, è del resto avvalorato anche dal-la normativa sopravvenuta – pur non applica-bile ratione temporis alla presente controver-sia, ma recettiva della giurisprudenza costitu-zionale cristallizzatasi nelle sentenze n. 204 del2004 e n. 191 del 2006 – e, in particolare, dalcodice del processo amministrativo, il cui art.7, comma 1, radica la giurisdizione, di legitti-mità ed esclusiva, del g.a. nelle controversie,nelle quali si faccia questione di interessi legit-timi e, nelle particolari materie indicate dallalegge, di diritti soggettivi, concernenti l’eserci-zio o il mancato esercizio del potere ammini-strativo, riguardanti provvedimenti, atti, accor-di o comportamenti riconducibili, anche me-diatamente, all’esercizio di tale potere, posti inessere da pubbliche amministrazioni.

25.5. Non ignora nemmeno il Collegio chein una vicenda amministrativa, che pure pre-senta innegabili e interessanti profili di connes-sione al presente contenzioso, vicenda concer-nente l’impugnazione dell’atto del Ministerodel Lavoro, della Salute e delle Politiche Co-munitarie, con il quale sono state dettate aiPresidenti delle Regioni e delle Province Auto-nome di Trento e Bolzano disposizioni ed indi-rizzi volti a garantire che le strutture sanitariepubbliche e private si uniformino al principiodi garantire sempre la nutrizione e l’idratazio-ne artificiale nei confronti di soggetti in statovegetativo persistente, il T.A.R. Lazio, con la

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sentenza n. 8650 del 12.9.2009 (in Foro amm.,T.A.R., 2009, 2471-2476), ha dichiarato il di-fetto di giurisdizione del giudice amministrati-vo proprio richiamandosi alla teoria dei dirittiindegradabili.

25.6. Non si è mancato tuttavia di osservare,rispetto a tale pronuncia declinatoria della giu-risdizione e, più in generale, in ordine alla teo-ria dei cc.dd. diritti indegradabili, che l’affer-mazione secondo cui taluni diritti non sarebbe-ro suscettibili di affievolimento nel contattocon il potere pubblico, in passato formulata, apartire da Cass., Sez. Un., 9.3.1979, n. 1463,proprio per giustificare interventi del giudiceordinario, ha avuto un effetto boomerang con-tro i titolari di questi diritti, che si troverebbe-ro sprovvisti della tutela demolitoria, sommini-strata dal giudice amministrativo, proprio difronte alle violazioni più gravi di diritti costitu-zionalmente rilevanti.

26. E questo stesso Consiglio, nella sentenzadella sez. VI, 13.2.2006, n. 556, riguardante lapur complessa vicenda dei crocefissi presentinelle aule scolastiche, ha ricordato che “la con-cezione dei diritti ‘perfetti’ o ‘non degradabili’è stata elaborata per riconoscere ulteriori pos-sibilità di tutela per il cittadino, non certo perescludere forme di tutela preesistenti” e che“di conseguenza da tale concezione non si puòdesumere alcuna riduzione della legittimazionea ricorrere avanti al giudice amministrativo”.

27. Ritiene il Collegio che il giudice ammini-strativo, ai sensi dell’art. 33, comma 1, del d.lgs. 80/1998, nel testo risultante dalla pronun-cia della Corte cost. n. 204 del 2004, abbia giu-risdizione esclusiva, in materia di pubblici ser-vizi, allorché l’amministrazione rifiuti la presta-zione sanitaria richiesta dal privato mediantel’esercizio di un potere autoritativo, come è av-venuto nel caso di specie, e all’esito di un pro-cedimento iniziatosi ad istanza di parte.

26.1. Non giova invocare, in senso contra-rio, la categoria dei cc.dd. diritti incomprimibi-li, poiché tale categoria, sviluppata trentacin-que anni or sono, ad opera delle Sezioni Unitedella Cassazione nella sentenza del 9.3.1979, n.1463, in ordine alla localizzazione delle centralinucleari, e successivamente riaffermata dalleSezioni Unite per la tutela di diritti fondamen-tali quali quello alla salute e all’ambiente, haconsentito al giudice ordinario di pronunciarsi

su domande tese ad ottenere sentenza di con-danna nei confronti della pubblica amministra-zione nell’ambito di rapporti segnati dall’ado-zione di provvedimenti amministrativi.

26.2. Il presupposto teorico è che tali diritti,pur nel contatto con il potere pubblico, nonsiano suscettibili di essere degradati ad interes-si legittimi: il provvedimento amministrativonon avrebbe la forza di subordinare interessicosì intimamente legati alla realizzazione dellapersona e a cui l’ordinamento riconosce la pro-tezione più intensa.

26.3. Si è anche detto che l’espansione deipoteri del giudice ordinario nei confronti dellapubblica amministrazione si basa sull’idea cheil provvedimento che incida sui diritti fonda-mentali sia il frutto di uno sconfinamento del-l’Amministrazione dalla sfera di potere attri-buitale dall’ordinamento e delimitata anchedalle garanzie costituzionali delle posizionisoggettive.

26.4. L’Amministrazione che adotti provve-dimenti lesivi di tali diritti agisce, secondo taleimpostazione, “nel fatto” e non è in grado, ap-punto, di affievolirne il contenuto inviolabile eincomprimibile, sicché anche il preteso eserci-zio del potere, da parte dell’Amministrazione,non radicherebbe la giurisdizione del giudiceamministrativo.

26.5. La dottrina dei diritti incomprimibilideve ormai ritenersi priva di un solido e con-vincente sostegno in un’ampia attenta e attentaricognizione del nostro ordinamento e alla lu-ce, soprattutto, dei fondamentali principi affer-mati dalla Corte costituzionale nelle sentenzen. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 in tema di ri-parto di giurisdizione.

26.6. Essa non solo presuppone l’ormai ob-soleta teoria della degradazione, che non è ingrado di descrivere appropriatamente la dina-mica delle situazioni giuridiche soggettive nelconfronto con il pubblico potere, ma non ri-sponde più nemmeno al tradizionale criterioche regola il riparto della giurisdizione e, cioè,il petitum sostanziale e la natura sostanzialedella situazione giuridica soggettiva lesa, crite-rio che, a suo volta, necessita di essere letto ecompreso alla luce delle coordinate interpreta-tive delineate dalla Corte costituzionale.

26.7. La “consistenza” di tale situazione,che radica, a seconda dei casi, la giurisdizione

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del g.o. o del g.a., non può essere aprioristica-mente affermata sulla base dell’astratto suocontenuto od oggetto – la salute o l’ambiente –ma deve essere apprezzata, in concreto e nellamutevole dinamica del rapporto con l’ammini-strazione, rispetto all’esercizio, seppur in for-ma mediata, del pubblico potere.

27. L’esercizio del pubblico potere non “de-grada” la situazione giuridica soggettiva delprivato, con una sorta di capitis deminutio, co-sì come, per converso, la “forza” della situazio-ne giuridica soggettiva non annulla l’eserciziodel potere.

27.1. Il nucleo sostanziale di tale situazionegiuridica soggettiva lesa, diritto soggettivo o in-teresse legittimo, resta il medesimo, sul pianodell’ordinamento generale, e non può essereinciso dall’esercizio del potere, se lo stesso or-dinamento non riconosce all’Amministrazione,per un superiore fine pubblico, la potestà diconformarlo.

27.2. Laddove l’Amministrazione vulneri ta-le situazione del privato con un mero compor-tamento materiale o con una mera inerzia, nonlegati in alcun modo, nemmeno mediato, al-l’esercizio di tale potere, tale situazione di di-ritto soggettivo rientra nella cognizione delgiudice ordinario, al quale compete la tutela ditutti i rapporti tra il privato e l’Amministrazio-ne nei quali quest’ultima non abbia assunto laveste di autorità, bensì abbia svolto un ruoloparitetico, a seconda dei casi, di contraente odi danneggiante o, comunque, di soggetto assi-milabile a qualsivoglia parte di un normale rap-porto giuridico iure privatorum.

27.3. Quando invece l’Amministrazionepretenda di incidere sul rapporto mediantel’esercizio di un potere pubblicistico, la situa-zione del privato che “dialoga” col potere e visi contrappone assume la configurazione del-l’interesse legittimo, tutelabile avanti al giudiceamministrativo.

27.4. Il sostrato sostanziale della situazionegiuridica soggettiva è sempre il medesimo enon è degradato dall’esercizio del potere né,per converso, potenziato dal ruolo di superdi-ritto o diritto inaffievolibile.

28. Diverso è, invece, il modo con il qualel’ordinamento considera e tutela tale situazionea seconda che essa debba misurarsi con un me-ro comportamento dell’Amministrazione o, in-

vece, con un potere attribuito a questa dallalegge per il perseguimento di una determinatafinalità di interesse pubblico.

28.1. L’ordinamento disegna la medesimasituazione secondo “geometrie variabili”, purnella garanzia di uno stesso “nucleo” irriduci-bile, e ciò perché esso, nella sua totalità e nellasua complessità, deve contemperare, su diversie spesso interferenti livelli, molteplici esigenzee proteggere, in un difficile bilanciamento, gliinteressi di diversi attori, pubblici e privati, sa-crificando ora gli uni ora gli altri alla luce didifficili e molteplici valutazioni, anzitutto di ri-lievo e di impatto costituzionale.

28.2. La variabilità o, se si vuole, la conver-tibilità di tali situazioni, rispetto alle quali ap-pare improprio e fuorviante predicare l’esi-stenza di diritti assoluti e “incomprimibili”, sirivela proprio nelle ipotesi di giurisdizioneesclusiva e, in particolare, in quelle materienelle quali la distinzione tra diritto soggettivo einteresse legittimo, proprio per l’intima com-penetrazione e “convertibilità” tra tali situazio-ni, è così intesa e inestricabile che, per ragionidi effettività e di concentrazione della tutelagiurisdizionale, il legislatore ha ritenuto di do-verne affidare la cognizione ad un solo giudice,quello amministrativo, a condizione però, co-me ha ben chiarito la Corte costituzionale, chetale cognizione si fondi sull’esercizio, seppur informa mediata, del potere, ragione vera, primaed ultima, che giustifica la giurisdizione delgiudice amministrativo chiamato a garantire lalegalità nell’azione amministrativa.

28.3. In questo quadro, pertanto, è il con-creto esercizio del potere pubblico a connotarela correlativa situazione del privato e non vice-versa.

28.4. La pretesa natura di “diritto indegra-dabile” non può rendere nullo, tamquam sinon esset, l’esercizio del potere, sì da far affer-mare che l’Amministrazione, a fronte di esso,agisca senza alcuna prerogativa pubblicistica esolo “nel fatto”, poiché il diritto indegradabilenon ha uno statuto “ontologico”, ma implicagià un giudizio di valore, un bilanciamento tragli interessi in gioco, quello, pur fondamentale,fatto valere dal privato e quello tutelato dal-l’Amministrazione con l’esercizio del potere.

29. Discende da queste considerazioni che ildiritto alla salute, di cui il tutore di (Omissis)

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ha inteso far valere l’attuazione con la sua ri-chiesta, volta ad ottenere l’indicazione di unastruttura sanitaria ove ricoverare la figlia per lasospensione del trattamento sanitario, ha in-contrato nel caso di specie l’esercizio di un po-tere autoritativo, da parte della Regione, intesoa negare tale pretesa e che, a fronte di talespendita del pubblico potere, non può che ra-dicarsi la giurisdizione esclusiva del giudiceamministrativo in materia di un pubblico servi-zio come quello sanitario, ai sensi dell’art. 33del d. lgs. 80/1998, indipendentemente dallanatura, pur complessa e variabile per le ragionisopra dette, della situazione giuridica dedotta.

(Omissis)30. In altri termini, per riassumere e conclu-

dere sul punto, sussiste la giurisdizione del giu-dice amministrativo, nel caso di specie esclusi-va ai sensi dell’art. 33, comma 2, lett. f), del d.lgs. 80/1998 applicabile ratione temporis, lad-dove l’Amministrazione, nell’ambito di unpubblico servizio, si contrapponga al privato,come ha inteso fare la Regione Lombardia, as-sumendo la veste autoritativa.

31. Nel merito, tutto ciò premesso sullequestioni pregiudiziali, l’appello della RegioneLombardia è infondato.

32. Il provvedimento della Direzione Cen-trale Sanità della Regione Lombardia non haaccolto l’istanza formulata da (Omissis), tutoredi (Omissis), sulla base di due distinti, perquanto connessi, ordini di motivazioni.

32.1. Secondo la Regione, anzitutto, le strut-ture sanitarie sono deputate alla presa in caricodiagnostico-assistenziale dei pazienti e in talistrutture, hospice compresi, deve essere garan-tita l’assistenza di base che si sostanzia nellanutrizione, nell’’idratazione e nell’accudimentodelle persone.

33.2. [sic] In particolare, ha soggiunto la no-ta regionale, negli hospice possono essere ac-colti solo malati in fase terminale.

33.3. La Regione ha poi evidenziato una se-conda ragione ostativa all’accoglimento del-l’istanza e, cioè, che il personale sanitario, cheprocedesse, in una delle strutture del ServizioSanitario, alla sospensione dell’alimentazione edell’idratazione artificiali verrebbe meno aipropri obblighi professionali e di servizio, an-che in considerazione del fatto che il provvedi-mento giurisdizionale, di cui il tutore chiedeva

l’esecuzione, non conterrebbe alcun obbligoformale di adempiere a carico di soggetti o entiindividuati.

34. Il T.A.R. lombardo, accogliendo il ricor-so proposto da (Omissis), ha annullato il prov-vedimento regionale poiché ha ritenuto che ildiritto costituzionale di rifiutare le cure, rico-nosciuto ad (Omissis) dalla sentenza della Cas-sazione e, in sede di rinvio, dalla Corte d’Ap-pello di Milano, è un diritto di libertà assoluto,efficace erga omnes e, quindi, nei confronti dichiunque intrattenga con l’ammalato il rappor-to di cura, sia nell’ambito di strutture sanitariepubbliche che private.

34.1. La manifestazione di tale consapevolerifiuto renderebbe doverosa la sospensione deimezzi terapeutici, il cui impiego non dia alcunasperanza di uscita dallo stato vegetativo in cuiversa la paziente e non corrisponda alla sua vo-lontà.

34.2. Tale obbligo sussiste anche ove sia so-speso il trattamento di sostegno vitale, conconseguente morte del paziente, giacché taleipotesi non costituisce, secondo il nostro ordi-namento, una forma di eutanasia, bensì la scel-ta insindacabile del malato di assecondare ildecorso naturale della malattia sino alla morte.

34.3. Il primo giudice ha anche rilevato, sot-to altro profilo, che rifiutare il ricovero ospeda-liero, dovuto in linea di principio da parte delServizio Sanitario Nazionale a chiunque sia af-fetto da patologie mediche, per il sol fatto cheil malato abbia preannunciato la propria inten-zione di avvalersi del suo diritto alla interruzio-ne del trattamento, significa di fatto limitareindebitamente tale diritto.

34.4. L’accettazione presso la struttura sani-taria pubblica non può, infatti, essere condi-zionata alla rinuncia del malato ad esercitareun suo diritto fondamentale.

34.5. Né il rifiuto opposto dall’Amministra-zione alla richiesta del tutore, secondo ilT.A.R., può giustificarsi con ragioni attinentiall’obiezione di coscienza, poiché spetta allalegge disciplinare compiutamente le modalità ei limiti entro i quali possono assumere rilevan-za i convincimenti intimi del singolo medico,ferma la necessità che la struttura ospedalieragarantisca, comunque, la doverosità del satisfa-cere officio.

35. La Regione appellante osserva, anzitut-

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to, che il T.A.R. non considera che la natura ditrattamento sanitario dell’alimentazione e del-l’idratazione artificiale, pur dopo la pronunciadella Cass., sez. I, 16.10.2007, n. 21748, restaasserzione più che dubbia ed oggetto di con-troversie scientifiche (pp. 22-25).

35.1. A sostegno di tale assunto la Regionemenziona il parere del Comitato nazionale perla bioetica del 30.9.2005 – secondo cui alimen-tare e idratare una persona, anche se assistitada una struttura sanitaria, costituisce sostenta-mento ordinario di base, sicché interromperela nutrizione e l’idratazione artificiale sarebbeuna forma, dal punto di vista umano e simboli-co particolarmente crudele, di abbandono delmalato – nonché la nota del 16.12.2008 del Mi-nistro delle Politiche Sociali, che invitava le Re-gioni e le Province Autonome di Trento e Bol-zano ad adottare le misure necessarie affinchél’ammalato non sia mai abbandonato e, se disa-bile, non sia discriminato.

35.2. Le persone che versano, come si trova-va (Omissis), in uno stato vegetativo perma-nente non necessiterebbero, normalmente, diapparecchiature sofisticate o di specifiche tera-pie, ma solo di accudimento (care), tanto chedeve esser loro soltanto garantito il semplicesostentamento ordinario di base e, cioè, la nu-trizione e l’idratazione, sia che vengano forniteper via naturale sia che vengano somministrateper vie artificiali.

35.3. In conclusione, sostiene l’appellante,errerebbe il T.A.R. nell’affermare che, nel casodi idratazione e di alimentazione artificiale, cisi troverebbe in presenza di “atti medici” o“trattamenti medici in senso proprio”.

36. La tesi dell’appellante è infondata.36.1. Essa contrasta anzitutto, e inammissi-

bilmente, con quanto ha stabilito, ormai conautorità di giudicato, la Suprema Corte di Cas-sazione, laddove ha ritenuto che “non v’è dub-bio che l’idratazione e l’alimentazione artificia-li con sondino nasogastrico costituiscono untrattamento sanitario” e che “esse, infatti, inte-grano un trattamento che sottende un saperescientifico, che è posto in essere da medici, an-che se poi proseguito da non medici, e consistenella somministrazione di preparati come com-posto chimico implicanti procedure tecnologi-che” (Cass., sez. I, 16.10.2007, n. 21478).

36.2. Siffatta qualificazione è, del resto, con-

validata dalla comunità scientifica internazio-nale, come ha osservato la Suprema Corte.

36.3. Per questo, se anche si volesse per ab-surdum prescindere, come pretende la Regio-ne, dalla valutazione della Cassazione, la tesidell’appellante non meriterebbe condivisione.

37. La nutrizione e l’idratazione artificialecostituiscono trattamenti medici.

37.1. La tesi della Regione appellante è, intal senso, destituita di fondamento scientificoné può trovare solido conforto nel parere, perquanto autorevole sul piano morale, di unacommissione che non ha per legge competenzescientifiche in materia o di un mero atto di in-dirizzo del Ministro delle Politiche Sociali, cheproprio a tale parere si richiama e che non puòcerto, per factum principis, imporre una defi-nizione scientifica di trattamento sanitario.

37.2. Il richiamo a tali atti, basterebbe qui so-lo aggiungere, integra del resto una motivazionepostuma, non presente nel provvedimento im-pugnato, del tutto inammissibile, al di là dellasua totale inattendibilità sul piano scientifico.

37.3. Questo Consiglio già in una propriaprecedente pronuncia ha chiarito che la nutri-zione artificiale è un complesso di proceduremediante le quali è possibile soddisfare i fabbi-sogni nutrizionali di pazienti che non sono ingrado di alimentarsi sufficientemente per la vianaturale (v., sul punto, Cons. St., sez. III,2.9.2013, n. 4364).

37.4. La società scientifica di riferimento inItalia, la Società Italiana di Nutrizione Parente-rale ed Enterale (SINPE), nelle sue Precisazio-ni in merito alle implicazioni bioetiche dellanutrizione artificiale del gennaio 2007, ha defi-nito appunto tale forma di nutrizione come“un complesso di procedure mediante le qualiè possibile soddisfare i fabbisogni nutrizionalidi pazienti non in grado di alimentarsi suffi-cientemente per via naturale”.

37.5. Si distinguono, in particolare, due tipidi nutrizione artificiale (NA): la forma parente-rale, in cui i nutrienti (acqua, glucosio, aminoa-cidi, elettroliti, grassi, vitamine, oligoelementi)vengono immessi direttamente nella circolazio-ne sanguigna attraverso una vena di grosso ca-libro, e la forma enterale, in cui i nutrienti sonosomministrati direttamente nel tubo digerentemediante apposite sonde inserite dal naso op-pure attraverso orefizi creati chirurgicamente

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nell’addome (le cc.dd. stomie e, tipicamente, laPEG, Percutaneous Endoscopic Gastronomy).

37.6. Nel caso di (Omissis) la nutrizione ar-tificiale era di tipo enterale e veniva sommini-strata tramite un sondino naso-gastrico.

38. La SINPE, che ha fatto propria la posi-zione di omologhe società internazionali, hachiarito che “la NA è da considerarsi, a tutti glieffetti, un trattamento medico fornito a scopoterapeutico o preventivo” e che “la NA non èuna misura ordinaria di assistenza (come lavareo imboccare il malato non autosufficiente)”poiché essa ha, come tutti i trattamenti medici,indicazioni, controindicazioni ed effetti indesi-derati.

38.1. L’attuazione della NA, proprio perquesto, presuppone e prevede il consenso in-formato del paziente o del suo delegato, secon-do le norme del codice deontologico.

38.2. La NA è dunque una procedura medi-ca complessa, che richiede un intervento inva-sivo sul corpo del malato – sia esso l’inserimen-to del sondino dal naso-gastrico sino al lumegastrico o consista esso nella creazione chirur-gica di un orifizio attraverso il quale il sondinostesso passa – e, con esso, la somministrazione,di regola mediante apposite pompe, di nutrien-ti calibrati per qualità e quantità secondo lamassa corporea del paziente e le sue patologiee, infine, il periodico monitoraggio della situa-zione nutrizionale e metabolica, tanto più ne-cessario nell’ipotesi di paziente che da lunghianni versi in stato vegetativo permanente.

38.3. La decisione di somministrare al pa-ziente l’alimentazione e l’idratazione artificialeè, in tutto e per tutto, il frutto di una strategiaterapeutica che il medico, con il consenso in-formato del paziente, adotta, valutando costi ebenefici di tale cura per il paziente, ed è parti-colarmente invasiva, per il corpo del pazientestesso, poiché prevede, nel caso della nutrizio-ne enterale, addirittura l’inserimento di unsondino che dal naso discende sino allo stoma-co o l’apertura di un orefizio, attraverso un in-tervento chirurgico, nell’addome.

38.4. L’inserimento, il mantenimento e la ri-mozione del sondino naso-gastrico o dellaPEG sono dunque atti medici, previsti e attuatinell’ambito e in funzione di una precisa e con-sapevole strategia terapeutica adottata con ilnecessario consenso del paziente.

38.5. L’alimentazione e l’idratazione artifi-ciale non possono in alcun modo essere consi-derati una forma di alimentazione sui generis,quasi un regime dietetico a parte, un surrogatodella normale alimentazione e idratazione na-turale.

38.6. Essi richiedono l’impiego di particola-ri tecniche mediche, che devono essere postein pratica da personale specializzato, un co-stante monitoraggio della situazione nutrizio-nale e metabolica, stante anche il particolarecontenuto e gli eventuali effetti indesiderati deinutrienti forniti attraverso l’alimentazione el’idratazione artificiale, una valutazione dellaloro efficacia terapeutica che solo il medico, enon altri, può compiere.

38.7. Tali osservazioni sono state sostenutee fatte proprie dalle maggiori società scientifi-che internazionali e nelle conclusioni raggiuntedal Gruppo di Lavoro su nutrizione e idrata-zione nei soggetti in stato di irreversibile perdi-ta della coscienza, istituito con Decreto del Mi-nistro della Sanità del 20.10.2000 e rese pub-bliche nel 2001.

39. La tesi della Regione, dunque, è scienti-ficamente infondata, oltre che giuridicamenteinammissibile, e va respinta.

40. Ancora, sviluppando un diverso ordinedi argomentazioni, la Regione appellante so-stiene che, pur ammettendo che l’idratazione el’alimentazione costituiscano “cure mediche”,il richiamo, decisivo, ai principi desumibili dal-l’art. 32 Cost. si rivelerebbe del tutto impro-prio.

40.1. La disposizione costituzionale fissadue principi fondamentali: quello di riceverecure adeguate e quello di non essere assogget-tati a prestazione sanitarie non volute, se nonnei casi espressamente previsti dalla legge.

40.2. Nel caso in esame, invece, il tutorenon avrebbe richiesto per la figlia alcuna curané avrebbe chiesto alla pubblica amministra-zione di prestare cure non volute, alle qualiconseguirebbe il vincolo del consenso informa-to, e neppure avrebbe richiesto di interrompe-re cure inutili – o ritenute tali – che avrebberosostanziato un accanimento terapeutico.

40.3. (Omissis), al contrario, avrebbe richie-sto al Servizio Sanitario Regionale di effettuareuna prestazione – distacco del sondino naso-gastrico accompagnato da ulteriori misure qua-

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li la sedazione – che, come hanno dimostrato ifatti successivi, avrebbero condotto fatalmente(Omissis) alla morte.

40.4. La difesa regionale assume che ilT.A.R. lombardo, nella propria decisione, ab-bia omesso di considerare che la condizione incui versava (Omissis) non potesse in alcun mo-do comportare l’accoglimento della richiesta diun ricovero ai fini indicati nel decreto dellaCorte d’Appello di Milano e dalla richiesta di(Omissis).

40.5. L’obbligo del ricovero, da parte del Si-stema Sanitario Regionale, sussisterebbe infat-ti, secondo tale assunto, solo nei casi in cui sidebba (e si possa) curare una determinata pa-tologia.

40.6. Ma lo stato vegetativo permanente incui versava la ragazza non poteva essere ogget-to di una specifica prestazione, quale quella ri-chiesta, in una struttura del Servizio SanitarioRegionale.

40.7. Presso una struttura di tale Servizio(Omissis), sostiene la Regione, avrebbe potutosemmai essere assistita e accudita, in conformi-tà al suo stato persistente.

40.8. Ne sarebbe conferma il fatto che unaprestazione, come quella richiesta da (Omis-sis), non solo non è prevista tra i LEA (livelliessenziali di assistenza) o da qualsiasi altra nor-ma, ma al contrario risulta vietata in quantocontraria ai principi di accudimento e di soste-gno vitali sopra ricordati.

41. In assenza di una disposizione di legge,che preveda una determinata prestazione a ca-rico del Servizio Sanitario Regionale, il T.A.R.non avrebbe quindi potuto imporre tale pre-stazione in capo alla Regione Lombardia.

41.1. Ulteriore conferma di ciò si trarrebbedal fatto che, a carico dei sanitari che avesseroottemperato alla richiesta, si sarebbe potutoconfigurare – e nei confronti dell’équipe di vo-lontari che ha accompagnato (Omissis) allamorte effettivamente si è configurata – persinola fattispecie p. e p. dall’art. 579 c.p. (omicidiodel consenziente), in quanto nell’ordinamentoitaliano non è previsto il “diritto di morire”, es-sendo al contrario costituzionalmente e legisla-tivamente consacrata l’indisponibilità del benealla vita.

41.2. Poiché (Omissis) si trovava, ormai da17 anni, in stato vegetativo permanente, la Re-

gione Lombardia aveva ritenuto che interrom-pere l’accudimento – tanto più in una strutturadel servizio sanitario pubblico – avrebbe finito,oggettivamente e nonostante il contrario con-vincimento del T.A.R., per integrare un com-portamento non solo riconducibile alla fatti-specie dell’art. 579 c.p., ma contrario ai princi-pi secondo cui, in tutte le strutture del ServizioSanitario Nazionale, deve essere garantita l’as-sistenza di base, che si sostanzia nella nutrizio-ne, nell’idratazione e nell’accudimento dellepersone.

42. La tesi della Regione non può esserecondivisa.

42.1. La complessa questione posta dal mo-tivo di censura, nell’assenza di una specifica re-golamentazione legislativa della materia, attie-ne al fondamentale diritto di autodetermina-zione terapeutica del paziente e al suo delicatorapporto con le strutture del servizio pubblicodeputate all’assistenza sanitaria.

42.2. La Regione muove da un presuppostodi principio e, cioè, che sotteso al concetto di“cura”, di cui l’amministrazione deve farsi cari-co, vi sia un fondamentale principio di benefi-cialità, alla stregua del quale le strutture delServizio Sanitario Nazionale devono garantirela vita e assicurare la salute del malato, sicchél’obbligo del ricovero, da parte di questo, sus-sisterebbe solo nei casi in cui si debba (e si pos-sa) curare una determinata patologia.

42.3. Quando il malato decide e richiede,invece, di interrompere un trattamento sanita-rio, come quello di cui si discute, e di non rice-vere più l’alimentazione e l’idratazione artifi-ciale, l’Amministrazione non sarebbe tenuta inalcun modo a soddisfare tale richiesta, poichécompito di questa è, in sostanza, solo quello digarantire che il malato sia mantenuto in vita,accudito e “curato”, nel senso appena precisa-to, e non certo quello di assecondarne la volon-tà di interrompere la prestazione sanitaria, me-diante il distacco del sondino naso-gastrico, edi accompagnarlo ad una “serena morte”.

42.4. Ciò configurerebbe, secondo tale tesi,un “diritto a morire” che non trova spazio nelnostro ordinamento e, soprattutto, non è con-templato dalla complessa disciplina di settore,che regolamenta il Servizio Sanitario Naziona-le, e tra i LEA, i livelli essenziali di assistenzasanitaria.

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42.5. La Regione trascura in questo modo diconsiderare, però, che a base del proprio rifiu-to di ricoverare l’assistito essa ha inteso porre eimporre d’imperio una visione assolutizzante,autoritativa, della “cura”, in termini di necessa-rio beneficio per il paziente, che si è illegittima-mente sostituita alla volontà del paziente, alsuo specifico bisogno di cura e, in ultima anali-si, al suo fondamentale e incomprimibile dirit-to di autodeterminazione terapeutica, qualemassima espressione della sua personalità.

43. La Suprema Corte di Cassazione, pro-prio nel caso di (Omissis), ha affermato il fon-damentale principio che il consenso informatoha come correlato la facoltà non solo di sceglie-re tra le diverse possibilità di trattamento me-dico, ma anche di eventualmente rifiutare la te-rapia e di decidere consapevolmente di inter-romperla, in tutte le fasi della vita, anche inquella terminale.

43.1. Ciò è conforme al principio personali-stico che anima la nostra Costituzione, la qualevede nella persona umana un valore etico in sé;vieta ogni strumentalizzazione della medesimaper alcun fine eteronomo ed assorbente; con-cepisce l’intervento solidaristico e sociale infunzione della persona e del suo sviluppo enon viceversa, e guarda al limite del “rispettodella persona umana” in riferimento al singoloindividuo, in qualsiasi momento della sua vita enell’integralità della sua persona, in considera-zione del fascio di convinzioni etiche, religiose,culturali e filosofiche che orientano le sue de-terminazioni volitive.

43.2. Ed è altresì coerente, ha soggiunto laCassazione, con la nuova dimensione che haassunto la salute, non più intesa come sempliceassenza di malattia, ma come stato di completobenessere fisico e psichico, e quindi coinvol-gente, in relazione alla percezione che ciascunoha di sé, anche gli aspetti interiori della vita co-me avvertiti e vissuti dal soggetto nella suaesperienza.

43.3. Deve escludersi, ha stabilito ancora laSuprema Corte, che il diritto alla autodetermi-nazione terapeutica del paziente incontri un li-mite allorché da esso consegua il sacrificio delbene della vita.

43.4. Benché sia stato talora prospettato unobbligo per l’individuo di attivarsi a vantaggiodella propria salute o un divieto di rifiutare

trattamenti o di omettere comportamenti rite-nuti vantaggiosi o addirittura necessari per ilmantenimento o il ristabilimento di essa, la Su-prema Corte ha ritenuto che la salute dell’indi-viduo non possa essere oggetto di imposizioneautoritativo-coattiva.

43.5. Di fronte al rifiuto della cura da partedel diretto interessato, ha chiarito ancora laCassazione, c’è spazio – nel quadro della c.d.“alleanza terapeutica”, che tiene uniti il malatoed il medico nella ricerca, insieme, di ciò che èbene rispettando i percorsi culturali di ciascu-no – per una strategia della persuasione, per-ché il compito dell’ordinamento è anche quellodi offrire il supporto della massima solidarietàconcreta nelle situazioni di debolezza e di sof-ferenza; e c’è, prima ancora, il dovere di verifi-care che quel rifiuto sia informato, autenticoed attuale.

43.6. Ma, allorché il rifiuto abbia tali conno-tati, non c’è possibilità di disattenderlo in no-me di un dovere di curarsi come principio diordine pubblico.

43.7. Lo si ricava dallo stesso testo dell’art.32 Cost., per il quale i trattamenti sanitari sonoobbligatori nei soli casi espressamente previstidalla legge, sempre che il provvedimento che liimpone sia volto ad impedire che la salute delsingolo possa arrecare danno alla salute deglialtri e che l’intervento previsto non danneggi,ma sia anzi utile alla salute di chi vi è sottopo-sto (Corte cost., sentenze n. 258 del 1994 e n.118 del 1996).

43.8. Soltanto in questi limiti è costituzio-nalmente corretto ammettere limitazioni al di-ritto del singolo alla salute, il quale, come tuttii diritti di libertà, implica la tutela del suo ri-svolto negativo: il diritto di perdere la salute, diammalarsi, di non curarsi, di vivere le fasi finalidella propria esistenza secondo canoni di di-gnità umana propri dell’interessato, financhedi lasciarsi morire.

44. Ora è evidente che la pronuncia dellaSuprema Corte, le cui argomentazioni salientisono state sin qui richiamate e riassunte, segnaun momento decisivo nell’affermazione del-l’autodeterminazione terapeutica del pazientee, nel contempo, manifesta l’intervenuta acqui-sizione della consapevolezza della centralitàdel paziente nel percorso di cura.

44.1. Dall’antico paternalismo medico, che

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vedeva informazione e consenso del pazienterimessi integralmente all’apprezzamento delmedico, unico sostanzialmente a sapere e deci-dere cosa fosse “bene”, in termini curativi, peril paziente, anche la nostra giurisprudenza, do-po un lungo e travagliato percorso, è pervenutacosì all’affermazione del moderno principiodell’alleanza terapeutica, snodo decisivo sulpiano culturale prima ancor che giuridico, poi-ché riporta il singolo paziente, la sua volontà, ilsuo consenso informato e, quindi, il singolopaziente quale soggetto e non oggetto di curaal centro del percorso sanitario, nel quale me-dico e paziente concorrono nella scelta dellastrategia terapeutica più rispondente alla visio-ne della vita e della salute propria della perso-na che si sottopone alla cura.

44.2. La “cura” non è più quindi più unprincipio autoritativo, un’entità astratta, ogget-tivata, misteriosa o sacra, calata o imposta dal-l’alto o dall’esterno, che ciò avvenga ad operadel medico, dotato di un elevato e inaccessibilesapere specialistico, o della struttura sanitarianel suo complesso, che accoglie e “ingloba” neisuoi impenetrabili ingranaggi l’ignaro e anoni-mo paziente, ma si declina e si struttura, secon-do un fondamentale principium individuatio-nis che è espressione del valore personalisticotutelato dalla Costituzione, in base ai bisogni,alle richieste, alle aspettative, alla concezionestessa che della vita ha il paziente.

44.3. La decisione terapeutica ha nel con-senso informato e nell’autodeterminazione delpaziente il suo principio e la sua fine, poiché èil paziente, il singolo paziente, e non un astrat-to concetto di cura, di bene, di “beneficialità”,il valore primo ed ultimo che l’intervento me-dico deve salvaguardare.

44.4. Nessuna visione della malattia e dellasalute, nessuna concezione della sofferenza e,correlativamente, della cura, per quanto moral-mente elevata o scientificamente accettata, puòessere contrapposta o, addirittura, sovrappostae comunque legittimamente opposta dallo Sta-to o dall’amministrazione sanitaria o da qualsi-voglia altro soggetto pubblico o privato, in unordinamento che ha nel principio personalisti-co il suo fondamento, alla cognizione che dellapropria sofferenza e, correlativamente, dellapropria cura ha il singolo malato.

44.5. Ciò non deve naturalmente comporta-

re un pericoloso soggettivismo curativo o unrelativismo terapeutico nel quale è “cura” tuttociò che il singolo malato vuole o crede, perchénell’alleanza terapeutica è e resta fondamentalel’insostituibile ruolo del medico nel selezionaree nell’attuare le opzioni curative scientifica-mente valide e necessarie al caso, ma solo riba-dire che la nozione statica e “medicale” di salu-te, legata cioè ad una dimensione oggettiva efissa del benessere psico-fisico della persona,deve cedere il passo ad una concezione sogget-tiva e dinamica del concreto contenuto del di-ritto alla salute, che si costruisce nella continuae rinnovata dialettica medico-paziente, di mo-do che tale contenuto, dal suo formarsi, al suomanifestarsi sino al suo svolgersi, corrispondaeffettivamente all’idea che di sé e della propriadignità, attraverso il perseguimento del pro-prio benessere, ha il singolo paziente per rea-lizzare pienamente la sua personalità, anzituttoe soprattutto nelle scelte, come quelle di accet-tare o rifiutare le cure, che possono segnarne ildestino.

44.6. Nella sentenza n. 438 del 2008 la Cor-te costituzionale ha ben sottolineato, al riguar-do, che il consenso informato, che legittima iltrattamento medico, abbia fra l’altro la “fun-zione di sintesi” proprio tra autodeterminazio-ne e salute.

44.7. Si tratta di diritti fondamentali cheproprio nella sintesi del consenso informato,nell’ambito dell’alleanza terapeutica, trovano illoro indefettibile, irriducibile, incomprimibileequilibrio a tutela della persona quale valore insé nell’ambito del nostro ordinamento (art. 2Cost.).

45. Il Collegio non ignora che l’affermazio-ne di tale principio, proprio nel caso di (Omis-sis), mentre ha posto fine, almeno in via gene-rale, alle complesse questioni che investono ildiritto alla salute e il consenso informato, altrene ha aperte, più complesse e spinose, sul pia-no civilistico, penalistico e, come mostra lapresente vicenda, anche amministrativo, nellaricostruzione del rapporto tra consenso infor-mato e responsabilità del medico, singolarmen-te, o del servizio sanitario nel suo complesso.

45.1. L’assenza di una specifica disciplinalegislativa, che sia intervenuta, almeno attra-verso una normazione di principio, a regola-mentare le cc.dd. direttive anticipate di tratta-

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mento e a chiarire il contenuto di tale comples-so rapporto, aggrava certo la risoluzione di talequestioni e rende arduo all’interprete ricostrui-re, in un’operazione ricognitiva di più vasto esistematico respiro, il quadro ordinamentale.

45.2. Un intervento legislativo è tanto piùnecessario e indilazionabile per i delicati profiliconnessi alla vincolatività delle direttive antici-pate di trattamento date dal paziente nei con-fronti del medico, che in altre esperienze giuri-diche, come quella tedesca e spagnola, ha rice-vuto una risposta positiva, ad esempio, con laprevisione della c.d. Patientenverfügung (§1901a del BGB) o con la legge n. 41 del14.11.2002 nell’ordinamento iberico; per laeventuale responsabilità penale del medico, atitolo di omicidio del consenziente(art. 579c.p.), che con una condotta attiva e non soloomissiva, seppure su richiesta espressa del pa-ziente, interrompa le cure e ne determini lamorte, che si ritiene, seppur non senza contra-sti, sia scriminata, ai sensi dell’art. 51 c.p., pro-prio dall’adempimento di un dovere; sull’even-tuale previsione dell’obiezione di coscienza,dovendosi comunque garantire la libertà di co-scienza che ciascun medico, nella propria auto-nomia professionale, indubbiamente ha; sul-l’organizzazione, da ultimo ma non per ultimo,della struttura sanitaria e del personale medicochiamato a ricevere e ad attuare le direttive an-ticipate di trattamento e sui relativi protocolli,come è avvenuto, ad esempio, nelle modifichenormative di recente apportate al Code de lasanté publique in Francia.

45.3. Si tratta di problemi di enorme am-piezza e complessità, che richiedono e attendo-no, ormai da troppo tempo, un intervento legi-slativo a colmare quello che è stato definito uninquietante “spazio libero dal diritto” (recht-sfreier Raum), nel quale, in mancanza di speci-fiche previsioni circa la effettività, la serietà e laconsapevolezza del consenso informato espres-so dal paziente, specialmente nei casi in cuiquesto versi ormai in uno stato di incapacità odi incoscienza, e circa la correttezza delle pro-cedure mediche da adottarsi per accertarlo edattuarlo, come ha avvertito la più sensibile dot-trina penalistica (e non solo), potrebbero tro-vare – e talvolta drammaticamente trovano –fertile terreno, una volta riconosciuto il princi-pio dell’autodeterminazione e sulla linea di un

temuto c.d. pendio scivoloso (slippery slope),forme silenti o striscianti di non consentita eu-tanasia.

45.4. Ma nell’attuale situazione dell’ordina-mento, che ai principi costituzionali e alla lorodiretta efficacia deve uniformarsi, e sul pianodell’azione amministrativa e di un corretto omeno esercizio del potere, che qui solo rileva,il vuoto normativo, come anche la mancataprevisione di specifiche misure organizzativenella legislazione del servizio sanitario naziona-le o nei livelli essenziali di assistenza, non puòcerto risolversi nel diniego di eseguire la pre-stazione sanitaria e ancor meno, a fronte di taleillegittimo rifiuto, in un diniego di tutela giuri-sdizionale e conseguentemente, per il principioubi ius, ibi remedium, nella sostanziale negazio-ne di un diritto fondamentale, come quello dicui si discute, anzi del più fondamentale e in-violabile dei diritti, quello sulla propria vita esul proprio corpo, nella concezione e nellaproiezione che ciascuno ha di sé e della propriadignità, anche rifiutando le cure, giacché il di-ritto alla salute ha un nucleo irriducibile, pro-tetto dalla Costituzione “come ambito inviola-bile della dignità umana” (Corte cost., senten-za n. 309 del 1999).

45.5. Indubbiamente l’affermazione di unprincipio, come quello del diritto alla salute edel consenso informato, non può non tenerconto che esso, oltre ad essere un diritto asso-luto e inviolabile e, come tale, efficace erga om-nes e, in particolare, nei riguardi del medico, èanche un diritto soggettivo pubblico o dirittosociale che, nella dinamica del suo svolgersi edel suo concreto attuarsi, ha per oggetto unaprestazione medica che ha quali necessari eprimari interlocutori le strutture sanitarie e, inprimo luogo, il Servizio Sanitario Nazionale.

45.6. Esso ha una natura ancipite, per cosìdire, ed è un diritto che ha una indubbia valen-za privatistica, in quanto massima ed inviolabi-le espressione della personalità individuale, maanche una innegabile connotazione pubblici-stica, perché può e deve, se lo richiede la suasoddisfazione, trovare adeguata collocazione enecessaria attuazione all’interno del servizio sa-nitario, non potendo dimenticarsi che la salute,anche nella declinazione personalistica che èvenuta ad assumere nel nostro ordinamento, èpur sempre, insieme, diritto fondamentale del-

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l’individuo e interesse della collettività (art. 32Cost.).

45.7. Bene è stato osservato in dottrina chetuttavia, riguardato solo sul versante “privati-stico” e ambientato unicamente nella relazionemedico-paziente, il consenso informato pre-senta la duplice e paradossale caratteristica diessere un diritto fortemente affermato, ma de-bolmente tutelato, mentre solo la diretta re-sponsabilizzazione dell’organizzazione sanita-ria consente di non vedere sacrificato, nel-l’eventuale conflitto tra medico e paziente, ildiritto fondamentale di quest’ultimo.

45.8. In questa prospettiva non si deve per-ciò trascurare, come ha osservato la Corte co-stituzionale, che “organizzazione e diritti sonoaspetti speculari della stessa materia, l’una e glialtri implicandosi e condizionandosi reciproca-mente” e che “non c’è organizzazione che, di-rettamente o almeno indirettamente, non sia fi-nalizzata a diritti, così come non c’è diritto aprestazione che non condizioni l’organizzazio-ne” (Corte cost., sentenza n. 383 del 1998).

46. Ora proprio la vicenda qui in esame èesemplare di tale stretta e vitale interrelazione,interrelazione che, come si è già accennato, ra-dica la giurisdizione esclusiva del giudice am-ministrativo.

46.1. A fronte del diritto, inviolabile, che ilpaziente ha, e – nel caso di specie – si è vistodal giudice ordinario definitivamente ricono-sciuto, di rifiutare le cure, interrompendo iltrattamento sanitario non (più) voluto, sta cor-relativamente l’obbligo, da parte dell’ammini-strazione sanitaria, di attivarsi e di attrezzarsiperché tale diritto possa essere concretamenteesercitato, non potendo essa contrapporre a ta-le diritto una propria nozione di prestazionesanitaria né subordinare il ricovero del malatoalla sola accettazione delle cure.

46.2. “Cura” non è infatti ciò che l’Ammini-strazione ritiene di proporre o imporre al pa-ziente, in una visione autoritativa di salute checoincida solo con il principio di beneficialità –poiché è la cura a dover adattarsi, nei limiti incui ciò sia scientificamente possibile, ai bisognidel singolo malato e non il singolo malato adun astratto e monolitico concetto di cura – mail contenuto, concreto e dinamico, dell’itinera-rio umano, prima ancor che curativo, che ilmalato ha deciso di costruire, nell’alleanza te-

rapeutica con il medico e secondo scienza e co-scienza di questo, per il proprio benessere psi-co-fisico, anche se tale benessere, finale e tran-seunte, dovesse preludere alla morte.

46.3. Opzione curativa, strategia terapeuticae cura è anche, in questo senso, il diritto e lapossibilità di interrompere il trattamento sani-tario, già intrapreso e non più voluto o tollera-to; la decisione di vivere sul proprio corpo lapropria malattia al di là o al di fuori di un pre-gresso o anche di un qualsivoglia percorso te-rapeutico; la scelta consapevole e informata,per quanto tragica, di accettare serenamente,anche sol lenendo l’acuirsi della sofferenza, laprogressione inarrestabile del male fisico sinoalla morte; l’applicazione delle fondamentalicure palliative, ora disciplinate dalla l. 15 mar-zo 2010, n. 38, e non a caso collocate dall’art. 1di tale legge, con una previsione che ha un in-dubbio valore sistematico, nell’ambito dei li-velli essenziali di assistenza, e la c.d. terapia deldolore, l’accompagnamento del paziente nellafase terminale della malattia.

46.4. Non è giuridicamente accettabile néscientificamente corretto, prima ancor che con-trario ad ogni senso e principio dell’umanità,che esso sia di stampo personalistico o solidari-stico, affermare o anche implicitamente ritene-re che, anche dopo il rifiuto di un trattamentosanitario da parte del paziente, il tratto termi-nale della vita, che lo separa dall’interruzionedella cura alla più che probabile morte, nonpossa e non debba anch’esso essere bisognosoe, quindi, meritevole di cura e di presa in caricoda parte del Servizio Sanitario Nazionale, sep-pur nella declinazione di un concetto di “cura”diverso, nel mutato intendimento del paziente,da quello seguito sino a quel momento.

46.5. Non può dunque l’Amministrazionesanitaria sottrarsi al suo obbligo di curare ilmalato e di accettarne il ricovero, anche diquello che rifiuti un determinato trattamentosanitario nella consapevolezza della certa con-seguente morte, adducendo una propria ed au-toritativa visione della cura o della prestazionesanitaria che, in termini di necessaria beneficia-lità, contempli e consenta solo la prosecuzionedella vita e non, invece, l’accettazione dellamorte da parte del consapevole paziente.

46.6. Tale condotta, illegittima, non è sol-tanto contraria all’inviolabile principio perso-

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nalistico, di cui è espressione l’informata e vo-lontaria scelta di rifiutare le cure da parte delpaziente, ma anche all’altrettanto fondamenta-le principio solidaristico, poiché, come si è giàsupra chiarito, il richiesto distacco del sondinonaso-gastrico voluto dal paziente, ancor primae più delle pur invocate successive cure pallia-tive e della sedazione, è – al pari del suo posi-zionamento e, appunto, quale contrarius actusdi questo – un atto medico, che richiede la ne-cessaria cooperazione della struttura sanitaria.

46.7. Non è qui solo questione di un pazien-te incapace, perché in stato vegetativo perma-nente, quale era (Omissis), poiché qualsivogliapaziente, anche quello capace, non è in grado,da solo e senza procurarsi ulteriori e gratuitesofferenze, di estrarre il sondino dal naso, po-nendo termine definitivamente all’alimentazio-ne e all’idratazione artificiale, e di predisporrele necessarie cautele atte ad evitare che taleoperazione avvenga senza pericoli immediati oatroci dolori.

46.8. L’interruzione del trattamento sanita-rio non è quindi e soltanto, nell’ambito di unrapporto obbligatorio, preciso adempimentodi un obbligo giuridico, quello di interromperecure non volute in presenza di un espresso ri-fiuto del paziente, ma anche preciso adempi-mento di un più generale dovere solidaristico,che impone all’Amministrazione sanitaria difar cessare tale trattamento, senza cagionaresofferenza aggiuntiva al paziente, laddove eglinon voglia più accettarlo, ma non sia tecnica-mente in grado di farlo da sé.

46.9. Non vi è dubbio, in tale prospettiva,che l’attuazione del diritto alla salute, proprioper la sua peculiare conformazione e anchenella sua forma di libertà negativa dalla cura,passa attraverso la necessaria intermediazionedell’attività prestata dall’Amministrazione sa-nitaria e, quindi, attraverso la doverosità di taleprestazione e il contenuto obbligatorio di que-sta, non essendo il paziente, anche quello capa-ce di esprimere la sua volontà, in grado di sod-disfarlo da sé, senza la obbligatoria collabora-zione del Servizio Sanitario Nazionale, se si ec-cettuano quelle ipotesi in cui egli, per la (alme-no apparente) semplicità tecnica dell’attività ri-chiesta, è in grado di soddisfarla da sé (come,ad esempio, smettere di prendere un farmacosalvavita).

47. In capo all’Amministrazione sanitaria,dunque, sussiste un vero e proprio obbligo difacere, poiché solo mediante la prestazionedella struttura sanitaria è possibile che il dirittodel paziente, di fronte al rifiuto del singolo me-dico, trovi attuazione, né rileva che tale obbli-go non sia espressamente affermato dal prov-vedimento giurisdizionale a carico dell’Ammi-nistrazione, poiché esso discende direttamentedalla natura e dall’oggetto del diritto ricono-sciuto al paziente alla luce dei principi costitu-zionali direttamente applicabili.

48. Il rifiuto opposto dalla Regione, d’altrocanto, si pone in contrasto anche con il princi-pio di imparzialità (art. 97 Cost.), poiché fa di-pendere l’accettazione del malato in una strut-tura sanitaria, come ha correttamente rilevatoil T.A.R., dal suo atteggiamento nei confrontidella cura, dalla sua accettazione di un certostandard terapeutico, quasi sia la cura in sé enon il malato, singolarmente, il valore giuridi-co difeso e il precipuo fine del potere esercita-to dall’Amministrazione.

49. Non può condividersi nemmeno la tesidella Regione appellante nella parte in cui essadeduce che i sanitari che avessero acceduto allarichiesta del tutore avrebbero posto in essereuna fattispecie delittuosa e, più precisamente,l’omicidio del consenziente p. e p. dall’art. 579c.p.

50. La Regione solleva certo un problemadelicato, quello della responsabilità penale delpersonale medico che proceda materialmenteal distacco del sondino o all’interruzione di untrattamento sanitario di sostegno vitale, che èstato variamente affrontato e risolto dalla giuri-sprudenza e dalla dottrina, pur non senza dub-bi e contrasti, pervenendosi perlopiù all’affer-mazione che il medico, proprio per la sua posi-zione di garanzia nei confronti del paziente, nelrispettare la volontà di interrompere le cure,manifestata da questi, adempia un dovere, aisensi dell’art. 51 c.p., e che pertanto il suocomportamento sia scriminato e, quindi, nonantigiuridico, ma al contrario doveroso in osse-quio a superiori precetti costituzionali.

51. Proprio nel caso del personale sanitarioche procedette al distacco del sondino naso-ga-strico di (Omissis), pur citato dalla Regione ap-pellante, il G.I.P. di Udine ha disposto l’archi-viazione nei confronti del personale sanitario

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che procedette all’interruzione del trattamentosanitario, ritenendo sussistente la scriminantedell’adempimento del dovere prevista dall’art.51 c.p.

52. La questione, certo grave e complessa,non può essere affrontata e risolta nella presen-te sede, ma rende sempre più necessario e ur-gente un intervento del legislatore, che contri-buisca a dissipare tutte le contestazioni sorte,anche sul piano penalistico, rispetto a similicondotte, anche per un principio di non con-traddizione dell’ordinamento che, da un lato,non può consentire il diritto di rifiutare le curee, dall’altro, incriminare chi tale diritto mate-rialmente attui, interrompendole, come purefu già rilevato dal G.U.P. del Tribunale di Ro-ma, per il noto caso di (Omissis), nella sentenzan. 2049 del 17.10.2007 (in Riv. it. dir. proc.pen., 2008, p. 437 e ss.).

53. Certo – ed è quanto solo rileva ai fini delpresente giudizio – non compete alla Regionefar valere, rivestendo anticipatamente un ruolodifensivo, presunti profili di responsabilità delpersonale medico, con l’affermazione, implici-ta ma chiara, che eseguire la volontà del tutoresignificherebbe compiere un delitto, poiché ta-le affermazione, oltre che impropria, è errata,essendo tale comportamento scriminato, pro-prio come dimostra la vicenda in questione.

54. La Regione contesta ancora, al punto c)del proprio appello (pp. 27-29), che nel caso di(Omissis) non vi era una richiesta finalizzata al-la presa in carico assistenziale del paziente, alfine di sottoporlo a cura o terapia, bensì la ri-chiesta di ricovero al solo esclusivo fine, direttoe automatico, di determinarne la morte me-diante l’interruzione assistita del sostegno vita-le, come i fatti successivi hanno dimostrato.

54.1. L’appellante ha inteso ribadire che lestrutture del Servizio Sanitario Regionale sonodeputate alla presa in carico diagnostico-assi-stenziale dei pazienti e non a prestazioni che sisostanzino nell’interruzione attiva dell’assisten-za di base.

54.2. Ciò significherebbe, come si legge nelricorso (p. 28), che su un piano generale un pa-ziente, o chi per esso, può decidere di andare omeno in ospedale e di sottoporsi o meno ad untrattamento (c.d. autodeterminazione terapeu-tica), ma non può chiedere ad una struttura delServizio Sanitario Nazionale di praticargli un

trattamento, attivo o passivo, che ne determinila morte.

54.3. Non condivisibile sarebbe, infine, il ri-lievo del T.A.R. concernente l’obiezione di co-scienza, poiché, secondo l’appellante, il giudi-ce di prime cure avrebbe affermato, in mododel tutto tautologico, che la legge non prevede,in questi casi, la possibilità per il medico e in-fermieristico di astenersi dalle prestazioni perragioni etico-morali.

54.4. Ma la legge, sottolinea la RegioneLombardia, non prevede questa specifica si-tuazione di astensione per il semplice motivo,più volte rammentato dallo stesso T.A.R., chela fattispecie non è positivamente disciplinatadalla legge.

54.5. L’appellante censura la sentenza peraver usato “due pesi e due misure” (p. 29 delricorso) e rileva che il fatto che non ci sia unalegge sul fine vita non ha impedito al T.A.R. diritenere sussistente un obbligo di facere dellap.a. in nome di pronunce giurisprudenzialiparticolarmente controverse, mentre lo stessofatto che una legge non ci sia impedirebbe, in-vece, di riconoscere un diritto del medico al-l’obiezione di coscienza.

54.6. Si tratterebbe di “due pesi e due misu-re inspiegabili”, secondo la Regione Lombar-dia, poiché formalmente la situazione giuridicasarebbe sempre la stessa, sicché da un lato sideduce dall’art. 32 Cost. il preteso diritto allasospensione dell’alimentazione e dell’idratazio-ne artificiali e, dall’altro, si nega l’esistenza diun diritto all’obiezione di coscienza che, inve-ce, potrebbe a buon diritto e pianamente de-dursi direttamente dall’art. 21 Cost., secondolo stesso procedimento interpretativo seguitonel primo caso.

55. Anche queste ulteriori argomentazionicritiche, sviluppate dall’appellante, non sonomeritevoli di positivo apprezzamento da partedel Collegio.

55.1. Ancora una volta la Regione appellan-te intende riproporre, con esse, e imporre alpaziente una visione autoritativa di “cura” che,in nome di una riduttiva e unilaterale visionedella “presa in carico diagnostico-assistenzia-le”, trascura di considerare la volontà del pa-ziente e le sue inviolabili aspettative di vita, an-che in relazione alla malattia e alla cura, e nel-l’infondato timore del c.d. abbandono terapeu-

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tico, che invece proprio la richiesta di ricoveromira a scongiurare, concretizza nei fatti un ri-fiuto di cura e un tradimento di quell’alleanzaterapeutica nella quale può solo correttamenteesplicarsi, secondo il fondamentale principiodel consenso informato, la dialettica medico/paziente, costringendo quest’ultimo a subire,nella propria vita e sul proprio corpo, le strate-gie di intervento medico e, in fin dei conti, ledecisioni sul proprio percorso esistenziale-cu-rativo da lui non volute né più, comunque,condivise.

55.2. Altro e più complesso problema, natu-ralmente, è quello della c.d. obiezione di co-scienza e dell’eventuale rifiuto, da parte delsingolo medico, di effettuare una prestazione,ritenuta in scienza e coscienza contraria allesue più profonde convinzioni etiche e/o ai suoidoveri professionali, come quella di interrom-pere l’alimentazione e l’idratazione artificiale,provocando la morte del paziente.

55.3. È questo indubbiamente un punto cri-tico e uno snodo fondamentale del rapportotra autodeterminazione del paziente e autono-mia professionale del medico, nel quale talifondamentali principi, che devono essere en-trambi preservati in un ragionevole punto diequilibrio, possono venire a conflitto.

55.4. La ricerca di tale punto di equilibriorende tanto più indispensabile ed urgente unintervento legislativo che, eventualmente, pre-veda l’obiezione di coscienza del personale sa-nitario, a tutela della sua incomprimibile sferadi autonomia professionale e del suo foro “in-terno”, predisponendo nel contempo le misureatte a garantire che l’interruzione del tratta-mento medico sia comunque garantita al pa-ziente che ne faccia legittima richiesta dal Ser-vizio Sanitario Nazionale, nel suo complesso, edalle strutture e dal personale all’uopo desi-gnati.

55.5. Non spetta comunque alla Regionesollevare un’obiezione di coscienza della strut-tura sanitaria nel suo complesso, attenendol’obiezione di coscienza, per sua stessa natura,al foro interno del singolo e non certo all’istitu-zione pubblica nel suo complesso, che al con-trario deve attrezzarsi, nonostante il rifiuto delsingolo sanitario dovuto a ragioni di autono-mia professionale e morale, per garantire l’ef-fettuazione di una prestazione doverosa.

55.6. Bene è stato osservato in dottrina, alriguardo, che a chi avanza motivi di coscienzasi può e si deve obiettare che solo gli individuihanno una “coscienza”, mentre la “coscienza”delle istituzioni è costituita dalle leggi che le re-golano.

55.7. La risoluzione del potenziale conflittotra libertà del paziente e coscienza del medico,anche prescindendo dal ruolo della “coscien-za” di cui la Regione intende impropriamentefarsi portavoce, non può del resto trovare ilproprio punto di equilibrio nella totale com-pressione della prima, come assume la Regio-ne, assegnando una aprioristica prevalenza allaseconda e determinando, perciò, l’illegittimorifiuto della struttura sanitaria o dell’interoServizio Sanitario Regionale, nella sua totalità,a ricoverare il paziente che ne faccia richiesta.

55.8. L’assolutizzazione dell’autonomia pro-fessionale e l’enfatizzazione della coscienzamedica, che la Regione intende difendere, an-nullano infatti la libertà di autodeterminazionedel paziente, rimettendone la concreta attua-zione alla mercé delle ragioni, pur moralmenteelevate, del medico, con una regressione a quelpaternalismo medico e a quel “dovere di cura”che, invece, la Suprema Corte ha inteso supe-rare, nell’attuazione dei principi costituzionali,con la sentenza del 16.10.2007, n. 21748.

55.9. Si può quindi prescindere in questa se-de dalla delicata questione se l’obiezione di co-scienza, per essere ammessa, richieda o menol’interpositio legislatoris, poiché tale questione,che pure dovrebbe o dovrà essere al più prestooggetto di meditazione in sede parlamentare e,quindi, di previsione in sede normativa, non èdecisiva ai fini del presente giudizio, non po-tendo certo l’obiezione di coscienza, ammissi-bile o meno che sia anche per la sola invocataefficacia immediata dell’art. 21 Cost., essereopposta, a tutela dei singoli, dalla struttura sa-nitaria nella sua totalità.

56. La Regione appellante, con un ulterioreordine di argomentazioni sviluppate al puntod) (pp. 29-31 del ricorso), assume che l’obbli-go, imposto dal T.A.R., di indicare la strutturaper eseguire il trattamento interruttivo del-l’idratazione e dell’alimentazione di (Omissis)sia stato emanato, al di là degli eventuali profilipenalistici, in violazione delle norme che pre-vedono i doveri del Servizio Sanitario Naziona-

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le, dal d. lgs. 502/1992 al d.P.C.M. sui LEA del29.11.2001.

56.1. Secondo il primo giudice è l’assolutez-za del diritto costituzionale di rifiutare il tratta-mento sanitario a giustificare la determinazio-ne, contenuta in sentenza, di tale obbligo in ca-po al Servizio Sanitario Nazionale.

56.2. È opinabile, secondo la Regione, chedall’art. 32 Cost., il quale contempla un dirittoindividuale alla salute, si possa non solo desu-mere un diritto assoluto a rifiutare ogni soste-gno vitale e a disporre così della propria vita,ma anche un corrispondente obbligo dellestrutture pubbliche a prestarsi, senza alcunaeccezione, a soddisfare questo desiderio,espresso, per di più, tramite il tutore.

56.3. La Regione dubita fortemente che taleincondizionato obbligo di facere possa desu-mersi non già da una fonte legislativa, ma dauna regola di diritto ricavata in via interpretati-va, proprio in una materia caratterizzata dal-l’assenza di una legislazione specifica.

56.4. La sentenza impugnata afferma netta-mente che una tale regola di diritto non avrebbeminore effetto conformativo, sull’Amministra-zione, di una disposizione legislativa esplicita.

56.5. Ma la difesa regionale respinge in totouna simile affermazione, soprattutto in materietanto delicate, che coinvolgono diritti fonda-mentali.

57. Anche tali ragioni sono destituite di fon-damento.

57.1. Non è pertinente e, comunque, nondecisivo il richiamo, peraltro generico, allenorme che disciplinano il Servizio SanitarioNazionale e i LEA, che secondo tale tesi sareb-bero state violate dal T.A.R.

57.2. Tale argomentazione, che costituisceperaltro una inammissibile motivazione postu-ma da parte dell’Amministrazione, tralascia diconsiderare che le prestazioni richieste, perespressa ammissione della stessa Regione, at-tengono al sostegno vitale dell’ammalato edunque il loro contenuto e grado di essenziali-tà, sul piano assistenziale, non mutano certo aseconda della richiesta del paziente (o del suotutore), sì che esse paradossalmente rientranonei LEA, se tale richiesta abbia ad oggetto laloro somministrazione, e ne sono escluse, inve-ce, se il paziente domandi di sospendere talesomministrazione.

57.3. Nemmeno appaiono condivisibili imotivi critici dell’appellante incentrati sullaportata dell’art. 32 Cost.

57.4. L’impostazione seguita dalla Regionenon risponde e non si attiene, infatti, al fonda-mentale principio che anima l’art. 32 Cost. e,cioè, l’idea stessa di salute individuale comeprofilo attraverso il quale l’ordinamento con-tribuisce alla realizzazione della personalità delsingolo.

57.5. Questo principio, di immediata effica-cia e di diretta applicazione, dà diritto ad unaprestazione positiva da parte dell’Amministra-zione, prestazione complessa che va dall’acco-glimento del malato alla comprensione dellesue esigenze e dei suoi bisogni, dall’ascolto del-le sue richieste alla diagnosi del male, dall’in-contro medico/paziente alla nascita all’elabo-razione di una strategia terapeutica condivisa,alla formazione del consenso informato all’at-tuazione delle cure previste e volute, nella ri-cerca di un percorso anzitutto esistenziale pri-ma ancor che curativo, all’interno della struttu-ra sanitaria, che abbia nella dimensione identi-taria del malato, nella sua persona e nel perse-guimento del suo benessere psico-fisico, il suofulcro e il suo fine.

57.6. Al centro di questa complessa presta-zione sta infatti il malato, in tutta la sua com-plessa e spesso fragile umanità, non certo unconcetto astratto e, comunque, imposto di cu-ra.

57.7. Questa nuova dimensione della pre-stazione sanitaria risponde alle esigenze piùprofonde di un moderno diritto amministrati-vo prestazionale (c.d. Leistungsverwaltungsre-cht), volto all’erogazione, cioè, di un serviziopubblico fondamentale e di essenziali livelli diassistenza sanitaria (v., ex plurimis, Cons. St.,sez. III, 17.12.2013, n. 6024).

57.8. In questi livelli rientrano e devonorientrare, pena l’incostituzionalità di un similesistema, anche le cure connesse e conseguentialla volontà di interrompere un trattamento sa-nitario di sostegno vitale, come l’alimentazionee l’idratazione artificiale, né la carenza del qua-dro normativo in materia, che non si è postoancora al passo dei principi costituzionali, l’in-sufficienza o l’arretratezza della legislazione sa-nitaria o l’assenza di normae agendi o di ade-guate misure organizzative può esimere l’Am-

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ministrazione sanitaria dall’erogare un dovero-so servizio, come quello di cura del malato nelsenso sopra inteso.

57.9. L’obbligo di facere in capo all’Ammi-nistrazione non discende solo dall’espressa vo-lontà di interrompere il trattamento sanitario,manifestato dal malato, e quindi nell’attuazio-ne dell’inviolabile principio personalistico, maanche dall’adempimento di un indefettibile do-vere solidaristico, che impone allo Stato e, peresso, all’amministrazione sanitaria di aiutare lapersona a rimuovere gli ostacoli di fatto, di or-dine fisico o psichico, che non le consentono direalizzare pienamente la sua personalità, anzi-tutto nel suo percorso di sofferenza, anche at-traverso il rifiuto e l’interruzione di cure nonavvertite più rispondenti alla visione della pro-pria vita e della propria dignità.

58. Proprio per questa sua insopprimibile einviolabile dimensione intima e individuale,che muove dalla pura coscienza di sé, del pro-prio corpo e della propria individualità, il dirit-to alla autodeterminazione terapeutica del pa-ziente non può incontrare un limite, di fatto odi diritto, nemmeno allorché da esso conseguail sacrificio del bene della vita.

59. La Suprema Corte, nella sentenza del16.10.2007, n. 21748, ha chiarito che la salutedell’individuo non può essere oggetto di impo-sizione autoritativo-coattiva o di un astrattodovere di cura in nome di superiori principi.

60. All’obiezione di principio secondo cuitale concezione individualistica della salute sa-rebbe velleitaria e illusoria, non avendo in real-tà l’individuo alcuna consapevolezza e, comun-que, alcuna signoria, men che mai di naturamedica, sul sé e sul proprio corpo, si può e de-ve rispondere che tale critica, quand’anchefondata, mai potrebbe costituire un motivo perespropriare l’individuo, ad opera dello Stato,dell’autorità sanitaria o del medico, di quel po-co o tanto dominio, che pur gli sia concesso,sulla sua vita, sulla sua sofferenza e sulla spe-ranza e sul bisogno di vivere secondo la pro-pria visione dell’esistenza finanche l’esperienzapiù dolorosa della malattia.

61. Vengono pertanto a cadere e a perderedi fondamento tutti i motivi di censura mossidalla Regione, motivi che mirano a criticare, inrealtà, l’affermazione del principio da partedella Cassazione, affermazione che, diversa-

mente da quanto sostiene la Regione, non èl’arbitraria creazione, in via interpretativa, diuna regola non rinvenibile all’interno del no-stro ordinamento, ma diretta emanazione deiprincipi costituzionali, sicché deve escludersi,come ha chiarito la stessa Corte costituzionalein sede di conflitto di attribuzione sollevatodalle Camere proprio nella vicenda che ne in-teressa, la sussistenza di indici atti a dimostrareche i giudici – in particolare la Suprema Cortedi Cassazione e la Corte d’Appello di Milano –abbiano utilizzato i loro provvedimenti comemeri schemi formali per esercitare, invece, fun-zioni di produzione normativa o per menoma-re l’esercizio del potere legislativo da parte delParlamento, che ne è sempre e comunque il ti-tolare (Corte cost., ord. n. 334 dell’8.10.2008).

62. Certamente l’assenza di una chiara disci-plina legislativa, esistente in altri ordinamenti,fa avvertire tutta la necessità di un interventoda parte del legislatore, come questo Collegioha più volte ribadito, ma altrettanto certamen-te tale assenza non può e non deve comportarené giustificare la mortificazione di inviolabilidiritti costituzionali.

63. Proprio questo hanno inteso fare la Cor-te di Cassazione e la Corte d’Appello di Mila-no, nonostante l’assenza di tale disciplina, e lepur velate critiche della Regione si risolvono,come già accade per il conflitto di attribuzionesollevato dalle Camere e per usare le paroledella Corte costituzionale nella citata ordinan-za n. 334 dell’8.10.2008, in altrettante e molte-plici critiche rivolte al modo in cui la SupremaCorte ha selezionato ed utilizzato il materialenormativo rilevante per la decisione o a comelo ha interpretato, critiche che, condivisibili omeno sul piano dell’argomentazione giuridica,non sono certo ammissibili in questa sede e, amaggior ragione, da parte della Regione Lom-bardia. (Omissis)

[Deodato Presidente – Noccelli Estensore. – Re-gione Lombardia (avv.ti Tedeschini, Gatto, Vivone)– X (avv.ti Vacirca, Angiolini, Cuniberti) – Alessio(avv. Fiore) – Azienda Ospedaliera «Ospedale diLecco»]

[La sentenza è oggetto di discussione in Parte Secon-da, con Opinioni di P. Benciolini, E. Palermo Fa-bris, R. Ferrara, P. Zatti, p. 3]

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«OBIEZIONE DI COSCIENZA»?

di Paolo Benciolini

È certamente insolito potersi soffermare suuna sentenza che prende in esame il tema del-l’obiezione di coscienza nei confronti di unaprestazione sanitaria non ancora formalizzatain una norma positiva. Appare ancor più pe-culiare che questa attenzione giurisprudenzia-le sia rinvenibile in una pronuncia della giusti-zia amministrativa. E tuttavia non si può cheessere lieti per la preziosa occasione che lasentenza in esame offre, anche su questo pun-to, alla possibilità di un commento, consen-tendo, inoltre, di ampliare lo sguardo oltre lequestioni particolari poste dal concreto casoin esame.

Gli spunti sui quali soffermarsi possono es-sere così delineati: in primo luogo l’identifica-zione dell’oggetto della possibile «obiezione»,indi l’ipotesi di assunzione di iniziative in taledirezione da parte di istituzioni pubbliche (edè questo l’ambito di specifica competenza dellagiustizia amministrativa). Per converso, poi, sitratta di analizzare l’eventualità di un rifiuto,per motivi di coscienza, da parte di singoli ope-ratori. L’analisi di quest’ultimo aspetto condu-ce, a sua volta, a chiedersi se il riconoscimentodella legittimità di un tale orientamento debbarichiedere un intervento legislativo o possa tro-vare adeguate forme di tutela in norme deonto-logiche o, ancor più semplicemente, nel rispet-to dovuto a scelte basate sulla coscienza deiprofessionisti.

L’oggetto della possibile «obiezione»

La risposta al primo, preliminare, interroga-tivo consente di rilevare come, nella controver-sia in esame, l’oggetto della eventuale obiezio-ne venga più volte identificato nel rifiuto ad ac-cogliere la richiesta del paziente di sospendere«l’assistenza di base, che si sostanzia nella nutri-zione, nell’idratazione e nell’accudimento dellapersona» (per tutti cfr n. 32.1). Sembra dunqueche ogni ipotesi di obiezione sia circoscritta al-la richiesta di sospendere i trattamenti che con-sentono la somministrazione di sostanze nutri-

tive (1). In realtà, le funzioni sulla cui impor-tanza maggiormente occorre soffermare l’at-tenzione nei casi di richiesta di sospensione deitrattamenti «vitali» sono quella cardiocircola-toria e, soprattutto, la funzione respiratoria.Questa osservazione appare importante perchéla questione va considerata secondo una pro-spettiva di carattere generale e non può risulta-re condizionata (né influenzata) dal dibattitoche la vicenda di Eluana Englaro ha suscitato edalla disputa sulla natura medico-sanitaria omeno dei trattamenti di nutrizione e idratazio-ne (a maggior ragione – ma non era di per sénecessario – ora che il Consiglio di Stato, ri-chiamando le indicazioni delle società scientifi-che nazionali ed internazionali competenti nel-la materia, ha con chiarezza precisato che «lanutrizione e l’idratazione artificiale costituisco-no trattamenti medici») (n. 37).

Obiezione della Struttura sanitaria?

La richiesta del paziente di sospendere la«assistenza di base» può essere oggetto di op-posizione da parte della Struttura sanitaria? Suquesto punto la risposta negativa del Consigliodi Stato appare chiara, ampiamente motivata epienamente condivisibile. Perché l’obiezionedi coscienza attiene «per sua stessa natura, al fo-ro interno del singolo e non certo all’istituzionepubblica nel suo complesso, che al contrario de-ve attrezzarsi, nonostante il rifiuto del singolosanitario dovuto a ragioni di autonomia profes-sionale e morale, per garantire l’effettuazione diuna prestazione doverosa» (n. 55.5). Aggiungeancora il Collegio che «a chi avanza motivi dicoscienza si può e si deve obiettare che solo gliindividui hanno una coscienza mentre la co-scienza delle istituzioni è costituita dalla leggi

(1) Solo incidentalmente – e a proposito delleipotesi di «responsabilità del personale medico» – lasentenza fa riferimento non solo al «distacco delsondino», ma anche alla «interruzione di un tratta-mento sanitario di sostegno vitale» (n. 50).

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che la regolano» (n. 55.6). È dunque questa laconsiderazione – in relazione al tema qui inesame – che legittima l’intervento del giudiceamministrativo che, preso atto del diritto delpaziente – definitivamente riconosciuto dalgiudice ordinario – di rifiutare le cure, affermala propria giurisdizione esclusiva, dichiarando«l’obbligo da parte dell’amministrazione sanita-ria di attivarsi e di attrezzarsi perché tale dirittopossa essere concretamente esercitato, non po-tendo essa contrapporre a tale diritto una pro-pria nozione di prestazione sanitaria» (n. 46.1).Il giudice amministrativo richiama dunque lestrutture sanitarie, nel cui ambito potrebberoverificarsi situazioni analoghe a quella oggettodella sentenza, ad una duplice responsabilità:una di segno negativo che potrebbe riscontrar-si nel momento in cui fossero intraprese istitu-zionalmente iniziative volte a negare il dirittoall’autodeterminazione del paziente nelle sceltedi fine vita, l’altra di segno positivo identifica-bile nell’attivazione di tutte quelle iniziativeche, anche in caso di orientamenti contrari daparte di singoli operatori sanitari, possono age-volare e/o consentire il rispetto delle sceltepersonali del paziente. In relazione a questo se-condo aspetto, il Consiglio di Stato precisa che«in capo all’Amministrazione sanitaria sussisteun vero e proprio obbligo di facere poiché solomediante la prestazione della struttura sanitariaè possibile che il diritto del paziente, di fronte alrifiuto del singolo medico, trovi attuazione... (ta-le obbligo) discende dalla natura e dall’oggetto deldiritto riconosciuto al paziente alla luce dei princi-pi costituzionali direttamente applicabili» (n. 47).

Questo obbligo di «facere», peraltro, ad av-viso di chi scrive non può esaurirsi nella sem-plice attivazione delle procedure richieste dalpaziente, ma va inquadrato in una più ampia ecostruttiva visione del ruolo della strutturapubblica nel «prendersi cura» delle personeche a lei si affidano anche sotto il profilo di unaadeguata comunicazione ed informazione fina-lizzata a consentire alla persona stessa una piùmatura e consapevole autodeterminazione(conf. n. 57.5).

Una legge per l’obiezione di coscienza?

Il tema fondamentale sul quale concentrarel’attenzione è dunque quello della eventuale

obiezione di coscienza dei professionisti sanita-ri. È necessario invocare una sua previsione le-gislativa che possa disciplinare compiutamentele modalità e i limiti entro i quali possono assu-mere rilevanza i convincimenti intimi del sin-golo medico (n. 34.5)?

Una volta riconosciuta la legittimità della«eventuale obiezione di coscienza», il Consigliodi Stato si orienta decisamente a favore di unasua regolamentazione normativa, da inserirsi inquello che ritiene un intervento necessario daparte del legislatore, atto a introdurre «unachiara disciplina legislativa» di tutta la materiaoggetto della sentenza (n. 62). Tra i motivi cherendono «l’intervento legislativo tanto più ne-cessario e indilazionabile» il Collegio includeesplicitamente «l’eventuale previsione dell’obie-zione di coscienza, dovendosi comunque garanti-re la libertà di coscienza che ciascun medico, nel-la propria autonomia professionale, indubbia-mente ha» (n. 45.2).

Questa nuova previsione di regolamentazio-ne giuridica dell’«obiezione di coscienza» ver-rebbe dunque ad affiancarsi alle altre già vigen-ti e relative a situazioni proprie dell’attività sa-nitaria (2).

Appare opportuno, a questo punto, il richia-mo a due documenti del Comitato Nazionaleper la Bioetica rispettivamente su «Obiezionedi coscienza e bioetica» (2012) e «Rifiuto e ri-nuncia consapevole al trattamento sanitarionella relazione paziente-medico» (2008), cheproponiamo senza seguire la successione cro-nologica, essendo preferibile passare da consi-derazioni di carattere generale a rilievi più spe-cificamente attinenti la problematica in ogget-to. Nel documento del 2012 il CNB affermache «l’obiezione di coscienza in bioetica è co-stituzionalmente fondata (con riferimento aidiritti inviolabili dell’uomo) e va esercitata inmodo sostenibile; essa costituisce un dirittodella persona e un’istituzione democratica ne-

(2) L’«obiezione di coscienza» degli operatori sa-nitari all’interruzione volontaria della gravidanza (l.22.5.1978, n. 194); l’«obiezione di coscienza» deglioperatori sanitari, ricercatori, studenti alla speri-mentazione animale (l. 12.10.1993, n. 413); l’«obie-zione di coscienza» degli operatori sanitari alla pro-creazione medicalmente assistita (l. 19.2.2004, n.40).

Discussioni

4 NGCC 2015 - Parte seconda

cessaria a tenere vivo il senso della problemati-cità riguardo i limiti della tutela dei diritti in-violabili; quando l’obiezione di coscienza ineri-sce ad una attività professionale, concorre adimpedire una definizione autoritaria ex legedelle finalità proprie della stessa attività profes-sionale». Considerando poi i casi di obiezionedi coscienza non legalmente prevista, a causadella mancanza di una regolazione legale dellemodalità d’esercizio, il Comitato esprime l’av-viso che «una regolazione per legge dell’obie-zione di coscienza in chiave generale o per ipo-tesi particolari sarebbe molto opportuna». Neldocumento del 2008, sul punto del «dirittod’astensione» in caso di richiesta di interruzio-ne delle cure, il CNB così si esprime: «Qualoraper accogliere la competente e documentata ri-chiesta di interruzione delle cure formulata daun paziente in stato di dipendenza siano neces-saria un’azione o comunque un intervento po-sitivo da parte del medico e della sua équipe(ad esempio lo spegnimento di un macchinarioche garantisca la sopravvivenza del malato), siriconosce il diritto di questi di astenersi da si-mili condotte da loro avvertite come contrariealle proprie concezioni etiche, deontologiche eprofessionali». Va, in proposito, osservato cheil documento in questione considerava ipotesidi relazione paziente-medico in cui l’espressio-ne di volontà del primo fosse di persona «com-petente». Tuttavia, non si vede perché l’affer-mazione del CNB non possa essere a buon di-ritto estesa anche alle situazioni in cui la volon-tà del paziente risulti adeguatamente riconosci-bile attraverso dichiarazioni anticipate di trat-tamento.

Non rientrava, ovviamente, nei compiti pro-pri del Consiglio di Stato approfondire la te-matica relativa alla regolamentazione giuridicadell’obiezione di coscienza da parte di singoliprofessionisti. E tuttavia non è possibile, alcommentatore, prescindere da una sia puresintetica valutazione di quali potrebbero esserele difficoltà di elaborazione della norma pro-spettata dal giudice amministrativo. A tal fine,appare utile procedere ad un confronto com-parativo con quella norma sull’«obiezione dicoscienza» contenuta nell’art. 9 della l. n. 194/1978 che costituisce, se non l’unica, certamen-te di gran lunga la più importante regolamenta-zione giuridica dell’«obiezione di coscienza» in

ambito sanitario, non solo per il dibattito cheha suscitato (e continua a suscitare), ma ancheper il coinvolgimento di un numero estrema-mente elevato di professionisti sanitari che adessa fanno riferimento.

La motivazione fondamentale che giustificagli operatori sanitari a sollevare l’«obiezione dicoscienza» in relazione alle norme che consen-tono l’interruzione volontaria della gravidanza,è chiaramente identificabile nel valore attribui-to alla vita del feto e alla sua tutela. Tale «obie-zione» deve essere preventivamente dichiarata,riguarda il singolo professionista sanitario econsente la predisposizione di appositi elenchi(da parte della struttura sanitaria di apparte-nenza) contenenti i nominativi degli «obietto-ri». L’obiezione non può essere invocata quan-do il personale intervento dell’obiettore «è in-dispensabile per salvare la vita della donna inimminente pericolo». Inoltre, l’obiezione vieneimmediatamente revocata «se chi l’ha sollevataprende parte a procedure o ad interventi perl’interruzione della gravidanza previsti dallalegge» (al di fuori dei casi sopra precisati).L’attuazione di quanto previsto dalla l. n. 194/1978 deve essere controllata e garantita dallaRegione «anche attraverso la mobilità del per-sonale».

Consideriamo ora la situazione relativa al-l’eventuale regolamentazione giuridica del-l’obiezione di coscienza in caso di dichiarazio-ne anticipata di trattamento che comprenda lavolontà del paziente di sospendere trattamenti«vitali». La motivazione di tale obiezione va ri-cercata in una concezione del valore della vitache prevalga sul diritto di autodeterminazionedel paziente. La conseguente decisione di nonprendere parte a provvedimenti di sospensionedei trattamenti «vitali» non può tuttavia essereprevista a priori. Molte e differenziate potreb-bero essere, infatti, le condizioni in cui il pa-ziente si viene a trovare e le sue stesse indica-zioni. Inoltre, il trattamento sanitario difficil-mente potrebbe essere affidato ad un unicomedico, richiedendo un lavoro di équipe, la cuiorganizzazione non sempre potrebbe essereadeguatamente assicurata in funzione dellapresenza o meno, nel gruppo di operatori, diun medico (o di altro professionista sanitario)che potrebbe (ma non è certo) sollevare obie-zione. A maggior ragione risulterebbe difficil-

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mente praticabile il ricorso alla mobilità delpersonale. Non sembrano infine prospettabilidisposizioni normative analoghe a quelle soprarichiamate per l’interruzione volontaria dellagravidanza concernenti da un lato il «dovere diintervento» dell’obiettore in casi particolari,nonostante l’obiezione formulata e, dall’altro,la verifica della coerenza dell’obiettore conprovvedimenti di decadenza dall’obiezionestessa per comportamento contrario ai principiaffermati. È infatti pienamente ammissibile chele scelte del potenziale obiettore possano risul-tare diversificate a seconda delle caratteristichedel caso in esame e del contenuto delle «di-chiarazioni» del paziente. Osserviamo infineche, nel caso dell’obiezione di coscienza allainterruzione volontaria di gravidanza la con-dotta dell’obiettore si caratterizza con l’asten-sione dal «fare» (interrompere la gravidanza),mentre nel caso delle dichiarazioni anticipatedi trattamento può caratterizzarsi con l’asten-sione dal «fare» (non interrompere i trattamen-ti «vitali»), ma anche con il «fare» (proseguirenella somministrazione di sostanze nutritive).

Alla luce di queste, sia pur, sintetiche consi-derazioni, appare francamente difficile riusciread ipotizzare una regolamentazione giuridicadell’obiezione di coscienza, salvo mantenere laprevisione entro termini assolutamente genera-li, assicurando la possibilità di scelte «caso percaso» e tuttavia con evidenti difficoltà per po-ter poi assicurare, da parte della struttura sani-taria, la tutela delle «dichiarazioni» della per-sona malata.

Quali alternative alla «obiezione di coscienza»?

Appare certamente significativo che, fin daldibattito contestuale alla vicenda di EluanaEnglaro, siano state proposte ipotesi alternati-ve rispetto alla via adottata dalle leggi sanitariesulla interruzione volontaria di gravidanza e laprocreazione medicalmente assistita. Nel dise-gno di legge Calabrò («Disposizioni in materiadi alleanza terapeutica, di consenso informatoe di dichiarazioni anticipate di trattamento»),decaduto con la fine della legislatura, e nono-stante i drastici limiti attribuiti al valore delledichiarazioni anticipate di trattamento, eracontemplata (art. 7) la possibilità di un contra-sto fra il «medico curante» e il paziente, così

espressa: «Il medico curante, qualora non in-tenda seguire gli orientamenti espressi dal pa-ziente nelle dichiarazioni anticipate di tratta-mento, è tenuto a sentire il fiduciario o i fami-liari... e ad esprimere la sua decisione motivan-dola in modo approfondito...». Anche la Fede-razione Nazionale degli Ordini dei Medici Chi-rurghi e degli Odontoiatri, nell’importante equasi contestuale documento «Dichiarazionianticipate di volontà» («Carta di Terni») (3),pur continuando ad utilizzare la terminologiadi «obiezione di coscienza» preferisce fare rife-rimento alle norme di deontologia medica.

Particolare rilievo assumono, su questo te-ma, due importanti documenti ai quali è dove-roso fare ora riferimento. Il primo di essi, bennoto ai lettori di questa rivista, è stato elabora-to da un gruppo pluridisciplinare sotto la coor-dinazione di Paolo Zatti (4). Esso contiene (art.12) la seguente indicazione: «Il medico che inbase alle proprie convinzioni ritenga di nonpoter dare esecuzione ad una richiesta di inter-ruzione di cure, esprime al paziente o a chi lorappresenta ed al responsabile del servizio sa-nitario la sua motivata decisione di sottrarsi aquanto richiesto (...)» (5). Il secondo documen-to è stato promosso dalla società Italiana diAnestesia, Analgesia, Rianimazione e TerapiaIntensiva (SIAARTI) e ha trovato la condivi-sione di numerose società scientifiche, nonché

(3) Dichiarazioni Anticipate di Trattamento, Do-cumento del Consiglio Nazionale dellaFNOMCEO, in Aa.Vv., Atti del Convegno Naziona-le sulle Dichiarazioni anticipate di volontà (Terni,12.6.2009), in La Professione, 2010, 1, 185 ss.

(4) Zatti, Per un diritto gentile in medicina. Unaproposta di idee in forma normativa, in questa Rivi-sta, 2013, II, 1 ss.

(5) L’art. 12 prosegue così: «(...) e si attiene aquanto disposto dall’articolo 11, comma 3o, fino ache non sia assicurata la sua sostituzione» (art. 11,comma 3o: «Il rifiuto di cure non incide sul dirittodel paziente ad essere assistito e altrimenti curato enon giustifica alcuna forma di abbandono terapeuti-co»). Il comma 2o dell’art. 12 precisa, quanto allaspeculare posizione del paziente: «Il paziente ha inogni caso il diritto di ottenere l’attuazione della pro-pria richiesta e di ricevere l’assistenza che si rendanecessaria. Le strutture sanitarie sono a tal fine te-nute a predisporre una adeguata procedura».

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il contributo di giuristi e bioeticisti (6). Nel pa-ragrafo relativo all’obiezione di coscienza siesprimono, in particolare, le seguenti conside-razioni: «L’operatore sanitario che lavori in si-tuazioni critiche non può sapere a priori se e inquali casi una richiesta del paziente potrà esse-re contraria ai dettami della propria coscienza.Il CNB e la dottrina giuridica hanno peraltrorichiamato a una distinzione che pare apprez-zabile anche sul piano degli obblighi interna-zionali dell’Italia tra ipotesi normate di obie-zioni di coscienza (interruzione volontaria digravidanza e procreazione medicalmente assi-stita) e ipotesi non normate, in cui la c.d. clau-sola di coscienza discende direttamente dallaCostituzione e, primariamente, dalla deontolo-gia. L’invocazione della clausola di coscienzasarebbe ammissibile anche nei casi in cui nonesista una precisa disposizione normativa chene disciplina l’esercizio, ma in questi casi divie-ne condizione essenziale, per l’esercizio del di-ritto ad astenersi, che sussistano le condizionivolte a non pregiudicare i diritti altrui».

Con riferimento a quanto ora richiamato,sembra opportuno integrare questo paragrafocon due ulteriori riferimenti. Il primo è relativoalla «nota sulla contraccezione d’emergenza»del Comitato Nazionale per la Bioetica (2004) eche ha per oggetto la «possibilità di rifiutare laprescrizione della “pillola del giorno dopo”».Premesso il riconoscimento unanime della«possibilità per il medico di rifiutare la prescri-zione o la somministrazione (di tale prepara-to)», il CNB ha raggiunto l’unanimità sul fatto«che il medico il quale non intenda prescrivereo somministrare (il preparato) in riferimento aisuoi possibili effetti post-fertilizzazione abbiacomunque il diritto di appellarsi alla “clausoladi coscienza”, dato il riconosciuto rango costi-tuzionale dello scopo di tutela del concepitoche motiva l’astensione e dunque a prescindereda disposizioni e normative specificamente ri-ferite al quesito in esame». Il secondo riferi-mento è al Codice di Deontologia Medica (ri-

chiamato anche dalla citata «nota» del CNB)che va ora proposto nella sua versione attuale(2014) nei termini seguenti (art. 22) «il medicopuò rifiutare la propria opera professionalequando vengano richieste prestazioni in con-trasto con la propria coscienza o con i propriconvincimenti tecnico-scientifici, a meno che ilrifiuto non sia di grave e immediato nocumentoper la salute della persona, fornendo comun-que ogni utile informazione e chiarimento perconsentire la fruizione della prestazione».

In conclusione, nel confermare l’obiettiva erilevante difficoltà di una previsione legislativadi «obiezione di coscienza» in riferimento alledichiarazioni anticipate di trattamento, sembradecisamente preferibile orientare l’attenzionedel futuro legislatore (e fin d’ora degli studiosi)verso forme di inquadramento della problema-tica basate sulla valorizzazione della deontolo-gia professionale, evitando l’impiego del termi-ne «obiezione di coscienza» che – ormai – nonpuò che identificarsi con una precisa regola-mentazione giuridica della questione. Sembrainoltre preferibile – a chi scrive – evitare il ri-corso alla formula «clausola di coscienza» cherischia, nei fatti, di risultare ambigua e di diffi-cile differenziazione rispetto alla «obiezione»in quanto tale (7).

Oltre l’«obiezione di coscienza»: scelte «in co-scienza»

Una volta rilevata la difficoltà di restringeregli eventuali problemi di coscienza degli opera-tori sanitari nelle situazioni di «fine vita» entroi rigidi schemi di una regolamentazione giuri-dica della «obiezione» e auspicati, come piùadeguati, i riferimenti alle norme deontologi-che e ad opportuni indirizzi da elaborarsi nel-l’ambito delle strutture sanitarie, sembra dav-

(6) Il percorso clinico e assistenziale nelle insuffi-cienze croniche d’organo «and stage», a cura di Gri-stina e aa., in Recenti progressi in medicina, 2014,105, 9-44 (la parte relativa agli «Aspetti etici e giuri-dici nelle insufficienze croniche d’organo “end stage”»è contenuta nelle pp. 40-44).

(7) Sul punto si sono espressi da un lato Casona-to-Cembrani, Il rapporto terapeutico nell’orizzontedel diritto, nel Trattato di Biodiritto, diretto da Ro-dotà e Zatti, III, I diritti in medicina, a cura diLenti, Palermo Fabris e Zatti, Giuffrè, 2011, 39ss. e, in particolare, nel paragrafo «L’obiezione e laclausola di coscienza», 70-77), nonché Eusebi,Obiezione di coscienza del professionista sanitario,ibidem, 173 ss., in particolare nel paragrafo «La fun-zione della «clausola di coscienza» nell’attività sani-taria».

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vero il caso di affrontare decisamente il temadella «coscienza» alla quale gli operatori stessipotrebbero richiamarsi. Non si vede, infatti,perché al tema dell’autodeterminazione del pa-ziente, in questi anni così opportunamente epositivamente approfondito sotto diversiaspetti (a cominciare dai riferimenti costituzio-nali e bioetici), non si possa (meglio: si debba)affiancare con almeno altrettanta attenzionequello dei criteri ispiratori del comportamentodei professionisti sanitari. Per riprendere leconsiderazioni comparative sopra accennate,questa esigenza appare particolarmente validaproprio per le problematiche di fine vita e, piùin generale, delle scelte di ciascuno relative allapropria salute.

Mentre, infatti, nel caso di richiesta di inter-ruzione volontaria di gravidanza il valore di ri-ferimento, sul quale eventualmente esprimerela propria «obiezione», è chiaramente identifi-cabile (la vita del feto), dinnanzi alle concrete ediversificate prospettive aperte da una dichia-razione anticipata di trattamento (o anche, co-me si è precisato, ad una dichiarazione espres-sa in attualità di capacità decisionale) il coin-volgimento della personale coscienza di un me-dico o di altro operatore sanitario non conducenecessariamente ad una univoca soluzione. Oc-corre dunque una corretta ed onesta analisidella validità dei criteri che potrebbero indurrea non accogliere la richiesta del paziente. Trat-tandosi di una valutazione basata essenzial-mente su motivazioni di carattere etico, an-dranno, ad esempio, preliminarmente escluse,perché non pertinenti, quelle ispirate da coin-volgimenti di tipo emotivo o da timori di con-seguenze giudiziarie. Ma entrando più diretta-mente nella valutazione di tipo etico, si renderànecessario andare a fondo della reale validitàdelle motivazioni che, al momento del primoimpatto con il problema sollevato, potrebberoapparire sufficienti (e «pacificamente eviden-ti») per opporsi alla scelta espressa dal pazien-te. In questo lavoro, certamente non facile, vol-to ad assumere una valutazione realmente per-sonale ed eticamente convinta, il singolo ope-ratore non può presumere di basarsi sulle soleproprie forze (che sarebbero istintivamenteportate a cercare i motivi di conferma della po-sizione iniziale), ma occorre che si ponga in at-teggiamento di confronto, cominciando dagli

altri partecipanti al gruppo di lavoro (e, comesi diceva, l’esistenza di una équipe caratterizzafrequentemente il contesto operativo nel qualevengono a situarsi le dichiarazioni anticipate ditrattamento), ma anche con chi può fornire ilcontributo di competenze diverse, in particola-re non sanitarie (chi scrive non può non daretestimonianza di esperienze preziose maturatenel lavoro dei comitati etici per la pratica clini-ca). In tal modo sarà possibile da un lato com-prendere a fondo il significato della decisionedel paziente di rifiutare le cure, decisione chegià il T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III,26.1.2009, n. 214 (riprendendo la sentenza del-la Cassazione n. 21748 del 2007) ha ricordatoconfigurarsi quale «diritto costituzionale» edall’altro verificare se davvero la propria co-scienza continui a trovare validi motivi per ne-gare al paziente il proprio contributo profes-sionale a realizzare quanto richiesto.

Anche per i medici (e gli altri operatori sani-tari) vale la considerazione che il rispetto delprincipio di «autonomia» va inteso come «au-tonomia relazionale» (8) e sotto tale profilo èdavvero il caso di tornare sui compiti delleStrutture Sanitarie (e, per esse, dei loro respon-sabili, ai diversi livelli) perché promuovano ini-ziative volte a far crescere, in un confronto co-struttivo, la «coscienza personale» degli opera-tori rispetto a posizioni rigidamente precosti-tuite e, non raramente, acriticamente recepite.

(8) Del tutto condivisibile è, a tale proposito, lariflessione di Funghi-Macrì, Obiezioni del medicoe del cittadino, nel Trattato di Biodiritto, diretto daRodotà e Zatti, Il governo del corpo, a cura di Ca-nestrari-Ferrando-Mazzoni-Rodotà-Zatti, 2,II, Giuffrè, 2011, 2119 ss. che, a conclusione del lo-ro contributo sul tema «Obiezioni del medico e delcittadino», esprimono la convinzione «che il grandevalore dell’autonomia non possa e non debba essereenfatizzato in un’ottica solipsistica», aggiungendoche «l’autonomia è un valore da inserire in un con-testo di relazioni umane tra personale sanitario, per-sona assistita e familiari (...)». Quello che si intende-va qui ulteriormente precisare è che anche il medicodeve «cimentarsi» criticamente nella relazione conaltri (colleghi e non colleghi, ad esempio nel lavorointerdisciplinare di un comitato etico) perché, ap-punto, le scelte dinnanzi alle richieste del paziente/cittadino siano veramente decise «in coscienza».

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