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1 21503 LA STORIA DI QU di Dario Fo e Franca Rame testo e traduzione a cura di Giselda Palumbo e Bianca Bertolissi Milano 5 marzo 2012 Personaggi Ogni attore di quest’opera deve essere in grado di interpretare personaggi diversi. Narratore Qu Concubina Governatore Sacerdote governativo Signore della guerra Luna (la Fanciulla) Primo Giudice Secondo Giudice Terzo Giudice Notabili Accusatore Generale Vecchio contadino Capo dei Monaci (= Capo delle Scimmie, Capo dei Rivoltosi) Capo degli sbirri Sbirri Poliziotti in corteo Fucilieri 2 cameriere

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LA STORIA DI QU di Dario Fo e Franca Rame

testo e traduzione a cura di

Giselda Palumbo e Bianca Bertolissi Milano 5 marzo 2012

Personaggi Ogni attore di quest’opera deve essere in grado di interpretare personaggi diversi. Narratore Qu Concubina Governatore Sacerdote governativo Signore della guerra Luna (la Fanciulla) Primo Giudice Secondo Giudice Terzo Giudice Notabili Accusatore Generale Vecchio contadino Capo dei Monaci (= Capo delle Scimmie, Capo dei Rivoltosi) Capo degli sbirri Sbirri Poliziotti in corteo Fucilieri 2 cameriere

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2Contadini Contadina con cesto di uova Prigioniero Carcerato vecchio Carcerato grasso Carcerato gobbo Carcerato magro Carcerato basso Carcerato piccolo Carcerato sapiente Carcerato alto Carcerato giovane Carcerato pelato Carcerato capelluto Carcerato saggio Carcerato vecchio Carcerato zoppo Carcerato calvo Fabbisogno scenico (trovarobato) DUE GRANDI SCHERMI Trespolo Narratore Carretto per Governatore Torre Nastro per salita torre Salottino con poltrone in cima a torre Trabattello Gradinate con manichini seduti Due barche con remi Palco patibolo Inferriate carceri Gong, tamburi, trombe, ottoni Bandiere e alabarde a volontà Frutta e oggetti vari, pipa ecc.

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3Macchina fotografica con flash Stampelle Pentolone, tazza e cucchiai di legno Conchiglione Aste di canna Fucili Gru con braccio mobile Questa commedia grottesca è stata concepita per essere rappresentata in un ampio spazio all’aperto, comprese le cave con sedili a gradoni alla maniera dei teatri di origine greco-romana. Potendo disporre di un capace impianto teatrale con soffitta collocata ad almeno 18 metri di altezza e di un palcoscenico adeguato a quelle misure, anche in questo caso lo spettacolo potrebbe essere messo in scena modificando solo alcuni momenti dell’allestimento. La struttura teatrale fondamentale è composta da una torre alta circa 8 metri che sale dal centro del palcoscenico in piano. Fondo scena due grandi schermi sui quali vengono proiettate immagini che riproducono, ingigantendole, azioni svolte dagli attori. All’aprirsi del sipario appare sugli schermi una grande dicitura che enuncia testualmente:

IL PADRONE CONOSCE MILLE PAROLE

NOI NE CONOSCIAMO MENO DELLA META’ MA ABBIAMO IL VANTAGGIO DI SAPERCI FAR INTENDERE ANCHE CON IL CANTO

E I GESTI

Nel controluce che sale lentamente, entra in scena una strana processione. S’indovinano figure di uomini e donne che portano stendardi, sagome di animali: qualche cammello, un elefante, e perfino un leone.

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4In primo piano issato su un praticabile ad almeno tre metri dal suolo, viene illuminato lentamente il narratore. NARRATORE: (rivolgendosi direttamente al pubblico) Questa non è una storia immaginata ma è una storia realmente vissuta, in un luogo fantastico, ma reale nella catena montuosa dell’Himalaya, nel territorio cinese. I fatti che raccontiamo si svolgono a Xiang-Pong nel primo quarto del ‘900, fine di aprile, sotto l’equinozio di primavera. Voi che assistite allo spettacolo e che avete sguardo svelto, avrete già indovinato che quelli che sfilano nel corteo non sono autentici animali, ma mimi che indossano travestimenti del teatro cinese. Questo è infatti il carnevale di Xiang-Pong, che celebra il rito della Primavera. Tra i festanti troviamo Qu, detto il Randazzo. Chi è Qu? E’ il classico personaggio della tradizione popolare dell’antica Cina, che tira la vita con espedienti non sempre leciti ma costantemente fantastici e divertenti. (La scena che segue viene proiettata sui grandi schermi) È ritenuto un simpatico buono a nulla che combina guai in quantità. Eccolo là che si esibisce in mezzo ai giocolieri facendo roteare piatti in gran numero, e naturalmente strafà combinando disastri. Proprio in questo momento i piatti roteanti gli sfuggono di mano e colpiscono i mimi travestiti da animali e i giocolieri, nonché le ragazze che trasportano anfore colme di vino di canna. Ma è Carnevale e nessuno si adombra per incidenti del genere, anzi, ogni pretesto è buono per scoppiare in grasse risate! Qu si affanna nel tentativo di rimediare e va rincorrendo i piatti roteanti, prima che si frantumino al suolo, naturalmente combinando guai peggiori: inciampa e travolge ogni personaggio compresi acrobati e finti animali, che si urtano travolti l’uno dall’altro. Pure le ragazze vengono prese in mezzo con le loro anfore ricolme di vino

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5che fatalmente si rovesciano a terra. Questa volta ha davvero esagerato, riceve insulti e pedate da ognuno. (Cercando di portarsi in salvo, Qu va a sbattere contro il trespolo su cui è sistemato il Narratore). NARRATORE: Ma che fai? No, il mio trabiccolo no! (Barcolla sul suo trespolo che va in pezzi precipitando al suolo) Maledetto rompiscatole spaccatutto! Cacciatelo via! Buttatelo nel fiume… che anneghi ‘sto bastardo! Quattro sbirri aggrediscono Qu e lo scaraventano fra il pubblico in platea. Il Narratore è sollevato di peso e riposto sul suo trabiccolo risistemato. NARRATORE: (sempre rivolgendosi al pubblico) Scusate l’interruzione… noterete l’agitazione che all’istante si è creata sulla scena. Dalla base della torre si sollevano nastri agibili che avvolgendosi attorno alla stessa, creano rampe di salita, sulle quali corrono donne e uomini che preannunciano l’un l’altro l’apparire dal fondo di qualcosa di stupefacente. NARRATORE: Preparatevi anche tutti voi spettatori all’evento davvero magico: erano anni, quattro o cinque mi pare, che in questa piccola città non si ripeteva più il Rito degli Aquiloni. (I partecipanti al rito commentano con grida, applausi e danze l’intervento del Narratore) Il veto all’esibizione era stato imposto dal Governatore delle Tre Province, oggi decaduto, perciò finalmente ‘decaduto’ è anche il veto. Fra poco, quindi, vedrete apparire, sopra le nostre teste, enormi draghi di seta e gigantesche libellule dai colori sgargianti. Ecco che il sole sta nascondendosi dietro il Monte delle Scimmie. Si fa scuro all’istante e il vento sta calando a valle attraverso i crinali. (Vengono proiettate sugli

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6schermi catene montuose con picchi impervi collegati da ponti sospesi. Entrano in scena il Governatore e la sua donna, la Concubina, accompagnati dai Notabili del governo, tutti salgono sul nastro che porta alla cima della torre raggiungendo il punto più alto. La dama si sdraia sul leggero divano di bambù, accanto a lei, su di una suntuosa poltrona sempre di bambù, s’accomoda il suo signore). NARRATORE: Benvenuta eccellenza! Con voi salutiamo anche la vostra concubina. CONCUBINA: (risentita) Ehi! NARRATORE: Pardon, la vostra sposa. Tutti i presenti si scappellano, le donne si inchinano. Dal fondo salgono sibilando alcuni razzi che, esplodendo nel cielo, disegnano strani ghirigori a forma di fiori luminosi. NARRATORE: Ecco, eccellenza, questo è il segnale: i Monaci che guidano gli aquiloni ci avvertono di esser pronti ad apparire. Tocca a voi dare il via. GOVERNATORE: (fa cenno che si batta un colpo di gong, quindi si leva all’impiedi. Perentorio:) No, non ci sarà nessun segnale. I Monaci appesi ai loro aquiloni oggi non voleranno. Si leva un ‘ooh!’ di meraviglia e risentimento, da parte dei presenti. NARRATORE: Come è possibile, signore, il veto del vostro predecessore è decaduto! GOVERNATORE: E io lo rinnovo!

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7Si fa avanti un contadino che, deciso, sale sul nastro che porta alla cima. CONTADINO: Perdonate, eccellenza, ma voi ci procurate grave danno vietando il volo degli aquiloni. GOVERNATORE: Perché grave danno? CONTADINO: Da secoli quello scendere e salire col vento, quel precipitare e rimontare degli aquiloni ci preannuncia l’andamento che avranno la semina e il raccolto… se avremo un’annata buona o disastrosa, cosicché noi si possa prevedere tempi di secca o di grandine e correre ai ripari. GOVERNATORE: Prevedere? Così, svolazzando, i Monaci vi fanno da indovini? CONTADINO: Sì, e difficilmente sbagliano! GOVERNATORE: Per favore! Queste stupide superstizioni non solo non mi interessano, ma mi mandano in bestia! Il fatto è che voi volete qui i Monaci con i loro svolazzi per dar loro spazio e autorità, e naturalmente toglierne a noi e al governo che rappresentiamo. Quindi, via i Monaci, via gli aquiloni! Danzate, fatevi le vostre scorpacciate di vino di canna, ubriacatevi, divertitevi con le vostre femmine e lasciate il governo delle cose a noi! NARRATORE: Con molta umiltà… se mi permettete, signore… voglio ricordarvi che in questi ultimi tre anni proprio causa il fatto che i Monaci non hanno potuto scendere dalle montagne ad elargire le previsioni, i contadini di tutta la valle hanno sofferto, senza poter prevedere tempeste e allagamenti, e perfino le invasioni di cavallette che hanno sbranato i loro raccolti. GOVERNATORE: Ma in compenso loro, i contadini, hanno poi sbranato le cavallette e se ne sono saziati a volontà! Vedete che non tutto viene per dar la buggerata, a volte ci scappa pure un’abbuffata.

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8NARRATORE: Signore, scusate se insisto… ma voglio ricordarvi che il rito degli aquiloni volanti è auspicio non solo di buona annata, ma anche di fecondità. Infatti, in questi ultimi tre anni, tanto le femmine degli armenti, che quelle dei servi e dei contadini, in poche sono rimaste gravide… GOVERNATORE: Ah, ma questa è un’altra questione! Voi mi chiedete di far scendere i Monaci perché fra uno svolazzo e l’altro vi ingravidino le vostre femmine… (Risate dei cortigiani e degli sbirri) per non parlare delle figlie… (Altra risata) Mi spiace ma questo ultimo aiuto non ve lo posso recare (Risata generale con pernacchie). E ora basta, e riprendiamo con questa festa prima che le nubi invadano il cielo. Temo che fra poco scoppi un gran temporale. (Un’ondata di vento attraversa la scena sollevando polvere, sbattendo gli stendardi) Cosa aspettiamo a fare entrare in scena il buffone? NARRATORE: Ci spiace, eccellenza, ma purtroppo buffoni non ce ne stanno. GOVERNATORE: Perché? Come mai? Siamo sempre stati una nazione stracolma di buffoni! CORO: (risata generale). NARRATORE: Ha ragione eccellenza: ne tenevamo anche qualcuno eccezionale, spiritoso e sottile, ma purtroppo voi stesso avete dato ordine di cacciarli. GOVERNATORE: Certo, vorrei vedere! Sbeffeggiavano le istituzioni e me in persona! A pedate, li ho fatti cacciare! NARRATORE: Esatto, e qualcuno è pure sparito anima e corpo! GOVERNATORE: Sbaglio, o stai insinuando che ne sia io il responsabile? CORO: (indicando il Narratore) Via, cacciatelo via! NARRATORE: Ma io, veramente… non volevo…

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9GOVERNATORE: Tiratelo giù dal trespolo! Alcuni sbirri si lanciano contro il trabattello sul quale sta il Narratore e lo scuotono. NARRATORE: Aiuto, non scuotete il trespolo, per carità! Sto precipitando! (Il trespolo si ribalta. Velocissimo il Narratore si aggrappa a una fune che scende dall’alto, quindi si trova a oscillare intorno alla torre, come fosse su una giostra. Il movimento dell’uomo è sottolineato da squilli di tromba che assomigliano a gemiti grotteschi) Aiuto, sto andando a sbattere di netto contro la torre! Mi schianto! GOVERNATORE Zitto, rotea e schiantati in silenzio, altrimenti ti faccio tirar giù a sparacchiate come un fringuello. (Accenna un gesto perentorio rivolto ai fucilieri che puntano all’unisono le loro armi contro “l’appeso oscillante”. Colpi di tamburo e squilli di tromba intermezzati da colpi di gong) E a ‘sto punto si chiude baracca e burattini, perché un gioco è da festa finché piace al capintesta! (Colpi di tamburi e gong) E giacché il capintesta sono io e mi sono scocciato, tutti a casa! (Colpo di gong) Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato! (Gong e trombe) Zitti e senza fiato! CONCUBINA: Oh no, che peccato! Sognavo da tempo giochi festosi e storie di giullari! GOVERNATORE: Ma se il pagliaccio non c’è a raccontare, amor mio, che ci vuoi fare? Dal gruppo di donne e uomini si stacca un personaggio: è Qu che interviene sfrontato. QU-RANDAZZO: Io, se permettete signore, so raccontar storie a bizzeffe, e se lo gradite sono pronto…

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10GOVERNATORE: Tu saresti un contastorie? Mi pari uno straccione. QU-RANDAZZO: Oh, no signore, è il mio costume. CONCUBINA: Oh, sì, ed è così buffo, lascialo raccontare. GOVERNATORE: D’accordo, ti è concesso, ma attento a te! Chi si spaccia per fabulatore di talento e poi dimostra di saper solo sfottere l’autorità, sai che succederà? Perderà la capa in un momento! Come un ventaglio salgono dietro a Qu cinque ragazzi che roteano intorno al suo capo alabarde. CONCUBINA: Eh ma se prima ancora che cominci lo terrorizzi a ‘sta maniera, poveretto, come potrà mai riuscire ad esser divertente? QU-RANDAZZO: Non si preoccupi, signora, io ci sono abituato a rischiare il collo, non mi fa effetto. GOVERNATORE: Ohi, lo sbruffone… e va bene, draghignàzzo, sentiamo! (Da destra avanza un trabiccolo sul quale è sistemata una enorme Conchiglia dalla bocca spalancata) E che è ‘st’affare, a che serve? QU-RANDAZZO: Signore, è un attrezzo fondamentale per noi buffoni. Serve a ingigantire la nostra voce in modo che tutti sentano. GOVERNATORE Ah si? Prova un po’! QU-RANDAZZO: Volentieri. (Parla nella bocca del Conchiglione e la sua voce ne esce amplificata) Eccellenze e dame gentili, nonché villani e femmine graziose… GOVERNATORE: È vero, è vero: ingrandisce moltissimo! Vai avanti. QU-RANDAZZO: Voglio raccontarvi di una storia antica come il mondo. Il titolo è: “La storia della zebra e del leone”. L’animale se ne va galoppando per la savana, corre con gran falcate e salti quando gli spunta davanti un leone

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11che con le sue fauci la vuole sbranare. La zebra scantona di botto e manda il leone rovesciato e intorcinato a terra. Poi con fatica il leone si rialza di nuovo in piedi, ma quella screanzata di una zebra gli scarica una grandinata di zoccolate che gli spiaccica il muso. Poi, non soddisfatta, la zebra mostrandogli il culo gli sbroffa in piena faccia uno scrignazzo di merda. Sugli alberi ci sono una moltitudine di babbuini, macachi, orangotani tutti arrampicati sui rami che si godono come matti questo spettacolo. E ridono e si danno gran pacche l’un l’altro per la soddisfazione. Solo ci sono una volpe e una iena insieme su una collinetta che gridano: «Ma che cos’è ‘sta vergogna? Trattare un leone con tanta mancanza di rispetto! È pur sempre il re della foresta, per dio! E voi scimmie, che state tutte a fare zozzi sghignazzi davanti a sbroffate di smerdazzo e pedate nel muso di una belva regale, vergognatevi! Daccordo che siamo bestie, ma un po’ di buone maniere non ve l’hanno insegnate?» «Perdonatemi – dice un babbuino con la barba bianca da saggio – daccordo che la zebra, qui, è stata un pochino sgarbata e villana, ma per st’animale si tratta pur sempre di salvarsi la pelle, in questa tenzone!» E la volpe subito gli ribatte: «Daccordo che quello voleva farti a pezzi sbranandoti, ma ci sono delle regole di educazione che anche la vittima deve rispettare, se no, si mette allo stesso livello dei normali esseri umani, andiamo!» La zebra ascolta mortificata, e la iena insiste: «E poi guarda tu, certi animali di grande eleganza e stile, come il cavallo, per esempio: anche lui viene assaltato dalle fiere, ma fai caso a come va via magnifico al galoppo e come scarta tenendo il collo curvo come un unicorno divino! Quello è il comportamento che deve tenere un animale braccato!»

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12La zebra va via quasi lacrimando per l’umiliazione e torce il collo per guardare l’antilope e le gazzelle braccate da bestie feroci che vanno via a salti intorno che pare che volino per l’aria. E così comincia a provare la maniera di galoppare con andatura di massima eleganza. Di nascosto copia uno stallone che scappa al galoppo dalle fauci dentute di un altro leone, che sbuffa senza fiato per l’andatura impossibile di ‘sto animale degno di un imperatore. La zebra prova a muoversi allo stesso modo: caracolla, va muovendosi come se fosse in un circo di animali ammaestrati. Il giorno seguente, l’animale a righe bianche e nere è pronto a misurarsi di nuovo col leone. Gli alberi intorno alla savana sono talmente pieni di scimmie e altri animali da rischiare che si schiantino i tronchi. Pronta è la zebra e il leone non si fa aspettare: è subito in battaglia. Le scimmie con tutti gli animali si mettono a fare un tal baccano da far spavento anche al leone. Lo scontro dell’altro giorno l’ha un po’ scorticato, il leone, che ha qualche dente spezzato, ma adesso è carico di tanto furore da farlo scattare come una catapulta addosso allo zebrotto, che va via tutto una scartata, caracolla, cambia di netto la direzione e poi comincia ad andare ad un galoppo così rampante che tutte le bestie non possono fare a meno di applaudire e di gridare: bene, zebrotto! Sembri il cavallo che tira il sole! » Ma ecco che in quel momento di tanta souplesse , il leone approfitta per buttarsi addosso all’animale braccato e azzannargli la gola e lo rovescia sul sabbione, gli schiocca una zampata nello stomaco squarciato e gli succhia fuori il cuore. E i coccodrilli dal fiume, le scimmie, la volpe e un’aquila dall’albero esclamano: «Avete visto: alla fine la

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13zebra s’è fatta scannare ma, per dio, con che eleganza e stile! Per una fine così, vale la pena perfino di crepare!» La Concubina accenna un applauso ma viene bloccata dal Governatore, che aggredisce Qu schiaffeggiandolo col proprio mantello. GOVERNATORE: È una schifezza, meriteresti che ti facessi frustare! (Alle sue guardie) Cacciatelo via, prima che lo ammazzi a pedate! QU-RANDAZZO: Mi dispiace, credevo d’avervi divertiti… Le guardie scacciano Qu fuori scena sventolandogli addosso le alabarde. Un boato sorge dalla Conchiglia e interrompe ogni gesto. VOCE POSSENTE DAL CONCHIGLIONE: Attenti, stanno arrivando gli aquiloni! Si odono spernacchiate di trombe e rulli di tamburo. Di lassù appare un grande aquilone che volteggia per l’aria. CAPO DEGLI SBIRRI: Sparate, cosa aspettate a tirarlo giù! Le guardie s’inginocchiano per meglio prendere la mira. È difficile inquadrare quell’aquilone, tanto che gli sbirri si trovano, seguendo le evoluzioni del volatile, a puntarsi l’un l’altro i fucili in faccia. Esplodono alcuni colpi. Il Governatore con uno zompo si butta al suolo. GOVERNATORE: Disgraziati, per poco non mi fate secco! VOCE POSSENTE DAL CONCHIGLIONE: Buttate tutte le armi, vi potreste far male.

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14Le guardie eseguono e se la battono, quasi rincorsi dall’aquilone che scende in picchiata. A precedere l’atterraggio della macchina volante, ecco nel cielo venire avanti uno stormo di uccelli bianchi: sono uccelli di carta telata issati su lunghe canne, che rette da ragazze producono l’illusione di autentici volatili. NARRATORE: Ecco le oche sacre che secondo le evoluzioni ci daranno l’auspicio della buona o cattiva stagione. Suono di trombe e cembali. Entrano in proscenio uomini con costumi sgargianti e maschere da scimmia sul viso: sono i Monaci. Fra di loro notiamo un personaggio che calza sul viso una maschera da scimmia rossa: è il capo. VOCE POSSENTE DAL CONCHIGLIONE: Fate largo, arrivano i Monaci! I Monaci estraggono fucili da sotto le sottane e sparano verso gli uccelli, che sbandano e cadono con giravolte al suolo. La Concubina manda un grido di spavento. Il Governatore resta annichilito. GOVERNATORE: Ma che fate? Avete sparato alle oche bianche! È un atto blasfemo! CAPO DEI MONACI: No, nessuna blasfemia! È un nuovo rito. (Aiutato da altri Monaci raccoglie i volatili caduti) Ecco! Regaliamole ai contadini… queste belle oche grasse! Tenete, mangiatele alla nostra salute, che è l’auspicio più buono. (Donano le oche ai contadini, che le afferrano felici). GOVERNATORE: Ma è una bestemmia… non potete, è un’infamia!

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15CAPO DEI MONACI: Oh, eccolo, il Governatore che non gradiva la nostra presenza. GOVERNATORE: (quasi balbettando) Ma veramente… io non è che… volevo dire, a parte che gli aquiloni mi piacciono moltissimo, mi esaltano… CAPO DEI MONACI: Certo, certo, l’aquilone esalta sempre, specie i governatori, e provoca loro perfino l’orgasmo! CORO: Procuriamo un godimento sublime al Governatore, facciamolo volare. Sì, facciamo volare il Governatore! (Così dicendo i Monaci lo afferrano e lo sollevano di peso). GOVERNATORE: No, ma che fate, vi prego, non avrete in mente davvero… io soffro di vertigini! VOCE DEL CONCHIGLIA: Certo, le vertigini del potere! Dall’alto, un altro aquilone giunge planando al suolo. CAPO DEI MONACI: Questo splendido volatile è per voi e l’altro è per la vostra signora. CONCUBINA: Oh sì grazie! A me volare piace moltissimo, mi esalta! CAPO DEI MONACI: È del tutto naturale, ed è per questo che da oggi anche le donne hanno diritto di volare. Così dicendo i Monaci sollevano la dama facendola ballonzolare per l’aria. NARRATORE: Guardate, che spettacolo: i contadini con gli occhi allocchiti, non sanno se ridere o piangere dalla gioia! Ritorna in scena Qu che, saltellando come impazzito, incita i Monaci.

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16CAPO DEI MONACI: Liberatevi! Non abbiate paura: oggi è la vostra festa! Qualcuno applaude timoroso. QU-RANDAZZO: Sì, sì, è la vostra festa, liberatevi! Ah ah ah! VOCE POSSENTE DEL CONCHIGLIONE: In cielo, mandiamo in cielo l’autorità! QU-RANDAZZO: Sì, sì! In cielo, mandiamolo in cielo! I Monaci stanno legando sotto il ventre del primo aquilone il Governatore che scalpita. GOVERNATORE: Bastardi! Vi farò impiccare! Io so chi siete voi: voi non siete Monaci, ma briganti! QU-RANDAZZO: Evviva le scimmie briganti! Dall’alto scendono cavi che vengono fissati alle strutture portanti dei due aquiloni. Qu, eccitato, si dà da fare, ma è d’impaccio ai Monaci che, seppur con garbo, lo allontanano. VOCI DI CONTADINI: Lo issano! Sale! Il Governatore va su! Addio signoreeee! NARRATORE: Ecco… l’aquilone col Governatore è arrivato in cima alla torre! Lo vediamo appeso col suo aliante a uno dei bracci mobili della gru. Ora comincia ad oscillare ad oltre 12 metri dal suolo. CONTADINI FESTANTI: Ecco, parte!

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17Anche la concubina, sempre tenuta alta sulle braccia dei Monaci scimmia, eccitata grida: CONCUBINA: Anch’io, anch’io, issate anche me, voglio volare! L’aquilone a cui è appeso il Governatore viene lanciato come in un turbine che rotea intorno alla torre. Ragazze e contadini rincorrendo e calpestando al suolo l’ombra proiettata dell’aquilone, gridano festanti. CORO: Boia, che rapido! L’aquilone con il Governatore appeso, volteggia accompagnato dallo spernacchiare di trombe e battiti di tamburo. Dal Conchiglione esce un grido d’incitamento. VOCE POSSENTE DEL CONCHIGLIONE: Vai! Vai! E’ un uragano! VOCI DEL CORO: Scende come un razzo! Accidenti, si schianta! No, risale: che virata! RAGAZZE: Ma che succede? Piove? No, è il Governatore che se la sta facendo sotto. Oh, ma che schifo, ‘sto spisciacchione! Quasi tutti si tolgono mantello e cappello sbattendolo in aria, come ad asciugarli dagli spisciacchi. VOCE POSSENTE DEL CONCHIGLIONE: Che virata da falcone! CORO: Bravo! Vola, il Governatore sta volando in cielo! E’ un angelo pipistrello! ALTRE VOCI: Ma dov’è adesso? E’ sparito! Forse è precipitato.

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18ALTRA VOCE: Oh, che peccato… Entra maestoso il Grande Sacerdote Governativo che si porta a metà della torre. Indossa una gran palandrana e calza un ampio cappello. ALTRA VOCE: Zitti! Ascoltate il gran sacerdote di Stato. SACERDOTE GOVERNATIVO: Miei cari fedeli, siete stati tutti gabbati, ha ragione il Governatore! Questi non sono Monaci… di sicuro sono una banda d’impostori travestiti, che hanno rubato gli addobbi e i costumi ai Monaci veri e a loro si sono sostituiti. Guardate… non hanno sandali, ma stivali sotto le sottane! CAPO DELLE SCIMMIE: Bravo, prete! Ci hai azzeccato: siamo dei travestiti. Ed ora un premio a chi indovina la nostra vera identità. QU-RANDAZZO: Per me voi siete dei saltimbanchi acrobati. VECCHIO CONTADINO: Ma che saltimbanchi, questi sono dei ribelli comunisti. Ci puoi scommettere! QU-RANDAZZO: Ma fammi ridere, dei comunisti con la faccia da scimmia! CAPO DELLE SCIMMIE: Sì, siamo noi quelli. FINTI MONACI: (applaudendo) Sì, siamo comunisti! Scimmie rosse con il culo pelato. Così dicendo, all’unisono piegandosi, mostrano, al pubblico, le proprie natiche, tinte di rosso alludenti ai glutei pelati di babbuino. Risata a boato dei contadini. E tutti insieme si buttano a fare salti e capriole e cantano: CORO CONTADINI: Viva le scimmie dal culo pelato Che saltano in alto fra i rami del bosco Con gesti scurrili e urlo infoiato

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19Godendo di tutto ad ogni costo. Un gran colpo di gong interrompe la caciara. CAPO DEI MONACI (ordina): Andate a prendere i tre notabili e i due generali che abbiamo catturato mezz’ora fa. Hanno diritto anche loro di volare. Portateli in cima alla torre e imbragateli agli aquiloni. CONCUBINA: E io quando volo? Lo sapevo, anche voi comunisti disprezzate le donne. Siamo sempre le ultime! NARRATORE: Che spettacolo! Stanno issando i maggiorenti che scalpitano. VOCI DEI NOTABILI DALL’ALTO: No! Ma siete pazzi? Non abbiamo mai volato, noi! CAPO DEI MONACI: E’ per questo che noi siamo qui. In questo giorno di festosa armonia ogni eletto se ne va via… lassù, trainato dal vento. VOCE POSSENTE DEL CONCHIGLIONE: Eccoli! Stanno partendo! Uno dietro l’altro gli aquiloni con appesi i maggiorenti partono roteando in ogni direzione. NARRATORE: (recita su un ritmo di ottoni e tamburi) Ah, che giostra matta! Di qui a poco ci sarà la botta, lo scontro di pignatta e ci sarà di certo qualche capa rotta! Gli svolazzatori terrorizzati, gridano dallo spavento come poiane impazzite. CORO: Oh, ma che spisciacchioni!

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20Tutti i presenti spalancano ombrelli in quantità fingendo di ripararsi da quella pioggia immonda, quindi correndo tondo-tondo mimano di prendere il volo uno appresso l’altro. Alcuni, grazie a funi che li sollevano, se ne vanno, sempre sospesi ai loro ombrelli, di qua e di là nel vuoto. Risata con applauso del coro. Uno dei volanti ombrellati va a scontrarsi con il Narratore che sta sul suo trespolo; l’ombrellato l’afferra all’istante e lo trascina con sé appeso al parapioggia. Il posto del Governatore viene occupato il capo dei rivoltosi. CAPO DEI RIVOLTOSI: (alla folla) Guardate! Guardate, bene! Fate attenzione a questi signori, vostri padroni, che spettacolo mai visto vi stanno offrendo... e senza pagare il biglietto! Guardate bene! Dov’è finita tutta la boria spocchiosa che avevano solo un attimo fa? Ascoltate come frignano adesso, disperati piagnoni. Guardate bene, voialtri che avete sempre avuto terrore, spavento d’ogni respiro che facevano quelli... Osservate e imparate a ridergli addosso e a sbattere nel cesso ogni soggezione! VECCHIO CONTADINO: (con tono risentito) Fai presto a parlare, tu, caro il mio capoccia rosso! Arrivi qui, lanci la maramalda (provocazione) che dovremmo avere più coraggio e dignità! Già lo conosciamo a memoria questo ritornello, l’ho ascoltato da altri comunistardi come voi al tempo in cui a Canton ne hanno ammazzati ventimila nella piazza. SECONDO CONTADINO: Ma quelli pagavano di persona, non andavano intorno con una maschera sulla faccia per non farsi riconoscere… TERZO CONTADINO: …e quindi sparire, al momento buono.

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21CAPO DEI RIVOLTOSI: E allora voi pensate che noialtri

comunisti siamo una banda di vigliacchi… gente che se la

spassa andando intorno per le campagne a strofinare il fuoco

al culo dei contadini, scatenarli alla rivolta e poi tagliar la

corda sul più bello? E allora tanto per cominciare, ecco qui:

giù la maschera! (Se la cava di dosso e la lancia in mezzo

alla gente, quasi in pieno sul muso del QU-RANDAZZO

che l’afferra al volo e se la calca sul viso, felice. Nello

stesso momento anche gli altri ribelli hanno lanciato le

proprie maschere fra la gente, qualcuno si libera dalla

palandrana da monaco e la va gettando in aria).

CAPO DEI RIVOLTOSI: Ecco, ora ci potete guardare per quelli che siamo… e a ‘sto proposito voglio mostrarvi un gioco, che poi è un’allegoria. Qualcuno può darmi un uovo? Una contadina tra la folla, regge un cesto pieno di uova gliene passa uno. CAPO DEI RIVOLTOSI: (lo osserva controluce) Bene, è fresco! Guardate questo uovo... adesso lo vado a stringere nella mia mano... osservate: dalle dita cola il bianco dell’uovo, apro la mano… e sul palmo è rimasto il rosso, quasi intatto! Ricordate bene: noi siamo il rosso dell’uovo… e quando verrà il momento della torchiata... state sicuri che saremo ancora qui! Si odono spari e botti fragorosi.

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22NARRATORE: (venendo in primo piano) Questi spari ci dicono che l’armata del signore della guerra, il vero padrone della regione, sta arrivando a mettere ordine. Grida di terrore della gente, che fugge all’istante. CAPO DEI RIVOLTOSI: Calma, niente panico, avete tutto il tempo di ritirarvi nelle vostre case, come niente fosse successo. Noi andremo incontro al gran capoccia a dargli il benvenuto. Fa un gesto largo verso i suoi uomini che vanno decisi verso il fondo della scena, impugnando le armi. Dopo un istante si odono raffiche di fucili e qualche potente botto. Il fumo sale dal fondo, seguito da lampi di fuoco. Appare un gruppo di armati regolari che sparano sventolando vessilli. Il Governatore viene caricato su un carretto, spinto da alcuni notabili e dalla concubina così da fargli percorrere l’intero proscenio. NARRATORE: Preceduto da alcune bandiere ecco che entra il Signore della guerra… Entra in scena il Signore della Guerra, con una vistosa benda sull’occhio. SIGNORE DELLA GUERRA: Dove sono i rivoltosi? UFFICIALE: Non si sa, all’istante sono spariti! SIGNORE DELLA GUERRA: Inseguiteli! CAPO DEGLI SBIRRI: Purtroppo non sappiamo in quale direzione siano andati. Sono letteralmente spariti, vi dico! Viene portato i scena il Governatore è sdraiato sul carretto: è disarticolato in ogni giuntura come una marionetta rotta.

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23 GOVERNATORE: Scimmie rosse bastarde... accopparle, ammazzarle tutte, dovete! SIGNORE DELLA GUERRA: Stai tranquillo, Governatore, sarà fatto, dovessi cercarli per tutta la Cina. GOVERNATORE: Ammazzali!, che m’hanno sputtanato davanti ai contadini peggio di un maiale! SIGNORE DELLA GUERRA: Tanto per cominciare, abbiamo torchiato qualcuno di questi pezzenti, e siamo riusciti a scoprire quelli che durante il tuo volo in aria appeso come un tacchino, ridevano da sganasciarsi. Eccoli là, adesso li facciamo ridere noi. Degli sbirri trascinano nel centro scena quattro contadini e li issano DOVE?a tre metri dal suolo, indi impugnando lunghe canne battono loro i talloni e gli sbruciacchiano pure i piedi. Da fuori scena, giungono le voci dei fuggitivi. FUGGITIVO: Presto, ritiriamoci! ALTRO FUGGITIVO: Forse è meglio andare a nasconderci nel monastero o addirittura nei boschi. TERZO FUGGITIVO: Gli sbirri sono imbestialiti di rabbia e se la prenderanno con noi… fuggi, fuggi! Entra in scena una ragazza inseguita da Qu. ESCONO SIGNORE DELLA GUERRA, GOVERNATORE E CAPO DEGLI SBIRRI? QU-RANDAZZO: (ad alta voce) Fermati! Per chi m’hai preso! Mica sono uno sbirro! RAGAZZA: Non voglio che tu mi tocchi! QU-RANDAZZO: Ma io non ho nessuna intenzione di toccarti!

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24RAGAZZA: Già, se ti arrivo a tiro, mi piazzi le mani addosso come tutti gli altri sporcaccioni! QU-RANDAZZO: Io non sono uno sporcaccione… voglio solo parlare un po’ con te!, e proteggerti dall’arrivo degli sbirri! Che quelli, altro che mani addosso ti mettono! RAGAZZA: Non ho bisogno di essere protetta da nessuno! Vattene! QU-RANDAZZO: Ma porca di una miseria, io vorrei sapere perché tutti mi scansano… manco avessi la lebbra! RAGAZZA: No, la lebbra non penso che tu ce l’abbia! QU-RANDAZZO: Ah, meno male! RAGAZZA: Ma un po’ di rogna quella sì! QU-RANDAZZO: Ah sei carina grazie! RAGAZZA: Dai, scherzavo! D’accordo, vuoi parlare? Parla, ma stai a dovuta distanza! QU-RANDAZZO: Qual è la distanza giusta? Va bene tre metri? RAGAZZA: D’accordo, facciamo due metri e mezzo! Ma t’avverto se t’avvicini ti azzanno un orecchio e te lo stacco di netto! QU-RANDAZZO: A ‘sto punto facciamo una cosa… (solleva dal suolo una lunga canna e la offre alla fanciulla) ecco, tu afferra la cima e io m’abbranco il fondo, se m’avvicino spuntonami pure! RAGAZZA: D’accordo! Ma toglimi una curiosità, tu sei venuto giù con la banda delle scimmie volanti? QU-RANDAZZO: Sì, sono uno di loro! Ma da che cosa l’hai capito? RAGAZZA: Non è difficile: vai in giro con quella maschera in capo, e poi con quella palandrana da monaco buddista addosso… QU-RANDAZZO: Ah, certo, che stupido! Ma son talmente abituato a calzarmela sta roba… che manco ci penso più. RAGAZZA: Allora sei un comunista anche tu?

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25QU-RANDAZZO: Beh sì… perché, non si vede? (Si esibisce in una pantomima assurda). RAGAZZA: Come no! L’ho capito subito io… sei il classico comunista utopico! Vi chiamate così, no? QU-RANDAZZO: Non so… è da pochi giorni che mi sono affiliato con questi! RAGAZZA: Beh, ma allora sei utopico o no? QU-RANDAZZO: Dipende. RAGAZZA: Dipende da cosa? QU-RANDAZZO: Dalla situazione… un giorno ti va di essere utopico e l’altro no! RAGAZZA: Ma scusa tu sai cosa vuol dire utopico? QU-RANDAZZO: Come no… è che adesso… così su due piedi… con tutta la caciara che c’è stata me lo sono scordato… fammelo ricordare un po’ tu! RAGAZZA: L’avevo capito subito che sei uno sparabàlle da strapazzo… tu non fai parte dei babbuini dal culo rosso! QU-RANDAZZO: No, sono un babbuino dal culo normale! RAGAZZA: Dacci un taglio: o mi dici la verità o ti pianto qui su due piedi QU-RANDAZZO: Ehi calma! Va bene… non sono un vero comunista utopico… sono un infiltrato. RAGAZZA: Infiltrato in che senso? QU-RANDAZZO: Nel senso che faccio parte della polizia segreta di Stato. RAGAZZA: Sei uno spione?... Basta così… Ti saluto, sei un buffone! QU-RANDAZZO: No fermati, guarda laggiù, stanno arrivando gli sbirri! RAGAZZA: Maledizione! E anche di là ce n’è un altro gruppo! Dove ci nascondiamo? QU-RANDAZZO: (trascinandola sulla salita che s’arrampica intorno alla torre) Ecco, qui siamo al sicuro! (Così dicendo la sistema dentro il Conchiglione).

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26VOCE DAL CONCHIGLIONE Accomodatevi pure! Qui siete riparati anche dal vento. FANCIULLA E RANDAZZO: (all’unisono) Grazie, molto gentile! Le guardie escono di scena.QUANDO SONO ENTRATE? RAGAZZA: Allora mi vuoi dire una buona volta chi sei veramente? QU-RANDAZZO: E va bene! Non sono nessuno, né una scimmia rossa né un comunista utopico! L’unica cosa che so fare è raccontar balle e anche storie inventate! RAGAZZA: Ah quella dell’asino e il leone? RADAZZO L’hai ascoltata? RAGAZZA: Certo, e mi sono fatta pure delle belle risate! Ci sai fare! QU-RANDAZZO: Grazie! RAGAZZA: Quindi non sei: “nessuno”… se sai raccontare le favole a sto modo … QU-RANDAZZO: Sì, ma l’importante non è quello che tu senti di essere o credi di essere, ma quello che gli altri pensano che tu sia… RAGAZZA: Oh Dio! Pure il filosofo nichilista abbiamo! QU-RANDAZZO: Io per gli altri non esisto se non per farmi dar pedate! RAGAZZA: Senti, io non posso soffrire quelli che si piangono addosso e soprattutto gli sfigati rampanti come te! QU-RANDAZZO: Beh insegnami tu come si fa a tirarsene fuori! RAGAZZA: Eri su una buona strada quando ti sei inventato di essere un rivoltoso estremista… il fatto però è che poi bisogna crederci e dimostrare di esserlo! QU-RANDAZZO: Ma come faccio, non so neanche cosa vuol dire utopico?

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27RAGAZZA: Basta informarsi! Utopico viene da utòpicos, parola greca che significa progetto impossibile, immaginario, o meglio… che propone un programma irrealizzabile, solo fantastico! QU-RANDAZZO: Orco che bello… solo fantastico! Ma questo è il mio mondo! E ne conosci altre di parole così stupendévoli’? RAGAZZA: Come no… stereotipante e allettante, confacevole, amorfico, anacoluto, anacardiacee… QU-RANDAZZO: Belle, che belle parole! Ancora ancora! Ma che vogliono dire, dove le hai imparate tutte ‘ste magnificenze? RAGAZZA: Facendo le parole incrociate! QU-RANDAZZO: Ma non stare a sfottere! RAGAZZA: Ti assicuro: provaci! Fanciulla casta e riservata, di sette lettere: illibata… un fiume in piena, di dieci lettere: straripante. Un uomo esibizionista sessuale, di dodici lettere: fallotròpico. È così che Confucio è diventato un sapiente eccelso. QU-RANDAZZO: Facendo i cruciverba? RAGAZZA: Sì, e indovinando i rebus e le sciarade. QU-RANDAZZO: E questo cos’è… una raccolta di fumetti per deficienti? (Così dicendo affonda una mano nella borsa della ragazza e ne estrae un volume). RAGAZZA: Come ti permetti di infilar le mani nella mia sacca? QU-RANDAZZO: Beh, essendomi proibito di infilarle in alcun posto, mi accontento della sacca. Ti spiace? Allora mi vuoi dire cos’è ‘sto librone? RAGAZZA: Non vedi? È un vocabolario; è così che trovo e imparo le parole difficili… QU-RANDAZZO: Me lo regali? RAGAZZA: Non posso… sono arrivata solo a metà e voglio sapere come va a finire…

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28QU-RANDAZZO: Dacci un taglio con ‘sti lazzi cretini; me lo vendi? Ti do due monete d’argento. (Gliele pone in mano). RAGAZZA: Due monete? Ma da dove le hai prese? QU-RANDAZZO: Le ho sfilate dalla borsa della concubina del Governatore… intanto che raccontavo del maiale. RAGAZZA: Hai ficcato le mani anche nella sua borsa? QU-RANDAZZO: Sì, mi piacciono tanto le borse delle donne… così piene di misteri… odori, boccette, scatoline, tanti oggetti fuori posto. RAGAZZA: Come, fuori posto? QU-RANDAZZO: Eh sì, m’è capitato di trovarci perfino una pompetta da clisteri, un pennello da barba e addirittura un paio di mutande da uomo RAGAZZA: Molto spiritoso… quindi sei un ladro? QU-RANDAZZO: No, non ancora, per ora sto solo studiando da ladro… mi esercito. Ma adesso voglio cambiare facoltà. Mi vendi ‘sto vocabolario? RAGAZZA: Ma che te ne fai? Non mi dirai che sai leggere, tu? QU-RANDAZZO: Sì che te lo dico: so leggere, ho studiato dai Monaci del Tian Qin.! RAGAZZA: Dai Tian Qin? E chi pagava la retta? QU-RANDAZZO: Nessuno, ero rimasto orfano e mi hanno raccolto i Monaci. Mi hanno esaminato, mi hanno trovato piuttosto sveglio, quindi mi hanno rapato a zero, infilato una tonaca arancione, quasi come questa e via a insegnarmi a leggere la scrittura. RAGAZZA: Quale scrittura? QU-RANDAZZO: Quella creata da Kanjiie, la superiore. RAGAZZA: Ah, … l’Han Wud! QU-RANDAZZO: Esatto… mi hanno fatto imparare cosa significhi l’orma di un piede, come questo, (Disegna su di una tavola gli ideogrammi che va nominando e che vengono

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29proiettati, ingranditi, sui due grandi schermi) il segno delle ciglia di una donna, il capezzolo della madre, le corna di un cervo, la coda di un gatto, le chiappette di un bambino. RAGAZZA: Ma è incredibile, le sai anche riscrivere. QU-RANDAZZO: Beh, un po’ sgorbiàte… figurati che a cinque anni conoscevo una cosa come mille e più ideo... idei… ideogrammi. Poi pian piano mi sono svanite quasi tutte… adesso me ne ricorderò un centinaio al massimo. RAGAZZA: Beh, è già qualcosa; ma scusa, non è che per caso sapresti decifrare anche quest’altra, di scrittura? QU-RANDAZZO: No, questo è un libro che non so leggere, che cos’è? RAGAZZA: È la semplificata di Tsui Chang. Dovresti imparare anche questa. QU-RANDAZZO: Ma ormai quello che sapevo l’ho perso quasi tutto. RAGAZZA: Devi tornare a studiarli da capo: ogni nozione che s’apprende da bambino rimane integra nel secondo cervello. QU-RANDAZZO: Abbiamo un secondo cervello? RAGAZZA: Sì, quello della memoria indipendente. QU-RANDAZZO: Cosa sarebbe? RAGAZZA: Quando cammini per strada, per esempio, ai primi passi controlli, stai attento… dopo un po’ non ci fai più caso: i piedi, le ginocchia, le anche… si muovono tutte per proprio conto, ma l’ordine e il controllo glielo dà il secondo cervello. QU-RANDAZZO: Ma tu guarda, non ci avevo fatto mai caso… anch’io ho due cervelli? RAGAZZA: Certo! QU-RANDAZZO: Adesso che lo so voglio fare delle cose… impossibili. Ma tanto per cominciare, spiegami come faccio a riprendermi la memoria di quello che sapevo.

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30RAGAZZA: Dice Chuang Tsi il saggio: “Il vento che soffia sul campo di grano stordisce le spighe, che si piegano annichilite ma bastano la pioggia e la luce per farlo rifiorire. QU-RANDAZZO: Oh, ma quante cose intelligenti che sai! Dove le hai imparate? RAGAZZA: Lascia correre. Potresti cominciare a insegnarmi i segni che ricordi, io ti insegno la scrittura semplificata. QU-RANDAZZO: Oh sì… ti insegno! Prova a disegnare copiando la mia scrittura. Pronti… si parte! Un quadrato rigato è il campo seminato, sopra c’è un triangolo, è il tetto della casa… quindi significa un podere abitato… un segno curvo più sopra è la luna… campo fertile, e anche gli sposi lo sono. Il segno a lato ricurvo infatti dice bambini. RAGAZZA: È stupendo! QU-RANDAZZO: Un cerchio, e sotto, l’andamento delle onde, che significa mare tranquillo. Un’altra onda di sotto, il mare è agitato, uno spìrolo che curva girando intorno al sole e poi lo attraversa, significa tempesta. RAGAZZA: Bellissimo! QU-RANDAZZO: Invece, quest’altro segno con un capo e una curva contorta è una donna, l’altro a rovescio è l’uomo, che la desidera. Se le due curve si incontrano accerchiandosi, questo vuol dire che si amano. Amanti è la stessa figura però sdraiati. Se ci metti poi un cerchio tagliato da una linea significa travolti dalla passione. RAGAZZA: È magnifico, le voglio imparare tutte! QU-RANDAZZO: Sarebbe come a dire che si sta insieme? Ci sto, ci sto! RAGAZZA: Piano, piano! Per adesso basterebbe vederci ogni tanto… QU-RANDAZZO: D’accordo, sì, sì, ogni tanto… quasi sempre! Ti va bene tre giorni la settimana più la domenica?

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31RAGAZZA: Calma, non correre, io non sono una ragazza libera. QU-RANDAZZO: Vuoi dire che hai un altro uomo? RAGAZZA: No, cioè sì, è un uomo, ma piccolo… un bambino. QU-RANDAZZO: Tuo figlio? Va bene, anzi, meglio. E chi è il padre? RAGAZZA: È quello che mi ha insegnato tutto quello che so. Soprattutto mi ha insegnato a pensare, a scegliere la vita… QU-RANDAZZO: Accidenti, è un sapiente allora, un maestro!... E non potresti a tua volta insegnare a me, a scegliere la vita e la ragione? RAGAZZA: Non so se sarò in grado… (Si alza di scatto, afferra la sua sacca e porgendogli la mano gli dice) ad ogni modo spero d’incontrarti presto. QU-RANDAZZO: Ma che fai, mi saluti? RAGAZZA: Sì, devo andare, è l’ora del latte al bimbo. QU-RANDAZZO: E come lo sai, senza neanche un orologio? RAGAZZA: Lo sento: mi stanno scoppiando le zinne. Tieni il libro, e smettila di sentirti un niente… QU-RANDAZZO: No, da oggi no, grazie a te! RAGAZZA: Perché, che ho fatto io? QU-RANDAZZO: Senti, ti sembrerò un fanatico esagerato, ma tu per me sei come la luna che fa montare l’acqua fin sulla riva, fa spuntare i fiori e insegna agli uccelli il canto. Ti ho incontrata e il mio cervello s’è gonfiato di marea, mi fioriscono i pensieri. RAGAZZA: Sei tanto caro! Mi stai commuovendo. QU-RANDAZZO: Aspetta, che t’accompagno. RAGAZZA: No, ti prego, sono in ritardo, devo andare di corsa! (Così dicendo si pone due dita fra le labbra, soffia con forza emettendo un fischio potente. Accorre subito un

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32cammello, mosso da due mimi che stanno dentro il costume di pelle. Il finto animale si abbassa piegando le zampe, così da permettere alla fanciulla di salire facilmente sulla groppa e cavalcando l’animale attraversa tutto il proscenio. Entrano in scena ragazzi e ragazze. Ha inizio un canto mimato e danzato. Qu-Randazzo percorre la monta alla torre e di lassù, saluta la Fanciulla. Nel centro del cielo appare, spuntando da strisce di nuvole, la luna. CORO: La mia morosa è la luna nova È lei che spunta in cielo e fa la notte chiara Così che i pesci vanno in amore E che pure i frutti danno il loro odore ogniun si muove in danza finché anche il gufo s’addormenta. Alla fine della canzone la Fanciulla quasi fuggendo se ne va sul suo cammello . QU-RANDAZZO: (scende dalla rampa e cerca di rincorrere la Ragazza gridando:) Ehi, come ti chiami? Non m’hai detto nemmeno il tuo nome… Si ferma in proscenio. In quell’istante viene assorbito dal sopraggiungere dei danzatori maschi e femmine che lo nascondono alla vista del pubblico. Nel cielo passano altre strisce di nuvole che oscurano la luna. Lentamente spunta un grande sole che fa rossa tutta la scena. I danzatori si dissolvono. In primo piano troviamo Qu sdraiato che se la dorme tenendo sul viso la maschera della scimmia rossa. Quattro sbirri, che trascinano un contadino al quale hanno legato le mani dietro la schiena, stanno per sorpassarlo. Uno di loro torna sui suoi passi, osserva per un momento Qu, poi gli strappa dal viso la maschera

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33QU-RANDAZZO: Boia! Razza di stronzi coglioni... come vi permettete di svegliare uno che se la dorme beato? Gli sbirri strattonano il prigioniero e lo costringono a porsi di fronte a Qu che si è messo a sedere CAPO DEGLI SBIRRI: Guardalo un po’ tu, lo riconosci questo? PRIGIONIERO: Sì, è quello che raccontava la storia della zebra che sconfigge il leone… Uno degli sbirri colpisce il prigioniero con un bastone. SBIRRO: Ma che stai a far lo spiritoso… la zebra che sconfigge il leone!? (Costringe il malcapitato in ginocchio, viso contro terra). ALTRO SBIRRO: (afferra il poveraccio per i capelli e lo costringe a levare in alto il viso) E riconosci almeno la maschera? PRIGIONIERO: Sì, quella è proprio la maschera che portava il capo delle scimmie ribelli. CAPO DEGLI SBIRRI: Oh! Il capo? L’abbiamo beccato! (Saltano addosso a Qu prendendolo a calci, quindi strappano la fune dalle mani del contadino e ci avvolgono il nostro eroe). QU-RANDAZZO: Ehi, andateci piano! Guardate che state prendendo un granchio. E’ per caso che ho questa maschera... non sono quello che cercate... io non sono un rosso, io sono solo un buffone! SBIRRO: Muoviti, cammina! Fanno per avviarsi ma entra in scena il Signore della Guerra, seduto su una ricca poltrona che subito esclama:

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34SIGNORE DELLA GUERRA: Ah ah, meno male che almeno uno l’abbiamo preso! CAPO DEGLI SBIRRI: E il più grosso, eccellenza! Portava in faccia questa maschera, che è proprio quella del capo dei rossi. QU-RANDAZZO: Ma non è mia quella maschera! Non è neanche della mia misura! Non ci sto dentro col naso! (Afferra rapido la maschera dalle mani dello sbirro e se la calza). SIGNORE DELLA GUERRA: Avanti, diamoci da fare, scattare! Bisogna organizzare subito un processo in pompa magna! Voglio qui il giudice del distretto, il procuratore capo in persona, l’accusatore, il cancelliere... insomma, tutto il baraccone al gran completo! Rapidissimi gli sbirri si fanno segni l’un l’altro, spariscono correndo e rientrano reggendo tavoli, scanni sui quali andranno a sedersi i giudici e i cancellieri e per finire ecco una gabbia nella quale sistemano Qu. Sugli schermi viene proiettata la decorazione di un dipinto sfarzoso. In scena vengono spinti dei carrelli con gradinate su cui è seduto il pubblico, ci accorgiamo che si tratta di manichini. VOCE DEL CONCHIGLIONE: In quattro e quattr’otto tutta la messa in scena è preparata. Silenzio, seduti! Entra la corte. In piedi! Il tribunale è gremito di gente. QU-RANDAZZO: (con la faccia incastrata tra le sbarre) Per piacere, domando la parola. PRIMO GIUDICE: Silenzio! QU-RANDAZZO: No, voglio parlare! PRIMO GIUDICE: Bene, racconta. Sentiamo cosa hai da dire. QU-RANDAZZO: Ecco, signor giudice: io mi chiamo Qu… Randazzo di soprannome…

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35PRIMO GIUDICE: Qu… Randazzo? Che significa? QU-RANDAZZO: Uno che va intorno di qua e di là, di là e di qua, così, come capita… SECONDO GIUDICE: Ah… randagio insomma. QU-RANDAZZO: Sì, Qu-Randazzo… Randagio, come dire che vado in giro libero, solo... senza padroni né compari. Fuori da ogni banda. PRIMO GIUDICE: Vuoi dire che non hai un’organizzazione politica, un partito a cui far riferimento? QU-RANDAZZO: Un partito?! Figurarsi se potrei starmene dentro un partito... con le regole, i programmi… Mi fa schifo solo pensarci a un partito! Io non sopporto la politica... che mi sono sempre fatto i fatti miei e degli altri me ne strafotto... che vadano tutti a farsi fottere! SECONDO GIUDICE: Basta! Non posso tollerare un linguaggio così indecente e sboccato! Ordine! Silenzio, la parola all’accusa! ACCUSATORE: (si alza in piedi sistemando sul tavolo un mucchio di carte che man mano solleva e sventola come preparasse un gioco di prestigio) Eccellenze e vostri onori, come dice Confucio, la verità è duplice e nulla è inconfutabile. Ma poiché le parole volano insieme ai concetti come quegli infami sedicenti rivoluzionari hanno fatto volare appesi sugli aquiloni il nostro Governatore e gli altri suoi dignitari costringendoli per lo spavento a urlare come oche sgozzate… Colpo di mazza: BUM! SECONDO GIUDICE: L’accusa è pregata di moderare le allegorie. ACCUSATORE: Non sono allegorie, vostro onore, ma verità purtroppo oscene, giacché si è provocato a bell’apposta nei rappresentanti del Governo e dello Stato un

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36tal terrore da provocare una intrattenibile minzione a getto continuo di liquidi orinari. QU-RANDAZZO: Come dire… un gran spisciàcchio! Risata generale e colpo di mazza del Giudice. SECONDO GIUDICE: Zitto! Non siamo in un teatro comico! ACCUSATORE: Sì che lo siamo, giacché è proprio qui che volevo arrivare: a dimostrare attraverso lo sghignazzo del pubblico che i sovversivi rossi avevano come scopo primario proprio quello di indurre allo sberleffo il popolo minuto, che invadeva la piazza. E cosa c’è di più comico che l’assistere all’issata di un alto rappresentante del potere costituito appeso a una macchina volante? Le chiappe al vento? PRIMO GIUDICE: Eh no, per favore! Se anche l’accusa si dà al turpiloquio… ACCUSATORE: Va bene, perdonate: veder un Governatore coi sacri glutei al vento e sbattersi come un forsennato proprio come un gallinaccio, un’oca reale… Dal pubblico si levano le canne sottili sulle quali si muovono gli uccelli di carta telata che già conosciamo. Tutto si trasforma in un bailame di volatili che invadono l’intero tribunale. Uno degli uccelli si va a porre sul capo del Giudice che lo scaccia indispettito. L’accusatore agita i fogli per scacciare gli animali che gli svolazzano intorno cosicché anche i fogli sventolano a loro volta diventando volatili impazziti. ACCUSATORE Qui siamo davanti a una rivolta organizzata atta a gettare nel discredito la credibilità delle istituzioni proprio nella logica di una straculante

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37sovversione con la tendenzialità palese di proiezionare lo svilimento aperacoico silenziale così che al fine il progetto di questi lestofantoidi altri non è che quello di realizzare un effettuale proletariato egemonico, estropatica loica di un democraticismo velleitario…insomma, qui ci troviamo di fronte a una patogenesi di prassi rivoluzionaria che si può bene coniugare con la nefasta idea di un egualitarismo parossistico o se preferite della subdola realizzazione di un comunismo utopico. QU-RANDAZZO: (si leva applaudendo e urlando) Bello, bello: comunismo utopico! Che parola magica! Mi piace! Mi piaaaace! E io so cosa vuol dire utopico! Ve lo spiego? (Solito botto). PRIMO GIUDICE: Zitto! Seduto! Come ti permetti di sfottere? QU-RANDAZZO: Non sfotto, vostro onore! “Comunismo utopico” è un’espressione che mi construpera il cervello insieme a tutte quelle altre parole “proletariato egemonico”, “lautilizzante estropolicante” come dire “sparitebole ixofacto riputante del democraticismo velleitario”…bello, bello…che fortuna essere eruditi… Straripante! Pardon, stracazzàti pirlòstrati sfigazzàti ! Tutti ridono e mandano grida da stadio. Un frastuonante colpo di gong interrompe la caciara. PRIMO GIUDICE: La seduta è chiusa. La corte rimane sola per deliberare. Il pubblico è pregato di lasciare la sala senza frastuono avvisante o, meglio, in silenzio apaconico rispettuante il travaleo mirusteco della ignamasi. Qu si ritrova spinto dai carcerieri verso il gong e non può fare a meno di sferrarci un botto solenne: BONG!

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38QU-RANDAZZO: Ah ah, anche lei coi geroglifici lessico strampalici! Ha visto Eccellenza il contorcismo lessico sbarlucchio come attacca? Altra risata secca. Tutti escono recitando in coro sproloqui e parole contorte e strampalate. CORO: Etratica carnacialia dell’epostrofia estrurteca che strapazzica la evartide senza lasciar tracotare minimamente il laconatico sparachiappe…Olè! Nell’enorme sala si ritrovano i Giudici, l’Accusatore e il Governatore malandato che si muove grazie all’aiuto di ben tre serventi. PRIMO GIUDICE: Bene, a ‘sto punto, immagino che siate d’accordo con me che abbiamo preso una bella topica giacché questo… come si chiama… Qu con l’organizzazione dei sovversivi rossi mi sembra non abbia nulla da spartire. TERZO GIUDICE: Si, certo… si tratta solo di un vagabondo sprovveduto… come dire deficiente! ACCUSATORE Io direi, mi perdoni Vostro Onore: semplicemente un coglione! PRIMO GIUDICE: Sono d’accordo, non c’è altra espressione con cui definirlo. SECONDO GIUDICE: quello assomiglia a un comunista giusto come una rana assomiglia a un coccodrillo. GOVERNATORE: (gesticola aiutato da due serventi) E quindi che intenzioni avete? Di mandarlo libero offrendogli tante scuse e anche perdono? Così sarebbe come a dire che io mi ritrovo qui ridotto a un burattino disarticolato costretto a non uscire nemmeno per la strada dove la gente vedendomi arrancare marionettando non può fare a meno di

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39sghignazzare ricordandosi della beffa giocatami da quei bastardi che a ‘sto punto spariranno nel dimenticatoio della storia? PRIMO GIUDICE: Eh no, ma neanche per idea! Ma siamo matti? È certo che non si può! Questo deficiente sbilenco è l’unica carta che ci è rimasta in gioco. ACCUSATORE Appunto dopo tutto lo strombazzare che abbiamo fatto su ‘sto processo... buttarlo all’aria sarebbe come suicidarsi. Ci arrivano addosso pernacchi fino da Pechino! SECONDO GIUDICE: Sono d’accordo con voi sul disastro che creerebbe il farci scoprire con le mani vuote come il cervello di un generale di carriera. Ma nello stesso tempo mi pare che il condannare un povero demente innocente solo per dare in pasto ai grandi reggenti un capro espiatorio che gli soddisfi personalmente mi ripugna e umilia la mia responsabilità morale di giudice. GOVERNATORE: Beh, se la ficchi in quel posto la sua moralità di giudice. Noi tutti abbiamo l’esigenza e il dovere di rovesciare lo scandalo grottesco in cui ci ritroviamo immersi in guano puzzolente. PRIMO GIUDICE: Dica pure nella merda… fino al collo! CORO DEI NOTABILI: No, non si può… ACCUSATORE: Ci dispiace ma bisogna sacrificarlo! Ci vuole una testa tagliata per far ingoiare le risate che si sono fatti i contadini su di noi... GOVERNATORE: Soprattutto su di me si sono fatte le risate! E sulle mie sbroffate di liquidi orinari dal cielo. Ma lo sapevate che sono arrivati a spalancare i parapioggia tutti insieme? SECONDO GIUDICE: Eh beh, ma quando piove, piove! ACCUSATORE E l’ombrello spalancato è l’unica protezione! GOVERNATORE: Vi ci mettete anche voi? Grazie!

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40SECONDO GIUDICE: Ma no, era solo per uscire da questo clima funereo e angosciante. State tranquillo che la vostra testa, voglio dire la testa del vostro capro espiatorio da porre inchiodata sul muro l’avrete per certo! ACCUSATORE Quindi per chiudere il Qu-Randazzo è qui eletto un capo ribelle comunista e non ci sono discussioni. Fate entrare il pubblico e l’imputato, siamo pronti alla sentenza. Una guardia con battiti rapidi fa vibrare il gong. Da tutti i lati entrano i carrelli delle gradinate su cui sono posti i pupazzi che alludono al pubblico. Dentro la gabbia fa il suo ingresso anche Qu-Randazzo. PRIMO GIUDICE: (quasi cantilenando) Visto in comma 35-36 suffragato dalla legge del 12 in concomitanza a quella del 18 e in conseguenza all’articolo 24-32, dopo avere applicato tutti le attenuanti del 94-15-72 il qui presente capo comunista Qu-Randazzo, detto Randagio è condannato a morte… Pausa. Un brusio si leva dal pubblico sostenuto da qualche “Nooooo!”. Secco botto di mazza. SECONDO GIUDICE: Condannato a morte cioè alla pena capitale per taglio del collo. Altro “Noooo” del pubblico. PRIMO GIUDICE: La sentenza sarà eseguita fra quindici giorni da questo momento nella capitale del distretto Frion-Giamp. La seduta è tolta!

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41QU-RANDAZZO: (si guarda intorno incredulo mentre tutti escono) Condannato? A morte? Mi tagliano la testa?! E me lo dicono così? Se ne vanno tutti senza nessuno che mi dica una parola di conforto tipo “ Stai tranquillo, forse ci ripensano”, “Andrà meglio un’altra volta” o ”Verrà la grazia o un indulto”…No? Solo la disgrazia? Fatemi almeno i complimenti... Guardate, non grido… eppure sono innocente e non grido… dite qualcosa voi: vi ho fatto anche ridere! E’ proprio vero: per i buffoni senza potere non c’è più solidarietà. (Scoppia all’istante in uno sghignazzo) Ah ah mi hanno condannato! Per una maschera da scimmia che tenevo sul muso! Sì ma (quasi fra sé) era una maschera rossa e chi la indossava era un capo e siccome lui è capo e io ho la maschera… io ci rimetto il capo, ma salvo la maschera! Le guardie lo sollevano come un sacco mentre lui continua a ridere sgangherato e lo scaricano dentro una strana vettura che può alludere a un camion per le immondizia. La vettura si mette in moto e va a percorrere l’intero perimetro della scena, mentre dall’alto le braccia della gru calano pareti e gabbie; nello stesso istante alcuni uomini spingono altre pareti ed elementi strutturali diversi, che riunendosi vanno a formare una imponente costruzione protetta da torri sulle quali spuntano uomini armati: è il carcere di Xiang-Pong. Come il camion pseudo-raccatta immondizia si ferma in proscenio, Qu-Randazzo viene vomitato dalla testa della macchina e miracolosamente è acchiappato prima che caschi a terra da quattro guardie accorrenti. Davanti a lui si materializza una sfilata di guardie che al suo passaggio fanno il presentat arm.

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42QU-RANDAZZO: Oh che trattamento, quale onore! Ma per chi m’hanno preso?! Qu-Randazzo viene invitato a una specie di parata preceduto da due guardie che procedono impettite: a sua volta è costretto a camminare col petto in fuori e muoversi tronfio e burattinesco. Mentre percorre il proscenio, tutta la struttura rotea su se stessa spalancandosi fino a mostrare l’interno composto da grandi gabbie dalle quali spuntano teste e braccia dei carcerati. Alcuni di loro si sono arrampicati fino a sporgersi dall’alto. Mentre transita davanti a loro i prigionieri lo applaudono e gridano. Anche in questo caso si farà uso di pupazzi che con espedienti meccanici agiteranno braccia e corpo a seconda dell’esigenza. CARCERATI: Benvenuto Signor Qu-Randazzo! Bravo! Guarda com’è bello! Qu-Randazzo sei grande! QU-RANDAZZO: Ma forse… Non è che mi scambiate per un altro? CARCERATI: No, non ci sbagliamo! Noi si sa tutto di te e della tua storia. Stando qua dentro si impara tutto. Uno che sta libero lì fuori è distratto da mille problemi; a noi, da qui dentro, non sfugge nulla. E sappiamo chi sei: sei un mito! Che forza! Fatti toccare! Dammi la mano! ALTRO CARCERATO: Tieni, è per te! Una caciotta di Shangai! ALTRO CARCERATO: E anche questo bottigliotto è tuo! Bevi alla nostra salute! Così dicendo lanciano attraverso le sbarre piccoli doni.

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43VOCI: E un sacchetto di riso! Un’albicocca! Due pesche! Una pipa! Due sigarette! E una pallina d’oppio da masticare! La frutta e gli oggetti lanciati vengono acchiappati al volo dalle guardie che a loro volta le gettano a Qu-Randazzo, che per tener libere le mani le rilancia di nuovo alle guardie creando un vortice di salti e parate col tuffo come in un numero da circo. QU-RANDAZZO: Fermi! Grazie, ma basta così! Se no finisce che scoppio in lacrime! UN CARCERATO: Ah ah, Randazzo che scoppia in lacrime! Questa è bella! La scimmia dalla faccia rossa come il suo culo che piange: ma quando mai! E tutti applaudono, comprese le guardie che hanno posto in mezzo allo spazio libero una sedia perché Qu-Randazzo si possa accomodare. I carcerati lo subissano di domande. CARCERATO: Ehi, Qu-Randazzo è vero che tu e tuoi sovversivi vi siete presentati travestiti da Monaci tibetani? ALTRO CARCERATO: Hai fatto davvero quello che raccontano con gli aquiloni? ALTRO CARCERATO: Dai, racconta, racconta... GUARDIA: Silenzio! Fatelo parlare! ALTRO CARCERATO: Evviva il capo dei babbuini! Lunga vita per te e tutta la tua banda! Qu-Randazzo levandosi in piedi alza le mani, chiedendo silenzio. Tutti si zittiscono QU-RANDAZZO: Siete molto simpatici, ma forse io non merito tutta l’accoglienza che mi fate.

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44CARCERATO: Di più, di più! Ne meriti di più! ALTRO CARCERATO: Perché sei un gigante! Qu-Randazzo accenna un gesto muovendo le braccia a ruota e si allontana dalle gabbie venendo in proscenio. CARCERATO: Ma che fa? Che gli è preso? ALTRO CARCERATO: Forse l’abbiamo offeso… si è seccato… ALTRO CARCERATO: No, sta solo prendendo un po’ di fiato: l’abbiamo stordito! ALTRO CARCERATO: Eh già! Come tutti i grandi saggi è umile e dialettico… CARCERATO: Che c’entra dialettico? ALTRO CARCERATO: C’entra nel senso che è abituato a riflettere, immergersi nel pensiero… come Buddha! Proprio in quell’istante Qu-Randazzo si pone in ginocchio avanti al pubblico mentre lentamente il pavimento scorre in tondo. QU-RANDAZZO: Ma guarda tu cosa mi va a succedere… (A sentirsi così onorato, tenuto in tanta considerazione, per la commozione, gli prende un gran magone e balbetta parole con fatica) Ma dico, ma come fa uno come me, abituato soltanto a prendere scarpate, nessuna considerazione, abituato a sentirsi urlare solo parole e insulti: “Accattone! Pagliaccio! Buono a nulla! Puzzone! Vai a lavorare!”. Nessuno che mi prenda sul serio, solo: “Zitto! Chiudi quella fogna di bocca!” E adesso, di colpo, guarda qui, pregano addirittura che io parli come fossi una specie di santone, un capopopolo stimato… e tutto per il solo fatto di essermi trovato dentro una festa pazza, un cataclisma che mi è capitato addosso così per caso in cui

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45sono stato costretto a muovermi stordito, come un burattino spaventato e incosciente… e poi di colpo… taaac! La maschera rossa in faccia e da ubriaco mi addormento… e poi di nuovo: patatac! “Alzati, chi sei? Sei il capo delle scimmie rosse!” “Ma no, vi sbagliate!”. E adesso mi stanno prendendo tutti per una specie di profeta della rivoluzione! Uno mi ha perfino chiamato “capo carismatico”… chissà cosa vuol dire? Bello però, carismatico… quasi come utopico… prassi rivoluzionaria... egualitarismo parossistico! Porca d’una miseria! Sono quasi un intellettuale: bel salto da quello zozzone che ero! Tutto perché mi credono un brigante comunista. Ma cosa sarà mai essere un brigante comunista? Bisogna che m’informi! Guarda, è così importante questo giorno che quasi sono contento che m’abbiano condannato ad essere accoppato! Sono felice! (Sorride come un babbuino spalancando la bocca). Nel rotare scenico Qu si ritrova ancora davanti alle gabbie e la folla dei carcerati di nuovo lo tempesta di domande PRIMO CARCERATO: E’ vero Qu, che avete appeso i padroni sugli aquiloni facendoli volare con il culo per aria? SECONDO CARCERATO: Raccontaci dello spisciàcchio di spavento! TERZO CARCERATO: Dai, facci la sceneggiata di voi che li prendevate a pedate appena atterravano per fargli prendere di nuovo il volo! QUARTO CARCERATO: E’ vero del monaco grasso pacioccone che non voleva volare e che si è buttato giù dal carro ma è restato appeso per le chiappe? QUINTO CARCERATO: Che forza! Non è un uomo, è una leggenda!

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46PRIMO CARCERATO: Ti prego Qu, parlaci della condanna e della scena di te che come ti hanno condannato a morte… sei scoppiato a ridergli in faccia. SECONDO CARCERATO: E poi hai detto al giudice “Sì, sono comunista e anche se mi ammazzate verranno degli altri comunisti, che ce ne sono tanti… Vi attaccheranno tutti sugli aquiloni… Vi attaccheranno tutti per i coglioni... che il mondo è pieno di aquiloni e anche di coglioni!” Scoppia un applauso tremendo e il Qu rimane in silenzio. E’ sempre più ammutolito dalla commozione. TERZO CARCERATO: “Vedi che gente questi comunisti... proprio uomini di poche parole, anzi nessuna!”. Si sente un battito sonoro di spranghe battute contro le inferriate. VOCE DAL CONCHIGLIONE: Tutti in fila, è l’ora del rancio. Scorrono le grate e in coda i carcerati entrano uno dietro l’altro così da formare un serpentone ognuno con in mano la sua tazza e il cucchiaio di legno. Nel centro viene sistemata una grande pentola: due guardie distribuiscono la sbobba di riso. Anche a Qu viene offerta una tazza. I carcerati, man mano che ricevono il pasto, si siedono tondo-tondo intorno a Qu. Lo scalpiccìo prodotto dai passi stretti dei condannati e il dialogare fra di loro crea un fastidioso gracicare. Qualcuno cerca di porre domande a Qu, ma una guardia impone il silenzio.

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47GUARDIA: Zitti! Quando si mangia non si parla! E poi, un po’ di rispetto per il nostro ospite: è un’ora che lo state tormentando! QU-RANDAZZO: No, no…Lasciate pure che mi chiedano quello che gli pare. CARCERATO: Allora tocca a me, vorrei sapere cosa vuol dire essere comunista... Cos’è il comunismo? Silenzio, occhi spalancati, gran respiro... tutti lo guardano, come se aspettassero la parola del Sommo Maestro e lui non sa cosa dire, si guarda le mani che reggono la tazza. In quel momento un carcerato inciampa, cade trascinando nel tonfo altri due compagni. La sbobba finisce a terra, le ciotole volano in aria spargendo il pasto un po’ dappertutto. VOCI: Disgraziato! Guarda il casino che hai combinato! TERZO CARCERATO: ‘Sto deficiente, tutto addosso m’ha buttato! PRIMO CARCERATO: Stronzo maledetto! QU-RANDAZZO: Fermi, state fermi così come siete. Volete sapere cos’è il comunismo? Guardatevi intorno, lui ha inciampato ed è andato a sbattere contro il grassone che ha travolto il prigioniero calvo. La reazione di tutti è stata “Bastardo, mi hai insozzato tutto”, “Guarda qui che sbragata, coglione” e via… Tu ti sei forse preoccupato di aiutarlo a rialzarsi in piedi? E tu? Non vedi? Quello zoppica… gli hai chiesto forse se ha bisogno d’aiuto? E quelli che hanno perduto il loro pasto rovesciato per terra qualcuno gli ha raccolto la ciotola? Se non sbaglio la regola poi è che chi rovescia non ha diritto a un’altra porzione? Non è così? QUARTO CARCERATO: Sì, certo. Chi versa rimane a digiuno.

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48QU-RANDAZZO: Allora provate un po’… un cucchiaio a testa, riempite di nuovo la ciotola a tutti e tre. Presto, muoversi! Ecco, il preoccuparsi degli altri e distribuire ognuno ciò che s’è perduto… questo è il comunismo. QUINTO CARCERATO: Tutto qui? Basta “Quel che mio è tuo e quel che è tuo è mio”? Un po’ troppo semplice mi pare. E’ roba da oratorio dei cristiani. QU-RANDAZZO: No, un momento! Forse non mi sono spiegato bene, quindi vi faccio un’altra proposta, un’allegoria! VOCI: Cos’è?! Allegoria? QU-RANDAZZO: Guardate questa pesca matura che mi avete regalato: la tengo nella mia mano... schiaccio… cosa succede? Esce la polpa... e resta il nocciolo… che poi è il nocciolo della questione. Il comunismo? E’ il pugno che strizza e libera la polpa, il sugo... che cola! SECONDO CARCERATO: Ma cola per terra… QU-RANDAZZO: No, perché è pronta l’altra mano e altre mani che raccolgono la polpa prima che cada… e se la mette in bocca lasciandone una leccata anche per gli altri! Questo vuol dire… comunità…essere solidali nel bene comune, cioè il comunismo! TERZO CARCERATO: Bellissima allegoria! Faccene un’altra entrando nei particolari. Cos’è ‘sto comunismo? QU-RANDAZZO: Beh… il comunismo si dice che è… utopico. Cosa vuol dire utopico? Vuol dire impossibile… che è roba di fantasia... come un sogno… che non può essere, che non si può fare... E se una cosa non si può fare... uno che ragiona... la lascia lì... Non si può fare! Il comunista, quello vero, invece lo vuol fare, anche se è impossibile! Per questo si chiama comunismo utopico… cioè come dire politica dell’impossibile! SECONDO CARCERATO: Una cosa da matti insomma...

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49QU-RANDAZZO: Ecco bravo! Sì, ma basta uscire dal tram-tram d’ogni giorno e sei già un matto. Quindi non bisogna aver paura di essere presi per matti, matti totali… cioè fuori della norma. Bisogna essere matti ma con le idee chiare. Prima norma essere fuori dalla norma! Se uno ragiona come di norma... bacchettate sulle dita! Fuori! Non può fare il comunista! QUINTO CARCERATO: E per il resto della vita? QU-RANDAZZO: Bisogna imparare a godersela ‘sta vita! Accorgersi dell’aria, del vento, della luce, del sole e della pioggia. Vi sembra facile rendersene conto? C’è gente che vive una vita anche lunga e non ha mai goduto di questo. Bisogna imparare a godere dell’amore: anche questo è comunismo. Fare gran feste, cantare, ballare ma con la sapienza del ridere… Si nasce così? Uno è spiritoso per natura? No: ci vuole un insegnamento che s’impara a scuola, insieme al leggere e far di conto. Uno che non è capace di ridere e di far ridere non può essere comunista. Uno serioso, sempre incazzato, rompiballe... fuori! Bacchettate sulle dita... e fuori, fuori dal partito! Fuori! Quelli che cagano dubbi… nel momento che si siedono su uno scranno… si siedono di traverso e immancabilmente si schiacciano le palle! Tutti lo applaudono festosi. Gli mollano pacche, lo abbracciano, lo sbaciucchiano. SETTIMO CARCERATO: Si può entrare in ‘sto partito? SESTO CARCERATO: Anch’io vorrei! QU-RANDAZZO: Piano piano, mica si può diventare comunisti così, come prendere un caffè o una tazza di tè! Bisogna leggere, studiare!

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50Due servi di scena percorrono il proscenio reggendo un grande cartello sul quale è scritto: “Manca meno di una settimana all’esecuzione”. Le gabbie roteano su se stesse e scompaiono mentre anche le pareti scorrono fuori scena. Nello stesso tempo avanzano statue grottesche di leoni e mostri che sputano fuoco e spruzzano getti d‘acqua. Dai lati entrano i maggiorenti seguiti dal giudice e dal Governatore trasportato su sedia con ruote e a spingere il trabiccolo c’è la sua Concubina. L’un l’altro i maggiorenti si salutano inchinandosi, quindi tutti si accomodano sulle panche poste a semicerchio. Alcuni babbuini corrono qua e là scimmiottando i convenuti. PRIMO GIUDICE: Purtroppo ho pessime notizie da comunicarvi. Dal governo di Pechino il guardasigilli Wang Gang in persona, ci ha inviato un messaggio in cui si dichiara furente con tutti noi, per come abbiamo condotto la questione di rappresaglia contro l’attacco delle scimmie rosse. SECONDO GIUDICE: Perché? Dove avremmo sbagliato? Non abbiamo fatto altro che applicare la regola infallibile del “colpiscine uno per punirne mille” dopotutto! CORO: Perfetto! SACERDOTE GOVERNATIVO: Quindi, di che ci accusa il guardasigilli? PRIMO GIUDICE: Di nient’altro se non che siamo una massa di emeriti imbecilli. CORO: Ehh addirittura! PRIMO GIUDICE: Eh sì! Testualmente ci dice (legge su un foglio): “Ma, teste balorde, che v’è saltato in testa di tirare di mezzo un povero zozzone deficiente e farlo passare per il capo dei rivoltosi? Nessuno vi ha insegnato che non si risponde mai a una pagliacciata a sfottò con una buffonata cogliona? Non vi rendete conto che con la condanna a morte

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51di un capro espiatorio così smaccato, questa trovata imbecille ha regalato ai comunisti tempo e spazio per potersi riorganizzare con maggior forza?” CONCUBINA: Qui ha ragione, eh! GOVERNATORE: Zitta tu! PRIMO GIUDICE: (sempre leggendo su un foglio) E poi Wang Gang conclude: “Ma in questa maniera avete dimostrato che il governo della conservazione, cioè noi, si trova impotente, e alla mercé dell’opposizione rivoluzionaria”. SECONDO GIUDICE Eh no, non accetto che ci insulti, e con quel linguaggio! TERZO GIUDICE: Soprattutto è falso che noi ci si sia serviti di un capro espiatorio fasullo. Nessuno ha mai pensato che si tratti di un imbecille: a cominciare dai detenuti dentro il carcere tutti lo acclamano come eroe. CONCUBINA: È vero, è diventato come un Buddha martire. TUTTI IN CORO: Zitta, tu! CONCUBINA: Come non detto. SACERDOTE GOVERNATIVO: Scusate, ma sbagliate a prendervela con la signora, qui. È proprio vero, di questo Qu-Randazzo ne state facendo un martire eroico. CONCUBINA: Avete visto che avevo ragione? Tutti i notabili sollevano la mano ma la donna li precede e dice a se stessa: Zitta tu! SACERDOTE GOVERNATIVO E poi, per quanto pensate di poter continuare con questa farsa? A parte che fra una settimana dovrete accopparlo. Zac! Via la testa, via il pensiero. Voi pensate così! Eh no! È qui che vi sbagliate! CONCUBINA: Eh sì, si sbagliano! Zitta tu!

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52SACERDOTE GOVERNATIVO: Poiché… sapete quale sarà il risultato? Una rivolta quasi religiosa e fanatica di una marea di gente: avete ammazzato un santo. La concubina applaude. GOVERNATORE: (facendosi aiutare a mettersi in piedi e sorreggendosi con le stampelle che impiega come fossero il prolungamento delle sue braccia) Scusate ma forse io saprei come risolvere in positivo questa disastrosa sceneggiata. CORO: Sentiamo! GOVERNATORE Il peggiore degli errori sarebbe quello di metterci una pezza… come si dice da noi in Cina. (Barcolla e, agitando le grucce, colpisce uno dei giudici) Metterci una pezza e cambiare rotta all’istante! No, invece. Noi dobbiamo continuare sulla stessa linea ma con maggior scaltrezza! (Gira su se stesso e ancora con la gruccia colpisce il Giudice superiore, che cade al suolo). SECONDO GIUDICE: Come sarebbe, continuare? Il guardasigilli ci spara che abbiamo sbagliato tutto come degli imbecilli… e tu… voi ci venite a dire “andiamo avanti così, a far casino, che si ride?” GOVERNATORE: Per favore, lasciatemi finire! (Solleva di nuovo la gruccia che colpisce il secondo giudice, abbattendolo). CONCUBINA: Eh sì, lasciamolo finire, già non si regge! All’istante il Governatore crolla sbragato a terra: due serventi lo ripongono dritto. CONCUBINA: Ecco, avete visto? Continua, caro, cosa stavi dicendo?

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53GOVERNATORE: Il mio consiglio è questo: prima di tutto, organizziamo una serie di manifestazioni per la liberazione del falso capo comunista. TERZO GIUDICE: E chi mandiamo a manifestare? GOVERNATORE: Ci si manda una truppa dei nostri uomini ben allenati nelle operazioni agitative… (Si agita roteando su sé stesso come un mulino a vento e colpisce, abbattendoli, tre intervenuti) cartelloni, slogan, bande che spernacchiano... SACERDOTE GOVERNATIVO: Beh, può essere una buona idea. Andate avanti! GOVERNATORE: In contrappunto mettiamo in atto una carica leggera di polizia. (Altro giravolta, colpendo il sacerdote, che cade a terra) Poi, scateniamo qualche giornalista addestrato e appositamente pilotato… articoli indignati per l’ingiustizia, violazione del diritto di democrazia, eccetera, eccetera. CORO NOTABILI: D’accordo, si può fare. Poi? GOVERNATORE: Ed ecco che all’istante a queste manifestazioni fasulle vedremo affiancarsi autentici democratici che hanno abboccato all’amo, comprese le donne, perfino gruppi di Monaci (Altre rotazioni delle stampelle, cadono anche i serventi e perfino le scimmie). PRIMO GIUDICE: Ma come, volete addirittura spingere la pubblica opinione alla glorificazione di quel buffone? SACERDOTE GOVERNATIVO: Attento! Miei signori, per la gente semplice, e per i cosiddetti contestatori democratici rinnovatori, quello è tutt’altro che un poveraccio rintronato… lo considerano un innovatore onesto e spregiudicato che parla come un messia. CONCUBINA: Bravo, bravo, padre! E aggiunga pure che lui, Qu il Randazzo, da ribelle libertario, come si definisce, si permette di criticare duramente anche il partito comunista.

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54SACERDOTE GOVERNATIVO: Davvero? Stupendo! GOVERNATORE: Brava! La mia signora qui, ha detto il vero. LA CONCUBINA: (si pavoneggia) Grazie. CONCUBINA: E vi dirò di più: che da miei informatori ho saputo che in un suo discorso ai carcerati ha detto testuale: “Attenti a non fare che la dittatura del proletariato si trasformi in dittatura contro il proletariato”. CORO: Accidenti! GOVERNATORE: E qui scatta la trappola. SECONDO GIUDICE: Che trappola? GOVERNATORE: Vedrete che usando come megafono della rivoluzione questo nostro campione verranno allo scoperto un mare di autentici sovversivi. E noi che facciamo? CORO: Giusto, che facciamo? GOVERNATORE: Noi li schediamo tutti con cura e poi li facciamo fuori con calma uno a uno. (Turbina con le grucce abbattendo gran parte dei notabili; l’unico che riesce a scansarsi è il sacerdote). SACERDOTE GOVERNATIVO: Perfetto! Così non si potrà parlare di crimini, ma solo di ordine costituito. PRIMO GIUDICE: (rimontando in piedi con fatica) Perfetto, sono d’accordo. Ma, così è chiaro che dovremo sospendere l’esecuzione del nostro Qu. ALTRI GIUDICI (levandosi con fatica) Eh sì, siamo obbligati. Dovremo dichiarare che le manifestazioni di protesta ci hanno indotti a un ripensamento e a un’altra inchiesta, e quindi a un altro processo. PRIMO GIUDICE: Ma c’è un guaio: in questo modo i contestatori che noi abbiamo scatenato si reputeranno vincitori. SECONDO GIUDICE: E ringalluzziti, ritorneranno alla carica sempre più agguerriti e numerosi.

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55SACERDOTE GOVERNATIVO: No, basta che nello stesso tempo noi si porti avanti una poderosa campagna di stampa nella quale si esalterà il nostro grande senso democratico! GOVERNATORE: Certo, e dimostreremo che noi siamo per il dialogo e sappiamo ammettere i nostri errori. CORO: Evviva! Dio, che democratici, siamo! Nella roteazione finale gli ultimi rimasti in piedi vengono abbattuti come birilli. Cade anche il Governatore. CONCUBINA: (l’unica rimasta ritta, esclama) Ehi, ma che fate, dormite? Sveglia, per dio! Non mi avete detto come finisce. In questo modo succede che poi si fa l’amnistia e liberi tutti? Quindi al Qu-Randazzo non si taglia più la testa! PRIMO GIUDICE: (risorgendo) Eh no, Qu la testa la perderà di secco, ma a tempo debito. Gli spostiamo la data… solo di un po’. Statue grottesche, alberi mobili su ruote si spostano spinti dalle scimmie e dai serventi sortendo dal proscenio. Nello stesso tempo rientrano le grate della prigione che di colpo si spalancano seguite da un grido di festa: i carcerati vengono in proscenio danzando; due di loro tengono sulle spalle Qu, che ride commosso. CORO: Libero! Qu, sei salvo! (Cantano) Sei salvo! La testa non si mozza! Rimane la capozza! Oh che bella festa! È salva la capozza del nostro capo in testa! QU-RANDAZZO: Calma, calma! Io vi ringrazio, ma non è detto che mi lascino campare! In verità, mi hanno messo soltanto in attesa.

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56PRIMO CARCERATO: Vedrai che sarà un’attesa lunga una vita. SECONDO CARCERATO: Anzi, due vite! Lunga vita al capo e alla sua capa! Alcuni carcerati distribuiscono delle ciotole e altri vanno intorno a versare del vino di canna. UN CARCERIERE: (grida) È un pensiero del direttore del carcere! CORO: Salute anche a lui, a ‘sto puzzone! (Risata generale). TERZO CARCERATO Alla tua salute, Qu! Beviamo, masnada di fetenti galeotti! CORO: Salute! Amore e libertà! Tutti si siedono per terra mentre a Qu offrono un praticabile con sopra una panca. QUARTO CARCERATO: Qu, ti si possono fare delle domande? QU-RANDAZZO: Beh, sono un po’ stordito. Ma se ci tenete, fate pure. GUARDIA: Io, io! Vorrei fartene una io! Anzi, è un favore che ti devo chiedere. Quando voi rossi avrete preso il potere… QU-RANDAZZO: Beh, io non ci sarò più… mi avranno prolungato giusto di un mese… il tempo per la revisione, e poi… vi saluto: zac! GUARDIA: Va bene, potresti lasciar detto a qualcuno dei tuoi compari che mi faccia avere un avanzamento? E’ una vita che lo aspetto! QU-RANDAZZO: Mi dispiace per te, ma se salgono i rossi rischi di perdere il posto.

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57GUARDIA: Perché perderò il posto? QU-RANDAZZO: Perché non credo che con i comunisti ci saranno ancora le galere. GUARDIA: Come non ci saranno? Come si fa a stare senza galere? CARCERATO GRASSO: Eh, sì, ha ragione! L’ordine, la legge e la pena sono cardini dello Stato… e che Stato è senza galere? SETTIMO CARCERATO: Certo, non si può! QU-RANDAZZO: Si può, si può; perché con la rivoluzione tutto si ribalta, anche l’impossibile diventa normale, tutto diventa il rovescio di prima: guerre, uomini, donne e ragazzini accoppati, stupri, saccheggi… basta! Perché se ci resta ‘sta roba, compresi i tribunali, le galere, le banche con i prestiti a strozzo, e ‘sta massa di trappole… che comunismo è? OTTAVO CARCERATO Perché, voi comunisti avete in mente di far tabula rasa di tutto? È questa la rivoluzione? QU-RANDAZZO: Eh sì… (estrae dalla borsa il grosso libro regalo della Ragazza) sapete cos’è questo? È un vocabolario, e qui, alla parola “rivolta” dice che significa “capovolta, rovescio”; e rivoluzione significa “rivolgimento in azione, circonvoluzione”, che poi è anche il capovolgersi della Terra col giorno e la notte. CARCERATO ZOPPO: (commenta a parte) Che testa quel Qu, peccato che gliela mozzino... QU-RANDAZZO: (mostrando una pagina) E qui c’è Lu Shui, un poeta che commenta: “Noi ci troviamo nella notte. Aspettiamo che l’astro si rivolti e verrà la luce con il sole.” Capito? CORO: Aohehu! QU-RANDAZZO: Insomma, non possono esserci dopo la rivoluzione ancora uomini sfruttati, donne costrette a

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58battere, bambini schiavi, la fame, la miseria, gli ospedali per i ricchi e quelli per i disperati… basta, basta! CORO: Sì, basta, basta! QU-RANDAZZO: Basta con ‘ste trappole, se no vuol dire che ci hanno fregati… e quello non è comunismo! VECCHIO CARCERATO: Ma da che mondo è mondo ci sono sempre state ‘ste differenze. Come se ne può fare a meno? In uno Stato, se è uno Stato, ci vogliono quelli che comandano e quelli che eseguono e ubbidiscono: le guardie e i ladri, i giudici e i condannati. Quindi perché stia in piedi, anche con il comunismo devono esserci i ladri e i carcerieri, le puttane e i papponi e i clienti assatanati. QU-RANDAZZO: E allora aggiungici anche i tirapiedi, i furbi, i portaborse, e i burocrati. CARCERATO PICCOLO: Chi sono ‘sti burocrati? CARCERATO SAPIENTE: Chi vuoi che siano? È una specie di gramigna che s’infila un po’ dappertutto: nei governi, nei partiti, nelle religioni… perfino nelle opere di carità e fra gli accattoni e papponi che sfruttano le puttane. QU-RANDAZZO: E soprattutto, i burocrati sono quelli che fanno le scalate a qualsiasi potere, anche a quello del proletariato. Tutti applaudono CARCERATO COMPAGNO: (accennando il canto ‘Bandiera rossa’) Compagni avanti il gran partito… QU-RANDAZZO: No, niente sfottò su ‘sta canzone! (Si fa silenzio, Qu sfoglia il libro e poi dice deciso:) Ora io vorrei chiedervi un favore. VECCHIO CARCERATO: Dì, dì pure. CARCERATO ALTO: Hai bisogno di qualcosa? Tu chiedi, a costo di sbatter tutto all’aria noi faremo in modo di

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59soddisfarti! QU-RANDAZZO: Non so proprio come possiate riuscirci. CARCERATO GRASSO: Sputa l’osso, e vai tranquillo. QU-RANDAZZO: Mi sono innamorato! GIOVANE CARCERATO: Beh, è normale… E chi è? CARCERATO PICCOLO: Ehi, venite, sentite: Qu, il Randazzo s’è innamorato. TUTTI: Qu innamorato! Evviva! Chi è? E’ bella? (Le domande e i commenti si accalcano). CARCERATO VECCHIO: Buoni, non fate cagnara… uno alla volta, comincio io. Qu, dicci tutto. QU-RANDAZZO: La voglio rivedere… me la sogno di continuo, lei mi cerca, io la cerco ma non so dov’è… fatemela incontrare, non ce la faccio più! IL PELATO: È proprio imbesuito cotto, è come uno di noi. CARCERATO VECCHIO: Silenzio! Come si chiama ‘sta donna... perché è una donna, vero? QU-RANDAZZO: Sì, una ragazza stupenda, intelligente, spiritosa, colta… sa perfino leggere la scrittura semplificata. CARCERATO PELATO: Accidenti che femmina, c’è da aver paura! CARCERATO GRASSO: Va a finire che è una burocrate? (Riceve un calcio) Come non detto. E come si chiama? QU-RANDAZZO: Non lo so… CARCERATO GRASSO: Come non lo sai? QU-RANDAZZO: Non ho fatto in tempo… l’ho inseguita le ho parlato, abbiamo anche scherzato, riso, sempre con una canna fra di noi per tenere le distanze, poi via la canna, ci siamo dati la mano, ci siamo piaciuti. Io le ho recitato pure una poesia e lei mi ha regalato ‘sto libro. Poi lei con le lacrime agli occhi dice “ho un bambino. CARCERATO CALVO: Avete fatto pure un bambino? Così in quattro e quattr’otto?

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60QU-RANDAZZO: No, lei ce l’aveva da prima col sapiente, che è quello che le ha insegnato tutto a cominciare dalla scrittura. CARCERATO CAPELLUTO: E così fra una lettera e l’altra l’ha messa incinta! (Riceve a sua volta un calcio). QU-RANDAZZO: Può darsi, ma il fatto è che io non posso più stare senza di lei. Fate che la possa incontrare, vi supplico. CARCERATO VECCHIO: Eh, ma certo non è facile! Non sai come si chiama, l’hai vista una volta sola, sai che ha un bambino… sai almeno dove abita? QU-RANDAZZO: No. Deve essere fuori città, perché è saltata su un cammello. CARCERATO SECCO: Sul cammello? Non è una burocrate! CARCERATO SAGGIO: Scusate, ma qui ci vuole del metodo. Dunque, è bella, dammi i connotati. QU-RANDAZZO: Piuttosto slanciata, capelli molto lunghi, lisci e neri. Occhi grandi, naso sottile, bocca bella, coi denti bianchi, collo lungo, orecchie piccole… CARCERATO SAGGIO: Accidenti come te la ricordi bene! Certo che se tu sapessi disegnare…. QU-RANDAZZO: Ma io so disegnare! So rifarti le carte topografiche di tutta la Cina. CARCERATO VECCCHIO; Sì, ma una donna è diversa da una carta topografica. Non ha fiumi valli, monti… QU-RANDAZZO: Si vede che non le osservi con attenzione. Una donna ha pure colline, prati fioriti, valli e fossati, e pure le spiagge e il mare. CARCERATO PICCOLO: E allora disegna! Gli viene messa a disposizione una grande tavola sulla quale disegna servendosi di un carboncino.

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61CARCERATO SAGGIO: Ma che fai, cominci dai piedi? QU-RANDAZZO: Sì, secondo la regola di Bien Lee, si comincia sempre dal basso poi si sale: le caviglie, i polpacci, ginocchi… CARCERATO SAGGIO: Accidenti… QU-RANDAZZO Le cosce…. CARCERATO SAGGIO: Le hai visto anche quelle? QU-RANDAZZO: No, le ho immaginate.. c’era il vento che l’accarezzava… poi il pube… CARCERATO GRASSO: Oh, no il pube no! Non lo posso guardare! Sono quindici anni che sono in galera! QU-RANDAZZO: Le anche… il ventre… CARCERATO GRASSO: Sì, il ventre sì! QU-RANDAZZO: Il busto… CARCERATO PELATO: Scusa, non ti spiacerebbe tirarci addosso un vestito, anche trasparente, perché così è troppo… anch’io sono in galera da un pezzo! I seni per favore! QU-RANDAZZO: Eccoli. CARCERATO GIOVANE: Stupendi! Posso toccarli? CARCERATO SAGGIO: Giù le mani, è roba sua, di Qu-Randazzo! QU-RANDAZZO: Le braccia, le mani… lei ha bellissime mani, non credo di poterle ridisegnare precise. CARCERATO BASSO: Sì sì, son precise, son precise! QU-RANDAZZO: Poi il collo, e il tondo del viso… gli occhi, il naso, la bocca… CARCERATO GIOVANE: Mi sento male! Me ne fai una copia anche per me? CARCERATO PELATO: I capelli, ti sei dimenticato i capelli! Per me in una donna i capelli sono tutto! Oh, eccoli! QU-RANDAZZO: E adesso, perfetto… è lei. Quasi.

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62CARCERATO MAGRO Bene, e ora, dal momento che abbiamo la figura della fanciulla, come si fa ad averne delle altre copie per noi? CARCERATO MAGRO: Scusate, ci penso io, sono all’ufficio fotoriproduzioni. Ve ne posso tirare da coprirvi tutti. (Ha estratto una macchina fotografica da sotto la giacca e inizia a scattare fotografie con tanto di lampo al magnesio) Bene una volta che avremo le foto, ognuno di voi le passerà all’esterno attraverso i vostri parenti in visita. GUARDIA: Noi chiuderemo un occhio. Anzi datene anche a noi, che le si distribuisce in quantità. Ad ogni copia bisogna scriverci sotto: “Trovate questa FANCIULLA e segnalatela alle carceri. CARCERATO SAGGIO: No, così non va, se scrivi carcere la gente penserà che si tratti di una ricercata della polizia per acchiapparla e poi sbatterla in galera! CARCERATO GIOVANE: Una galera di femmine purtroppo! CARCERATO SAGGIO: Ci vuole un’idea del tutto originale! “Se hai letto questo ritratto e ti sei riconosciuta nel disegno metti un inserzione sul giornale del mattino con questa dicitura: ricevuto, mi farò viva a presto! Grazie!” CARCERATO PELATO: Ma per favore! Ci vuole un messaggio più fantastico, questa è una ricerca d’amore, mica per un posto da cameriera. CORO: D’accordo. QU-RANDAZZO: E allora scriviamo: “Se la rintracciate, ditele solo di leggere la missiva alla base di questo suo ritratto, che è questa che sto scrivendo, eccola…(Così dicendo inizia a disegnare ideogrammi figurati, dove si leggono uccelli, due animali da cortile, un angelo, e altre figure: astri, acqua, onde di mare, nuvole. Gli ideogrammi vengono proiettati su i grandi schermi).

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63CARCERATI IN CORO: Ma che vogliono dire quelle figure? QU-RANDAZZO: State tranquilli… solo lei potrà decifrarle e quando le avrà lette farà di tutto per venirmi ad incontrare! CARCERATI IN CORO: Scusa ma ci hai messo addosso una curiosità da brividi! Facci almeno un sunto! QU-RANDAZZO: E va bene, la dicitura è più o meno questa! Parlo a te che fai muover l’acqua fin oltre la riva… che insegni agli uccelli a volare e alle allodole a cinguettar concerti, io son quel che racconta il coraggio di un asino rigato che scalcia, son condannato per una maschera che tenevo in capo, ora quel capo me lo vogliono mozzare, Fammi il dono di venirmi a trovare. (Man mano che Qu legge, le immagini della scrittura scorrono sui grandi schermi). Fermi, fermi tutti! CARCERATO SAGGIO: Non basta, ci vuole anche un altro messaggio, cantato per esempio! CARCERATO CALVO: Una canzone? Lui, Qu in persona ci ha raccontato di averle dedicato una canzone e che lei dopo averla ascoltata quasi è scoppiata in lacrime per la commozione. Qu, come fa la canzone? Te la ricordi? QU-RANDAZZO: No, l’avevo improvvisata… ma aspetta ce l’ho scritta qui, proprio sul braccio… CARCERATO GRASSO: Ma tu guarda che trovata! CORO CARCERATI: Zitti, che Qu canta! QU-RANDAZZO: La mia morosa è la luna nova È lei che spunta in cielo e fa la notte chiara È lei che spunta in cielo e fa la notte chiara Così che i pesci vanno in amore E che pure i frutti danno il loro odore ognun si muove in danza finché anche il gufo s’addormenta.

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64CARCERATO PICCOLO: Guarda, m’è venuta la pelle d’oca! CARCERATO MAGRO: A me le lacrime! CARCERATO CALVO: Cantacela di nuovo, per favore, la voglio imparare a memoria! CARCERATO SAGGIO: Eh sì, dovrete tenerla a mente parola per parola, nota su nota, tutti dovremo impararla, per poi trasmetterla fuori di qui. CARCERATO ALTO: Certo che se avesse una musica sarebbe più facile. QU-RANDAZZO: Ma ce l’ha! L’ho fatta su un’aria antica. CARCERATO: Faccela sentire! Fate silenzio che Qu canta. CARCERATO CON CHITARRA: Aspetta che scriviamo le note. Venite anche voi! Entrano in scena tre carcerati musici con i loro strumenti. CARCERATO ZOPPO: Per la miseria, abbiamo pure l’orchestra! CARCERATO VECCHIO: Che carcere da ricchi! CARCERATO PICCOLO: Certo, io ho dovuto farmi fare una raccomandazione per entrare qui! CARCERATO CON CHITARRA: Proviamo con sto accordo, senti un po’ se ti va. (Esegue). QU-RANDAZZO: No, scusa… dovrebbe essere in maggiore. Così è un la! Perfetto, aspetta che ci metto un cappello… vai con la base: Io t’ho conosciuto e come un pazzo vo cercandoti da quella sera ma non so il tuo nome io son Qu, e t’aspetto in galera Applauso dei carcerati.

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65 CARCERATO SAGGIO: Avanti, vai avanti, che funziona! I cantori e Qu eseguono insieme improvvisando. CARCERATO VECCHIO: Attenti, adesso tutti insieme: da capo! Chi sa leggere, legga, gli altri ci vengano appresso. CORO: La mia morosa… (Eccetera). S’abbassano le luci, le grate scompaiono, i carcerati escono di scena continuando a cantare. Dal fondo avanza una parete di scudi ed elmi, e la formazione a testuggine della polizia, che giunge fino al proscenio, quindi si divide a metà e la parte di sinistra se ne esce scorrendo; altrettanto fa quella di destra. Dai lati entrano manifestanti che sorreggono bandiere e cartelli issati su alti bastoni e lunghe tele poste su aste. Anche in questo caso si tratta di una struttura scenica a blocco, in cui i personaggi che rappresentano i manifestanti sono spesso sostituiti da manichini. I manifestanti vengono attaccati da un'altra formazione più aggressiva, che esibisce a sua volta cartelli e bandiere. Essi gridano: POLIZIA: Fermi tutti, qui è la polizia! E l’altro gruppo risponde: POLIZIA: Ma anche noi siamo della polizia! POLIZIA: E chi se ne frega! Via, abbiamo detto: via!

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66E iniziano a battere come indemoniati sui teloni e i cartelli degli antagonisti. Fuga, confusione, gente che cade a terra: cartelli e teloni ovunque. Sul livello intermedio della torre appaiono i reggenti della città: due giudici, un Generale e il solito Governatore ancora azzoppato con al suo fianco il Sacerdote Governativo e la Concubina. PRIMO GIUDICE: Ma cosa sta succedendo? I nostri finti manifestanti attaccati da altri manifestanti che si dichiarano poliziotti, e poi altre tre chiamate dei reparti speciali nella periferia per sedare rivolte, ma non trovano nessuno: era un falso allarme… sbaglio, o la nostra stessa trappola sta scattando addosso a noi? GENERALE: Niente paura, evidentemente si tratta di qualche malinteso, ora faremo un’inchiesta e capiremo come stanno le cose. GOVERNATORE: Speriamo. Non vorrei che nelle nostre fila si fossero infiltrati dei provocatori. GENERALE: Verificheremo anche questo. Piuttosto, avete saputo la grande novità? PRIMO GIUDICE: Quale? GENERALE: Abbiamo scoperto che il nostro Qu tiene una relazione con una ragazza. SECONDO GIUDICE: Oh, tu guarda! E da quando? GENERALE: Da poco, pare. Ma credo che non si tratti di una semplice avventura. Era emozionata, pallida e tremava, perfino, quando è venuta a trovarmi. CONCUBINA: Oh, che bella storia d’amore! Mi piacciono le storie d’amore pazze! SACERDOTE GOVERNATIVO: Una passione svirgola, allora! Ma tu guarda quel Qu, tiene pure fascino con le donne! L’avevamo classificato un baltròcco da circo equestre e invece eccolo qua, lo scopriamo uno sciupafemmine ammaliatore.

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67PRIMO GIUDICE: Beh, succede, basta leggersi le storie indiane, ce n’è perfino una dove la figlia del gran visir si invaghisce di uno scimmiotto e ci fa un amore pazzo. CONCUBINA: Lasciamo correre le storie indiane… il fatto è che a prendere il granchio siete stati solo voi masculi, io avevo capito subito che si trattava di un candido ragazzotto, sì, ma pieno di talento. Basta vedere come recitava da giullare. L’avrei mangiato di sbaciùcchi. PRIMO GIUDICE: E questa figliola l’avete contattata voi? GENERALE: No. Prima c’è stato quel fatto paradossale della canzone cantata in ogni luogo… GIUDICE E GOVERNATORE: (all’unisono) Che canzone? CONCUBINA: Ma non ve ne siete accorti? Dove vivete, in una caverna sottoterra, nelle catacombe dei Ming? Io capisco il mio signore, qui, che dopo il volo con schianto è diventato… mi si perdoni il termine un po’ inusitato… un vero e proprio catorcio: ci vede meno, cammina come uno scimpanzé ed è completamente sordo… ma voi notabili, che avete occhi e orecchie quasi normali, non vi siete resi conto che da una settimana e più, dappertutto, dalle donne affacciate alle finestre a sbatter panni, ai conduttori di risciò, persino nei canti dei Monaci e dei venditori ambulanti, tutti continuano a fischiettare, cantare, anche in coro, quella canzone? Ecco, sentite? La cantano pure adesso, per la strada, gli accattoni e gli spazzini. Si ode un coro soffuso, al quale si unisce la Concubina che, presa dal ritmo, canta. Anche due cameriere, che stanno distribuendo il tè, si uniscono all’esibizione. CORO DONNE: Io t’ho conosciuto e come un pazzo

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68vo cercandoti da quella sera ma non so il tuo nome io son Qu, e t’aspetto in galera SACERDOTE GOVERNATIVO: Bella. Tanto di parole che d’armonia. Ma cosa c’è di strano? Si tratta dopotutto di una canzone d’amore alla moda come ce ne sono tante. GENERALE: Sì, ma questa non è solo una canzone, è anche un messaggio. Infatti nel testo ci sta pure l’indirizzo e la firma. CONCUBINA: Eh sì, eccola qua: (Le cameriere e la concubina cantano in coro: ) Io t’ho conosciuto e come un pazzo vo cercandoti da quella sera ma non so il tuo nome io son Qu, e t’aspetto in galera… GENERALE: Avete capito? E proprio dalla galera è uscita la missiva. Così che, oltre alla città intera, la potesse ascoltare anche la ragaza di Qu, che, pur di vederlo, è venuta da me. CONCUBINA: Che amore! Ma voi capite? ‘Sta giovane rischia di passare magari per una ribelle comunista e ritrovarsi ammanettata anche lei in galera, pur di poterlo rivedere il suo Qu. CAMERIERE E CONCUBINA IN CORO: Oh, che meraviglia! CONCUBINA: Come vorrei vivere una situazione tanto appassionata! Poter ascoltare una canzone cantata da migliaia di persone dedicata a me… (Rivolgendosi al generale e al giudice) Per favore arrestate il mio signore qui. Vi assicuro che è un infiltrato e lavora per i comunisti.

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69GIUDICE E GENERALE: Ma che sta dicendo, signora? È impazzita? CONCUBINA: No, ve lo giuro, è la verità: è un traditore rivoluzionario. Mettetelo in galera, condannatelo a morte, così finalmente tornerò ad innamorarmi pazzamente di lui! (Lo abbraccia e lo sbaciucchia) Oh caro catorcio mio, fatti mozzare il capo! Lo terrò fra le mie braccia per tutta la vita, imbalsamato come un diamante. PRIMO GIUDICE: Per favore signora, è una cosa seria! (Rivolgendosi al generale) Allora lei, generale, l’ha vista la fanciulla, le ha parlato? E com’è ? GENERALE: Così (Estrae da sotto la tunica un ampio rotolo di carta lasciandolo srotolare in verticale. Appare l’immagine della fanciulla). SECONDO GIUDICE: È un suo ritratto? GENERALE: Sì. Eccezionale, no? Pare l’abbia eseguito proprio Qu-Randazzo in persona. GOVERNATORE: Pure pittore è… Fra poco scopriremo che a tempo perso si rivela buon chirurgo, cartomante, capitano di una nave e che resuscita i morti… solo quelli freschi di giornata! GENERALE: Ho scoperto che di questa immagine hanno tempestato tutta la città. Sui muri, sui risciò, perfino sui templi. SACERDOTE GOVERNATIVO: Bella figliola! CONCUBINA: E cosa vi siete detti? GENERALE: La giovane mi ha subito chiesto tra le lacrime di permetterle un incontro con il condannato. PRIMO GIUDICE: E gliel’avete accordato? GENERALE: No, volevo il vostro parere, prima. CORO NOTABILI: Bravo, ha fatto bene! SACERDOTE GOVERNATIVO: Ma che cosa sapete di questa ragazza? Chi è? Come si chiama? Da dove viene?

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70GENERALE: Pare sia di ottima famiglia, laureata. Insegna in un istituto privato. SACERDOTE GOVERNATIVO: Niente altro? GENERALE: No, non mi pare… ah, sì. Ha un figlio, nato da poco. CORO: Figlio di Qu? GENERALE: Ma se vi ho detto che si conoscono appena, come può essere? Buongiorno, buonasera, ti amo, amore- amore, tac! Ti ho messa incinta…? CONCUBINA: Beh, nei grandi amori può succedere. SACERDOTE GOVERNATIVO: E come si chiama? Qual è il suo nome? GENERALE: Molto strano. Ha detto di chiamarsi Luna Chiara, o Luna Nova, adesso non ricordo. CONCUBINA: È proprio un nome da favola! Per me voi dovreste concederle questo incontro. PRIMO GIUDICE: Non è possibile, Qu è ancora in attesa del nuovo giudizio e sotto inchiesta. SACERDOTE GOVERNATIVO: Io sono d’accordo con la signora: lasciate correre regole e regolamenti e fate che si incontrino. CONCUBINA: Oh, ecco un uomo di cervello e di cuore. Non si può rompere, schiantare una storia del genere così, per via di un regolamento giudiziario! Sennò il pubblico si incazza! SACERDOTE GOVERNATIVO: No, non è per il pubblico, signora! È che credo che tutti noi abbiamo preso uno svarione terribile. Il Qu non è il pampalùga coglioncione che credevamo. Uno che scrive un canto del genere e poi disegna con tanta sapienza una figura così armoniosa… attenti, che è qualcosa di più. Questo ha un cervello e lo sa usare, esibisce una sorprendente fantasia, e mostra d’essere in grado di recitare tutti i personaggi della commedia…

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71SECONDO GIUDICE: Non credo. Per me, sempre un tòrsolo è! PRIMO GIUDICE: Ad ogni modo non si può rischiare di farlo fuori come un capretto senza indagare. GENERALE: Ha ragione, sono d’accordo anch’io, indagare è d’obbligo! CONCUBINA: E per indagare bisogna farli incontrare, lasciarli liberi di abbracciarsi, sbaciucchiarsi e parlare. GENERALE: Certo, e nello stesso tempo noi si ascolterà attraverso microfoni ben camuffati, e si spierà ogni loro gesto dall’alto con binocoli da marina. CONCUBINA: Insomma, un’operazione da guardoni assatanati e bavosi. Che bella storia! Le pareti della prigione ritornano a invadere la scena; si odono battiti ritmati prodotti dalle tazze di metallo picchiate contro le grate. VOCI DEI CARCERATI GRIDATE IN CORO Ridateci il Qu! Lo so che pensate di farcelo a pezzi! Attenti a voi, scagnozzi! Ogni botto che gli mollate lo pagherete il doppio! UN GUARDIANO: Sentili, sentili come schiamazzano. State tranquilli, lo tratteremo con guanti di velluto e mazze di piumino. Qu-Randazzo viene spogliato quasi completamente dei suoi abiti e issato per i polsi a una sbarra molto alta. Alle caviglie del prigioniero vengono appesi due grossi pesi. Il generale seduto cavalcioni su una sedia sta in centro del palco e interroga il prigioniero. Intorno si pongono minacciosi quattro carcerieri che impugnano aste di canna.

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72GENERALE: Caro Qu, sono mortificato di doverti trattare un po’ duramente, ma gli ordini sono ordini. Ci sono dei maggiorenti così curiosi che vorrebbero sapere di te tutta la tua storia: da quando sei nato a oggi. Se rispondi subito e rapidamente, ce la caviamo in poco tempo, e così eviti di allungarti di qualche centimetro di troppo. Tanto per cominciare, mi spieghi com’è che in ogni caciara in tuo favore si affacciano alla piazza contestatori vocianti, ma poi all’istante, come arrivasse un ordine dall’alto spariscono, si volatilizzano come piume cancellate dal vento. QU-RANDAZZO: Ah sì? Chi li organizza? GENERALE: Chi dà l’ordine? QU-RANDAZZO: Succede così? Tu guarda! GENERALE: Non fare l’allocco, parla! Una guardia affibbia a Qu una sferzata di canna. QU-RANDAZZO: Uhia! Ma che ne posso sapere io rinchiuso come sono in ‘sta galera! Altra sferzata. QU-RANDAZZO: Ahia! Sulle natiche no! GENERALE: Allora, ti decidi? QU-RANDAZZO: Ma io credo che l’errore vostro sia stato quello di portare in piazza come gazze da richiamo tutti ‘sti vostri uomini truccati da contestatori così smaccati, travestiti con abiti in nero, caschi neri, guanti neri, nere perfino le mutande… mossi come burattini. E chi abbocca? Come li vedono, tutti i manifestanti, quelli veri, tagliano la corda, mica sono fessi! Altra froppata eseguita dai quattro carcerieri.

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73QU-RANDAZZO: Ohi ahi ahi uh. GENERALE: Ma chi vi ha ordinato di frustarlo, adesso? Per la miseria, ha detto una cosa giusta! Siamo noi coglioni che ci scopriamo nel gioco. Le quattro guardie velocissime avvolgono la cima delle canne con uno strofinaccio che intingono in acqua e olio medicale e vanno massaggiando il corpo dell’appeso. QU-RANDAZZO: (ridendo piacevolmente sollecitato) No, per favore così no, mi fate il solletico! (Ride) Ah ah ah! Oh, no! GENERALE: Deciditi a parlare! Qui ad ogni buon conto, c’è un cervello, un capo che da le direttive e gli ordini. Ti spiace dirmi il nome? QU-RANDAZZO: Non lo so… Sferzata di canne. QU-RANDAZZO: Ahia! GENERALE: Dove sta, dove si nasconde? Non so… Altra sferzata. QU-RANDAZZO: Ohia! GENERALE: Con chi se la fanno, come è organizzato tutto il movimento? QU-RANDAZZO: Giuro che non lo so… Altra sferzata. QU-RANDAZZO: Ohia!

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74A ritmo quasi musicale: ad ogni domanda corrisponde una frappata di canne, inframmezzata da qualche massaggiata di stracci unti. Qu, colpito da ogni lato si divincola e oscilla scomposto, quasi danzante. GENERALE: Che fai, danzi? Pure il ballerino adesso fai? Parla! Tu, che grado hai nella banda dei rossi? (Altra sferzata) Basta di farti passare per un coglionàzzo, caro Qu! Spiegaci come fa uno che legge la scrittura antica, che racconta favole spassose, che improvvisa canti da far innamorare donne colte e raffinate, a farsi passare per un povero demente senza arte né parte! (Altra sferzata). Qu continua ad agitarsi e divincolarsi sospeso nel vuoto, producendo un movimento d’altalena, così che va oscillando e rotando. Nel turbinare, i pesi abbrancati alle caviglie vanno a colpire i quattro battitori e pure il generale. GENERALE: Basta così, qui ci si ammazza. (Urla colpito in pieno capo) L’interrogatorio è chiuso. Zoppicando, massaggiandosi i botti, i cinque inquisitori escono di scena. Qu rimane appeso ad oscillare tutto solo, entrano quattro carcerati che quasi in coro esclamano: CARCERATO GRASSO: Ma guarda come l’hanno conciato ‘sti bastardi! VECCHIO CARCERATO: Stai tranquillo che ti tiriamo giù leggero come una sposa. CARCERATO VECCHIO: E tutto un bozzo, e sanguina. Manovrando le corde fanno scendere a terra Qu. Il poveraccio è tutto un lamento, e geme, soprattutto quando i

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75quattro amici lo sollevano per distenderlo su un praticabile. Dal fondo entrano camminando lievi, altri carcerati. CARCERATO VECCHIO: No! State sbagliando tutto! Se lo stendete, con le graffiate e le sgarbellàte che tiene nella schiena e nelle natiche, questo schiatta per il dolore. Dobbiamo rimetterlo appeso con più corde, ripulirlo, ungerlo e medicarlo. E mentre lo risollevano, dall’alto calano altre corde, le cui cime vengono legate ai gomiti di Qu, intorno alle ascelle, alle ginocchia eccetera. Alla fine, eccolo trasformato in una marionetta perfetta. All’improvviso i carcerati iniziano a cantare sottovoce il canto d’amore di Qu. Lentamente, la fila che raccoglie in un cerchio il corpo appeso di Qu si spalanca e appare la fanciulla. Stordito come si trova, con il sangue che gli cola sugli occhi, Qu non si rende conto dell’ingresso della ragazza, che dal di sotto lo osserva sollevando le braccia. Luna Nova afferra dalle mani di un carcerato uno straccio e lo intinge nell’olio diluito. Due carcerati trascinano un praticabile fin sotto il corpo di Qu appeso. Sollevano Luna e la posano sul praticabile. La fanciulla passa lo strofinaccio lievemente sulle ferite di Qu, che geme appena. Luna pone le sue labbra sui lividi e i larghi strappi del suo corpo, poi con gesto timoroso lo avvolge fra le sue braccia. QU-RANDAZZO: Oh, è arrivata la mia Luna! Ma il corpo di Qu, unto in abbondanza, sfugge al suo abbraccio, per di più Luna fatica, costretta come si ritrova a starsene in punta di piedi sul praticabile per medicarlo.

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76LUNA: (rivolgendosi agli amici di Qu) Potrei a mia volta avere delle corde per appendermi appresso a lui? Rapidi i carcerati fanno scendere dall’alto tutte le corde disponibili e ne legano i capi alle caviglie, alle spalle e alla vita della ragazza, quindi la issano. Finalmente i due si possono tenere l’un l’altro fra le braccia, oscillando lentamente nell’aria. Tutti i carcerati si volgono verso le pareti. Non è buona educazione osservare una tale danza d’amore. Sottile si leva un canto che accompagna l’oscillare degli amanti. Dondola dondola fra le mie braccia Gira nell’aria incollata a me Ogni dolore all’istante si placa I nostri palpiti segnano il tempo Finché resta un sol cuore, un cuore solo a dar ritmo alla vita Dondola dondola fra le mie braccia Gira nell’aria incollata a me Danziamo oscillando nel ritmo d’amore. Scende la luce, l’immagine dei due amanti sospesi svanisce, su i grandi schermi viene proiettata l’acqua di un fiume che scorre lentamente nel quale transitano due slanciate e leggere barche da diporto, spinte da rematori che si avvalgono di lunghe aste, immerse nel fondale. In una delle due barche notiamo i due Giudici, il Governatore, la sua Concubina, e nell’altra il Sacerdote col Generale. PRIMO GIUDICE: Bella trovata davvero, questa di far incontrare i due innamorati nella galera! Guardate il disastro che ci ha procurato!

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77SACERDOTE GOVERNATIVO: Disastro di che? Mi dispiace contraddirvi, ma ribadisco che sì, è stata una idea geniale. Abbiamo dimostrato alla popolazione di possedere una sensibilità umana che nessuno poteva sospettare in gente di potere assoluto come noi. CONCUBINA: Già! E avete pure organizzato come preambolo una fustigazione con il condannato battuto a colpi di canna come si fa con la cacciagione selvatica, prima di mandarla arrosto. PRIMO GIUDICE: No, qui noi non c’entriamo! È stata un’idea del generale, laggiù (Indica l’altra barca) che ha agito senza chiedere il nostro parere. SACERDOTE GOVERNATIVO: Cosicché, quando è entrata in scena l’amata Luna, il pathos della tragedia amorosa era lì, già pronto da servire condito di lacrime, intenerimenti da far fremere di commozione anche anime rozze come quelle dei carcerieri. GENERALE: Io personalmente non sono contrario a che si sia imbastita questa sceneggiata di amplessi danzati nell’aria. Quello che mi sconvolge e irrita fino alla follia è scoprire un carcere trasformato in vero e proprio colabrodo, cosicché tutto quello che là dentro accade, anche di più segreto, immediatamente si sbrodola in pasto al pubblico di tutta la città. SACERDOTE GOVERNATIVO: Beh, cos’è successo dopotutto? È vero, la gente s’è divorata con un’avidità stravolgente tutta ‘sta sceneggiata amorosa, compresa la flagellazione del prologo, i sospiri, i lamenti e i gemiti d’amore. E allora? SECONDO GIUDICE: Ma voi, padre, fate l’allocco o lo siete davvero? SACERDOTE GOVERNATIVO: Piano con le offese, eh! SECONDO GIUDICE: Ma non vado piano proprio per niente! Che razza di senso della gestione del potere avete,

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78voi religiosi? Nessuno vi ha mai detto che impastare la politica con le passioni amorose è uno degli errori più imbecilli che si possano combinare? SACERDOTE GOVERNATIVO: Perché, cosa è successo, alla fine? PRIMO GIUDICE: Niente, acchiappiamo un povero idiota, con velleità da pagliaccio, lo condanniamo a morte ma poi ci ripensiamo e organizziamo manifestazioni in sua difesa. E così ne facciamo un capopopolo eroico, addirittura un mito! Poi, non contenti, dal momento che scopriamo l’esistenza di una relazione amorosa fra il Qu e una malmaritata di nobili natali, alè, buttiamoci nello sguazzo dei sentimenti e delle passioni. CONCUBINA: No, andiamoci piano: questa ondata popolare di commozione non è stata sollecitata da noi, ma è nata spontaneamente, come i gigli che crescono in riva alle cloache. Poiché, è risaputo, il popolo possiamo privarlo di tutto, ma non dei sogni e della fantasia. GOVERNATORE: E va bene, facciamo pure sognare i pezzenti e i beoti! Ma adesso cosa combiniamo? Lasciamo correre la faccenda in modo che nella plebaglia e, ahimè, anche nella media e piccola borghesia, monti questa favola da tragedia antica, con diecine di cantori e cantatrici che ci sbrodoleranno addosso la stessa storia a tormentone? Non ci resta che una soluzione: far scattare il gran finale. CONCUBINA: Cioè? GENERALE: La pena di morte! Gli mozziamo il capo e giù il sipario, fine della storia. SACERDOTE GOVERNATIVO: Fine un corno! Con una soluzione del genere, nel clima che noi stessi involontariamente abbiamo provocato, rischiamo una rivolta, con migliaia di scalmanati amorosi in piazza. PRIMO GIUDICE: No, se li prendiamo contropiede! CONCUBINA: In che senso in contropiede?

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79GENERALE: Lo portiamo sul patibolo domani stesso! Così i facinorosi non avranno il tempo di organizzarsi. SECONDO GIUDICE: E come giustifichiamo una decisione tanto improvvisa? Non dimenticate che avevamo promesso di indire un altro processo d’appello. PRIMO GIUDICE: Ma è semplice: basta dimostrare d’aver scoperto un’operazione armata organizzata da rivoluzionari comunisti, con tanto di assalto alle carceri, bombe e strage di guardie e popolazione innocente. SACERDOTE GOVERNATIVO: E come la si sostiene una panzana del genere? PRIMO GIUDICE: Basta acchiappare un gruppo di soliti sospetti, li portiamo in carcere, li torchiamo ben bene, gli facciamo ammettere tutto quello che ci pare… SECONDO GIUDICE: Eh no, in un’operazione del genere io assolutamente non vi seguo. Questo è un crimine inaccettabile! GENERALE: E allora mi spiace, io che sono il capo della polizia, coinvolgo anche lei e tutto il suo ufficio. SACERDOTE GOVERNATIVO: Attenti a non esagerare. CONCUBINA: Io sono qui sconvolta. C’è una storia che farebbe sciogliere di tenerezza anche il più infame dei criminali e voi la volete annegare in un simile trogolo da porci? PRIMO GIUDICE: Signora, ritiri subito l’offesa che ci avete lanciato o io… CONCUBINA: O lei cosa? Minaccia, decide, ci impone un delitto, e cosa pretende? Io la denuncio al procuratore generale, amico fraterno di mio marito. GENERALE: E chi se ne frega. Crede forse che mi metta a tremare, davanti a femmine del suo genere? Se dovessi tremare davanti a tutte le donne come lei… CONCUBINA: Cosa insinua con: “del mio genere”?

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80La concubina afferra il lungo bastone da spinta e lo fa roteare sulla testa del generale, che a sua volta afferra un remo e va spintonando i notabili che occupano l’altra barca. Ne nasce una vera e propria battaglia a colpi di bastoni da spinta. Le barche oscillano e, uno dopo l’altro tutti i notabili, compresa la donna, finiscono in acqua. I due rematori spingono le barche fuori dalla scena disinteressandosi dei malcapitati nuotatori. Come in una dissolvenza incrociata, spariscono i teli longitudinali che, stesi in proscenio, fanno immaginare l’acqua del largo fiume; dal fondo avanzano le gabbie della prigione. Seduto su un praticabile che raggiunge il proscenio, vediamo Qu che se ne sta in silenzio, immerso nei suoi pensieri. A passi leggeri da ogni lato entrano in scena i carcerati, che si siedono a terra senza proferir parola. Dopo un breve sospiro, Qu si rivolge ai suoi compagni di sventura. QU-RANDAZZO: Vi dirò: me l’aspettavo sarebbe andata così. D’altra parte dovremmo rallegrarci. La decisione di farmi fuori non è altro che un atto di vendetta. Gli abbiamo combinato un disastro: i canti, le manifestazioni, la partecipazione della gente, il rischio di una sommossa… cosa potevano fare poveracci, se non ricorrere un’altra volta alla condanna a morte? VECCHIO CARCERATO: Poveracci? ‘Sti figli di puttana si sono inventati addirittura un’emergenza tragica, un imminente assalto a questa galera, pur di trovare un pretesto per sbatterti con la testa sul ceppo! CARCERATO PELATO: E quei quattro che hanno tirato di mezzo,‘sti bastardi, si son calati le braghe e hanno confermato ogni balla. QU-RANDAZZO: Vorrei vedere! Li hanno torturati per ore, immersi con la testa nell’acqua ad annegare.

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81VECCHIO: Ma tu, però, con tutto che ti hanno appeso come una marionetta e ammazzato di sprangate con le canne da ridurti un sanguinaccio, mica hai parlato, non hai fatto un solo nome dei tuoi capi e compagni! QU-RANDAZZO: Non ho fatto nomi solo perché di nomi da fare non ne avevo! CARCERATO GRASSO: Come non ne avevi? Ma ci stai a sfottere? Ci vieni a raccontare che con tutti i dirigenti del partito con cui hai avuto a che fare, superiori, inferiori intermedi, di colpo t’è saltata la memoria? Ma cosa dici? QU-RANDAZZO: Vi do la mia parola che in quel momento il mio cervello era vuoto di nomi come un armadio invaso dalle tarme. CARCERATO: E come può succedere una cosa del genere? QU-RANDAZZO: (dopo un meditato silenzio) Lo zen. CARCERATO GRASSO: Cosa? Lo zen? In che senso? QU-RANDAZZO: Sapete, dai Monaci, quand’ero ragazzino, ho imparato lo Zen dell’Oblio. CARCERATO: E che è? QU-RANDAZZO: È frutto di una meditazione, durante la quale tu ti imponi di dimenticare tutti quanti: ogni amico, fratello, compagno… via! Tutto ti vola fuori dal cranio. Potevano ammazzarmi, farmi a pezzi, ma io non potevo far nomi: non li avevo! UN RAGAZZO: Dio, che tempra d’uomo! È davvero un fenomeno. CARCERATO CALVO: Qu, mi è permesso di porti una domanda magari inopportuna? QU-RANDAZZO: Dimmi, dimmi pure. CARCERATO CALVO: Cosa canterai durante il viaggio sul carro? QU-RANDAZZO: Che stai dicendo? Cantare sul carro? VECCHIO CARCERATO: Niente, niente, il nostro amico qua, dice delle coglionerie senza senso.

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82QU-RANDAZZO: No, no, ho capito di che carro parli: di quello dei condannati alla forca. VECCHIO CARCERATO: Sì, ma non stare a rispondergli, è una scemata. QU-RANDAZZO: Perché scemata? Fammi un favore spiegami bene cosa succede su ‘sto carro. Sai, io purtroppo ne so poco del rituale. È la prima volta che mi faccio tagliar la testa. CARCERATO CALVO: Beh, c’è una tradizione. Lungo la sfilata che porta al boia, per dimostrare d’avere un gran coraggio, che non gli trema la voce, il condannato quasi sempre canta. Chi canta una romanza, chi un pezzo d’opera eroica, chi una canzone d’amore o un inno di battaglia. Se uno si fa applaudire, dopo le donne vanno a intingere tovaglioli e scialli nel suo sangue, per poi appenderli fuori dalla porta per mandar via gli spiriti infami. Che canzone canterai, tu? QU-RANDAZZO: Beh, ti dirò che con ‘sta sentenza che è m’è capitata addosso tutta d’un botto non ci ho ancora pensato. CARCERATO CALVO: Peccato! Però chissà quante ne hai già composte di ballate e canzoni… QU-RANDAZZO: Beh, una mezza idea ce l’avrei. Tutti applaudono. CARCERATO CALVO: Bravo, ce la fai sentire? VECCHIO: Zitto, dev’essere una sorpresa! QU-RANDAZZO: Ecco, però avrei bisogno di ripassarmi la musica, soprattutto, oltre che le parole. (Rivolto ai tre musici) Vi chiedo un favore: potreste darmi una mano coi vostri strumenti? Se mi fate l’accompagnamento e il controcanto sarebbe più facile per me.

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83CARCERATO VECCHIO: (in tono di comando) E allora tutti fuori, lasciamo soli i cantori e l’autore, e guai a chi origlia o sbircia. Tutti escono. Rimasti soli, i quattro improvvisano tonalità e melodie. I Strofa: CORO: Dai, dai, conta su, dai dai che storia l’è Ah beh si beh strabalarà ohi beh. QU-RANDAZZO: Quella che vado a raccontare Èl l’è ‘na storia stramba CORO Oh che s’ingamba, dai, conta su. QU-RANDAZZO: A Katambù, nel Bactisthan Ho visto un gran Rajà Il Catalette CORO: Ma va? Chi è? QU-RANDAZZO: È un sultano. Anzi, un visir…(Interrompendosi) No, ricominciamo, tutto daccapo. CORO: Dai, dai, conta su, dai, dai che storia l’è Ah beh si beh strabalarà ohi beh. QU-RANDAZZO: Va bene, è il ritmo giusto, si andate avanti per un po’. CORO: (continua) Dai, dai, conta su, dai dai che storia l’è. Per darsi meglio il ritmo battono le mani e anche i piedi. La luce si abbassa. Viene in primo piano il narratore. NARRATORE: Ed eccoci arrivati al giorno del supplizio. Guardate, entra in scena il carro del condannato. Qu è già pronto: gli hanno fatto indossare una gualdrappa tutta righe colorate e cerchi. Il carro è tirato da due mimi addobbati con

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84costumi di pelle a imitare i cavalli. Tutt’intorno ci sono donne e uomini che seguiranno il condannato. QU-RANDAZZO: Fa un gesto ai musici e sostenuto dalla loro voci comincia a cantare. CORO: Dai, dai, conta su, dai dai che storia l’è Ah beh si beh strabalarà ohi beh. QU-RANDAZZO: Quella che vado a raccontare Èl l’è ‘na storia stramba. CORO: Oh che s’ingamba, dai, conta su. QU-RANDAZZO: A Katambù, nel Bactisthan Ho visto un gran Rajà Il Catalette CORO: Ma va? Chi è? QU-RANDAZZO: È un sultano. Anzi, un visir. II Ohi la! E che stava a fa’? I ‘Sto re piangeva

Piangeva a tutte lacrime Sdraiato sul sofà II Oh che pietà I Il Catalette fin dalla mattina Se ne sta abbracciato alla concubina Con la faccia fra le tonde poppe strette. E versa lacrime a bizzeffe E ogni go- e ogni goccia andava

a bagnar le bianche tette. II Ma chi gli ha causato ‘sto gran dolore? I È il maraja che di botto gli ha rapite Ventotto favorite

Di settantuno che lui ce n’ha Oh povero Catalette

II E povere anche le tette!

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85 Il carro va percorrendo tutto l’arco intorno alla torre di centro. 2 Strofa: I Voce Ah beh si beh strabalarà ohi beh. II Voce Conta su, dai dai, in tutta verità che ghè. I Ho visto un can. II Cosa hai vist, cus’è? I Un can, in mezzo alla Mongolia, ma Dio non voglia, l’era proprio un can. II Un can de che? I Lo dico senza fronzoli

ell’era il can bastardo del re di tutti i Mongoli,

detto il Gran Can. II Il bastardo di nome Amelle

spronava il suo stallone e tentava disperato

di strapparsi via i capelli, ma tenendo il capo levigato come una palla,

doveva accontentarsi di strapparsi tutti i peli, tutti i peli delle ascelle.

I Ma chi gli ha causato ‘sto gran dolore? II E’ il Gran Can,

‘sto padre traditore che gli ha portato via duecento e più cavalli

di quattrocento che lui ce n’ha. Povero Amelle

e povere anche le ascelle.

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86 3 Strofa: I Voce Ah beh si beh strabalarà ohi beh. II Voce Conta su, dai dai. I Voce A Pian Jeng ho visto un Cadati. II Cosa hai vist, cus’è?

I Un Cadati, un mercante navigante che disperato

si gettava come un razzo dal pennone del suo navazzo

e sfondava con la testa una giunca nera di Monaci in preghiera.

II Ma l’è una storia vera? I E come no? II Ma chi gli ha causato ‘sto gran dolore? I E’ l’imperatore,

che all’istante gli fregato,

‘sto brigante, trentasei navazzi

di ben sessanta che lui ce n’ha. II Pover Cadati, coi Monaci annegati. Finale: I Voce Ah beh si beh strabalarà ohi beh. II Voce Conta su, dai dai. I Vistò i villan. II Hai vist, cus’è? I Dei contadini disgraziati

affrancati a sette diversi stati. II E cosa c’è capitato? I Il Rajà col Gran Can

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87per non parlare del mercante gli han rubato in un istante

la casa con la fattoria, gli han stuprato anche una zia di trentadue che lor ce n’han.

E non contenti a ciaschedun… II Conta su, dai dai… I Han costretto il figlio a militare,

Le figlie rinchiuse in un bordello, Fottuto un asino e un cavallo

e gli han rubato anche il porcello nel senso del maiale.

Ma loro no, nessun di quei villan piangeva, anzi in coro felici ridacchiava..

Ah ah ah II Ma che è, son pazzi? I No, il fatto è che noi villan

sempre allegri bisogna stare chè il nostro piangere fa male al re,

fa male al ricco e al Manashjari.

Diventan tristi se noi piangiam, perciò montando in sul patibolo

dobbiamo fare sghignazzi a rigolo, e sganasciarci di felicità.

E sempre allegri dobbiamo stare ecc…ecc… Tutta la gente ride e lo applaude e si unisce al coro seguendo sempre il carro. Nel tempo in cui il carro ha percorso un intero giro, nel centro della scena è stato issato il palco della forca. Quando la processione arriva al palco,

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88la canzone non è ancora finita e c’è un mare di gente che la vuole riascoltare e grida a gran voce: “Canta, Qu!” Intanto sul fondale appare la proiezione del sole che va calando. QU-RANDAZZO: Mi dispiace, ma è tempo di salire sul palco. Dicono che farsi tagliare la testa dopo il tramonto porti male, mooolto male! Qu scende dal carro e sale sul patibolo. QU-RANDAZZO: Accidenti, ho spinto il canto con tale forza da scarruzzàrmi le corde. Appoggia il capo sul ceppo, dietro di lui è apparso il boia con la scure. QU-RANDAZZO: Oh, finalmente posso riposare! Piano piano sale il canto della ballata di Qu. La mia morosa è la luna nova È lei che spunta in cielo e fa la notte chiara Così che i pesci fanno l’amore E che pure i frutti danno il loro odore ognun l’occhi spalanca e dolcemente s’addormenta ZAM! Il boia cala la grande scure.

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89NARRATORE: A mille le donne corrono per intingere i tovaglioli e gli scialli nel sangue. Sparisce la testa! Corrono i soldati a cavallo: “Dov’è la testa? Tiratela fuori!... Bisogna ritrovarla ché la testa del brigante deve essere infilzata su una pertica lunga a seccare al sole.” Qualcuno all’improvviso grida: Guardate… è là!” La testa di Qu vola nel cielo… appesa a un aquilone... Una testa che vola? Una testa che vola?! Per forza… era un comunista utopico! CORO: Ah beh si beh strabalarà ohi beh… Dai, dai, conta su, dai dai che storia l’è… Ah beh si beh strabalarà ohi beh… FINE