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1 INTRODUZIONE Il presente studio si propone di dimostrare che: Il regime alimentare originario voluto da Dio per l’uomo, ovvero il vegetarianismo, è decisamente il migliore per la salute umana, oggi come allora. La posizione della Chiesa Avventista del VII Giorno nel consigliare la dieta lacto-ovo- vegetariana (o anche vegetaliana, ovvero senza sotto-prodotti animali, a patto che si sappia sostituirli convenientemente), rispetta l’insegnamento biblico e poggia, inoltre, su precisi dati scientifici (avendo sempre come scopo ultimo quello di favorire una maggiore lucidità mentale e quindi una spiritualità più intensa). Il consumo di carne, se non è mai stato l’ideale per la salute dell’uomo, è oggi maggiormente pericoloso a causa dei sistemi di allevamento del tutto innaturali. LE PROTEINE Diamo innanzi tutto uno sguardo alle proteine per capire la loro impor- tanza ed il loro ruolo nella salute fisica: Utilità delle proteine Le proteine rappresentano il 22% del nostro peso corporeo e forniscono materiale per la crescita ed il mantenimento dei tessuti del nostro corpo: muscoli tessuti connettivi ossa sangue pelle capelli unghie ormoni enzimi ... tutti hanno le proteine come materiale strutturale di base. Hanno perciò un importante ruolo durante l’infanzia e l’adolescenza, nonché in gravidanza. Servono anche come regolatori dei processi dell’or- ganismo. Gli aminoacidi delle proteine La proteina è composta da ventidue aminoacidi. Di questi solo 8/9 sono chiamati aminoacidi essenziali, perché devono essere immessi nel corpo tramite il cibo, infatti il nostro organismo non è in grado di produrli da solo. Ora, le proteine animali (latte, formaggi, uova, carne e pesce) hanno un alto valore biologico, perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali. Foto a sinistra: Aminoacido Foto a destra: Proteina in 3D Le proteine provenienti invece dai vegetali sono prive di alcuni di questi aminoacidi ed ecco perché vengono chiamate incomplete. Vedremo più avanti come integrare i vari tipi di proteine vegetali per ottenere cibi di buon valore biologico. Il valore biologico delle proteine Un sistema per misurare l’assorbimento delle proteine di un dato alimento da parte del nostro organismo è quello di attribuire loro dei valori biologici. Se una proteina venisse completamente utilizzata (cosa che non si verifica mai), le sarebbe assegnato un valore del 100%; qualora invece non venisse affatto utilizzata dal nostro corpo, il valore sarebbe dello 0%. Ecco il valore biologico delle proteine di alcuni cibi:

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INTRODUZIONE Il presente studio si propone di dimostrare che:

Il regime alimentare originario voluto da Dio per l’uomo, ovvero il vegetarianismo, è decisamente il migliore per la salute umana, oggi come allora.

La posizione della Chiesa Avventista del VII Giorno nel consigliare la dieta lacto-ovo-vegetariana (o anche vegetaliana, ovvero senza sotto-prodotti animali, a patto che si sappia sostituirli convenientemente), rispetta l’insegnamento biblico e poggia, inoltre, su precisi dati scientifici (avendo sempre come scopo ultimo quello di favorire una maggiore lucidità mentale e quindi una spiritualità più intensa).

Il consumo di carne, se non è mai stato l’ideale per la salute dell’uomo, è oggi maggiormente pericoloso a causa dei sistemi di allevamento del tutto innaturali.

LE PROTEINE Diamo innanzi tutto uno sguardo alle proteine per capire la loro impor-tanza ed il loro ruolo nella salute fisica: Utilità delle proteine Le proteine rappresentano il 22% del nostro peso corporeo e forniscono materiale per la crescita ed il mantenimento dei tessuti del nostro corpo: muscoli tessuti connettivi ossa sangue pelle capelli unghie ormoni enzimi ... tutti hanno le proteine come materiale strutturale di base. Hanno perciò un importante ruolo durante l’infanzia e l’adolescenza, nonché in gravidanza. Servono anche come regolatori dei processi dell’or-ganismo. Gli aminoacidi delle proteine La proteina è composta da ventidue aminoacidi. Di questi solo 8/9 sono chiamati aminoacidi

essenziali, perché devono essere immessi nel corpo tramite il cibo, infatti il nostro organismo non è in grado di produrli da solo. Ora, le proteine animali (latte, formaggi, uova, carne e pesce) hanno un alto valore biologico, perché contengono tutti gli aminoacidi essenziali. Foto a sinistra: Aminoacido

Foto a destra: Proteina in 3D Le proteine provenienti invece dai vegetali sono prive di alcuni di questi aminoacidi ed ecco

perché vengono chiamate incomplete. Vedremo più avanti come integrare i vari tipi di proteine vegetali per ottenere cibi di buon valore biologico. Il valore biologico delle proteine Un sistema per misurare l’assorbimento delle proteine di un dato alimento da parte del nostro organismo è quello di attribuire loro dei valori biologici. Se una proteina venisse completamente utilizzata (cosa che non si verifica mai), le sarebbe assegnato un valore del 100%; qualora invece non venisse affatto utilizzata dal nostro corpo, il valore sarebbe dello 0%. Ecco il valore biologico delle proteine di alcuni cibi:

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tuorlo d’uovo 96% latte intero 90% uovo intero 93% riso integrale 77% lievito alim. 67% riso raffinato 64% soia 75% patate 70% soia ristrutt. 81% germe di grano 74% funghi 72% noce di cocco 69% avena 65% noci 65% grano completo 65% cavolo 64% carne di manzo 69% pesce 71% Il fabbisogno giornaliero In questi ultimi anni si è formata nei consumatori una mentalità che tende ad esagerare il fabbisogno quotidiano di proteine. In realtà, "nella dieta di ogni giorno devono essere consumati tanti grammi di proteine quanti sono i chilogrammi di peso corporeo, ma di queste proteine solo un terzo dev’essere di origine animale. Le necessità di proteine sono le seguenti, mediamente:

- 1 uomo di 70 kg. necessità di 23 grammi di proteine animali giornaliere; - 1 donna di 50 kg. necessità di 17 grammi di proteine animali giornaliere.

Ecco qui di seguito quanti grammi di proteine forniscono i vari tipi di carne:

- 100 grammi di pollo forniscono 12 g. - " " vitello " 18 g. - " " manzo " 19 g. - " " tacchino " 20 g.

Che cosa avviene se un individuo mangia carne più del necessario? Le quantità in più non vengono utilizzate e quindi costituiscono un "lusso non necessario". Per esemplificare il concetto raffiguriamoci due camini, uno alimentato con la legna e il secondo dove bruciano banconote. Mangiare più carne del necessario è come alimentare il fuoco con le banconote, anziché con la legna. L’aspetto etico "È stato calcolato che le proteine divorate dagli animali da allevamento basterebbero in teoria a coprire il 90% del deficit di proteine di tutto il mondo, compresi i paesi sottosviluppati. Lo sostiene, tra gli altri, il dottor F. Moore Lappe, nutrizionista americano.

Se l’affermazione dovesse apparire esagerata, si provi a considerare che per avere un chilo di carne di manzo si de-vono sacrificare come mangime ben 20 kg. di proteine vege-tali, magari di valore molto elevato, come la soia. Ecco per-ché nei programmi dell’agricoltura di domani, come dimostra-no le attuali tendenze delle ricerche della F.A.O. e in Italia del C.N.R., c’è anche l’utilizzazione diretta, come alimento umano di massa, di semi di girasole e di cotone, fagioli di soia e lieviti naturali fatti crescere su colture biologiche, tutti nutrienti preziosi che oggi sono considerati invece solo in funzione della carne che possono produrre. Di qui lo spreco esagerato delle risorse alimentari nel mondo, soprattutto nei paesi sottosviluppati." (Nico Valerio, "L’alimentazione naturale" - p. 230) PERICOLI DELL’ECCESSO DI CARNE "Nella scala delle proteine... le carni di alcuni animali (ovini e bovini) sono al quarto posto, dopo l’uovo, il latte e i formaggi. Tutti gli aminoacidi essenziali sono presenti nelle proteine delle carni, anche se non nel rapporto ideale fatto registrare dall’uovo e dal latte... Contengono, d’altra parte, meno proteine di un formaggio medio... E quelle di un formaggio sono proteine qualitativamente ottime, se non superiori." (N. Valerio, o.c. - p. 231) A dispetto di ciò, le proteine oggi, nelle nazioni industrializzate, sono quasi completamente fornite dalla carne. Il consumo di carne in Italia è passato:

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- da 18 kg. pro-capite nel 1950 - a 80 kg. pro-capite nel 1980,

con un aumento del 400%. Ma la salute non ci ha guadagnato affatto!

"Quello che è sempre stato, per la stragrande maggioranza dei popoli, un cibo sporadico se non eccezionale, dapprima legato ai riti di significato sacrificale e religioso e poi pietanza di rappresentanza, simbolo di stato sociale delle classi aristocratiche, diventa cibo comune, per tutti i giorni. Il ‘contorno’ si è trasformato nel piatto principale." (N. Valerio, o.c. - pp. 229-230) L’eccesso di carne però provoca inevitabili danni al nostro organismo. Eccone una lista:

Decalcificazione ossea Troppa carne (o comunque troppe proteine d’origine animale) aumenta l’eliminazione del calcio attraverso le urine ed accresce la possibilità di osteoporosi.

Impoverimento dell’organismo La metabolizzazione della carne richiede diverse vitamine e sali minerali che l’organismo attinge dalle nostre scorte, impoveren-dole. Malattie degenerative e tumori "Il consumo eccessivo di carni... ha un prezzo in termini di salute ben superiori a quello già alto del mercato. Nell’insorgenza delle malattie della civilizzazione questo abuso carneo ha un grande peso. I dati e le esperienze sono convergenti. Una dieta ricca di carni e condita con grassi animali - ha ricordato il prof. Carlo Sirtori - è accusata di favorire la formazione di enzimi dannosi come la glicoronidasi e la deidrossilasi, e di produrre steroli (sei volte più abbondanti nei mangiatori di carne) come il coprosterolo e il coprostanone, acidi biliari come il letocolico e il desossidrosterolo. Ancora, il dottor R. Klein ed alcuni fisici del "Montefior Medical Center" del Bronx hanno scoperto nell’intestino dei malati di cancro intestinale lo streptococcus bovis, nome indicativo delle sue origini, un batterio che forma delle tossine implicate nell’insorgenza del cancro." (N. Valerio, o.c. - pp. 233-234)

In particolare, rapporti scientifici negli Stati Uniti e in Inghilterra hanno dimostrato che una dieta troppo ricca di carne, di grassi e povera di fibre promuove il cancro al colon e all’intestino. Infatti una carenza di fibre vegetali inibisce il lavoro dell’intestino creando costipazione. Il ristagno pro-lungato di materiali di rifiuto fra le pareti intestinali favorisce l’assorbimento di quelle sostanze dannose che, invece, lo dovrebbero attraversare velocemente. Non stupirà allora la constatazione che l’incidenza di tumori all’intestino sia bassissima presso i vegetariani. Inoltre, il tas-

so di colesterolo ematico è molto più basso nei vegetariani che nei consumatori di carne. Come ormai tutti sappiamo, il colesterolo ha un ruolo nell’insorgenza di malattie degenerative, quali l’arterioscle-rosi, e in quelle cardiovascolari. Per quanto riguarda il tumore al seno, una ricerca fatta su un gruppo di 143.000 donne ha rilevato che donne non vegetariane che mangiavano carne ogni giorno, avevano otto volte di più il rischio di contrarre un cancro al seno di donne vegetariane o che mangiavano carne meno di una volta la settimana. Il tasso di mortalità per tumore al seno aumenta quindi proporzionalmente al consumo di cibi contenenti grassi animali. In uno studio retrospettivo eseguito dall’Istituto di Oncologia di

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Pordenone, su 400 casi di tumore alla mammella, risulta esservi un rapporto significativo in senso statistico con il consumo di carne e, in particolare, con il consumo d’insaccati. Malattie cardiovascolari A causa del notevole quantitativo di grassi saturi presenti nella carne, l’eccessivo consumo aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. In una sua pubblicazione del febbraio 1985, il Journal of National Cancer Institute riferiva di una capillare ricerca compiuta sulla popolazione Avventista del Settimo Giorno fra gli anni ‘70 e ‘80. Fu riscontrato che coloro che mangiavano carne sei o più volte alla settimana correvano un rischio sei volte maggiore di avere un attacco mortale alle coronarie rispetto ai vegetariani. Coloro che mangiavano carne una o due volte la settimana aumentavano di quattro volte il rischio sempre rispetto ai vegetariani. Come si può notare, per quanto riguarda le malattie cardiovascolari, non esiste una grande differenza fra il mangiarne poca o molta! Presa in esame la fascia d’età dai 35 ai 64 anni, la ricerca evidenziò che i maschi avventisti non vegetariani avevano un tasso di malattie cardiovascolari tre volte superiori rispetto ai loro confratelli vegetariani. Questa ricerca, inoltre, evidenziò il fatto che, dopo il fumo, il consumo di carne era il maggiore fattore di rischio.

Ipertensione, ecc. "... Emerge chiaramente che le carni animali di ogni tipo sono leggermente tossiche, eccitano (a causa della presenza delle purine), snervano, invecchiano il nostro organismo, producono acido urico e favoriscono varie malattie tra cui "la malattia del secolo": l’ipertensione. Senza contare... i danni delle sostanze chimiche aggiunte prima della macellazione e durante la confezione, capaci anche di portare a forme cancerose. Pur senza portare a così gravi conseguenze, il consumo anche non eccessivo di carni affatica il fegato, le vie digestive e gli organi emuntori (atti all’eliminazione dei materiali di rifiuto dell’organismo - n.d.r.): può causare enteriti, appendiciti e albuminurie, e in ogni caso, stimolando artificialmente la fame, spinge a mangiare di più e porta talora all’obesità, come rilevano numerosi autori (tra gli altri Carton, Shelton, Oudinot, Capo)..."

E i grassi delle carni? "Ci sono sempre. Pochi in alcuni animali selvatici..., molto più abbondanti in vari animali da ingrasso (maiale grasso 34%, oca 33%, manzo grasso 29%, gallina-cappone-piccione 21%, ecc.), discretamente presenti negli allevamenti selezionati per dare carne magra (vitello 10,4%, maiale magro 8,2%). Amidi e zuccheri, invece, sono quasi assenti e si attestano intorno allo 0,8-1%, ad eccezione del fegato, che contiene glicogeno (4,5%). È evidente quindi una prima verità un po’ sconcertante: che le carni di alcuni animali, a dispetto della loro fama di alimenti proteici, risultano in realtà soprattutto alimenti grassi. Se il maiale grasso (proteine 14,6, grassi 34, glucidi 0,5) può sembrare un caso limite, non lo è di certo la comune anatra (prot. 16, grassi 28,6, glucidi 0) o l’agnello (prot.17,5, grassi 18, glucidi 0). Più indiscriminata la presenza di grassi nelle preparazioni dei salumi, che oggi - per la stessa distorsione verificatasi nel consumo di carni fresche - sono di uso diffuso e corrente, non più sporadico. Tutti i salumi, tranne rare eccezioni, sono più ricchi di grassi che di proteine. In certi casi il rapporto è addirittura superiore al doppio, come nelle salsicce fresche (30,8 grassi, 14,3 proteine) e nel prosciutto crudo (46 grassi, 19,5 proteine). Ma che grassi sono quelli della carne? Sono, ahimé, i peggiori, senza dubbio, ricchi di acidi grassi saturi, di lunga e laboriosa digestione, tali da affaticare e colpire duramente il fegato, scatenando una serie di reazioni negative in tutto l’organismo, dall’ipercolesterolemia all’infarto miocardico. Potevano

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andar bene, aggiunti in minime quantità, nella parca alimentazione d’un tempo, quando il continuo esercizio fisico, il freddo, gli sbalzi di clima, le difficili condizioni di vita - tutti elementi che la civiltà cittadina occidentale ha eliminato - assorbivano i modesti surplus energetici. Oggi, i grassi animali legati alle carni sono invece la causa prima dell’invecchiamento precoce e di molte malattie degenerative." (N. Valerio, o.c. - pp. 231-232) Pericoli della cottura Il modo di cucinare la carne può essere ugualmente causa di tumori: un chilo di carne arrostita alla brace contiene tanto benzopirene quanto 600 sigarette. "La carne è molto deperibile. Dall’arrivo al distributore fino al consumo passano giorni, settimane. Anche in casa la carne spesso resta a temperatura ambiente per molto tempo. Che cosa succede, allora? Il prof. R. Shamberger ha scoperto che le carni, in particolare di manzo e vitello (ma anche di pollo, suino e pesce), contengono la temibile aldeide malonica, sicuramente cancerogena per stomaco e intestino, tanto più se la carne viene conservata o tenuta in un ambiente caldo. Si spiega perciò - incalza Shamberger - il frequente cancro intestinale dei divoratori di carne... Una corretta refrigerazione, è vero, riduce il fenomeno, ma solo di poco. Del resto, basta cucinarla perché la carne moltiplichi il tasso dell’aldeide malonica.

La lombata per arrosto, ad esempio, contiene 9,4 mgr. di aldeide cancerogena per ogni grammo di carne (in una fettina di 100 gr. ce n’è dunque quasi 1 gr.). Dopo che è stata arrostita, la lombata ne contiene ben 27 mgr. per grammo (quasi 3 gr. per una fettina). Il rimedio? È semplice, risponde lo studioso: mangiare meno carne o non mangiarla affatto, fare un buon uso del frigorifero, consumare molti agrumi, cavoli e pomodori, che hanno il potere di neutralizzare in parte l’aldeide malonica." (N. Valerio, o.c. - p. 233) Altro esempio: il brodo di carne raccoglie tutte le tossine della carne stessa, al punto che la sua composizione chimica si avvicina a quella dell’urina! Il brodo di carne infatti compare ai primi posti nelle liste di alimenti proibiti ai malati di stomaco. Più sano sarebbe mangiare il lesso e gettare via il brodo! Inoltre, durante la cottura, per effetto del calore, si ha una sterilizzazione e quindi una perdita di contenuto vitaminico.

La frollatura "Una volta ucciso nel mattatoio, l’animale ‘da carnÈ si vendica presentando muscoli ricchi delle sostanze più diverse. Intanto dopo l’uccisione c’è il rigor mortis, e i muscoli dell’animale, come accade per qualunque cadavere, si irrigidiscono. Perciò i macellai attendono alcuni giorni e talora delle settimane per la frollatura, ovvero l’ammorbidimento progressivo delle carni, inizio del disfacimento e anticamera della putrefazione. Un primo rischio è in questa fase. Basta un niente per passare da uno stadio all’altro. Si formano allora sostanze tossiche che conosciamo come lo scatolo, indolo, putrescina, cadaverina, acidi urici, ptomaine e purine varie. A queste sostanze va aggiunto anche l’acido lattico emesso dal corpo durante il rigor mortis (che non è benefico come quello che si forma nello yogourt, ma è tossico), le altre tossine prodotte nell’animale per la paura di essere ucciso (gli animali infatti hanno coscienza della prossima fine), o le sostanze calmanti propinate all’animale per renderlo insensibile e meno nervoso... Durante la frollatura le varie proteine (miosina, actina, miogeno, carnosima, anserina, xantina, ecc.) si decompongono, si formano peptoni - in pratica si verifica una forma di digestione putrefattiva - e alcune proteine si idrolizzano scindendosi in aminoacidi elementari. È proprio questa degenerazione proteica che dà l’odore caratteristico alle carni in commercio." (N. Valerio, o.c. - pp. 232-233)

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Allevamento innaturale Oltre alle sostanze prodotte nell’animale dalla morte e dalla frollatura, ci sono poi vari farmaci, fra cui gli antibiotici e i cortisonici, che vengono somministrati agli animali da allevamento, insieme ai mangimi chimici. Tutte sostanze che il nostro fegato è costretto ad eliminare, affaticandosi. "Per rendere la carne più tenera e più acquosa - e quindi nello stesso tempo fonte di maggior guadagno per il produttore e più gradita al consumatore non informato - si arriva anche a lasciare l’animale digiuno per giorni e a debilitarlo, perché la sua carne risulti distesa e meno contratta dopo la macellazione. Col digiuno, inoltre cala il tasso di glicogeno nei muscoli e aumenta la capacità della carne di trattenere l’acqua, sembrando così più tenera... Le condizioni in cui questi animali vengono allevati (poco movimento, eliminazione del pascolo libero, squilibrio del ciclo circadiano a causa dei riflessi condizionati e della luce artificiale, e soprattutto alimentazione innaturale e somministrazione di antibiotici, ormoni e farmaci tossici) rendono la loro carne, è vero, più tenera e grassa, ma anche fortemente dannosa per l’alimentazione dell’uomo." (N. Valerio, o.c. - pp. 233-234)

L’innaturalità dei metodi di allevamento e alimentazione, come la "mucca pazza" insegna, arriva a mescolare farina di carne ai mangimi del bestiame, costringendo così ad un’alimentazione contro-natura animali prettamente erbivori (è proprio attraverso farine di carne di ovini infetti che, in Gran Bretagna, il morbo della "mucca pazza" ha contagiato anche i bovini). Altro esempio: i vitelli da macellazione vengono allevati prolungan-do l’alimentazione a base di solo latte oltre l’età naturale dell’allat-tamento e questo per provocare loro l’anemia, perché il consuma-tore esige che la carne di vitello sia bianca. Quanto poi ai proibitissimi estrogeni... "Anche se la legge di alcuni paesi europei, Italia inclusa, vieta la somministrazione agli animali di ormoni estrogeni, che hanno il potere di favorire l’ingresso e la ritenzione di acqua nei tessuti, tali sostanze sono di fatto utilizzate

in modo massiccio da allevatori senza scrupoli. Sembra, in particolare, che soprattutto le carni provenienti dall’estero siano gonfiate con gli ormoni. Quali conseguenze ha sull’uomo alimentarsi con questa carne? È ormai accertato che l’uso regolare di carni trattate con gli estrogeni, ovvero con ormoni femminili, provoca nell’ uomo una notevole riduzione dell’appetito sessuale, con qualche caso di vera e propria femminilizzazione. Nella donna le conseguenze sono ancora più gravi: gli estrogeni (specie quelli sintetici non metabolizzabili, come il temibile DES o dietil-stilbestrolo) provocano spessissimo tumori maligni all’apparato genitale, perfino in bambine di pochi anni. I residui più consistenti di questi veleni cancerogeni si raccolgono nel fegato degli animali, per cui è buona norma astenersi soprattutto dal fegato, ma tracce consistenti si ritrovano in ogni taglio di carne. Come comportarsi, allora, se proprio si pretende della carne di bovini? Scartare il tenero vitello e puntare sulla più tenace e dura carne di manzo che si può trovare sul mercato: avrà forse molte sostanze chimiche, ma non il terribile ormone." (N. Valerio, o.c. - pp. 234-235) La selvaggina non risolve il problema Per chi (forse perché cacciatore) pensasse che la selvaggina, appunto perché cresciuta allo stato brado, sia un buon rimedio, ecco in arrivo una delusione! "Dal punto di vista della digeribilità la cacciagione non è consigliabile, in quanto è generalmente indigesta e tossica" afferma senza mezzi termini il dottor R. Lucchesi, dietologo "ufficiale", non certo sospetto di vegetarismo. E non solo per l’acido lattico che l’animale accumula con lo sforzo e la fuga, elemento questo comune a tutte le carni. "I processi di putrefazione, dovuti sia alla presenza dell’acido lattico che dei pallini di piombo, sono rapidi e dieteticamente pericolosi. In pratica la cacciagione dovrebbe essere consumata subito, prima

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cioè che le sue carni diventino tossiche; le sue carni però in tal caso risultano dure, fibrose e quindi poco digeribili e appetibili. Si ricordi comunque che il particolare gusto della cacciagione, tanto apprezzato dai buongustai, deriva dalle ptomaine, sostanze tossiche prodotte dalla decomposizione delle proteine della carne. Ragione questa che fa condannare senz’appello in dietetica il consumo di cacciagione frollata" (R. Lucchesi - E. Spagnol, "Il libro del mangiar sano" - p. 30 - citato da N. Valerio, o.c. - pp. 235-236). Gli insaccati "Al contrario di quanto si ripete comunemente, salumi e insaccati non hanno alte qualità nutritive. Anzi, possiedono un tenore di proteine molto basso (solo il 14% nelle salsicce fresche e appena l’11% nei würstel), sono ricchissimi di grassi (anche il 43%) e materiali connettivi di scarto finemente triturati (tendini, pelle, ecc.), sono di non rapida e non facile digestione, contengono alte quantità di purine allo stato naturale. È stato calcolato, ad esempio, che le animelle di manzo per ogni 100 gr. contengono ben 695 mgr. di queste tossine, che sono dei derivati urici formatisi nei processi metabolici dell’animale; il fegato di manzo ne ha 195 mgr., il rognone di manzo 167 mgr., il pollo 117 mgr., e così via. Molto più grave la presenza negli insaccati e nei salumi comuni, cioè di preparazione commerciale, di notevoli quantità di additivi tossici e cancerogeni. Intanto, moltissimi insaccati sono resi più pesanti dai polifosfati di sodio e potassio, capaci di assorbire acqua. Queste sostanze sono decalcificanti per le ossa e al contrario possono produrre la calcificazione dei tessuti molli (reni, stomaco, ecc.). Basterebbe questo a vietare salumi e insaccati ai bambini, anziani e donne in genere, che hanno spesso carenze di calcio e magnesio. Ma il problema più drammatico è la presenza, talora massiccia, di nitrati e di nitriti di sodio e di potassio. Queste sostanze vengono aggiunte agli insaccati perché danno alla carne un bel colore rosso vivo, esaltano un sapore un po’ fiacco e - questo è l’alibi più convincente - impediscono la formazione del terribile clostridium botulinum, un microrganismo che si sviluppa rapidamente quando la carne è avariata dando luogo a una tossina letale per l’uomo.

Il guaio è che i nitrati si trasformano in nitriti e questi danno luogo nello stomaco, quando sono in presenza di ammine (prodotte dalla decomposizione di molti alimenti e di alcuni farmaci, tipo Piramidone o Cibalgina) alle nitrosammine, di cui è stato provato l’effetto cancerogeno e mutageno. Queste sostanze azotate, secondo il cancerologo americano W. Lijnsky del "Frederick Center" del Maryland, sono responsabili di un numero elevatissimo di tumori agli organi più diversi, specialmente se assunte ripetutamente a piccole dosi. È possibile eliminare i nitrati dagli insaccati? Certa-mente, ma le resistenze al cambiamento vengono

dai produttori, che sarebbero costretti a rivelare sapori e odori di insaccati assolutamente nulli, carni di aspetto poco invitante, e soprattutto dovrebbero evitare i grossi stockaggi in magazzino con cui è ora possibile operare speculazioni di mercato. Senza i nitrati, insomma, cadrebbero molte possibilità di trucchi poco leciti. Ma non basta. Mentre la nostra legislazione sui salumi è piuttosto severa se comparata a quella degli altri paesi (il limite per nitriti e nitrati è di 250 e 150 mgr. per ogni chilo di prodotto), ci vediamo comparire in tavola salumi e insaccati stranieri ricchi d’ogni tipo di sostanze tossiche, magari trattati al cloruro di potassio che aumenta il peso, o al glucodeltalattone, che li fa ‘stagionarÈ in soli dieci giorni... Considerazioni queste che valgono a escludere in ogni caso il consumo di insaccati e salumi in commercio per chi pratica l’alimentazione naturale. A quanto detto si aggiunga la pericolosità, sia pure moderata, dei processi di affumicazione in uso per i prosciutti, con conseguente formazione di tracce di benzopirene e catrame, entrambi cancerogeni." (N. Valerio, o.c. - pp. 236-238)

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La carne in scatola "Da abolire decisamente, poi, qualunque tipo di carni in scatola, che è un po’ il simbolo più vistoso dell’ alimentazione innaturale e tossica di oggi. La carne in scatola è molto costosa, perché è soprattutto ricca di gelatina ottenuta dalla prolungata bollitura di nervi, tendini e ossa; contiene una percentuale molto bassa di carne vera e propria (talvolta soltanto la metà) e fino all’80% di acqua. Ha solo il 13% di proteine, in luogo... del 35% del formaggio grana e del 38% del caciocavallo. In tal modo la carne in scatola viene a costare all’acquirente fino al doppio del bollito di manzo. La lunghissima cottura (alcune ore) ha ormai devitalizzato l’alimento, snaturando le proteine e distruggendo vitamine ed enzimi. Insomma, un prodotto morto, per di più ultradannoso per la presenza dei citati nitriti e nitrati. Soltanto la carne in scatola delle Forze Armate, a quanto ci risulta, è inscatolata... con il solo processo di sterilizzazione mediante bollitura." (N. Valerio, o.c. - p. 238) Gli omogeneizzati Se possibile, ancora più dannosi i cosiddetti omogeneizzati di carne per l’infanzia, propagandati da una campagna commerciale molto penetrante. Negli omogeneizzati si sommano tutte le caratteristiche negative delle carni conservate (proteine degenerate, assenza di elementi vitali essenziali, conservanti tossici) con l’aggravante che tali sostanze dannose si rivolgono all’alimentazione dei bambini più piccoli. In mancanza del divieto governativo, dovrebbero essere le stesse madri a boicottare gli omogeneizzati, rifiutandosi innanzi tutto di acquistarli. Per di più le proteine carnee, anche fresche, non sono adatte all’alimentazione dei bambini..." (N. Valerio, o.c. - pp. 238-239) L’aggressività stimolata dal consumo di carne Come abbiamo letto più sopra, ormai è provato che il consumo di carne provoca eccitazione, dovuta alle purine, e nervosismo protratto; di conseguenza, spesso stimola ancora di più l’aggressività. Per questo motivo, alcuni studiosi pensano che il vertiginoso aumento del consumo pro-capite di carni abbia contribuito al forte aumento di criminalità verificatosi negli ultimi anni. Piago-ra, il famoso filosofo greco, già ai suoi tempi sentenziava: "Quelli che uccidono gli animali e ne mangiano le carni sono più inclini dei vegetariani a massacrare i propri simili"! Le conseguenze della digestione della carne "... Fondate sono le conclusioni cui è pervenuta la moderna scienza naturista analizzando le conseguenze sulla digestione e sulla salute dell’uomo del consumo regolare di carni animali. Le reazioni che procura nel processo digestivo il cibo carneo, e le sue proprietà, possono essere così schematizzate per grandi linee:

1. Quando la carne viene digerita i batteri intestinali, invece di agire come fermenti attivi, provocano la putrefazione del bolo alimentare e il sangue si carica di tossine. Per eliminare le tossine l’organismo deve spendere una certa quantità di energia, sottratta alle altre attività, compresa quella cerebrale. 2. In tali condizioni perfino la sintesi della vit. B12 sarà ostacolata, con conseguente rischio di anemia. 3. Le tossine di origine carnea hanno la tendenza a impedire il corretto metabolismo degli amidi e dei carboidrati in genere; di qui il potenziale pericolo di diabete. 4. Le scorie metaboliche prodotte dalla digestione della carne possono accumularsi e causare anche tumori maligni. 5. Nelle carni sono presenti rifiuti d’ogni sorta provenienti dai vasi sanguigni dell’animale ucciso, residui di droghe iniettate in precedenza all’animale sotto forma di vaccini, antibiotici,

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farmaci vari; tossine sintetizzate dallo stesso animale al momento della macellazione e diffuse in tutto il sistema sanguigno; batteri provenienti dalla decomposizione dei tessuti (processo che inizia subito dopo la morte), che non sempre la cottura riesce a distruggere perché la carne è un buon isolante termico."

(N. Valerio, o.c. - pp. 239-240) Eliminazione progressiva "... Se non sono costretti dai genitori, i bambini rifiutano istintivamente le pietanze a base di carne, specialmente se la carne è immediatamente riconoscibile... Il no dei bambini, non ancora abituati per riflesso condizionato a mangiar carne, di fronte alla pietanza ‘cadaverica’ (come dicono i vegetariani) è forse un comportamento significativo... Se precedentemente si era abituati a consumare molta carne, la si dovrà ridurre gradualmente, evitando le restrizioni brusche che talvolta possono rivelarsi dannose. Negli organismi più deboli e dipendenti, proprio come accade nelle tossicomanie, il divieto improvviso di cibo carneo può portare a vere e proprie ‘crisi di astinenza’, caratterizzate da debolezza, inquietudine e smodato desiderio di carne. Alle tossine, infatti, alcuni organismi finiscono per abituarsi e non potrebbero farne a meno bruscamente... Chi dovrà invece dimenticare del tutto ogni genere di carne sono gli artritici, i gottosi, i reumatici, gli ipertesi, gli stressati, i sofferenti di affezioni renali, i nefritici, i super-nervosi, i predisposti al cancro e coloro che ne sono già affetti, chi ha un tasso di colesterolo sempre troppo alto, e in genere i soggetti dal carattere collerico e sanguigno, i pletorici, gli obesi." (N. Valerio, o.c. - p. 241) IL PESCE "Le carni dei pesci non si differenziano molto da quelle degli animali terrestri, e molte considerazioni fatte... sulle carni in generale si possono riferire anche ai pesci... I pesci hanno un contenuto proteico più basso delle altre carni... Un’altra caratteristica dei pesci è il loro contenuto in acidi grassi insaturi... molto più sani degli altri, più digeribili, non invecchiano nè deteriorano l’organismo...

Ma c’è davvero il tanto decantato fosforo? C’è, ma in misura meno elevata di quanto si ritiene: una porzione molto abbondante di sogliola (200 gr.) ha molto meno fosforo di una porzione minima di formaggio Emmental (80 gr.): 404 mgr. contro 560 mgr., e meno di mezzo litro di latte intero (465 mgr.). Pur essendo un alimento fosforico, il pesce ha un po’ usurpata la fama di alimento principe in questo campo. Comunque sarebbe un cibo adat-to, se molto fresco e non inquinato - condizioni difficilmente realizzabili in pratica - a intellettuali, studenti, stressati, esauriti, ecc. Il contenuto vitaminico è mediocre, o meglio medio-basso... Da fonti attendibili risulta che il 90% circa di tutto il pesce venduto in Italia è congelato o surgelato,

anche se non si dice! È chiaro quindi che le trasformazioni degli elementi nutritivi è già in atto da tempo quando noi mangiamo del pesce che non sia pesce "azzurro", che è più fresco sì, ma forse il più inquinato, essendo pescato nel Mediterraneo!... Il Mediterraneo è un grande lago le cui acque si rinnovano molto lentamente (in 80 anni) e non potrà mai essere purificato se gli Stati costieri non cambieranno modello di sviluppo e non modificheranno radicalmente la struttura industriale, innanzi tutto riducendo drasticamente l’industria chimica. Il nostro pesce nasce in questa grande cloaca, è bene saperlo.

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I crostacei e i molluschi, per di più, si comportano da veri e propri filtri di tutte le impurità marine... Vale la pena? Come se non bastasse, il pesce, facilmente putrescibile, viene venduto quasi ovunque sui banchi all’aperto, anche d’estate... Da parte loro, e per cause del tutto naturali, i pesci, come tutte le carni anche se in minor misura, contengono delle purine, sostanze tossiche che a lungo andare danneggiano fegato e reni, favoriscono l’acido urico e l’artritismo. le cozze ne contengono ben 200 mgr. per 100 gr., la trota e l’aringa fresca 130, l’anguilla 117, il salmone in scatola 101, il merluzzo 88, la sogliola 86, ecc. Ma ne con-tengono anche le sardine fresche e special-mente quelle sott’olio (354 mgr.). Il pesce sotto sale o sott’olio è evidentemente un alimento di riserva, quasi di emergenza, e come tale

va usato, anche se ha un alto contenuto proteico. Forse più naturali i pesci disseccati, come il classico stoccafisso... Il momento critico, però, è quello dell’ammollo in acqua quando lo si deve cucinare. È in questa sede che si possono verificare processi putrefattivi dannosi, se l’ammollo è protratto per molte ore. Lo stesso si può dire per le aringhe secche, con qualche riserva sulle aringhe affumicate, proprio per il pericolo di inquinamento da prodotti cancerogeni tipico dell’ affumicamento, anche se questa tecnica è antichissima. In conclusione, che posto occupa il pesce nell’ alimentazione naturale? Ha certo un suo spazio... È però un alimento al-quanto sporadico e tale va considerato a maggior ragione og-gi. È molto delicato e facilmente deteriorabile, ma in genere è più sano e meno dannoso delle carni." (N. Valerio, o.c. - pp. 227-229)

LE PROTEINE ALTERNATIVE Non si provocano carenze di proteine eliminando la carne? Le proteine vegetali sono meno nutrienti? La risposta che esperti nel campo alimentare ci danno è NO! Essi hanno scientificamente provato che sia i vegetariani che i non vegetariani superano la quantità media di proteine necessaria al proprio organismo. Inoltre la dieta lacto-ovo-vegetariana comprende uova, formaggi e latte, che sono ottime fonti di proteine ad alto valore biologico. Per quanto riguarda le proteine vegetali, come abbiamo visto, esse non contengono tutti gli aminoacidi essenziali; vanno semplicemente integrate con combinazioni di cibi diversi. D’altra parte, siccome non

esiste il "cibo perfetto", nessuno dovrebbe cercare di vivere solamente con il cibo che più gli piace, limitandosi ad una ristretta varietà di alimenti, escludendone altri altrettanto importanti. Esempi d’integrazione proteica in grado di apportare tutti gli aminoacidi essenziali:

- Cereali e legumi (pasta e fagioli, pasta e ceci, zuppa di lenticchie con crostini di pane integrale, riso e soia, ecc.).

- Cereali integrali e verdura. - Pane integrale e frutta oleaginosa (arachidi,

mandorle, noci, nocciole, pistacchi...) Ricordiamo che i legumi secchi concentrano i loro principi nutritivi, arrivando così al 23% di proteine che, però, come abbiamo appena visto, vanno integrate con quelle dei cereali (basterà mangiare una

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certa quantità di buon pane, meglio se integrale, con una pietanza per esempio a base di fagioli, lenticchie in umido, soia, ecc.). CONCLUSIONE La Bibbia narra che dopo il diluvio, il Signore permise l’uso della carne come alimento. Partendo dalla semplice osservazione della drastica diminuzione della vita dei patriarchi da allora in poi, un medico avventista ha formulato un’interessante ipotesi che, a conclusione di questo studio, vogliamo presentare:

«... Con Noè viene permesso all’ uomo di alimentarsi di carne. Assi-stiamo contemporaneamente a un fenomeno quanto meno curioso: l’età media della vita passa dagli 800-900 anni dei prediluviani ai 600 anni di Sem e poi, in otto genera-zioni, arriviamo ai 175 anni di Abra-mo. Se andiamo a cercare le cause di questo fatto, possiamo trovarne due di tipo ambientale:

1) Il cambiamento climatico determinato dal diluvio;

2) L’introduzione della carne nell’alimentazione.

Ma come può la carne avere un’influenza simile? La durata della vita, se si escludono interferenze esterne, è regolata su basi genetiche. Esiste una qualche forma di orologio interno (ancora non si sa dove sia localizzato) che a un certo punto stabilisce che il rimpiazzo delle cellule usurate avvenga più lentamente così che il numero di cellule morte e non sostituite aumenta sempre di più, l’età media delle rimanenti cresce, e questo, assieme ad altri mutamenti, determina la vecchiaia. Bisogna quindi ipotizzare una qualche interferenza dell’ambiente, in modo particolare alimentare, sul corredo genetico... Questa ipotesi potrebbe essere sviluppata postulando per quel periodo di transizione iniziale una qualche forma di ‘plasticità genetica’ che si sarebbe poi stabilizzata. Se ci riferiamo alle tappe dell’ontogenesi, vediamo che inizialmente esiste una fase di “pluripo-tenzialità” della cellula staminale che può diventare tessuto nervoso, osseo, connettivo a seconda del progetto. Una volta raggiunta la sua struttura finale, questa multivalenza viene persa e la cellula sarà in grado di dare origine solo a cellule figlie uguali a se stessa. È ipotizzabile che anche nella filogenesi, cioè nella storia della specie, si sia verificata questa situazione che noi abbiamo quotidianamente sotto gli occhi. Foto: Ghiandola del timo – sezione trasversale

In particolare, la possibilità di una differenziazione indotta da un alimento in una particolare fase dello sviluppo è chiara se solo pensiamo alla larva di ape che, nata perfettamente uguale alle altre, diventa regina, profondamente diversa dalle altre, solo perché nutrita nella fase di sviluppo con pappa reale, riuscendo a vivere tre anni invece dei 20-25 giorni di un’ape operaia. È curioso d’altronde notare che esistono delle situazioni anatomiche e funzionali all’interno del nostro corpo che ci fanno pensare a dei processi di tipo involutivo: 1. Un esempio è fornito dal timo. Organo trilobato, allungato, contenuto nel mediastino anteriore. Pesa 12-

15 grammi alla nascita, arriva a 30 grammi nella pubertà e poi va in atrofia per ridursi, in età matura, ad un accumulo di connettivo e grasso. Ha una struttura linfoide e una funzione non completamente

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chiarita. Sicuramente serve a costruire e regolare tutto il sistema immunitario di tipo cellulare che presiede alla difesa dell’individuo e al mantenimento della sua individualità fisiologica, permettendoci di sopravvivere ai quotidiani attacchi. Attualmente vi sono delle teorie autorevoli che spiegano l’invecchiamento su base autoimmunitaria. Si dice che ad un certo punto il sistema immunitario dell’uomo comincia ad aggredire se stesso e che da ciò dipende l’aumentata sensibilità agli agenti esterni e il calo delle difese che è caratteristico della vecchiaia. Sulla base di queste informazioni si apre la strada a ipotesi suggestive, come pensare a un timo che non andava in involuzione mantenendo la sua importante funzione per tutta la durata della vita. 2. Un secondo organo curioso è l’appendice del cieco, lunga circa 9 cm., ma molto variabile. È proporzionalmente molto grande nei primi mesi di gestazione. Poi va in atrofia. È considerato come il rudimento di un organo che si è arrestato nella scala dell’evoluzione e che non serve a niente (lo si

toglie senza alcun problema). Niente ci impedisce invece di pensare che potrebbe essere ciò che resta di un organo importante per una digestione che era certamente diversa dalla nostra. Foto: Sezione trasversale di appendice umana Ciò che è strano è che l’appendice è ricchissima di strutture linfatiche che non si capisce a cosa servano. Se pensiamo però a ciò che succede con le tonsille che sono importantissime come organi linfatici per produrre una difesa immunitaria

relativamente a ciò che respiriamo, per analogia possiamo individuare una funzione di difesa immunitaria relativamente al cibo ingerito avente la sua sede nell’appendice. Questa funzione oggi è in gran parte dispersa e tra poco ne vedremo il significato. 3. L’epifisi, dal diametro di 0,5 cm., è un organo chiaramente atrofizzato. È situato sulla volta del terzo ventricolo e non si sa a cosa serva. Sembra abbia una funzione neuroendocrina, ma non si sa bene quale.

Foto: Il tessuto dell'epifisi visto al microscopio

Torniamo ora alla nostra ipotesi principale: la possibilità che l’uso della carne sia stato una delle causa della diminuzione della vita, e proviamo a chiederci che senso avesse la suddivisione tra animali puri e impuri. Certamente vi era un significato cerimoniale che non intendo negare, ma è possibile individuare altri elementi. A Noè vengono dati quegli animali di cui prima si era cominciato a mangiare latte, formaggi e uova. Questa assuefazione graduale deve avere reso meno dannoso il mangiare le carni. Per gli atri animali poteva invece esserci una particolare incompatibilità a livello genetico che avrebbe accelerato il processo degenerativo della razza. L’influenza alimentare sulla salute e sul carattere ha dei riflessi individuali, ma prevede soprattutto la fedeltà di tutta una stirpe, introducendo così il concetto di eredità della costituzione. Non basta, ad esempio, che Sansone, votato al Signore, osservi determinate regole, ma persino sua madre, non deve mangiare cibi impuri nè fermentati prima ancora di concepire (Giudici 13:3-4). Sempre riferendoci al problema dell’autoimmunità di cui abbiamo già detto, possiamo individuare il motivo del divieto di alimentarsi con determinate carni in una possibile analogia di tipo strutturale con i tessuti umani (che è, per esempio, proprio il caso del maiale: vedi articolo in fondo al terzo studio di questa serie - n.d.r.). Questa analogia sarebbe in grado di favorire o provocare una sensibilizzazione autoimmunitaria che va ad accelerare i processi di invecchiamento. È noto che in questi ultimi anni esiste una correlazione diretta tra incremento del consumo di carne, nell’ambito di una complessa variazione di abitudini alimentari, e incremento di malattie di tipo degenerativo di cui fanno parte le autoimmuni...

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Foto: Semi di coriandolo L’alimentazione ideale per l’uomo, quella voluta da Dio, non prevedeva certo la carne. Dopo 400 anni in Egitto, Dio vuole rieducare il popolo d’Israele dandogli per cibo la manna per tutto il tempo che stettero nel deserto. Era questa simile ai semi di coriandolo, probabilmente composta da una associazione ideale di carboidrati, proteine, grassi e vitamine. Ma gli Israeliti protestarono perché rimpiangevano le pignatte di carne. Il risultato è che dopo essersi saziati di quaglie una gravissima epidemia si sviluppa tra loro (Num. 11:32-33). Vi sono alcuni episodi, nella Bibbia, dai quali emergono indicazioni per una corretta alimentazione. Il più significativo è quello di Daniele, Anania, Misael e Azaria alla corte di Nabucodonosor. Dieci soli giorni di acqua e legumi bastano

a fare notare la differenza tra questi giovani e gli altri. Non è certamente un caso che le più recenti nozioni in campo dietetico consiglino che il fabbisogno calorico giornaliero venga coperto da proteine per il 17%, da glucidi per il 53% e da lipidi per il 30%...

Mi preme far notare che in questo episodio, come in tutta la Bibbia, la scelta del vegetarianismo è volontaria e non impo-sta. È giusto chiedersi a questo punto se non furono proprio que-ste regole, unitamente alla protezione divina, a conferire agli Ebrei, durante la loro storia millenaria, una maggiore resi-stenza rispetto agli altri popoli ostili che li circondavano. Anco-ra oggi alla razza ebraica non mancano certo intelligenza e intraprendenza. Questo, in effetti, era proprio il senso delle promesse di Dio che noi troviamo in Esodo 15:26 e Deuteronomio 7:13-15.

Il concetto è chiaro: conformandosi alle norme date da Dio, l’uomo avrebbe conser-vato il proprio stato naturale di salute e avrebbe rallentato il decadimento.» (Sintesi di una relazione tenuta all’A.U.D.A. [Associazione Universitari Diplomati Avventisti] dal dott. Mauro Tassan)