5° numero, marzo-aprile 2016 - A cura del progetto ... · Il limes: nuova frontiera in Austria...

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5° numero, marzo-aprile 2016 - A cura del progetto “Giornale Scolastico” del L. C. G. D’Annunzio di Pescara. Stampa a cura di LaserMultimedia s.r.l.

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Page 1: 5° numero, marzo-aprile 2016 - A cura del progetto ... · Il limes: nuova frontiera in Austria Elezioni in America Umberto Eco: morte di un immortale Grazie Kobe ... te cosa comporta

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UMBERTO ECO: MORTE DI UN IMMORTALEAvevo undici anni, frequentavo la prima media quando, accompagnato dai miei genitori entravo in una grande libreria del centro ed acquistavo un libro dalla intensa copertina color porpora: “Il nome della rosa”“Lettura impegnativa per un ragazzino di prima media” incalzò la commessa quando scoprì che il libro era per me e non per i miei genitori. Me lo aveva consigliato la mia professoressa di italiano ed io, studente modello, ero subito corso a comprarlo, orgoglioso di essere tra i pochi della classe ad aver ricevuto quel consiglio. Devo dire la verità: aveva ragione la commessa perché non andai oltre il primo capitolo. Qualche anno dopo uscì il film che registrai diligentemente su videocassette che conservo ancora oggi. Un thriller capolavoro ricordato per la magistrale interpretazione di Sean Connery nei panni del monaco investigatore Guglielmo da Basker-ville. E fu allora che ripresi in mano il libro e finalmente lo lessi tutto: un romanzo complesso, non appartenente ad un singolo genere letterario, con con-tinui rimandi te-stuali e giochicitazionistici che spa-ziano dai classici latinial la

letteratura medievale, dai romanzi ottocenteschi alla cultura dei mass media. E fu allora che mi interessai al suo autore: Umberto Eco, che da sempre ha incarna-to per me la figura dell’intellettuale per antonomasia, del Professore universitario per eccellenza, del sag-gio. “Uno che – citando le parole del suo amico Furio Colombo - se ascoltavi le sue lezioni ti faceva venire voglia perfino di studiare” E proprio delle sue lezioni raccontavano i miei amici che avevano la fortuna di frequentare l’Università di Bologna: aule stracolme al limite dell’inverosimile, con studenti che andavano an-che due ore prima per accaparrarsi i posti disponibi-li. Più che scrivere qualcosa su di lui, vorrei invitare a riflettere su alcuni suoi aforismi che hanno illumina-to la mia esistenza e che spero possano accompagnare quella dei miei figli e dei miei studenti. Uno è riferito alla lettura: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito…perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Un altro è relativo all’uso dei social network nella nostra società: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. Inoltre non può mancare su questo giornale scolastico un rife-rimento di parte, che invito tutti gli studenti a rileggere: mi riferisco all’articolo scritto da Eco su Repubblica del 3 Ottobre 2013 intitolato “Perché non possiamo non di-fendere il Liceo Classico”. E’ di questi giorni, infine, la notizia del suo testamento in cui Eco spiazza ancora una volta tutti affermando testualmente: “Per 10 anni non parlate di me”. Ma la sua fama andrà ben oltre questi 10 anni, perché Eco rimarrà nella storia della cultura mondiale: la letteratura, l’arte, la poesia, come i miei studenti ben sanno, rendono immortali.

Prof. C. D’Intino

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SOMMARIO

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Direttrice: Francesca Parroni - Attualità: Ludovica MaddesCultura: Jacopo Logiudice - Sport: Lorenzo SangiulianoScuola: Vincenzo Stuppìa - Grafica: Martina Crea, Alberto di Febo

Il resto del team: I. Santarelli, M. C. Di Francesco, F. Lucchetta, L. Fenaroli, G. Zobel,F. Barberio, S. Paluzzi, F. Di Camillo, De Lauretis, L. Melchiorre, F. Fracassi

Il caso O. J. Simpson

Luciano D’Alfonso: “alunno” tra gli alunni

È davvero possibile unatregua tra gli uomini?

Referendum 2016

100° anniversario dellamorte di Aldo Moro

Giulio Regeni

Il limes: nuova frontierain Austria

Elezioni in America

Umberto Eco: morte diun immortale

Grazie KobeScatti di vita15

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Inchiesta sulle gite

L’angolo di Holmes

Game of thrones

Rinascimento Musicale RomanoCoachella

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Il limesAlzi la mano chi non ha mai sognato la vita del diplo-matico, anche solo una volta: avere un prestigio interna-zionale, viaggiare, conoscere persone da letteralmente ogni paese, ricevere le notizie in tempo reale, decidere le sorti della propria nazione o del mondo. Il quadro ha un certo fascino, eppure pochi sanno effettivamen-te cosa comporta l’essere membro di una delegazione diplomatica, quanto lavoro e quanta preparazione c’è dietro. È per questo che nel contesto dell’alternanza scuola-lavoro uno dei progetti più appetibili e interes-santi è sicuramente lo UNLAB, aperto ai ragazzi del li-ceo, che propone un’inedita collaborazione tra la scuola e il “ramo giovanile” per così dire dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il progetto mira a formare i ragazzi iscritti su un topic comune in modo che siano in grado di simulare un’Assemblea Generale dell’ONU, ognuno rappresentando una nazione diversa come nel Palazzo di Vetro a New York. In effetti il premio in palio per il

delegato che si sarà dimostrato più brillante sarà pro-prio una borsa di studio nella Grande Mela prevista per Marzo prossimo. Una passeggiata? Innanzitutto la simulazione e le attività di formazione sono svolte inte-ramente in lingua inglese; e poi per poter rappresentare gli interessi di una nazione bisogna conoscerla, capirne la politica estera, la mentalità- il che si potrebbe rivelare non troppo complicato con un paese a noi vicino come la Francia, ma provate a immaginare di rappresentare l’Azerbaijan- o la Bosnia-Erzegovina. Al di là dell’in-dubbio impegno richiesto, il progetto è molto bello per gli scenari che apre: scenari mondiali, che aiutano a pensare in grande. A valicare i nostri confini. In effetti di collaborazioni internazionali la nostra scuo-la ha già fatto esperienza con il progetto Erasmus+ par-tito l’anno passato; e proprio un anno fa quattro stu-dentesse di seconda venivano ospitate a Vienna per il secondo incontro dei sei previsti. Per me, che lì c’ero, è

Oro Blu / Oro NeroDomenica 17 Aprile è stato chiesto agli italiani di votare per il cosiddetto refe-rendum delle trivelle, il primo nella sto-ria d’Italia ad essere stato ottenuto dalle Regioni. Sono stati infatti dieci consigli regionali, diventati nove dopo il ritiro dell’Abruzzo, ad aver depositato le firme necessarie per indire il voto popolare. Un referendum richiesto da governato-ri che di fatto si oppongono alla politica energetica del premier Matteo Renzi. Gli elettori hanno dovuto dunque decidere se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa (circa 20 chilometri da terra) debbano dura-re fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine del-la concessione. Questi permessi rilasciati dallo Stato alle compagnie hanno una durata iniziale di trent’an-ni, prorogabile la prima volta per dieci, la seconda per cinque e la terza per altri cinque. La prima chiusura di una trivella entro le 12 miglia avverrebbe tra due anni, per l’ultima bisognerebbe aspettare fino al 2034. In pratica, se il referendum fosse passato, cioè avesse rag-giunto il quorum con la vittoria del sì, le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa sarebbero state smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali. Non sarebbe invece cambiato nulla per le perforazioni su terra e in mare ol-tre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci sarebbero state variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge.Malgrado la netta preponderanza dei suffragi favore-volli all’abrogazione alle urne domenica 17 si è prersen-tato solo il 32,15 % degli aventi diritto al voto, mentre il resto degli italiani si è astenuto. Ciò rende il referendum non valido. I sì sono la maggioranza con l’85,84% delle preferenze. Nonostante la scarsa affluenza, come si è visto, i “Si” si sono battuti per il riconoscimento delle loro idee, giustificandole con motivi più che validi. Ad esempio, prendendo in considerazione il mero lato vi-

scale, dai pozzi situati entro le 12 miglia si estrae soprat-tutto metano ma l’Italia contribuisce solo al 28,1% della produzione nazionale di gas e al 10% di quella petrolife-ra. L’Italia infatti deve importare idrocarburi dall’estero per soddisfare la domanda di energia. Fermando le tri-vellazioni quindi l’Italia sarebbe costretta a aumentare le importazioni da altri Stati oppure, facendo la cosa giusta, puntare su nuove energie pulite ed eco-sosteni-bili. Ricordiamo inoltre che il petrolio estratto dai pozzi italiani è di scarsissima qualità e basterebbe per copri-re solo 8 settimane di consumi, quanto a gas invece ne abbiamo a sufficienza per 6 mesi. Dunque dal punto di vista del fabbisogno energetico siamo e saremo dipen-denti da altri Paesi. Inoltre impedire le trivellazioni si-gnifica impedire il rischio di incidenti devastanti per il nostro ecosistema. Sarebbe dunque ora che l’Italia ini-ziasse a investire su fonti di energia rinnovabile e pulita. Motivazioni che però, stando alle statistiche non hanno convinto gli italiani che hanno preferito astenersi, forse anche spinti dall’appello del presidente Renzi che in un discorso ha invitato i cittadini a non recarsi alle urne. “Avete tutto il diritto di stare a casaa, se volete, ma non prendetevi in giro pensando di non votare. In realtà, non votare è impossibile: si può votare votando, oppure votare rimanendo a casa e raddoppiando tacitamente il valore del voto di un irriducibile.” (David Forest Wallace).

L. Fenaroli

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stato molto più di una settimana di divertimento e sva-go, per quanto ci siano stati anche quelli: l’essere ospi-tata in una realtà completamente diversa dalla mia ed essere trattata con tanta spontaneità mi aveva fatto cre-dere che l’Europa non era un’utopia; che magari i grandi facevano un po’ fatica a tenerla insieme, ma noi giovani con la formazione adeguata avremmo potuto risolvere il problema. Mi aveva fatto sentire che appartenevo ad una comunità che mirava alla crescita e allo sviluppo dei suoi membri in collaborazione reciproca. A trecen-tosessantasei giorni esatti da quel momento il confine tra Austria e Italia sta sperimentando una tensione sen-za precedenti che rischia di portare alla costruzione di un vero e proprio muro tra i due paesi. Queste almeno le intenzioni del governo di Vienna, che ha dichiara-to:<< Guardiamo i numeri: l’Austria ha accolto lo scor-so anno 90.000 profughi, più dell’1% della popolazione, che rapportato all’Italia significherebbe più di 600.000 […] Inoltre c’è da aspettarsi che il numero di profughi dal Mediterraneo aumenterà. È chiaro che l’Austria, con meno di 9 milioni di abitanti, non può alla lunga acco-gliere 90.000 migranti l’anno, la sfida dell’integrazione sarebbe troppo grande. Per questo l’Austria ha dovuto reagire: con un tetto massimo di 37.500 domande di asilo>>. Questo significa che gli immigrati intenzionati a passare dall’Italia all’Austria saranno sottoposti a con-trolli ferrei per il monitoraggio numerico, e appena si saranno raggiunte le unità previste la frontiera per loro si chiuderà. Ad assicurarsi che ciò succeda, una solida

barriera fisica. Un muro. Non che questo sia troppo sbagliato, in fin dei conti, e almeno non assisteremo alla chiusura della “rotta del Brennero” da una notte all’altra com’è successo in Macedonia, in Serbia, in Croazia con la rotta Balcanica; ma la situazione denuncia una debo-lezza intrinseca, una crepa nelle fondamenta che non è più possibile ignorare. Cito testualmente il vicepre-sidente del Parlamento Europeo Tajani:<< Credo che l’Austria debba ripensarci e l’Europa debba riflettere, nel tentativo di trovare una soluzione sulla ripartizione delle quote e attraverso interventi economici da effet-tuare nei Paesi di provenienza dei profughi. L’Europa non può accogliere tutti. Grande attenzione ai rifugia-ti, ai perseguitati, ma l’Europa non può farsi carico di tutto>>. Anche il cancelliere austriaco ha ribadito un concetto simile:<<Non ce la possiamo fare da soli e non possiamo permettere che quattro o cinque Paesi possa-no farlo da soli. O lo facciamo insieme nell’Ue o questo porterà a delle difficoltà>>. La sensazione dominante è ancora quella che i Paesi per così dire “di frontiera” siano stati lasciati da soli a fare i conti il problemi mi-granti; e peggio, che la risoluzione del problema sia sta-ta abbandonata completamente all’arbitrio delle singole nazioni. Nel frattempo i media non parlano di questo; un muro passa inosservato, non fa tanto rumore quan-do viene alzato come quando viene abbattuto. Meglio, così ignorarlo diventa più facile per tutti. M. C. Di Francesco

L’attualità del passato“Governare significa fare tante singole cose importanti ed attese, ma nel profondo vuol dire promuovere una

nuova condizione umana.” Aldo Moro

Il 23 settembre 1916 nasceva Aldo Moro, fondatore e poi segretario della Democrazia Cristiana, più volte mi-nistro e presidente del consiglio dal 63 al 68, una per-sonalità determinata e innovativa, sgradita a molti. La nostra scuola ha deciso di invitare, per comme-morare il centenario dalla nascita del politico italiano, l’onorevole Fioroni in un incontro tenutosi il 22 aprile, al quale hanno parteci-pato tutti i terzi. Si comincia con la visione di un filmato; scene tratte dal film “ il caso Moro”, spezzoni di processi e commenti di storici e politici riassumono in generale gli eventi della strage di via Fani, quando alle 9.01 del 16 marzo del 1978 un commando delle brigate rosse sequestrò Moro e uccise due carabinieri e tre poliziotti che si trovavano con lui mentre si recava alla Camera dei deputati. Da quel momento partono le ricerche, si stima che siano stati mobilitati circa 72’000 posti di blocco, senza ottenere alcun risultato. Il caso è ancora avvolto nel mistero e molti sono gli interrogativi che non hanno trovato ri-sposta, ci spiega il dottor Fioroni, invitando gli studen-ti ad approfondire le loro conoscenze sul caso, a porsi delle domande e a cercare di comprendere. Egli afferma più volte la necessità di andare alla ricerca della verità e non del “verosimile”, parlando di quelle che definisce “ le pagine oscure” del caso. Accenna, ad esempio, alle inesistenti o forse solo introvabili foto della scena del rapimento (mentre abbondano scatti dei minuti appena successivi), alla presenza sospetta di due moto Honda, non chiarita da nessuno degli interrogati, alla presun-ta chiusura del bar “Olivetti”, situato appena davanti la

scena del delitto, mentre molti testimoniano di essersi recati lì proprio il giorno dell’attacco, all’archiviazione della pratica che riportava rivelazioni di Saverio Mo-rabito (ex boss della ‘ndrangheta) sulle armi utilizzate dai brigatisti nell’attentato del 16 marzo, non ritenuta valida, e a molte altre incongruenze, su cui tutt’oggi non è facile fare chiarezza. Davvero nessuno sapeva? Nessu-no aveva dei sospetti? Se qualcuno sapeva, perché non

ha mai parlato? Tuttavia, è certo che la politica di solidarietà inter-nazionale del segretario della DC, volta al riavvicinamento con il PCI e ad alleanze nazionali, malvista dai più radicali, gli costò 55 gior-ni di prigionia in uno stanzino da 2,80 metri per 1 metro, e infine la morte. Moro comprese la necessi-tà di un cambiamento per l’Italia, continua Fioroni, e tentò di crea-re valide prospettive per il doma-ni attraverso riforme scolastiche e rivalutando l’istruzione (si ricordi il programma “Non è mai troppo tardi” trasmesso proprio in quegli anni con l’obiettivo di scolarizza-re in massa la popolazione italia-na), ma anche promuovendo una

confederazione dei paesi mediterranei, per sfruttare al meglio e proteggere la grande risorsa rappresentata dal mare. Il corpo del politico venne ritrovato il 9 maggio in via Caetani a Roma, nel bagagliaio di una Renault 4. Come afferma il giornalista Indro Montanelli “dopo l’uccisione di Moro il terrorismo di suicidò”, in effetti in pochi anni molti furono gli arresti e le condanne ai brigatisti, ma dopo i primi momenti di tensione le san-zioni furono sempre meno gravi, alcuni partecipanti alla sparatoria di via Fani non scontarono addirittura nessun anno in carcere.“Per cambiare in meglio c’è necessità di chiudere con il passato” sostiene Fioroni, e per farlo bisogna che il passato sia chiaro e che la verità emerga anche dalle si-tuazione più scomode. S. Paluzzi

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Tutto il mondo lo ricordaLa scomparsa (25 Gennaio)Giulio Regeni è lo studente italiano scomparso fra le 19.30 e le 20.00 poco prima di incontrarsi con un amico al Cairo dove si era trasferito dal settembre 2015 per una ricerca di dottorato sui diritti dei lavoratori e i sin-dacati egiziani.

Il ritrovamento del corpo (3 Febbraio)È stato ritrovato morto a lato della strada desertica Cai-ro-Alessandria nella periferia della città. Chi l’ha ucciso ha avuto fretta di liberarsi del cadavere e lo ha fatto con una goffa messa in scena abbandonandolo nudo dalla cintola in giù per poter accreditare prima un “delitto a sfondo sessuale” e poi la storia dell’incidente stradale. È stato ritrovato con apparenti segni di tortura, brucia-ture di sigaretta sulla pelle, un orecchio mutilato, ec-chimosi profonde e tagli di coltello, tutti segni di una morte lenta e dolorosa.

al Cairo. L’ambasciatore egiziano ha espresso a nome del suo Paese profondo cordoglio per la morte di Regeni ed ha assicurato che l’Egitto fornirà la massima collabora-zione per individuare i responsabili di questo atto cri-minale. Inoltre il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha contattato il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi al quale ha presentato l’esigenza che il corpo sia presto restituito alla sua famiglia e che sia dato pieno accesso ai rappresentanti italiani per seguire da vicino tutti gli sviluppi delle indagini per trovare i responsabili.

Lo sconcerto del governo italiano (4 Febbraio)Su indicazione del Ministro degli Affari Esteri Paolo Gentiloni, il Segretario Generale della Farnesina con-voca con urgenza l’Ambasciatore egiziano Amr Mostafa Kamal Helmy per esprimere lo sconcerto del Governo italiano per la tragica morte del giovane Giulio Regeni

Il team italiano arriva al Cairo (5 Febbraio)Un team di sette uomini di Polizia, Carabinieri e Inter-pol giungono al Cairo per seguire le indagini, in colla-borazione con le autorità egiziane. L’obiettivo? Riuscire a parlare con il maggior numero di testimoni che hanno avuto contatti con il giovane negli ultimi giorni, a parti-re da chi ha trovato il cadavere e dal medico legale; per-quisire l’abitazione in cui Regeni viveva; poter accedere al suo cellulare, ai tabulati e al computer.

Confermate le torture (7 Febbraio)Il rapporto del medico legale ha affermato che lo stu-dente è stato ucciso 10 ore prima di essere ritrovato. Escludendo l’incidente stradale vengono confermati i sospetti di tortura.

Il telefonino scomparso (9 Febbraio)Il telefonino è stato agganciato per l’ultima volta nel quartiere sulla sponda sinistra del Cairo dove risiede-va. La Procura ha ricevuto ufficialmente una notifica da parte di una società di telecomunicazioni secondo cui, seguendo il telefono di Regeni, l’apparecchio è stato localizzato nella zona di Dokki, il quartiere di Giza al Cairo nei pressi del suo appartamento. Le autorità egi-zie hanno detto di non averlo trovato, sostenendo così l’ipotesi di una rapina, alla quale in Italia nessuno crede.

New York Times (13 Febbraio)Il New York Times scrive che tre funzionari della sicu-rezza egiziana affermano che Regeni è stato preso da alcuni agenti proprio il 25 Gennaio (giorno della scom-parsa). Pare che il ragazzo abbia reagito bruscamente comportandosi come un duro. Tutti e tre dicono che Regeni aveva sollevato sospetti a causa di contatti tro-vati sul suo telefono di persone vicine ai Fratelli Musul-mani e al movimento 6 Aprile, considerati nemici dello Stato. In più un testimone sostiene che il fermo dell’ita-liano sarebbe stato ripreso da quattro telecamere di sor-veglianza di altrettanti negozi del quartiere: la polizia egiziana però non ha ancora chiesto le riprese.

La famiglia (16 Febbraio)La famiglia Regeni, attraverso il proprio legale, smen-tisce categoricamente che Giulio sia stato un agente o un collaboratore di qualsiasi servizio segreto, italiano

o straniero e lo descrive come un ragazzo serio e con grandi capacità, sempre impegnato.

Parla Casini (28 Febbraio)Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, chiede la verità, risposte vere entro pochi giorni o il governo, che pure si è mosso con gran-de saggezza, dovrà considerare alcuni gesti simbolici forti, come il richiamo in Italia del nostro ambasciatore al Cairo, così da far capire la gravità della vicenda.

Ecco chi l’ha ucciso (6 Aprile)Una persona anonima ha scritto mail al quotidiano “Repubblica” spiegando chi e come avrebbe ucciso Giu-lio Regeni. Racconto, secondo il quotidiano, credibile visto che espone particolari sulle torture, che solo chi e’ a conoscenza dei fatti poteva sapere. Gli inquirenti invece le considerano mail senza rilevanza.

Dossier di duemila pagine (7 e 8 Aprile)Sono avvenuti gli incontri previsti tra magistrati e in-vestigatori egiziani ed italiani, per fare un punto della situazione sulle indagini svolte dalle autorità egiziane ed esaminare la relativa documentazione di duemila pagine. Presenti all’incontro due magistrati e tre ufficia-li di polizia egiziani, nonché i magistrati della Procura della Repubblica di Roma e gli investigatori del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Raggrup-pamento Operativo Speciale dell’Arma dei Carabinieri che seguono il caso.

Vertice Italia-Egitto (10 Aprile)Si è rivelato un sostanziale fallimento il vertice tra Italia ed Egitto sul caso e come prima iniziativa il governo ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell’am-basciatore al Cairo Maurizio Massari. Forte la delusio-ne di inquirenti e investigatori italiani che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l’8 febbraio scorso. Di fatto la collaborazione con le autori-tà giudiziarie egiziane è interrotta. Il secondo giorno di summit era iniziato intorno alle 10 del mattino a piaz-zale Clodio con la delegazione italiana guidata dal pro-curatore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.

L. Melchiorre

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E IL SOLE PIANGE

Da quando se ne ha memoria, l’uomo per sua natura è sempre stato portato a cercare l’aiuto e la collaborazione dei suoi simili. Questo spiega il concetto di collettività e di aggregazione sociale. Ma da quando se ne ha memo-ria, l’uomo per sua natura non ha mai agito per spirito campanilistico, ma per ottenere un van-taggio personale.Dopo un attentato si alternano in televisione capi di Stato, moralisti, proclamatori di pace. Dopo un attentato, i mass media impazzisco-no, i giornali straripano di notizie ( a volte an-che infondate) e anche gli animali sembrano avere il dono della parola. Poi invece, dopo solo qualche giorno o qualche settimana, scoppiano il silenzio, la drammatica quotidianità, un’ap-parente e lungimirante gestione di stati che hanno imparato nel tempo a dichiararsi guerra vicendevolmente. E’ facile ricordare città come Parigi o Bruxelles. E’ ancora più facile porta-re alla memoria uomini diventati vittime con hashtag effimeri su social network, program-mi televisivi che tartassano le menti e spesso annientano il loro spirito critico; è facile per molti incarnarsi per un solo istante in persone che non ci sono più, che ormai non hanno più nulla a che vedere con questa terra e che for-se sono le uniche a doversela prendere con un qualche dio. D’altra parte, ammettiamo le no-stre colpe. In questi ultimi tempi non facciamo altro che attribuire la colpa di ciò che accade ad una mente divina che, in determinate circostanze, non esiste e che viene fin troppo interpellata. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: gli attentati che tengono sotto scacco l’Europa e attanagliano il mon-

do intero non sono altro che l’effetto diretto delle politiche occidentali nelle zone medio - orientali. Tutti hanno avu-to modo di parlare riguardo questo tema. Tutti in grado di dare sentenze. Giornalisti che hanno cambiato idea su quella “pazza” di Oriana Fallaci, «che aveva previsto tutto»: in realtà quando si parla de “La rabbia e l’orgoglio”, in molti credono si tratti del punto di svolta della produzione edi-toriale di Nicholas Sparks. Apriamo gli occhi su quello che succede, ma soprattutto su quello che è stato: interesse per petrolio, denaro, armi da guerra, ricchezze economiche ed umanitarie. Prima di “essere” Parigi, Bruxelles o qualsiasi altra città, ricordiamoci di essere stati proprio noi a per-mettere un nuovo conflitto mondiale. Nell’attesa che i fiu-

mi scorrano al contrario, che i conigli sparino ai cacciatori e che gli uomini plachino le guerre, raccogliamo il sangue di uomini come noi. Ilaria Santarelli

“… Da secoli e oraSulle stesse strade

GiriamoStrade coperte di spine

Spine che abbiamo seminatoE il sole piange …”Alekos Panagulis

THE PEOPLE VERSUS O. J. SIMPSON, 22 ANNI DOPO

“Non ho la più pallida idea di quello che stai dicendo, ma sai cosa? Non dovrebbe essere importante. L’ha fatta franca quando ha picchiato Nicole, non deve farla franca avendola uccisa.” Queste le parole di Sarah Paulson, nei panni di Marcia Clark, nella nuova serie televisiva della FX, American Crime Story, che per la prima stagione si occupa di riportare i fatti realmente accaduti del caso O. J. Simpson, intitolandosi “The People V. O. J. Simpson”. Era la sera del 12 Giugno 1994, quando Nicole Brown, ex moglie del celeberrimo giocatore di football ame-ricano, attore e modello, Orenthal James Simpson, ed il cameriere Ron Goldman furono uccisi brutalmen-te, sgozzati e pugnalati più volte, in un lago di sangue, mentre i figli della donna dormivano al piano di sopra. “Pensi che è stato accoltellato, svariate volte, anche dopo essere già morto”, dice, in lacrime, nella serie, il padre di Ron Goldman, disperato per la perdita del figlio. I sospetti ricaddero subito su O. J. Simpson: una stri-

scia di sangue collegava, nella cittadina di Brentwood, le case di Nicole e di O. J., nel giardino della donna c’era un guanto, con le impronte ed il sangue di O. J., il cui com-pagno fu trovato nel giardino dell’uomo, la cui macchina, come se non bastasse, era pieno di sangue, appartenente alle vittime e al sospettato. La tentata fuga in Messi-co non funzionò, e l’uomo fu catturato dalla polizia, che lo interrogò, e notò una ferita sulla mano sinistra, causata, secon-do un esperto, dalle unghie delle vittime. Non era il primo caso di violenza dome-stica in casa Simpson: Nicole infatti teneva nascosta nella sua stanza una scatola con le foto che si faceva dopo essere stata picchiata da suo marito, e fogli e fogli in cui riportava il modo in cui si sentiva, da tirare fuori nel caso in cui la situazione fosse giunta al limite. Il processo, durato 253 giorni, veni-va trasmesso in diretta in tutta l’A-merica, e Los Angeles si fermava da-vanti la televisione, per vedere cosa stesse succedendo ad un uomo che, al

tempo, era quasi simbolo della città; si faceva gossip su qualsiasi cosa riguardasse quel caso, tutto sembra-va avere un’importanza trascendentale, persino i nuo-vi tagli di capelli di Marcia Clark, avvocato dell’accusa. Purtroppo, si tratta di uno dei celebri casi conclusi ingiu-stamente, poiché, nonostante le schiaccianti prove a suo sfavore, The Juice (soprannome affidato ad O. J. Simpson in seguito ad una campagna pubblicitaria) vive tutt’o-ra indisturbato, nella sua casa, dichiarato innocente. La sua squadra di avvocati, “The Dream Team”, ebbe il favore di una giuria composta per la mag-gior parte da persone di colore, quando, capitana-ta da Johnnie Cochran, dichiarò l’intero caso un complotto organizzato dalla polizia Californiana per incastrare O. J., appunto solo perché di colore. Un’assurdità, si potrerbbe dire, che però ha funzionato.

F.Parroni

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“Alunno” tra gli alunni Durante la mattinata del primo Aprile, il Presiden-te della Regione Luciano D’Alfonso è venuto a far vi-sita alla nostra scuola, improvvisandosi così un qual-siasi studente del Liceo Classico G. D’Annunzio. Il programma prevedeva la partecipazione del Presi-dente a cinque diverse lezioni nell’arco della giornata; dal nostro canto, noi ragazzi di “λόγος” abbiamo as-sistito solo alla prima, tenuta dal Professore di Storia e Filosofia Lucio Scenna, in IE. La lezione era incen-trata sulla “Politica” di Aristotele, l’opera del filosofo greco dedicata all’amministrazione della polis, dove vengono analizzate le realtà politiche a partire dall’or-ganizzazione della famiglia per passare, poi, ai diversi tipi di costituzione. Il Presidente era seduto di fronte alla cattedra insieme a due alunne, mentre ascoltava assorto tre dei brani tratti dall’opera stessa, letti e ana-lizzati dagli alunni, con l’aiuto del professore. Sempre rimanendo nella tematica della politica Aristotelica, si è parlato di donne, del loro temperamento e delle loro

abilità, e sulla base di ciò, di come il filosofo greco le considerasse all’interno della società; di fatti Aristotele viene reputato da alcuni critici un misogino, un ideo-logo del patriarcato, del sessismo e dell’ineguaglianza. Prendendo spunto da quanto ascoltato in classe, una ragazza, ormai verso la fine dell’ora, recatasi di fron-te al Presidente, ha chiesto: “Si parlava di misoginia in Aristotele, sicché qualche mese fa in Consiglio Re-gionale una sua collega del Movimento 5 Stelle è sta-ta spintonata proprio da lei in seguito ad una vostra “contestazione”, fatto che poi è diventato di dominio nazionale. Si sente Aristotelico sotto questo punto di vista?”. Il Presidente ha risposto alla domanda imme-diatamente dopo, concentrandosi in modo particolare su quanto le parole del Professor Scenna lo avessero colpito circa il ritratto familiare del tempo, e passando successivamente a complimentarsi con gli alunni per la loro viva partecipazione e conoscenza. Ha tenuto a precisare, dopo un po’ di tempo, di non aver spintona-

to la collega, ma di aver riassunto a sé la sedia – dove lei era seduta – che gli avrebbe consentito di svolgere la sua funzione, aggiungendo, infine, che un episodio del genere si augura non accada mai più, ma soprattut-to che le postazioni assegnate dall’e-lettorato attivo vengano rispettate. Sempre parlando in termini aristo-telici, al Presidente è stato chiesto, poi, cosa pensasse della riforma co-stituzionale portata avanti dal suo partito (PD), duramente contesta-ta da costituzionalisti del calibro di Gustavo Zagrebelski, e sul re-ferendum costituzionale di Otto-bre. D’ Alfonso rimanendo molto neutrale ha spiegato l’attuale ordi-namento dello Stato, riferendosi in particolare alla rappresentatività delle autonomie locali e alla relativa governabilità, per concludere dicendo che “per assi-curare la governabilità bisogna rinunciare ad alcuni elementi di democrazia”. Ed è forse questa la frase più indicativa (e preoccupante?) del pensiero espresso da una figura dello Stato quale un Presidente di Regio-ne. Ed è forse questo quello che vogliamo da studen-

ti, cittadini, futuri elettori dalla nostra classe politica? Forse alla spettacolarità dei flash delle macchinette fotografiche, alla superficialità dello spot elettorale, la classe dirigente potrebbe (e dovrebbe) guardare alla concretezza e al dare risposte. Al suonare della cam-panella il Presidente si è recato nelle altre classi, conti-nuando così a vestire i panni di “alunno” tra gli alunni. F. Di Camillo e R. Marchetti

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I VIAGGI D’ISTRUZIONE: SICUREZZA O UTOPIA?

Negli ultimi giorni abbiamo condotto un’inchiesta a pro-posito del recente decreto riguardante i viaggi d’istru-zione, allo scopo di raccogliere le opinioni dei docenti a tal proposito. I riscontri che abbiamo ottenuto hanno portato a un’unanime conclusione: nessuno dei profes-sori intervistati ha manifestato approvazione nei con-fronti del vademecum, considerando le responsabilità di un professore già fin troppo impegnative senza le nuove aggiunte. Inoltre, hanno precisato alcuni dei docenti, le competenze richieste per svolgere alcuni dei control-li previsti dal decreto, sono assolutamente tecniche e quindi proprie di organi preposti, non degli insegnanti. All’interno del Liceo Classico però le conseguenze si sono

rivelate ben più gravose rispetto alle altre scuole supe-riori, poiché è stato aggiunto al decreto un commento che ha interpretato con apprensione la circolare mini-steriale. E’ stato per questo motivo che i docenti si sono accordati e hanno preso la decisione di non partire affat-to, disdicendo tutti i viaggi d’istruzione in programma. Quest’azione però, pensata come un gesto di protesta, non è purtroppo utile in nessun modo poiché così facendo gli unici a risentirne sono gli studenti, a cui viene preclusa un’occasione di arricchimento culturale in nome della si-curezza. Non si può infatti parlare di protesta o di danni al turismo e all’economia italiana se l’unica scuola a deci-dere di non partire è il Liceo Classico, ed effettivamente negli altri istituti i viaggi d’istruzione si sono regolarmente svolti. Nel Liceo Scientifico Da Vinci, ad esempio, il pro-gramma gite è stato seguito normalmente anche quest’an-

no, con destinazioni come Napoli, Grecia o Sicilia. Nello stesso modo nel Liceo Scientifico Galilei sono stati orga-nizzati viaggi d’istruzione a Torino, Verona e Mantova; al Liceo Scientifico D’Ascanio sono stati pianificati viaggi con mete come la Calabria, Roma o Urbino, mentre al Liceo Linguistico Marconi le destinazioni sono state ancora più varie poiché sono stati organizzati anche stage allo scopo di esercitare la lingua straniera. All’interno di tutte le altre scuole, infatti, il decreto non ha avuto un’eccessiva influen-za: i professori si sono limitati a firmare la circolare di presa visione e a chiedere, prima della partenza, un controllo da parte della polizia allo scopo di verificare che tutto fosse in regola. Così il Liceo Classico, nella sua solitaria e quasi in-

genua protesta, è forse l’unica scuola superiore nella quale le gite d’istruzione sono state disdette. Del resto, come bia-simare questa decisione? In un periodo come quello in cui stiamo vivendo, l’allarme terrorismo aveva già scorag-giato abbastanza le partenze delle scuole senza l’aggiunta di un decreto che addossasse responsabilità superflue ed eccessive agli accompagnatori e alla scuola stessa. Ma come dobbiamo muoverci, allora, in una realtà in cui tutto è diventato rischioso e temibile? Purtroppo è impossibile non esporsi a nessun tipo di pericolo, ma non per questo è giusto limitare la propria vita in nome di un’utopica sicu-rezza. Al di là di tutte le norme che possono essere create, infatti, per frenare il più possibile le insidie che affollano il mondo, a dominare la mente umana deve essere sempre il buon senso. S. De Lauretis

GRAZIE KOBE24.No, non sto parlando delle ore che compongono ogni giornata. Sto parlando di un numero che ci ha cambiato la vita.O meglio, di chi ha fatto di quel numero un’istituzione, un sogno, un simbolo.Ed è riuscito a cambiarci la vita. Tutti i piccoli cestisti che entrano in palestra per la pri-ma volta cercano di imitare (con scarsissimi risultati) i loro idoli: i nostri genitori tentavano di dare via passag-gi no-look come Magic Johnson, noi volevamo essere come Kobe Bryant. Avevamo (e abbiamo ancora, come una reliquia) la sua maglia, il gialloviola che scorreva (e continua a scorrere) nelle vene.Kobe ha giocato la sua ultima, strepitosa partita la notte fra il 13 e il 14 Aprile: e noi non abbiamo potuto fare a meno di commuoverci, ricordando il ragazzino con il numero 8 sulle spalle che dava filo da torcere a tut-ti i suoi avversari e che non aveva paura di niente e di nessuno. Ci ha fatto esultare, ci ha fatto innamorare del gioco: ha lasciato che i suoi più temibili nemici lo am-mirassero, che vedessero in lui il campione che ha di-mostrato di essere. Ha lasciato che le tifoserie avversarie

(e in particolare gli ostili Boston Celtics) lo odiassero, che arrivassero ad essere così legate a lui che non avreb-bero mai potuto farne a meno. E noi, invece, i ragazzini che prendevano in mano la palla a spicchi per la prima volta, ci siamo innamorati dei suoi movimenti, dei suoi tiri allo scadere, delle sue vittorie, della sua dedizione.Abbiamo tifato per lui, lo abbiamo odiato, lo abbiamo venerato.È stato per noi il compagno di squadra che non abbia-mo mai avuto, l’allenatore che avremmo voluto ci inse-gnasse a tirare, l’avversario che avremmo voluto battere con tutto il cuore. È stato e sarà un pilastro fondamen-tale della storia della pallacanestro e noi non possiamo che ringraziarlo per averci trasmesso la passione per il gioco. E per averci insegnato ad avere fiducia in noi stessi, a non perdere di vista i nostri obiettivi. E soprat-tutto, a cercare di superare i nostri più ostici avversarsi: noi stessi.Grazie Kobe, da tutti quelli che hanno avuto l’onore di conoscere la vera essenza del basket e da tutti quelli che ti hanno odiato, con tutto il cuore.

L. Maddes

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SNAPSHOT, TAKE IT EASYA chi sintetizza la vita con una foto e un sorriso

In una società in cui tutto è diventato istantanea-mente percepibile, la fotografia ha perso (non per tutti) la sua valenza comunicativa ed espressiva. Il mestiere del fotografo è in via di estinzione e la sua funziona muta con il plasmarsi delle nuove gene-razioni. La fotografia è poesia. Non è necessario il luogo più suggestivo del mondo, la donna più bella da ritrarre con le sue movenze, il momento più en-tusiasmante della propria vita. La fotografia è emo-zione, racconto di una vita.«Mettiamoci tutti vicini e scat-tiamo una foto». Quante volte abbiamo sentito questa formu-la. Chi si mette in posa con il sorriso migliore, chi tira fuori la lingua, chi abbraccia l’ami-co che ha affianco, chi invece è foto bomber per natura. Poi, un click immortala un mo-mento che è ormai già passato, che non tornerà più se non nel grosso album polveroso dei ri-cordi. Ogni volta che vedo una fotografia, mi chiedo quale storia la costruisca. Il fotogra-fo mette a fuoco nell’obiettivo quello che non si vede, eppure c’è. Una città stracolma di per-sone, ma vuota al tempo stes-so; un luogo silenzioso, che sussurra però molto più di quanto ci si possa aspettare; due innamorati, che condividono un cuore solitario; il miracolo della nascita; la speranza della vita; l’inevitabile delusio-ne. Questo è quello che una foto può sintetizzare. Ma, come per un testo poetico, la fotografia ha una valenza personale e soggettiva per ciascun osser-vatore: non c’è foto migliore di quella che susciti

emozioni. Ne sono un esempio i fotografi Mauricio Lima, Sergey Ponomarev, Tyler Hicks e Daniel Etter del New York Times, vincitori del premio Pulitzer 2016 per il fotogiornalismo: i loro scatti hanno rac-contato al mondo intero la condizione dei migranti.La fotografia è come un genitore: ti ricorderà sem-pre uguale a te stesso, ma tu cambierai, pur non volendolo. La fotografia immortala, rende infinito un momento che è destinato a durare poco più di

qualche minuto. Nel momento in cui si scatta, quel-lo che è intorno a noi non è più estraneo ma appar-terrà alla nostra esperienza di vita, in un modo o nell’altro. «Quando la fotografia accade, succede senza sforzo, come un dono che non va interrogato né analizzato.»Elliott Erwitt I. Santarelli

PERCHE’ DOBBIAMO AVER PAURADI DONALD TRUMP

L’8 novembre 2016 l’America eleggerà il suo 45° presi-dente. Nel frattempo, i due maggiori partiti, Repub-blicani e Democratici, sono impegnati nella scelta del loro candidato con le primarie. I principali candidati dalla parte dei Repubblica-ni sono: il miliardario imprenditore edile Donald Trump, il senatore del Texas Ted Cruz e il moderato John Kasich, mentre per i Democratici: la first lady della politica americana Hillary Clinton e il senatore del Vermont Bernie Sanders.Prima di scendere nel dettaglio è doveroso fare chia-rezza sul sistema elettorale statunitense delle primarie, simile a quello delle elezioni finali, la cui complessità è dovuta all’assetto federale dello stato.Iniziamo col dire che esistono due modalità per queste consultazioni: le primarie vere e proprie e i cosiddetti caucuses. Le Primaries sono elezioni in cui gli iscritti ad un partito si recano alle urne per scegliere il loro candidato tramite un voto segreto, mentre nel cau-cus gli iscritti ai due partiti principali sono chiamati a pronunciarsi sulle loro preferenze in delle convention “pubbliche” spesso dividendosi fisicamente in varie zone dell’assemblea a seconda del gruppo che si inten-de sostenere. Tuttavia è da precisare che tutti i voti provenienti dalle urne o conteggiati nei caucuses non

vanno direttamente ai candidati ma ai delegati, un gruppo di in-termediari costituito da respon-sabili locali che infine si riuni-scono alla Convention nazionale per “coronare” con una nomina ufficiale, il candidato prescelto del loro partito.Teoricamente, le preferenze dei delegati alla Convention dovreb-bero riflettere i voti dei cittadini dei loro stati di provenienza ma in alcuni stati i delegati non sono tenuti ad attenersi a questi stes-si risultati e possono conferire il loro sostegno a chi vogliono. Questo metodo ben poco demo-

cratico è lo stesso ha costituito il maggior ostacolo per Bernie Sanders nella sua “rivoluzione” contro i poteri forti di Wall Street che sostengono Hillary Clinton.Nonostante il sistema elettorale non sia limpido e ge-neri molte controversie elettorali (come quando Bush fu eletto con le preferenze dei delegati e non dei citta-dini), la campagna elettorale è fortemente sentita dagli Americani.Il settantaduenne Bernie Sanders, attivista sin da giovane e impegnato in numerose cause sociali, sta conducendo una autentica rivoluzione, contestando l’operato di Hillary Clinton durante i suoi numerosi incarichi, definendola una “repubblicana con la ma-schera”. Il senatore del Vermont, ispirandosi al sociali-smo democratico europeo della seconda metà del 900’, non ha paura di definirsi “socialista”, parola che, anche se privata del suo significato economico, e che si riferi-sce prevalentemente ad un nuovo sistema di diritti, nel paese simbolo del liberismo fa sempre un certo effetto. Sanders crede negli ideali dell’uguaglianza, del salario minimo, del diritto allo studio, negli USA che sono il penultimo paese al mondo come grado di istruzione infantile. Trascina gli animi dei giovani che non iden-tificano più il socialismo con lo scenario della guerra fredda, ma quanto con un sistema di benefici comuni,

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di diritti e di più equità. Se il voto per Sanders è un simbolo di forte volontà di rinnovamento, quello per Clinton è il voto per il mantenimento dello status quo americano. Chi meglio della ex-first lady poteva incarnare la figura dell’esper-ta politica americana, interna alla macchina del potere (tanto da essere attaccata anche da numerosi scan-dali)? Hillary credeva di affrontare le Primarie come fossero una incoronazione maestosa, invece si sta tro-vando a combattere arditamente, sostenuta in extre-mis, per sua fortuna, dai “grandi elettori” del partito dem. Prima delle pimarie di Martedi 19 a New York i successi di Sanders in Alaska, Washington e Hawaii intimorivano la Clinton, che solo con la stracciante vittoria nel suo stato chiave, che mai nella sua carriera l’ha tradita, ha portato a casa, quasi definitivamente, la nomination. Solo una serie di vittorie stracciati negli ultimi stato chiave come in California (il paese della west-coast conta ben 546 delegati) potrebbe ribalta-re la situazione. Ma questo è improbabile, ed oramai sembra che la partita più importante Sanders l’abbia già vinta: spostare il Partito Democratico più a sini-stra, dare un forte segnale all’establishment dem: la volontà di un cambiamento nella politica estera, un si-stema di diritti più efficace e una ridistribuzione delle ricchezza nazionale. La situazione è ben più drammatica dal lato repub-blicano. Dai meandri dell’in-dustria televisiva ameri-cana spunta un autentico showman, Donald Trump, miliardario newyorkese ar-ricchitosi nel campo edile. Gli avversari, la stampa e persino i suoi compagni di partito l’avevano sottovalu-tato, snobbato e deriso. Ma rischia di essere proprio lui il candidato repubblicano. Infatti visti i recenti risultati, tra cui il trionfo nello stato

di New York, sembra che Trump abbia raccolto la fru-strazione e il disorientamento di quella classe sociale di bianchi statunitensi non istruiti e sottopagati, la cui ascesa sociale è fallita a causa della crisi e che hanno nostalgia dei loro privilegi e del loro status. Trump definisce i messicani “stupratori” e si sente intenziona-to a costruire un muro tra USA e Messico, crede che i cinesi siano “imbroglioni” e tutti i musulmani una potenziale minaccia terroristica. Egli dà libero sfogo alle insicurezze di una componente del popolo ameri-cano che si sente minacciata da un mondo sempre più cosmopolita. La sua base elettorale, il target a cui lui si rivolge non è dunque molto diverso da quello del Front national, dell’Ukip e della Lega Nord.Lo sviluppo dei Nazionalismi contemporanei è una tematica che tocca direttamente noi europei. Per non commettere gli stessi errori del passato, per non cade-re nel vortice dell’individualismo, del cinismo e dell’o-dio abbiamo bisogno di informazione e partecipazio-ne. Abbiamo il dovere di seguire le elezioni negli Stati Uniti d’America, in tal modo comprenderemo le dina-miche politiche comuni che stanno agitando il nostro pianeta. J. Logiudice

PERCHE’ DOBBIAMO CREDERE IN BERNIE SANDERS.

Satira a cura di F. Lucchetta

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WINTER HAS COMEDiciamocelo: ai colpi di scena chi segue Il Trono di Spade è abituato. Che si guardi la serie o si leggano i libri, alle morti a sorpresa gli amanti di George Martin ci hanno fatto il cal-lo. Questo non ha impedito certo che un’ondata di genuino shock travolgesse il web dopo che, nell’ultima puntata della quinta stagione, il 14 Giugno scorso, si era assistito all’assas-sinio di Jon Snow, interpretato dall’avvenente Kit Harington. Un dubbio amletico e fatidico ha accompagnato gli appassio-nati per mesi: possibile che proprio lui, che accreditate teorie davano come il vero protagonista in virtù della sua probabile discendenza da Lyanna Stark e Rhaegan Targaryen, uscisse di scena così brutalmente? I vari trailer della sesta stagione, che debutterà il 24 Aprile, sembrano fattoi apposta per ina-sprire questa diatriba: nel primo sentiamo Davos (che Stannis ha spedito alla Barriera perché non impedisse il sacrificio di Shireen) dire “He’s gone”, e poi sguainare la spada al cospetto del cadavere del ragazzo. A che pro? Alcuni sono convinti che la sequenza abbia a che fare con la sacerdotessa Melisandre, che aveva già palesato un interesse per Jon Snow quando questo era in vita (come darle torto, in fondo). Che Melisandre, in quan-to accolita del Dio della Luce, abbia la capacità di resuscitare i morti e stia per riportare in vita il giovane? E in tal caso, qual è la ragione di tanto disturbo per il bastardo Stark? È proprio qui che i frammenti successivi diventano interessanti, in particolare quelli del combattimento ai piedi di una torre. Che sia la Torre della Gioia, dove perse la vita Lyanna Stark? Così sembrerebbe suggerire anche il titolo della terza puntata, già rilasciato, che è “Oathbreaker”: rimanda al giuramento, e se alcuni considerano un parallelismo con la puntata Oathkee-per, in cui Brienne di Tarth si metteva in cammino alla ricerca di Sansa Stark, altri credono che il giuramento in questione sia quello di Ned alla sorella morente. Ecco allora che i natali di Jon Snow diverrebbero subito più chiari. E forse anche l’in-teresse di Melisandre per lui. D’altronde che il sedicente Co-mandante dei Guardiani della Notte si regga ben saldo sulle sue gambe lo dimostrano anche scatti rubati dal set, dove Kit Harington è stato fotografato con al fianco una spada…e una divisa Stark. E a proposito di reggersi sulle gambe, riecco nei trailer e nei vari teaser un piccolo grande assente della quinta stagione, Bran Stark. L’avevamo lasciato paralitico in compa-gnia del corvo con tre occhi, e ora lo ritroviamo in piedi con alle spalle il Re della Notte. Solo un’allucinazione? In merito

alla restante prole Stark, il destino più intrigante è di sicuro quello di Arya nella lontana Braavos, che come punzione per non essere riuscita a liberarsi della sete di vendetta che appar-teneva alla sua identità passata viene resa cieca. Nel trailer la vediamo saltare da un balcone: solo parte del suo apprendi-stato presso il Dio Dai Mille Volti? O si può presumere una sua fuga dal Tempio? In quanto a Sansa, compare ben vestita con lo stemma degli Stark in mostra sul petto e uno sguar-do determinato in viso, e appare plausibile che dopo la sua fuga con Theon si sia riunita a Ditocorto. Proprio i Greyjoy tornano nel trailer, dove si vede chiaramente Euron che cam-mina su un ponte di corda in mezzo ad una tempesta. E se questo frame non dice nulla ai seguaci della serie, dovrebbe

perlomeno suonare un campanello d’allarme nella mente dei lettori. Ultimi, ma non certo per importanza, i Lannister. Cersei, grande sconfitta della quinta stagione, appare ora con un nuovo taglio di capelli ma la stessa determinazione nell’af-frontare i suoi nemici alla ricerca della sua rivalsa personale, sostenuta dal fratello/amante Jaime. Come avrà preso la no-tizia della morte della sua seconda figlia, Myrcella? Sembra che il gioco del trono si svilupperà esclusivamente tra lei e la reginetta Margaery, a maggior ragione ora che la regina legit-tima Daenerys Targaryen ha subito un rovescio di fortuna. La vediamo mentre viene condotta in catene nella capitale dei Dothraki, e in un altro fotogramma mentre viene denudata. Sappiamo che il lealissimo Jorah è sulle sue tracce, ma il ca-valiere è malato di Morbo Grigio; e si ha l’impressione che

l’autore del salvataggio di Khaleesi potrebbe essere proprio il suo drago, Drogon. A proposito di draghi, pare davvero che qualcuno abbia ritrovato uno dei “figli” dispersi di Daenerys: Tyrion Lannister, in fuga con Varys nel continente orientale, è catturato dal trailer mentre esplora un sotterraneo oscuro, e al suo interno si imbatte in un drago che sputa fiamme. Fuo-

co e ghiaccio, battaglie campali, alcune rivelazioni da lungo tempo attese e i colpi di scena a cui ormai siamo tanto abitua-ti: tutto questo possiamo aspettarci dalla nuova stagione de Il Trono di Spade. Brace yourselves, winter has come.

M. C. DI Francesco

IL MONDO DELL’INVESTIGAZIONEOsservare è forse l’azione più importante che svolgiamo nel corso della giornata, grazie ad essa possiamo cogliere particolari “invisibili” e allo stesso tempo importanti, in pratica ci permette di “vedere ciò che non tutti vedono”. Ad esempio con essa si può riconoscere la professione di una persona dall’aspetto fisico e dal suo modo di inserirsi nella società: uno scrittore si riconosce da macchie d’in-chiostro e calli(tra il pollice e il medio) sulla mano con cui scrive(destra se è destromane o sinistra se è mancino); un professore si riconosce dal modo di parlare (tenta di avere sempre ragione e tende a manifestare tutto il suo sapere su un argomento) e da eventuali segni di gesso o pennarel-lo sulla mano dominante; un’imbianchino si riconosce da macchie di vernici sulle mani e su scarpe e vestiti (se usati frequentemente, le macchie di gesso pennarello e vernice restano anche se lavati via). Inoltre l’osservazione è la base dell’investigazione,questa è composta da varie parti, ma in poche parole l’investigazione è l’approfondimento di qual-cosa tramite ricerche (osservazione e ragionamento), ma un buon investigatore dovrebbe conoscere bene la grafo-logia (per capire chi ha scritto un determinato messaggio), la crittologia (per decifrare vari codici all’apparenza senza senso), la psicologia (in particolare quella criminale), la balistica, la conoscenza dei crimini del passato ecc...Per quanto riguarda la crittologia un metodo diffuso fin dall’epoca dei romani è il metodo di Cesare, utilizzato pro-prio da lui per evitare il pericolo che i nemici intercettasse-ro e leggessero ordini e comunicazioni. Il metodo consiste nel sostituire una lettera con quella che viene un determi-nato numero di posti dopo, la distanza tra le lettere (che dev’essere la stessa in tutto il messaggio) è detta chiave, Cesare era solito utilizzare una chiave 3 quindi: CIAO = FLDR.Henry Howard Holmes, conosciuto come il “dottor tortu-ra”, o come “arcidiavolo”, è stato condannato a morte per impiccaggione il 7 maggio del 1896, per aver commesso

tra i 27 ai 100 omicidi, ma furono trovato gli scheletri e i resti di oltre 150 persone, e si presume che ne abbia uccise almeno 200. Le sue vittime venivano uccise in vari modi, ma i più frequenti erano tramite asfissia e torture, inoltre dopo la morte vendeva gli scheletri di alcune sue vittime a laboratori di scienze e medicina, e gettava i corpi delle altre in una vasca d’acido che teneva in cantina o in un forno crematorio che teneva in una stanza segreta della sua casa.La grafologia è la scienza che studia la grafia delle persone, infatti essa ci dice molto sul carattere del proprietario, ad esempio: se la grafia “pende” verso il basso il proprietario è pessimista, se questa si solleva verso l’alto, invece, è otti-mista, ma c’è anche una terza possibilità, infatti, se la grafia mantiene il rigo chi la possiede guarda la vita oggettiva-mente, ossia è un “realista”; ma la scrittura di una persona ci dice anche altro: se è inclinata verso destra indica gene-rosità, estroversione, cordialità e affettuosità, se è inclinata verso sinistra è indice di riservatezza, introversione e pru-denza, se invece non è inclinata indica una personalità cal-ma e sicura, non condizionata dalle paure. Inoltre la grafia degli uomini è generalmente appuntita, mentre qualla del-le donne prevalentemente rotondeggiante.Ecco ora alcuni “esercizi”:od ghgxclrqh h’ xq wlsr gl udjlrqdphqwr fkh ulfdyd lo ghwwdjolr gdo jhqhudoh A. Candeloro

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Rinascimento RomanoSe nel 500’ Roma è stata padrona dell’Asse culturale ita-liano ed europeo, anche oggi, almeno in Italia in ambito cantautoriale si ripropone una circostanza simile. L’ini-zio del 2016 ha portato sul mercato discografico molti album di ottimo livello con diversi tipi di sperimenta-zione sonora e alla maggior parte di questi artisti, Roma ha dato i natali e anche l’ispirazione.Siamo ancora lontani dagli anni sessanta e settanta in cui la scena cantautorale romana proponeva cavalli di razza come Claudio Baglioni, Antonello Venditti, Fran-cesco De Gregori e Lucio Battisti, ma questo attuale “Rinascimento” dà uno scossone a questa musica ita-liana agonizzante fra i talent e i reperti rupestri che si esibiscono a Sanremo ogni anno.Dopo “Il Padrone della Festa” del 2014 Fabi, Silvestri e Gazzé tornano alla loro carriera da solista con tre nuo-vi album di inediti pubblicati nello stesso periodo. Max Gazzé occupa le parti alte delle classifiche sia con l’al-bum “Maximilian” ma soprattutto con il suo primo sin-golo “La Vita Com’è, rimanendo sulla corrente elettro-pop intrapresa con “ Sotto Casa”. Torna anche Nicolò Fabi con il nuovo album “Una Somma di Piccole Cose” e la hit “Ha perso la Città” sicuramente con sonorità più dolci rispetto a Gazzé ma con un appeal radiofonico di-verso e un testo con una sottile e intelligente polemica verso la società del tempo. “Acrobati” è l’album di un rigenerato Daniele Silvestri che, dopo l’esperienza con i due colleghi, ritorna probabilmente con l’album mi-gliore della sua carriera come confermato da lui stesso in un’intervista a Deejay Chiama Italia. 18 brani con di-versi potenziali singoli al suo interno a cominciare dal-la funambolica “Quali Alibi”, una meravigliosa catena di parole con stampo satirico-politico, e poi “Acrobati” che dà il titolo all’album, “La Mia Routine”, la collabo-razione con Caparezza nella “ Guerra del Sale” con un chiaro richiamo a “Salirò”. “ La Mia Casa” é un viaggio meraviglioso fra le più affascinanti città del mondo che si conclude con il ritorno a Roma come un ciclo vitale con una commovente descrizione della Capitale popo-lata da tantie piccole cose e da personaggi con le loro vite che si intrecciano in una reale armonia che canta Silvestri. Di notevole considerazione è “Un Altro Bic-chiere”, fedele descrizione delle serate da sballo adole-

scenziali, sempre alla ricerca dell’ennesimo bar per ave-re meno ricordi la mattina successiva per essere certi di non ritrovarsi a rimpiangere niente. Sorprendente la parte di inciso in inglese con sonorità pressoché iden-tiche a quelle del Garage Rock inglese in perfetto stile Arctic Monkeys. Tornano sulla scena musicale anche i Tiromancino, guidati sempre da Federico Zampaglio-ne con il nuovo album “Nel Respiro del Mondo” da cui è stato estratto il singolo “Piccoli Miracoli” con buoni riscontri per quanto riguarda i passaggi radiofonici. In-fine, un nuovo movimento Indie sta prendendo vigore sui 7 colli con in testa il progetto “I Cani” di Niccolò Contessa e il nuovo album “Aurora” e Calcutta con una sincera riproduzione di un aspetto dell’amore in “Cosa Mi Manchi a Fare”. L. Sangiuliano

Il festival musicale più glam dell’anno.Impossibile che gli appassionati di moda non sappiano di cosa si stia par-lando. Per chi invece è all’oscuro di tut-to, Coachella è uno dei festival ameri-cani più conosciuti al mondo, in cui si esibiscono artisti come Calvin Harris (che ha chiesto a Taylor Swift, proprio durante il festival, di sposarlo) come Elie Guilding o Pharrell Williams o Sia. Inoltre è tradizione che ogni anno una band sciolta da tempo si riunisca per il festival, quest’anno è toccato ai Guns N’ Roses, per la gioia delle fan.Coachella è un festival inteso più come un evento di moda che di musica. C’è un dress code ben preciso da seguire: frange, hot pants, vestiti anni 70, oc-chiali grandi e mai visti ma anche dei pezzi vintage. Tutte le star più cool si riuniscono qui, da Kendall Jenner (una delle modelle più richieste del momento) ad Alessandra Ambrosio (uno dei più “longevi” angeli di Vic-

toria’s Secret), fino ad arrivare ai “figli d’arte” tra cui Jaden Smith, fi-glio dello strepitoso Will o Brooklin Beckham, bello quasi quanto il pa-dre David.Per gli Americani questo è uno de-gli eventi più importanti dell’anno e alcune grandi personalità approfit-tano per fare propaganda politica, come il candidato democratico alle primarie negli States Bernie San-ders, salito sul palco proprio duran-te il festival. Invece grandi marchi low cost, come H&M, hanno creato delle linee di vestiti “Hippie chic” dedicate all’evento.Il festival di Coachella si è conclu-so il 24 aprile, ma non temete, ne sentirete ancora parlare per lungo tempo. In ogni caso, il prossimo ap-puntamento è per aprile dell’anno prossimo. F. Fracassi

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Satira a cura di F. Lucchetta