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C A P I T O L O 5 INTRODUZIONE I bambini, sia dei Paesi in via di sviluppo che di quelli industrializzati, sono esposti a una grande varietà di agenti ambientali, fra i quali l’inquinamento all’interno e al di fuori del loro domicilio, i contaminanti dell’acqua e dei cibi (per esempio pesticidi, piombo e mercurio), nonché gli agenti fisici, come le radiazioni ultraviolette o i rumori eccessivi. Ci sono quindi molte ragioni per richiamare l’atten- zione dei pediatri e della popolazione sul peso che l’am- biente ha sulla salute degli umani: l’esposizione agli agenti ambientali continua, nono- stante il successo della riduzione dell’esposizione ad alcuni tossici, come il piombo, i bifenili policlorurati e il fumo di tabacco; siamo da anni in presenza di un aumento nel numero di casi di autismo, di problemi dello sviluppo neuro- logico e di malformazioni congenite: è sempre più av- valorata l’ipotesi che influenze negative ambientali possano giocare un ruolo nella prevalenza di queste tre affezioni, nonché di altre condizioni dell’infanzia, della fanciullezza e dell’adolescenza, come l’asma e l’obesità; molte altre patologie (traumi, conseguenze del consu- mo di alcol, suicidi, consumo di droghe e morti per armi da fuoco) sono direttamente o indirettamente in relazione con influenze ambientali, per cui esse sono da considerare come prevenibili. La rivista della letteratura rivela inoltre che gli agenti ambientali causano altri effetti sulla salute dei bambini, alcuni dei quali immediati e altri a distanza, che vanno dalla sterilità, alla infertilità, all’embriotossicità, al basso peso alla nascita, alle lesioni cutanee, ai disordini immu- nologici e infine alla stessa paura dei possibili effetti. A parte le malattie del sistema nervoso centrale (circa 6 bambini su 1.000 bambini hanno una diagnosi di ritar- do mentale), altri due gruppi di malattie sono in qualche modo connessi con l’ambiente: l’asma e il cancro del bambino. Basti pensare che l’incidenza dell’asma è rad- doppiata fra il 1980 e il 1995, passando dal 3,6% al 7,5%, mentre l’incidenza annuale del cancro è aumentata dal 1975 al 1990 (anche se l’incidenza delle morti per cancro si è ridotta negli ultimi 25 anni) per l’aumento di alcuni tipi di tumori, come la leucemia linfoblastica acuta, i tumori del sistema nervoso centrale e i linfomi non- Hodgkin. Fra tutti gli organi e gli apparati il sistema nervoso centrale è il più vulnerabile del corpo umano nel presen- tare alterazioni dello sviluppo: le lesioni sono in qualche modo collegate al numero dei neuroni, alla loro migra- zione, alla creazione delle loro connessioni, all’attività dei neurotrasmettitori, al numero dei loro recettori e infi- ne alla deposizione di mielina che non è ancora comple- tata alla fine del primo anno di vita. Purtroppo le nostre conoscenze sui rischi legati all’esposizione verso i peri- coli ambientali è minima nell’infanzia e nell’adolescen- za: la maggior parte delle nostre conoscenze riguarda l’effetto dei tossici nella vita prenatale e in quella imme- diatamente postatale. Più inquietante della stessa man- canza di dati riguardante gli stati tardivi dello sviluppo, è il minimo sforzo che viene rivolto per aumentare le nostre conoscenze sugli agenti neurotossici e sulle conseguenze che l’introduzione di nuovi farmaci può avere alla distan- za sul funzionamento del sistema nervoso centrale. IL CLIMA Vi sono evidenze epidemiologiche che le variazioni del clima hanno forti ripercussioni sulla vita umana. Il freddo intenso rappresenta un pericolo ai due estre- mi della vita: al bambino come all’anziano. Anche se oggi in linea teorica le possibilità per i piccoli di trovarsi in condizioni di freddo intenso sembrano notevolmente ridotte, nella pratica corrente si verificano simili circo- L’AMBIENTE G. BARTOLOZZI Capitolo 5.fm Page 53 Monday, July 14, 2008 4:40 PM

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INTRODUZIONE

I bambini, sia dei Paesi in via di sviluppo che di quelliindustrializzati, sono esposti a una grande varietà diagenti ambientali, fra i quali l’inquinamento all’internoe al di fuori del loro domicilio, i contaminanti dell’acquae dei cibi (per esempio pesticidi, piombo e mercurio),nonché gli agenti fisici, come le radiazioni ultravioletteo i rumori eccessivi.

Ci sono quindi molte ragioni per richiamare l’atten-zione dei pediatri e della popolazione sul peso che l’am-biente ha sulla salute degli umani:● l’esposizione agli agenti ambientali continua, nono-

stante il successo della riduzione dell’esposizione adalcuni tossici, come il piombo, i bifenili policloruratie il fumo di tabacco;

● siamo da anni in presenza di un aumento nel numerodi casi di autismo, di problemi dello sviluppo neuro-logico e di malformazioni congenite: è sempre più av-valorata l’ipotesi che influenze negative ambientalipossano giocare un ruolo nella prevalenza di queste treaffezioni, nonché di altre condizioni dell’infanzia,della fanciullezza e dell’adolescenza, come l’asma el’obesità;

● molte altre patologie (traumi, conseguenze del consu-mo di alcol, suicidi, consumo di droghe e morti perarmi da fuoco) sono direttamente o indirettamente inrelazione con influenze ambientali, per cui esse sonoda considerare come prevenibili.La rivista della letteratura rivela inoltre che gli agenti

ambientali causano altri effetti sulla salute dei bambini,alcuni dei quali immediati e altri a distanza, che vannodalla sterilità, alla infertilità, all’embriotossicità, al bassopeso alla nascita, alle lesioni cutanee, ai disordini immu-nologici e infine alla stessa paura dei possibili effetti.

A parte le malattie del sistema nervoso centrale (circa6 bambini su 1.000 bambini hanno una diagnosi di ritar-do mentale), altri due gruppi di malattie sono in qualche

modo connessi con l’ambiente: l’asma e il cancro delbambino. Basti pensare che l’incidenza dell’asma è rad-doppiata fra il 1980 e il 1995, passando dal 3,6% al 7,5%,mentre l’incidenza annuale del cancro è aumentata dal1975 al 1990 (anche se l’incidenza delle morti per cancrosi è ridotta negli ultimi 25 anni) per l’aumento di alcunitipi di tumori, come la leucemia linfoblastica acuta, itumori del sistema nervoso centrale e i linfomi non-Hodgkin.

Fra tutti gli organi e gli apparati il sistema nervosocentrale è il più vulnerabile del corpo umano nel presen-tare alterazioni dello sviluppo: le lesioni sono in qualchemodo collegate al numero dei neuroni, alla loro migra-zione, alla creazione delle loro connessioni, all’attivitàdei neurotrasmettitori, al numero dei loro recettori e infi-ne alla deposizione di mielina che non è ancora comple-tata alla fine del primo anno di vita. Purtroppo le nostreconoscenze sui rischi legati all’esposizione verso i peri-coli ambientali è minima nell’infanzia e nell’adolescen-za: la maggior parte delle nostre conoscenze riguardal’effetto dei tossici nella vita prenatale e in quella imme-diatamente postatale. Più inquietante della stessa man-canza di dati riguardante gli stati tardivi dello sviluppo, èil minimo sforzo che viene rivolto per aumentare le nostreconoscenze sugli agenti neurotossici e sulle conseguenzeche l’introduzione di nuovi farmaci può avere alla distan-za sul funzionamento del sistema nervoso centrale.

IL CLIMA

Vi sono evidenze epidemiologiche che le variazionidel clima hanno forti ripercussioni sulla vita umana.

Il freddo intenso rappresenta un pericolo ai due estre-mi della vita: al bambino come all’anziano. Anche seoggi in linea teorica le possibilità per i piccoli di trovarsiin condizioni di freddo intenso sembrano notevolmenteridotte, nella pratica corrente si verificano simili circo-

L’AMBIENTEG. BARTOLOZZI

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stanze relativamente di frequente: escursioni invernali,sciare a quote elevate, trovarsi su una motoslitta, maanche il semplice soggiornare con i genitori ad alta quota.La suscettibilità al freddo e alle lesioni che esso determi-na è aumentata dalla stanchezza, dalla fame, dalla disi-dratazione, dall’ipossia, dall’anemia, dalle malattie car-dio-vascolari e infine dalla perdita della conoscenza. Ilbambino d’altra parte avverte la sensazione di freddo inmisura minore dell’adolescente e dell’adulto, per cui igenitori stessi devono fare attenzione a controllare leparti del corpo del bambino che si presentino fredde eintorpidite (mani, piedi e volti soprattutto). Le conse-guenze del freddo intenso sono legate alla formazione dipiccoli cristalli di ghiaccio all’interno e al di fuori dellecellule, interferendo con la pompa del sodio, fino allarottura delle membrane cellulari. Le conseguenze clini-che del bambino sono:● i geloni;● il congelamento;● l’ipotermia.

Conseguenze altrettanto importanti le possiamo trova-re per l’aumento eccessivo della temperatura ambien-tale.

Nel 2003 una lunga e intensa ondata calda invasel’Europa: essa portò a un eccesso di mortalità di circa50.000 persone, durante il mese di agosto. Questo surpluscolpì i gruppi vulnerabili, particolarmente gli anziani egli ammalati: le età di massimo rischio infatti sono quelleche vanno da 75 a 80 anni. Nel 2003, in Italia, particolar-mente nelle città di Bologna, Milano, Roma e Torino siebbe un aumento nel numero delle morti nel periodo cheva dal 1° giugno al 15 agosto, con un eccesso di 19.780morti in confronto al 2002: l’eccesso di mortalità fudovuto a malattie del sistema nervoso centrale, della

circolazione, delle vie aeree, del metabolismo/ghiandoleendocrine e della mente.

Qualcuno potrebbe pensare in modo fatalistico chel’ondata di caldo è un evento naturale, i cui effetti sonoinevitabili, ma gli studi epidemiologici, ambientali esociologici ci mostrano le vie attraverso le quali possonoessere alleviate le sofferenze dei settori vulnerabili dellapopolazione, anche perché lo sviluppo moderno dellecittà aumenta il rischio per la salute, legato alle condizio-ni del tempo. Una volta di più i programmi di sorveglian-za sono inestimabili per prevedere e trattare questi rischi.

A parte le ondate di caldo dei mesi estivi, le variazioniclimatiche durante l’anno hanno ripercussioni sull’anda-mento di alcune malattie infettive, soprattutto quellelegate all’alimentazione e alle infezioni gastro-intestinalie respiratorie: uno studio sull’andamento nelle malattieda salmonella nella popolazione ha dimostrato che la loroincidenza corrisponde perfettamente alle variazioni dellatemperatura (Figura 5.1).

Oltre alle ondate di calore alle quali ho sopra accen-nato, il clima in generale rappresenta un elemento digrande importanza per la vita quotidiana della popolazio-ne; poiché dal 70 all’80% delle ore della giornata vengo-no passate all’interno di ambienti confinati, il controllodella qualità dell’aria negli ambienti indoor diventa sem-pre più determinante per il mantenimento non solo dellasalute, ma anche del benessere sociale.

Negli ultimi anni sono entrati in funzione, sempre piùnumerosi, gli impianti di climatizzazione e di condizio-namento che, in alcune persone, hanno indotto la com-parsa di sensazioni di malessere generale e di una sinto-matologia ben precisa, caratterizzata da cefalea, irritazio-ne degli occhi, del naso, della gola, nausea e disturbirespiratori. Responsabili di questi sintomi e segni posso-

Figura 5.1 - Andamento stagionale dei casi di salmonellosi in Inghilterra e nel Galles. (Da Kovats S. et al., 1998.)

928

857

786

715

644

573

502

431

360

289

218

Settimane durante l’anno

18

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12

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6

3

Med

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man

ale

dei

cas

i

Media settimanale dei casi Media settimanale della temperatura

1 4 7 10 13 16 19 22 25 28 31 34 37 40 43 46 49 52

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55LE RADIAZIONI SOLARI: I RAGGI ULTRAVIOLETTI

no essere sia aspetti psico-sociali che fattori fisici legatiall’ambiente, come la temperatura e l’umidità, ma pos-sono essere implicati anche agenti chimici o biologici,come i composti organici volatili (cosmetici, deodorantio altro), e pollini, acari, miceti e batteri.

Mentre un climatizzatore o un condizionatore perfet-tamente funzionante trattiene gli odori (compreso il fumodi tabacco) e trattiene le particelle fino a 0,01 µm, errateprogettazioni o installazioni, come scarsa igiene o inap-propriata manutenzione, possono contribuire a trasfor-mare i climatizzatori da strumenti utili e di comfort asorgenti di diffusione e amplificazione di contaminanti.

L’esempio più clamoroso è quello legato alla Legio-nella pneumophila che si era moltiplicata nell’acqua dicondensazione nei condizionatori di un grande albergonel quale si stava svolgendo la riunione di centinaia diveterani di guerra (legionari) negli Stati Uniti, qualchedecina di anni fa. Oltre alla legionella, anche altre coloniefungine o batteriche possono trovare nel condizionatorecondizioni microclimatiche ideali per il loro sviluppo. Lemanifestazioni che possono essere indotte dall’uso diclimatizzatori o di condizionatori sono principalmente diordine allergico e infettivo (Alternaria, Aspergillus,Pseudomonas, Klebsiella, Staphylococcus aureus, Cur-vularia e altre).

La pulizia sistematica degli impianti, comprese leguarnizioni, i filtri e le superfici delle condotte, nonchéla sostituzione stagionale dei filtri dovrebbero rappresen-tare procedure standardizzate e regolari.

I VIAGGI

Dai 20 ai 70 milioni di persone, abitanti nei Paesiindustrializzati, che si recano nei Paesi in via di sviluppo,tornano alle proprie abitazioni con una qualche malattiaassociata al viaggio. Sebbene la maggior parte di questemalattie siano lievi, dall’1 al 5% dei viaggiatori è amma-lato in modo tale da rivolgersi al medico, durante oimmediatamente dopo il ritorno da un viaggio. Le perso-ne, che mentre sono all’estero visitano la famiglia o gliamici, e le persone che fanno viaggi avventurosi sonoparticolarmente a rischio di ammalarsi durante il viaggio.

Circa l’8% delle persone che vanno all’estero neiPaesi in via di sviluppo, anche per brevi periodi, tornatoa casa con la febbre; questi pazienti meritano una prontaattenzione: malaria, dengue, malattie da Rickettsia, lep-tospirosi, febbre tifoidea, malattie febbrili con interessa-mento del sistema nervoso centrale o delle vie aeree,vanno sospettate ed escluse. D’altra parte la febbre asso-ciata a esposizione sessuale o a malattie trasmissibiliattraverso il sangue (tatuaggi, body-piercing, iniezioni otrasfusioni), offre infinite possibilità diagnostiche.

Ma la maggior parte dei viaggiatori in Paesi in via disviluppo torna con la diarrea (numerosi sono gli agentiinfettivi che danno diarrea) o con manifestazioni derma-tologiche, come papule, noduli o tumefazioni sottocuta-nei o lesioni da Larva migrans.

LE RADIAZIONI SOLARI: I RAGGI ULTRAVIOLETTI

Ormai da qualche anno l’atteggiamento dei dermato-logi e dei pediatri nei confronti del sole è cambiato: dallapiù completa libertà di esposizione, a qualsiasi ora delgiorno, ai consigli di limitare l’esposizione nelle oreintorno alle 14 (dalle 10 alle 17), soprattutto nei soggettidi pelle chiara, che più facilmente vanno incontro austioni solari. Questo brusco cambiamento di opinionetrova la sua ragione nella constatazione che soggetti, iquali nei primi anni di vita hanno avuto frequenti ustionisolari, più spesso della popolazione in generale, presen-tano tumori della pelle, sia non melanomi che melanomi.I pediatri, per la loro attività preventiva a favore delbambino, è necessario che partecipino a questa operad’informazione.

Il Committee on Environment Health dell’AmericanAcademy of Pediatrics nel fascicolo di agosto 1999 diPediatrics (104:328-33, 1999) ha presentato l’attualemodo di pensare su questo problema.

La luce del sole si suddivide in diverse lunghezzed’onda:● la luce visibile, che va da 400 nm (violetto) a 700 nm

(rosso);● gli infrarossi con una lunghezza superiore a 700 nm,

detti anche raggi caldi;● gli ultravioletti (UVR) con una lunghezza d’onda

inferiore a 400 nm. Gli UVR si suddividono a lorovolta in:- UV-A (320-400 nm), detti anche luce nera, perché

invisibile- UV-B (290-320 nm), penetrano più profondamente

nella cute e costituiscono il 5% della luce solareche raggiunge la superficie terrestre e sono respon-sabili dei danni cronici della luce solare alla cutenormale;

- UV-C (< 290 nm).I raggi UV-B sono più intensi in estate che in inverno,

intorno alla metà del giorno che al mattino o nel pome-riggio inoltrato, all’equatore che in altre parti della Terrae alle altezze maggiori. La sabbia, la neve, il calcestruzzoe l’acqua possono riflettere fino a oltre l’85% della lucedel sole, in modo tale da intensificarne l’esposizione.

L’esposizione alle radiazioni solari causa vasodilata-zione e aumenta il volume di sangue nel derma: neconsegue l’eritema. La dose minima, capace di indurreeritema, dipende da diversi fattori, quali il tipo e lospessore della pelle, la quantità di melanina nell’epider-mide, la sua capacità di produrre melanina dopo l’espo-sizione al sole e l’intensità dell’irradiazione. I tipi dipelle, a seconda della reattività della luce del sole sono6, e sono riportati nella Tabella 5.1.

L’abbronzatura è una risposta protettiva alla luce so-lare.

L’abbronzatura immediata è una colorazione tran-sitoria brunastra della cute, indotta dai raggi UV-A e daalcuni raggi a lunghezza d’onda visibile. Gli effetti ini-

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ziano durante l’esposizione, divengono massimi alla finedell’esposizione e persistono a seconda della durata edell’intensità dell’esposizione. Non interessano la produ-zione di nuova melanina.

L’abbronzatura ritardata avviene dopo 48-72 oredall’esposizione ai raggi UVR, raggiunge il massimodopo 7-10 giorni e può persistere per settimane o mesi.

L’esposizione cumulativa alla luce del sole per unprolungato periodo di tempo è importante per lo sviluppodei tumori non-melanomi (carcinoma delle cellule basalie carcinoma delle cellule squamose). Essi sono rari neibambini, in assenza di condizioni predisponenti. L’espo-sizione a forti quantità di luce del sole, anche episodici erelativamente infrequenti, è importante nella patogenesidel melanoma maligno. Sebbene sia meno frequente deitumori non-melanomi, il melanoma rappresenta un serioproblema di salute pubblica.

Sembra, per la sua insorgenza, che sia importantel’esposizione intensa alla luce del sole nell’infanzia. In-fatti l’esposizione intensa episodica alla luce del sole,sufficiente per determinare ustioni solari, particolarmen-te nel bambino e nell’adolescente, aumenta il rischio dimelanoma (nell’adolescente il rischio relativo è risultatodi 2,2 per 5 ustioni solari contro nessuna). Circa l’80%dell’esposizione al sole durante la vita avviene prima dei18 anni di età. Inoltre nel bambino e nell’adolescente, imelanociti sono più sensibili al sole, per cui si creano piùfacilmente alterazioni nel loro DNA, che portano allaformazione di nevi instabili, che possono divenire mali-gni. D’altra parte l’esposizione alla luce del sole e leustioni solari con formazione di bolle possono essere piùintense nel giovane di quanto non lo siano nell’adulto,proprio per le caratteristiche comportamentali delle etàpiù precoci della vita.

L’esposizione al sole è coinvolta anche nello sviluppodei nevi del bambino. Il numero dei nevi aumenta conl’età; i nevi compaiono preferibilmente nelle aree esposteal sole; il numero dei nevi nelle aree esposte al sole

aumenta con l’esposizione cumulativa totale al sole du-rante l’infanzia e l’adolescenza; i bambini con cute chia-ra, che tendono all’ustione da sole piuttosto che all’ab-bronzatura, hanno più nevi a tutte le età e i bambini chehanno avuto le più gravi ustioni da sole hanno più nevi.Esiste una relazione fra il numero e il tipo dei nevimelanocitici e lo sviluppo del melanoma. I nevi melano-citici displastici, che possono presentare una reazionealla luce solare, sono considerati i precursori di lesioni adalto rischio (vedi Capitoli 40 e 49).

L’esposizione ai letti e alle lampade solari, che produ-cono soprattutto irradiazioni UV-A, sono stati associaticon un aumentato rischio di melanoma.

Le persone che assumono farmaci o usano agentitopici notoriamente sensibilizzanti per loro, devono evi-tare ogni esposizione al sole, se possibile, e devonoevitare tutte le sorgenti artificiali di UV-A. Le conse-guenze dell’esposizione possono essere dolorose, serie eperfino pericolose per la vita. I farmaci sensibilizzantiincludono i sulfamidici, la tretinoina, le tetracicline e itiazidi.

Sebbene altri fattori di rischio (come la presenza dilesioni precorritrici, l’età, la razza, melanomi precedentie la storia familiare) siano più strettamente associati almelanoma, in confronto alle ustioni solari, queste ultimerappresentano l’unico fattore di rischio che sia evitabile.La protezione solare deve iniziare precocemente nellavita. È stato calcolato che evitare la luce del sole riduceil numero dei tumori non-melanomi, durante la vita, dicirca l’80%.

I pediatri svolgono un ruolo importante nell’educa-zione del lattante e del bambino (quando inizia a cammi-nare, quando va a scuola e quando entra nell’adolescen-za). Sia prima che dopo l’adolescenza è necessario ripe-tere l’opera di prevenzione contro l’eccessiva esposizio-ne al sole. Secondo una ricerca soltanto un terzo degliadolescenti usavano schermi solari, nonostante che moltidi loro si esponessero largamente al sole. Gli adolescentivanno anche informati sui pericoli dei letti e delle lam-pade solari.

Per noi pediatri è importante sapere che non esistonoprove che una rigorosa protezione dalla luce, attraversol’uso di vestiti protettivi o di filtri solari, interferisca collivello sierico di vitamina D.

I lattanti al di sotto dei 6 mesi rappresentano un gruppoa parte: essi non devono essere tenuti sotto la luce direttadel sole. Poiché non possono muoversi e non possonoquindi sottrarsi alla luce e al caldo eccessivi del sole,devono essere posti sotto un albero, sotto un ombrello oin un passeggino con coprisole, che d’altra parte possonoridurre l’irradiazione solo del 50%. La maggior parte deilattanti ha infatti una sudorazione insufficiente, per cuil’esposizione diretta al sole li predispone al colpo dicalore. Le ustioni solari sono d’altra parte di facile insor-genza, perché la cute del lattante contiene meno melaninache in ogni altra età della vita.

Vanno scelte anche le attività dei bambini per evitareo ridurre al minimo l’esposizione al sole, fra le 10 del

Tabella 5.1 - Classificazione dei tipi di pelle, suddivisi aseconda della reazione alla luce del sole*.

TIPO DI PELLE USTIONI SOLARI O ABBRONZATURA

I

II

III

IV

V

VI

Grande facilità alle ustioni solari, mai abbronza-turaGrande facilità alle ustioni solari, abbronzaturaminima Moderata tendenza alle ustioni solari, abbronza-tura graduale e uniforme (colore leggermentebruno)Minima tendenza alle ustioni solari, abbronzatu-ra buona (colore moderatamente bruno)Raramente ustioni solari, abbronzatura diffusa(colore bruno scuro)Mai ustioni solari, cute profondamente pigmen-tata (neri)

* Classificazione basata sull’esposizione per 45-60 minuti al sole, in perio-do non invernale.

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mattino e le 16 del pomeriggio (dalle 11 alle 17 con l’oralegale). I genitori devono essere particolarmente attentiquando il bambino sta sulla sabbia, sulla neve o sulcemento. Le nubi non sono sufficienti a proteggere dagliUVR. Gli UVR nei giorni nuvolosi possono essere ridottisolo del 20-40%.

I vestiti rappresentano il mezzo più semplice e piùpratico per proteggersi dai raggi del sole. I fattori chedeterminano la protezione sono il materiale, la struttura,il colore e lo spessore: fra questi i più importanti sono lastruttura o il tessuto. I genitori devono vestire i loro figlicon pantaloni lunghi resistenti alla luce e magliette conmaniche lunghe, anche in estate. I vestiti devono esseredi un tessuto spesso che lasci passare poca luce, quandomesso contro una lampada o una finestra. I vestiti dicotone sono freschi e protettivi. I vestiti bagnati non sonoun efficace filtro solare. Quando si usa un cappello conla tesa, esso deve fare ombra sulla faccia.

Non sono disponibili dati clinici accertati per dimo-strare l’efficacia delle creme solari nella prevenzione delcancro della pelle.

Il fattore di protezione solare (SPF, sun protectionfactor) era un indice usato per quantificare il grado diriduzione dell’eritema in seguito all’uso di una cremasolare. L’SPF è il rapporto della dose di UVR, richiestaper produrre un minimo arrossamento, 24 ore dopol’esposizione della cute coperta dalla crema solare, conla dose di UVR richiesta per produrre lo stesso effettosulla pelle non protetta. Più alto è l’SPF e maggiore è laprotezione. Una persona che ha una manifestazione dopo10 minuti di esposizione può essere protetta per 150minuti (10 3 15) con una crema solare di 15 SPF. Unacrema solare, con SPF di 15 o superiore, teoricamentetrattiene oltre il 92% degli UVR responsabili dell’erite-ma. Una crema solare con 30 SPF blocca circa il 97%degli UVR. Un SPF di 15 dovrebbe essere sufficientenella maggioranza dei casi. Una crema solare per lelabbra può essere utile.

Secondo una disposizione della Comunità Europea(maggio 2006) dal 2007 questo tipo di classificazionedelle creme che proteggono dal sole deve essere abbon-donato perché non c’è una crema che assicuri il supera-mento del pericolo. Il fattore di protezione dovrà essereespresso in livelli:● basso: ex protezione 6, 8 e 10;● medio: da 15 a 25;● alto: da 30 a 50;● molto alto: oltre i 50.

Scompare inoltre il vecchio fattore di protezione SPF(sun protection factor) perché tiene conto soltanto deiraggi UV-B, ma oggi sappiamo che i raggi UV-A sonougualmente nocivi. Dal 2006 si trova sul tubo di cremala sigla PAO (period after opening) per indicare la duratadel prodotto. È ormai chiaro che non esiste una cremache difenda al 100%: questi prodotti sono soltanto unodegli elementi per difendersi dalle radiazioni solari, in-sieme al cappello con la tesa, agli occhiali e all’ombrelloo all’ombrellone. Per i bambini al di sotto dei 4 anni verrà

indicato che l’esposizione diretta al sole deve essereevitata.

I vetri delle finestre praticamente bloccano tutti gliUV-B e almeno la metà di tutta l’energia UV-A.

RACCOMANDAZIONI

I pediatri devono inserire le notizie sulla protezione al sole neiloro bilanci di salute, accanto alla prevenzione degli incidenti.I pediatri vedono raramente un bambino con tumore non-melanoma o con melanoma. Vanno identificati i genitori adalto rischio e vanno trattati in collaborazione con un derma-tologo. I soggetti ad alto rischio sono quelli con xerodermapigmentoso, quelli con un gran numero di nei e infine quellicon una storia familiare di melanoma.La Sanità pubblica dovrebbe iniziare campagne con i mezzid’informazione per descrivere i danni da sole e il modo perprevenirli. Queste campagne devono essere rivolte ai bambi-ni, agli adolescenti e ai loro genitori.I pediatri devono appoggiare quelle scuole dove venganoadottate le politiche di prevenzione, come gli spazi giocoombreggiati, la scelta del tempo da passare fuori della scuolae l’uso per tutti dei cappelli.Le scuole devono inserire le nozioni di educazione sui pericolidell’esposizione al sole nei loro programmi di studio.

L’indice UV predice l’intensità della luce UV (Tabella5.2). Esso si basa sulla posizione del sole, sui movimentidelle nuvole, sull’altitudine, sui dati dell’ozono e su altrifattori. Esso è calcolato sui tipi di cute che si ustionanofacilmente. Il numero più alto indica una luce UV piùintensa, durante la parte centrale del giorno. Negli USAl’indice è disponibile per 58 città ed è stampato accantoalle previsioni del tempo in molti quotidiani. Comincia aessere disponibile anche sui quotidiani italiani.

Indossare un cappello con una visiera può ridurrel’esposizione degli occhi del 50%. Gli occhiali da soledevono essere portati se il bambino deve stare al soleabbastanza a lungo da ustionarsi o abbronzarsi. Gli oc-chiali da sole riescono a bloccare dal 99 al 100% dellospettro UV. Sulla confezione degli occhiali deve essere

Tabella 5.2 - Livelli di esposizione previsti dall’indice UV*.

VALORE INDICE LIVELLO DI ESPOSIZIONE

TEMPO DI ESPOSIZIONE AL SOLE PER USTIONARSI

0-22-45-67-9Da 10 a 15

MinimoBasso

ModeratoAlto

Molto alto

1 ora 30-60 minuti20-30 minuti13-20 minuti<13 minuti

* Gli effetti degli UV si intendono su pelle non protetta del tipo II, cioèquella che si brucia facilmente e si abbronza solo leggermente.

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indicato se sono sufficienti per bloccare il 99% degliUVR. Anche i lattanti devono avere gli occhiali da sole.Le lenti più grandi e quelle ben adattate e vicine allasuperficie dell’occhio forniscono una migliore protezione.

Purtroppo, per ora, l’opera di propaganda per limitarel’esposizione al sole ha determinato negli Stati Uniti solopiccoli effetti.

LE MALATTIE DA ALTITUDINE

È relativamente frequente che i genitori domandino alpediatra quale sia l’altitudine massima alla quale portarei figli. Definiamo per prima cosa le varie dimensionidell’altitudine.

Altitudine intermedia, da 1.500 a 2.500 metri: questa zonaviene indicata comunemente con il nome di “zona indifferen-te”, anche se si notano già lievi modificazioni fisiologiche. Sela saturazione di ossigeno rimane superiore al 90%, le malat-tie da altitudine, pur potendo essere presenti, sono rare; solosoggetti affetti da bronco-pneumopatie, cardiopatie, ane-mia, ipertiroidismo possono non tollerare anche altitudiniinferiori ai 2.500 metri.Altitudine alta, da 2.550 a 3.500 metri: le malattie da altitu-dine sono frequenti, con una rapida crescita con l’aumentaredell’altezza.Altitudine molto alta, da 3.550 a 5.800 metri: queste altitu-dini sono ben tollerate solo da soggetti allenati e da alpinisti.Negli altri le malattie da altitudine sono comuni, fino al 42%dei casi. La saturazione arteriosa di ossigeno è inferiore al90%. Si nota un’evidente ipossiemia durante l’esercizio.Altitudine estrema, oltre i 5.800 metri: marcata ipossiemia,anche a riposo. Deterioramento progressivo, nonostante unaforte acclimatazione. Non può essere mantenuta una soprav-vivenza duratura.

Vediamo ora quali sono le malattie legate all’altitudi-ne (Figura 5.2):● mal di montagna acuto (MMA): una malattia acuta

causata da una rapida ascesa oltre i 2.500 metri, carat-terizzata negli adulti da cefalea, anoressia, nausea evomito, stanchezza, debolezza, vertigini, senso distordimento e disordini del sonno;

● edema polmonare da alta altitudine (EPAA):edema polmonare acuto causato da ipossia da altitudi-ne, con dispnea, ridotta tolleranza all’esercizio, tosseed emottisi, tachicardia, cianosi e febbre; spessol’EPAA è preceduto da mal di montagna acuto;

● edema cerebrale da alta altitudine (ECAA): èusualmente preceduto da MMA e consiste di cefalea,atassia, cambiamenti del comportamento, allucinazio-ni, confusione, disorientamento, riduzione del livellodi coscienza, segni neurologici focali e coma;

● malattia da altitudine: sotto questo termine genericosi comprendono i 3 quadri precedenti.L’incidenza delle malattie acute da altitudine è bassa

nei bambini, ma ne sono stati descritti almeno 300 casi,sia in bambini che per la prima volta raggiungevanoquelle altezze, sia in bambini, residenti in quei luoghi, alritorno alle grandi altezze. Si trattava di bambini peraltrosani, di bambini con una storia di disordini polmonariperinatali, di bambini con infezioni respiratorie in atto edi bambini con patologie cardiache di vario tipo. Tuttequeste precauzioni valgono anche per il lattante, chedisponendo fino ai 6-10 mesi di età di un’elevata percen-tuale di Hb fetale, è più adatto a vivere in ambiente conridotto contenuto di ossigeno.

Il viaggio in aereo costituisce un problema per unaparte dei bambini nati pretermine, per cui è stato consi-gliato fino all’età di 12 mesi un accurato esame clinico estrumentale se il pretermine abbia sofferto di displasiabronco-polmonare o di altra patologia polmonare e sia inprocinto di viaggiare in aereo; in caso di probabili desa-turazioni il bambino durante il viaggio deve ricevere unadeguato apporto di ossigeno. La pressione nell’aereo incabina passeggeri degli aerei di linea è pari a quella a2.000 metri di quota: quindi non dovrebbe avere riper-cussioni per un lattante peraltro normale, anche per lapresenza nel sangue circolante di globuli rossi ricchi diHbF, cioè di un’emoglobina con un’affinità per l’ossige-no superiore a quella della HbA1 delle età successive. Illattante normale che voli in aereo tuttavia presenta spessocrisi di pianto, sia perché nella cabina per passeggeri ilrumore arriva spesso a 100 decibel, sia per il frequentedolore alle orecchie (facilitare i movimenti di deglutizio-ne per aprire le tube, come per esempio attaccarlo al senoo al poppatoio).

I sintomi e i segni presentati dai bambini, portati adaltezza eccessiva, sono quelli sopra descritti; a quelli chesono comuni con gli adulti vanno, però, aggiunti sintomigenerici, non specifici (disturbi del sonno, alterazionidell’appetito, del movimento e dell’umore), che di solitovengono attribuiti a quadri intestinali o a fattori psicolo-gici. I sintomi iniziano da 4 a 12 ore dopo aver raggiuntola massima altezza.

Per la profilassi di queste manifestazioni è necessarioche la salita sia lenta e graduale, per permettere l’accli-matazione: viene in generale raccomandato un giornoogni 1.000 metri; sopra 2.500 metri il periodo di accli-matazione deve essere di un giorno ogni 300 metri dialtezza. Non è necessario somministrare alcun farmacoper aiutare l’acclimatazione.

Nel mal di montagna lieve è necessario fermarsi emagari discendere finché i sintomi non cessino; nellaforma di media entità, oltre alla discesa, è necessariosomministrare ossigeno, acetazolamide, desametazoneed eventualmente l’uso della camera iperbarica. Nell’ede-ma polmonare va aggiunta la nifedipina.

Concludendo, il rischio del mal di montagna è pre-sente per altitudini superiori ai 2.500 metri, particolar-mente se si dorme a queste altezze; da ricordare che le

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59INQUINAMENTO DELL’ARIA

malattie intercorrenti possono aumentare il rischio. Peri bambini al di sotto dei 3 anni, e soprattutto nei lattanti(cioè in fase preverbale), è a volte più difficile rivelarei sintomi.

È necessario evitare il consumo di alcol negli adulti ein tutti l’assunzione di ipnotici.

INQUINAMENTO DELL’ARIA

L’inquinamento dell’aria è divenuto negli ultimi anniuno dei maggiori problemi per gli abitanti delle città. Gliscarichi dei veicoli a motore (auto, camion, motorini) edegli impianti di riscaldamento sono i più importantiresponsabili della polluzione dell’aria.

Episodi drammatici e disastrosi d’inquinamento del-l’aria si sono avuti nei Paesi industrializzati del mondo.Ognuno di questi episodi si è associato a un aumentodella mortalità nei soggetti ai due estremi della vita: neimolto giovani e nei molto vecchi, come in quelli conmalattie croniche polmonari. L’esempio più grave siebbe a Londra nel 1952, durante il quale ci fu un eccessodi 4.000 morti nel periodo di 2 settimane, dopo 5 giornidi forte freddo e di nebbia fitta. Negli Stati Uniti i primirilievi riguardarono l’anidride solforosa, le particelle didiametro inferiore a 10 µm, il diossido di azoto, l’ozono,il piombo e il monossido di carbonio: per ognuno diquesti componenti è stato definito uno standard massimo(Tabella 5.3).

I gas altamente solubili, come l’anidride solforosa(diossido di zolfo), sono assorbiti dalla vie aeree supe-

Figura 5.2 - Fisiopatologia del mal di montagna. (Da Basnyat B., Murdoch D.R., High-altitude illness, Lancet 361:1967-74,2003.)

Aumentatapressione capillare

Aumentatovolume

cerebrale di sangue

Ipossia

Ipossiemia

Aumentatoflusso

cerebrale di sangue

Aumentata permeabilitàdella barriera

emato-cerebrale

Rigonfiamento del cervello

Inadeguato equilibrio delliquido cerebro-spinale

Mal di montagna acuto

Edemacerebrale

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60 5 - L’AMBIENTE

riori e probabilmente producono i loro effetti sulle rispo-ste riflesse delle vie nervose sensitive in trachea e nellevie aeree superiori. Al contrario il diossido di azoto,meno solubile, può raggiungere gli alveoli e i bronchioliin quantità sufficiente per causare una malattia acuta,pericolosa per la vita negli agricoltori, esposti anche perbreve tempo a questo gas, che si sprigiona dal fieno neisilos.

Vanno anche considerati la grandezza delle particellee il tipo di molecole degli inquinanti dell’aria. Particellecon un diametro superiore a 10-15 µm di diametro, perl’alta percentuale con la quale si depositano sulle paretidelle vie aeree, non raggiungono le vie aeree inferiori.Queste particelle di diametro maggiore includono i pol-lini, altre polveri portate dal vento e altre polveri derivatedai procedimenti meccanici industriali. Esse hanno pocoo nessun ruolo nelle malattie respiratorie croniche, eccet-to forse il cancro.

Le particelle al di sotto dei 10 µg di diametro siformano dalla combustione di combustibili fossili (car-buranti, carbone) o dai processi industriali alle alte tem-perature per la condensazione di gas, fumi o vapore. Leparticelle da 2,5 a 10 µg (frazione ordinaria) contengonoelementi cristallini, come il silicio, l’alluminio e il ferro.Queste particelle si depositano relativamente in altonell’albero tracheo-bronchiale. Sebbene la massa di uncampione di aria sia formata principalmente dalle parti-celle più grandi, è presente un certo numero di particelledi diametro inferiore ai 2,5 µg, che raggiunge i bronchio-li e gli alveoli: pertanto la superficie sulla quale gli agentitossici potenziali (polveri sottili o di accumulo) possonodepositarsi è molto elevata. Le particelle ancora piùpiccole, inferiori a 1 µg, rappresentano la frazione ultra-sottile: esse sono molto numerose, tendono a rimanerenel torrente aereo e si depositano nel polmone soltanto acaso, nel punto in cui vengono in contatto con la paretealveolare.

Nonostante le caratteristiche di grandezza delle parti-celle e la solubilità dei gas, la loro composizione chimica,le loro proprietà meccaniche e l’immunogenicità e infet-tività del materiale inalato determinano in gran parte lanatura della malattia che può insorgere nelle personeesposte.

L’OMS ha concluso di recente che l’inquinamentodelle polveri fini nell’ambiente urbano è responsabile dicirca 100.000 morti (e 725.000 anni di vita persi) ognianno nella sola Europa.

Le emissioni dei veicoli a motore rappresentano laprincipale fonte d’inquinamento urbano e sono causa diun serio rischio per la salute degli uomini. Sono inparticolare i motori diesel le fonti principali delle parti-celle fini nelle aree urbane: poiché la maggior parte degliautobus urbani, destinati al trasporto pubblico, sonodotati di motori diesel, l’emissione di particolato avvie-ne in aree densamente popolate, contribuendo in mododecisivo all’inquinamento ambientale. Va tenuto ancheconto che oggi i motori diesel, con i nuovi miglioramentitecnologici, rappresentano il tipo di motori più spessoacquistati dagli utenti, e non sempre al miglioramentodel rendimento del motore corrisponde un’altrettantariduzione dell’inquinamento dell’aria. L’adozione del gasnaturale, come combustibile nei mezzi adibiti al traspor-to pubblico, in sostituzione del gasolio, potrebbe contri-buire in modo decisivo alla riduzione del particolatosospeso e delle sostanze cancerogene nelle zone centralidelle città.

L’esposizione dei bambini all’inquinamento dell’ariariguarda soprattutto il sistema immunitario e i polmoni,che non sono ancora completamente sviluppati quandoinizia l’esposizione: per tale ragione le risposte del bam-bino sono differenti, sia quantitativamente che qualitati-vamente, da quelle dell’adulto e del vecchio. Va ricorda-to inoltre che i bambini trascorrono una maggior quantitàdi tempo all’aria aperta in aree nelle quali l’inquinamento

Tabella 5.3 - Standard di qualità dell’aria (AAP, 2004).

SOSTANZA INQUINANTE DURATA DELL’INQUINAMENTO VALORI PRINCIPALI*

Ozono

Polveri (PM10)

Polveri fini (PM2,5)

Anidride solforosa

Biossido di azotoMonossido di carbonio (CO)

Piombo

Media di un’ora Media di 8 ore

Media aritmetica annualeMedia 24 ore

Media aritmetica annualeMedia 24 ore

Media aritmetica annualeMedia 24 ore

Media aritmetica annualeMedia di 8 oreMedia 1 ora

Media trimestrale

0,12 ppm (235 µg/m3)0,08 ppm (157 µg/m3)

50 µg/m3

150 mg/m3

15 µg/m3

65 mg/m3

0,03 ppm (80 µg/m3)0,14 ppm (365 µg/m3)0,053 ppm (100 µg/m3)

9 ppm (10 mg/m3)35 ppm (40 µg/m3)

1,5 µg/m3

*I bambini che risiedano in aree nelle quali la concentrazione d’inquinanti sia superiore a quella sopra riportata possono presentare effetti spiacevoli per lacattiva qualità dell’aria.PM = Grandezza delle polveri particolate.

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61FUMO PASSIVO: PRIMA E DOPO LA NASCITA

da traffico di mezzi motorizzati e di altre sorgenti dicombustione (impianti di riscaldamento) è in generalepiù elevato (Figura 5.3). L’inquinamento dell’aria, oltrea indurre la comparsa di malattie acute di scarso interes-se, si associa a un aumento della mortalità infantile econcorre alla comparsa di asma e di atopia.

I sintomi e le malattie dovute all’inquinamentodell’aria sono le stesse che vedremo per il fumo di siga-retta. In uno studio, durato 8 anni in 12 città della Cali-fornia del sud, è stato messo in evidenza che l’inquina-mento cronico dell’aria determina effetti contrari allosviluppo dei polmoni nei soggetti da 10 a 18 anni: quandoquesti soggetti raggiungono l’età adulta è presente unsignificativo deficit del FEV1. Ci sono infatti molteprove che l’inquinamento dell’aria ha effetti cronici con-trari sullo sviluppo dei polmoni nei bambini, soprattuttoper un arresto del fisiologico aumento della funzionepolmonare con l’età.

FUMO PASSIVO: PRIMA E DOPO LA NASCITA

Del fumo attivo si parlerà nel Capitolo 15, pag. 306.L’effetto del fumo materno, durante la gravidanza, sul

peso alla nascita è stato riconosciuto fin dal 1957 (vediCapitolo 6, pag. 75); da allora oltre 150 ricerche(all’aprile 2004) hanno studiato gli effetti del fumo ditabacco sulle malattie respiratorie e su altre patologie delbambino.

Il fumo di tabacco consta di una mescolanza di più di4.000 componenti: di queste sostanze una parte è presen-te nel fumo allo stato gassoso e una parte in formaparticolata. Della componente particolata la parte princi-pale è costruita dalla nicotina, il cui effetto, mediato dallaliberazione di catecolamine, endorfine, cortisolo e acidigrassi non esterificati, consiste in una, individualmente

diversa, percezione soggettiva di benessere e di vivacitàintellettuale. Essa ha tuttavia effetti spiacevoli indeside-rati sul circolo e sulle vie respiratorie. Accanto allanicotina vi sono gli idrocarburi aromatici, il catrame, ilbenzopirene, il cresolo, le naftilamine e altre sostanzecancerogene.

Nella componente gassosa va considerato in primoluogo il monossido di azoto che, come il monossido dicarbonio, interferisce con il trasporto di ossigeno a livel-lo dell’emoglobina e determina, nonostante la sua mini-ma quantità, una leggera ipossiemia. Esistono poi altresostanze, che funzionano da irritanti e da bloccantidell’epitelio ciliato, a tutti i livelli, dal naso, alla tubafino al più piccolo bronco, come l’acido cianidrico,l’acetaldeide, la formaldeide e alcuni carcinogeni (vediCapitolo 15, pag. 306).

MortalitàÈ stato stimato, negli Stati Uniti, che l’eccesso di

morti nei bambini al di sotto dei 5 anni per esposizioneal fumo di tabacco è di circa 6.000.

Infezioni respiratorie e dell’orecchioL’esposizione dei bambini al fumo di tabacco nel-

l’ambiente domestico aumenta l’incidenza delle malattiedell’orecchio medio, dell’asma (sia come gravità checome prevalenza), respiro fischiante, tosse, muco, bron-chite, bronchiolite, polmonite, alterata funzione polmo-nare, russare, ipertrofia delle adenoidi, tonsillite e mal digola. In particolare, il fumo della madre si associa aun’aumentata incidenza di malattie, accompagnate dafischio respiratorio, oltre i 6 anni di età, con un odds ratiodi 1,31.

Sono stati ipotizzati quattro meccanismi che facilitanola disfunzione della tuba di Eustachio:● diminuzione della clearance muco-ciliare, che facilita

l’entrata dei microbi nella tuba;● iperplasia delle adenoidi che riduce la pervietà della

tuba di Eustachio;● tumefazione della mucosa, che riduce anch’essa la

pervietà della tuba;● aumentata frequenza delle infezioni delle vie respira-

torie, da 1 a 3 volte la media normale.L’esposizione al fumo di sigarette in famiglia è inoltre

associato a una maggiore incidenza di ospedalizzazioneper malattie respiratorie.

SIDSEsistono dati che indicano una relazione causale fra

fumo materno in generale e SIDS; l’incidenza è all’incir-ca raddoppiata; in studi recenti l’odds ratio è risultato di3,3-6 più alto che negli studi precedenti.

Crescita intrauterinaL’effetto sul peso alla nascita è attribuibile più al

ritardo di crescita intrauterina che all’incidenza di unparto pretermine. È stato stimato che l’effetto del fumo

Figura 5.3 - Scuola elementare vicina a un’autostrada a LosAngeles. (Da Gauderman W.J. et al.: Air pallution andchildren, N Engl J Med 355:78-81, 2006.)

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62 5 - L’AMBIENTE

prenatale porta a una riduzione del peso alla nascita del5% per ogni pacchetto di sigarette (20 pezzi) fumato.Altri riportano un valore assoluto di perdita di peso dai150 ai 300 grammi e oltre. È stata accertata una caratte-ristica importante: la riduzione del fumo durante la gra-vidanza migliora il peso del neonato.

Il fumo materno prenatale colpisce il feto attraversovarie vie, di cui la più importante è l’anossia cronica, peraumento delle resistenze vascolari della placenta, peralterazioni del metabolismo delle proteine e dell’attivitàdegli enzimi nel sangue fetale del cordone; è inoltreridotto il flusso di ossigeno dall’utero alla placenta. Lascarsa crescita intrauterina ha un effetto duraturo sullacrescita successiva e sullo sviluppo del bambino, com-presi la comparsa di problemi emotivi e comportamenta-li, un abbassamento delle capacità cognitive e iperattivi-tà. Un forte aumento del fumo materno accresce la faci-lità alla nascita di un bambino con una circonferenzacranica piccola, che persiste per almeno 5 anni: nessunadifferenza di circonferenza cronica è stata riscontrata neifigli di madri che avevano cessato di fumare prima della32a settimana.

Aspetti comportamentali e cognitiviNumerosi studi hanno messo in evidenza nei figli di

madri fumatrici una maggiore percentuale di problemicomportamentali determinati soprattutto da iperattività-difetto di attenzione.

L’esposizione prenatale al fumo materno riduce ilrendimento alle prove per la determinazione dell’intelli-genza e del rendimento scolastico. Risulta che i figlidelle madri che fumano 10 o più sigarette al giornoritardano di 3-5 mesi l’inizio della lettura, dell’esecuzio-ne di compiti di matematica e in generale di tutte lecapacità intellettive. Essi hanno anche una riduzionedelle capacità dose-soglia di fumo. È ritardato anche losviluppo del linguaggio, almeno fino all’età di 12 anni.

Esiste un limite minimo di sigarette da permettere alla madre fumatrice?

Non ci sono dati a disposizione per stabilire quantesigarette la madre può fumare in un giorno senza com-promettere la crescita e lo sviluppo del proprio figlio.Probabilmente non esiste una dose soglia, al di sotto dellaquale gli effetti sfavorevoli non si manifestano.

Modalità per ridurre l’esposizione al fumo passivo nella propria abitazione

In uno studio è risultato che meno di un quinto deigenitori che fumano hanno accettato di bandire il fumodalle proprie abitazioni. D’altra parte l’esclusione delfumo nella propria casa è risultato associato a una piccolama significativa diminuzione del rapporto urinario coto-nina/creatinina nei lattanti, mentre l’adozione di misureparziali o di nessuna misura non ha dimostrato alcuneffetto sull’esposizione del lattante al fumo passivo disigaretta.

CAMPI ELETTROMAGNETICI

“Le più recenti valutazioni internazionali sui possibili effettisulla salute dei campi elettromagnetici, sia a bassa che ad altafrequenza, tendono a ridimensionare le ipotesi di rischioprecedentemente formulate, sia per quanto riguarda la credi-bilità di un effettivo ruolo dei campi nello sviluppo di patolo-gie umane a lungo termine, sia per quanto riguarda l’entitàdel danno che si può stimare, ritenendo come dimostrataquesta ipotesi”: così si esprime Paolo Vecchia, Presidentedell’Associazione Europea di Bioelettromagnetismo (EBEA).

Nel caso dei campi magnetici a frequenza estrema-mente bassa (linee ad alta tensione, apparecchi domesti-ci e altri apparati elettrici industriali) di grande interesseè la valutazione formulata da un gruppo internazionale diesperti, che ha giudicato i campi come “possibilmentecancerogeni”; questo giudizio ridimensiona quello pre-cedentemente espresso dall’Istituto Superiore di Sanità,secondo il quale i campi magnetici a frequenza industria-le potevano essere considerati come “probabilmente can-cerogeni”. L’avverbio “possibilmente” deriva da un na-turale riserbo dei ricercatori, più che da prove evidenti.Anche numerosi esperimenti sugli animali e studi dilaboratorio non hanno prodotto alcuna evidenza a soste-gno del ruolo eziologico dei campi magnetici nello svi-luppo della leucemia.

Nonostante queste dichiarazioni ufficiali tranquilliz-zanti sono comparse di recente nella letteratura interna-zionale alcune ricerche di segno opposto: ricercatoridell’Università di Oxford hanno trovato un’associazionefra la leucemia dell’infanzia e la vicinanza all’abitazionedel bambino alla nascita di linee elettriche ad alto voltag-gio; il rischio è risultato esistente anche con distanzesuperiori a quelle precedentemente riscontrate. Circa il4% dei bambini in Inghilterra e nel Galles vive entro 600metri dalle linee ad alto voltaggio, al momento dellanascita. Se questa relazione è causale, circa l’1% delleleucemie dell’infanzia e della fanciullezza che si verifi-cano in Inghilterra e nel Galles sono attribuibili a questelinee: ciò significa che dei 400-420 casi di leucemialinfatica dell’infanzia, presenti in un anno in queste aree,circa 5 potrebbero essere associati alle linee ad altovoltaggio. Essi tuttavia concludono che, poiché non cisono meccanismi biologici accettati che spieghino questirisultati epidemiologici, la relazione riscontrata potrebbeessere dovuta alla variabilità statistica e al confondimen-to: per esempio, viene discussa la possibilità che le per-sone che abitano intorno alle linee ad alta tensione pos-sano avere caratteristiche differenti dalla restante popo-lazione.

A conclusioni simili giunge un altro, recente articolomonografico sulla sensibilità ai campi elettromagneticidei bambini e degli adolescenti.

Per quanto riguarda i campi elettromagnetici ad altafrequenza (comprese le microonde) è stato stabilito che

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63RADIAZIONI IONIZZANTI

essi possono interagire efficacemente con i tessuti biolo-gici, a qualsiasi livello, mediante un processo di assorbi-mento di energia, che si trasforma in calore (Figura 5.4).La conseguenza principale del corpo umano a questo tipodi radiazione è quindi il riscaldamento, localizzato nelpunto d’irradiazione (nelle esposizioni parziali) o gene-ralizzato: ne consegue che gli effetti generali che siottengono sono dovuti a questo riscaldamento piuttostoche ai campi elettromagnetici stessi, per cui si parlacorrentemente di “effetti termici”. In seguito a studiapprofonditi è stato stabilito che gli effetti termici simanifestano solo dopo il superamento di determinatilivelli di esposizione, che dipendono dalla frequenza delcampo magnetico. Le organizzazioni professionistichehanno stabilito dei livelli di esposizione molto cautelativi,che garantiscono in modo assoluto la salute dei lavoratorie della popolazione. È stato chiaramente definito che icampi magnetici ad alta frequenza non sono né mutageni,né teratogeni, per cui viene escluso che essi inducano diper sé tumori o effetti sullo stato di gravidanza.

Un discorso a parte, per le particolari caratteristiche diemissione, meritano i telefoni cellulari, per i quali è statoipotizzato un rischio di tumori del cervello o di altriorgani della testa. Questa ipotesi non ha trovato confermain accurati studi epidemiologici.

Per quanto riguarda gli effetti a lungo termine deicampi a radiofrequenza, merita ricordare le valutazionicomplessive espresse dall’OMS nel 1998, secondo lequali “una revisione dei dati scientifici nell’ambito delProgetto Internazionale CEM ha concluso che non c’ènessuna evidenza convincente che l’esposizione a campielettromagnetici a radiofrequenza abbrevi la durata dellavita umana, né induca o favorisca il cancro”.

RADIAZIONI IONIZZANTI

Le radiazioni ionizzanti includono i raggi X e i raggigamma. Questo tipo di radiazioni penetra profondamentenei tessuti.

UNITÀ DI MISURA DELLE RADIAZIONI

Unità roentgen: si tratta di una unità di esposizione, basatasul numero di coppie di ioni, prodotte in un volume di aria.

Unità rad (radiation absorbed dose): si basa sull’energia de-positata su un grammo di tessuto. La dose assorbita dipendedal tipo di radiazione e dalla grandezza, dalla forma e dallacomposizione dell’oggetto che assorbe le radiazioni.

Unità rem (roentgen equivalent in man): indica i diversi effettibiologici dei vari tipi di irradiazione.

Per i raggi X e gamma un rad e un rem sono pratica-mente uguali. La maggior parte della letteratura sull’ar-gomento ora usa le unità internazionali, che si esprimonoin gray (Gy) (un Gy equivale a 100 rad) e in sievert (Sv)(un Sv equivale a 100 rem). La radioattività è storicamen-te espressa in curie (Ci). L’unità internazionale è il bec-querel (Bq): una curie equivale a 37 gigabecquerel.

Le lesioni da raggi nei bambini possono essere suddi-vise in quattro categorie:● esposizione a perdite nell’ambiente esterno di sorgenti

altamente radioattive: le conseguenze sono estese ustio-ni e blocchi midollari;

Figura 5.4 - Spettro elettromagnetico.

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64 5 - L’AMBIENTE

● ingestione di sostanze radioattive;● incidenti nel trattamento con radiazioni ionizzanti;● impiego eccessivo delle radiazioni ionizzanti per in-

dagini diagnostiche, come radiografie, TC e altro.

La fisiopatologia delle dosiLa lesione da radiazione è dovuta a energia depositata

nelle cellule, con successiva formazione di radicali liberi.Con dosi elevate di radiazioni le cellule possono morire.Le conseguenze cliniche dipendono dall’importanza dellecellule lesionate. D’altra parte non tutte le cellule dell’or-ganismo hanno la stessa radiosensibilità:● le cellule che si moltiplicano rapidamente, come quel-

le della mucosa intestinale e del midollo osseo sono lepiù sensibili e sono quelle che più facilmente muoiono;

● le cellule che non si dividono, come i neuroni, sonoabbastanza resistenti;

● le cellule endoteliali, quelle delle arterie e dei capilla-ri, sono moderatamente radiosensibili: il loro dannopuò ridurre l’apporto di sangue e portare a effetti chesi manifestano dopo mesi o anni dall’esposizione.Con dosi inferiori ai 100 rad (1 Gy) la maggior parte

delle cellule sopravvive, sebbene queste possano presen-tare delle trasformazioni per un’insufficiente riparazionedelle rotture del DNA e vi sia la possibilità di una suc-cessiva trasformazione maligna: le leucemie linfaticheacute insorgono dopo 2-15 anni dall’esposizione; i tumo-ri solidi dopo 10-50 anni. Per esempio, a distanza di annio decenni dall’esposizione alle radiazioni, in seguito altrattamento radioterapico per malattia di Hodgkin, puòinsorgere in un alto numero di casi il cancro del seno, oil cancro della tiroide nei bambini esposti alle radiazioniintorno a Chernobil.

Non sono stati osservati effetti ereditari delle radiazio-ni nella comparsa di cancro nelle successive generazioni.

Fra le conseguenze specifiche delle radiazioni nelbambino va ricordato, oltre agli effetti dannosi sullatiroide, sulle gonadi e sul tessuto mammario, l’effettosulla crescita, che è tanto più pronunciato, quanto mino-re sia l’età o quanto l’adolescente si trovi nella fase diaccrescimentto rapido. Scoliosi e ridotto accrescimentoosseo si osservano quando la dose abbia superato i 4.000rad (40 Gy), come avveniva nel trattamento con radiazio-ni ionizzanti del tumore di Wilms. L’irradiazione deltorace nelle ragazze, con 1.500-2.000 rad (15-20 Gy) inuna settimana, bloccano lo sviluppo del seno, mentre ledosi frazione (3.000-4.000 rad) causano fibrosi e altera-zione del tessuto polmonare. Trattamenti radioterapicialla testa nell’infanzia hanno influenzato in senso nega-tivo le capacità cognitive nell’adulto.

Sulle radiazioni ionizzanti in gravidanza vedi Capito-lo 6, pag. 79.

Un discorso a parte merita la tomografia computeriz-zata (TC), introdotta ormai da una trentina di anni per ladiagnosi. L’uso crescente della TC in pediatria è impor-tante per molte ragioni:● la TC è una fonte molto importante di radiazioni;● anche se la TC rappresenta solo il 5% di tutte le im-

magini radiologiche, essa rappresenta dal 40 al 67% ditutte le irradiazioni in medicina;

● una TC del polmone è 54 volte più potente come irra-diazione di una mammografia e 68 volte più di una ra-diografia del torace.Sono state studiate delle strategie per ridurre l’uso

delle radiazioni ionizzanti; queste strategie di basanoprincipalmente:● sull’uso giudizioso delle radiografie e della TC, con-

siderando attentamente la possibilità di ricorrere, perlo stesso quesito diagnostico, agli ultrasuoni o alla ri-sonanza magnetica;

● sull’impiego di modificazioni della tecnica per ridurrel’irradiazione, come ridurre il numero delle immaginio usare gli apparecchi d’indagine più moderni, che im-piegano minore potenza d’irradiazione.

RUMORE

Mentre l’effetto dell’inquinamento dell’aria, dei campielettromagnetici e dei raggi X è ben conosciuto, minoreattenzione è stata dedicata ai danni dell’eccessivo rumoreambientale. Il rumore, un inquinante ambientale ubiqui-tario, è un problema di salute pubblica perché determinafastidio, riduce la qualità dell’ambiente e può alterare lasalute e l’apprendimento.

I bambini sono particolarmente vulnerabili agli effettidel rumore per la possibilità che esso interferisca conl’apprendimento a uno stadio critico dello sviluppo eperché essi hanno meno capacità dell’adulto di anticipa-re, comprendere e lottare contro le fonti del rumore.

Un rumore ambientale cronico, come il rumore pro-dotto dagli aeroplani o dal traffico della strada, è in gradodi disturbare lo sviluppo cognitivo dei bambini, special-mente la comprensione della lettura; le scuole esposte adalti livelli di rumore da aeromobili, per esempio, sonorisultate non idonee all’educazione dei bambini.

INQUINANTI CHIMICI

I bambini oggi sono a rischio di esposizione a più di80.000 sostanze chimiche sintetiche (Tabella 5.4).

Tabella 5.4 - Vulnerabilità di lattanti e di bambini per gliinquinanti chimici.

SOSTANZA INQUINANTE RISCHIO DI CONSEGUENZE

DietilstilbestroloTalidomideTricloroetilene prenataleAlcolPiombo

Esposizione intrauterina allenitrosamine, cloruro di vinile eradiazioni ionizzantiInsetticidi organofosforiciFumo passivo

Adenocarcinoma della vaginaFocomeliaLeucemiaSindrome feto-alcolicaTossicità neuro-comportamen-taleCancro

Neurotossicità dello sviluppoMorte improvvisa del lattantee asma

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65INQUINANTI CHIMICI

I bambini sono particolarmente vulnerabili agli inqui-nanti chimici per molte ragioni:● in confronto all’adulto essi hanno una maggiore su-

perficie di esposizione alla maggior parte degli inqui-nanti chimici ambientali. Essi bevono più acqua, man-giano più cibi e respirano più aria per chilo di peso, percui sono più esposti agli inquinanti dell’acqua, dei cibie dell’aria. Il comportamento mani-bocca, che li carat-terizza, determina una particolare loro possibilità al-l’esposizione;

● le vie metaboliche dei bambini, specialmente neiprimi mesi di vita, sono immature. Talvolta i bambinisono invece più idonei degli adulti a far fronte a tossiciambientali, perché essi sono incapaci di metabolizzar-li e quindi di trasformarli in forme attive. In generale,tuttavia, essi sono meno capaci di allontanare le sostan-ze tossiche e di eliminare gli inquinanti chimici;

● i lattanti e i bambini crescono e si sviluppano: i loroprocessi di sviluppo sono particolarmente sensibili al-l’azione degli inquinanti chimici, con conseguenzegravi e di lunga durata;

● poiché i bambini hanno una lunga aspettativa di vita,essi hanno molto più tempo dell’adulto di svilupparemalattie croniche.

PiomboL’esposizione al piombo avviene in tutto il mondo;

essa è specialmente comune nei Paesi che usano ancorabenzina ricca di piombo. Negli Stati Uniti la rimozionedel piombo della benzina ha ridotto, negli ultimi 20 anni,il livello di piombo nel sangue dei bambini di più del 90%e negli adulti del 20-30%.

La prevalenza dei livelli elevati di piombo è maggiorefra le minoranze più povere, alla periferia delle grandicittà; oggi la fonte più comune di piombo è rappresentatadalle vernici.

Livelli di piombo superiori a 10 µg/dL (e probabil-mente anche livelli fra 5 e 10 µg/dL) si associano a deficitintellettivi, a insufficiente livello di attenzione e ad au-mentato rischio di comportamento asociale. L’entitàdella compromissione è direttamente proporzionale alladose di piombo. Non sembra che le alterazioni indotte dalpiombo siano reversibili.

Con la risonanza magnetica è stato visto che alcunearee della corteccia frontale sinistra, vicine all’area diBroca, mostrano una significativa minore attivazione neibambini con livelli ematici di piombo più alti di quellimedi della popolazione.

MercurioI bambini possono essere esposti sia al mercurio orga-

nico che al mercurio inorganico.Il mercurio inorganico è causa di dermatiti, gengiviti,

stomatiti, tremori e acrodinia.Il mercurio organico o metilmercurio è liposolubile e

produce una sindrome neurotossica: l’esposizione al mer-curio organico avviene principalmente attraverso l’inge-

stione di pesci che hanno accumulato mercurio nei laghio negli oceani, sia in seguito alla precipitazione atmosfe-rica, originata dalla combustione del carbone, che necontiene in minime quantità, sia come conseguenzadell’inquinamento marino da parte di industrie estrattive(da ricordare le tragedia avvenuta decenni fa nel piccolovillaggio giapponese di Minamata). Anche piccole quan-tità di mercurio organico risultano pericolose per losviluppo del cervello, per cui le donne in stato di gravi-danza vanno avvisate di non ingerire pesci predatori,come il tonno e il pesce spada, che potrebbero conteneremercurio.

Qualche anno fa è stato incriminato il timerosal, con-tenuto nei vaccini come preservante, fino a quando nonci si è resi conto che il mercurio organico in esso conte-nuto era l’etilmercurio e non il metilmercurio. La vitamedia dell’etilmercurio è risultata molto più bassa diquella del metilmercurio (7-10 giorni invece di 50 gior-ni), per cui dopo 2 mesi esso è stato eliminato completa-mente attraverso il rene e l’intestino. Tuttavia come mi-sura precauzionale il timerosal è stato ugualmente tolto datutti i vaccini.

AlluminioProve effettuate su alimenti, in condizioni sia di con-

servazione che di cottura, non hanno indicato valori dimigrazione dell’alluminio tali da lasciar pensare a unrischio per la salute del consumatore, nelle normali ecorrette condizioni d’uso. La quantità totale in un giornosarebbe di 6 mg di alluminio, se tutti i cibi fossero statipreparati in contenitori di alluminio. È questo un valoremolto basso, se confrontato con quello di 7 mg/kg di pesocorporeo/settimana, equivalente a 60 mg/die per un uomoadulto.

AmiantoFino a una trentina di anni fa l’amianto (asbesto) è

stato usato come isolante in molti locali pubblici e nelleferrovie. Minime quantità di fibre di amianto, inalate conl’aria, si depositano nei polmoni e sono responsabili didue tumori: il cancro del polmone e il mesotelioma. Larimozione del contenuto di amianto può essere rimandatafinché non compiano evidenti segni di deterioramento. Ilposizionamento di barriere rappresenta comunque unutile mezzo per impedirne la diffusione nell’aria.

PesticidiI pesticidi sono sostanze chimiche (la diossina è una

di queste) usate per controllare gli insetti, le erbacce, ifunghi e i roditori.

Gli alimenti sono l’origine più comune di tossicità neibambini; infatti essi sono esposti ai residui di pesticidi,presenti nella frutta e nei vegetali. Ma la fonte può essererappresentata anche dal contatto diretto con queste so-stanze, nei giardini o in agricoltura.

Gli effetti tossici che essi determinano sono rappre-sentati essenzialmente dalla polineuropatia, dalla disfun-

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zione del sistema nervoso centrale, da alterazioni cuta-nee, da alterazioni ormonali, da alterazioni della riprodu-zione, dal cancro e dalla fibrosi polmonare.

Sostanze antimicrobiche in agricolturaDal 40 all’80% delle sostanze antimicrobiche (anti-

biotici compresi), usate negli Stati Uniti ogni anno, èaggiunto negli alimenti per animali: la maggior parte diesse sono uguali o molto simili a quelle usate per gliumani. Esse promuovono la crescita degli animali eaumentano l’efficienza delle sostanze alimentari sommi-nistrate, inibendo la crescita batterica all’interno dell’in-testino. Di rado sono usate nella prevenzione di malattie.

Queste aggiunte contribuiscono in modo decisivoall’induzione della resistenza, che successivamente rap-presenta un fattore di rischio per gli umani.

DDT (diclorodifenil tricloroetano)È questo il primo insetticida conosciuto, usato nel

mondo dalla metà degli anni ’40 fino agli anni ’70.Sebbene il DDT non sia tossico per gli esseri umani, essofu bandito principalmente per ragioni sanitarie, perchéera stato osservato che l’esposizione al DDT, nelle quan-tità necessarie per combattere la malaria, poteva causarenascite pretermine e svezzamenti precoci, annullando ibenefici della riduzione della mortalità infantile per lamalaria. Mentre in Africa il DDT ha avuto successiincerti, in alcuni Paesi, che erano stati in grado di trovarele risorse necessarie contro la malaria, esso ha determi-nato importanti successi, come in Italia.

Il DDT appartiene al gruppo dei “disregolatori endo-crini”; sotto questo nome si comprendono sostanze in-quinanti che posseggono attività ormonali: esso sembraalterare la qualità del seme, le mestruazioni, la lunghezzadella gestazione e la durata dell’allattamento. Per questeragioni, prima di reintrodurlo nella pratica, è necessariocondurre appropriate ricerche per stabilire un accuratorapporto costi/benefici.

L’esposizione prenatale al DDT si associa a un ritardonello sviluppo psicomotorio del lattante.

IL RUOLO DEL PEDIATRA NELLA COMUNICAZIONE DEL RISCHIO

È molto frequente che pediatri o altri medici addettiall’assistenza discutano con i genitori dei loro assistiti diquestioni riguardanti il trattamento medico o il trattamen-to chirurgico di particolari malattie, o la necessità delricorso a esami di laboratorio o infine le vaccinazioni.Capita invece abbastanza di rado di parlare dei pericoliambientali, pericoli che talvolta non sono da meno dellemalattie infettive o di altri gruppi di affezioni. I genitoris’interessano di rado di questioni riguardanti i pesticidi, lesostanze chimiche diffuse nell’ambiente, i campi elettro-magnetici, il piombo, la polluzione dell’aria e altri proble-mi ambientali. Il pediatra, d’altra parte, è poco preparatoad affrontare questi temi ed è spesso scettico nelle suecapacità d’influire sulla realtà che ci circonda. Anchequando ha le conoscenze scientifiche sugli effetti del-l’esposizione ambientale, è difficile che egli inseriscal’informazione specifica ai genitori nei confronti di parti-colari epoche della vita, come il feto, il piccolo bambinoo l’adolescente. Tuttavia, nonostante queste limitazioni dibase, i clinici giocano un ruolo importante nella comuni-cazione del rischio, presente nell’ambiente in cui viviamo.

La comunicazione del rischio può essere definitacome uno scambio d’informazioni sulla natura, sullagrandezza, sul significato e sull’eventuale controllo delrischio. Risulta che i pediatri e i clinici in generale sianouna delle più sicure e credibili sorgenti d’informazionedei rischi ambientali per la salute, sotto diversi ruoli,come quello di educatore, d’individuo pratico e aggior-nato e di avvocato del bambino.

La comunicazione del rischio ottiene ottimi risultatiquando si attui un dialogo “avanti e indietro”: a questoproposito sono state espresse le “sette regole cardinalidella comunicazione del rischio”, di cui la principale èquella che caratterizza la pratica quotidiana del pediatra:essere onesti, franchi e aperti. (Le sette regole sono statepreparate in occasione di un convegno sull’argomento,tenutosi il 2-4 marzo 2003 a Phoenix in Arizona.)

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