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48 arpa campania ambiente speciale magazine nr.1 Collaborare per uscire dalla crisi RIFIUTI: GUIDO POCOBELLI RAGOSTA L a lunga marcia per uscire dalla crisi è co- minciata. È indispensabile affrontare i nodi cruciali: costruire nuovi termovalo- rizzatori, completare il ciclo integrato, indivi- duare nuove discariche. Soprattutto: far cresce- re la raccolta differenziata. Specialmente a Na- poli e provincia. Intanto c’è bisogno di provve- dimenti urgenti per dare ossigeno alle casse di Province e Comuni. Il ritrovato clima di collaborazione istituzionale è sicuramente di buon auspicio. I vertici a Roma con il Governo nazionale hanno favorito il con- fronto. Resta prioritario un cambio di marcia. Una rivoluzione culturale: non è possibile che i cittadini della Campania, e soprattutto del Na- poletano, continuino a dire “no” ogni volta che si propone l’apertura di una discarica o di un im- pianto di termovalorizzazione. La solidarietà chiesta ad altre regioni, prima la Puglia, poi Toscana, Molise, Marche certamente è destinata ad avere un termine. Né si può im- maginare che altre regioni possano accogliere in via definitiva i rifiuti prodotti nella provincia partenopea. Ogni territorio deve essere autono- mo. Dal presidente della Provincia Luigi Cesaro e dal sindaco Rosa Iervolino Russo l’appello al governo Berlusconi a non far andare via i milita- ri dopo il 31 gennaio. L’invito è stato accolto, come confermato dal mi- nistro della Difesa Ignazio La Russa, che chiari- sce i termini dell’impegno dell’esercito da feb- braio in poi. I militari continueranno a presidiare le discari- che e i siti di trasferenza dei rifiuti in Campania, ma il 31 gennaio è terminata comunque l'attività dell'unità operativa che si è occupata di gestire il passaggio di consegne tra la struttura del sotto- segretario e le autorità locali. Resteranno opera- tivi 250 militari, per continuare ad assicurare la tutela della sicurezza dei siti, delle aree e degli impianti di interesse strategico nazionale non- ché il supporto operativo, in sinergia con tutte le istituzioni competenti e sotto il comando dei vertici gerarchici militari sul territorio. Si sta perfezionando il passaggio delle compe- tenze amministrative agli uffici regionali cui spetta la pianificazione del ciclo integrato dei ri- fiuti. Il 31 gennaio è cessata l'attività dell'Unità operativa e stralcio, come previsto dal decreto legge 195 del 2009. Nessuna proroga, quindi. “Dopo 14 anni di gestione straordinaria il ritor- no alla normalità è complesso”. Le parole del ministro all’Ambiente Stefania Prestigiacomo non celano la difficoltà per il ter- ritorio di riuscire a entrare in una gestione ordi- naria che prevede strutture e impianti non rea- lizzati in questi anni. “Per supportare la Regione – aggiunge il ministro – abbiamo varato il decre- to legge il cui cuore politico è il conferimento dei poteri al presidente della Regione di nominare i commissari straordinari per accelerare la realiz- zazione di quegli impianti che sono essenziali per attivare il ciclo integrato dei rifiuti, nonché individuare nuovi siti da destinare a discari- che”. Su un punto non si torna indietro, fa capire il governo nazionale: la gestione ordinaria, vera precondizione per responsabilizzare l’intero territorio campano, che al di là delle polemiche accanto a veri buchi neri, ha punte di eccellenze nella raccolta differenziata e nella capacità di or- ganizzare il ciclo dei rifiuti, sia nella raccolta che nello smaltimento. Sullo sfondo resta l’allarme lanciato dall’asses- sore regionale all’Ambiente Giovanni Romano in un vertice a Roma: i costi della gestione dei ri- fiuti stanno soffocando le autonomie locali che a breve potrebbero avere enormi problemi anche per il pagamento degli stipendi. Comuni e Pro- vince si sono indebitati per far fronte ai costi le- gati all’emergenza rifiuti. Debiti contratti so- prattutto nei confronti di Consorzi di bacino, delle aziende municipalizzate e delle ex struttu- re commissariali. Presentate quattro proposte dall’assessore: concedere la possibilità ai Comu- ni di chiedere prestiti alla Cassa depositi e pre- stiti e alle banche in deroga al patto di stabilità; tutte le spese legate al ciclo integrato devono es- sere scomputate dal patto di stabilità; avviare un intervento di Equitalia per smobilitare la moro- sità dei cittadini; azzerare il debito dei Comuni nei confronti delle strutture commissariali. Il fantasma dell’emergenza rifiuti aleggia ancora su Napoli e sulla Campa- nia, nonostante sia stato registrato sia a livello comunale che regionale un passo in avanti nelle percentuali di raccolta dif- ferenziata. ) ( Napoli invasa dai rifiuti soluzione vicina?

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Collaborare per uscire dalla crisi

RIFIUTI:GUIDO POCOBELLI RAGOSTA

La lunga marcia per uscire dalla crisi è co-minciata. È indispensabile affrontare inodi cruciali: costruire nuovi termovalo-

rizzatori, completare il ciclo integrato, indivi-duare nuove discariche. Soprattutto: far cresce-re la raccolta differenziata. Specialmente a Na-poli e provincia. Intanto c’è bisogno di provve-dimenti urgenti per dare ossigeno alle casse diProvince e Comuni.Il ritrovato clima di collaborazione istituzionaleè sicuramente di buon auspicio. I vertici a Romacon il Governo nazionale hanno favorito il con-fronto. Resta prioritario un cambio di marcia.Una rivoluzione culturale: non è possibile che icittadini della Campania, e soprattutto del Na-poletano, continuino a dire “no” ogni volta chesi propone l’apertura di una discarica o di un im-pianto di termovalorizzazione.La solidarietà chiesta ad altre regioni, prima laPuglia, poi Toscana, Molise, Marche certamenteè destinata ad avere un termine. Né si può im-maginare che altre regioni possano accogliere invia definitiva i rifiuti prodotti nella provinciapartenopea. Ogni territorio deve essere autono-mo. Dal presidente della Provincia Luigi Cesaroe dal sindaco Rosa Iervolino Russo l’appello algoverno Berlusconi a non far andare via i milita-ri dopo il 31 gennaio. L’invito è stato accolto, come confermato dal mi-nistro della Difesa Ignazio La Russa, che chiari-sce i termini dell’impegno dell’esercito da feb-braio in poi.I militari continueranno a presidiare le discari-che e i siti di trasferenza dei rifiuti in Campania,ma il 31 gennaio è terminata comunque l'attivitàdell'unità operativa che si è occupata di gestire ilpassaggio di consegne tra la struttura del sotto-segretario e le autorità locali. Resteranno opera-tivi 250 militari, per continuare ad assicurare latutela della sicurezza dei siti, delle aree e degliimpianti di interesse strategico nazionale non-ché il supporto operativo, in sinergia con tutte leistituzioni competenti e sotto il comando deivertici gerarchici militari sul territorio. Si sta perfezionando il passaggio delle compe-

tenze amministrative agli uffici regionali cuispetta la pianificazione del ciclo integrato dei ri-fiuti. Il 31 gennaio è cessata l'attività dell'Unitàoperativa e stralcio, come previsto dal decretolegge 195 del 2009. Nessuna proroga, quindi.“Dopo 14 anni di gestione straordinaria il ritor-no alla normalità è complesso”. Le parole del ministro all’Ambiente StefaniaPrestigiacomo non celano la difficoltà per il ter-ritorio di riuscire a entrare in una gestione ordi-naria che prevede strutture e impianti non rea-lizzati in questi anni. “Per supportare la Regione– aggiunge il ministro – abbiamo varato il decre-to legge il cui cuore politico è il conferimento deipoteri al presidente della Regione di nominare icommissari straordinari per accelerare la realiz-zazione di quegli impianti che sono essenzialiper attivare il ciclo integrato dei rifiuti, nonchéindividuare nuovi siti da destinare a discari-che”. Su un punto non si torna indietro, fa capireil governo nazionale: la gestione ordinaria, veraprecondizione per responsabilizzare l’interoterritorio campano, che al di là delle polemicheaccanto a veri buchi neri, ha punte di eccellenzenella raccolta differenziata e nella capacità di or-ganizzare il ciclo dei rifiuti, sia nella raccolta chenello smaltimento.Sullo sfondo resta l’allarme lanciato dall’asses-sore regionale all’Ambiente Giovanni Romanoin un vertice a Roma: i costi della gestione dei ri-fiuti stanno soffocando le autonomie locali che abreve potrebbero avere enormi problemi ancheper il pagamento degli stipendi. Comuni e Pro-vince si sono indebitati per far fronte ai costi le-gati all’emergenza rifiuti. Debiti contratti so-prattutto nei confronti di Consorzi di bacino,delle aziende municipalizzate e delle ex struttu-re commissariali. Presentate quattro propostedall’assessore: concedere la possibilità ai Comu-ni di chiedere prestiti alla Cassa depositi e pre-stiti e alle banche in deroga al patto di stabilità;tutte le spese legate al ciclo integrato devono es-sere scomputate dal patto di stabilità; avviare unintervento di Equitalia per smobilitare la moro-sità dei cittadini; azzerare il debito dei Comuninei confronti delle strutture commissariali.

Il fantasma dell’emergenza rifiutialeggia ancora su Napoli e sulla Campa-nia, nonostante sia stato registrato sia alivello comunale che regionale un passoin avanti nelle percentuali di raccolta dif-ferenziata. )(

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GIUSEPPE CATAPANO

Èla zona a traffico limitato più grande d’Italia coni suoi 117 chilometri quadrati: copre, di fatto,l’intero territorio cittadino di Napoli. Dopo i

buoni risultati ottenuti lo scorso anno, il Comune ha de-ciso di confermarla per tutto il 2011 attraverso una deli-bera approvata all’unanimità lo scorso 30 dicembre. Lamaxi Ztl consente la circolazione esclusiva ai veicoli eu-ro 4 , gpl e metano, oppure ai veicoli euro 2 ed euro 3 conalmeno tre persone a bordo (motocicli e ciclomotoriomologazione euro 2 e successive), nelle giornate di lu-nedì, mercoledì e venerdì nella fascia oraria 7.30-10.30,oltre al giovedì nella fascia oraria 15-17.30. L’obiettivodel provvedimento è duplice: produrre effetti positivisia in termini di riduzione del traffico che sulla qualità divita dei cittadini, con riduzione delle fonti inquinanti eincremento della velocità dei trasporti pubblici su gom-ma. Nella delibera approvata dal Comune si leggono lemotivazioni che hanno portato alla scelta di rinnovare laZtl. La prima, più importante, riguarda proprio l’inqui-namento. Si fa cenno, infatti, ai rischi per la salute uma-na connessi al livello delle concentrazioni di PM10 in at-mosfera, messi in evidenza dall’Organizzazione mon-diale della Sanità. Altra motivazione riguarda “la mi-gliore organizzazione della propria mobilità” che le li-mitazioni adottate nei mesi precedenti hanno consenti-to ai cittadini, con l’obiettivo di “rilanciare il trasportopubblico, per favorire un consapevole utilizzo delle ri-sorse e per sviluppare comportamenti virtuosi e am-bientalmente compatibili”. L’analisi dei risultati otte-nuti con tale provvedimento dimostra che il Comune haraggiunto in parte gli obiettivi fissati. I dati forniti daAnm e Metronapoli, che riguardano il 2010, hanno evi-denziato un incremento del cinque per cento della velo-cità media di marcia degli autobus, oltre a un incremen-to medio di oltre il venticinque per cento del traffico pas-seggeri per la Linea 1 della Metropolitana, con un piccomassimo registrato pari al cinquantasei per cento. Menoingorghi e meno code nelle strade del centro, anche gra-zie alle multe salate riservate a chi viola il dispositivo.Menzione a parte merita il capitolo inquinamento. Il de-creto ministeriale numero 60 del 2 aprile 2002 fissa due li-miti accettabili di PM10 in atmosfera: il primo è un valorelimite di 50 µg/m³ come valore medio misurato nell’arcodi 24 ore da non superare più di 35 volte all’anno, >>>

La maxiZTLdi Napoli

Inquinamento atmosferico e mobilitàA M B I E N T E

primo piano

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>>> il secondo è un valore limite di 40 µg/m³ co-me media annuale. Negli ultimi anni, a Napoli, il“bonus” dei 35 sforamenti è stato esaurito moltorapidamente: il 25 aprile nel 2007, il 1° aprile nel2008, il 22 febbraio nel 2009 e il 12 marzo nel 2010.Va considerato che la Ztl è attiva da febbraio2010, anche se con limitazioni previste nei soligiorni di mercoledì e venerdì. Da aprile, invece, la limitazione al traffico è sutre giorni settimanali. Basti considerare che, nelmese di giugno 2010, in sette centraline Arpac sunove erano già stati abbondantemente superati i35 sforamenti (ben 81 in appena sei mesi quellidella centralina Ente Ferrovie). La maxi Ztl è cer-tamente servita a ridurre l’inquinamento, manon in maniera tale da “ripulire” l’aria di Napo-li. I risultati dei rilevamenti nei mesi settembre-dicembre 2010 ne sono la dimostrazione tangibi-

le: 30 sforamenti segnalati dalla centralina Argi-ne, oltre 20 quelli delle centraline OspedaleNuovo, Ospedale Santobono e Primo Policlini-co. Ma anche i soli 6 sforamenti segnalati dallacentralina Vanvitelli. Tali risultati, riportati suun periodo di sperimentazione di 12 mesi, dimo-strano che il provvedimento è servito a far calarei livelli di PM10 nell’aria e che, nel 2011, la sogliadei 35 sforamenti potrebbe essere superata piùtardi rispetto al 2010, anche grazie all’aggiuntadi un ulteriore giorno di limitazione al traffico.Ma dimostrano anche che tale soglia sarà certa-mente superata, a meno di ulteriori provvedi-menti, in quasi tutte le zone della città (nel 2010la media di 40 µg/m³ è stata superata in ognunadelle nove postazioni di rilevamento). Non mol-to diversa la situazione di Milano, migliore quel-la di Roma.

GIUSEPPE PICCIANO

In Italia nemmeno i terremoti sono uguali.Le emergenze causate dagli ultimi quattroeventi sismici che hanno squassatoampie aree del centro-sud sono stategestite in maniera completamente diversaper profusione di uomini, mezzi e risorseeconomiche. Certo, sul quadro d’insiemeincidono le epoche diverse, ma il rapportominuziosamente elaboratodall’Osservatorio permanente sul dopo-sisma della Fondazione Mida di Pertosa,in occasione del trentennale delterremoto che devastò l’Irpinia, si prestacome un utile strumento di comparazionedella gestione delle emergenze (e delleinefficienze) dei terremoti in Campania, inUmbria, in Molise e in Abruzzo. Vale adire, le ultime quattro catastrofi naturalisul territorio nazionale. In questo lavoro che segna il primo degliobiettivi dell’Osservatorio, produrredocumenti e analisi che sollecitino lariflessione e il dibattito sulla qualità dellacapacità pubblica di affrontare grandiemergenze nazionali, sono accuratamenteelencate le cifre come esse sono statenel tempo certificate dalle fonti ufficialiche narrano alcuni dei più grandiinterventi di Protezione civile degli ultimitrent’anni. «Il dossier mette a confronto imedesimi segmenti che hanno segnatol’attività di soccorso e di prima assistenzadelle popolazioni colpite da quattro distintie gravi disastri naturali - spiega il direttoredell’Osservatorio e firma di Repubblica

Antonello Caporale - sono stati enucleati,per quanto è stato possibile, dati riferiti asituazioni simili in contesti naturalmentediversi e in periodi differenti della nostrastoria contemporanea. Punto di partenza,il terremoto del 23 novembre 1980 neiterritori della Campania e della Basilicata.Punto d’arrivo: il sisma che ha sconvoltoL’Aquila. Tutto questo tempo è servito acostruire una vasta e solida rete diProtezione civile. E questo è un primofatto certo, incontrovertibile. Non esistevaallora e oggi invece sì». L’interesse della ricerca, curata daStefano Ventura, avellinese di Teoratrapiantato a Siena, dov’è dottore diricerca in storia contemporanea, èimprontato alla qualità, crescente o meno,dell’aiuto statale, alla sua celerità,all’efficienza e quantità delle iniziativesviluppate. «Preso un periodo di tempoomogeneo – spiega Ventura - si è volutocapire cosa è stato fatto in Irpinia, quantoè stato realizzato e cosa invece in Umbriae nelle Marche, nel Molise e infine inAbruzzo. Evitato ogni giudizio di meritosul come, il dossier si chiede quanto siacostata la macchina dei soccorsi inciascuno dei disastri presi in esame, cosaabbia infine prodotto». Per quanto riguarda le spese per lagestione dell’emergenza durante il primoanno – continua Ventura - per il terremotodel 1980 in Campania e Basilicata si arrivaa 2,29 miliardi di euro (7.889 euro spesaprocapite), in Umbria e Marche a 226milioni di euro (4.810 spesa procapite), in

Molise a 119 milioni di euro (27.027spesa procapite), e in Abruzzo si arriva a 2miliardi di euro (23.718 spesa procapite).«Si può vedere – aggiunge Ventura –come la ricostruzione in Campania eBasilicata abbia costituito il banco di provamaggiore di quello che negli anni Ottantafu definito “il partito unico della spesapubblica”, fautore della cosiddetta“economia delle catastrofi”. Arrivando aiterremoti più vicini, ci accorgiamo dicome nelle gestioni delle ricostruzioni inUmbria e Marche e in Abruzzo ci sia statoun capovolgimento quasi totale diparadigma, passando da una delegapressoché totale alle regioni e ai comuninel 1997 a una gestione affidata alcommissariato guidato dal capodipartimento Bertolaso per tuttal’emergenza durante la quale i sindacivenivano solo ascoltati».Da parte sua, il presidente dellaFondazione Mida, FrancescantonioDorilia, esprime soddisfazione per laqualità del dossier. «Il lavoro, prodotto inpochi mesi, dimostra come il Sud e iltalento di chi lo ama possono prodursi inricerche e proposte continue, sviluppatein uno spazio istituzionale come lafondazione, che diventa work in progresse spazio di tutti».

OSSERVATORIO SUL DOPOSISMA. FONDAZIONE MIDA DI PERTOSA

Dossier terremoti: dati eloquenti

Quattro disastr i italian

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ALESSIA ESPOSITO

Bagnolifutura, il progetto di riqua-lificazione di Bagnoli e delle areeattigue, è solo la seconda parte di

una storia che inizia nel 1996. In quell’an-no si costituisce la Società Bagnoli Spa perprovvedere al risanamento ecologico del-l’area danneggiata dagli impianti side-rurgici dell’Italsider. Gli scarsi risultati in-ducono il Comune di Napoli a sostituirlanel 2002 con la Società di TrasformazioneUrbana. Compito: abbattere gli ex edificiindustriali, completare le bonifiche, ren-dere fruibili le spiagge, costruire operepubbliche e affidare ai privati una partedei lotti. Nel 2005, dopo che gli enti localiapprovano il Piano Urbanistico Esecuti-vo, Bagnolifutura inizia la fase operativa.Nello stesso anno viene consegnata la pri-ma opera: il pontile Nord, una passeggia-ta protesa nel mare per circa 800 metri. Nel2007 aprono altri tre cantieri. Il primo, laPorta del Parco, prevede un ambiente de-dicato all’intrattenimento (presente unAuditorium e una sala conferenze) e al be-nessere (centro massaggi con piscine ter-mali e area fitness) oltre che solarium, ter-razza e bar per gli esterni. Collaudati adoggi l’Auditorium (già aperto al pubbli-co) e la Caffetteria; in corso di collaudo lerestanti opere. Il Parco dello Sport occupaun’area verde di 24 ettari destinata adospitare attrezzature per calcetto, basket,tennis, pallavolo, atletica leggera, tiro conl’arco. Include spazi gioco per bambini,piste di pattinaggio, piste ciclabili, ampiearee da passeggio, un bar ed un parcheg-gio. Nella parte meridionale è invece loca-lizzato un campeggio nei pressi del qualeun biolago sarà funzionale alla depura-zione delle acque. Terzo e ultimo dei can-tieri ad oggi praticamente conclusi, l’Ac-quario Telematico, centro di riabilitazio-ne e studi sulle tartarughe marine, oltreche area espositiva. Tra le opere previste ma non ancora rea-

lizzate, il Parco Urbano che comprenderà130 ettari di area verde oltre che spazi at-trezzati per eventi. In questa zona è previ-sta la realizzazione di sistemi di energiaproveniente da fonti rinnovabili. Inoltreun vero museo di Archeologia Industria-le è costituito dai principali impianti del-l’ex Italsider. Diviso il Parco in quattro lot-ti, è stata approvata la progettazione delprimo. Nel 2009 viene aperto il cantiereper la realizzazione dei Neapolis Studios,polo per la creazione di audiovisivi per ci-nema e TV. Lo stato dei lavori è stimato in-torno al 15%. Bagnolifutura include poi lacreazione di un sistema pneumatico diraccolta differenziata dei rifiuti oltre cheuna ristrutturazione del sistema viabilità.È alla metà dei lavori il primo cantierestradale. Infine il Polo Tecnologico del-l’Ambiente, prima area venduta da Ba-gnolifutura, e destinata ad ospitare circa80 aziende eco compatibili, sarà operati-vo nel 2012. In corso di svolgimento bandiper la vendita di altri suoli ai privati, fon-damentale per ripagare gli ingenti finan-ziamenti pubblici dei lavori. La bonificaper liberare il suolo dall’amianto, certifi-cata dai controlli del Ministero dell’Am-biente, dall’Arpac e della Provincia, è in-vece conclusa per i due terzi.

Lavori in corso e nuove aperture nell’area dell’ex-Italsider

Bagnoli futura:

Nella foto in alto. Macerie dopo un sisma

astr i italiani a confronto Nella foto in alto. Un avveniristico plastico

storia e prospettive

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ANNA PAPARO

Negli ultimi 10 anni, in Amazzonia sono state scoperte ben 1200nuove specie di esseri viventi, una ogni 3 giorni. Lo confermal'ultimo rapporto del WWf dal titolo “Amazzonia Viva” dedicato alpolmone verde della Terra, presentato durante la ConferenzaMondiale delle Nazioni Unite sulla Biodiversità, a Nagoya, inGiappone. “Amazzonia Viva” è una sorta di diario che mette inluce la straordinaria ricchezza di specie della foresta Amazzonica,una regione fondamentale per l’equilibrio dell’intero ecosistemamondiale, e che evidenzia anche le minacce che purtroppoincombono su di essa. Il rapporto offre, quindi, il quadro di unavarietà di forme di vita senza pari, una ricchezza biologica quasisenza fine fortemente minacciata dalle attività umane. Sono statiscoperti 257 pesci, 637 piante, 39 mammiferi (di cui 6 nuovescimmie compresa la Mico acariensis) 216 anfibi e 55 rettili. Unaricchezza straordinaria, che comprende anche animali strani dainomi più curiosi, come la Ranitorneya amazonica, una rana daun'incredibile fiammata di colori sulla testa, e il Phreatobiusdracunculus, un pesce-gatto cieco di colore rosso brillante, chevive prevalentemente nelle acque sotterranee. È un dato di fatto:

l'Amazzonia è uno dei luoghi della Terra dove si riscontra lamaggiore diversità ambientale, la culla di una vera e propriabiodiversità infinita. Ma ci sono notevoli minacce che hannoportato alla distruzione del 17% di questo paradiso, tra cui losviluppo dei mercati globali di carne, combustibili e soia, causeprincipali dell’incremento della domanda di nuovi terreni liberi dapoter sfruttare. In particolare, il crescente consumo di carne èuno dei fattori determinanti. Secondo le stime, infatti, ben l’80%delle zone deforestate sono state destinate ai pascoli per ilbestiame, al quale si sommano dighe e altre imponenticostruzioni realizzate senza alcun provvedimento per valutare earginare l’impatto ambientale. Francisco Ruiz, Responsabiledell’Iniziativa Living “Amazon” del WWF, afferma che il rapportopresentato mostra quanto si debba ancora apprendere riguardo aquesto vero e proprio paradiso e cosa si potrebbe perdere se nondovesse cambiare il nostro modo di concepire lo sviluppo. Il“sistema mondo” è molto complesso e interconnesso, quindibisognerebbe trovare una strategia adatta e portare avanti dellepolitiche di consumo consapevoli della necessità di un concettoche dovrebbe essere il fulcro dell’intero processo produttivo: lasostenibilità.

RISULTATI DELL’ULTIMO RAPPORTO DEL WWF PRESENTATO A NAGOYA

Amazzonia: culla di biodiversità

ANTONELLA BAVOSO

“La finanza eticamente orientata ritie-ne che il credito, in tutte le sue forme,sia un diritto umano. Non discrimi-

na i destinatari degli impieghi sulla base del ses-so, dell'etnia o della religione, e neanche sullabase del patrimonio, curando perciò i diritti deipoveri e degli emarginati. Finanzia quindi atti-vità di promozione umana, sociale e ambientale,valutando i progetti col duplice criterio della vi-talità economica e dell'utilità sociale”. Queste leparole contenute in un documento denominatoManifesto della Finanza Etica promosso da uninsieme di organizzazioni che condivide un

nuovo modo di operare nel mondo dell’econo-mia. Da sempre il profitto è stato considerato co-me principale parametro per valutare e giustifi-care un investimento. Ma da qualche anno a que-sta parte si è andata diffondendo una nuova cul-tura che guarda alla finanza non solo in terminidi speculazione, rendimento ed interesse. Perl’investitore etico il rispetto di certi valori rite-nuti moralmente vincolanti è importante quan-to la ricerca del tornaconto economico. Contra-riamente a quello che si potrebbe pensare, gli in-vestimenti socialmente responsabili non rap-presentano un fenomeno di nicchia. È quantoemerge da una ricerca condotta dallo EuropeanSocial Investment Forum, l’associazione dei fo-

Investimenti solidali per finanziare iniziative sostenibili

La finanza etica:investire secondo equit

A M B I E N T E

da l mondo

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FORSE NON TUTTI SANNO CHE...All'origine della foresta Amazzonica vi sarebbe uno dei più bruschi eventi di riscaldamento delnostro pianeta e il sollevamento delle Ande. La rivista Science ha pubblicato due studi, realizzatida due gruppi di ricerca coordinati rispettivamente dallo Smithsonian Tropical Research Institutea Balboa, nella Repubblica di Panama, e dall’università di Amsterdam, che confermano questascoperta. Nel primo studio, sono stai esaminati fossili di pollini, semi e altri resti vegetali raccoltiin 3 siti della foresta, dalla Colombia al Venezuela,che si sono sviluppati prima, durante e dopo unodegli eventi di riscaldamento del pianeta piùbruschi degli ultimi 65 milioni di anni, ilPaleocene-Eocene Thermal Maximum. E, durantequesto evento catastrofico, la diversità dellaforesta Amazzonica crebbe rapidamente con lanascita e lo sviluppo di nuove specie di piante,soprattutto da frutto, fra cui la passiflora e lepiante della famiglia del cioccolato. Altra originedella straordinaria ricchezza di biodiversità diquesta foresta, secondo lo studio olandese,sarebbe il sollevamento delle Ande. Esaminando iprocessi geologici della foresta Amazzonica, si ègiunti alla conclusione che il sollevamento delleAnde ha innescato un complesso e graduale processo che ha modificato il paesaggio, rendendoloper esempio ricco di vaste zone di terre umide solcate dal Rio delle Amazzoni molto ospitali allespecie vegetali e animali che lo hanno colonizzato. Insomma non tutti i mali vengono pernuocere.

rum europei per il sostegno alla finanza eti-ca (Eurosif), presentata recentemente a Pa-rigi. Nonostante la crisi sono sempre di piùle aziende che scelgono di investire basan-dosi sui principi della finanza etica. Nelvecchio Continente si è passati dai 2,7 milamiliardi di euro investiti alla fine del 2007 ai5mila miliardi di euro rilevati alla fine del2009, con un incremento che in termini per-centuali sfiora l’87%. La ricerca evidenziaanche come il criterio d'investimento soste-nibile diventi sempre più selettivo e non silimiti ad escludere le aziende che produco-no armamenti o energia nucleare, ma tieneanche presente per la selezione gli Stati e

delle aziende maggiormente responsabili eattivi sul fronte delle politiche sociali e am-bientali. La Gran Bretagna si dimostra ilPaese più sensibile con la cifra record di1043,3 miliardi di euro investiti. Gli altriStati virtuosi si concentrano sempre nelNord Europa. La Norvegia sostiene la cau-sa della finanza etica con 410,6 miliardi, iPaesi Bassi contribuiscono con 396 miliardie la Svezia dove si sono raggiunti 305,5 mi-liardi. In Francia e in Spagna le cifre sonodecisamente più basse: rispettivamente50,7 e 33,3 miliardi. Anche l’Italia fa la suaparte con 312 miliardi investiti nel periodoconsiderato.

equità socialeCREDITO ALTERNATIVO

Un po’ di storiaTra la fine degli anni 60 e glianni 90 si sviluppano inEuropa e nel mondo unaserie di esperienze difinanza cosiddettaalternativa perché nellaselezione delle opportunitàdi investimento più delprofitto conta il concetto diresponsabilità sociale edambientale. Sulla scia deimovimenti pacifisti edecologisti viene fondata inGermania la Oekobank. Nel1980 nasce in Olanda laTriodosbank, con filiali inBelgio ed Inghilterra e nel1990 l'ABS (AlternativeBank Swisse) comincia adoperare sui principi dellapartecipazione e dellatrasparenza. Ma l'esperienzapiù significativa, a ragionericordata come il primo veroesempio di finanza etica èquella della Grameen Bankfondata in Bangladesh daMuhammad Yunus, premioNobel per la pace 2006. Adifferenza di una normalebanca che è disposta aconcedere prestiti solo a chioffre garanzia, la GrameenBank concede piccolesomme (anche soli 25 euro)unicamente ai poveri sullabase di una garanziapersonale per sostenere iprogetti di sviluppo e lasussistenza di migliaia difamiglie. Sull'esempio delleesperienze straniere nel1998 nasce in Italia la BancaEtica, con un missionimportante quella difinanziare soggetti cheoperano nell’ambito delterzo settore, delvolontariato e dellacooperazione internazionalea lungo dipendentiunicamente dall’attivitàbenefica delle fondazioni.

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Il successo della differenziataa nord-ovest di Napoli

I S T I T U Z I O N I

c a m p a n e

GIANFRANCO LUCARIELLO

Eloquenti i dati, la Campania accusa unaforte carenza di impianti sportivi: la mediaricavata da recenti sondaggi e indaginiparticolareggiate, in pratica ha già deter-minato un preoccupante allarme chetuttavia - malgrado la gravità della situa-zione - finora non è stato raccolto da nes-suno. Trenta impianti ogni centomila abitanti,ecco l’indicazione in percentuale chepone la nostra Regione negli ultimissimi

posti in Italia, per quanto riguarda l’im-piantistica sportiva. Nel dettaglio i datipeggiori nei diversi capoluoghi della Cam-pania, riguardano Napoli e la sua provin-cia con otto impianti sportivi ogni cento-mila abitanti. Napoli è all’indice negativoanche nel settore delle palestre: appena32 per ogni 100mila abitanti, dati chefanno rabbrividire e dai quali sonoescluse le altre province della nostra Re-gione, dove ci sono meno impianti spor-tivi, è vero, ma c’è anche una minoredensità di abitanti. Cosa può aver provo-

cato una situazione che non può che de-finirsi drammatica e che preannuncia unfuturo immediato peggiore e più che pre-occupante? In realtà l’impiantistica spor-tiva a tutti i livelli accusa una notevole ri-duzione di finanziamenti dal 2006 adoggi, da parte della Regione che non hapotuto più destinare soldi all’adegua-mento dei vecchi impianti e nemmenoalla costruzione di nuove strutture: in-somma impianti medi e piccoli soprat-tutto sono rimasti quelli di una volta emai rinnovati, e quindi non in linea con i

AMBIENTE & SPORT

La situazione degli impianti sportivi in Regione

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Il dato di fatto che emerge chiaro è che, quandoi cittadini vengono messi nelle condizioni dirispettare le regole, la raccolta differenziata

non solo viene effettuata, ma raggiunge anchepercentuali molto alte. I Comuni dell’area Nord-Ovest della Provincia di Napoli, anche se con ri-sultati diversi, stanno investendo nella raccoltadifferenziata. Si tratta di sei Comuni: Marano, Mu-gnano, Calvizzano, Villaricca, Qualiano e Giu-gliano, In alcuni casi – Mugnano in primis - i risul-tati sono già ottimi. Va considerato, inoltre, che lacomposizione merceologica dei rifiuti campanidimostra che attraverso la differenziata si può ot-tenere una drastica riduzione di materiali da desti-nare a discariche o inceneritori. Altri dati: la per-centuale totale di raccolta differenziata nella Pro-vincia di Napoli supera di poco il 18% (la più vir-tuosa è Salerno con oltre il 40%), a Napoli è del 19%(il minimo di legge indica come soglia il 35%, ndr)e ci sono sette quartieri del capoluogo in cui è parti-ta la raccolta “porta a porta” che superano abbon-dantemente il 60% (a Bagnoli si arriva addiritturaal 91% su 19mila abitanti circa). Numeri che testi-moniano come i cittadini, laddove ce n’è la possi-bilità, facciano il proprio “dovere”. È quanto acca-de anche nell’area Nord-Ovest della Provincia diNapoli. Mugnano è il Comune più virtuoso, ha in-fatti ricevuto lo scorso 16 dicembre da Legambien-te e Conai il premio “Eccellenza nell’emergenzacon un picco di differenziata del 67%. L’obiettivofissato nel piano di raccolta era del 61,7%. Obietti-vo raggiunto e superato a pochi mesi dall’avviodel piano. A Marano, le settimane di emergenza ri-fiuti non sono trascorse certo tranquillamente. Ilsindaco Perrotta ha più volte chiesto la chiusuradella discarica di Chiaiano per incentivare la rac-colta differenziata. Che, però, procede abbastanzaa rilento dopo un’ottima fase di start up (35% tota-le) con tanto di premio da parte di Legambiente.Basti pensare che il sistema di differenziata è parti-to soltanto nel novembre del 2009 e non copre tutte

le zone della città che conta quasi 60mila abitanti.Oltretutto il Comune ha dovuto sciogliere il con-tratto con la società che si occupava della rimozio-ne dei rifiuti. A fine 2010 è stato approvato un do-cumento attraverso il quale si punta a creare un di-stretto modello con Mugnano, sfruttando il ciclovirtuoso dei rifiuti.Diversa la situazione di Qualiano che non ha di-scariche sul territorio, ma è “circondata” da quelledi Villaricca e Giugliano, sette in totale. Ecco per-ché anche a Qualiano l’emergenza rifiuti è statavissuta tutt’altro che tranquillamente. La raccolta differenziata, però, procede bene.L’amministrazione comunale ha disposto la rea-lizzazione di un’isola ecologica per il conferimen-to di rifiuti differenziati. Anche il Comune di Villa-ricca ha la sua isola ecologica. La raccolta porta aporta è attiva da oltre un anno (19%), ma in strada,a distanza di poche centinaia di metri, accade ditrovare sia i contenitori per la differenziata chesacchetti con rifiuti indifferenziati depositati suimarciapiedi.Lo stesso succede a Calvizzano dove, negli ultimigiorni, alcuni cittadini hanno lamentato presunteirregolarità nell’isola ecologica della zona agrico-la di San Pietro. La differenziata è attiva dal 2008 eha toccato quota 25%, presto partirà anche la rac-colta dell’umido. Giugliano, il Comune della Pro-vincia di Napoli che ha la maggiore estensionegeografica, non vive un momento positivo.L’emergenza rifiuti pesa eccome. Ci sono zone periferiche (Licola, Varcaturo) in cuinon è certo difficile imbattersi in cumuli di rifiutiabbandonati in strada. Nell’elenco stilato da Le-gambiente, Giugliano figura al 290esimo postonella classifica regionale di raccolta differenziatacon una percentuale del 14%. L’amministrazionecomunale è corsa ai ripari con un nuovo piano: giàpartita la distribuzione dei kit alle famiglie,l’obiettivo è raggiungere il 20% in un anno.

G.C.

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nuovi criteri che riguardano l’edilizia spor-tiva e che fissano principi fondamentalinella difesa dell’ambiente con l’uso e losfruttamento di energie naturali e rinno-vabili. Oggi come oggi sono difatti po-chissime le strutture all’avanguardia in talsenso. Un dato positivo tuttavia c’è, anche sepiuttosto parziale: può sembrare strano,ma c’è da dire che sotto la spinta degliadeguamenti imposti e dettati dallenuove normative Uefa e della Fifa per icampi di calcetto, in Campania va regi-strato un passo avanti in tal senso per gliimpianti di basket e pallavolo, al di fuori diNapoli che costituisce e rappresenta unvero e proprio caso a sé. Tra l’altro c’è dadire che spesso ristrutturazioni e adegua-

menti degli impianti sportivi vengono ef-fettuati senza il parere del Coni, la casamadre dello sport che per sua costitu-zione e funzione specifica, è chiamata asvolgere su tali impianti un’azione di con-trollo che invece non c’è. C’è da aggiun-gere tra l’altro che la Regione Campaniaapprovò i finanziamenti previsti per il re-cupero degli impianti sportivi di quar-tiere, attraverso la legge 219. Finora perònon si è ancora riunita la Commissioneche dovrà decidere quali comuni do-vranno beneficiare di tali finanziamenti,ragione per la quale in centri come Mari-gliano e Pomigliano d’Arco, esistono im-pianti sportivi all’aperto del tutto abban-donati. A questo punto è probabilmente inutile

attendere ancora finanziamenti chenon arriveranno mai: per risolvere il pro-blema che con il passar del tempo diven-terà sempre più grave, le amministrazionilocali dei vari comuni della Campania fa-ranno meglio ad agire direttamente.Come? Progettando e realizzando degliimpianti sportivi polifunzionali adeguati alloro circondario, strutture che per la lorocostruzione non richiedono l’impiego digrandi capitali. Insomma impianti e palestre a misurad’uomo, dove tutti i praticanti - soprattutto i giovani - potranno sceglieree dedicarsi alle discipline sportivepreferite, senza incidere molto sullecasse istituzionali. D’altronde lo sportè un diritto di tutti.

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GASPARE GALASSO

L’applicazione dei test ecotossicologici allostudio ed alla prevenzione dei danni a cari-co di un determinato comparto ambientale,

rappresenta un traguardo importante delle politichee delle strategie di tutela ambientale. E’ vero che più ingenerale uno studio ecotossicologico rappresenta unprocesso multi-step, che coinvolge l’ingresso, la di-stribuzione ed il destino di inquinanti in un determi-nato ambiente, organismo o ecosistema, fornendoquindi risultati ecologicamente validi ma è vero an-che che soltanto negli ultimi anni tale strategia di in-dagine e di prevenzione si è fatta strada, integrandol’indagine classica basata sull’analisi chimico-fisica emicrobiologica dei corpi idrici. Molteplici studi, in-fatti, hanno fornito evidenze sperimentali al fatto cheil solo approccio chimico-analitico non fornisce glistrumenti sufficienti per definire il rischio ambientaleassociato a una miscela di inquinanti. Il ricorso a saggiecotossicologici consente di valutare da un lato la fra-zione biodisponibile degli inquinanti, dall’altroeventuali fenomeni di sinergia e/o antagonismo trasostanze diverse, con conseguenti effetti deleteri perle popolazioni che abitano quel determinato habitat.Oggi, tali test sono divenuti obblighi di legge e vengo-no applicati sia da enti pubblici deputati alla protezio-ne e controllo ambientale sia da istituti di ricerca e la-boratori privati.Interessante risulta essere il contributo fornito da entigovernativi come l’Agenzia Americana per la Prote-zione Ambientale (US-EPA) e l’Organizzazione Mon-diale per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo(OCSE). Tali enti hanno proposto nel corso degli anni,un’ampia collezione di test e protocolli di rilievo in-ternazionale (test standard), al fine di identificare ecaratterizzare i rischi potenziali di sostanze e prodottichimici immessi in matrici ambientali e nello specifi-co nei corpi idrici. L'importanza di tali saggi ecotossi-cologici è stata evidenziata da tempo (anche in Italiaattraverso gli enti CNR e ARPA si applicano tali test) etrova applicazione in diversi settori: dall'analisi deglieffetti di composti chimici generici sulle acque, alleacque reflue ed ai percolati di discarica, dalle acquesuperficiali a quelle potabili, dai rifiuti tossico-nocivialla bonifica di siti contaminati.L’ applicazione dei test, mediante l’ausilio di organi-smi animali e vegetali acquatici(figg.1-2-3), rappre-senta quindi una strategia scientificamente valida. Irisultati di tali test danno informazioni abbastanzaesaustive per valutare se un dato composto, una mi-scela di composti o un campione d’acqua di scarico

siano tossici e, in caso positivo, per definire il grado ditossicità o i valori di diluizione compatibili con la vitaacquatica. Ma venendo più nello specifico di questitest standard; quali caratteristiche deve possedere untest per essere definito tale?Anzitutto deve essere semplice e di breve durata, ov-vero non deve necessitare di strumentazioni di labo-ratorio sofisticate. Deve poi impiegare organismi ve-getali o animali la cui fisiologia sia nota e facilmenteallevabili; inoltre gli organismi debbono essere sensi-bili ad un ampio range di sostanze chimiche in mododa dare risultati affidabili e rilevanti da un punto di vi-sta ecologico. Infine deve possedere caratteristiche diprecisione ed economicità. I test standard presentanoquindi numerosi vantaggi: risultati uniformi e sem-pre comparabili con qualsiasi laboratorio che abbiautilizzato lo stesso protocollo. Forniscono infine ri-sultati (endpoint test) facilmente “leggibili” da partedi amministratori pubblici e decision makers.

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BIOA

SSAY

SSaggi biologici per la tossicità acquatica

N A T U R A &

biodiversità

FIG 1.

FIG 2.

FIG 3.

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DONATO MARTUCCI

Il consumo di pesce nel mondo è in costanteaumento. Il pescato copre ormai solo il 57%, ilrestante viene coperto dall’acquacoltura o it-

ticoltura, ovvero dagli allevamenti in acque ma-rine o in acque interne. La situazione in Campa-nia è alquanto diversa poichè, a fronte di un forteconsumo pro-capite, il pescato regionale copresolo l’8% del fabbisogno regionale mentre la ri-manente quota risulta in maggioranza d’impor-tazione dai Paesi del fronte mediterraneo, contutti i limiti relativi alla stessa definizione di pe-sce “fresco”. Ma l’acquacoltura, nonostante leforti potenzialità, risulta ancora marginale se sianalizzano la produzione e i consumi. La qualitàdelle acque, le condizioni climatiche, la lunga tra-dizione marinara, la posizione geografica sonotutti elementi che garantirebbero una forteespansione del settore. Purtroppo non è così: oc-correrebbe una forte politica di formazione e in-centivazione che per il momento è solo allo statoembrionale. In Campania è insediato il Criacq(centro di Ricerca interdipartimentale sull’ac-qualcoltura dell’Università Federico II di Napo-li). La “mission” del centro è quella di innovare ilprodotto e di valorizzare il settore interfaccian-dosi con una vasta rete di rapporti a scala interna-zionale. L’itticoltura o acquacoltura è, comun-que, un fenomeno in netta espansione. A Portici,per esempio, c’è un impianto pilota a circuitochiuso per l’allevamento di teleostei marini, cosìcome a Salerno dove si allevano gamberi e mollu-schi bivalvi. Mentre a Piano di Sorrento c’è un im-pianto all’avanguardia con gabbie sommergilioff-shore completo di barca attrezzata per le ri-cerche in acquacoltura. In Campania sono diver-si i centri per l’Acquacoltura: a Giugliano, a Baco-li, a Torre Annunziata, ad Amalfi e a Villa Literno.

Itticolturain Campania

Un settore in piena espansione

Allevamenti di pesci e molluschi sin dall’epoca romanaL’itticoltura e la relativa commercializzazionehanno sempre affascinato l’uomo, sin dall’an-tichità. A Pozzuoli, per esempio, sul Lago Lu-crino (dal latino lucrum, lucro, guadagno, pro-fitto), nell’anno 90 a.C. il senatore romano Ser-gio Orata, divenendo in breve tempo uno deipiù ricchi uomini dell’epoca, intraprese questaattività soprattutto allevando pesci e ostriche.Lo stesso lago, infatti, era in comunicazionecon il mare tramite un canale. Ma sono tutti iCampi flegrei che nella storia sono mutati per ifenomeni geologici ad essere sfruttati per lapiscicoltura, anguillicoltura, ostricoltura e miti-licoltura. Lo sviluppo di queste attività si è tra-sformato con le gestioni che si sono succedu-

te nei secoli. In epoca romana, negli specchid’acqua di Lucrino e Averno vi furono le primacolture, grazie alla costruzione di peschiere epergolati di ostriche. Queste attività termina-rono improvvisamente con l’eruzione vulcani-ca del 1538 e la nascita del Monte Nuovo chesommerse gran parte del Lago Lucrino. Graziea Ferdinando IV di Borbone, nel 1764, si è datoun nuovo impulso alla mitilicoltura e all’ostri-coltura nel lago Fusaro. Poiché la coltivazionedei mitili era in parte incompatibile con quelladelle ostriche cui essi si attaccavano ostaco-landone la crescita naturale, a partire dagli anniVenti, quest’ultima fu spostata nelle acquemarine più favorevoli allo sviluppo delle cozze.

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IL LAVORO DEI MONACI AL SERVIZIO DELLE FUTURE

Vigna di S. Martino: un’oasi SALVATORE ALLINORO

I turisti che raggiungono la città di Napoli dalmare sono accolti da un’ immagine da cartoli-na, l’eremo di Sant’Elmo che domina una diste-sa di alberi e piante verde e fertile. Questo ba-luardo di natura incontaminata è noto come Vi-gna di San Martino. Raggiungere la vigna è diper se una scoperta. L’ingresso è dal Corso Vit-torio Emanuele, al civico 340. Vale a dire a duepassi da un’ arteria di traffico solitamente so-vraffollata di autoveicoli, a cinquanta metri in li-nea d’aria dai caotici Quartieri Spagnoli. Bastainerpicarsi per poche decine di metri e si hal’impressione di aver compiuto un viaggio neltempo, essendo catapultati in un’epoca che

NELLA FOTO A SINISTRA. La vigna di S. Martino

2011: anno internazionale delle foreste

Il patrimonioGIULIA MARTELLI

Dopo il 2010 Anno internazionale dellaBiodiversità le Nazioni Unite hanno di-chiarato il 2011 “Anno internazionale

delle foreste”. Non è semplice riassumere l’im-portanza di questi ecosistemi in poche righe. Ol-tre a fornire l'habitat naturale di molte specieanimali e vegetali contribuendo in maniera si-gnificativa alla tutela della biodiversità, esse so-no indispensabili per la conservazione delle ac-que e del suolo, forniscono legname e altri pro-dotti e infine funzionano come serbatoi di assor-bimento del carbonio mitigando gli effetti deicambiamenti climatici. L’Anno, inaugurato aNew York pochi giorni fa, concorrerà all’operacapillare di sensibilizzazione per la preservazio-ne e l’incremento di ogni tipo di foresta, attraver-so la sinergia di governi, organizzazioni interna-

zionali e realtà della società civile. Eppure, quan-do si pensa alle foreste la mente corre sempre aquelle più grandi e “famose” come ad esempio laForesta Amazzonica, la Foresta nera tedesca oinfine quella siberiana. Tutte troppo lontane danoi. Forse molti ignorano che non è necessariocompiere trasferte chilometriche per perdersinell’atmosfera magica, carica di serenità edenergia che solo il contatto diretto con la naturasa dare. La Campania, infatti, possiede oltre 5400ettari di foreste accessibili, distribuite in aree di-verse dal punto di vista climatico, orografico edecologico, che le caratterizzano offrendo pae-saggi di varia bellezza, ricchi di storia e di diver-sità biologica ed ambientale. Uno studio effet-tuato dall’Università di Napoli “Federico II” Di-partimento di Arboricoltura, Botanica e Patolo-gia Vegetale su incarico del Consorzio per la Ri-cerca Applicata in Agricoltura (reperibile sul sito

boschivo campano

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ERVIZIO DELLE FUTURE GENERAZIONI

ino: un’oasi tra i rumoriprecede la rivoluzione industriale. I sensi sonocolti di sorpresa, i cittadini non sono abituati aprovare taluni stimoli a due passi da casa. La vi-sta è resa calma dal verde delle foglie, suggeri-sce poesie. Il panorama abbraccia per intero ilgolfo di Napoli, si ha come l’impressione che ilVesuvio e la Vigna di San Martino cerchino uncontatto utile a spezzare il continuum di ce-mento che le divide.Nell’aria sono presenti gli odori delle foglie diulivo, dell’erba appena tagliata, gli olii essenzia-li degli agrumi. Anche i rumori della strada sonoabbattuti all’interno dei sette ettari della vigna.Così anche il rumore di una lucertola che si dile-gua nella sua tana diventa percepibile.

Intanto le specie di uccelli che cercanoriparo si librano alte nel cielo e le api cisibilano intorno alla ricerca di nettare.È possibile toccare con mano la delica-tezza di una foglia, capire quanto è co-riaceo un ramo fresco di ulivo, passeg-giare e sentire le scarpe che affondanonel terreno. Strappare un mandarinopuò significare comprendere il vero si-gnificato della parola biologico: in unassaggio l’armonia del gusto si espri-me grazie all’assenza di chimica su-perflua.Per queste ragioni la lungimiranza delsuo attuale proprietario, GiuseppeMorra è stata premiata dal decreto n.851/2010 del Ministero per i Beni Cul-turali che fa della Vigna di San Martinoun Bene monumentale di interessestorico, architettonico e paesaggisti-co.

Una decisione che rende giustizia agliamanti della natura di Napoli, conside-rando che questo squarcio di città è ilprimo che gode di una simile attenzio-ne. La vigna di San Martino è coltivatacon devozione da sei secoli, è la collinadove i monaci “evadevano” periodica-mente secondo la regola del loro fon-datore, san Bruno. Oggi per i proselitidelle scampagnate basta andare sulweb e diventare “amici della Vigna diSan Martino”. Da un anno la proprietàcollabora con il GAS Piedi Per la Terrache accompagna scolaresche e gruppidi adulti a scoprire i segreti della ven-demmia e della raccolta delle olive.Diffondere la cultura della civiltà conta-dina significa spiegare le radici dellanostra civiltà e dare valore al livello diesperienza necessario per fronteggia-re le avversità inaspettate.

internet della Regione Campania) ha evidenzia-to come il patrimonio boschivo delle foreste de-maniali campane sia costituito in massima parteda cedui di querce (leccio, roverella, cerro), ceduimisti (querce, carpini, aceri, frassini), e di casta-gno, quasi sempre invecchiati o in fase di conver-sione all’alto fusto. Iboschi d’alto fusto (fu-staie) sono edificatiprincipalmente da lati-foglie (faggio, cerro, ealtre latifoglie mesofi-le) e da conifere (abete,pino, cipresso, larice edouglasia), queste ulti-me introdotte artifi-cialmente in epoche di-verse. Tra le foreste de-maniali regionali diparticolare rilievo inprovincia di Salerno viè la Cerreta Cognoleche la presenza del barbastello ha reso tra i piùimportanti siti della Campania sotto il profilochirotterologico, in quanto si tratta di una dellespecie di mammiferi più minacciate d’Europa.Sempre vicino Salerno troviamo le Fasce Boscatedi Persano caratterizzate da un’avifauna tra lepiù ricche e diversificate del Mezzogiorno, non-ché, tra i mammiferi, dalla presenza della lontra(l’area geografica interessata ospita di fattol’unica popolazione significativa di questo Mu-stelide in Italia). Spostandoci ad Avellino è pos-sibile visitare la Foresta Mezzana di Monteverdenota per la presenza di rapaci del genere Milvusche si avvistano frequentemente e di una popo-lazione di tartarughe terricole in zona da circa 50anni. Nella provincia beneventana da segnalare,

invece, la Foresta Demaniale del Taburno, costi-tuita da abeti bianchi (di impianto artificiale) efaggi. L’abetina è stata impiantata intorno al1846 dai Borbone come deposito estivo dei ca-valli dell’esercito. Di particolare bellezza è il Pia-no Melaino, una depressione carsica che funge

da inghiottitoio per le acque meteoriche restitui-te alla base del massiccio. Per quanto riguardaNapoli, infine, da segnalare la Foresta di Rocca-rainola con i suoi circa 900 ettari visitabili graziead un’eccellente rete viaria, costituita sia da stra-de asfaltate che da sentieri sterrati, tutti percorri-bili a piedi e in buona parte anche in mountain bi-ke e la Foresta Regionale Area Flegrea e Monte diCuma, tuttora conosciuta con l’originario nomedi Selva Gallinaria a causa della considerevolepresenza nell’antichità della cosiddetta Galli-nella d’acqua (un uccello acquatico dal piumag-gio nero). Da segnalare, in questo sito, la presen-za di percorsi attrezzati per diversamente abiliaccompagnati con tratto predisposto per acces-so agli ipovedenti.

LE FORESTE DELLA CAMPANIA

Cerreta CognoleComuni di Montesano sulla Mar-cellana e Sanza (SA)Superficie: 823 Ha

Fasce Boscate di PersanoLocalità Serre (SA) tra il fiume Se-le ed il CaloreSuperficie: 352 Ha

Foreste di Mandria e CuponiLocalità Mandria e Cuponi comu-ne di Sala Consilina (SA)Superficie: 975 Ha

Foresta di VesoloComune di Sanza (SA)Superficie: 780 Ha

Foresta di CalvelloComune di Campagna (SA)Superficie: 86 Ha

Foresta di RoccarainolaRoccarainola (NA) nord est dalVesuvioSuperficie: 896 Ha

Foresta MezzanaComune di Monteverde (AV) ba-cino fiume OfantoSuperficie: 336 Ha

Foresta del TaburnoComuni di Tocco Caudio, Bonea,Bucciano, Moiano e Montesar-chio (BN)Superficie: 614 Ha

Foresta Regionale Area Flegrea e Monte di CumaLitorale flegreo tra l’acropoli diCuma e la foce del lago Patria (Na)Superficie: 130 Ha

AstroniSuperficie: 253 HaGestita dal WWF e non dallestrutture dell’AmministrazioneForestale Regionale

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