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47 a FIERA REGIONALE agricola enogastronomica commerciale artigianale di ven sab dom lun 14 15 16 17 gennaio 2005 Supplemento a “Lonato in Casa” - Notiziario dell’Amministrazione Comunale - Anno VIII n.33 - Dicembre 2004 PROMODIS ITALIAEDITRICE - Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Brescia MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI REGIONE LOMBARDIA ASSESSORATO ALL’AGRICOLTURA PROVINCIA DI BRESCIA ASSESSORATI AGRICOLTURA ZOOTECNIA E AGRITURISMO CACCIA E PESCA CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI BRESCIA ENTE REGIONALE PER I SERVIZI ALL’AGRICOLTURA E ALLE FORESTE 450 anni ven sab dom lun 14 15 16 17 gennaio 2005

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47a FIERA REGIONALEagricola enogastronomica commerciale artigianale

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450anni ven sab dom lun

14 15 16 17gennaio 2005

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2 Rilancio della Fiera: traguardo raggiunto

4 Appuntamenti per tutti i gusti

6 Programma delle maniferstazioni

10 I concorsi della Fiera di Lonato

14 Sant’Antonio Abate: notizie e curiosità

16 I simboli nell’iconografiadi S. Antonio Abate

20 L’antica statua della basilica di Sant’Antonio

28 I Castelli di Ricetto delle nostre collinemoreniche

34 Gli antichi balconi di Lonato

37 Gli antichi cortili di Lonato

42 Progetto di un museo storicoall’interno della torre civica

46 Valorizzato e reso consultabileun piccolo tesoro del Comune

48 Il Consorzio di bonifica “ Medio Chiese”

54 Nei trionfi della Ferrari,lo zampino di un lonatese

56 Gardalatte: una tra le più importanticooperative italiane

57 L’azienda agricola Battagliapunta sulla “bontà caprina”

58 In vetrina a Londrai prodotti tipici bresciani

60 Le pubbliche Amministrazioni di Lonatodal dopoguerra ad oggi

62 I bambini di Chernobyl…“In Volo per Lonato”

64 Suor Adele: da più di 40 annial servizio del “Paola di Rosa”

65 Mondiali di danza aerobica:al 6° posto una giovane lonatese

66 Basket Aquile: dagli albori alla C2.E quest’anno …

68 La riscoperta di un vino, celebre due secoli fa

71 I proverbi degli agricoltori bresciani

SOMMARIO

47ª FIERA DI LONATO ’05

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Supplemento a“Lonato in Casa - Notiziario dell’Amministrazione Comunale”

Anno VIII - N. 33 - Dicembre 2004

LONATO IN CASA - Notiziario dell’Amministrazione ComunaleDirettore responsabile: Morando Perini

Autorizzazione Tribunale di Brescia n. 5 del 18-2-1997Editore: Promodis Italia, Brescia - Via Zara 66, tel. 030.220261 - Fax 030.225868

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La 47ª edizione della Fiera di Lonato coincidecon la quinta edizione da quando è iniziata la vo-lontà di riscattarla da una condizione di oblìo in cuila si era voluta portare negli anni ’90, con scelte cheoggi possiamo apertamente dire essere state delete-rie per l’interesse culturale ed economico di Lonato.Cambiarne la localizzazione prima e la posizionenel calendariopoi, affidarne lagestione a so-cietà che nullaavevano a chevedere con Lo-nato e le sue tra-dizioni sono sta-te operazionicondotte da per-sone che nullaavevano com-preso delle po-tenzialità che an-cora la nostraFiera di S.Anto-nio poteva e puòesprimere.

Così, a frontedi edizioni fieri-stiche sempre ecomunque co-stose per le casse comunali, si ottennero risultatimediocri, via via sempre peggiori.

Il culmine fu toccato nell’edizione dell’anno 2000allorquando, addirittura, si volle provare a cancella-re anche il simbolo della Fiera di Lonato che avevaresistito fino ad allora alla scure dei censori: le ruo-

te dentate e la spiga dovevano andare in pensione. Chi si ricorda come finì il “concorso nazionale”

bandito nell’occasione? Parecchi lonatesi e non, si cimentarono per rea-

lizzare un nuovo simbolo, ma alla nuova Ammini-strazione Comunale eletta nella primavera del 2000,e che ho l’onore di guidare, sembrò davvero troppo

voler cancellareil simbolo che intutta Brescia eProvincia è rico-nosciuto comequello della Fie-ra di Lonato.

Fu così che lacopertina del nu-mero unico del-l’anno 2001 ven-ne interamentededicata al glo-rioso simbolo,che sarà pur da-tato, ma che tan-ti successi haportato al paese.Il nostro pensie-ro fu poi tradot-to in un timbroposto alla base:

“A NOI PIACE COSÌ”.Ma la sorpresa più bella della Fiera del 2001 fu

quella di scoprire che il simbolo della fiera piaceva,così come era, non solo all’Amministrazione Comu-nale ed al Comitato Fiera, ma anche alla maggio-ranza dei lonatesi e che la fiera stessa la si voleva ri-

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47ª FIERA DI LONATO ’05

RILANCIO DELLA FIERA: TRAGUARDO RAGGIUNTO

L’inaugurazione della Fiera del 2001.

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lanciata, anche se modificata, da parte della cittadi-nanza intera.

Ci mettemmo al lavoro, o meglio, si mise al lavoroil Comitato Fiera fatto da lonatesi appassionati per ilproprio paese. La passione e le idee hanno prodottorisultati e se la Fiera di Lonato è tornata a far parlaredi sé anche i giornali, lo dobbiamo a questo gruppodi persone che ha saputo risollevarne le sorti.

Le aziende espositrici sono tornate ad aver fidu-cia nell’organizzazione (da 4 a 20 gli espositori dimacchine agricole), i ristoratori lonatesi sono torna-ti ad aver fiducia nell’organizzazione (da 4 a 10 letrattorie anche non lonatesi che aderiscono al cir-cuito enogastronomico), i commercianti lonatesipartecipano con un loro spazio espositivo, un grup-po di produttori agricoli lonatesi sono presenti conloro spazi di vendita, le associazioni venatorie par-tecipano con un loro spazio espositivo, due delletre associazioni di categoria degli agricoltori sonopresenti in Fiera con loro esposizioni.

Il risultato è tanto più lusinghiero se si pensa checonvincere certi soggetti ad esporre in Fiera non ècosa facile; non si tratta, infatti, di accettare sempli-cemente una domanda espositiva: occorre dimo-strarsi seri e professionali, così come il ComitatoFiera ha imparato ad essere, e se a ciò si aggiunge lafrequenza annuale della Fiera, si capisce come uncontatto sbagliato non lo si possa facilmente recu-perare. Insomma: “fare la fiera” non è come orga-nizzare il mercato del giovedì.

Vogliamo poi parlare degli eventi cosiddetti col-laterali alla Fiera?

Nello sport si sono organizzati e si svolgono or-mai regolarmente un torneo di calcio giovanile dilivello nazionale, una gara di corsa campestre tra lepiù belle del campionato provinciale, un torneo dibocce zonale.

E delle visite guidate ai monumenti lonatesi? Edel “treno del gusto”?... Vogliamo parlarne?

47ª FIERA DI LONATO ’05

Sono tutti eventi che servono per far crescere ilnome di Lonato e della Fiera. Crescita che non puòche portare effetti positivi per tutta l’economia delpaese.

Sì! Ho detto paese perchè poco mi importa se daqualche anno siamo ufficialmente una “città”: Lo-nato resta il mio paese e non credo che a chiamarlocittà cambino molte cose. Forse alcuni di voi si sonoaccorti di qualche differenza?

Tornando alla Fiera, mi ricordo la tristezza diquando, sul finire degli anni ’90, in programmi fie-ra asfittici si voleva spacciare moneta falsa ed allo-ra si inserivano le partite dei campionati di basket odi calcio delle squadre locali. Sono eventi sportivianche quelli, certo, ma non sono gli eventi sportividella Fiera della “Città di Lonato”.

Se molte cose in questi quattro anni sono cam-biate, a cosa si deve?

Si deve al lavoro serio e proficuo del Comitatofiera e degli Uffici Comunali coinvolti.

Si deve alle idee nuove ed azzeccate che sonostate poste in essere

Si deve a chi tutto questo ha voluto a dispetto del-le Cassandre che in Consiglio Comunale, per oltre 4anni, altro non hanno saputo fare se non suonare il“de profundis” della Fiera. L’ultimo ringraziamentova dunque ai miei assessori tutti ed ai consiglieri dimaggioranza dei gruppi consiliari che con me hannocreduto in questa operazione di rilancio.

Adesso che la fiducia è tornata, è importantissi-mo serrare ancora le fila e non disperdere un patri-monio di lavoro e di conoscenze. La Fiera di Lona-to sta diventando, o meglio, sta cominciando a tor-nare, la vetrina di tutto il paese. Ed un paese si“vende” bene sul mercato se ha una bella vetrinacon cui farlo. Basta ancora poca strada e ce l’avre-mo fatta.

Chi ama Lonato ama la Fiera di Lonato.

Il Sindaco Morando Perini

Anche quest’anno il Comitato Fiera, confortatodagli ottimi risultati conseguiti nelle precedenti edi-zioni, sia in termini di affluenza di pubblico che per

quanto riguarda l’elevato livello qualitativo degliespositori presenti, ha profuso un notevole sforzoper organizzare una manifestazione che possa ri-scuotere, un successo ancora maggiore.

Vogliamo sottolineare l’assoluta identità di in-tenti, la piena armonia e la fattiva collaborazioneche ha caratterizzato l’impegno di tutti i componen-ti del Comitato Fiera, nonostante le molteplici di-versità generazionali e le diverse provenienze pro-fessionali, esistenti al nostro interno.

Ringraziamo della preziosa collaborazione tuttigli Uffici Comunali, in primo luogo l’Ufficio Tecnicoe l’Ufficio Commercio. Un ringraziamento partico-lare va poi rivolto a Rita Jannelli, infaticabile segre-taria dell’Ufficio Fiera e a Mila Scardigno, che stasvolgendo uno stage universitario, nell’ambito delcorso di laurea, presso l’Ufficio Fiera.

La 47ª edizione della Fiera Regionale di Lonatoche si svolgerà dal 14 al 17 gennaio 2005 sarà anco-

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APPUNTAMENTI PER TUTTI I GUSTIa cura del Comitato Fiera

Il Gran Galà di presentazione della Fiera della scorsa edizione.

entra... ascolta... abbandona i tuoi pensierie lasciati andare... distenditi rilassati e liberala mente... chiudi gli occhi e lasciati coccolareda olii essenziali e aromatiche erbe...

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ra patrocinata da: Regione Lombardia - Assessora-to all’Agricoltura, Ente regionale per i servizi all’A-gricoltura e alle Foreste, Provincia di Brescia - As-sessorato Agricoltura e Zootecnia e AssessoratoSport, Caccia, Pesca e Tempo Libero, Camera diCommercio, Industria, Artigianato e Agricoltura, adimostrazione della rilevanza che tale manifesta-zione riveste nel panorama fieristico nazionale.

I visitatori avranno la possibilità di degustare edacquistare prodotti eno-gastronomici di qualitàprovenienti da ogni angolo della nostra penisola edi conoscere le ultime novità in ambito agricolo ecommerciale, a completamento del panoramaespositivo offerto al pubblico che ci auguriamo nu-meroso e competente.

La manifestazione, che offrirà ai visitatori nonpoche sorprese e novità, sarà come sempre comple-tata da una serie di iniziative collaterali di caratteresportivo e culturale di vario genere, attraverso lequali il Comitato organizzatore intende soddisfareil più possibile gli svariati gusti di quanti vorrannoassistere a convegni, concerti, spettacoli e competi-zioni sportive. A tale proposito, vi invitiamo a pren-dere visione del nutrito calendario delle manifesta-

I COMPONENTI DEL COMITATO

Presidente Perini Morando

Vicepresidenti Bollani DavideDossi Luigi

Membri Colletta GiovanniFormenti AndreaMutti GabrielePace MarioPaghera MarioRodella EzioTerraroli FabioZamboni Claudio

47ª FIERA DI LONATO ’05

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zioni che arricchiranno le giornate fieristiche perpoter scegliere ciò che più vi aggrada.

Confidando nella clemenza del tempo, alleatoimprescindibile per la buona riuscita dell’evento, ilComitato Fiera, certo di avere profuso il massimoimpegno per la buona riuscita di questa manifesta-zione a cui ogni cittadino lonatese è particolarmen-te legato, si augura di annoverarvi fra i visitatoridella 47ª Fiera di Lonato.

Lunedi 3 gennaio 200520.30 1ª giornata della III Edizione torneo di Bocce “Gran

Premio Regionale Fiera di Lonato” presso Bar Boccio-dromo “La Passeggiata” di Desenzano in collaborazio-ne con “Bocciofila Desenzano”.

Venerdi 7 gennaio 200520.30 Apertura del circuito enogastronomico “A tutto por-

cello!” presso i nove ristoranti aderenti all’iniziativa. Ilcircuito si chiuderà il giorno 6 febbraio 2005.Gran Galà di Presentazione della 47ª Fiera Regionale diLonato presso Palasport via Regia Antica - Spettacolodi Musica e pattinaggio. Interverranno la Banda Musi-cale Città di Lonato diretta dal maestro Carlo Righettie l’associazione sportiva “Pattinaggio Artistico Gardalago”. Nel corso della serata presentazione del Nume-ro Unico della Fiera e premiazione del concorso lette-rario organizzato in collaborazione con l’Assessoratoall’istruzione del Comune di Lonato. “Destabilizzerà” la serata il gruppo folkloristico di Ba-gnolo Mella “Cara…Mella”.

Sabato 8 gennaio 200515.00 1ª giornata della V Edizione Torneo Nazionale di calcio

categoria esordienti “Fiera di Lonato” presso il camposportivo comunale di viale Roma. Partecipano: Atalanta,Brescia, Chievo, Feralpi Lonato, Montichiari, Vicenza.

Domenica 9 gennaio 20059.00 XXI Edizione corsa podistica non competitiva “Quater

pass a Lunà” presso il parco “La Ghiacciaia” (Zona Lo-nato 2).

14.30 Seconda giornata V Edizione Torneo Nazionale di cal-cio categoria esordienti “Fiera di Lonato” presso ilcampo sportivo comunale di viale Roma.

Venerdì 14 gennaio 200510.00 Apertura 47ª Edizione della Fiera Regionale di Lonato20.30 “Musica e immagini intorno a Sant’Antonio Abate”.

Concerto presso la chiesa di Sant’Antonio Abate dellaCorale san Biagio di Rivoltella con proiezione di dipinticommentati da don Luigi Salvetti.

Sabato 15 gennaio 20059.00 Partenza raduno “Alfa Romeo Storiche” da loca-

lità Perla di Desenzano con arrivo in C.so Garibal-di di Lonato. Mostra statica delle auto parteci-panti. Via Tarello.

9.00 Apertura manifestazioni C.So Garibaldi. Partecipano,tra gli altri: i comitati di frazione di Campagna, S.Ci-priano, Madonna della Scoperta e Centenaro, aziendeagricole lonatesi con prodotti locali, la comunità Exo-dus, gruppo AVIS.

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PROGRAMMA DELLE MANIFESTAZIONI

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9.30 Inaugurazione ufficiale della 47° edizione della FieraRegionale di Lonato alla presenza delle massime auto-rità presso l’ingresso della Fiera in Viale Roma.

10.00 Intervento Itinerante della Banda Musicale “Città diLonato” in campo fiera.

10.00 Inaugurazione Padiglione Espositivo “Qui Lonato”, pa-diglione venatorio con ARCI caccia, ENAL Caccia, FE-DER caccia, LIBERA caccia, padiglioni delle associazioniagricole di categoria e padiglione Protezione Civile“Gruppo di Lonato”.

10.30 Convegno organizzato dall’Associazione Giovani Agri-coltori della Provincia di Brescia (ANGA) dal titolo: ”Laqualità costa ma la salute non ha prezzo: i prodotti ti-pici del basso Garda bresciano”.

Intervengono l’Ass. Regionale all’agricoltura VivianaBeccalossi, l’Ass. Provinciale all’agricoltura Maria StellaGelmini ed il Presidente dell’Unione Provinciale Agri-coltori di Brescia. Francesco Bettoni. Moderatore: dr.Giambattista Lanzani , direttore Giornale di Brescia.

11.00 Inaugurazione della mostra fotografica tematica “LaTorre Civica di Lonato nel corso dei secoli” all’internodella Torre Civica.

15.00 III Edizione torneo di Bocce “Gran Premio RegionaleFiera di Lonato” presso Bar Bocciodromo “La passeg-giata” di Desenzano d/G in collaborazione con “Boc-ciofila Desenzano” - Gare Finali.

15.00 Terza giornata V^ edizione Torneo Nazionale di calciocategoria esordienti “Fiera di Lonato” presso il camposportivo comunale di viale Roma.

15.00 Visite guidate ai monumenti di Lonato su prenotazio-ne presso la Pro Loco organizzate dall’Associazione“La Polada” (orario 15-18).

16.00 Presentazione della pubblicazione per la ricorrenza dei450 anni dalla costruzione della torre civica di Lonato acura dell’associazione “La Polada” e “Pro Loco Lona-to” presso l’aula magna delle scuole medie.

20.30 Concerto “Spiritualità della montagna: brani popola-ri” del coro di canti popolari “Le rocce roche” di Bre-scia, diretto dal Maestro Tura presso la Chiesa diSant’Antonio di Lonato in collaborazione con il Grup-po Missionario Salvatoriano.

22.00 Chiusura Stands.

Domenica 16 gennaio 20059.00 Apertura manifestazioni C.So Garibaldi e tradizionale

Mercantico di Lonato - Edizione di S.Antonio.

9.00 Apertura Stands.

9.00 Corse mattuttine II Edizione Treno Storico del Gusto,viaggio in carrozza in vettura d’epoca con locomotivavapore sulla tratta Lonato-Peschiera .

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10.00 Visite guidate ai monumenti di Lonato su prenotazio-ne presso la Pro Loco organizzate dall’Associazione“La Polada” (orario 10-12).

10.00 Gara ed esibizione di automodellismo in collaborazio-ne con Model Collection presso gli spazi esterni del Pa-lasport di Via Regia Antica.

10.00 Convegno organizzato da Confederazione ItalianaAgricoltori della Provincia di Brescia dal titolo: ”Valuta-zioni sulla nuova politica agricola comunitaria (PAC) ele eventuali ripercussioni nell’agricoltura lombarda”.Intervengono il Presidente regionale Mario Lanzi.

10.00 V Edizione corsa podistica competitiva “Cross alla Roc-ca” presso la Rocca Viscontea di Lonato in collabora-zione con Atletica Lem di Lonato.

10.30 Intervento Itinerante della Banda Musicale “Città diLonato”.

14.00 Corse pomeridiane II Edizione Treno Storico del Gusto,viaggio in carrozza in vettura d’epoca con locomotivaa vapore la tratta Lonato-Peschiera.

14.30 III Edizione “Albero della Cuccagna” presso il piazzaledelle Scuole Elementari in via Marchesino.

14.30 Finali V edizione Torneo Nazionale di calcio categoriaesordienti “Fiera di Lonato” presso il campo sportivocomunale di viale Roma.

15.00 Visite guidate ai monumenti di Lonato su prenotazio-ne presso la Pro Loco organizzate dall’Associazione“La Polada” (orario 15-18).

22.00 Chiusura Stands e manifestazioni C.so Garibaldi.

Lunedì 17 gennaio 20059.00 S. Messa presso la Chiesa di Sant’Antonio Abate, Pa-

trono della Fiera celebrata da don Gianni Guandalini,parroco di Lonato.

9.00 Apertura Stands.

10.00 Benedizione dei trattori presso la Chiesa di S. AntonioAbate e successiva sfilata attraverso le vie del paese.

15.00 Tradizionale Benedizione degli Animali presso il sagra-to della chiesa di Sant’Antonio e premiazioni presso ilquartiera Cittadella.

16.00 Premiazione e degustazione dei Chisol e delle Tortepartecipanti al concorso “Sant’Antone chisoler” pres-so il quartiere Cittadella in collaborazione con il grup-po Alpini A.N.A. sezione di Lonato.

20.30 Convegno organizzato dall’Associazione Artigiani del-la Provincia di Brescia sul tema: “Artigianato: una ri-sorsa per la crescita dell’economia provinciale e le pro-spettive del futuro” presso l’Aula Magna delle ScuoleMedie. Partecipano il presidente provinciale EnricoMattinzoli.

22.00 Chiusura Stands e 47ª Edizione Fiera Regionale di Lo-nato.

Sabato 22 gennaio 200520.30 XI Manifestazione internazionale di pugilato presso Pa-

lasport in Via Regia Antica in collaborazione con BoxeLumezzane F.B.S.

47ª FIERA DI LONATO ’05

Lo scorso anno, nell’ambito delle manifestazionifieristiche, è stato organizzato un Concorso di dise-gno e grafica per alunni delle classi del 2° ciclo del-la scuola elementare (3ª, 4ª e 5ª) e le classi dellascuola media del Comune di Lonato.

Il tema era mirato sulla figura del Santo patronodella Fiera: Sant’Antonio abate.

Più precisamente la consegna era:

Crea la copertina di uno dei seguentipossibili libri:

• La vita di Sant’Antonio abate.

• Sant’Antonio abate patrono della Fiera diLonato.

• Le tradizioni legate a Sant’Antonio abate.

La partecipazione, favorita dall’indispensabilecollaborazione degli insegnanti dell’Istituto Scola-stico Comprensivo di Lonato e dell’Istituto “Paoladi Rosa”, è stata più che soddisfacente; chi ha visi-tato la mostra dei lavori esposti durante i giorni del-la Fiera nella chiesa di Sant’Antonio ha potuto ve-dere quanti bei lavori e quanto impegno hanno di-mostrato tutti i partecipanti.

La giuria nominata dal “Comitato fiera”, compo-sta da Lucia Faricciotti, Andrea Formenti, Maria Gi-relli, Maria Massioli e Fabio Terraroli, ha esaminatogli ottanta lavori presentati e, non senza difficoltà,ha scelto per le premiazioni i seguenti elaborati:

Primo premio pari me-rito alle classi 3ª B, 3ª E e4ª C della Scuola elemen-tare “don Milani”. È statapremiata anche la Classe3ª della Scuola elementa-re “Buonarroti” di Esentache ha ricevuto tre segna-lazioni per lavori moltomeritevoli ma purtroppomancanti di qualche re-quisito (tipo il titolo del li-bro).

Per la scuola seconda-ria inferiore hanno rice-vuto il primo premio IbraKamarà, della Scuola Me-dia Statale e i due gruppi

composti da Giovanni Rizzonelli, Alberto Veronesie Stefano Gandini dell’Istituto “Paola di Rosa” e Pa-sini, Simoncelli, Agostini e Tonghini sempre dellostesso Istituto.

La sera del 15 gennaio 2004, prima dello spetta-colo Antonio il grande, gli alunni premiati, insiemecon i rispettivi insegnanti, hanno ricevuto i premiconsistenti in 200 euro per ciascuna classe vincentedelle elementari. Alla classe segnalata tre volte èstato assegnato un premio di 100 euro.

Ciascuno degli otto alunni vincenti delle medieha ricevuto invece una confezione di materiali varidi disegno più biglietti omaggio del Cinema Italia edel Treno del gusto.

Tutti i partecipanti hanno ricevuto il diploma dipartecipazione.

Il concorso di quest’anno “Cibi e ricette della tra-dizione popolare locale” è invece ispirato al temadella gastronomia (argomento largamente affrontatodalla Fiera negli ultimi anni) e delle tradizioni culi-narie popolari.

Gli elaborati non sono disegni ma testi scritti cheraccontano un’esperienza da parte dei ragazzi con lacucina tradizionale locale oppure una ricerca tra gliadulti, un’esperienza diretta, l’incontro con qualchepersonaggio.

Al concorso partecipano classi, gruppi o singolialunni; il testo può essere in forma di relazione, di in-chiesta giornalistica composta da brevi pezzi o dicomponimento classico con la possibilità di inserireillustrazioni.

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47ª FIERA DI LONATO ’05

I CONCORSI DELLA FIERA DI LONATO DEL 2004E QUELLI NUOVI DEL 2005

di FABIO TERRAROLI

L’Attestatoche certificala partecipazione al Concorsodi disegnoe grafica.

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47ª FIERA DI LONATO ’05

Scuolaelementare“Buonarroti”di EsentaClasse 3ª

Scuolaelementare“Don Milani”di LonatoClasse 4ª C

Scuola MediaStataledi LonatoIbraKamarà

Scuola MediaStataledi LonatoAnnaBertoletti

Scuole MedieIstituto“Paolo di Rosa”Pasini

Scuole MedieIstituto“Paolo di Rosa”Pasini

Scuola MediaStataledi LonatoSaraSartori

Scuola Media Statale di LonatoMichel Bertoletti

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PROGETTO DI NUOVO INSEDIAMENTOABITATIVO - COMMERCIALE

IN VIA REGIA ANTICA A LONATO,AREA “EX DROMOKART”

47ª FIERA DI LONATO ’05

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Qualche notizia sulla vita del Santo,sull’iconografia, sulle tradizioni e sullachiesa a lui dedicata dai Lonatesi.

La vocazione di AntonioNato presso Koma in Egitto nel 251 e orfano pri-

ma dei vent’anni, seguì alla lettera il brano evange-lico che dice: “Và, vendi i tuoi beni e dàlli ai pove-ri”. Antonio regalò i suoi possedimenti ai concitta-dini, distribuendo ai poveri il ricavato della venditadegli altri beni mobili e si unì agli anacoreti che aquel tempo non conoscevano ancora luoghi remotie abitavano vicino alle loro città, impegnati in prati-che spirituali.

Via via, Antonio si spostò a vivere in una tombasul fianco di una montagna, in un castello abbando-nato; poi, quando troppi lo venivano a cercare,trovò rifugio sui monti presso il Mar Rosso. Intornoa lui si raccoglievano sempre più altri eremiti edegli li guidava come padre spirituale, come abate,senza dar loro alcuna regola, ma solo consigli con-creti, caso per caso. La solitudine venne interrottada due viaggi ad Alessandria: il primo, per assisterenelle prigioni i condannati a morte; durante la per-secuzione del 311, il secondo, per polemizzare con-tro gli ariani.

Atanasio, scrive La vita di AntonioIl patriarca di Alessandria, Atanasio, scrive La Vi-

ta di Antonio pochi anni dopo la sua morte (avvenu-ta a 105 anni, secondo la tradizione). La piccola ope-ra (un centinaio di pagine a stampa, oggi) ha una di-vulgazione e un effetto enormi. Tradotta subito dalgreco in latino, sarà letta da generazioni di fedeli,dando inizio a un ampio “filone” di biografie mo-nastiche; e soprattutto servirà da guida spirituale aimonaci, per secoli. Questo è stato infatti il primoscopo di Atanasio: scrivere per coloro che cercanouna via spirituale.

Le tentazioni di sant’AntonioNella Vita di Antonio hanno gran posto le prove

di ogni genere, le famosissime tentazioni disant’Antonio, minutamente descritte: da quelle del-la nostalgia, tipiche della giovinezza, a quelle ses-suali, o le insidiose della fama, della ricchezza, delpotere.

Volantino del 1910 relativo alla Fiera di S. Antonio abate.

L’autore ci mostra Antonio ripetutamente aggre-dito da torme di demoni, che lo picchiano selvag-giamente nell’antica tomba sulla montagna. Curatele ferite, ecco il monaco di fronte a un nuovo assal-to, con i demoni che “facevano tremare tutto col lo-ro frastuono; sfondarono le quattro pareti e si preci-pitarono, trasfigurati in forma di belve e di serpen-ti; il luogo brulicava di fantasmi di orsi e di leoni, dileopardi, di tori, di scorpioni...”. Da questi raccontila fantasia di pittori e scrittori ha tratto più tardiispirazione, per numerosissime opere rimaste nellastoria dell’arte per la diversità di interpretazione,per la curiosità delle rappresentazioni, a volte di-vertenti, altre angosciose, spesso inquietanti.

La tentazione non è una cosadel passato

Antonio non capitola davanti ai “mostri”; non silascia distruggere. Riesce a liberarsi completamentedei serpenti e delle belve che sono dentro l’uomo.Quest’antica letteratura monastica non è dunqueuna gara del fantasioso e dello stravagante: Antonioha imparato, e poi insegna, che il Nemico fugge via

SANT’ANTONIO ABATEdi FABIO TERRAROLI

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non appena si scontra con l’umiltà, la sincerità, lacarità fraterna, la preghiera.

Antonio lotta contro i demoni rannicchiati nel-l’uomo, i mostri diabolici che noi abbiamo vistoapertamente scatenati non in un deserto remoto, manel cuore dell’Occidente del XX secolo, nei lager na-zisti, nella Cambogia di Pole Pot, nelle tragiche “pu-lizie etniche” della Bosnia e del Ruanda, nei terrori-sti spietati, nei trafficanti di droga che seminanomorte tra i giovani, ovunque c’è disprezzo per la di-gnità umana e per l’amore.

Il genio, l’occhio del poeta e più ancora quellodel santo, riesce a scoprire le autentiche e oscureforze che portano la morte e la vita.

Dopo la morte di AntonioGiunto poi il 17 gennaio del 356, Antonio annun-

ciò la sua prossima morte; donò le sue povere vestiagli amici più cari e si fece promettere dai suoi duediscepoli di non rivelare a nessuno il luogo della se-poltura al fine di evitare onori postumi; poi conse-gnò la sua anima a Dio.

Atanasio, che fu suo discepolo, racconta che An-tonio aveva allora 105 anni; giunse alla morte con lavista intatta e i denti ancora sani.

I suoi resti furono trovati nel 561 e portati adAlessandria d’Egitto e successivamente a Costanti-nopoli. Durante le crociate le reliquie di Sant’Anto-

nio abate vennero portate in Francia a La MotteSaint Didier che divenne da allora Saint Antoinel’Abbaye en Dauphinè.

Da qui partì il culto di Sant’Antonio abate che sidiffuse anche in tutta Europa.

Proverbi e detti localiSant’Antóne negosiànt de néff.Sant’Antonio negoziante di neve (viene a vendere… neve).

Sant’Antóne dè la bàrb biànca fim troà chèl ché mé mànca.Sant’Antonio dalla barba bianca fatemi trovare quel che mi manca (invocazione per trovare qualcosa che è andato perso).

Sant’Antóne la gràn fréddüra, San Lórèns la gràn calura, l’öna e l’altra pòc le düra.Sant’Antonio il grande freddo, San Lorenzo il grande caldo, l’uno e l’altro durano poco.

Sant’Antóne, se nó piöff, la néff nó mànca.Sant’Antonio, se non piove la neve non manca.

A Sant’Antóne dò ùre bùne.A Sant’Antonio due ore buone (di luce in più al giorno; forse è un po’ abbondante!).

Sant’Antóne pórselér.Sant’Antonio porcellaio, norcino (riferito al periodo buono per… produrre salami!).

Sant’Antóne chisolér.Sant’Antonio... dei chisöi (riferito al periodo più tipico per fare la focaccia tradizionale).

Te sé come ’l porsèl de Sant’Antóne. Sei come il porcello di Sant’Antonio (riferito a colui che non sta mai fermo o che accettal’offerta da tutti come facevano i maiali di Sant’Antonio che girovagavano nei villaggi).

Anticaxilografiacon l’immaginetradizionaledel Santoe un infermocolpito dalFuocodi S. Antonio.

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Nell’iconografia sacra Sant’AntonioAbate appare come un vecchio canuto,col saio, il bastone, il fuoco, il porco edaltri elementi. Quale significato hannoquesti vari elementi?

Il saioQuasi sempre Sant’Antonio è raffi-gurato con l’abito monacale. Il saio èl’abito del monaco. Molto probabil-mente però Sant’Antonio non ha maiindossato l’abito monacale così comelo intendiamo oggi. Atanasio diceche Antonio vestiva abiti confeziona-ti con pelli di animali. In ogni caso ilsaio ci ricorda che Sant’Antonio èdetto Padre dei monaci per la grande

influenza manifestata sulla nascita e sullo sviluppodel monachesimo.

Il bastone d’eremita e il TauIl bastone si presenta nella formaclassica di sostegno per i viandanti egli anziani.Più tardi prende spesso la forma di

un Tau, la "crux commissa" degli Egi-ziani, che al tau attribuivano ancheun valore simbolico quale segno del-la vita futura.Il tau fu adottato come emblema del-l’Ordine ospedaliero di S. Antonio

fra il 1160 e il 1180, forse anche in memoria dellestampelle che caratterizzavano i malati curati daquesti monaci.In altri casi il Tau si trova applicato come un distin-tivo sull’abito del santo. In altri casi ancora il Tau di-venta una croce tradizionale.

Il porcelloIl porco che spesso accompagna ilsanto è da molti interpretato co-me simbolo del Demonio controil quale Antonio ha combattutotutta la vita conseguendo nume-rose vittorie.

Qualcuno associa invece l’immagine del porcello alprivilegio riservato ai monaci di S. Antonio di alle-vare porci il cui lardo veniva usato come medica-mento contro il cosiddetto "fuoco di S. Antonio".Questi animali, detti porci di S. Antonio, potevanovagare liberamente nei villaggi e raccogliere cibodalla popolazione che ne aveva grande rispetto. Era-no contraddistinti da una campanella al collo che,guarda caso divenne un altro simbolo del Santo.

In diversi dipinti tra i più antichi, ai piedi delsanto non si vede un maialino ma un cinghiale.

Un’altra interessante ipotesi è che i Celti conver-

I SIMBOLI CHE ACCOMPAGNANO SANT’ANTONIO ABATEdi FABIO TERRAROLI

Il fuoco di Sant’AntonioL’ergotismo, comunemente detto "fuoco diSant’Antonio" o ignis sacer, era una terribilemalattia dovuta ad un avvelenamento da uncereale infestato da un parassita (segale cor-nuta) che si manifestava con intensi brucioriagli arti sino a cancrena (disfacimento dei tes-suti) degli stessi e portava prima o poi ad am-putazioni anche spontanee.La scienza, incapace di scoprire le vere causedel fuoco di Sant’Antonio, non conosceva al-cun rimedio.Nel Medioevo vi furono epidemie gravissimein tutta Europa, specialmente in Francia e inGermania; di qui il bisogno di ricorrere al sol-lievo religioso.Nella chiesa dove si trovavano le reliquie disant’Antonio Abate erano guariti alcuni pa-zienti affetti da fuoco sacro dopo aver prega-to sulla sua tomba. Sorse allora l’Ordine ospe-daliero dei monaci di S. Antonio (o Antoniani)e un ospedale per curare questi malati.Nel XIV secolo le epidemie del fuoco diSant’Antonio diminuirono d’intensità per poiscomparire quasi del tutto quando fu chiara lavera causa e il modo di evitarla.Con il progressivo diminuire dei casi di ergoti-smo, il termine di Fuoco di Sant’Antonio oIgnis sacer venne progressivamente usato perle malattie quali l’Herpes zoster e per malattiedella pelle.

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titi al cristianesimo abbiano trasferito gli attributi diLug, una loro divinità cui era associato il simbolodel cinghiale, sul santo Antonio, le cui reliquie era-no proprio giunte nella loro terra.

La campanellaAbbiamo già detto dell’origine della campanella

appesa al collo dei porci dei monaci antoniani.Molto spesso, nell’iconografia, la campanella è

attaccata al bastone del santo, forse in memoria delsuono di campanelli che annunciavano di lontanol’arrivo dei questuanti dell’ordine antoniano.

La fiammaIl fuoco è a volte rappresentato comeuna fiamma sostenuta sul palmo diuna mano del Santo (come nell’affre-sco ora illeggibile della chiesa diSant’Antonio abate di Lonato) oppu-re come un falò acceso ai suoi piedi.Esso probabilmente rappresenta le

fiamme infernali e, per associazione, il demoniosconfitto da Sant’Antonio.Le fiamme possono ricordare anche il "fuoco diSant’Antonio" o ignis sacer, la terribile malattia cu-rata dai monaci antoniani nel Medioevo.

Il libroS.Antonio abate viene alcune volte rappresentatomentre legge un grosso libro oppure lo tiene sotto-braccio. Il libro rappresenta le Sacre Scritture cuiSant’Antonio volle essere sempre fedele. È curiosoricordare che Sant’Antonio non sapeva leggere (peruna scelta dei suoi genitori) ma, come frequente nel-l’antichità, sapeva ricordare perfettamente a memo-ria i testi che gli stavano a cuore.

Gli animali della fattoriaSulle immaginette religiose, intorno a Sant’Antonio,oltre al maiale sono raffigurati anche altri animaliquali il cavallo la mucca e altri animali da cortile. Ciricordano che il Santo è considerato il protettore de-gli animali.

La mitriaCopricapo tipico di vescovi e altreautorità religiose che nel caso diSant’Antonio rimanda all’appellativodi Abate e Padre dei monaci.Per un equivoca trasposizione in al-cuni casi il bastone è diventato un pa-storale da vescovo.

Preghieraa Sant’Antonio abateper la protezionedegli animali

Signore ti supplico, per intercessione di

Sant’Antonio abate, abbi pietà degli uomini

che, per ignoranza, maltrattano gli animali.

Insegna loro ad amarli come tue creature.

Signore, abbi pietà degli animali domestici,

che molto spesso sono esposti, senza difesa

alcuna, alla indifferenza e alla crudeltà

umana. Non li lasciare soli con le loro pene.

Signore Dio, abbi pietà degli animali come il

leone, la tigre, la scimmia, l’elefante e le altre

specie che sono catturate per essere segregate

nei circhi e negli zoo. Dai a tutti loro un

rifugio sicuro nel loro ambiente naturale.

Signore, abbi pietà degli animali di fattoria

che vengono cresciuti in condizioni inadatte,

così come quelli che vengono macellati con

crudeltà. Accoglili con il loro dolore.

Signore, abbi pietà degli animali di

laboratorio. Fa che non subiscano esperimenti

inutili e crudeli e salvali dalle sofferenze.

Signore, tu che infondesti in Sant’Antonio

abate un grande amore per gli uomini e il

rispetto degli animali, abbi pietà di tutti gli

animali che soffrono e donaci una società più

giusta fondata sull’amore e sulla pace per tutti

i viventi.

Amen.

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Quale Sant’Antonio?Ancora oggi qualcuno fa confusione fra S. Antonio abate e S. Antonio da Padova (il santo del giglio).Il calendario liturgico festeggia il 17 gennaio S. Antonio abate ed il 13 giugno S. Antonio da Padova.Questi due omonimi in realtà vissero a quasi mille anni di distanza e provenivano da paesi diversi: il primo eraegiziano, il secondo portoghese.

Quanti nomi!Sant’Antonio è conosciuto con diversi appellativi. I più conosciuti sono: Sant’Antonio l’egiziano perché in Egit-to nacque e trascorse la sua vita; Sant’Antonio del deserto perché nel deserto si ritirò per seguire l’esempio diCristo; Sant’Antonio il Grande per l’enorme influenza della sua ascetica, per la carità nell’amore del prossimo eper la forza dimostrata nelle tentazioni del demonio; ma il nome che più lo identifica è Sant’Antonio abate.Abate viene da Abba che significa Padre; Antonio è considerato il Padre dei monaci.

Sant’Antonio abate nell’iconografia e nell’arteTavole, quadri, statue, stampe e incisioni, icone a non finire per ritrarre Sant’Antonio abate nel suo tipico aspet-to di monaco Padre dei monaci spesso accompagnato dal maialino o dal cinghiale, o durante le “famose” ten-tazioni, o insieme ad altri santi che attorniano la Madonna in splendide pale d’altare.Impossibile citare tutti gli artisti che hanno ritratto Sant’Antonio abate. Tra i più famosi ricordiamo GiovanniBellini, Hieronymus Bosch, Pieter Bruegel, Vittore Carpaccio, Paul Cezanne, Annibale Carracci, Salvador DalìAlbrecht Durer, Francisco Goya, Lorenzo Lotto, Filippo Lippi, Masaccio, Andrea Mantegna, il Moretto, Pisanel-lo, il Pontormo, il Sassetta, Tiziano Vecellio, Girolamo Savoldo, Lorenzo Veneziano, Giambattista Tiepolo,Diego Velazquez, il Veronese, Jean Antoine Watteau.Il Sant’Antonio abate protettore degli animali è raffigurato quasi esclusivamente nelle stampe religiose tipo i"santini" o piccoli bassorilievi solitamente appesi nelle stalle.

Sant’Antonio ti prego per...Sant’Antonio è tradizionalmente invocato:❍ contro il fuoco di Sant’Antonio, la peste, lo scorbuto l’Herpes zoster, malattie simili e malattie della pelle;❍ contro gli incendi e il fuoco dell’inferno;❍ contro le epizoozie (epidemie tra gli animali) e le epidemie che decimano i soldati.

Sant’Antonio patrono della Fiera di Lonato e di...Sant’Antonio è tradizionalmente considerato protettore degli animali, dell’agricoltura e dell’allevamentodegli animali.È invocato quale patrono da:❍ abati perché riconosciuto come ispiratore e capostipite del monachesimo;❍ guantai, tessitori e tosatori perché guarisce dalle malattie della pelle;❍ macellai, salumieri e mercanti di porci per ... affetto verso il maialino;❍ cestai, panierai e impagliatori perché anche lui intrecciava ceste e tappeti nel deserto come lavoro

manuale;❍ inumatori e becchini si fan forti del fatto che Antonio curò la sepoltura dell’eremita Paolo.

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L’ANTICA STATUA DELLA CHIESA DI S. ANTONIOdI FABIO TERRAROLI

Un piccolo tesoro sconosciutoSono ormai più di trent’anni che l’antica statua di

Sant’Antonio Abate non è più esposta nella nicchiadietro l’altare della chiesa omonima a Lonato. Abbia-mo buoni motivi per ritenere che questa bella scultu-ra in legno abbia la stessa età della Chiesa diSant’Antonio abate che è, a sua volta, tra le più vetu-ste di Lonato.

Da molto tempo ormai mi interesso di questachiesa e raccolgo notizie sulla sua storia per motiva-re e tenere vivo l’interesse alla sua conservazione.

La statua di Sant’Antonio in particolare mi hasempre affascinato per l’aspettoantico, nobile e carico di signifi-cato artistico oltre che devozio-nale. E così, raccogliendo docu-menti qua e là, per “diletto”, homesso insieme una quantità no-tevole di notizie che, se pure an-cora incomplete, ho faticato nonpoco a condensare in quello chesegue.

A integrazione del testo hopreparato il disegno delle scrittemisteriose e quello della statuaosservata da tre punti di vista.

Questa scultura lignea raffi-gura un grande santo, tanto ve-nerato dai Lonatesi del XV secoloda dedicargli una chiesa apposi-ta. La figura rappresentata è stataquindi oggetto di devozione permoltissimi anni; intorno ad essaè nata una Fiera la cui origine siperde nei secoli, e ancora oggi èpiù viva che mai.

Purtroppo, i tempi sono cambiati e da alcune de-cine di anni la statua ed altri oggetti che arricchivanola chiesa sono stati portati in luoghi più sicuri.

Perciò molte persone non hanno mai avuto occa-sione di vedere la scultura nella sua collocazione ori-ginaria né in quella di sicurezza attuale presso la Ba-silica. Altri l’hanno invece dimenticata. Al posto del-la statua originale al momento c’è una statuetta mo-derna, ma l’affetto dei Lonatesi per il Santo e per lasua chiesa è ancora intenso, come dimostra la grandepartecipazione all’annuale benedizione degli anima-li e il sostegno per la conservazione della chiesa.

La statua merita dunque la nostra attenzione; ri-cordiamo che di essa si occupò largamente JacopoAttilio Cenedella, lo storico lonatese dell’800 fonte

ricchissima di notizie. Il Cenedella raccontò di qual-che manomissione subita dalla statua nel 1854; so-prattutto, dedicò molte pagine riguardo ad alcunipiccoli simboli misteriosi decorati sugli stolini del co-pricapo visibili sul retro della scultura.

Nel 1975 la statua fu oggetto di interesse ancheper lo studioso d’arte Gaetano Panazza, già Presi-dente della Fondazione Ugo da Como, forse il piùprofondo conoscitore ed esperto del patrimonio arti-stico di Brescia e provincia. Sappiamo che in queglianni la scultura fu oggetto di un importante restauroper il quale fu portata a Roma per un paio d’anni.Subì un incidente circa dieci anni fa e fu oggetto di

un altro intervento di riparazio-ne; nel 2004 le è stato restituitoun accessorio che risultava smar-rito.

Il cultodi Sant’Antonio Abate

La popolarità di Antonio, chenacque e visse in Egitto, crebbemolto grazie alla diffusione dellasua biografia scritta da Atanasiopochi anni dopo la sua morte, av-venuta nel 356. Vita di Antonio fuun bestseller dell’antichità, nono-stante i libri fossero ancora tra-scritti manualmente. Divenne laguida, il testo fondamentale delMonachesimo e la devozione alSanto si diffuse sia in Oriente chein Occidente.

Il culto per Sant’Antonio aba-te ebbe poi un nuovo grande impulso in Francia,quando intorno all’anno 1070 vi portarono le suespoglie.

I suoi resti, trovati nel 561 e portati ad Alessandriad’Egitto e successivamente a Costantinopoli, duran-te le crociate vennero trasferiti in Francia, a La MotteSaint Didier, che divenne da allora Saint Antoine l’Ab-baye en Dauphinè.

Da quel momento e da quel luogo si moltiplicò ilculto per Sant’Antonio abate che, già molto cono-sciuto in Oriente, divenne uno dei santi più veneratidella devozione popolare anche in tutta Europa.

In Italia il forte incremento al culto per Sant’Anto-nio abate si deve ai pellegrini francesi e iberici che sidirigevano verso i santuari della fede cristiana, lungopercorsi costellati di luoghi di spiritualità e di ospizi.

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due lunghi stolini che terminano a metà schiena. Sul-le estremità inferiori, decorate in rosso, si notano duepiccole frange, sopra le quali sono dipinte due picco-le bande con le strane iscrizioni di cui si è occupatodiffusamente il Cenedella; sopra di esse sono dipintedue croci rinforzate.

Nella mano sinistra il Santo tiene il bastone pasto-rale al quale è appeso un piccolo campanello e nellamano destra regge un libro.

L’aspetto del santo è severo ma dolce; un vecchiodalla lunga barba bianca.

Vista lateralmente, la statua ha un profilo moltocontenuto, come fosse stata scolpita in un blocco dilegno piuttosto ridotto rispetto alla profondità. Se vi-sta di fronte invece, nonostante l’aspetto ieratico e so-lenne, denota un leggero inarcamento del corpo ver-so destra che toglie rigidità alla figura e, insieme albel viso austero e al notevole drappeggio, rende la

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I due grandi itinerari provenienti dalla Francia eranola via Francigena, che si dirigeva a Roma, centro del-la cristianità, e la via Gallica (detta anche via Palma-ria o itinerario burdigalese, da Bordeaux), che rag-giungeva invece i luoghi santi di Gerusalemme. E,come si sa, la via Gallica passava proprio da Lonato.

Un’opinione autorevoleGaetano Panazza nel 1975 sui Commentari dell’A-

teneo di Brescia espose un suo breve ma autorevolegiudizio critico sulla nobile statua lignea policroma diS. Antonio Abate che adornava la chiesa di S. Antonio eraccontò del restauro che aveva seguito personal-mente in qualità di consigliere della FondazioneUgo da Como.

Le parole dello studioso rendono più comprensi-bile ciò che vediamo nelle immagini:

La statua lonatese è in legno di pioppo, e quindi dellenostre zone, ed è un ottimoesemplare di plastica dei primidecenni del sec. XV, dove le so-brie forme del primo Rinasci-mento non impediscono di con-servare ancora stilemi e partico-lari goticheggianti come l’allun-gato modulo della figura e la fal-cata piega del mantello.

Composta è la severa figura,ben modellata e adorna di unapreziosa cromia.

Questa descrizione peròPanazza la poté fare solo do-po il restauro; prima dell’in-tervento l’aspetto della scul-tura era molto diverso: lastatua era ormai polverizzata,sfarinata dal tarlo, ma da essasi erano staccati ben 6 pezzi (ledue mani, la parte alta del pa-storale col campanello, il volu-me che teneva nella destra, ecc.)e la policromia era pressoché in-visibile.

Breve descrizionedella statua

È una scultura policromain legno massiccio e piutto-sto pesante alta 108 cm.

Rappresenta Sant’Anto-nio Abate in abito monacale,con la mitra in testa (il copri-capo tipico dei vescovi e de-gli abati). Dalla parte poste-riore della mitra pendono

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scultura gradevole all’aspetto e pregevole per la fat-tura. Come effetto di questa curvatura del corpo, ilginocchio destro è flesso e leggermente sporgente, ilbraccio destro poggia sul bastone e, all’altezza delpetto sorregge un libro che accostato al corpo, è lì peressere messo in mostra. Stranamente, dal margine in-feriore della tonaca non si vedono fuoriuscire i piedi,anche se si intuisce qualcosa dalla forma di quel cheresta del vecchio piedistallo.

Non mi dilungo sull’iconografia tipica diSant’Antonio abate; ne ho scritto in un altro articolodi questa pubblicazione. Faccio notare che la scultu-ra è caratterizzata da pochi simboli: l’abito monacale,la mitra, il libro, il bastone con un campanello tantopiccolo da sfuggire all’attenzione dei più. Sant’Anto-nio non è, insomma, immediatamente identificabile esi può essere facilmente tratti in inganno. Vienespontaneo osservare che con il maialino, per esem-pio, o un cinghiale vicino non ci sarebbero dubbi sul-l’identificazione del santo.

La spiegazione sulla scarsa riconoscibilità è dovu-ta al fatto che la statua è molto antica e la raffigura-zione fissata nell’iconografia che meglio conosciamoè maturata solo successivamente alla nostra scultura.

Seicento anni di vitalasciano il segno

Ad un esame ravvicinato, risulta subito evidenteche tutta la superficie è ricoperta di numerosissimifori di tarlo, di varie dimensioni (dovuti a diversespecie di insetti xilofagi) con vari tratti di superficie“sfondata” e alcune parti della scultura più sporgen-ti consumate dai parassiti e dallo strofinio esterno.

La statua è scolpita in un unico blocco, fatta ecce-zione per le mani, i due oggetti non fissati (il bastonepastorale e il libro) e il piedistallo nuovo che è statoaggiunto recentemente.

Nelle sculture lignee le parti agettanti sono rego-larmente scolpite in pezzi a parte e unite al corpoprincipale con tecniche diverse; ciò è dovuto alle mi-sure relativamente ridotte e obbligate dei blocchi dilegno ricavati da tronchi d’albero.

Sono evidenti anche smangiature e lacune, più omeno estese nella superficie del legno. Le più appari-scenti riguardano il lembo del mantello ricadente dalbraccio destro e il piedistallo che è la parte che più harisentito del tempo, forse a causa del contatto con ilpavimento della nicchia e con tracce di umidità.

Sia il libro che il pastorale non fanno parte delblocco ligneo principale, ma sono oggetti assemblatialla scultura senza essere fissati. Purtroppo, oggettidi questo tipo sono terribilmente vulnerabili ed espo-sti a cadute, perdite e conseguenti manomissioni osostituzioni arbitrarie.

Le mani sono assemblate al corpo centrale me-diante spine in legno (visibili attraverso le fessure

delle giunzioni all’altezza dei polsi).Questi due pezzi delle mani sono stati di certo

scolpiti successivamente alla scultura, e ciò si può de-durre da diversi particolari:1. sulle mani manca qualunque traccia di pittura.2. il legno delle mani è di colore più chiaro rispetto a

quello del blocco principale ed è decisamente me-no tarlato.

3. lo stile dell’intaglio, pur dimostrando l’abilità dimani esperte, è anonimo e completamente diver-so dal resto della scultura.

4. essendo la scultura di ottima qualità, non è credi-bile l’approssimazione con cui sono state eseguitele due giunzioni, soprattutto quella della mano si-nistra.Anche il bastone ed il libro, che non sono fissati al-

la scultura, non sono originali, ma sostituiti nel corsodegli anni, come vedremo più avanti.

L’incredibile incidenteDiversi anni fa monsignor Boaretto parlando del-

la statua mi riferì che essa aveva subito un grave in-cidente. Una mattina, il sacrestano l’aveva trovata sulpavimento della sacrestia. Durante la notte, eviden-temente, il piedistallo, da tempo consumato e mal-concio, aveva ceduto e la scultura era caduta in avan-ti uscendo dalla nicchia e piombando a terra dopo unvolo di due o tre metri.

Ho voluto esaminare da vicino la scultura con-frontandola con alcune fotografie scattate prima del-l’incidente e, considerando la fragilità e la delicatez-za di un oggetto così antico e tenendo conto del note-vole peso che dimostra, ho dedotto che l’incidente haprovocato pochissimi danni.

Probabilmente, gli effetti della caduta sono statiattutiti da colpi intermedi sugli armadi sottostanti edalle predelle in legno a livello del pavimento... Oforse, chissà… una volta tanto Sant’Antonio ha fattouna grazia a se stesso!

Comunque sia, i danni che ho rilevato riguarda-vano la mano sinistra che ha perso la parte delle dita(che personalmente considero non originali), il bordodel mantello sotto la mano sinistra che si è sbrecciatoper circa 20 cm e il bastone pastorale spezzato in piùpunti ma ricomposto e riparato bene.

Dopo l’incidente monsignor Boaretto decise di farapplicare un piedistallo che conferisse stabilità allascultura.

Fu portata da un restauratore di mobili, il qualeapplicò con colla vinilica un piedistallo rettangolarein legno massiccio che risolse il rischio “capitomboli”.

Il restauratore per l’occasione la sottopose anchead un trattamento antitarlo con petrolio, rimediomolto praticato per i mobili vecchi, ma improprio(per usare un eufemismo) per oggetti tanto antichi.Tra l’altro ho osservato tracce di polvere di legno in-

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torno alla statua che indicano che i tarli non sono sta-ti debellati anzi…, dai fori che si vedono si deduceche anche il piedistallo è stato infestato.

Nonostante abbia chiesto informazioni a tutte lepersone che hanno avuto a che fare con l’incidente,non sono riuscito a risali-re all’anno in cui è avve-nuto. L’unica data certa sideve alle fotografie cheho scattato nell’ottobredel 1991, e pertanto riten-go che l’incidente sia av-venuto pochi anni dopo;arbitrariamente, nel dise-gno ho scritto 1995 circa.

L’ultima conseguenzadella caduta riguarda il li-bro: quando, circa un an-no fa già raccoglievo noti-zie per questo pezzo, mirecai in sagrestia perprendere le misure dellastatua, fui sorpreso di ve-derla scombinata: il ba-stone pastorale era nellamano sinistra invece chenella destra, e il libro erascomparso! Con l’aiutodegli addetti alla basilicacollegammo il fatto con lacaduta.

Salito con la scala al-l’altezza della nicchia chela ospitava, cercai ai suoipiedi e sopra l’armadioantistante gli eventuali re-sti della statua; per scru-polo feci la stessa infrut-tuosa ricerca anche pressole altre nicchie della sacre-stia, dato che ricordavoche la statua nel ’91 si tro-vava in un’altra nicchia,ma non trovai né libro néresti delle dita scomparse.

D’accordo con monsi-gnor Boaretto e utilizzan-do le mie fotografie, l’e-state scorsa ricostruii per-sonalmente il libro andatoperso che ora è di nuovostretto al petto del Santo.

Il restauro a RomaIl restauro del 1975 fu

eseguito attraverso l’in-

tervento dei Musei di Brescia. La statua venne fattagiungere all’Istituto Centrale del Restauro di Romache procedette con l’intervento: Il lavoro fu lungo, pa-ziente (…) La statua fu imbevuta di collanti che ne rasso-darono il legno, vennero rimesse al loro posto le parti ca-

dute, si dovette procedere alrifacimento di un tratto nonessenziale e infine si provvi-de alla pulitura e al restaurodella cromia originaria.

Nell’archivio parroc-chiale “San Giovanni Bat-tista” sono a disposizionealcuni documenti relativiall’intervento. Il più signi-ficativo è la perizia di spe-sa N° 7 per i lavori di re-stauro della statua lignea delsec XV raffigurante S. An-tonio di proprietà della Chie-sa omonima di Lonato.

Il restauro avvennegrazie alla collaborazionedell’allora Parroco monsi-gnor Alberto Piazzi e del-la Fondazione Ugo DaComo che, per il tramitedi Gaetano Panazza, po-teva avvalersi di contattipreziosi.

Dopo la perizia preli-minare dell’Istituto Cen-trale del Restauro di Romadel 30-7-1970, che preve-deva una spesa di 250.000lire per consolidamenti,puliture e una nuova basedi sostegno in legno conpezzi di rinforzo in metal-lo inossidabile, la Parroc-chia di Lonato ottenne unfinanziamento dal Mini-stero dell’Istruzione consi-derato che le opere conserva-te nella chiesa di S.Antonioin Lonato (Brescia) (statualignea) rivestono interessestorico-artistico (…) e neces-sitano di opere di restauro.

Un decreto del 21-10-1970 approvò la perizia epose le spese a carico del-lo Stato stabilendo il ter-mine di esecuzione in 2anni a partire dall’iniziodei lavori.

L’ultima parte del pre-

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ventivo che prevedeva una nuova base di sostegno in le-gno con pezzi di rinforzo in metallo inossidabile non fupurtroppo eseguita e, come abbiamo visto, non fuuna buona decisione. Purtroppo, una relazione suilavori eseguiti in archivio non è stata trovata e la miarichiesta di una copia all’Istituto Centrale del Restau-ro al momento non ha ancora avuto seguito. Mi ri-prometto, non appena riceverò il materiale, di com-pletare l’argomento.

La statua tornò a Lonato il 30 aprile 1975, e deci-samente più consapevoli ora del suo valore, si decisedi metterla al sicuro in Basilica.

Jacopo Attilio Cenedellae il bastone pastorale perduto

Come tutti sanno, Jacopo Attilio Cenedella ha rac-colto nelle sue Memorie storiche lonatesi una quantitàenorme di notizie su Lonato, tanto che, chiunque sioccupi di storia locale, deve sempre fare i conti conlui. Straordinario è il suo interesse per Lonato; inquesto è stato precursore e maestro di molti lonatesidel secolo successivo. Manifesta anche una grandesensibilità per le testimonianze storiche e artisticheprecorrendo sempre i tempi per quanto riguarda il ri-

spetto per la loro integrità e il loro valore storico. Perquesto motivo entra spesso in conflitto con personelontane da questa sensibilità (ricordiamo che stiamoparlando dell’800!!). Nonostante ciò, qualche inesat-tezza ogni tanto sfugge anche a lui. Ma veniamo allesue parole:

Nella chiesa di Sant’Antonio abate... V’ha un solomonumento importantissimo che riferisco e descrivo:(…..) Il monumento è l’immagine o Statua di S. AntonioAbbate in legno i di cui caratteri la farebbero opera del Se-colo VIII o poco posteriore (come abbiamo visto oggi ac-creditiamo l’assegnazione di Panazza al XV secolo).

Questa graziosa immagine di bellissima faccia di un ve-nerando vecchio, vestita di abito lungo con coccolla (man-tello) ripiegata sul dinnanzi di color oscuro marrone, hauna fisionomia dolcissima che ispira venerazione: ha iguanti rosso scuri. Ha la sua mitra di bellissima forma.(...E veniamo al passo più interessante).

Teneva in mano un vecchio pastorale, che un vero van-dalo Lonatese falegname distrusse, per sostituirvene unodi forma moderna e dorato, bello secondo l’odierno gusto,ma che se io mi fossi trovato a Lonato nel 1854 ne avrei im-pedita la distruzione.

Da queste parole possiamo trarre alcune impor-tanti informazioni: 25

1) l’attuale bastone pastorale non è originale ma hacirca 150 anni;

2) questo bastone non è una copia di quello sostitui-to ma una versione "riveduta e corretta" secondo igusti ottocenteschi;

3) la statua mostrava mani inguantate dall’apparen-te colore rosso scuro.Non possiamo capire invece il motivo della sosti-

tuzione del bastone precedente (era danneggiato?Non si fa cenno. Temiamo sia stato purtroppo perquestioni di gusto del tempo).

Appurato che l’attuale bastone non è originale, sipuò rilevare che è stato realizzato con molta cura deidettagli e molta precisione; è sorprendentemente leg-gero; a prima vista, il materiale potrebbe sembraremidollino, flessibile e facile da modellare, ma la par-te del ricciolo è abbondantemente intagliata: opera-zione improbabile per il midollino.

Ad un esame ravvicinato si notano segni di settefratture riparate. Non si vedono più le dorature cheinvece sono rimaste ben visibili, anche se rimaneg-giate, sulla mitra. Non possiamo comunque saperese il bastone precedente era l’originale: se la statuafosse dei primi anni del XV secolo, anche il bastonesostituito nel 1854 avrebbe dovuto avere circa 450anni, il che, secondo me, è piuttosto improbabile.Qualunque piccolo oggetto che non è fissato salda-mente al corpo principale della statua è facilmentesoggetto a “incidenti vari”: bisogna infatti ricordareche questa, come altre statue devozionali, era espo-sta o portata in processione numerose volte durantel’anno (presso la chiesa di Sant’Antonio abate è an-cora deposta una piccola portantina in legno usataper le processioni), e in queste occasioni chissàquante volte si effettuavano manovre per togliere lastatua dalla nicchia, posarla e fissarla sulla portanti-na, alzarla sulle spalle, trasportarla per le vie delpaese; forse i fedeli usavano toccarla e accarezzarla,coprirla di oggetti devozionali come si faceva spes-so in questi casi, forse sarà anche caduta, qualchevolta.

Le scritte misterioseIl Cenedella dedica all’argomento dei simboli di-

pinti sugli stolini della mitra di Sant’Antonio abatedue pagine fitte fitte di trascrizioni di lettere, di dise-gnini e di simboli, dando a queste iscrizioni un risal-to notevole. Quando, incuriosito da quanto scrittodallo storico lonatese, ebbi finalmente l’occasione divedere da vicino i simboli misteriosi dipinti sul retrodella scultura, rimasi sorpreso dall’aspetto poco ap-pariscente e molto marginale di questo particolare,rispetto alla scultura.

Le scritte riguardano infatti due piccoli rettangolidi 1 x 5 cm ciascuno e quasi un quarto della superfi-cie dipinta è andata persa qua e là per le scrostature.

Quando il Cenedella scrive della statua, siamo al-l’incirca nel 1870; probabilmente questo problemanon c’era ancora, e racconta che diversi anni prima,nel 1854, il defunto don Pietro Gallina il giorno pre-cedente la festa di Sant’Antonio abate aveva tolto lastatua dalla nicchia e osservandola da vicino aveva“scoperto” dei segni dipinti sugli stolini ricadenti dalretro della mitra.

Lo storico lonatese con questo povero prete, così lochiama, aveva il dente avvelenato, perché aveva fattoperdere l’originale della Cronaca Parolini e gli dà puredel prepotente e insolente; evidentemente aveva avutocon lui qualche accesa discussione sull’argomento.

Ma poi scrive che trascrisse egli con diligenza quellecifre, e col mezzo di una sua cognata che aveva a Milanopoté avere dall’eruditissimo Paleografo Cossa la spiegazio-ne delle medesime nelle lettere.

In realtà dalla trascrizione della lettera del 11-1-1847 si deduce che questo chiarissimo Giuseppe Cos-sa ha girato l’appassionante enigma ad una altro per-sonaggio: don Luigi Biraghi prete del Seminario. An-che la di costui lettera, di pochi giorni precedente aquella del Cossa, mi lascia molto perplesso…Dice in-fatti:

Atterrandosi in Brescia una Chiesa antica, vi si scoper-sero entro un sepolcro gli avanzi di un Vescovo ignoto, dicui paramenti non inconsunto altro che i due stolini o te-nie della mitra. Su questi stolini erano, credo, in ricamo fi-gurato le cifre sopra espresse (si riferisce alla trascrizionedei simboli). Ora si domanda che caratteri siano questi, segotici o longobardi, e che significato abbiano.

Ma, a parte il linguaggio ottocentesco di alcune pa-role, ci si domanda che cosa ha letto delle scritte? Chetrascrizione dei simboli da studiare avrà avuto sottoc-chi se, riferendosi alle misteriose iscrizioni dice:

in Brescia invece che in Lonatogli avanzi di un sepolcro invece che una statuaun vescovo ignoto invece che Sant’Antonio abate stolini ricamati invece che intagliati e dipinti.Il Biraghi fa poi seguire una dotta dissertazione su

questi simboli, ma, partendo da queste premesse, miviene il cocente dubbio che occuparsi troppo di que-sta questione sia una perdita di tempo.

La storia non ha però ancora finito di sorprendere,perché, confrontando i disegni autografi della tra-scrizione dei simboli del Cenedella con le mie foto-grafie degli stolini, risulta terribilmente difficile tro-vare una corrispondenza, non solo per le parti man-canti a causa delle scrostature, ma anche perché quel-lo che è rimasto è in diversi punti decisamente diver-so da quanto disegnato dallo storico lonatese. Vi ri-sparmio la lunga dissertazione su epigrafi, monogram-mi e Elementa Diplomaticae. Nonostante tutto, le con-clusioni cui giunge alla fine Biraghi, e che soddisfanocompletamente i suoi interlocutori, sono assoluta-mente plausibili e non mi sembra possibile proporrealternative che abbiano supporti credibili.

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Dice:...è ragionevole il leggere quelle cifre cosi:

GL . IH . XR H . IH . IXRSe poi:…quelle forme un po’ barbare ridotte a regolarità dicono:G L oria I H su X R isto H onor I H su X R i S to.

che tradotto dal latino significa:Gloria a Gesù Cristo Onore a Gesù Cristo

Come è possibile giungere a conclusioni credibi-li partendo da premesse tanto incerte? La spiega-zione, secondo il mio modesto parere, si trova sem-pre nella lettera del Biraghi. Dice infatti che, sicco-me sulle stole del medioevo, come ancora oggi d’al-tra parte, si usava effigiare l’immagine del Salvatoreoppure si usava effigiare una croce (...) è dunque con-gettura ragionevole che quelle cifre esprimano Gesù Ch-risto o qualche cosa di simile.

Per concludere, la spiegazione che mi sono datoè che questa iscrizione fosse piuttosto comune su

immagini e statue dell’epoca e che colui che ha di-pinto la statua, con un’operazione di mestiere, ab-bia copiato questi simboli da un’altra statua trascri-vendoli senza conoscerne probabilmente il signifi-cato. È possibile inoltre che questo processo di tra-scrizione sia avvenuto più volte storpiandone l’a-spetto.

In ogni caso, anche se questa spiegazione partis-se da premesse corrette e le deduzioni fossero purecorrette, questi dieci centimetri quadrati rimango-no poca cosa rispetto alla intera statua che meritainvece grande considerazione. E non dobbiamo cherallegrarci di questo studio delle iscrizioni, perché,indipendentemente dal valore e dalla credibilità, loscritto di Jacopo Attilio Cenedella ci ha fornito inmerito informazioni interessanti e molto preziose.

Concludo perciò, con le sue parole: (…) è un ono-re del nostro Lonato il possedere questa Statua, pregia-tissimo lavoro di antichità, come perché non è abbastan-za conosciuta da miei compatrioti, che dovrebbe esserepiù giustamente apprezzata.

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I CASTELLI DI RICETTO SULLE COLLINE MORENICHEDEL LAGO DI GARDA

di ALESSANDRO ROBAZZI

L’idea collettiva che spesso noi abbiamo di un ca-stello è sintetizzata nel castello signorile come quel-lo situato a Drugolo, presso Lonato, costruito nelXIV o nella tipologia del castello delle fiabe comequello di Neuschwastein in Baviera.

Il concetto di Castello è però ben più ampio ecomprende non solo questa tipologia, ma anchealtre fra le quali rocche, fortezze, la villa castello, ilricetto o cortine murarie poste su un terrapieno(Motta).

Non sempre i castelli sono stati in muratura. Al-l’inizio del Medioevo, e cioè a partire dal VIII seco-lo fino alla metà del X, erano in legno. Spesso unatorre lignea (Masti) con porta sopraelevata.

Essa era dotata di tre piani: a pianterreno si tro-va un ridotto buio utilizzato per la conservazione diderrate alimentari, il piano intermedio era utilizza-to per vari scopi, rifugio in caso di attacco o abita-zione signorile, mentre all’ultimo vi era una posta-zione militare.

Nel piano centrale vi era l’unico accesso, la por-ta, connesso al livello del terreno con una scala chesi poteva ritirare all’interno.

La torre si ergeva all’interno di uno spazio recin-tato da una palizzata lignea a cui erano appoggiatel’abitazione del signore, le stalle, le cucine e, alcunevolte, fienili o spazi dove operavano falegnami efabbri.

A partire dal X secolo, con il recupero di tecnolo-gie romane-bizantine, si vennero a creare i primi ca-stelli denominati Castelli di Ricetto. La zona delbasso lago di Garda è fra le aree dove vi è la più co-spicua presenza di questa particolare struttura.

Il complesso delle colline moreniche, che si sten-de fra Villanuova sul Clisi, Castiglione delle Stivie-re e Monzambano, fu soggetto, durante i secoli X/XII, a variazioni del suo aspetto paesaggistico, conla costruzione di castelli di Ricetto, in particolar mo-do nella Valtenesi.

Per Valtenesi si intende la zona collinare moreni-ca che si estende da Salò fino a Lonato; si tratta diuna delle zone che ha fra le più elevate densità dicastelli di Ricetto in Italia.

La zona del lago di Garda fu convertita al cristia-nesimo fra il III e il V secolo.

Le chiese rurali dovettero sostituirsi gradual-

Il Castello di Lonato (foto Bonetta).

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mente ai municipi romani in seguito alla crisi del-l’impero romano all’inizio del VI secolo e al profon-do mutamento, determinato dalla presenza di po-polazioni barbariche, in tutta l’Europa occidentale.Per garantire la difesa del territorio gardesano fucreato dai Longobardi, nel VI secolo, un distrettomilitare il cui centro era situato in Sirmione “FinesSirmionenses”.

Tale distretto militare era esteso fino a Peschieraad est, a sud comprendeva tutta la zona collinaredell’alto mantovano per poi confluire fino al fiumeChiese e raggiungere come latitudine nord il mediolago.

La definizione territoriale appare in un diplomadel re longobardo Desi-derio nell’ anno 760.

Questo distretto nelperiodo carolingio per-se con il passare deltempo la sua importan-za, lasciando la esiguapopolazione gardesanaa se stessa.

Nel IX secolo il ter-ritorio del lago di Gar-da, e in particolare lazona collinare moreni-ca, venne suddivisa frala diocesi di Brescia equella di Verona.

Tale suddivisione,che sussiste tuttora,comportò che centri co-me Sirmione, Lonato,Desenzano, Manerba ei comuni rivieraschipassassero alla diocesidi Verona mentre quelli“al di là delle colline”come Carzago, Calva-gese, Bedizzole, Salòpassassero alla diocesidi Brescia.

Ciò comportò una suddivisione giuridica im-portante nella creazione di piccole e prospere co-munità urbane intorno alle chiese rurali e di conse-guenza si costruirono consecutivamente i Castellidi Ricetto allo scopo di difendere tali comunità.

Dopo alcuni anni di relativa tranquillità si ven-nero a creare tensioni e paure nella popolazione,provocate non solo dalle scorribande degli Ungariall’inizio del X° secolo (dal 899 al 930), ma anchedalla precarietà dovuta al dissolvimento dell’impe-ro carolingio che comportò lotte intestine fra i varipretendenti al regno e i loro nobili sostenitori confunesti risultati fra le popolazioni locali, sia umana-mente che materialmente. In questo periodo di for-

ti tensioni e in mancanza di un potere centrale forteed autoritario, manipoli di “Mali Cristiani”, “Rap-tores”, “Depredantes o Pravi Homines” sottopone-vano a continue vessazioni e umiliazioni le popola-zioni rurali.

Da questa situazione la necessità di edificare unluogo fortificato per la difesa della popolazione,delle sue attività economiche e del suo credo reli-gioso.

Lentamente, ma costantemente, le nostre collinemoreniche si disseminarono di piccoli o grandi ca-stelli di Ricetto.

Il primo Castello di Ricetto, come struttura inmuratura, di cui si ha notizia certa, fu edificato in

Calvagese. Una perga-mena a noi giunta, di-chiara che il 15 apriledell’anno 1.000 fu co-struito un castello inCalvagese il quale erasottoposto alla autoritàdel vescovo Adalbertoe del suo successore Al-derico entrambi vesco-vi di Cremona.

Altri documenti atte-stano una consolidatatipologia di tale concet-to di difesa, datati intor-no all’inizio del XII se-colo: vengono citati i ca-stelli di Carzago (1000circa) Padenghe (1002)Desenzano (1107) e Lo-nato (zona San Zeno,datato intorno alla metàXI secolo).

Spesso i castelli diRicetto non sono altroche la evoluzione difen-siva posta a guardiadelle Curtis Longobar-de, grandi aziende agri-

cole con l’obiettivo di sfruttamento del territorio.La struttura del castello di Ricetto è ben deter-

minata e la sua planimetria è rettangolare, anche setalora è moderatamente irregolare, poichè è costret-ta a seguire l’orografia, cioè la distribuzione di rilie-vi-catene montuose-collinari in un dato territorio.

Il Castello di Ricetto è uno spazio recintato in cuila popolazione locale trova rifugio temporaneo oalcune volte permanente con ciò che aveva di pre-zioso: il raccolto dei campi, le derrate alimentari, glistrumenti di lavoro, animali da cortile e da stalla,greggi e oggetti della quotidianità. Tale castello di-venne inoltre non solo un centro di difesa, ma an-che centro di funzione amministrativa della giusti-

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zia, sia delle diatribe locali civili che penali. Le dimensioni dei recinti variavano in funzione

della popolazione da proteggere e la manutenzionee la difesa spettavano alla popolazione stessa.

All’ interno del castello vi erano dimore perma-nenti e queste in alcuni casi si possono osservareancora oggi. Queste abitazioni erano disposte in fi-le parallele lungo il senso d’orientamento dell’en-trata e adibite ad uso di abitazioni, magazzini perderrate alimentari, fienili e stalle.

Il castello di Ricetto è sempre ubicato su altureche dominano il territorio circostante ed è caratte-rizzato da un recinto murario non molto ampio erelativamente basso i cui lati lunghi non superava-no i 100/ 200 metri.

Le cortine murariepresentavano una mer-latura di differente fog-gia con delle torri nonmolto più alte dellestesse cortine murarie.Tali torri potevano esse-re poste ad angolo delmuro di recinzione (tor-ri angolari) o in alcunicasi poste lungo il peri-metro. Le torri avevanodi norma una sezionequadrangolare, ma al-cune volte si adattava-no alla conformazionedel terreno prendendouna forma circolare.

Un Mastio sovrasta ,come si può notare nelCastello di Ricetto diCarzago di Calvagese,molte volte l’entrata incui erano posti gli al-loggiamenti del pontelevatoio. L’entrata, po-sta nel Mastio, è com-posta da due “Forbici”,due entrate distinte, un passo carraio più grande eduno pedonale più piccolo spesso munito di un ap-parato a sporgere detto rivelino.

Intorno al castello vi era posto un fossato di di-fesa di cui tuttora ci rimangono poche tracce visibi-li poichè spesso interrate. Quando vi era la possibi-lità, questo fossato era riempito di acqua ma rara-mente. Più spesso il fossato era vuoto con pareti ri-pide e profonde; esso aveva lo scopo di creare disa-gio ed ostacolare gli assedianti.

I materiali di costruzione impiegati erano quellitrovati in loco e nelle prossimità del castello, comeciottoli morenici o di fiume, disposti in modo rego-lare con l’introduzione di scaglie di pietra o matto-

ni per regolarizzare il profilo degli spigoli.Verificando la costruzione dei vari Castelli di Ri-

cetto sulle colline moreniche del lago di Garda an-cora presenti sul territorio, si può denotare che, inalcuni, la costruzione fu particolarmente curata construtture ordinate di ciottoli come a Padenghe (fra imeglio conservati d’Italia), Moniga, Soiano e Car-zago .

In altri, la costruzione è più approssimativa eforse dettata più da una impellente esigenza difen-siva come per Desenzano, Polpenazze, Puegnago.

Molti furono smantellati nelle lotte fra Guelfi eGhibellini, come nel caso di San Felice del Benaco,Castel Venzago e San Zeno di Lonato; altri parzial-

mente distrutti o resiinutillizabili da Masti-no della Scala come perPuegnago o Polpenaz-ze o rasi al suolo comequello di Maguzzanoda Lodrisio Viscontinel 1339.

Scorrendo la listadei castelli di Ricetto, siapprende che nel co-mune di Lonato vi era-no ben quattro struttu-re difensive: Maguzza-no, San Zeno, Lonato,Castel Venzago.

Maguzzano forseera il più piccolo dei ca-stelli (probabilmentelocalizzato in zona Bar-cuzzi, posto sulla viaromana e strettamentecollegato con l’abbazia)e difendeva la popola-zione che lavorava lafertile valletta fra il la-go e il paese di Lonato.

Le antiche mappe locollocano in località

“Castelvecchio” di Barcuzzi ed esso compare in do-cumenti notarili del 1234, 1289, 1304.

Nel 1190 Maguzzano diverrà ufficialmente “Li-bero Comune” insieme a Castel Venzago su conces-sione del Papa Clemente III.

A San Zeno vi era un chiesa fortificata. Il castellocircondava una parte di abitato e la chiesa romani-ca. Si può notare alla base dell’edificio sacro il mu-ro di contenimento della Motta.

Il castello difendeva non solo il vecchio abitatodi Lonato, ma anche la sua Basilica che era, a queltempo, luogo non solo di preghiera di un certo ri-lievo in tutta l’area gardesana, come ci documenta-no gli scritti, ma anche luogo giuridico-economico

47ª FIERA DI LONATO ’05

Il Castello di Soiano.

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di importanza rilevante dove tenere mercato o doveassistere ad una assise per controversie giuridico-penali.

Infatti l’abitato di Lonato-San Zeno e il suo ca-stello fu uno dei primi paesi del Garda ad ottenere ilriconoscimento ufficiale di libero comune da Fede-rico I, il 24 ottobre 1184.

Nelle vicinanze della attuale Rocca di Lonato, onel medesimo posto, vi era un luogo fortificato dicui abbiamo pochi cenni. Forse solo una cortina mu-raria a difesa di un nascente borgo dipendente daSan Zeno.

Il Castello di Castel Venzago aveva altre specifi-cità: non solo dare riparo a tutti quei coltivatori chevivevano nella fertilissima piana di Centenaro, maanche il controllo del passo collinare dove esigerepedaggi. Tale castello venne riportato anche in do-cumentazioni che riguardano controversie fra Guel-fi e Ghibellini, ma anche in passi importanti dellastoria europea come il brevissimo soggiorno, inquel Castello-Villaggio, della Regina Adelaide diBorgogna, appena liberata dalla Rocca di Garda adopera di un monaco di Castel Venzago, per poi rag-giungere Canossa per sposare Ottone I di Germa-nia, creatore del Sacro Romano Impero Tedesco.

Storia fra leggenda e realtà, ma che contribuiscea rendere il Castello di Castel Venzago importantenel territorio e nella storia gardesana.

La presenza di queste strutture non è altro che l’in-dice di un interesse alle nostre colline per la specificaopportunità di sviluppo agricolo e di allevamento.

Importante è la posizione su cui vengono edifi-cati i Castelli di Ricetto. Essa è collocata su rilievicollinari ad un’altezza quasi identica per ognuno edad una distanza che era tale da consentire ai conta-dini e agli abitanti dei villaggi di percorrerla in untempo di circa 20/30 minuti a piedi o in 5/10 minu-ti a cavallo.

Questo li rendeva idonei per un rapido rifugiodella popolazione che si trovava nei campi per il la-voro non solo nel caso di scorrerie e scorribande dipopolazioni barbariche, quali Ungari o Saraceni, maanche di gruppi, più o meno costituiti, banditeschi.

È stato calcolato che ognuno di questi castelli po-teva contenere fra le 300 e le 500 persone al massimoe la sua composizione era molto eterogenea. Vi sipoteva trovare il nobile, il mercante, il viandante, ilpellegrino, il contadino, l’abitante del villaggio. Tut-ti con lo stesso intento di difendersi e difendere ipropri beni e i mezzi del loro sostentamento, comead esempio il Mulino nel caso di Padenghe.

Tuttavia i castelli di Ricetto avevano scarsa viva-cità urbanistica per mancanza di vie passanti e per laloro stessa conformazione. Inoltre, la presenza di ununico ingresso e di ambienti angusti determinavanodelle cattive condizioni igieniche, per la forte concen-

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trazione di popolazione e di bestiame, e quindi il lo-ro utilizzo era necessariamente limitato nel tempo.

Non dobbiamo pensare che questi uomini si pre-sentassero sulle mura abbigliati con armi e corazze.

Le armi erano spesso fionde con cui i difensori,trasformatosi in Frombolieri, lanciavano pietre delpeso compreso fra i 30/70 grammi fino ad una di-stanza di circa 300 metri ed un colpo, a 30/40 me-tri, era spesso letale.

Si potevano trovare Arcieri, ma anche personemunite di attrezzi quotidiani come asce, forconi ,falci o di armi vere e proprie come Angoni (lancealte 2 metri alla cui estremità vi era una punta affi-latissima), spade, mazze chiodate o semplici basto-ni con rinforzi in metallo sulle estremità e scudi dilegno. Fra gli assediati, chi ne aveva la possibilità,indossava un Usbergo (tunica su cui erano applica-te placchette di ferro e di cuoio bollito) o una Cer-velliera (casco costituito da placche di ferro rinfor-zato da bande dello stesso metallo), ma la maggiorparte indossava abiti comuni come la tunica di lun-ghezza variabile o il saio di lana grossa con il cap-puccio che copriva la testa e le spalle.

La superficie interna di tale struttura era com-presa fra 5.000 metri quadrati (+/-40 %).

Le fortificazioni erano poste quasi alla stessaquota altimetrica e ciò comportava una serie diconseguenze:– l’effetto di porre tutti gli abitanti allo stesso li-

vello di sicurezza;– le strutture erano poste in stretto rapporto vi-

suale e ciò valorizzava al massimo la possibilitàd’interazione verso l’aggressore;

– un sistema di comunicazione visivo (fuochi) dacastello a castello permetteva una rapida ed

– efficace segnalazione dell’arrivo del potenzialepericolo o nemico;

– l’effetto psicologico per l’aggressore di trovarsidi fronte un numero di fortificazioni di egualedifficoltà e potenzialità difensiva;

– indurre al potenziale aggressore una qualche in-certezza sulla fortificazione da attaccare.Questa tipologia di struttura, che possiamo tutto-

ra gradevolmente ammirare girando in bicicletta oin macchina fra le nostre lussureggianti colline, nonsono altro che la testimonianza della caparbietà del-le popolazioni gardesane nel difendere un zona dal-le proficue capacità agricole e le proprie radici cul-turali-religiose che rendono questi luoghi unici.Questi castelli siano un monito alla difesa architetto-nica-paesaggistica di un bene incommensurabile dicui noi gardesani e lonatesi non possiamo altro cheandar fieri.

I Ricetti della Valtenesie del basso lago di Gardasono:Bedizzole,

Carzago,

Calvagese,

Moniga del Monte, vicino a Muscoline

(infeudata al monastero di Leno nel 1192

ad opera dell’imperatore Enrico IV),

Moniga,

Solarolo di Manerba,

San Felice del Benaco,

Puegnago,

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È oramai tradizionale l’appuntamentodegli alunni del corso C della scuolamdia statale Tarello con le bellezzeartistiche del comune di Lonato.Sotto l’attenta guida della signoraMarì Viola, della dottoressa NicoleBonini e della professoressa AnnaStranieri, gli alunni hanno eseguito,durante l’anno scolastico 2003/2004,due interessanti ed approfonditericerche sui più suggestivi balconi inferro battuto e sugli antichi cortili eportali di Lonato, di cui pubblichiamoun’ampia sintesi.

Lonato, sotto la dominazione della Serenissima,ebbe, dopo la metà del Cinquecento, un periodo dipace e conseguente prosperità economica, grazieanche alle notevoli rendite comunali, prima tra tut-te quella del vastissimo e ricchissimo possedimen-to del Venzago.

Fu in questo periodo che si arricchì dipregevoli palazzi ed eleganti case civili; ven-nero erette la torre civica e la sede comunale,definite le strade del centro con relativa pa-vimentazione. Lonato si abbelliva e prende-va la signorile forma con la quale ancora og-gi la possiamo ammirare e, per seguire lamoda del tempo, vennero chiamati dallaValsabbia degli artigiani esperti nella lavora-zione del ferro. La loro particolare maestriasi esprimeva nella costruzione di poggioli ebalconi, che venivano così ad abbellire ulte-riormente le facciate delle abitazioni dei piùrappresentativi personaggi della nobiltà edella borghesia locale del tempo.

Ancora oggi, percorrendo le nostre con-trade, possiamo ammirare molti gioielli diquest’arte antica, che il tempo ci ha volutoconservare a tangibile testimonianza del“bello”.

Note di costumeRaccontano le cronache del tempo che le

fanciulle, con il pretesto di prendere un po-co d’aria o di godere della vista del passeg-gio pomeridiano, trascorrevano molto del

loro tempo affacciate ai balconi, forse con la segre-ta speranza di essere notate da un giovane cavalie-re o da un aitante ufficiale e dare così inizio a civet-tuole conversazioni. Altre giovani, forse più riser-vate, usavano il balcone per dedicarsi a lunghi edelaborati ricami destinati ad impreziosire la lorodote. Mentre dalle abili mani uscivano un puntocroce o un filet, il pensiero indugiava sul ricordo ditrepide promesse d’amore.

Il balcone serviva anche per sfoggiare addobbied elaborati drappeggi in occasione delle solenniprocessioni religiose. Era una gara ed un grandeonore renderlo il più bello e sfarzoso possibile, co-me profonda espressione di devozione e pietà.

Un lume sul balconeEra il balcone della casa di Veronica, dove ella

un giorno si affacciò, giovane sposa, con i capelliintrecciati di fiori d’arancio, nel giorno del suo ma-trimonio con l’adorato Giovanni. La loro fu unaunione molto felice e venne ben presto allietatadalla nascita di un adorabile bimbo. Veronica glicantava spesso, con voce calda e melodiosa, dolcis-sime ninne nanne, ritmate dal lento dondolio dellaculla. I passanti, estasiati, si fermavano ad ascolta-

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GLI ANTICHI BALCONI DI LONATO

Palazzo Orlandini.

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re e non facevano che ripetere “La felicità si è fer-mata nella casa di Veronica”. Ma un giorno di no-vembre, mentre una fitta pioggerellina bagnava laterra, forse il pianto della natura per la triste noti-zia che stava per giungere, bussò alla porta il capodella guardia della Serenissima Repubblica di Ve-nezia che consegnò a Giovanni un plico nel qualegli si intimava la partenza immediata per raggiun-gere l’esercito veneto e partire per la guerra controi Turchi. La notizia colse di sorpresa la giovanecoppia, che non riusciva a capacitarsi di come fos-se possibile vivere lontano l’uno dall’altra. Le oreche precedettero la partenza furono colmate datante promesse di reciproco amore e di futura feli-cità e Veronica promise che per tutto il tempo del-l’attesa avrebbe tenuto acceso un lume che ellaaveva posto sul balcone per illuminare la speranzadel ritorno del marito. Quel lume venne accesopuntualmente ogni sera al calare delle tenebre, nonper mesi, non per un anno, ma per tutta la vita di

Veronica. Anche quando arrivò la terribile notiziache la flotta su cui navigava il marito era statasconfitta senza lasciare superstiti, ella continuò,nonostante tutto, ad accendere ogni sera, ritual-mente quel lume sul balcone, perché la sua speran-za non voleva arrendersi. Quando quel lume sispense e non venne più riacceso, Veronica avevaormai raggiunto il suo amato, là dove non ci sareb-be stata più attesa, ma gioia senza tramonto.

Tecnica di lavorazionedel ferro battuto

Il ferro presenta una struttura molecolare che gliconferisce duttilità e malleabilità. Una volta estrat-to, il minerale del ferro viene scaldato in un fornofinché assume, a causa della liberazione di ossige-no, una consistenza quasi spugnosa: a questo pun-to, posto sull’ incudine ancora incandescente, vie-ne battuto con il martello, piegato, assottigliato erifinito nei minimi particolari, spesso secondo undisegno complesso e raffinato. A causa del proces-so di alterazione del metallo a contatto con l’aria,prima dell’affermazione dei procedimenti di verni-ciatura, il ferro battuto non venne impiegato pergioielli e manufatti di uso domestico, ma solo,sfruttandone la caratteristica fondamentale dellarobustezza, per strutture ed elementi sottoposti atrazioni e sforzi, come cancelli, inferriate, grate,battenti e cardini. Con il tempo, l’aspetto estetico dìtali elementi funzionali, godette di sempre mag-giore considerazione: si iniziò a piegare e sagoma-re le barre di ferro incandescente secondo motivipiù articolati e a ridurle in sottili lamine, talvoltatagliate in strisce o traforate e cesellate a freddo, onuovamente battute a caldo.

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pregio artistico, figurano i cardini delle cattedraligotiche dell’Ile-de-France; in generale l’epoca goti-ca coincise con una grande stagione per quest’arte,messa a frutto in monumentali recinzioni, inferria-te e rifiniture di porte e portoni, soprattutto di edi-fici religiosi. Dal Trecento, gli artigiani estesero lagamma di possibili utilizzi della tecnica del ferrobattuto, principalmente nel settore delle armi e del-le armature: i più importanti centri di produzionesi trovano nella regione tedesca e in Italia, nellevalli bergamasche. Dopo l’epoca rinascimentale, incui prevalse il criterio della misura e dell’eleganza,nel 16° e 17° secolo questo tipo di lavorazione arti-stica raggiunse esiti di estremo virtuosismo baroc-co: in Italia, Brescia si impose nella tecnica dei fer-ro cesellato, impiegato soprattutto per le armi. Lostile diede ulteriore slancio al ferro battuto, chevenne adottato con estrema libertà creativa in fan-tasiose cancellate, balaustre e inferriate, prima inFrancia, poi in Germania e in tutta l’Europa. A par-tire dalla fine del Settecento grandi innovazioni av-

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vennero sia nell’ambito delle tecniche di lavorazio-ne del metallo fuso, sia in quello dei procedimentiestrattivi e fecero in parte declinare la tradizionedel ferro battuto.

Palazzo Zambelli

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Lonato tra il 1500 e il 1600Nel 1515 Lonato ritorna definitivamente sotto il

dominio della Repubblica Veneta, che assicura pa-ce e prosperità a tutti i territori sottomessi, ma pur-troppo per poco, poiché tra il 1521 e il 1529, si fece-ro sentire i nefasti effetti delle “CAMPAGNE MILI-TARI” di Carlo V contro i Francesi, con il tragicocontinuo passaggio dei Lanzichenecchi, truppegermaniche mercenarie, che derubarono e portaro-no sulle nostre terre ogni genere di violenza. Dopoqueste pagine infauste, segue un periodo di relati-va stabilità, il più lungo per Lonato, che gode diuna congiuntura economica, data dalle notevolirendite comunali. Gli effetti sono evidenti sul ver-sante culturale e sociale: in questo periodo il Co-mune istituisce una farmacia pubblica, un ospeda-le per la cura dei Lonatesi e dei pellegrini di pas-saggio, incarica un medico della cura gratuita deinon abbienti, acquista macine per i molini e si de-dica all’abbellimento del paese.

I miglioramenti che vi apporta contribuiscono adare al paese il bell’aspetto attuale. Sorgono nellaseconda metà del secolo XVI, la torre civica (1555)e quasi contemporaneamente la Colonna Veneta.Inizia in fine la costruzione dei pregevoli palazzidelle famiglie: Zambelli, Gerardi, Cerutti, Tomma-si, Savoldi e prendono forma in quello stesso pe-riodo molte altre case civili, munite di eleganti por-tali in marmo, ampio cortile e spazioso androne,con sovrastante loggetta, come era d’uso nell’ar-chitettura del tempo. A tutt’oggi molte di esse sipossono ancora ammirare nel loro originale splen-dore grazie al buono stato di conservazione dovu-to all’ attenta e intelligente sensibilità dei loro pro-prietari, che ci permette nel tempo presente di ap-prezzare le antiche bellezze di Lonato.

Casa DamontiAnno di costruzione: fine 1500, inizio 1600

Di questa bellissima casa non si conosce il nomedella famiglia che la fece costruire, ma è notizia cer-ta che dagli inizi del 1700, fu adibita a stazione diPosta, luogo di sosta e di ristoro per i viaggiatori,con la possibilità di cambio della muta dei cavalli.Anche oggi è un rinomato ristorante famoso, secon-do antiche tradizioni, anche per le sue grappe.

Particolare interessante: durante l’opera di re-stauro della casa, circa 20 anni or sono, venne tro-vata nel sottoscala una cassetta di legno contenen-te crocefissi e rosari. È probabile che il suo proprie-

tario facesse parte di qualche confraternita religio-sa o ne fosse lui stesso il Priore.

I due prospetti della casa che affacciano sul pic-colo cortile rettangolare, oltre ad avere altezze leg-germente differenti, risalgono a epoche diverse(percepibile già dalla presenza di ordini distinti); illato lungo risale al 1500, mentre il lato corto è sicu-ramente posteriore (forse 1700). Nel prospettoprincipale gli archi ribassati del piano terra rad-doppiano al piano superiore e diventano a tutto se-sto. Su entrambi i piani gli archi sono tamponatidal vetro e poggiano su semplici colonne in pietra.Il prospetto corto invece presenta aperture ad arcoacuto riprese dalla tradizione gotica. Al piano terraspicca una bifora sorretta da un’esile colonninabianca mentre al livello superiore due finestre sem-pre ad arco acuto affiancano una porta che affacciasu un piccolo balconcino in ferro sorretto da men-sole in pietra. Tutte le aperture di questo prospettopresentano una cornice in mattoni a vista. L’usodel mattone si scorge in altri punti delle facciate ein alcuni particolari hanno una disposizione deco-rativa. La pietra invece si ritrova nella piccola fon-tana sotto il balconcino.

GLI ANTICHI CORTILI DI LONATOa cura della Scuola Media “C. Tarello”

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Casa MasinaData di costruzione 1520, ampliata nel 1600/1700

Da ricerche effettuate, sembra che il palazzo ve-nisse costruito per ospitare gli arcipreti di Lonato.Il primo che inaugurò questa pregevole, quantoconfortevole dimora, sembrerebbe essere stato l’il-lustre ecclesiastico Pier Francesco Zini.

Filosofo, letterato e latinista di notevole spesso-re, arciprete in Lonato dal 1553; famosa la sua ami-cizia con il cardinale Reginaldo Pola, principe in-glese, per qualche tempo ospite del Convento diMaguzzano. Si stabilì fra i due un profondo senti-mento di stima ed amicizia, che portò un ap-profondito ed apprezzato scambio culturale. In ta-le circostanza, il nostro Zini si fece promotore diuna appassionata opera di riavvicinamento fra laChiesa Anglicana e la Chiesa di Roma, causa chetrovò nel principe cardinale Pola (1553), un convin-to sostenitore. Purtroppo, come sappiamo, i lorosforzi non portarono i risultati sperati.

Il cardinale Reginaldo Pola (1500/1558) inglese,di stirpe reale, apparteneva alla Casa di York; suamadre, Margherita di Solishury, fu fatta uccideredal nipote Enrico VIII, re di Inghilterra nel 1541 efu proclamata beata e martire della chiesa di Roma.Reginaldo si allontanò dalla patria e rifugiandosiin Italia, dove si fece sacerdote, venne eletto cardi-nale. Partecipò al Concilio di Trento, a lui spettò ditenere la relazione di apertura e trattò il tema delleriforme da attuare. Nel Conclave del 1549 glimancò un solo voto per essere eletto Papa.

La casa si sviluppa su tre prospetti del piccolocortile quadrato, mentre sul quarto lato, un grandearco ribassato centrale, accostato da due più picco-li a tutto sesto, inquadra il portale d’ingresso an-ch’esso ribassato.

Questi archi continuano sul prospetto est rispet-to all’ingresso ma si limitano al piano terra.

Solo sul lato opposto all’ingresso si apre unaloggia al piano superiore: due campate a piano ter-

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ra a tutto sesto inquadrano un secondo piccolo ar-co d’accesso alla casa, mentre al livello superiore siripresenta la medesima situazione, ma gli archi so-no ribassati e la colonna centrale risulta più esile ea scanalature orizzontali.

Gli archi di ogni prospetto presentano una cor-nice in mattoni a vista coronata da una chiave divolta.

Il prospetto ovest rispetto all’ingresso si sviluppaanch’esso su due livelli e presenta aperture allinea-te; le porte sono contornate da una cornice bianca.

La balaustra in ferro, che parte dalla terrazza so-pra l’ingresso, prosegue lungo il ballatoio che ta-glia l’intero prospetto e permette di accedere diret-tamente alla loggetta.

Il balcone presenta delle mensole bianche conprofilo mosso a guisa di voluta che hanno funzionedi sostegno e riprendono le cornici degli infissi.

Una piccola scala, a destra del portone d’ingres-so, permette di accedere alla cantina al piano inter-rato; questo è un unico vano rettangolare intera-mente voltato a botte.

Casa Rocco, già SavoldiAnno di costruzione: fine secolo XVI

Questa vecchissima casa fu costruita da un ra-mo cadetto della famiglia Savoldi.

Qui visse il famoso Giovan Battista Savoldi, na-to nel 1753 e morto nel 1801, che fu medico e uomodi vasta cultura. Fece parte della Repubblica Cisal-pina ed ebbe alti incarichi. Il Savoldi fu ricco dipregi non comuni: imgegno acuto e penetrante, in-dole pensosa e solitaria, diffondeva attorno a séun’atmosfera di austero rispetto.

Lasciò tutto il suo patrimonio alla "AccademiaBresciana" e morì povero, nella sua amatissima Lo-nato, rattristato e deluso da quel Napoleone nelquale aveva riposto ben altri ideali e speranze. Rac-conta una notizia storica, che la sua casa ebbe

l’onore di ospitare il Generale Napoleone. L’illustrepersonaggio, la mattina del 2 agosto 1786, dopoaver visitato il Municipio e la chiesa Parrocchiale,trovatosi nella piazza, espresse il desiderio di bereun sorso d’acqua fresca, essendo la giornata moltoafosa. Nel sentire tale desiderio, il Savoldi lo invitòcon grande onore a bere qualcosa di fresco nellasua casa, che dava appunto sulla piazza. Napoleo-ne apprezzò moltissimo la limonata che gli venneservita, lodò la squisitezza del suo gusto e ne volleavere la ricetta. La governante che l’aveva prepara-ta ne fu talmente inorgoglita, che se ne vantò pertutta la vita.

Il portale originale d’ingresso è incorniciato daun arco a tutto sesto e due lesene in marmo bianco.

L’arco è riccamente decorato e coronato al cen-tro da una chiave di volta; le lesene presentano ca-pitelli corinzi e il loro fusto è scanalato.

L’accesso al cortile avviene tramite un piccolo

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androne con soffitto a volta ribassata; questo am-biente è tipico nelle case rinascimentali come pas-saggio dal portone d’ingresso della casa al cortile.

Il prospetto principale della casa sul cortile pre-senta tre livelli: un portico a piano terra, una loggiaal primo piano e una loggia aperta al piano supe-riore.

I due grandi archi ribassati al piano terra diven-tano quattro al primo piano, dove sono intervallatida robuste colonne con fusto ottagonale e semplicicapitelli.

II portico, avendo la semplice funzione di pas-saggio e accesso ai piani superiori della casa, èaperto, mentre la loggia è chiusa da una vetrata.

All’ultimo piano la loggia torna ad essere aper-ta con quattro campate e non compare l’elementoarco.

Gli altri prospetti che affacciano sul cortile sonoscanditi da aperture regolari, ovvero finestre alli-neate; dall’intonaco di finitura emergono alcunetracce della muratura in mattoni originaria.

Casa Roberti, già Da ComoData di costruzione: 1607 (dal portale)

Nella seconda metà dell’Ottocento, fu di pro-prietà dei nonni paterni del senatore Ugo da Co-mo.

Qui il piccolo Ugo trascorreva le vacanze estivee fù così che incominciò a conoscere e ad apprezza-re le bellezze di Lonato: le dolci colline morenicheche digradano giù verso il lago, ricoperte da gene-rosi vigneti e da secolari piante di ulivo; la sobriaeleganza dei suoi palazzi; le belle contrade; la mae-

stosa ed imponente Rocca Viscontea. Tutto ciò sta-va a testimoniare il glorioso passato, ricco di storia.Maturò così, dopo anni dedicati alla politica e adimportanti incarichi governativi, la decisione di ri-tirarsi in Lonato. Il senatore acquistò la Rocca Sca-ligera e la Casa del Podestà, che si trovavano, pur-troppo, in uno stato di assoluto degrado, fece ese-guire una rigorosa opera di restauro dall’ architet-to Magliaferri -1907- e vi profuse ogni suo avere,per arricchire la sua casa di opere d’arte. La dotòanche di una vasta biblioteca, che conta ben 55.000volumi, tra i quali 500 manoscritti, 405 incunaboli ecodici miniati di rara fattura.

Il Senatore Ugo da Como morì nel 1941, lascian-do tutti i suoi beni alla Fondazione che porta il suonome e che ha lo scopo di promuovere e diffonde-re l’amore alla cultura, aiutando, con borse di stu-dio, gli studenti meno abbienti.

Il portale d’ingresso al cortile presenta una mas-siccia cornice in marmo bianco scandita da bugne.

L’androne voltato a crociera conduce verso ilgrande cortile su cui affaccia l’intero prospetto del-la casa.

La casa si sviluppa su due livelli: un portico apiano terra e una loggia al piano superiore.

I quattro grandi archi ribassati al piano terra di-ventano archi a tutto sesto al livello superiore inquanto le campate raddoppiano e di conseguenzasi restringono.

Le ultime due campate della loggia sopra l’an-drone d’ingresso, nonostante si leggano ancora infacciata, sono state tamponate e, in un secondotempo, aperta una finestra centrale.

Gli archi sono segnati dai mattoni a vista mentre

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l’intera facciata è in muratura mista pietra e mattoni.Una cornice che corre lungo tutto il prospetto

delimita il piano terra dal piano superiore.L’androne si collega direttamente al portico al

cui lato opposto troviamo lo scalone d’accesso alpiano superiore.

Questo scalone è a due rampe ed è accostato dauna piccola fontana in marmo come i gradini stessi.

Casa Tosi, già BondoniAnno di costruzione: 1500

Fu di proprietà della nobile famiglia Bondoni.Degno di nota un certo Tommaso Bondoni, appas-sionato collezionista e raccoglitore di notizie stori-che lonatesi. Altri antenati di questa famiglia, furo-no personaggi illustri e ricoprirono cariche istitu-zionali di notevole importanza. Dalla fine del 1800fu adibita ad ufficio postale, a tintoria e per ultimoad osteria, prima di diventare un bellissimo nego-zio di abbigliamento come tuttora è.

L’ingresso su via Tarello è incorniciato da unportale in mattoni a vista con arco a sesto ribassato,nel centro del quale ancora si può vedere l’anticonumero civico (171) ad affresco. Passando per un

piccolo androne si giunge nel cortile dove a sinistrapossiamo vedere la facciata di casa Tosi, edificio ri-strutturato a partire dal 1956. La facciata presenta alpiano terra due finestre e una piccola porta centra-le, a destra della quale, inserita nel mezzo (è visibi-le anche all’interno), una colonna in pietra serena.La colonna proviene dalla piccola chiesa che spor-geva nell’area di proprietà della famiglia costruzio-ne del Duomo. Dal piano terra, passando per le sca-le esterne, si accede al primo piano dove troviamoun loggiato con due archi a sesto ribassato nel mez-zo dei quali, in corrispondenza della prima colon-na, c’è una seconda colonna meno slanciata con ba-se e capitello in pietra chiara, del tutto simile al ca-pitello della colonna al piano terra. Passando attra-verso una piccola apertura ricavata da un murettocon pietre e mattoni a vista, si accede al secondocortile dove, a destra, si trova un edificio risalenteal 1500 con pietre e mattoni a vista e copertura in le-gno sostenuta da una trave che poggia su due pila-stri in cotto. L’uscita dal secondo cortile su Via Ga-spari è preceduta da un androne, con soffitto a vol-ta ribassata, nel quale, sulla destra, si trova un anti-co pozzo.

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I comportamenti umani sono sottoposti a mol-teplici valutazioni riconducibili ad una base eticacomune a tutti i popoli.

Ed è la storia che ne racconta gli sviluppi dei fat-ti e li interpreta. L’idea di costituire presso la TorreCivica di Lonato un Museo Storico che raccolga og-getti e testimonian-ze visive riprodottesu foto, disegni e al-tro materiale, si rifàa questi presuppostie ne ispira l’ordina-mento critico e fun-zionale.

Per scendere allacronaca, si deve direche tale iniziativaprende corpo dalpresidente della Se-zione Fanti lonateseil quale, all’uopo, necoordina un Comi-tato Culturale.

Ne fanno parte ilSindaco di Lonato ing. Morando Perini con l’inca-rico di Presidente Onorario, il cav. Pietro Malagni-ni Presidente ed i Consiglieri cav. Ottavio Marcoli,geom. Oreste Fezzardi e l’imprenditore Andrea Pio-vanelli; Segretaria la dott.ssa Rosanna Malagnini.

Delimitato provvisoriamente l’arco storico incui s’intende operare: 1796 battaglia di Lonato-Ca-stiglione, guerre risorgimentali, prima e secondaguerra mondiale; il Comitato prende i primi contat-ti per la raccolta dei cimeli.

Il Ministero della Difesa, per quanto riguarda laparte militare, intanto, assegna un primo lotto diarmi storiche.

Per ulteriori rarità di varia natura socio-cultu-rale, c’è la disponibilità di alcuni possessori.

La stesura dello Statuto Museale è attualmentein fase elaborativa mentre il progetto creativo perl’allestimento del Museo può contare su un affiata-to staff di architetti, collegato con lo Studio Fez-zardi.

cav. Pietro Malagnini

UN SIMBOLO DA AMAREE CUSTODIRE - CENNI STORICI

La Torre Civica di Lonato è un’opera d’arte chesuscita in chi la guarda diverse emozioni che solle-

citano una serie di interrogativi sia riguardo alle vi-cende che ne hanno determinato la costruzione, siariguardo ai fatti storici che l’hanno vista protagoni-sta.

Sulle pietre che la costituiscono è passata la sto-ria, quella grande che ha visto il morire ed il nasce-

re di epoche diversee quella minore cheha visto come prota-gonista la vita ano-nima di tante perso-ne.

La Torre Civicadi Lonato, ubicata incentro storico, lungoil margine di Piazzadel Mercato, presen-ta dimensioni rego-lari e si sviluppa perun’altezza notevolesull’agglomerato ur-bano sottostante. Ladata d’inizio dei la-vori di costruzione

risale al 1555: ne è testimonianza l’incisione su unapiccola lapide in pietra rossa posta sul basamento ilquale, come voleva la tradizione edilizia del tempo,va allargandosi verso il basso.

La sua completa realizzazione ha attraversato isecoli rendendola partecipe di diversi episodi distoria locale, come le fucilate inferte da ignoti al-l’immagine di S. Giovanni Battista nel 1612 ed epi-sodi più propriamente legati ad eventi di storia ita-liana quali, per esempio, la realizzazione dellostemma di S. Marco del 1797, scalpellato in prossi-mità dell’immagine sacra.

Nel corso degli anni le funzioni della Torre Civi-ca sono mutate considerevolmente in ragione deldivenire e del mutare delle vicende storiche, diven-tando il punto di riferimento della vita della comu-nità. Con il suono delle sue campane , durante ladominazione di Venezia, il campanaro annunciavauna situazione di pericolo (come nel caso di un in-cendio) o la Convocazione del Consiglio Comunale,attualmente. Inoltre, in qualità di elemento simboli-co e dominante del paese, è diventata per un deter-minato periodo l’emblema della giustizia, adattan-do alcuni dei suoi spazi interni a luoghi di deten-zione.

Le testimonianze storiche pervenute testimonia-no già dal 1587 la presenza di un orologio in faccia-

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PROGETTO DI UN MUSEO STORICOALL’INTERNO DELLA TORRE CIVICA

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ta che nel 1793 viene sostituito da un meccanismopiù complesso ed articolato, composto da un siste-ma di viti e bulloni ad incastro e da tre treni di ruo-te dentate aventi diverse funzioni, commissionato aDomenico Crispi; tale sistema garantiva il regolarerintocco delle campane tramite due pale, definite“orecchie d’elefante”, poste sul retro del meccani-smo.

Durante la seconda guerra mondiale le campanevennero fuse al fine di ottenere bronzo utile per fab-bricare armi; al loro posto, sulla sommità della tor-re, venne posizionata una sirena d’allarme, aziona-ta manualmente da una guardia, che segnalaval’avvicinarsi di aerei nemici e, di seguito, il cessatoallarme.

A quell’epoca la Torre era già stata dichiarataMonumento Nazionale e per questo venne rispar-miata dai bombardamenti; costituì quindi un buonrifugio antiaereo, poiché la sua stabilità rappresen-tava una garanzia contro gli spostamenti d’aria .

Per queste sue lunghe vicissitudini la Torre, per iLonatesi, è simbolo da amare e custodire.

dott.ssa Federica Zanoni

L’IDEA PROGETTUALELa proposta di allestimento di un’esposizione

permanente, all’interno della Torre Civica di Lona-to, incoraggia la volontà di mantenere in vita la me-moria storica del luogo e contemporaneamente ob-bliga a considerare gli edifici storici come elementifondamentali del Genius Loci.

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Oltre a questo aspetto, l’ubicazione di un com-plesso museale in uno dei monumenti più significa-tivi del contesto urbano contribuirebbe alla creazio-ne di un potenziale punto di aggregazione, il cui va-lore sarebbe accresciuto nell’ipotesi di una risiste-mazione di Piazza del Mercato.

L’idea, che il gruppo di lavoro sta ancora attual-mente studiando, ha alla base due presupposti fon-damentali.

Primo, quello di progettare uno spazio flessibile

che vada al di là dell’idea canonica di esposizione,uno spazio dove il visitatore venga coinvolto trami-te luci, suoni, immagini, odori e venga stimolato apercorrere tutti i piani della Torre fino al piano del-le campane: punto di osservazione privilegiato ver-so il territorio lonatese. Tutto ciò in un’ottica chepreveda uno spazio museale che possa cambiare ve-locemente, adattandosi alle nuove necessità, acco-gliendo nuovi “cimeli” accanto a quelli già disponi-bili. Il museo può diventare un luogo per gli adulti44

47ª FIERA DI LONATO ’05

AZIENDA AGRICOLA VIVAIO PIANTE

Cherubini Egidio

& Figli s.n.c.Progettazione - Realizzazione

manutenzione verde pubblico

e privato

impianti di irrigazione

e arredo urbano

Sede: 25017 LONATO (BS)Via Fornaci dei Gorghi, 4Tel. 030.9919963

Esposizione:25015 DESENZANO DEL GARDA (BS)Via Vò, 7 - Tel. e Fax 030.9120083

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e per i bambini, uno spazio dove conoscere le pro-prie origini e la propria storia in modo piacevole ecoinvolgente.

Secondo è che ogni elemento facente parte del-l’allestimento museale possa essere aggiunto o ri-mosso in qualunque momento senza lasciare tracceo segni sul monumento.

Sulla base delle notizie storiche esaminate e del-l’analisi delle caratteristiche del manufatto stesso, laproposta di progetto prevede di riportare l’accessoalla Torre sul lato est dove, ad un’altezza di tre me-tri circa rispetto al piano stradale di via Ugo da Co-mo, è chiaramente visibile la presenza dell’anticaporta di accesso.

Considerando l’elevato valore storico e le discre-te condizioni in cui si trova, se ne suggerisce unadeguato recupero; tale scelta garantisce il rispettodel valore storico ed una maggiore sicurezza per ivisitatori, non avendo la Torre accesso diretto dallastrada.

L’ingresso al Museo è raggiungibile tramite uncorpo scala esterno auto-portante, pensato comecombinazione di materiali leggeri e trasparenti perevidenziare la completa rinuncia ad interventi di ti-po invasivo sulla struttura portante e sull’immagi-ne complessiva del manufatto.

Il progetto prevede al primo piano, la sistema-zione dell’ingresso principale, compreso di bigliet-teria/punto informativo, book shop e allestimentodi una zona introduttiva alla mostra, mentre al pia-no terra si ripropone con un allestimento, l’origina-ria cella di detenzione, come luogo prevalentemen-te di passaggio. In questo contesto l’attuale ingressoalla Torre, ubicato anch’esso al piano terra, assume-rebbe la funzione di uscita secondaria.

Sebbene molto angusta, la struttura della scala didistribuzione e accesso ai vari piani, di recente si-stemazione, rimarrebbe sostanzialmente invariata,mentre per quanto riguarda i parapetti in legno, at-tualmente posti a protezione del pavimento irrego-lare con copertura delle volte a vista, se ne prevede,nella maggior parte dei casi, la rimozione in favore

dell’ampliamento della superficie disponibile perl’osservazione al pubblico. Gli oggetti da esporre,in relazione alle dimensioni e alla necessità di valo-rizzazione e protezione, verranno distribuiti sui va-ri livelli secondo un percorso logico ben definito eincrementato da diverse suggestioni sensoriali, ol-fattive e visive, prevedendo la creazione di deter-minate tecniche di protezione per assicurarne la si-curezza, come la presenza di pannelli in plexiglasposti davanti alle armi fissate a parete.

Per la salvaguardia degli oggetti in esposizione eper la garanzia di un adeguato comfort dei visitato-ri, la proposta progettuale prevede la presenza diserramenti su misura in ferro e vetro per rendere anorma di sicurezza la visitabilità degli ambienti in-terni.

L’unico piano, la cui disposizione non prevedemodifiche, è quello che ospita il meccanismo dell’o-rologio che, per l’ importanza e valore storico chericopre e per l’ottimo stato di conservazione, ri-marrà nella posizione attuale e sarà preservato daqualsiasi tipo di intervento.

arch. M. Bianchini, L. Fezzardi, B. Grigoli

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Elaborazioni grafiche: M. Lecchi C. FranceschiniSchizzi: Alberto BassiPannelli espositivi: V. Mazzetti

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Ordinate, catalogate ed inseritesu supporto informaticocirca 400 immagini dell’archiviofotografico comunale, grazie allalungimiranza dell’amministrazionecomunale.

Il 30 aprile dello scorso anno, in base ad una con-venzione sottoscritta fra i due enti, la Giunta Comu-nale ha affidato all’ “Associazione Amici della Fon-dazione Ugo Da Como - Centro di DocumentazioneLonatese” l’incarico per la ricerca, la catalogazionee la sistemazione delle fotografie depositate pressogli uffici e l’archivio del Comune.

L’occasione è stata quella dello sgombero dei lo-cali del Palazzo Municipale per consentire la ristrut-turazione di tutto il complesso degli uffici comuna-li. Nel corso dello svuotamento degli arredi sonostate raccolte e riunite alcune centinaia di immagini,molte delle quali erano da decenni “dimenticate”nei cassetti e negli armadi. L’Amministrazione Co-munale non si è lasciata sfuggire l’opportunità permettere in ordine il materiale ed ha voluto quindiaffidare alla nostra associazione tale incombenza.

Lo scopo che si è raggiunto è stato duplice: tuttele fotografie, ora ripulite, datate e catalogate, sonostate restituite al Comune assieme ad un CD sulquale sono state totalmente riprodotte. Inoltre, datoche le immagini sono entrate a far parte anche del-l’archivio fotografico informatizzato del Centro diDocumentazione Lonatese, sono facilmente consul-tabili da chiunque avesse interesse a visionarle.

L’iniziativa del Comune, che ha voluto in questomodo salvaguardare e rendere disponibili questetracce del passato, dovrebbe essere di esempio peraltri enti e privati affinché si rendano sensibili aqueste problematiche. Siamo sicuri che molte coseinteressanti giacciono dimenticate nei cassetti ditanti lonatesi e che prima o poi – i fatti purtroppo lohanno sempre dimostrato – andranno disperse sen-za lasciare traccia. Nel Centro di Documentazioneesse sarebbero valorizzate, ben conservate e messe adisposizione di chiunque per la consultazione.

Ritornando all’archivio comunale, è stata ultima-ta, come è stato detto, la catalogazione della primatranche di circa 400 fotografie che coprono un pe-riodo che va dagli anni ’40 del secolo scorso fino aigiorni nostri.

La più vecchia, e forse anche la più rara, risale al-la seconda metà degli anni ’40 . È un collage di miniritratti di quasi tutti i componenti della prima am-ministrazione del dopoguerra ed è sormontato dal-la scritta: A ricordo del primo Consiglio comunale dell’I-talia Repubblicana del Comune di Lonato. Il Comune alPopolo, il Popolo al Comune. Sono raffigurati i consi-glieri Ragnoli, Chiaramonti, Ondei, Signori, Abate,Gallina, Baruzzi, Fabbri, Casella, Corbari, Giaco-melli, Susio, Fontanella B., Bulgarini e Roberti. Delsindaco Curami Domenico e dei consiglieri Bertola,Carpaneda, Crescini e Fontanella E. non vi sono i ri-tratti, ma l’immagine riporta i loro nomi.

Se possiamo esprimere un suggerimento, sareb-

VALORIZZATO E RESO CONSULTABILEUN PICCOLO TESORO DEL COMUNE

GIANCARLO PIONNA - Centro di Documentazione Lonatese

1956. I lavori del primo tratto della circonvallazione sud di Lo-nato nel punto in cui si allacciava alla statale per Desenzano. Ilprogetto è stato poi abbandonato ed attualmente in questoluogo si trova il Centro Commerciale “La Rocca”.

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be un’immagine da incorniciare e conservare nel-l’ufficio del Sindaco a ricordo del primo ConsiglioLonatese eletto democraticamente dopo la secondaguerra mondiale.

Al 1956 risalgono invece quattro fotografie chedocumentano il tentativo, andato poi fallito, di co-struire la circonvallazione di Lonato aggirando ilpaese nella sua parte meridionale. I lavori erano ini-ziati scavando un varco nel versante nord del mon-te della Galleria e con il materiale di risulta era sta-ta predisposta una massicciata che raggiungeva lastatale per Desenzano all’altezza della curva dettadel “Cavallo”.

Una serie di fotografie risalenti al 1958 testimo-niano invece l’esecuzione di alcuni lavori pubblici,fra cui, degne di maggior interesse, sono quelle chericordano il rifacimento del selciato di via Tarello (sisostituì l’acciottolato con i cubetti in porfido) e la si-stemazione della pavimentazione della piazza, cheè stata ripresa nel momento in cui un aratro (!) ri-muoveva il suo fondo in terra battuta.

Una cinquantina di immagini risalenti al 1959 ri-

cordano i funerali del sindaco avv. Giovanni Rossi:fotografie che, oltre a documentare il triste evento,hanno il pregio di aver ripreso le strade del paesecosì come si presentavano in quegli anni e fissato ivolti di tantissimi lonatesi ora scomparsi.

Sono datate invece 1961 le fotografie che docu-mentano la sede della nuova pretura in PalazzoZambelli; vi si trovano riprodotte tutte le nuove sa-le, gli arredi, gli affreschi e la cerimonia del-l’inaugurazione alla presenza di tante autorità.

Al 1964 circa risalgono le immagini che testimo-niano la cerimonia della posa della prima pietra perla costruzione del nuovo asilo infantile Lanni DellaQuara ed al 1975 quelle che hanno fissato il mo-mento dell’inaugurazione delle nuove scuole ele-mentare di via Marchesino. E così via via tante altrefotografie che ricordano iniziative, mostre, avveni-menti, che si sono succeduti nel tempo fino ai gior-ni nostri.

Un piccolo tesoro, quindi, che andava assoluta-mente salvaguardato.

1958 circa. Lavori preparatori per la pavimentazione della Piazza Municipale.

L’intero territorio del comune di Lonato è inclu-so nel comprensorio di bonifica n. 13 “Medio Chie-se” delimitato in applicazione della legge regionale59/84.

Con decreto del Presidente della Giunta dellaRegione Lombardia n°23472 del 09/11/1988 il nuo-vo Consorzio è entrato nel pieno esercizio delle suefunzioni a decorrere dal 1° gennaio 1990, su una su-perficie di competenza territoriale di ettari 55.874suddivisi in trenta comuni della pianura orientalebresciana.

Il Consorzio di Bonifica Medio Chiese intervienequale soggetto attivo ai fini della difesa del suolo, diun equilibrato sviluppo del territorio, della tutela edella valorizzazione degli ordinamenti produttivi edei beni naturali, con particolare riferimento alle ri-sorse idriche ed al loro uso plurimo. In particolareprovvede alla progettazione, esecuzione in conces-sione, manutenzione ed esercizio delle opere di bo-

nifica di competenza statale e regionale, nonché diogni altra opera pubblica di interesse consortile.

Il Consorzio concorre inoltre alla salvaguardiaambientale ed al risanamento delle acque, alla rea-

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Assistenza infermieristicaprofessionale domiciliare e ambulatoriale

Tipologia di intervento:Igiene personale completa, vestizione, aiuto nel man-giare, flebo, iniezioni, prelievi, cateterismi e lavaggivescicali,medicazioni,accompagnamenti esterni,consulenza nell’espletamento di pratiche ASL,collaborazione con il medico personale

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IL CONSORZIO DI BONIFICA “MEDIO CHIESE”Ing. GIUSEPPE NEGRINELLI - Direttore del Consorzio

lizzazione di opere di protezione dalle calamità na-turali e agli interventi di ripristino e di manutenzio-ne idraulica. In sintesi le attività del Consorzio diBonifica Medio Chiese riguardano principalmente,oltre all’irrigazione, la bonifica e la tutela del terri-torio.

La bonifica, nell’ambito del territorio consortileappartenente al comune di Lonato, avviene per sco-lo naturale in relazione alla topografia del territoriopedecollinare. La rete di canali, dominata dallaRoggia Lonata, nonostante abbia una funzione pret-tamente irrigua, durante gli eventi di piena svolgefunzioni di scolmatrice.

La Roggia Lonata Promiscua trae le sue originidal fiume Chiese. In località Cantrina di Bedizzolele acque di competenza dei comprensori di spondasinistra, vengono derivate mediante opera di presacostituita da una traversa ad arco rivestita in grani-to, adagiata nell’alveo del fiume, alla quale fa segui-to il manufatto degli sghiaiatori e dei dissabbiatoricon relativo sfioratore seguito dalle paratoie di pre-sa e regolazione che danno origine alla “Roggia Lo-nata Promiscua” che, raggiunta la località Salago, sisuddivide in altri due rami, uno denominato canale

Comprensorio consortile e distretti.

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Schiannini, che porta le acque di irrigazione ai Co-muni di Calcinato e Montichiari e l’altro, la RoggiaLonata, fino al limite del Comune di Lonato in loca-lità Esenta.

Lungo il tragitto dei canali vettori principali sidipartono, sia in sponda destra che sinistra, le di-verse derivazioni costituenti la rete promiscua irri-gua e di bonifica al servizio dei comprensori dicompetenza, raggiungendo, in alcuni casi, ancheterritori distanti più di una decina di chilometri dal-le bocche di prelievo.

Il Programma Provvisorio di Bonifica, adottatocon delibera del Consiglio dei Delegati n° 4/98 del28/10/1998, è la sintesi dell’indagine conoscitivasulla rete dei canali irrigui e di bonifica cartografa-ta, i manufatti idraulici, le aree irrigue, i sistemi d’ir-rigazione, i bacini scolanti, i sistemi di scolo, le areesoggette a rischio d’esondazione.

Si è reso disponibile un quadro conoscitivo in co-stante evoluzione che, con l’implementazione dinuovi temi cartografici ed attributi nel database de-scrittivo, in un prossimo futuro sarà fedelmente rap-presentativo della effettiva situazione territoriale.

Le risultanze hanno consentito, mediante l’uti-lizzo di un sistema cartografico informatizzato, lapredisposizione di carte tematiche per la gestioneterritoriale con riferimento alla salvaguardia e mes-sa in sicurezza del territorio. L’esame della carta deibacini idrografici, della carta del rischio idraulico,

per predisporre protocolli di intervento nella ge-stione delle situazioni di emergenza. Per tutti que-sti motivi, nell’opera costante di sensibilizzazionein atto nei confronti delle Comunità locali, il Con-sorzio ha reso disponibile su supporto informaticole cartografie tematiche prodotte.

In particolare: è ormai un fatto consolidato cheuno degli interventi fondamentali per la messa insicurezza del territorio è costituito dal controllodella situazione idrometeorologica tramite oppor-tuni sistemi di monitoraggio. Tali sistemi sono co-stituiti sia da una serie di procedure da attivare inconseguenza di allerte meteorologiche sia da veri epropri sistemi di hardware e software dedicati almonitoraggio delle precipitazioni e al controllo del-lo stato dei corpi idrici superficiali. I dati rilevatipossono essere utilizzati per la messa in atto di pro-cedure di salvaguardia di vario genere:● messa in funzione di organi meccanici per rego-

lazione dei deflussi;● formazione di arginature temporanee;● manovra di organi manuali;● avviso alle popolazioni.

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della carta delle opere irrigue e di bonifica esistenti,rappresenta un supporto indispensabile per la pro-grammazione territoriale, consentendo in modo im-mediato la valutazione dell’impatto con le proble-matiche idrauliche. Al tempo stesso l’utilizzo diquesti supporti informatici diventa insostituibile

Il rischio idraulico.

Per affrontare queste ed altre problematiche, conl’obbiettivo di approfondire l’aspetto conoscitivo

significative che consentano l’istituzione e gestionedi un sistema di acquisizione, archiviazione ed ela-borazione delle variabili idrologiche che, relativa-mente al territorio di Lonato, ha portato alla realiz-zazione delle seguenti stazioni:a) stazione di misura e telerilevamento sul Fiume

Chiese e sulla roggia Lonata Promiscua a Cantri-na di Bedizzole;

b) stazione di misura e telerilevamento sulla roggiaLonata Promiscua, Lonata, Schiannini a Salago ;

c) stazione di misura e telerilevamento sulla roggiaLonata, e sul Torrente Reale in località PonteZocco di Lonato;

d) stazione di misura e telerilevamento sulla roggiaLonata e sul Canale Arnò in località Maglio diLonato.

Ciò nell’ambito di un complessivo progetto di mo-nitoraggio idrologico che ha visto in più lotti di la-vori la realizzazione di un sistema di acquisizionedati costituito da ben 33 periferiche.

Ogni periferica è caratterizzata da:● numero identificativo secondo la codifica asse-

gnata dal progetto;

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Dislocazione delle periferiche di monitoraggio.

Periferica di monitoriaggio a Ponte Zocco - Bettola

delle variabili idrologiche relative a tutta l’asta delfiume Chiese e il monitoraggio dei principali tor-renti che influenzano l’assetto idrogeologico del ter-ritorio consortile, è stata delineata una propostaoperativa che ha visto la realizzazione di un sistemainformatico di telemisura efficiente con l’attivazio-ne di un posto centrale e di stazioni periferiche dimonitoraggio dislocate nelle sezioni maggiormente

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● località d’installazione della periferica;● corso d’acqua monitorato;● sonde in campo (idrometri a celle di pressione,

ultrasuoni, pluviometri, rilevatori di T° acqua edaria, livello tensione di alimentazione);

● tipo di connessione al posto centrale;● numero di telefono;● individuazione planimetrica catastale;● scala di portata (corrispondenza altezze idrome-

triche/portate).La conoscenza in tempo reale dei parametri idro-

logici rilevati dal sistema di monitoraggio ha rile-vanti ricadute sulla gestione degli eventi meteorolo-gici sfavorevoli, consentendo la previsione dellaformazione di eventi di piena riguardanti il territo-rio comunale che, associati alla conoscenza in tem-po reale dei valori di pioggia nel bacino dominantedelle portate conseguenti generatesi nei torrenti,consentono di prevedere con anticipo, pari al tempodi corrivazione delle acque stesse, eventi conse-guentemente ai quali si sono verificati in passato esi verificano frequentemente, allagamenti.

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In alto e qui a sinistra,le periferichedi monitoraggiodel Maglio di Lonato.

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Un esempio applicativo di ciò è la carta delpotenziale rischio idraulico.

Carta del PotenzialeRischio Idraulico

Loc. Ponte Zocco - Bettola.

Carta del PotenzialeRischio Idraulico

Loc. Maglio.

Si evidenzia come la disponibilità di una ba-se cartografica numerica e di un sistema di mo-nitoraggio di variabili idrologiche rende dispo-nibile un prodotto che, in presenza dell’eventometeorologico sfavorevole, è in grado di moni-torarlo nella sua evoluzione fino a prevederneprogressivi scenari tali da permettere l’attivazio-ne di protocolli d’intervento, secondo metodolo-gie standardizzate a livello regionale, oltre chefornire modelli interpretativi dell’evoluzione diprefissati scenari di rischio.

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Francesco Cigarini, simpatico giovanotto tren-tenne di Lonato, nel 2000 è entrato a far parte a pie-no titolo della squadra, formata da 4 unità, addettaai test della mitica Ferrari, che da tempo dominaincontrastata la Formula 1.

Dopo qualche anno in cui ha lavorato, prima co-me meccanico e poi come elettrauto, presso alcuneofficine della zona, nel ’99 la sua grande passioneper l’elettronica lo porta a frequentare un anno dispecializzazione all’interno dell’équipe della Fer-rari ed a realizzare, l’anno successivo, il suo sognodi entrare con la squadra test su tutte le piste euro-pee del campionato di Formula 1.

Ogni settimana, dopo i vari Gran Premi, la mac-china viene sottoposta ad un programma di test alfine di eliminare eventuali imperfezioni registratedurante la corsa e di migliorare le prestazioni perla gara successiva.

Questo lavoro viene eseguito anche nella sessio-ne invernale (gennaio e febbraio), che è la più im-

pegnativa in quanto i test, non essendo intervallatidalle gare di campionato, vengono effettuati senzasoluzione di continuità. Infatti è proprio in questoperiodo che si sviluppano le idee per preparare lamacchina che affronterà i Gran Premi della nuovastagione.

In cosa consistono questi test? “Deve sapere – ci ha spiegato Cigarini – che la po-

tenza viene scaricata a terra mediante le gomme. Diven-ta quindi decisivo trovare il set-up di gomma giusto. Al-tri test essenziali concernono i set-up elettronici che so-no funzionali alla parte meccanica ed aerodinamica delveicolo. Qualsiasi sviluppo provato a banco durante lasettimana, qualsiasi idea da portare in pista, vengonoconcretamente messi alla prova sul circuito la settimanasuccessiva e, dopo tale prova, si saprà se tutto precedeper il verso giusto oppure se gli esperimenti adottati de-vono essere ulteriormente perfezionati”.

“L’elettronica – ha proseguito Cigarini – rappre-senta la neurologia della macchina. Sia il pilota che gli

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NEI TRIONFI DELLA FERRARILO ZAMPINO DI UN LONATESE

di GIANNI FOLLI

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Francesco Cigarini... nel pieno svolgimento delle sue funzioni e, nella pagina accanto, mentre dialoga con Michael Schumacher.(foto Antonio Perin - Sirmione)

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ingegneri hanno biso-gno di sapere come sicomporta la macchinae questo può essercifornito soltanto daisensori. Noi appli-chiamo questi sensoriper tradurre la dina-mica del veicolo e co-noscere il comporta-mento della monopo-sto: essi ci diranno sec’è stato o meno unmiglioramento. Que-sti risultati vengonopoi comparati con leosservazioni e i giudi-zi del pilota e, dai datiche emergono da que-sto raffronto, si stu-diano le soluzioni piùopportune. Quando si verifica qualche problema duran-te lo svolgimento di un Gran Premio, il nostro lavoro di-venta fondamentale ed enormemente più impegnativopoiché, oltre ai test già programmati, dobbiamo analiz-zare a fondo l’inconveniente, anche il più piccolo, e tro-vare la soluzione idonea affinché non abbia più a ripeter-si. Io credo che sia proprio questo metodo di lavoro, que-sta meticolosità ad aver portato la Ferrari agli invidiabi-li risultati di questi anni”.

Ogni 4 gare Cigarini e i suoi colleghi vengonoconvocati da Jean Todt per fare insieme a lui il pun-to della situazione: un’analisi e un bilancio genera-le delle 4 gare disputate.

“È un incontro fisso – ci ha detto – fatto, secondome, per farci sentire maggiormente partecipi alle sortidella causa comune e, nel contempo, per responsabiliz-zarci e stimolarci tutti, nessuno escluso. Sovente Todteffettua dei giri di controllo anche all’interno dei repartie, se c’è qualcosa non perfettamente a posto o i locali dilavoro non sono più che puliti, non ci risparmia energi-che strigliatine. La bravura di personaggi del calibro diTodt o del presidente Montezemolo, al di là del loro indi-scutibile spessore intrinseco, sta nella loro capacità disaperci trasmettere, anche verbalmente, la carica e dicoinvolgerci totalmente in questo lavoro. Ricordo, adesempio, che in uno dei pochi momenti di difficoltà in-contrati nell’ultimo campionato, Montezemolo è venutoin pista a spronarci, invitandoci a dare il massimo. È ungrande trascinatore e, secondo la mia modestissima opi-nione, ha le qualità per far crescere tutta l’industria na-zionale. Io, dal ’99 ad oggi, mi sono reso conto, dall’in-terno, dei continui miglioramenti che, sotto la sua gui-da, si verificavano, di settimana in settimana, ed ho vis-suto con stupore, con adrenalinica partecipazione e conammirazione la grande e progressiva crescita della Fer-rari. È stata per me un’esperienza esaltante”.

E quel “mostro sacro” di Michael Schumacher,che tipo è?

“Molti lo descrivono come un tipo freddo e staccato –ha sostenuto Francesco Cigarini – ma in realtà è sem-plicemente un uomo equilibrato. Quando è allegro ti ri-volge spesso simpatiche battutine ed è capace anche diabbracciarti; è una persona molto gentile e rispettosa dellavoro degli altri. Però bisogna pur capire quanto spessosia sotto pressione e quanto la sua professione richieda lamassima concentrazione: non si può pretendere che rac-conti sempre barzellette. Ma non ha mai sgarbato unavolta qualcuno. Quando arriva il giorno che deve girare,viene dalla squadra e ci saluta ad uno ad uno, stringen-doci la mano. È un grande lavoratore, un perfezionista,un trascinatore, un vero leader. La sua presenza è ‘senti-ta’ da tutti; quando c’è lui danno tutti il massimo. Ru-bens Barrichello, pur essendo anche lui un grande pro-fessionista, ha una personalità diversa, più latina. È piùestremo nelle reazioni: o è molto arrabbiato o è molto al-legro”.

Quello del nostro concittadino è un lavoro moltoimpegnativo sia per i continui, lunghi spostamentiche per i prolungati orari di lavoro: sveglia alle 7 delmattino, si lavora fino a tarda sera e, a volte, ancheoltre, per avere la macchina perfettamente a punto ilgiorno dopo. Un lavoro che può creare, inoltre,qualche difficoltà nelle relazioni affettive a causadelle frequenti, lunghe assenze da casa.

“È un’attività – ci ha confermato Cigarini – chemi costringe a rinunciare, per certi periodi, agli affettipiù cari. Ma la grande passione per le macchine e per l’e-lettronica, unitamente all’orgoglio di far parte della scu-deria più prestigiosa del mondo, mi ripaga ampiamentedi tutti i sacrifici”.

D’altro canto l’amore per la Ferrari non si puòcerto dire sia... un affetto da poco!

47ª FIERA DI LONATO ’05

Il Caseificio socialeGardalatte si costituiscenel 1967, su iniziativa diun gruppo di agricoltorilonatesi, e diventa piena-mente operativo nel 1969sotto la presidenza del si-gnor Eugenio Soldo.

Nel 1980, dopo un bre-ve periodo di crisi conse-guente al ritiro dall’atti-vità del vecchio presiden-te, riparte alla grande conil nuovo presidente Gior-gio Musicco, tuttora in ca-rica.

Lo scopo principale della cooperativa è quello dioffrire agli agricoltori del nostro territorio non solola vendita ma anche la trasformazione e la commer-cializzazione del proprio latte.

Le attività principali si estrinsecano soprattuttonella trasformazione del latte raccolto in formaggioGrana Padano, Provolone Valpadana (dei cui Con-sorzi la cooperativa è socia) e Pastorino, ma anchenell’allevamento da suini da ingrasso, che vengonoalimentati con i sottoprodotti della lavorazione delformaggio.

Tutto il latte viene conferito dai soci, da fornitoristorici del territorio lonate-se e delle zone limitrofe eda agricoltori di due comu-ni della Bassa Bresciana.

Con 48 dipendenti e unamovimentazione di 420 mi-la ettolitri di latte all’anno,Gardalatte è la secondacooperativa di tutta la no-stra provincia e tra le prin-cipali a livello nazionale.

Abbiamo chiesto al si-gnor Giorgio Musicco qualisono i loro principali clienti.

“Noi – ci ha risposto ilpresidente del consiglio diamministrazione della coo-perativa agricola – vendia-mo all’ingrosso il Grana Pada-no su tutto il territorio nazio-nale e Il Provolone ai piccoligrossisti soprattutto del SudItalia, in quanto si tratta di un

prodotto maggiormente apprezzato nelle regioni meridio-nali”.

Giorgio Musicco, in qualità di socio, gestisce an-che una propria azienda agricola modello, con circa500 di capi di mucche da latte delle migliori razze ecentinaia di pecore. Naturalmente questa è tra leaziende di riferimento per la cooperativa.

Attualmente il mercato del Grana Padano stacausando qualche problema a coloro che conferisco-no la materia prima.

“Effettivamente – ha sostenuto Musicco – stiamorisentendo negativamente della situazione di eccesso diofferta che, da alcuni anni, colpisce il Grana Padano. Ilconseguente abbassamento dei prezzi sta penalizzando inmaniera sensibile la zootecnia da latte in Italia”.

E le prospettive future lasciano percepire qual-che barlume di speranza o si prevede che tale criticasituazione possa perdurare?

“Si incomincia a intravedere – ha affermato il presi-dente – una possibile soluzione ai problemi che affliggo-no questo settore. Sembrerebbe infatti che la questionedelle quote latte vada finalmente a regime e che la nuovalegge riesca a portare un po’ di moralizzazione nel com-parto. Si iniziano a scorgere anche timidi segnali di in-versione di tendenza conseguenti ad un arresto della di-minuzione dei prezzi, che dovrebbe portare, se non anco-ra ad una vera e propria ripresa, quantomeno ad un pe-riodo di stabilita”.

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GARDALATTE: UNA TRA LE PIÙ IMPORTANTICOOPERATIVE ITALIANE

di GIANNI FOLLI

Giorgio Musicco,presidentedella Cooperativa

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L’azienda agricola “Giovanni Battaglia” è da an-ni specializzata nell’allevamento di bovini finalizza-to alla produzione del latte che, attualmente, vieneceduto ad una cooperativa di commercializzazioneper la sua trasformazione in formaggi.

Geograficamente l’azienda è collocata a sud delcomune di Lonato, in una zona adestinazione urbanistica agrico-la, confinante con altre aree omo-genee dei comuni di Calcinato eMontichiari.

La diminuzione della reddi-vità del latte, registrata in questiultimi anni, ha portato il titolaread analizzare attentamente leesigenze e le potenzialità dell’in-tero settore lattiero-caseario e, susollecitazione dei figli Mirko eManuel, che frequentano lascuola agraria, ha deciso di rea-lizzare un nuovo progetto, deno-minato “Bontà caprina” che, nel-l’ottica di una diversificazionedella prodotti, promuoverà laproduzione di formaggi caprini e, in via secondaria,anche di formaggi di latte vaccino.

“ Anziché ampliare l’allevamento di mucche – ci hadetto Giovanni Battaglia – ho maturato la decisione diritirare, due mesi fa, un allevamento di capre che, comeproduzione, è il quarto in Italia. Si tratta di un alleva-mento abbastanza avanzato sia dal punto di vista sanita-rio che genetico e quindi in possesso di tutte le caratteri-stiche richieste dalle normative vigenti. Gli animai ven-gono alimentati esclusivamente con foraggio aziendale”.

“Accanto al nuovo allevamento – ha proseguito –verrà realizzato un caseificio, in cui opereranno dei tecni-ci specializzati nella trasformazione del latte, ed uno spac-cio aziendale, che sono in fase di ultimazione e verrannoaperti il prossimo febbraio. All’interno dello spaccio si po-tranno acquistare sia il latte che i prodotti derivati; in par-ticolare sarà collocato un distributore manuale da bancodal quale il consumatore potrà attingere direttamente ilnostro latte fresco tutti i giorni. Noi abbiamo praticamen-te l’obbligo di mettere quotidianamente nel distributore illatte fresco mentre, per quanto riguarda la scadenza delprodotto, è il consumatore stesso che ne è responsabile. Inaltre parole, il consumatore non ha più necessità di con-trollare la scadenza del prodotto. Egli sa che, quando loacquista, il latte è fresco di giornata”.

Il latte di capra è un prodotto, pur se di nicchia,molto importante per i bambini allergici al latte vac-

cino. Oggi, infatti, sono molti i pediatri che consi-gliano questo tipo di latte, perchè è quello che si av-vicina di più, dopo il latte d’asina, a quello umano.

Naturalmente nello spaccio non mancheranno iformaggi aziendali.

“Ma anche – ha aggiunto Battaglia – prodotti di al-tri agricoltori che hanno intrapresoiniziative simili alla mia, ma conprodotti diversi. Ad esempio mar-mellate, vini o altri prodotti localitipici e di qualità, abbinabili al for-maggio caprino. E quando l’attivitàsarà a regime distribuiremo i nostriprodotti anche ai negozi specializ-zati”.

Attualmente tutte le istitu-zioni si stanno muovendo nel-l’ottica di assicurare ai consu-matori la tracciabilità dei pro-dotti. In questo caso il consuma-tore ha addirirrura la possibilitàdi toccare con mano l’autenti-cità del prodotto: può visitarel’allevamento, assistere, a dieci

metri di distanza, alla trasformazione del latte cheavviene nel caseificio, e acquistare il prodotto pres-so lo spaccio adiacente. Ciò al di là di tutte le certi-ficazioni che sono, comunque, doverose.

Crediamo che la scommessa dell’azienda sia de-stinata a raccogliere lusinghieri successi: latte e for-maggi di capra sono, infatti, sempre più apprezzatidai consumatori non solo per il loro valore nutrizio-nale ma anche per le loro qualità dietetiche e per laloro facile digeribilità.

La razza di capre, scelta da Battaglia per il suo al-levamento, è la “saanen francese”. Le sue origini sa-rebbero per la verità svizzere, ma poi la razza è sta-ta sviluppata dai francesi che, pur mantenendo unbuon gusto della carne, ne hanno migliorato quali-tativamente i caratteri da latte.

Un ulterore ramo di questa azienda, a conduzio-ne prevalentemente famigliare, sarà costituito dallavendita dei capretti.

“Le capre – ci ha spiegato Battaglia – sono animalistagionali. Dopo 5 mesi di gestazione, partoriscono solita-mente tra gennaio e febbraio e per le feste pasquali i ca-pretti raggiungono il giusto grado di maturazione” .

A febbraio, quindi, in località Trivellino (stradaper Esenta), i consumatori lonatesi potranno dispor-re di una nuova, interessante alternativa per i loroacquisti.

L’AZIENDA AGRICOLA BATTAGLIAPUNTA SULLA “BONTÀ CAPRINA”

di GIANNI FOLLI

Giovanni Battaglia con la moglie, nel nuovoallevamento.

I prodotti dell’enogastronomia bresciana, e inparticolare del lago di Garda, sono stati fra i prota-gonisti più apprezzati presso i grandi magazziniHarrod’s di Londra dove, l’ottobre scorso, su ini-ziativa degli Uffici al Commercio Estero e all’Agri-coltura dello Stato italiano, ogni Regione ha propo-sto, per una settimana, le migliori specialità delproprio territorio.

Gli assessorati all’Agricoltura e al Turismo dellaProvincia di Brescia hanno af-fidato l’incarico di rappresen-tare la nostra città al lonateseGiuseppe Dattoli, presidentedell’Arthob bresciana.

“Abbiamo pensato bene – ciha detto il presidente dei ri-storatori bresciani – di dividerequesta grande manifestazione indue diversi momenti: il primo èstato quello di istruire, con unanostra squadra di cuochi e di pa-sticcieri, i 180 cuochi dei magaz-zini Harrod’s. Abbiamo propostoi nostri piatti e i nostri dolci, trai quali ha avuto un enorme suc-cesso la torta bresciana, ed abbia-mo insegnato loro a cucinarli. Il secondo intervento si èconcentrato prettamente sulla promozione dei nostripiatti e dei nostri prodotti, mediante la gestione di unatrattoria italiana dove abbiamo proposto i nostri menùpiù tradizionali e, in particolare, il pesce del nostro lagodi Garda. Il successo è stato superiore alle più roseeaspettative, tant’è che siamo stati costretti ad organizza-re due turni per far fronte al gran numero di avventori.Abbiamo anche preparato un pranzo di gala riservata aipiù importanti giornalisti enogastronomici inglesi pro-ponendo un menù nel quale abbiamo appositamenteusato i prodotti bresciani già presenti nei magazziniHarrod’s, abbinati con un ottimo Lugana del Gardaclassico e con le ‘bollicine’ del Franciacorta: i commentidella stampa specializzata inglese sono stati oltremodolusinghieri, sia per la qualità del cibo che per la cura delservizio. A chiusura della manifestazione è stata orga-nizzata una serata per partecipare alla quale occorrevaspendere una cifra abbastanza impegnativa: dalle 250presenze previste, ci siamo trovati a far fronte a ben 900prenotazioni. In questa occasione abbiamo proposto unacarrellata di tutti quelli che sono i nostri prodotti tipici:dai formaggi, ai salumi, ai tartufi, ai vini”.

“Possiamo sostenere – ha proseguito con unapunta di legittimo orgoglio Giuseppe Dattoli – che

si è trattato di un grande successo della brescianità aLondra, in quanto la nostra performance è stata in asso-luto la più seguita ed apprezzata dell’intera manifesta-zione dedicata all’Italia”.

A Londra, Dattoli ha incontrato un famosissimochef bresciano col quale sta programmando unaserie di incontri tecnici per riuscire a portare tuttiquelli che sono i prodotti del lago di Garda sia neisuoi ristoranti ma, soprattutto, per fare in modo,

mediante appositi accordicon alcuni importatori, chetali prodotti siano più facil-mente reperibili nelle strut-ture commerciali londinesi,appurato che … “dati allamano, la cucina preferita daiLondinesi è proprio quella ita-liana”.

L’équipe capeggiata daGiuseppe Dattoli era for-mata, tra cuochi, pasticcierie ristoratori, da otto unitàoltre che da alcuni produt-tori di vini, salumi e for-maggi del nostro territorio.

Un’iniziativa simile aquella di Londra era stata realizzata dal presidentedell’Arthob anche a Vienna, Liegi e Strasburgo.

“Il nostro compito non si limita alla presentazionedel prodotto – ha sottolineato Dattoli – poiché noi pro-poniamo il prodotto già trasformato, già pronto da gu-stare. Inoltre organizziamo dei corsi per cuochi e pastic-cieri al fine di prepararli a trattare le nostre materie pri-me. Sarebbe infatti inutile avere ottimi prodotti se poinon abbiamo chi è in grado di cucinarli. Il lago di Gardaproduce una varietà di materie prime di eccezionale qua-lità. Non a caso siamo stati chiamati a curare il centena-rio di Zanardelli a Roma, dove abbiamo realizzato unacena in cui non è stato usato un solo prodotto che nonprovenisse dalla nostra zona”.

La formazione ha indubbiamente un’importan-za fondamentale per far apprezzare conveniente-mente le nostre tipicità. Ed è per questo motivo chel’Arthob ospita spesso i cuochi stranieri ed orga-nizza appositi stages per dare loro delle indicazio-ni, non solo sulla qualità della materia prima – sipensi ad esempio al tartufo della Valtenesi o al pe-sce di lago – ma anche per fornire degli spunti con-creti perché questa eccezionale materia prima ven-ga appropriatamente trasformata e portata in tavo-la nel modo più adeguato.

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IN VETRINA A LONDRA I PRODOTTI TIPICIDELLA PROVINCIA DI BRESCIA

di GIANNI FOLLI

Giuseppe Dattoli, presidente dell’Arthob bresciana.

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Tre anni son passati da quando il Sindaco mipropose di occuparmi della sua rappresentanza equindi di tutto il Comune in relazione al progettodi creazione dell’Agenzia Territo-riale del Garda Bresciano che ha co-me fine quello di promuovere inmodo integrato il territorio sotto ilprofilo dell’offerta turistica. Il cam-mino è stato lungo, ma l’impegnoprofuso in questi tre anni passati trala realizzazione del progetto di pro-mozione e valorizzazione integrata del contesto,prima del Garda bresciano e poi del basso Gardasotto un profilo turistico, sta iniziando a muovere iprimi passi operativi e visibili, grazie alla disponi-bilità di capitali messa in gioco dal pubblico e dalprivato.

L’operatività è giunta ad inizio stagione 2004,con la costituzione del “Consorzio Riviera del Gar-da e Colline Moreniche” di cui cinque comuni bre-sciani (Lonato, Desenzano, Sirmione, Pozzolengo ePadenghe) insieme agli operatori turistici privatisono i soci fondatori; Presidente è diventato il dr.Fernè, attualmente Presidente anche delle Terme diSirmione.

Ad oggi abbiamo già parte-cipato a numerose borse edeventi cercando di ricostituirequella che è l’immagine del no-stro territorio. Lo slogan è"Emozioni tutto l’anno" e sipunta su un Turismo sportivo,ambientale e culturale; insom-ma quando si parla di benesse-re, di qualità di vita, noi ci sia-mo. Uno dei progetti a cui stia-mo lavorando e a cui lavorere-mo nei prossimi anni consistenella creazione di un anellomorenico che fruisca della ri-cettività di Desenzano e Sir-mione e valorizzi il contesto dienormi risorse messe a disposi-zione da Lonato, Padenghe ePozzolengo. Nel 2004 abbiamosviluppato anche l’immaginedi varie risorse presenti sul no-stro territorio come il Palazzet-to dello Sport alla Borsa del Tu-rismo Sportivo, la presenza al-la Borsa del Turismo Congres-

suale, la presenza in varie fiere in ambito interna-zionale e, in collaborazione con "La Polada", nell’e-ducational, che è stato organizzato a fine novembre

e che ha visto la partecipazione di20 testate giornalistiche tedesche,svizzere e francesi. Lonato nell’ap-puntamento dell’educational ha po-tuto, grazie alla collaborazione in-stauratasi con l’associazione La Po-lada e la Pro Loco, far conoscere leFornaci Romane ad un pubblico in-

ternazionale. Alla fine del 2004 è stato stampato undepliant che promuove in modo integrato le varieofferte turistiche presenti sul territorio in relazionealla stagione invernale. Ricordo che il Consorzio Ri-viera del Garda e Colline Moreniche, in Lombardia,è secondo solo a Milano per ricettività alberghiera,numero di arrivi e numero di presenze. La stradaintrapresa, che sviluppa una collaborazione opera-tiva tra pubblico e privato, è quella giusta; solo co-sì, facendo partecipi tutti gli attori del territorio, siriesce a costruire qualcosa di solido e che può risol-levare le sorti del turismo gardesano e parallela-mente sviluppare una nuova cultura di sostenibi-lità che va a beneficio, in primo luogo, dei cittadini.

IL CONSORZIO DELLE COLLINE MORENICHEdi LUIGI DEL PRETE - Consigliere Comunale

(foto

Bo

netta)

Claudio Zanelli è stato amministratore comuna-le per ben sei legislature (2 nel suo comune di ori-gine, in Emilia-Romagna, 4 a Lonato) e giudice po-polare in Corte d’Assise ed Appello nei processiper la strage di Piazza Loggia e a MarioFumagalli.

Leggendo su internet la storia dellapubblica amministrazione lonatese edavendola trovata, secondo lui, un po’carente, ha deciso di scrivere un ma-nualetto per approfondire meglio, econ più dovizia di particolari, la storiapolitica, ma anche economica e cultu-rale, di Lonato degli ultimi 100 anni.

“La città di Lonato – si legge nellapremessa – già nei primi decenni del No-vecento era uno dei comuni più importantidella provincia di Brescia, per motivi di carattere ammi-nistrativo. Ad Est del capoluogo provinciale solo due co-muni erano sede di Collegio elettorale e di alcuni ufficimandamentali di Stato. Questi erano Lonato e Salò. Ilcollegio di Lonato comprendeva i comuni di Bedizzole,Botticino Mattina, Botticino Sera, Caionvico, Calcina-to, Calvagese, Carpenedolo, Montichiari, Nuvolera, Pa-denghe, Pozzolengo, Rezzato, Rivoltella, S. Eufemia,Serle, Sirmione e Virle.

Il comune di Lonato era sede di collegio elettorale per laelezione della deputazione nazionale e mandamento di uf-fici per la riscossione dei tributi, di registro e di Pretura.

Nei comuni del mandamento l’attività principale eral’agricoltura, la quale coinvolgeva fino al 70% della po-polazione. Anche i cittadini residenti nei nuclei abitati,in buona parte, vivevano dell’attività primaria; ognigiorno si trasferivano nei campi a lavorare e tenevanoqualche animale di bassa corte presso le loro abitazioniper sbarcare il lunario.

A Lonato, come in tutta la fascia pedemontana lom-barda, esisteva la grande proprietà terriera appoderata econdotta soprattutto con salariati, mezzadri e affittuari.Nel Venzago lonatese, fino a S. Tomaso, alcuni governinon lombardi, avevano favorito una piccola maglia po-derale frantumata e condotta soprattutto in affitto.

La grande proprietà terriera determinava la politicadel collegio elettorale che faceva capo al comune di Lona-to, così come del resto nei comuni della Padania non ca-poluogo.

A quei tempi la Lombardia era una delle regioni doveil divario sociale e culturale fra le genti addette all’atti-vità agricola e quello della borghesia dei grandi centricittadini era molto ampio. A Milano, come a Brescia e inaltri capoluoghi delle provincie lombarde, l’influenza

degli stati nordici ed altri fattori di sviluppo che si eranosucceduti durante i secoli, avevano favorito l’industria-lizzazione e si era enormemente sviluppata l’imprendi-toria privata.

Il tutto era regolato da una società do-minata dalla stessa borghesia, mentre nellecampagne si sentiva il peso della grandeproprietà terriera, la quale esercitava il suopotere con una conduzione aziendale piut-tosto arretrata, che considerava il lavorato-re più un oggetto che un soggetto, senzache questi partecipasse alla produzione.Uno stato di cose che rimarrà in vigore finoall’ultimo conflitto mondiale. Sono ancoraviventi persone che hanno lavorato in gio-ventù come garzoni – “famei” – solo pervitto, alloggio, qualche giacchetta sdruscita

e un sacco di frumento che non arrivava mai. La stessaindustria bresciana era proprietaria di enormi quantitàdi terreni ed era interessata a mantenere la situazioneesistente in agricoltura, in quanto gli permetteva di as-sorbire braccianti a basso prezzo e dipendenti che aveva-no meno pretese. La Chiesa cattolica non disdegnavaquesto tipo di società per la difesa dei propri possedi-menti terrieri e, nel contempo, beneficiava di elargizioni.Pertanto vi era un interesse comune perché le cose nel-l’attività primaria non cambiassero.

Alla borghesia lombarda, insomma, faceva comodoche le genti dalle mani callose che lavoravano nelle cam-pagne progredissero lentamente, per essere più malleabi-li quando aveva necessità di manodopera. I figli dellaclasse dominante finivano negli atenei e ne uscivanolaureati, entravano nei posti di comando, nella scuola,nelle banche, nelle fondazioni, nella direzione delle fab-briche e delle altre attività produttive, negli Enti, oppu-re emigravano in qualità di tecnici. Altri giovani segui-vano la strada dei seminari, allo scopo di preparare pre-ti, vescovi, cardinali e papi: un buon appoggio per chideteneva le leve di comando. Nelle campagne il grandesalto di qualità avvenne solo nel dopo guerra, quando ilcontadino ebbe il possesso della terra, poté contare sulleorganizzazioni sindacali ed usufruire delle nuove tecni-che: fattori che portarono le nuove generazioni all’avan-guardia nazionale di categoria. Nei capoluoghi lombardiprevalevano licei e seminari per accogliere i figli dellaborghesia, mentre da noi, in provincia, erano prevalentile scuole tecniche biennali e gli istituti magistrali, en-trambi frequentati in buona parte da figli di contadini.

Ne consegue che in Lombardia il divario fra la cultu-ra borghese dei grandi centri era enormemente distanteda quella della campagna, mentre in altre regioni, come

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LE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI DI LONATODAL DOPOGUERRA AD OGGI

Claudio Zanelli

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l’Emilia, la cultura dell’attività primaria non era inferio-re a quella della grande città. Non a caso, infatti, nel1946 i Sindaci eletti nei comuni emiliani erano a mag-gioranza contadini o braccianti, mentre a Lonato il primocittadino, eletto nello stesso anno, era incluso nella terzi-na che tutti i cittadini lonatesi conoscevano a memoria:“LAURÀ DAL SOLDO; A CIAPÀ I SOLC DAL CU-RAMI; MANGIÀ DAL MENEGAZZOLI”.

L’autore prende poi in considerazione tutte leAmministrazioni comunali che si sono susseguitedopo la seconda guerra mondiale.

Dalla sua testimonianza si evince come la figuradel segretario comunale, negli anni Cinquanta-Ses-santa, fosse spesso più importante di quella delSindaco stesso e come già allora le “raccomanda-zioni” venissero elargite in base all’ideologia poli-tica, come già allora imperversassero politici “ca-maleonti” tra cui un vicesindaco che, dopo averiniziato la sua … “carriera” in qualità di segretariodel partito fascista lonatese, diventò in seguito ca-pogruppo del P.C.I. e venne infine eletto nella listadel P.S.D.I.

Da quanto da lei sostenuto nel suo manuale, ab-biamo detto all’autore, emerge che la “cultura” po-litica ed amministrativa dei Lonatesi sia stata, fino-ra, alquanto latente, se non addirittura molto su-perficiale. Perché?

“La causa di questa mentalità diffusa, che tende a ri-tenere la politica estranea agli interessi personali – hasostenuto Claudio Zanelli – è da attribuire al benesse-re uniforme generato dal ‘fai da te’. Mi spiego meglio.Dopo la seconda guerra mondiale l’agricoltura, anche acausa della difficile situazione economica, cominciò adespellere gran parte dei propri addetti e per primi quelliche abitavano nel centro storico. Costoro dovettero cer-care lavoro fuori Lonato: a Brescia, a Milano o addirit-tura all’estero. Molti emigrati ritornarono verso gli an-ni Sessanta, dopo aver fatto esperienza altrove. Coloroche ritornarono, arricchiti dalla suddetta esperienza,iniziarono ad esercitare quello che io chiamo il ‘fai da te’,un fai da te affrontato con la forza delle braccia. Un fai

da te che tecnica-mente si è evolu-to ed ha creatoun benessere fa-miliare ed unasocietà economi-camente unifor-me rispetto adaltre zone dovela popolazioneera divisa in piùclassi economi-co-sociali. Un faida te che è diven-tato il supportode l l ’ economiadella nostracittà, ma che haprodotto un tipo di cultura, e quindi un modo di viveree di pensare, che non coinvolge l’individuo verso la pub-blica amministrazione. Un fai da te che ha prodotto unamentalità che non crea quadri politici e amministrativi;una mentalità che, nel contempo, tende, spesso con trop-pa superficialità, a criticare chi detiene il potere localesenza proporre alcuna valida alternativa”.

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Legambiente, dopo la catastrofe nucleare del 26aprile 1986, ha organizzato il “Progetto Cher-nobyl”, che prevede l’ospitalità per un mese in Ita-lia dei bambini provenienti dalle zone contamina-te, grazie alla collaborazione delle famiglie chehanno deciso di realizzare un gesto di concreta so-lidarietà.

Da allora sono sorte numerose associazioni e co-mitati umanitari locali che hanno reso possibile larealizzazione di questo progetto sui loro territori.

Nel comune di Lonato l’associazione “In voloper Lonato” è sorta nel 1997 per merito di FrancoBenamati, Mario Lisioli e Luigi Marini.

In Bielorussia ancora oggi, a distanza di 18 annidal disastro, camminando per le strade delle zonecontaminate, la sensazione è quella di essere finitiin un incubo: desolazione, abbandono, strade de-serte, finestre rotte, porte divelte, mobili intatti nel-le case. L’impressione è che la gente sia fuggita sen-za portare nulla con sé.

Le condizioni di vita della gente che abita nellezone contaminate sono sconvolgenti: famiglie nu-merose, piccole case di legno, redditi di pochi dol-

lari che costringono le persone ad alimentarsi diciò che coltivano e a bere l’acqua dei loro pozzi,tutti alimenti altamente radioattivi, che abbassanole difese immunitarie dei loro organismi.

Per avere un’idea precisa delle dimensioni deldisastro causato dalla centrale di Chernobyl bastaricordare l’incontro avuto da alcuni rappresentantidi Legambiente con un ingegnere che era a capo diuna delegazione di mille operai, inviata dall’exUnione Sovietica per spegnere ed arginare l’esplo-sione: lui era l’unico superstite!

Le conseguenze sanitarie più evidenti e signifi-cative causate dalla contaminazione sono rappre-sentate da un drammatico aumento dei disturbi ti-roidei, soprattutto fra i bambini, nonché dall’au-mento abnorme delle anemie dei neonati, delleleucemie, dei tumori maligni e dalla proliferazionedelle più svariate patologie, conseguenti all’abbas-samento delle difese immunitarie.

“La nostra associazione – ci ha detto Luigi Marini– è nata 7 anni fa con l’appoggio dell’associazione ‘Gar-da Solidale’ presieduta da Fabio Perin. L’abbiamo creataperché crediamo che l’intera umanità debba farsi carico

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I BAMBINI DI CHERNOBYL...“IN VOLO PER LONATO”di GIANNI FOLLI

Alcuni ragazzi bielorussi hanno partecipato, insieme ai loro coetanei lonatesi, al Grest organizzato dalla Parrocchia.

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della pesante ipoteca di morte che è stata messa sulla te-sta di vittime innocenti, colpevoli soltanto di essere natiin una terra destinata dagli uomini alla morte radioatti-va. Mediamente ospitiamo dai 20 ai 30 bambini ogni an-no. Le famiglie hanno la possibilità diospitare un bambino per la durata mi-nima di un mese fino ad una duratamassima di tre mesi. Più precisamentec’è la possibilità di invitare i bambininel mese di giugno o di luglio o di ago-sto, ma anche nei mesi di luglio e ago-sto o, addirittura, nei mesi di giugno,luglio e agosto. Il contributo a caricadelle famiglie ospitanti è stato que-st’anno di 380 euro. La cifra compren-de il viaggio di andata e ritorno in aereoe una copertura assicurativa che metteal riparo le famiglie da determinate re-sponsabilità nei confronti del bambinoospitato”.

Ma da questo soggiorno chevantaggi traggono i bambini per laloro salute?

“I vantaggi sono enormi – ci ha risposto Marini – espesso decisivi. È stato appurato che, alimentandosi per30 giorni con cibo non radioattivo e ricco di vitamine, ipiccoli riescono ad eliminare, attraverso le urine, fino al50% del Cesio 137, che è il più diffuso e pericoloso radio-nuclide presente nel loro organismo, mentre per la suapressoché totale eliminazione occorrono 100 giorni. In al-tre parole, il bambino che viene ospitato per un mese tor-na in Bielorussia con il 50% di possibilità di poter viverecome una persona sana. Noi consigliamo però di ospitarelo stesso bambino 30 giorni per tre anni consecutivi, per-ché in tal modo si ha la pressoché matematica certezza diaver definitivamente salvato una vita umana. Natural-mente lo stesso risultato si può ottenere ospitando unpiccolo per tre mesi consecutivi. Poi capita spesso che cisi affezioni al bambino e si finisca per ospitarlo per nu-merosi anni, come è successo a me, anche se altri bambi-ni avrebbero più diritto di venire da noi rispetto a quelliche hanno già soggiornato per tre anni consecutivi. È co-munque importante che le famiglie sappiano che, ospi-tando un bambino, possono concretamente salvare unavita umana, a meno che la malattia non sia in una faseterminale. Ma quest’ultima è un’evenienza che non puòcapitare, in quanto, sapendo che le possibilità di recuperosono inferiori, non li mandano neppure. È inoltre utileinformare le famiglie che un medico è gratuitamente a di-sposizione in caso di malattia dei bambini”.

Chi scrive, pur apprezzando da sempre questeiniziative umanitarie, non conosceva esattamentel’efficacia scientifica che ha sulla salute di un bam-bino un gesto come questo: un gesto in grado disalvargli concretamente la vita!

Ed è questo l’appello che Luigi Marini vorrebberivolgere a tutti i suoi concittadini: “una maggior

sensibilizzazione da parte di tutti i Lonatesi si tradur-rebbe nella salvezza di numerose vite umane, giovani edinnocenti”.

L’estate scorsa sono stai 23 i bambini accolti aLonato: 1 nel mese di giugno, 8 aluglio, 6 in agosto, 7 nei mesi di giu-gno e luglio ed 1 nei mesi di giu-gno, luglio e agosto. I bambini ospi-tati nel mese di luglio hanno potutopartecipare al Grest parrocchialeinsieme ai nostri figli, giocando efacendo amicizia fra loro.

“Siamo abbastanza soddisfatti – hasostenuto Marini – dei risultati fino-ra ottenuti dalla nostra associazione.Da quando è nata siamo sempre riusci-ti ad accogliere un buon numero dibambini, anche se, naturalmente, noi ciimpegniamo per riuscire ad ospitarnesempre di più. Ma riteniamo sia im-portante riuscire a mantenere ogni an-

no una certa media, perché abbiamo visto nascere in co-muni limitrofi altre associazioni simili alla nostra che,dopo due/tre anni, sono sparite. Noi siamo invece riusci-ti a resistere, a realizzare risultati di un certo rilievo e,con l’aiuto e la solidarietà dei Lonatesi, intendiamo pro-seguire nel nostro impegno cercando, se possibile, di au-mentare ulteriormente il numero dei soggiorni”.

Nelle entrate del bilancio dell’associazione “Involo per Lonato” figura un contributo da parte del-l’Amministrazione comunale e qualche elargizioneda parte di alcuni soci.

“Con questi soldi la nostra associazione – ci ha spie-gato Luigi Marini – contribuisce a pagare una percen-tuale del biglietto aereo alle famiglie che decidono diospitare un bambino. Quindi anche le famiglie che sonoimpossibilitate ad accogliere in casa propria un bambinopossono dare un aiuto, versando un contributo che con-sentirà di accoglierlo a chi ne ha la volontà, ma che nonsi trova nelle condizioni economiche di poter pagare ilbiglietto”.

Un aiuto economico, mediante una sponsoriz-zazione di una causa così nobile, potrebbe arrivare,pensiamo noi, anche dalle numerose aziende ubi-cate nel nostro territorio.

“ In volo per Lonato”, oltre ai soggiorni, si occu-pa anche della spedizione in Bielorussia dei cosid-detti “ pacchi-famiglia”.

Questi pacchi, che non devono superare i 10 chi-logrammi di peso ed hanno un costo di spedizionedi 25 euro, possono contenere abbigliamento, ali-mentari, giochi, eccetera.

Per ogni ulteriore informazione potete contattare:Franco Benamati (tel. 030.9130960; 348.2855858);Mario Lisioli (tel. 030.9132403);Luigi Marini (030.9162632; 335.5267546).

Luigi Marini

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47ª FIERA DI LONATO ’05

A Lonato suora Adele delle Ancelle della Carità èormai diventata una “istituzione”. Milanese di na-scita, esce dal noviziato, dopo aver trascorso a Bre-scia i 3 anni di preparazione per diventare suora, al-l’età di 24 anni e viene subito chia-mata a Lonato per svolgere le fun-zioni di segretaria contabile dell’I-stituto Paola di Rosa. Funzione chesvolge ininterrottamente per 43 an-ni e che continua a svolgere conamore e passione, nonostante dueprotesi alle gambe.

L’Istituto ospita un micronidoper bambini dai 2 ai 3 anni, la scuo-la dell’infanzia, per bambini dai 3ai 6 anni, la scuola elementare (6-11anni), la scuola media (11-14 anni) eil liceo padagogico e linguistico(14-19 anni). Praticamente una per-sona potrebbe entrare in questoIstituto a 2 anni e uscirne a 19 in possesso dell’esamedi maturità, pronto per affrontare gli studi universi-tari. Tra docenti e personale, al Paola di Rosa opera-no 45 persone. Gestire un complesso scolastico diquesto tipo dev’essere particolarmente impegnati-vo, ma suor Adele riesce a farlo non solo con appli-cazione e competenza ma anche con una certa dosedi serenità, dispensando un sorriso a tutti. Durantela sua lunga permanenza ha visto alternarsi tre pre-sidi: madre Eugenia Franceschetti fino al 1972, ma-dre Rosaria Rizzi, attuale vicaria generale, dal 1972al 1994, e suor Anna Caldara, che dirige l’Istituto da10 anni.

“L’anno scorso – ci ha detto suor Adele – abbiamodovuto aggiungere una nuova sezione alle due già esi-stenti della scuola media. Le richieste erano più di un cen-tinaio, ma non abbiamo potuto esaudirle tutte perché lospazio che abbiamo a disposizione non consentiva di crea-re un’altra sezione”.

Quali sono i ricordi più belli che conserva in piùdi quarant’anni di attività?

“I meravigliosi rapporti creati con gli alunni – ci harisposto –. Molti di loro sono diventati genitori e alcu-ni anche nonni, ma passano ancora a salutarmi, così co-me molti di loro hanno mandato i figli a studiare da noi.Ricordo poi con particolare piacere due ragazze che, puravendo frequentato da noi le vecchie scuole magistrali,sono riuscite a laurearsi in medicina. Da un po’ di anni,infatti, abbiamo sostituito le scuole magistrali con il li-ceo pedagogico e linguistico. Ma prima c’erano le scuolemagistrali che non consentivano l’accesso diretto al-

l’Università. Ebbene, queste due ragazze si sono fatte sùle maniche, hanno affrontato l’anno integrativo, si sonoiscritte all’università e si sono brillantemente laureatein medicina”.

È giusto rimarcare la buona vo-lontà delle due studentesse ma,pensiamo noi, ciò sta anche a dimo-strare che la preparazione con laquale sono uscite da questa scuolaera ottima.

Suor Adele cura molto i rappor-ti con gli alunni e con le loro fami-glie ed è per questo che la retta del-la scuola viene ancora pagata ‘brevimanu’ in segreteria. “È un metodoper socializzare di più, per approfondi-re la reciproca conoscenza. Io, per farleun esempio, dopo 43 anni di lavoro,non conosco ancora alcune vie di Lona-to, ma conosco perfettamente bene tut-

ti gli studenti e le loro famiglie. È come facessero parte an-che loro della nostra grande famiglia”.

Secondo lei, cosa manca, se qualcosa manca, aquesta scuola?

“Avremmo bisogno soltanto di spazio – ci ha rispostosuor Adele – per poter esaudire le numerosissime richie-ste di iscrizione che ci pervengono ogni anno. Da decennilavoriamo ogni estate per apportare migliorie alle aule eper razionalizzare gli spazi all’interno dell’edificio. At-tualmente stiamo pensando di creare una tettoia per tute-lare meglio l’uscita delle scuole elementari, riparando i ra-gazzi dalla pioggia. Ma non possiamo allargarci ulterior-mente perché di spazio a disposizione non ne abbiamoproprio più”.

È notorio come il vostro Istituto goda di un buonnome in tutta la provincia. Di chi il merito?

“È innegabile – ha sostenuto suor Adele – che la no-stra sia una scuola di buona qualità e ciò è soprattutto do-vuto alla preparazione della nostra preside e alla grandecompetenza e professionalità dei nostri docenti”.

E che quelle delle suore Ancelle della Carità diLonato siano scuole di alto spessore è testimoniatoanche dai numerosi corsi che si tengono in aggiun-ta alle tradizionali materie di studio: per le classielementari funziona un laboratorio artistico e sitengono corsi di teatro, danza, cucito e ricamo; perle scuole medie corsi di potenziamento della linguainglese, di latino, di teatro e corsi per il patentinodei ciclomotori; per le scuole superiori corsi di mul-timedialità e, anche qui, corsi per il patentino dei ci-clomotori.

SUOR ADELE: DA PIÙ DI QUARANT’ANNIAL SERVIZIO DEL “PAOLA DI ROSA”

di GIANNI FOLLI

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47ª FIERA DI LONATO ’05

Barbara Lai, 11 anni appena compiuti, è tornatada Los Angeles lo scorso agosto, con in tasca il 6°posto assoluto, conquistato ai campionati mondia-li individuali di danza aerobica.

Ma partiamo dall’inizio del veloce percorso cheha portato la nostra giovane concittadina al rag-giungimento di un risultato così prestigioso.

All’età di otto anni, inizia a frequentare, nelleore libere dagli impegni scolastici, la palestra“Operazione Fitness” di Lonato e ad appassionarsialla danza aerobica. La ragazzina dimostra benpresto di avere stoffa e, nel maggio del 2003, vienemandata dalle sue insegnanti a disputare a Milano,insieme ad altre due compagne (Chiara Moretti eGiulia Pastori), i campionati regionali dilettanti ca-tegoria Junior (7-11 anni): il trio, in occasione dellaprima gara ufficiale disputata, si aggiudica un pro-mettente 4° posto.

Un mese dopo si svolgono a Bergamo i campio-nati nazionali dilettanti ma, mancando partecipan-ti nella categoria Ju-nior, Barbara, che ave-va allora 9 anni, vienefatta partecipare, in-sieme alle sue duecompagne, nella cate-goria superiore, la ju-nior varsity (11- 15 an-ni). Nonostante il sal-to di categoria il trio siaggiudica uno splen-dido secondo posto,vincendo anche il pre-mio speciale “Simpa-tia”.

L’escalation prose-gue l’anno successivo.

In preparazionedei futuri appunta-menti le ragazzine la-vorano sodo: 5 allena-menti alla settimana epartecipazione ad al-cune esibizioni pub-bliche per tenersi sot-to “pressione”. I risul-tati si vedono già nelmarzo 2004 ai cam-pionati regionali di-lettanti categoria ju-nior, che si svolgono aComo, dove sbara-

gliano tutte le avversarie. Ma diventano addirittu-ra eclatanti tre mesi dopo, quando a Montichiari sisvolgono i campionati nazionali. Barbara e le suecompagne partecipano come dilettanti nella cate-goria junior e non trovano avversarie in grado diimpensierirle: il titolo di campionesse nazionali deidilettanti è loro. L’entusiasmo è altissimo e conta-gia anche le sue insegnanti Fabrizia Musci ed ElisaBaiguini. Le ragazze sono veramente brave e benpreparate. Perché non tentare, due giorni dopo, lacategoria professionisti? Proviamo!

Risultato: nei campionati nazionali professioni-sti di danza aerobica categoria junior conquistanoil posto più alto del podio e diventano contempo-raneamente campionesse italiane sia nella catego-ria dilettanti che nella categoria professionisti!

Abbiamo chiesto a Barbara se ha avuto paura,se ha provato particolari emozioni ad affrontare, asoli due giorni di distanza dai campionati dilettan-ti, i ben più impegnativi campionati nazionali pro-

fessionisti e se ha tro-vato significative dif-ferenze.

“Per la verità – ci harisposto – non mi sonomai soffermata a consi-derare che ci potesseroessere grandi differenze.Ero così carica e piena dientusiasmo che non mirendevo troppo conto diciò che mi accadeva in-torno. È stata un’espe-rienza fantastica ed en-tusiasmante”.

Il titolo italianoprofessionisti apre aBarbara Lai le portedei mondiali che sisvolgono a Los Ange-les tra la fine di luglioed il 7 agosto 2004.

Succede però cheuna delle tre ragazze,poco prima, si ritira el’affiatatissimo trio sisfalda. A questo pun-to che fare? O si ri-nuncia ai mondiali,oppure si percorre lastrada alternativa dipartecipare alle gare

MONDIALI AMERICANI DI DANZA AEROBICA:AL 6° POSTO UNA GIOVANE LONATESE

di GIANNI FOLLI

individuali. Barbara opta, fortunatamente, perquesta seconda soluzione.

Pur se la situazione non è tra le più semplici, inquanto è necessario preparare, in soli 30 giorni, unballo completamente nuovo, la giovane atleta simette d’impegno e, prima di partire per l’America,si sottopone ad impegnativi stages che svolge aMilano sotto la guida dell’allenatore della naziona-le italiana.

Anche l’amministrazione comunale di Lonatointerviene, aiutando l’atleta ad affrontare la costo-sa trasferta.

Ai mondiali le partecipanti sono numerose edagguerrite. Dopo le varie selezioni, la finale si di-sputa tra 12 atlete. Le giapponesi la fanno da pa-drone, piazzando ben tre atlete nei primi 5 posti.Barbara Lai conquista un più che onorevole 6° po-sto. Dietro le giapponesi, una colombiana e un’a-mericana, la prima delle europee è proprio lei.

Quest’anno, avendo appena compiuto gli 11 an-ni, Barbara deve fare il salto di categoria, passandodalla junior alla junior varsity.

Attualmente, facendo parte della nazionale ita-liana, si sta allenando e sta partecipando agli sta-ges, organizzati dall’allenatore, per verificare lapreparazione in vista dei prossimi impegni, cheinizieranno fra qualche mese.

Forza, Barbara. Continua a farci sognare!

La storia dell’associazione sportiva dilettantisticaBasket Aquile, che si sta imponendo come una dellepiù belle realtà del basket bresciano, è iniziata nellontano 1977 a Lonato, con la denominazione BasketAquile Lonato e con lo stesso presidente attuale,Mauro Mascadri, in carica ininterrottamente fino adoggi.

Nel settembre del 1994 viene dato in gestione alleAquile il palasport di Lonato. L’attività della primasquadra parte con la 1a Divisione nel 78 -79 per poiapprodare, con alterne vicissitudini, in Promozionenell’ 83-84 e in sedie D nel 93-94. Durante la stagio-ne 98-99 raggiunge il quarto posto in classifica e, trestagioni dopo, nel 2003-2004 realizza l’impresa disalire in C2, entrando nell’olimpo del basket profes-sionistico.

Dall’ anno 1999 l’attività viene aperta al Comunedi Calcinato con l’acquisizione del “Basket Calcina-to” che diventa nel 2000 “Basket Calcinato 2000” eche entra a far parte del Basket Aquile.

Nel 2000 viene acquisito il Basket Castiglione chediventa nel 2001 “Basket Castiglione 2001” entran-do anch’esso a far parte del Basket Aquile. Nel Mag-gio 2003, come detto più sopra, le Aquile vincono laserie “D” e arrivano in C2.

Nel settembre 2003 l’associazione partecipa con lapropria squadra Juniores (ragazzi di 16 e 17 anni) alcampionato nazionale e arriva nelle prime 6 dellaLombardia.

Nella stagione sportiva 2003-2004 inizia la collabo-razione con la Virtus Pallacanestro Desenzano, laBasket Gavardo e la Montigarda Basket per miglio-rare il livello della propria attività giovanile, sia ma-schile che femminile, e diventare il riferimento, nel-l’ambito della pallacanestro, delle zone del BassoGarda e dell’Alto Mantovano.

“Dall’anno 1999 – ci ha detto il dirigente responsa-bile Marco Rovida –, la nostra associazione sportiva haavviato nei comuni di Castiglione delle Stiviere, Calcina-to, Lonato, Guidizzolo, Cavriana, Solferino e Sirmionedei progetti scuola di attività motoria-minibasket e daquest’anno è la referente di un progetto che si prefigge disvolgere a Calcinato e Guidizzolo, nell’ambito della rifor-ma Moratti, attività di gioco-sport nelle ore facoltativedella scuola elementare. Certamente il fiore all’occhiello,per quanto riguarda la nostra attività, è rappresentato dalTorneo Internazionale di Pallacanestro “Città di Lonato”,quadrangolare con squadre professionistiche europee diserie A che si svolge generalmente in un weekend del me-se di settembre e che, grazie agli impegni degli sponsor edell’Amministrazione comunale, è giunto quest’annoalla sua 5a edizione”.

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BASKET AQUILE:DAGLI ALBORI ALLA C2.

La giovane campionessa con mamma Olga e papà Maurizio.

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E QUEST’ANNO...

Il presidenteMauro Mascadri.

Il direttore sportivoCirillo Orsatti.

Il dirigente responsabileMarco Rovida.

Il team managerUgo Crescini.

Questo le squadre entrate nell’albo d’oro dellamanifestazione:

2000 Scaligera Basket Verona Muller2001 Mabo Pallacanestro Livorno2002 Olympiakos Atene 2003 Pallacanestro Cantù Oregon 2004 Bipop Reggio Emilia. Tornando alla prima squadra, dopo lo splendido

5° posto dello scorso anno, il team del presidenteMascadri, sotto l’ottima conduzione del coach LucaRinaldo, punta quest’anno ancora più in alto.

Alla grande qualità di tutti i componenti dellasquadra si è aggiunto quest’anno un certo DacioBianchi che, in serie A, ha realizzato qualcosa come1.600 punti e che, dall’alto della sua esperienza, po-trebbe aiutare a realizzare un ulteriore salto di cate-goria.

“Non nascondo le nostre ambizioni – ha sostenutoMarco Rovida –. Il campionato si preannuncia moltocombattuto e pieno di difficoltà, ma noi puntiamo que-st’anno ad un posto sicuro per i play-off. Il nostro sogno èdi arrivare in C1 e ci impegneremo con tutte le nostre for-ze per realizzare questo obiettivo, contando anche sull’ap-porto e sul calore dei nostri tifosi”.

“Vorrei ringraziare – ha concluso Rovida – il teammanager Ugo Crescini e il direttore sportivo Cirillo Orsat-ti, oltre naturalmente al presidente, che con la loro passio-ne, abnegazione e impegno ci hanno consentito di raggiu-gere grandi traguardi e di coltivare ulteriori ambizioni”.

L’azienda agricola“Spia d’Italia” nasce nel1960 come azienda zoo-tecnica con allevavamen-to di vacche da latte eproduzione di vini.

Negli anni Novantal’allevamento delle vac-che da latte, che nel frat-tempo aveva raggiuntoottimi livelli, viene ab-bandonato per scarsaredditività, a causa deiproblemi generati dallaquestione delle quote lat-

te. A quel punto avviene la trasformazione in azien-da zootecnica per cavalli e, nel contempo, viene ul-teriormente ampliata la cantina.

Il nome dell’azienda, posta sulla sommità di unacollina, deriva dai fatti d’arme che si svolsero inquesta zona di confine tra la Lombardia ed il Vene-to: ricordiamo l’importante battaglia del 1796 diNapoleone Bonaparte contro gli Austriaci.

Ma, soprattutto, questa località ospitò il quartiergenerale dell’esercito piemontese durante la batta-glia di San Martino e Solferino.

“Proprio qui, dall’alto della torre dell’edificio – ci haraccontato il dottor Andrea Guetta – era facile ‘spiare’l’andamento della battaglia e i movimenti dei nemici. Perquesto motivo il nome, sui libri di storia e sulle carte geo-grafiche, diventò ‘Spia d’Italia’, inteso come punto di ve-detta durante la battaglia”.

Attualmente l’azienda si occupa di due settorispecifici: il settore dei cavalli e il settore vitivinicolo.

Il primo consta di un circolo ippico affiliato alla

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Federazione italiana degli sport equestri. Il secondoopera su 15 ettari di vigneto e produce vini di qua-lità, legati alla tradizione della nostra zona.

Tra i principali vini a denominazione di originecontrollata, prodotti dall’azienda Spia d’Italia, figu-rano: lo spumante Spia d’Italia Brut, il San Martinodella Battaglia, il Bianco dell’Erta, il Garda Char-donnay Carato, il Garda Classico, il Groppello e ilGarda Classico Rosso Superiore.

Oltre a questi c’è un vino, davvero unico, chemerita un capitolo a sé: Il San Martino della Batta-glia Vlqprd (vino liquoroso di qualità prodotto inregione determinata) Dessert. Si tratta di un vinobianco liquoroso, molto conosciuto nei primi annidell’Ottocento, di cui se n’era persa la traccia.

In un libro francese del 1822 dal titolo “Topo-graphie de tous les vignobles connus” un certo Julien(un… Veronelli dell’epoca), parlava di questo “vinde liqueur” testualmente in questi termini: “A Lona-to – 5 leghe a est di Brescia – si prepara un vino liquoro-so celebre in Italia: ha il colore dell’oro, dolce senza essereacre nè vuoto, grande finezza ed un profumo molto soave.Il vino, che si paragona al Tocai ungherese e che si dice es-sere superiore al vino di Cipro, è la ricchezza dei vignetidella bassa Riviera del Garda”.

Ebbene, Andrea Guetta, dopo una serie di appas-sionate ricerche, è riuscito a riportarlo in vita ed a ri-metterlo in produzione.

“Alcune persone molto anziane – ci ha detto Guetta– mi parlavano, nei primi anni Sessanta, quando ero an-cora ragazzino, di questo vino dolce che ricordavano ve-nisse prodotto, durante la loro infanzia, dai loro nonni.Ma di questo vino si era perduto ogni indizio. Tali testi-monianze destarono in me una grande curiosità ed iniziaiad impegnarmi nella ricerca di fonti attendibili, in gradodi svelarmi qualche notizia in più che mi aiutasse a rico-struire questo vino dimenticato. Agli inizi degli anni Ot-tanta cominciai ad esaminare varie modalità di produzio-ne per riprodurre quel vino da dessert, partendo dalle uvesovramaturate di Tocai San Martino della Battaglia doc,raccolte con vendemmia tardiva. Il mio impegno trovò unprezioso alleato in un grande personaggio che, allora, eradirettore dell’Ispettorato agrario di Brescia: il professorOttorino Milesi, che aveva una funzione molto impor-tante nella gestione dell’agricoltura bresciana di queglianni. Quando seppe che ero alla ricerca di quel vino dol-ce, mi mandò una fotocopia del libro ‘Topographie de tousles vignobles connus’ che aveva trovato nella bibliotecapersonale del conte Lechi. E proprio grazie alla scopertadi Milesi, questo vino ottenne la denominazione di origi-ne controllata perché riuscii a dimostrare la sua ‘stori-

LA RISCOPERTA DI UN VINO, CELEBRE DUE SECOLI FAdi GIANNI FOLLI

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Il dott. Andrea Guetta.

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cità’. Il vino venne poi ricostruito attraverso l’individua-zione di una tecnologia di produzione molto particolare e,dal 1990, ottenuta la denominazione, abbiamo iniziato laproduzione destinata alla vendita, superando la fase spe-rimentale degli anni precedenti. Attualmente ne siamoancora gli unici produttori”.

Si tratta, in altre parole, di una mini produzionedoc assolutamente personale: un caso più unico cheraro!

Fondamentale, per la qualità di questo prodotto,è partire da uve molto sane e sovramaturate (unmese, un mese e mezzo oltre la normale maturazio-ne). C’è da fare però molta attenzione, in quanto l’u-va di Tocai è molto sensibile a muffe, botrite e mar-ciume e una raccolta tardiva potrebbe portare allaperdita del prodotto. È quindi indispensabile sele-zionare bene l’uva da lasciare sulla pianta e sceglie-re vigneti particolarmente ben esposti: in tali condi-zioni la botrite tende a dare origine alla “muffa no-bile”.

L’uva, prodotta con avarizia , viene raccolta incassette ed ulteriormente selezionata. Il mosto vieneestratto con una pressatura molto soffice e viene av-viato ad una lentissima fermentazione, che si pro-trae anche per due mesi, a temperature molto basse,prossime agli 0 gradi. L’affinamento, che dura dai 3ai 4 anni, avviene in barrique di rovere. Ma nonvengono usate botti nuove, bensì barrique che ab-biano già ospitato, per un paio d’anni, altri vinibianchi aziendali, in modo tale che non cedanotroppo la caratteristica del legno.

La raffinata tecnica di produzione di questo vinoliquoroso consente di mantenere inalterati i profu-mi e gli aromi primari dell’uva di Tocai.

Il San Martino della Battaglia Dessert ha fattol’en plein di riconoscimenti, aggiudicandosi, per treannate consecutive i due concorsi enologici interna-zionali più prestigiosi: la Douja d’Or e il Vinitaly, re-lativamente alla produzione degli anni ’96, ’97 e ’98.Attualmente è in commercializzazione l’annata1999.

Chi ha visitato l’azienda Spia d’Italia ha l’im-pressione di trovarsi di fronte a prodotti… “cultura-li” più che commerciali. Non a caso presso questaazienda agricola vengono organizzati corsi di degu-stazione e, nelle cantine, vengono organizzate sera-te musicali a tema e serate a carattere storico-cultu-rale. Una sala è poi stata riservata alla realizzazionedi mostre d’arte. Attualmente ospita, fino a finegennaio, un’esposizione del maestro Mike Ciafalo-ni, uno dei sottoscrittori del movimento artisticodell’ “Arte Compatibile”, sostenuta dalla fondazio-ne “Planet life economy foundation” cui aderiscononumerose grandi imprese nazionali ed internazio-nali. La fondazione si propone di promuovere unavisione di sviluppo economico compatibile e radi-cato nel profondo rispetto della vitalità del pianetaed ha scritto e condiviso il “Manifesto dell’ArteCompatibile” insieme agli artisti Mike Ciafaloni,Franco Colnaghi , Piersandro Coelli e al poeta e cri-tico d’arte Donato Di Poce.

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Furmintù ciar, polenta spèssa.

Mais seminato largo dà più polenta.

Se tè öt fan tant dè furmintù,gha dè passà ’n-àsen còl sistù.

Se vuoi fare molto granoturco,deve passarci un asino con la cesta.

A sapà l’ua ’n agòst, dè sicür sé ’ndoppia ’l most.

Se zappi la vigna in agosto, certamente raddoppi il mosto.

La igna nei sas e i milù nei teré gras.

La vigna nei sassi e i meloni nei terreni grassi.

Tajadüra mal fada, pianta ruinada.

Pianta mal potata è rovinata.

Tèra negra fa bù pa, tèra bianca gnanche ’n gra.

Terra nera fa buon pane,terra bianca nemmeno un grano.

Ghè mai èn bröt tèré, per chi la cultìa bé.

Non vi è mai terreno ingrato se l’agricoltore è bravo.

La vàca piö buna l’è la majuna.

La mucca migliore è quella che mangia di più.

Da le àche e dai tèré, se ghèn dì, ghèn caaré.

Alle vacche e ai terreni se gliene date (da mangiare)ne ricaverete.

La söta l’è pès de la tompesta.

La siccità è peggio della grandine.

Stagiù piöusa, anàda schifusa.

Stagine piovosa, annata schifosa.

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SAPIENZA ‘N GRÀI proverbi degli agricoltori bresciani

LA BUNA STAGIÙ

Èl frèt dè Zènér, col bröt tèmp dè Febrér, èl granvent dè Mars e’l piöèr dòls dè April, èl sguàz dèMagio e ’l bèl méder dè Zögn, èl bù bàter dè Löi,cò le acque dè Tòne, Piero, Giacom e ön Agòst dèbuna stagiù ’l val piö dè l’or dè Salumù.

LA BUONA STAGIONE

Il freddo di Gennaio, col brutto tempo di Febbraio, il granvento di Marzo e la dolce pioggia d’Aprile, lo sguazzo diMaggio e il bel mietere di Giugno, il buon trebbiare diLuglio con le piogge di Sant Antonio, San Pietro, SanGiacomo e un Agosto di buona stagione valgon più dell’orodi Salomone.

La lüna sitimbrina, sèt lüne la’nduina.Dalla luna di settembre si può prevedereil tempo per altre sette lune.

Se te vö fa del bù legnàm, èn lüna vecia va a tajàl.

Se tu vuoi del buon legname, taglialo in luna vecchia.

Sal missa e mal dè cai, l’acqua la manca mai.

Sale umido e male ai calli, l’acqua non manca mai.

Se per San Paol sarà bèla zornàda, ghè sarà sicür’na buna anàda.

Se per San Paolo (25 gennaio) sarà una bella giornata,ci sarà di sicuro una buona annata.

Tre ghèbe le fa’na piujda.

Tre nebbie fanno una pioggia.

Arà la tèra quant ’l-è bagnadaper töt l’ann ’l-è dissipàda.

Arare la terra quando è bagnataper tutto l’anno è rovinata.

Chi somènsa rar, èl regòi spèss.

Chi semina raro, ha abbondante raccolto.

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Alba rossa: o vènt, o gòssa.

Alba rossa: o vento o pioggia.

Se a zènér èl camp èl böta l’erba, chi gha ’l grài se la serba.

Se a gennaio il campo germolia erba,chi ha il grano se lo serbi.

Quand i gài i canta föra d’urase l’aria l’è ciara la sé fa scüra.Quando i galli cantano fuori orario,se l’aria è chiara si fa scura.

Quand mercordé èl bagna gioedésti sicür che piöf a’ venerdé.Quando il mercoledì bagna giovedì,state sicuri che piove anche di venerdì

Quand piöf sö la rosàda, piöf per töta la zornàda.Quando piove sulla rugiada, piove per tutta la giornata.

Inverno sensa néf, bröcc formèncc,i vèrem alura i mostra i dèncc.Inverno senza neve, brutto frumentoe i vermi mostrano i denti.

Sòta la néf gh’è la farina.Sotto la neve c’è la farina.

Sàpa svelta, canù pesègn.Zappa svelta, pannocchia piccola.

Pötost che na a arà quant gh’è bagnat,sta ‘n dèl lèt e di che te ghé laurat.Piuttosto che arare nel bagnatosta a letto e dì che hai lavorato.

Per chi ha póca òia dè laurà,la tèra l-è tròp bassa.Per il cattivo contadino la terra è troppo bassa.

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B U L L O N E R I AB U L L O N E R I AT U B I I N G O M M AT U B I I N G O M M A

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SAPIENZA ’N GRÀI proverbi degli agricoltori bresciani