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Indice

Introduzione di Alberto Buso e Luigi Mattarollo 9

Parte prima: Ascoltiamo e scriviamo insieme la città

Capitolo 1 La struttura del percorso di ascolto di Jacopo Buso e Nicola Visentin

1.1. Urbanistica partecipata? Un importante obbiettivo 11 1.2. Studi preliminari e Progetto Pilota 13 1.3. Incontri con portatori di interesse: pubblica amministrazione e

cittadini 15 1.4. Il sondaggio a risposta aperta somministrato ai cittadini 16 1.5. Il sondaggio a risposta multipla somministrato ai cittadini 20 1.6. Focus group con i rappresentanti di tutte le associazioni di categoria animanti il contesto urbano 23 1.7. Progettazione interdisciplinare del team di professionisti ed esperti

dell’associazione 34 1.8. Controllo e miglioramento delle soluzioni sviluppate: pubblica

presentazione 36

Capitolo 2 Compresenza e intersezioni con altri strumenti di conoscenza e di programmazione territoriale

di Nicola Visentin e Luigi Mattarollo

2.1. L’urbanistica: un campo multidisciplinare 33 Capitolo 3 Metodologie e strumenti per la Gestione della Qualità di Jacopo Buso

3.1. Introduzione 43 3.2. Scopi e report statistici del sondaggio a risposta aperta: sondaggio

brainstorming 43 3.3. Scopi e costruzione del sondaggio a risposta multipla: la soddisfazione

dell’utente 45 3.4. Sviluppo Prodotto 42

3.4.1. Metodologia QFD (Quality Function Deployment), applicazione e Adattamenti / 3.4.2. Progettazione modulare / 3.4.3. Ottimizzazione

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Capitolo 4 Treviso e il suo contesto territoriale di Diego Candito e Luigi Mattarollo

4.1. Treviso e il suo contesto territoriale 43 4.2. Metamorfosi ambientale e rigenerazione del sistema urbano 54

Parte seconda: Psicologia sociale della vita urbana: una ricerca con gli abitanti della città di Treviso

di Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto Capitolo 5 La città come organismo 5.1. Dal caos al cosmo, la città 89 5.2. L’anima della città 89 5.3. Dell’abitare 5.4. Perdita del centro e perdita del significato 89 5.5. Funzioni vitali 89 Capitolo 6 La parola ai cittadini 6.1. Le fasi dell’indagine 89 6.2. I partecipanti all’indagine 89 6.3. I risultati del sondaggio 89 6.3.1. La città che pensa e ricorda / 6.3.2. La città che si informa / 6.3.3. La città

che respira / 6.3.4. La città che pulsa / 6.3.5. La città che filtra / 6.3.6. La città che si rigenera / 6.3.7 La città che si muove

6.4. Conclusione 89 Capitolo 7 City making e responsabilità: sintonizzare il presente con il futuro.

Un’indagine con testimoni privilegiati della città di Treviso

7.1. Introduzione 82 7.2. Obiettivi dell’indagine 85 7.3. I partecipanti all’indagine 89 7.4. Materiale e strumento d’analisi 89 7.5. I risultati dell’indagine 89 7.6. Rappresentazioni della città di Treviso: città anestetizzata e chiusa

versus città dinamica e aperta 99 7.7. La città come organismo 90 7.8. Il diritto alla “vita” 89 7.9. Conclusione 90

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Parte terza: 3VISO3 – la città vive con me: forme inedite del fare urbano

di Alberto Buso

Capitolo 8 La città partecipata 8.1. Flussi telematici 88 8.2. Rete degli Urban Center 89 8.3. The public chance, strategie del nuovo sistema paesaggio 90 8.4. Il progetto partecipato 91 8.5. Cronoprogramma del futuro partecipato 92 8.6. Attivati in città: concorsi di idee 93 Appendice 95 Ringraziamenti 95

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Introduzione

di Alberto Buso e Luigi Mattarollo

... e questo è il momento della scelta: ci è offerta la possibilità di dire tutto.

In tutti i modi possibili; e dobbiamo arrivare a dire una cosa, in modo particolare.

Italo Calvino

Questo Quaderno Tecnico rappresenta la sintesi dei risultati ottenuti dal progetto:

“Scriviamo insieme la città” ideato dall’Associazione “3VISO3 - La città vive con me”.

L'Associazione si è posta quale elemento soglia tra i diversi portatori di interesse per

contribuire a formare il linguaggio del cambiamento, strumento di innovazione

territoriale.

Il gruppo di professionisti divisi in sei aree operative (urbanistica, architettura e

paesaggio, psicologia sociale e di comunità e sociologia, sviluppo e gestione dei mezzi

informatici, comunicazione etica, gestione della qualità e sviluppo prodotto) ha utilizzato

come processo l’analisi sistemica e multidisciplinare, necessaria per la gestione dei diversi

livelli di sviluppo del contesto urbano, stimolando l’interesse e la conoscenza della

cittadinanza verso i bisogni della città e del suo contesto .

L’applicazione della metodologia dell’ascolto e l’ottenimento dei relativi risultati, di

seguito riportati nel presente Quaderno Tecnico, si è evoluta anche attraverso lo

scambio di conoscenze ed esperienze tra partners e sponsors.

Tutti i portatori di interesse coinvolti hanno implementato il progetto assumendo un

atteggiamento collaborativo e costruttivo, ognuno offrendo il proprio bagaglio di

conoscenza rendendo così l'attività dell'Associazione un laboratorio multidisciplinare di

idee.

In questo percorso l’Associazione, è stata supportata dalla collaborazione di

Confcommercio Treviso, dalla ricerca e consulenza scientifica del Dipartimento di

Psicologia Applicata dell’Università di Padova, dal sostegno delle istituzioni pubbliche

quali il Comune di Treviso e la Camera di Commercio, dalle Associazioni di categoria

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economica e, soprattutto, dal principale protagonista dello sviluppo urbano: il

“cittadino”.

È proprio il “cittadino” l’attore principale che, coinvolto nell'azione partecipativa,

diviene consapevole del suo ruolo, nel senso di appartenenza ad un progetto; strumento

indispensabile per perseguire uno sviluppo sostenibile perché condiviso.

La condivisione degli obiettivi rappresenta “eticamente” la principale garanzia per

l’efficacia nella gestione degli interessi comuni che smette di essere delegata e diventa

diretta e accessibile a tutti.

Questo è il “messaggio” che intende trasmettere il principio dell’urbanistica partecipata

così come rappresentato in questa edizione, a prescindere dalla conoscenza delle

molteplici discipline qualificate e aree di intervento che compongono il quadro

conoscitivo urbano.

Per questa ragione, prima di giungere al nucleo degli esiti dell’evento partecipativo, la

prima parte del Quaderno Tecnico si sofferma sulla struttura di quello che viene definito

il “percorso di ascolto” con l’individuazione delle varie fasi dell’ascolto attivo, prima

nelle piazze attraverso l’allestimento dei “soggiorni urbani” e poi con la progettazione

della casa sostenibile per le politiche urbane ovvero l'Urban Center.

In questo contesto è emersa la necessità, nell’ambito geografico urbano, di individuare, e

coordinare l’ascolto completo e qualificato, delle figure definite come “portatori di

interesse” territoriali .

Oltre al principale portatore d’interesse ovvero il “cittadino”, quale “fruitore”

dell’ambiente in cui vive, altre sono le figure che, per competenza e rappresentanza,

agiscono nel contesto urbano incidendo con le proprie azioni e strategie nello sviluppo

del territorio stesso.

Successivamente alla “La struttura del percorso di ascolto”, nel capitolo secondo,

“Compresenza e intersezioni con altri strumenti di conoscenza e di programmazione

territoriale” viene analizzata l'ottimizzazione delle risorse locali sui vari interventi

architettonici modulari attraverso l’uso di metodi consolidati che consentono

l’interazione tra il cittadino e l’investitore pubblico o privato. La pianificazione delle

risorse, nel quadro strategico territoriale, trova così confluenza nel sistema normativo di

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riferimento che permette di avere, in tale contesto, un rapporto corretto tra gli obiettivi

condivisi e le azioni conseguenti.

È la necessità di definire la soddisfazione dell'utente cittadino e il bilancio delle risorse

del territorio che porta alla definizione della qualità e dello sviluppo di prodotti-servizi

pubblici o privati si enuclea declinato nei temi presenti nel capitolo “Metodologie e

strumenti per la Gestione della Qualità urbana”.

Di conseguenza trova applicazione quello che per logica si riscontra nell’oggetto

dell’analisi urbanistica: “Treviso e il suo contesto territoriale” dal quale vengono dedotti

gli elementi più significativi per il successivo percorso. Questi strumenti palesano le

criticità e rivelano, contestualmente, le possibili azioni per uno sviluppo sostenibile.

Nel quinto capitolo è rappresentato il tema della città intesa come organismo, “Dotata di

un corpo, dato dal suo tessuto concreto, da ciò che si offre ai sensi, sia visivamente sia a

livello tattile. Un organismo con una vita propria e con volto che la rende riconoscibile”.

Il sistema si sviluppa e muta e, con esso, i suoi organi vitali . Quando parte di essi, sono

inattivi lo spazio urbano soffre e, come succede al corpo umano, si ammala. Treviso,

essendo una città medievale manifesta un corpo denso di ambiti di intervento dai quali

scaturiscono le attività vitali rigenerate e rigenerabili con nuove funzioni in grado di

ripristinare l’organismo malato , in quanto “.....una comunità funzionante è come un

corpo sano” . Ecco quindi che l’obiettivo di questo progetto-ricerca è di prendersi cura

della città, ovvero delle sue funzioni vitali, attraverso il consulto con i migliori specialisti

“ ...., ossia i suoi cittadini e coloro che, a titolo diverso, l’abitano”.

Nella seconda parte della presente edizione - capitoli quinto, sesto e settimo - sono

trattati i temi che costituiscono il nucleo del metodo partecipato: il “sondaggio”, “le

risposte al questionario consegnato ai cittadini, gli intervistati” e “l’analisi qualitativa degli

delle interviste, avvenuta grazie al focus group e agli incontri territoriali”.

Come si evince dal trattato, il primo punto concerne le fasi dell’indagine, così come

rappresentate nel grafico di riferimento, dove sono illustrati i quattro step consequenziali

del metodo partecipato, che si conclude con la restituzione dei risultati dei sondaggi

tramite una pubblica presentazione.

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Successivamente vengono rappresentati i grafici relativi alle statistiche dei partecipanti al

sondaggio, nelle quali sono evidenziate le principali caratteristiche dell’intervistato, dal

sesso, all’età, alla residenza, al titolo di studio, alla posizione professionale.

Conseguenzialmente si entra nel momento più importante del sondaggio con

l’elaborazione dei dati raccolti nei questionari, la relativa classificazione e selezione.

Queste elaborazioni statistiche sono state predisposte mediante l’uso di un software sulla

base della metodologia sviluppata in ambito di ricerca universitaria e consolidata

letteratura scientifica.

L’analisi e l’interpretazione dei risultati ottenuti sono state elaborate dal prof. Adriano

Zamperini del Dipartimento di Psicologia Applicata dell’Università di Padova e dalla sua

équipe di ricercatori coordinati dalla dott.ssa Marialuisa Menegatto, giungendo a definire

una mappa concettuale, con alcuni degli “indicatori” fondamentali atti a comprendere

quali siano le rappresentazioni, i sogni, i desideri, dei cittadini al fine di co-progettare lo

sviluppo della propria città. Si rinvia, naturalmente, all’apposito capitolo la conoscenza di

detta analisi interpretativa dei dati che è determinata “....in relazione alle funzioni vitali

della città”, in conseguenza della visione della stessa come un “organismo”.

La chiusura del nucleo del tema partecipato sfocia nella “Analisi interpretativa degli

incontri territoriali e delle interviste, focus group”, mediante l’incontro e il dialogo con i

testimoni privilegiati che, per funzione e competenza, appartengono alle diverse sfere

della comunità trevigiana. In questo processo di “city making” il ricorso alle interviste

con gli attori sociali rappresentativi e i focus group, ha determinato la bontà del metodo

proteso a un’etica che aiuti la città a divenire un luogo di condivisione degli obiettivi e di

solidarietà tra individui e gruppi .

Alla fine di questo lungo ma straordinario percorso l’Associazione si è resa consapevole

che co-progettare la “nuova citta” non è un’utopia e che insieme si può superare

qualsiasi ostacolo e diffidenza, considerando con una semplice penna nel progetto

“scriviamo insieme la città”, questo è stato possibile.

L’auspicio dell’Associazione è che il metodo “partecipativo” abbia un seguito: che il

segno lasciato da questa iniziativa possa determinarsi in una linea guida per una nuova

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“urbs”, dove il cardo e il decumano si trasformano in “ascolto” e “condivisione” degli

obiettivi.

Con certezza questo quaderno tecnico rappresenta la conclusione di un progetto pilota

di “urbanistica partecipata” unico per la città di Treviso, sino a questo momento; uno

sforzo al cui risultato hanno contribuito tutti gli attori sociali chiamati a farne parte attiva

e ai quali questo lavoro è dedicato dall’Associazione "3VISO3 La città vive con me".

Treviso, Ottobre 2011

3VISO3 La città vive con me

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PARTE PRIMA

ASCOLTIAMO E SCRIVIAMO INSIEME LA CITTÁ

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Capitolo primo

La struttura del percorso di ascolto

di Jacopo Buso e Nicola Visentin

1.1. Urbanistica partecipata? Un importante obbiettivo

L’associazione 3VISO3 crede nell’urbanistica partecipata poiché il suo principio è quello

di riconoscere il ruolo fondamentale dei cittadini coinvolti nella progettazione del

territorio, esperti dei luoghi in cui vivono e abitano, portatori di preziosi suggerimenti e

possibili soluzioni ai problemi. L’evoluzione della società contemporanea e la velocità

con cui questa si trasforma, non permette alla cultura urbanistica tradizionale a alla

struttura amministrativa di cogliere pienamente il “divenire” e di agire di conseguenza. I

riflessi di internet e della globalizzazione nella società e nel territorio, richiedono il

coraggio di innovare le proprie consuetudini e le proprie certezze, nonché un

miglioramento dell’intervento pubblico. Il coinvolgimento di capacità e competenze

eterogenee nello studio sinergico del contesto urbano diverrà la chiave di lettura più

appropriata per il tempo che stiamo vivendo.

Questo tipo di approccio si integra perfettamente con il principio base dell’ecologia

urbana, secondo cui l’ambiente di vita deve essere il più ricco possibile di attività,

interscambi, contatti fra gruppi, generazioni e culture, perché così facendo si preservano

i singoli e la collettività dall’impoverimento dell’ecosistema urbano.

Co-progettare è la premessa per la realizzazione di una città che sia efficiente, attrattiva e

vivibile. Ciò è possibile quando le relazioni umane, alla base di queste complesse

interazioni, sono gravide di fiducia reciproca. Solo in un ambiente caratterizzato da

trasparenza e chiarezza, si sviluppa una collaborazione in cui tutti gli attori sociali si

sentono legittimati a partecipare. Perché agire oggi è “fare futuro insieme”.

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1.2. Studi preliminari e Progetto Pilota

Trattandosi di problematiche complesse e fra loro spesso indirettamente correlate, non è

possibile ritenere che la loro soluzione sia semplicemente definibile ed univoca. Infatti, la

gestione della città avrà distinte soluzioni ottimali, a seconda dei desiderata e dei reclami

dei suoi abitanti, del contesto urbanistico, dell’ecosistema economico. Dimensione di

analisi da non tralasciare e da approfondire periodicamente è poi quella temporale.

Partendo da studi urbanistici tradizionali, fondati su analisi consolidate in grado di

rilevare le varie criticità di un territorio, tramite l’integrazione e l’ibridazione di differenti

approcci disciplinari, l’Associazione “3VISO3 La città vive con me” ha sviluppato prassi

operative basate sul principio della ricerca-azione.

I confini degli ambiti disciplinari divengono frontiere attraversabili in più direzioni, zone

di dialogo e confronto per la creazione di nuovi dispostivi di analisi basati sulla

interdisciplinarietà in una prospettiva polisemica e sensibile alla complessità.

Il percorso della conoscenza si declina nel tempo secondo una logica recursiva:

riflessione e sperimentazione sono legate da un rapporto di causalità circolare. Le

mappature delle stratificazioni e delle tracce storiche della città costituiscono la base

tecnica da cui iniziare l’implementazione di un’analisi sistemica e multidisciplinare,

necessaria per la gestione dei diversi livelli di sviluppo del contesto urbano.

Il progetto pilota di urbanistica partecipata dal titolo “Scriviamo insieme la città”, è stato

avviato agli inizi del 2010 con l’intento di raccogliere idee e proposte da parte dei

cittadini, delle Istituzioni e, più in generale, di tutti i portatori di interesse per il rilancio

della città e la “rivitalizzazione” del centro storico in un’ottica di sostenibilità e

condivisione. Il percorso dell’ascolto a livello operativo si è articolato in 6 momenti

cruciali, ciò al fine non solo di raccogliere, analizzare e comunicare all’esterno le esigenze

cittadine, ma anche per poter fornire delle soluzioni concrete ed attinenti.

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1.3. Incontri con portatori di interesse, pubblica amministrazione e cittadini

Nel corso del 2010 si è avuta l’occasione di confrontarsi e dialogare in varie occasioni

con esponenti della vita pubblica della città o con chi la vive quotidianamente.

In questa fase embrionale del processo informativo l’obiettivo è stato quello di

comprendere i contesti nei quali si addensano le principali problematiche della città.

Le riflessioni e gli spunti ivi raccolti rappresentano le basi sulle quali fondare le domande

a risposta aperta da somministrare ad un campione considerevole di cittadini, ampliando

così lo spettro di frequenza delle variabili in gioco e la loro stessa natura qualitativa.

1.4. Il sondaggio a risposta aperta somministrato ai cittadini

L’iniziativa è stata socializzata alla cittadinanza attraverso la distribuzione di 30.000

cartoline illustrative, che invitavano i cittadini ad attivarsi per riscrivere insieme il con-

testo urbano partecipando all’indagine promossa. Questa si è svolta rispondendo a dei

sondaggi secondo tre modalità di accesso: da casa collegandosi al sito dell’associazione,

recandosi in piazza in occasione di 3 eventi pubblici, oppure compilando il questionario

presente in 20 esercizi pubblici del centro storico. È stato così veicolato il concetto di

sussidiarietà orizzontale, tale per cui tutti gli abitanti della città sono esperti, poiché

portatori di esperienze di vita direttamente sperimentate nel tessuto urbano, nonché di

preziosi contributi per le possibili soluzioni dei problemi.

Il luogo privilegiato dell’ indagine è stata comunque la piazza, quale dimensione fisica e

simbolica dello scambio delle idee e delle opinioni.

Durante tre fine settimana tra gennaio e febbraio 2011 sono stati allestiti dei soggiorni

urbani, veri e propri nodi comunicativi tra le vie principali del centro, in cui si sono

confrontate le opinioni e si è risposto ai sondaggi. La discussione faccia a faccia con gli

abitanti è stata codificata e tradotta in tempo reale in una banca dati condivisa. La città è

stata così direttamente connessa alla rete tramite l’utilizzo dei computer disponibili nelle

postazioni di ascolto. Il passaggio dal salotto al web ha generato un’intelligenza

collettiva, frutto del pensiero di una moltitudine che interagisce. Le discorsività messe in

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gioco hanno permesso di definire insieme un linguaggio del cambiamento che restituisse

ai cittadini il loro pensiero condiviso e che fosse fattore decisivo per la trasformazione

dei contesti urbani.

Durante gli eventi in piazza, presso i salotti urbani, sono stati organizzati momenti di

animazione sociale con concerti dal vivo che, attirando l’attenzione e creando

un’atmosfera gioviale ed amichevole, hanno favorito la partecipazione ai sondaggi come

pure allo scambio di opinioni. La cura della comunicazione degli eventi e dell’etica

progettuale hanno permesso il successo dell’iniziativa.

La prima fase di raccolta dei dati ha dato ottimi esiti, fornendo al gruppo di ricerca un

consistente campione di intervistati (1020 gli intervistati per il sondaggio a risposta

aperta, la cui compilazione è ancora disponibile nel sito dell’associazione ed in continuo

aumento). Si è provveduto ad eseguire un primo filtro tecnico, consistente in una analisi

di statistica descrittiva ed analisi testuale.

Il gran valore di questi dati sta, dunque, nell'eterogeneità delle variabili e nella loro

elaborazione. Ogni variabile corrisponde a una singola parola inserita dagli intervistati

nel primo sondaggio. E ad ogni parola è assumibile identificarvi un’idea corrispondente.

In altri termini le idee si generano spontaneamente e con esse le variabili.

Data la numerosità tendente all’infinito delle idee immaginabili dalle persone, è

indispensabile avvertire il lettore che per un miglior risultato sarebbe auspicabile un

campione di numerosità superiore alle 3000 unità, al fine di aumentare le ridondanze e le

frequenze delle singole variabili.

Constatati comunque la gran mole di dati, gli obiettivi progettuali e le successive tecniche

di Sviluppo Prodotto applicate (cfr. il capitolo 2 “Metodologie e strumenti per la

Gestione della Qualità urbana”), ci si è avvalsi dell’utilizzo del software BrainReverse,

atto all’individuazione quali-quantitativa dei “desiderata” e dei reclami manifestati dagli

utenti della città nelle domande a risposta aperta testuale o in quelle, successive, a

risposta multipla. Sulla base del riverbero delle parole del sondaggio a risposta aperta si è

costruito il sondaggio a risposta chiusa, al fine di mantenere un filo conduttore dal punto

di vista informativo.

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1.5. Il sondaggio a risposta multipla somministrato ai cittadini

Si è accennato, nel precedente paragrafo, al flusso informativo passante dal primo

sondaggio ai contenuti del secondo. In questo step progettuale assumono un valore

imprescindibile l’esperienza e l’intuito, le tecniche e le metodologie, tanto degli esperti

delle tecnologie informative e statistica quanto della psicologia che della sociologia.

Nonostante si enfatizzi la razionalizzazione delle idee dal punto di vista quantitativo e

statistico, è necessario promuovere un approccio più vicino alla complessità della mente,

ricercando l’integrazione fra queste due aree disciplinari. In questa fase, inoltre, si è

tenuto conto di regole e criteri, affrontate più in dettaglio nel capitolo “Metodologie e

strumenti per la Gestione della Qualità urbana” del presente testo, per la definizione dei

contenuti delle domande detti “esigenze funzionali dell’utente”. Una volta creato il

“panel” composito di argomenti di diretto interesse per l’utente si è deciso di studiarne le

priorità secondo due dimensioni del vivere quotidiano: “l’importanza” e “l’utilizzo”.

Mentre la prima fornisce dei risultati correlati alla vita sociale e collettiva dell’individuo,

la seconda permette di approfondire il reale valore di fruizione delle funzioni associate

alle esigenze. In questa seconda fase di raccolta dati (ultimo weekend) c’è stata una

partecipazione ancor più accentuata che nella precedente: 973 intervistati (52% di

partecipanti in più) segno di un chiaro apprezzamento da parte della cittadinanza.

Il totale del campione intervistato ammonta così a 1993 intervistati, ma considerando le

eventuali correzioni e successive compilazioni on-line del sondaggio a risposta aperta si

son nettamente superate le 2000 unità. Tecnicamente si tratta di un campione casuale

semplice non proporzionato.

1.6. Focus group con i rappresentanti di tutte le associazioni di categoria

animanti il contesto urbano

È stata successivamente avviata la raccolta di una serie di interviste rivolte a soggetti

autorevoli dei settori economici, culturali, sociali e del volontariato, incentrate su

tematiche emerse dai risultati dei precedenti due sondaggi.

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Sono stati così intervistati i presidenti delle associazioni di categoria nonché esponenti

del mondo della cultura, della sanità e dell’associazionismo in qualità di portavoce di

necessità e punti di vista specifici atti a stimolare il dibattito e ad affinare e comprendere

i contributi raccolti.

Le interviste sono servite anche a dar voce, come nel caso dell’associazione non vedenti,

a quei soggetti che richiedono particolare attenzione per la fruibilità della città e che

spesso non riescono ad avere il giusto rilievo all’interno della progettazione urbanistica e

della società civile. Al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle tematiche chiave le

stesse interviste sono state diffuse attraverso i media.

I ricercatori del Dipartimento di Psicologia Applicata dell’Università di Padova, facenti

capo al responsabile scientifico prof. Adriano Zamperini, hanno poi analizzato e

interpretato i risultati statistici dei sondaggi (step 1 e 2) ed analizzato qualitativamente i

testi delle interviste, trasformando così i risultati in informazione più facilmente

sfruttabile dai progettisti e generando nuova conoscenza.

1.7. Progettazione interdisciplinare del team di professionisti ed esperti

dell’associazione

Nel periodo in oggetto, il processo dell’ascolto si sposta attraverso il piano percettivo,

che interfaccia lo spazio del vivere quotidiano dei cittadini con lo spazio tecnico e

professionale del team di professionisti ed esperti. Il nuovo spazio d’ascolto è dunque

più ristretto e deve promuovere nei tempi più rapidi possibili comunque un confronto

interdisciplinare e costruttivo nel team di tecnici. Sulla base delle informazioni raccolte,

dopo un’opportuna classificazione in ordine alle dimensioni di ricerca predisposte, sono

state ideate delle soluzioni tecniche (concept), che possano rispondere alle esigenze e ai

desideri della cittadinanza.

La progettazione partecipata si è concentrata nell’orizzonte delle nuove funzioni per la

città. Per funzione si intende un luogo fisico o meno in cui l’utente può usufruire-

svolgere una qualsivoglia attività. A questo livello di studio infatti non è opportuno

trasferire forzatamente i “desiderata” dei cittadini nelle caratteristiche dettagliate dei

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progetti, in quanto non son stati interrogati su tali argomenti. Tuttavia è stato possibile

creare dei link logici od emozionali fra le esigenze di successo ed i “concept”, puri atti

creativi e professionali dei progettisti, inerenti ad esempio ai concetti della

“pedonalizzazione”, del “verde pubblico” e della “cultura”.

Per una definizione partecipata dei dettagli dei concept legati alla “pedonalizzazione”, al

“verde pubblico” e alla “cultura” (riprendendo l’esempio precedente) bisognerà invece

attendere l’ultimo step del percorso d’ascolto, nella cui analisi avviene un ingrandimento

tale da mettere a fuoco i particolari, prima non facilmente osservabili.

1.8. Controllo e miglioramento delle soluzioni sviluppate: pubblica

presentazione

La diffusione dei risultati statistici e delle proposte progettuali di massima, si concretizza

attraverso un evento pubblico di sintesi ovvero, una presentazione pubblica aperta alla

cittadinanza e alle principali cariche pubbliche. Lo scopo è quello di valorizzare il

programma ed il principio dell’urbanistica partecipata in una ottica di condivisione dei

saperi e della progettualità. La saggezza operativa nella gestione della città sarà così

raggiunta mediante una riflessione sulle prime proposte e soluzioni.

Ogni miglioria e rettifica dei concept sarà nuovamente frutto delle pieghe fluttuanti della

rete informativa, che connette durante questo secondo momento di confronto i cittadini,

i portatori di interesse, le associazioni di categoria e gli amministratori pubblici.

Così facendo si ripropone e si realizza il coinvolgimento diretto della popolazione ai

processi di pianificazione e si inaugura l'interazione collettiva con alcuni laboratori

presso il padiglione denominato “Urban Center”. Questo luogo traspare come la “casa

sostenibile per le politiche urbane”; esso è diretto a raccogliere stili, modelli e forme

interpretative per la partecipazione, al fine di creare la costruzione condivisa delle nuove

strategie di trasformazione della città.

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Capitolo secondo

Compresenza e intersezioni con altri strumenti di conoscenza

e di programmazione territoriale

di Nicola Visentin e Luigi Matarollo

2.1. L’urbanistica: un campo multidisciplinare

La disciplina urbanistica si è evoluta per cercare di strutturare il grande sviluppo urbano

delle prime città industriali. La mancanza di crescita ordinata dell'organismo-città è

caratterizzato da un certo grado di entropia decisionale in mancanza una

programmazione organica del territorio.

Nel corso degli anni tale necessità è mutata e si è estesa oltre i confini urbani per

abbracciare lo spazio della “città diffusa” al fine di redare uno “statuto territoriale

aperto”.

Dal secolo XIX a ora, la materia urbanistica ha subito una notevole evoluzione

divenendo multi-discliplinare, comprendendo diversi campi di analisi e azioni dal sistema

economico a quello sociologico, piuttosto che a quello statistico. In questa situazione si

sono sviluppati, soprattutto a livello normativo, nel territorio nazionale e locale, due

grandi temi di carattere urbanistico: il primo relativo alla conoscenza del territorio e di

tutte le componenti che lo costituiscono (analisi); il secondo individuato nella

pianificazione territoriale associando alla stessa una programmazione temporale in alcune

tipologie di intervento.

Sostanzialmente, con questo sistema, il percorso della progettazione urbanistica e del

governo del territorio, veniva delegato alla sfera della società costituita dagli

amministratori e dagli esperti qualificati che, attraverso le norme di riferimento,

“tracciavano” le strategie di sviluppo e i tempi per la loro realizzazione . Si trattava di un

sistema delegato e monodirezionale, dove non esisteva lo scambio del flusso progettuale

col delegante, il “cittadino”.

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Tale metodo però ha perso consistenza ed efficacia nel corso degli ultimi anni, quando la

comunicazione, l’ambiente, l’economia e la società, a livello mondiale, hanno subito delle

trasformazioni e dei cambiamenti radicali. Come per l’origine, anche per il cambiamento,

la cultura anglosassone è stata determinante nel fornire un nuovo approccio progettuale

e disciplinare.

A livello conoscitivo, grazie allo sviluppo della strumentazione tecnologica e di nuovi

metodi di indagine del territorio, le analisi sono diventate più puntuali con una maggiore

conoscenza del territorio e uno studio approfondito dei suoi caratteri, del suo stato di

fatto e dei processi evolutivi propri. Tali indagini, accompagnate da modelli di

simulazione e da strumenti specifici, riescono a intercettare le criticità e le fragilità del

territorio per una preventiva valutazione e sostenibilità ambientale delle future strategie

pianificatorie.

Come non ricordare che questi temi sono stati, e sono tuttora, oggetto di protocolli,

normative e direttive di carattere mondiale ed europeo; è sufficiente citarne solo alcune

per capire quanto importanti siano diventate le tematiche e le strategie ambientali nella

pianificazione territoriale. Dalla conferenza di Rio del 1992, al protocollo di Kyoto del

1997, a “Natura 2000”, alle varie direttive europee volte al contenimento delle emissioni

e dei rifiuti, al trasporto-materiali-alimenti sostenibili, oppure all’uso sostenibile

dell’acqua e alla protezione e rivalutazione della biodiversità e delle risorse naturali .

Tale sviluppo ha portato l’attuale urbanistica ad esprimersi con concetti quali la “tutela e

uso del territorio”, oppure il “quadro conoscitivo”, o la “ valutazione ambientale

strategica” , nonché lo “sviluppo sostenibile”. Questi termini, e il loro contenuto, erano

impensabili fino a qualche anno fa, sottendendo in essi una cultura ambientale diversa,

oltre che un nuovo modo di procedere e affrontare le tematiche urbanistiche. Segno

questo che l’uso parsimonioso del suolo e delle sue risorse è diventato elemento di

“coscienza comune”, che ha influito fortemente anche sul legislatore fino a indirizzarlo

nel produrre norme orientate in tal senso.

A questi temi e procedure si sono aggiunti recentemente dei principi etici fondamentali

come la “sussidiarietà” (sociale e cooperazione tra enti), legata alla “sostenibilità” (intesa

come ambientale e territoriale) e alla “semplificazione” delle procedure congiunte alla

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“efficacia” dell’azione amministrativa e degli strumenti di pianificazione. Questi temi

sono connessi al desiderio collettivo che l’azione di governo del territorio sia un’azione

comune, sostenibile e condivisa tra i vari attori sociali, siano essi cittadini o altri più

rappresentativi. A questo si accompagna la necessità che gli obiettivi strategici

conseguenti a una pianificazione sorretta da tali principi, debba essere sostenuta da una

semplificazione ed efficacia della macchina amministrativa tale da renderli realizzabili in

tempi brevi.

In sostanza la pianificazione, così intesa, deve mantenere un rapporto equilibrato tra

sviluppo e salvaguardia del territorio in tempi certi.

Ma il principio che più ha qualificato eticamente l’urbanistica contemporanea è dato dai

metodi di ascolto delle proposte che emergono dai cittadini o dai portatori di interesse

che, a vario titolo, appartengono alle diverse sfere della società. In questo contesto si è

fondato principalmente il lavoro e progetto pilota di urbanistica partecipata “scriviamo

insieme la città” così come contenuto nella presente edizione.

Questo “modus operandi”, già testato con successo in altre realtà, trova riscontro nella

programmazione e strutturazione dei livelli di pianificazione e nelle finalità contenute

nella legge regionale di riferimento (n.11/2004), titolata “norme per il governo del

territorio”.

È significativo che quanto sopra sottolineato a livello ambientale venga chiaramente

recepito da detta norma che nei “contenuti e finalità” della stessa stabilisca come

obiettivi, tra l’altro la “promozione e realizzazione di uno sviluppo sostenibile e

durevole, finalizzato a soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei cittadini, senza

pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle risorse

naturali”.

Dette finalità, secondo il legislatore, “.....sono perseguite, nel rispetto dei principi di

sussidiarietà, adeguatezza, ed efficienza, mediante:

a) la semplificazione dei procedimenti di pianificazione, con riduzione di tempi e con

garanzia di trasparenza e partecipazione”.

E infine, in merito all’urbanistica partecipata, la norma si esprime inequivocabilmente a

favore , quando sostiene che dette finalità si attuano mediante: “il coinvolgimento dei

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cittadini, delle rappresentanze economico-sociali e delle associazioni individuate ai sensi

dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 “Istituzione del Ministero dell'ambiente e

norme in materia di danno ambientale” e successive modificazioni, alla formazione degli

strumenti di pianificazione e alle scelte che incidono sull’uso delle risorse ambientali.

È importante, anzi fondamentale, sottolineare come la Regione Veneto, con questa

norma, si sia orientata chiaramente verso l’azione partecipativa diretta del cittadino nella

formazione dello strumento di pianificazione, sia esso di livello superiore che di livello

locale.

Il legislatore, nei principi generali della legge, indica come finalità principale, per il

governo e l’uso del territorio, il “coinvolgimento” del cittadino, assegnandoli un ruolo di

diritto e di responsabilità nel progetto urbanistico voluto per condividere e perseguire

uno sviluppo sostenibile.

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Capitolo terzo

Metodologie e strumenti per la Gestione della Qualità

di Jacopo Buso

3.1. Introduzione

Nel contesto progettuale dell’ Associazione “3VISO3 La città vive con me” si è scelto di

tener costantemente presenti dei principi della Gestione della Qualità. Più comunemente

adottati nella progettazione e sviluppo di prodotti commerciali di ampio consumo in

aziende manifatturiere o di servizi, essi offrono delle solide linee guida per la gestione

della progettazione del “prodotto città” e per la modifica infrastrutturale del “sistema

città”. Nei successivi paragrafi si limiterà lo studio al contesto urbano vissuto dai suoi

utenti o animato da turisti. In realtà, si cercherà di offrire una lettura più ampia dei

concetti standard della Gestione della Qualità applicati nell’ambito prettamente

commerciale, in cui la generazione dell’utile sul breve e lungo periodo rimane pur

sempre il più importante obiettivo. L’armonia ricercata durante tutto il percorso creativo

risiede nell’accordare le idee dei progettisti, affinché soddisfino le esigenze dell’utente

finale. Nel caso si riuscisse a raggiungere questo ambizioso obiettivo, progredendo le

condizioni della città, si avrebbe un conseguente riflesso positivo anche in termini

economici per le attività produttive dell’intero tessuto urbano limitrofo. Al contrario, se

il cuore cittadino interromperà il suo battito, tutto il “sistema città” ne risentirà

negativamente. Si spiega, dunque, la scelta preventiva di intervenire a livello progettuale

nel centro storico della città.

“La prosperità delle regioni, delle imprese e degli individui dipende dalla loro capacità di

navigare nello spazio del sapere. La potenza ormai deriva dalla gestione ottimale delle

conoscenze. Il sapere è diventato la nuova infrastruttura” (Pierre Lévy, filosofo).

Per comprendere le esigenze degli utenti, si possono applicare differenti strumenti. I

principali consistono nei focus group (con testimoni privilegiati o organizzati in

assemblee cittadine) e nei sondaggi.

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Si rimanda ai capitoli “La struttura del percorso di ascolto” e “La parola ai cittadini”, del

presente testo, per la comprensione del processo globale di cattura della conoscenza,

riservando a questo capitolo spiegazioni più dettagliate e tecniche atte alla costruzione e

all’utilizzo dei sondaggi in un contesto progettuale e di gestione operativa.

3.2. Scopi e report statistici del sondaggio a risposta aperta: sondaggio

brainstorming

Prima di favorire dei “circoli della qualità” con i testimoni privilegiati (incontri e focus

group destinati a proporre azioni migliorative per l’organizzazione cittadina) creando

sinergie e occasioni di confronto, è necessario disporre della materia prima utile al

dibattito: le reali “idee” delle persone. Infatti, una delle problematiche principali per

l’inaugurazione di un dibattito pubblico, o di una “progettazione partecipata” a livello

analitico (cablaggio del progetto sulle statistiche provenienti dai sondaggi), è di non avere

la certezza che gli argomenti trattati siano di condivisa importanza per gli utilizzatori

finali. L’obiettivo del sondaggio brainstorming è circoscrivere, con criterio e maggior

certezza, il campo delle infinite esigenze più o meno astratte delle persone, senza che

queste vengano condizionate con domande a risposta chiusa su argomenti artefatti. Lo

studio condotto sui dati del sondaggio brainstorming, offrono, quindi un’aggiornata

piattaforma di partenza aggiornata per l’implementazione delle successive domande a

risposta chiusa sulla soddisfazione del utente.

Per far emergere le informazioni dai dati raccolti, ci si è avvalsi del software

BrainReverse, appositamente ideato per svolgere le analisi di sondaggi a risposta aperta.

Esso applica dei filtri semantici alle risposte e ne analizza differenti indici matematico-

statistici. In ognuna delle domande son state rilevate proposizioni di “tipologia

affermativa” (corrispondenti a desideri ed esigenze degli utenti) o di “tipologia negativa”

(associabili, nella maggior parte dei casi, a reclami, critiche o elementi di insuccesso per la

città). In ogni tipologia di risposta si son potute così misurare le frequenze relative,

assolute e cumulate delle singole parole, realmente coincidenti dal un punto di vista

semantico con le idee della gente. Valutando l’ordinamento delle parole-idee, grazie

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all’analisi ABC (in virtù del principio di Pareto, secondo il quale “la maggior parte degli

effetti è dovuta ad un numero ristretto di cause”), il team di progettazione ha preso atto

dei principali elementi di successo ed insuccesso per il “sistema città”. Inoltre, per

ottenere un riferimento rispetto al campione totale degli intervistati, o rispetto al numero

delle risposte affermative o negative, si son studiati nei relativi reports statistici gli indici

inerenti i tassi delle idee manifestate rispetto le suddette popolazioni. Una selezione

ridotta delle voci di un report, a puro titolo dimostrativo, è riportata in figura 3.1.

PERCHÈ MOLTE ATTIVITÁ ARTIGIANALI E COMMERCIALI DEL CENTRO STORICO SONO ATTUALMENTE IN DIFFICOLTÁ?

Figura 3.1 - Esempio di report analitico per il sondaggio a risposta aperta.

In questa fase, auspicabili e potenti sono le nozioni riconducibili alla Group Technology,

al fine di individuare delle corrette “famiglie semantiche di parole”, senza distorcere le

reali connessioni. Misurando, appunto, le occorrenze comuni delle parole sarà possibile

definire a livello probabilistico le dipendenze esistenti fra le parole stesse, le idee stesse

avranno dunque delle distribuzioni caratteristiche. I macro-assiemi semantici, così

ottenuti, risulteranno utili alla progettazione di una famiglia di soluzioni tecniche finali

(moduli). Nel caso di 3VISO3, sono stati eseguiti dei confronti e delle selezioni “a vista”

di gruppi di parole, detti “assiemi”. Così facendo, si è preferito favorire il fattore umano

nello studio semantico, anziché la diretta misurazione; ciò ovviamente ha molti pregi ed

altri difetti. Le parole formalizzanti gli “assiemi” (rappresentati simbolicamente in figura

3.2) appartengono a campioni di dati inerenti a più di 3000 risposte ricavate dall’unione

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di gruppi di tre domande differenti appartenenti al primo sondaggio brainstorming, ma

associabili per gli argomenti trattati.

Figura 3.2 - Simbologia degli assiemi.

La ragione d’essere dei risultati del primo sondaggio brainstorming (a risposta aperta) è la

stesura delle voci e delle domande del sondaggio step 2 a risposta multipla, avvenuto

nell’ultimo weekend dell’evento in piazza organizzato dall'associazione.

3.3. Scopi e costruzione del sondaggio a risposta multipla: la soddisfazione

dell’utente

L’analisi del secondo sondaggio permette di cogliere le corrette sfumature quantitative

inerenti i singoli argomenti ritenuti importanti, sia dai progettisti che, ancor prima, dai

cittadini. Su di essi, infatti, si concentrerà la successiva progettazione.

Per la definizione dei contenuti del sondaggio in questione, si son rispettate alcune regole

qualitative che mirano a trasferire, a livello soprattutto semantico, il riverbero delle idee

dominanti del primo sondaggio alle voci del secondo:

1-individuazione delle “esigenze dominanti intangibili” (in rosa), manifestate dagli

intervistati nel primo sondaggio;

2-individuazione delle “esigenze dominanti funzionali” (in viola), manifestate dagli

intervistati nel primo sondaggio;

3-individuazione delle “esigenze tacite intangibili” (in giallo) connesse alle precedenti, ma

non espresse dagli intervistati nel primo sondaggio (necessità ed esigenze astratte

implicite e tacite degli utenti);

4-individuazione delle “esigenze tacite funzionali” (in azzurro), definite a partire dalle

“esigenze dominanti intangibili” e delle “esigenze tacite intangibili”. Rappresentano delle

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esigenze facilmente associabili a delle funzioni concrete. Esse unite alle “esigenze

dominanti funzionali”, vanno a costituire gli argomenti del secondo sondaggio.

Il processo di costruzione delle voci del secondo sondaggio è rappresentato a titolo

dimostrativo nella figura 3.3.

Figura 3.3 - Costruzione degli argomenti del sondaggio a risposta chiusa.

L’applicazione di queste regole deve avvenire in sequenza e valutando di volta in volta i

possibili parallelismi, cercando di considerare il maggior numero di relazioni fra le idee-

parole, al fine di creare delle famiglie di voci. La struttura mentale che connette le

“esigenze intangibili” e le “esigenze funzionali” presuppone una architettura delle idee,

con dei flussi e dei potenziali riconducibili alle loro frequenze.

Esempi inerenti ai risultati del primo sondaggio, ed esplicativi delle “esigenze dominanti

intangibili” manifestate (in rosa), sono i desideri o elementi di insuccesso “più vita, più

vivibilità, più giovani, più visibilità, più sicurezza, poche iniziative, più informazione,

meno traffico”. Utili in questa fase sono i principi della “Grammatica strutturale” e dello

“Strutturalismo” di Ferdinand de Saussure, fondatore della linguistica moderna.

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Sono invece “esigenze dominanti funzionali” (in viola), le idee-parole manifestate al

livello del primo sondaggio, similmente a “aree pedonali, parcheggi, prezzi bassi,

panchine, verde pubblico, più autobus, eccetera”. Consistono in esigenze dell’utente

esplicite ed associabili ad una funzione particolare e concreta, tali da poter essere

soddisfatte da delle soluzioni tecniche e progettuali misurabili e quantificabili.

L’individuazione delle “esigenze tacite intangibili” (in giallo), costituisce uno passaggio

difficoltoso, nel quale le competenze degli psicologi possono far emergere aspetti non

facilmente valutabili ed utili alla seguente definizione di nuove esigenze funzionali ed

innovative per il “sistema città”.

Tali esigenze, “esigenze tacite funzionali” (in azzurro), costituiscono ulteriori necessità

associabili a funzioni concrete, ma non direttamente manifestate dagli intervistati. Molto

probabilmente risulteranno driver di soddisfazione di successo, poiché innovativi o non

attesi dall’utilizzatore. La loro stesura spetta al team di progettazione, coadiuvato da

psicologi, sociologi ed esperti in comunicazione, a partire dalle esigenze tacite intangibili.

Si consideri ora una rapida riflessione. Poiché si intende ottimizzare gli investimenti e le

disponibilità economiche del territorio a valle della progettazione di massima delle

soluzioni tecniche (concept), si desidera semplificare la gestione del flusso informativo.

Con queste intenzioni è, dunque, necessario impostare tra le idee-parole (del sondaggio

brainstorming) ed i nuovi item (del sondaggio a risposta multipla) delle connessioni tali

da realizzare un grafo planare. Esso avrà per nodi le singole idee od esigenze funzionali,

e le connessioni non si intersecheranno. Inoltre in tale grafo (più simile ad uno schema

ad albero o ad una distinta base semantica della “soddisfazione globale” ! – vedi figura

3.2) è conveniente eliminare le connessioni ed i nodi inerenti alle “esigenze tacite

intangibili”. Ogni item del secondo sondaggio dovrà comunque mantenere una

connessione proveniente da una idea-parola. Le “esigenze tacite intangibili” vengono

eliminate dal grafo, poiché di esse non si possiedono le misurazioni provenienti dal

primo sondaggio brainstorming. Risultano, nonostante la loro utilità, un costrutto logico

dei progettisti e non un dato rilevato dalle antecedenti analisi.

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Figura. 3.4 - Sintesi delle connessioni fra gli argomenti misurabili. Per ogni “esigenza funzionale” (item del secondo sondaggio - in azzurro e in viola) si

son poste due dimensioni di analisi per la soddisfazione dell’utente: una riferita

all’importanza e l’altra all’utilizzo, conferibili dall’intervistato all’esigenza-funzione presa

in esame. Si son utilizzate delle scale convenzionali di risposte da uno a cinque.

Inoltre, grazie alla registrazione anonima del profilo dell’utente, si son programmati degli

incroci di dati, al fine di portar alla luce opinioni divergenti a seconda del genere, della

provenienza e dell’età. Ci si è comunque “limitati” ad una analisi di statistica descrittiva,

senza così considerare le reali proporzioni categoriali della popolazione di Treviso.

Tuttavia il profilo impostato è generalmente in accordo con le rilevazioni ed i profili

scelti nei censimenti ISTAT, permettendo future valutazioni di statistica inferenziale.

Anche in questo caso la mole di dati elaborata è stata di grande interesse (un campione di

973 unità e 122 domande, divise in tre blocchi), tanto da dover impiegare nuovamente il

software BrainReverse allo scopo di abbreviare i tempi di calcolo. Opportunamente

interfacciati gli output del database associativo, i dati son stati elaborati a blocchi,

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sondaggio per sondaggio: i principali indici presi in considerazione sono stati le

frequenze relative, le medie campionarie e le deviazioni standard (vedi figura 3.5).

Figura. 3.5 - Esempio di report statistico per il secondo sondaggio.

Lo scopo finale del sondaggio a risposta multipla (step 2) è quello di fornire valutazioni

qualitativamente corrette e quantitative utili sul livello di soddisfazione dell’utente

associabile ad ogni item, secondo le due dimensioni d’analisi dell’importanza e

dell’utilizzo. Alla scorta di queste informazioni si potranno ordinare nelle opportune

priorità gli interventi progettuali, convergendo e stringendo nuovamente il campo di

progettazione verso i reali desideri dell’utente.

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3.4. Sviluppo Prodotto

3.4.1. Metodologia QFD (Quality Function Deployment), applicazione e

adattamenti

Si tratta di uno strumento “che appartiene all’ultima generazione di approcci alla gestione

della qualità. Col QFD l'attenzione delle aziende verso la qualità si è spostata dal

processo produttivo alla progettazione. Nell'approccio alla qualità, la tecnica del “quality

function deployment” ha la funzione di progettare il prodotto-servizio secondo le

funzioni d'uso attese dal cliente” (Wikipedia). Questa tecnica permette di definire con

coerenza le specifiche del “prodotto città” ponendo la soddisfazione dell’utente al centro

del problema e consentendo una gestione più accurata delle risorse investibili.

Nell’ambito progettuale di 3VISO3 il QFD ha trovato una buona applicazione, specie

nella prima parte del processo ideale. Massimo è stato infatti il contatto e lo studio delle

esigenze dell’utilizzatore finale, poiché il sondaggio brainstorming ha permesso di

sondare il reale campo delle idee, senza forti condizionamenti psicologici comportati

dall’imposizione di domande a risposta chiusa, i cui argomenti son più facilmente

opinabili. A tal proposito, si rammenta come uno degli argomenti più in voga nel

dibattito pubblico locale di Treviso sia stata la “pedonalizzazione”. Tuttavia, i risultati del

sondaggio han fatto emergere ulteriori argomenti di estremo interesse e condivisione,

talvolta con una forza ancor maggiore rispetto l’argomento suddetto. Se si fosse basata la

progettazione su delle domande a risposta chiusa particolarmente incentrate sul tema

della pedonalizzazione del centro, trascurando tutti i rimanenti aspetti, si sarebbe

sicuramente compiuto un errore grossolano. Così la pedonalizzazione è stata, invece,

trattata al pari di una qualsiasi altra variabile con i suoi corretti pesi. Date le tempistiche

comunque ristrette, gli alti obiettivi dell’associazione, e la profonda analisi dei

“desiderata” dei cittadini, si è scelto di apportare alcuni adattamenti e modifiche al QFD

tradizionale, permettendo un recupero dei tempi e delle risorse progettuali nelle fasi

successive. D’altronde la qualità generata a monte del processo di produzione,

distribuzione, e recupero del prodotto è un valore aggiunto fondamentale, se non ormai

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inestimabile, in ogni progettazione di prodotti-servizi pubblici o privati che siano.

Tornando al caso in esame, si son concentrati gli sforzi al primo livello del QFD, ossia

nella definizione e risoluzione della “Matrice di progetto del Prodotto” specialmente a

livello operativo, relazionando così il panel composito delle “esigenze funzionali” con un

insieme di soluzioni tecniche e progettuali dette concept-moduli. Si sono inoltre

integrati, in corrispondenza della prima matrice e nelle successive valutazioni, i risultati

del primo sondaggio brainstorming. È in questo istante (step 3) del flusso informativo e

del lavoro che avviene un adattamento del metodo QFD, innestando nello stesso la

metodologia della “Progettazione Modulare” (vedi figura 3.6 ).

Figura. 3.6 - Relazione fra gli assiemi, le esigenze funzionali, i moduli ed il QFD.

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3.4.2. Progettazione modulare

I principali attributi che distinguono un modulo da una qualsivoglia struttura sono:

1- quantificabile;

2- valorizzabile;

3- riconducibile;

4- unico;

5- interfacciabile;

6- ripetibile;

7- vincolato;

8- potenziale.

Tutti i moduli devono presentare le caratteristiche sopra elencate. Una dispendio iniziale

più elevato delle risorse nella fase intangibile dell’ideazione e della progettualità potrà poi

far recuperare numerosi costi in produzione e nella logistica. Inoltre, all’aumentare del

dettaglio della modularità migliori saranno le prestazioni sul breve e lungo periodo negli

approvvigionamenti e nella fabbricazione. In fase di assemblaggio, contestualizzazione e

collocazione dei moduli, bisognerà tener conto delle molteplici funzioni che gli stessi

moduli possono avere, anche in maniera indiretta rispetto la propria natura progettuale o

rispetto la propria principale funzione d’uso. Ovviamente cardine delle scelte è la

soddisfazione dell’utenza e la funzionalità del prodotto completo.

Volendo descrivere gli attributi sopra indicati e presi in considerazione durante i

momenti salienti e di ricerca del team associativo 3VISO3:

1- Quantificabile:

ogni modulo deve avere una corrispondenza in una delle unità di misura esistenti. Di

ogni modulo vanno definite le unità di misura e il loro ammontare. Es. di unità di

misura: metri, metri quadrati, kilogrammi, litri, manodopera (numero lavoratori, ore

lavoratori), pezzi, eccetera.

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2- Valorizzabile:

di ogni singolo modulo deve poter essere quantificato il suo valore economico, o meglio

il suo costo unitario.

Un esempio di “costo totale unitario” comprende le seguenti voci di costo:

- costo della progettazione dei componenti del modulo

- costo della produzione dei componenti del modulo

- costo di montaggio e assemblaggio del modulo

- costo di trasporto dei materiali (componenti, sottoassiemi o moduli finiti) dal

loro luogo di fabbricazione/montaggio a luogo finale

- costi variabili totali per modulo

- altri costi medi non prevedibili

- oneri fiscali

- altro.

3- Riconducibile:

per ogni modulo deve essere chiaro per quale esigenza funzionale (o più esigenze

funzionali) (argomento/i del secondo sondaggio a risposta chiusa – step 2) è stato

ideato. Il modulo rappresenta, infatti, una risposta concreta a un bisogno astratto ma

misurabile, insito in ogni esigenza funzionale. È la soluzione tecnica (concept) che ha

l’obiettivo di soddisfare le esigenze degli utenti. Gli stessi moduli potranno essere gestiti

in “famiglie”, anche a livello previsionale e produttivo. Si ricorda poi che nella logica

finora rappresentata le esigenze funzionali sono poi riconducibili agli assiemi semantici

generati dal sondaggio brainstorming (a risposta aperta) (vedi figura 3.7).

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Figura 3.7 - Rappresentazione della “riconducibilità” e del modello a clessidra.

La logica gestionale che risulta da questo processo, seppur con degli adattamenti, fa

riferimento alla “Struttura a Clessidra” illustrata dal prof. Alberto F. De Toni, professore

ordinario di Strategia e Gestione della Produzione e Gestione dei Sistemi Complessi,

presso la facoltà di Ingegneria Gestionale dell’Università degli Studi di Udine.

4- Unico:

ogni modulo deve avere essere completamente diverso nella funzione e nella forma dagli

altri moduli. Qualora si stia per progettare moduli molto simili è opportuno trovare una

sola soluzione tecnica. L’intercambiabilità del modulo in più contesti è un valore

aggiunto del medesimo meglio spiegato nell’attributo dell’interfacciabilità.

Es. un possibile modulo dell' “area pedonale” (legato all’esigenza funzionale della

“pedonalizzazione”) non dovrebbe contenere anche dei “lampioni” o un “prato verde”,

poiché i lampioni ed il prato verde son piuttosto moduli minimi connessi ad altre

esigenze funzionali già manifestate (quali ad esempio l’ “illuminazione” ed il “verde

pubblico”). Ciò non significa, tuttavia, che tutti e tre i precedenti moduli non debbano

essere progettati in maniera integrata, promuovendo la massima interfacciabilità tra gli

stessi. Di conseguenza i componenti del modulo “area pedonale” potrebbero essere

differenti tipi di pavimentazioni, delimitatori, segnaletiche, sedute e possibili

caratteristiche innovative.

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5- Interfacciabile:

ogni modulo deve esser progettato per poter “rapportarsi” ed “interagire” con gli altri

moduli uguali a se stesso (sempre) o non uguali a se stesso (il più possibile). Si potranno

avere differenti livelli di interfacciabilità:

a- un livello massimo per i moduli uguali;

b- un livello alto per i moduli riconducibili alla stessa esigenza funzionale;

c- un livello medio per i moduli riconducibili allo stesso assieme e “sottoassieme”, ma

non alla stessa esigenza funzionale.

d- un livello basso per i moduli appartenenti a assiemi e famiglie diverse.

Il momento in cui avviene concretamente l'interfacciabilità è nella fase di assemblaggio

dei moduli, ma perché possa avvenire deve esser stata progettata a priori. È necessario

poi massimizzare l’interfacciabilità a tutti i livelli.

6- Ripetibile:

ogni modulo rappresenta l'unità minima per la soddisfazione di una esigenza funzionale,

e la sua ripetitibilità in contesti territoriali diversi o nel medesimo contesto è un principio

fondamentale. All'aumentare del numero di moduli dovrebbe aumentare non solo la

soddisfazione della gente, ma anche il flusso della stessa in un’area. Viceversa,

all’aumentare o diminuire del flusso dell’utenza in una certa area, si deve poter replicare,

modificare e interfacciare un numero diverso di moduli uguali.

7- Vincolato:

ogni modulo deve essere descritto da alcune coppie di valori indicanti il numero minimo

e massimo, rappresentanti i limiti della tolleranza entro cui si sviluppa.

Le coppie di limiti “minimo e massimo” rappresentano dei vincoli alla variabilità, entro

la quale il modulo potrà proliferare. La diffusione dei moduli (indipendenti o autonomi)

potrà essere così controllata. Ad esempio nel caso urbano la dilatazione ed espansione

degli stessi potrà compiersi in un'area da riqualificare, in una traiettoria di servizi o

trasporti, o in un assieme funzionale di componenti o moduli stessi. Quest’ultima voce

(assieme funzionale di componenti o moduli) è quella che meglio si adatta a raccogliere

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l’eredità informativa e la carica emotiva delle idee manifestate ed organizzate negli

“assiemi” nel primo paragrafo 3.1 (vedasi inoltre le “Funzioni vitali” nel capitolo “La

città come organismo”) determinati nello step 1 del processo progettuale. Nella stesura

dei vincoli, la squadra di tecnici dovrà tener conto del contesto attuale dell'area esaminata

e dei suoi possibili sviluppi futuri.

Oltre ad essere una necessità fisica che limita un problema matematico dalle infinite

soluzioni (se fossimo nel continuo, ma ci rapportiamo a un dominio discreto, quindi le

soluzioni se non saranno infinite saranno comunque estremamente numerose), i vincoli

rappresentano, inoltre, una soglia oltre la quale la soddisfazione degli utenti, anziché

crescere con il numero dei moduli, può cominciar a decrescere. Infatti non sempre la

soddisfazione della gente è proporzionale alla presenza delle cose (es. troppe luci =

spreco = insoddisfazione).

Possono esservi differenti categorie di vincoli.

Nell’ambito di 3VISO3 si son considerati dei “vincoli strutturali”, utili alla gestione di

insiemi di moduli di diversa natura, tali da comporre dei “macromoduli”. In tali contesti,

i moduli possono variare in numero nel tempo, facendo respirare gradualmente la

struttura globale a seconda delle risorse economiche investite ed in funzione della stessa

soddisfazione manifestata dall’utenza. I moduli “figli”, componenti la struttura “padre”

più complessa, rimangono perfettamente interfacciati durante le “trasformazioni”.

Un’ulteriore categoria di vincoli ritenuta utile alla gestione degli investimenti e dei moduli

son stati i “vincoli geografici”. In corrispondenza di particolari moduli autonomi ed

autosufficienti, han permesso di regolare armonicamente la diffusione puntiforme dei

singoli moduli nel contesto urbano considerato (il centro storico di Treviso).

8- Potenziale:

ogni modulo deve rappresentare un micropolo attrattore per la gente. Si può affermare

che il potenziale viene concepito nella fase più creativa e a cavallo fra la comprensione

dei “desiderata” e delle caratteristiche concrete che identificheranno il modulo. Nella sua

progettazione, bisognerà tener conto, ad esempio, del modello concettuale di Kano e

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delle possibili esigenze che la gente non sa di avere e che il modulo dovrebbe soddisfare.

Non sempre si è consapevoli dei propri bisogni, delle necessità, e dei problemi.

Oltre al fascino estetico che può avere ed ai risvolti già espletati a livello dell’intera filiera

produttiva coinvolta, l’utilità e lo scopo ultimo del modulo è senz’altro la flessibilità

progettuale. Il concetto di modulo può essere adottato in vari ambiti: progettazione di

aree urbane, architetture esterne o interne, arredamenti pubblici o interni privati, servizi.

La flessibilità, qui chiamata in causa, è quella congiunta alla variabilità delle esigenze

cittadine (nel tempo e nella forma) e delle disponibilità economiche investibili, quali esse

siano private o pubbliche. “Disporre di un sistema flessibile” significa poter disporre di

una risposta elastica e concreta ad innumerevoli situazioni. Il punto di vista qui adottato

si scosta notevolmente dalle pratiche comuni nella gestione del territorio ed, altresì, dalle

pratiche più convenzionali ed tradizionali. Il suo approccio rimane comunque fondato su

solide basi o principi accademici e razionali.

La struttura metodologica proposta fa intendere un monito da non sottovalutare, specie

in un periodo di crisi economica, in cui alto è il tentativo di disperdere le forze e le

opportunità: la gestione modulare così intesa, offrirebbe uno strumento alternativo

adatto a “far sistema” fra i differenti portatori di interesse, creando reti e partnership

vantaggiose nel medio e lungo periodo non solo per i privati ed il pubblico (in un’ottica

di Supply Chain Management), ma per il bene comune della società stessa, utilizzatrice

unica e finale del “sistema città”.

3.4.3. Ottimizzazione

Molti dati, molte informazioni ed infinite opinioni. Quale la soluzione migliore? Adottare

diversi obiettivi porterà sicuramente a differenti soluzioni, ma porre la soddisfazione del

cittadino come cardine operativo condurrà ad un insieme ridotto, se non unico, di

soluzioni ideali. L’ottimizzazione influisce a differenti livelli, strategici, tattici ed

operativi. Nella progettazione si possono adottare comunque due principali punti di

vista. Si avrà così una visione dall’alto, utile per gestire l’insieme di dati e di attività volte

ad integrare il prodotto al processo produttivo (Engineering Workflow), ed una visione

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più dettagliata, con lo scopo di risolvere analiticamente problematiche complesse, grazie

anche all’utilizzo di tecniche di Ricerca operativa.

Ambedue le prospettive si possono adottare contemporaneamente, garantendo in tal

senso una corretta ed efficace distribuzione degli sforzi, sia nella progettazione del

contesto urbano, sia nelle sue dinamiche e scelte territoriali.

Adottando ora il punto di vista più analitico, si prendano in esame le risorse economiche

disponibili, variabili chiave ed indipendenti rispetto il flusso informativo finora descritto.

Le risorse del territorio, pubbliche o private, mutano nel tempo e nella quantità, ma

conoscendo le priorità degli interventi modulari (in funzione delle esigenze dei cittadini),

è possibile programmare armonicamente l'operatività nella dimensione temporale. Ciò

implica per lo più un rapporto di continua co-progettazione, al fine di raggiungere un

prodotto di eccellenza, per il quale le tempistiche produttive siano note e più affidabili.

Una volta definito e risolto codesto problema di Ricerca operativa massimizzante la

soddisfazione sociale, si otterranno i numeri totali e parziali dei moduli da produrre e da

collocare nel centro storico (area da riqualificare prefissata). Infatti, lo scopo ultimo

rimane quello di consegnare all’utente delle opere per lui significative e di valore atteso e

d’uso ben definito. L'azione del “collocare” o spostare determinati interventi modulari

dovrà sempre essere in armonia con la strategia urbanistica preventivata, essendo la città

stessa un nodo di un grafo-rete più ampio a livello provinciale e regionale.

È importante chiarire che tale approccio ha senso se applicato ricorsivamente nel tempo,

con modalità periodiche o qualora vi siano forti dibattiti pubblici in merito a possibili

decisioni di impatto sul territorio. Gli stessi concept modulari, affinché risultino di

successo, dovranno essere rimessi in discussione (step 4) con gli opportuni strumenti

(anche tramite le tecnologie web). Il metodo, infatti, è simile ad una spirale ciclica, che

permette, strada facendo, di migliorare la qualità ed il dettaglio delle caratteristiche del

singolo modulo i-esimo (vedi figura 3.8). Al termine del processo si otterrà una soluzione

che presenterà, comunque, uno scostamento non eliminabile (ei) dalla soluzione ideale.

Tale errore sarà nettamente inferiore rispetto ad un concept sviluppato senza la

partecipazione della popolazione. La gestione dell’errore ei, anche per una struttura

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composta da moduli diversi, sarà possibile mediante revisioni e restyling successivi della

tipologia e del numero dei moduli utilizzati.

Figura 3.8 - Rappresentazione del metodo modulare nel tempo per il cablaggio del progetto.

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Capitolo quarto

Treviso e il suo contesto territoriale

di Diego Candito e Luigi Mattarollo

4.1. Treviso e il suo contesto territoriale

Il centro storico di Treviso è legato alla realtà di un territorio più ampio. Possiamo

identificare la prima periferia urbana, sviluppata e consolidata in un anello di circa un

chilometro di ampiezza, e una seconda area più estesa comprendente il rimanente

territorio comunale. Il paesaggio urbano è influenzato dalle realtà dei Comuni contermini

di Villorba, Carbonera, Silea, Casier, Preganziol, Zero Branco, Quinto di Treviso, Paese

e Ponzano Veneto. L'analisi a scala territoriale si è basata sul Piano Territoriale di

Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Treviso del 2010: tale strumento di

pianificazione fornisce alcune importanti indicazioni per lo sviluppo organico del

territorio futuro.

Sostanzialmente il presente capitolo, nella sua sintesi della cartografia rappresentativa,

descrive quelle che in prima analisi sono le relazioni e i sistemi, esistenti o di progetto,

che possono influire direttamente sul metabolismo e sul comportamento umano

determinando il valore della “qualità di vita” nei luoghi vissuti.

Nella rappresentazione cartografica iniziale (vedi Tav. 1.2) sono individuate le “Relazioni

ecologiche” tra i diversi sistemi naturali presenti, da tutelare e valorizzare (idrografia,

parchi, corridoi ecologici) che interessano il Comune di Treviso ed i Comuni contermini.

Quello che si intende proporre è di accrescere la relazione tra il centro storico e questi

ambiti naturalistici, attraverso la realizzazione di due transetti verdi a destinazione

prevalentemente ciclopedonale a nord e a sud della città.

Oltre all'aspetto ambientale, tali corridoi avranno carattere di "parchi lineari funzionali",

essendo essi stessi assi preferenziali di connessione fra il sistema agricolo e quello

antropizzato, con attrattori sia urbano-rurali sia economico-sociali in prossimità della

città murata.

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Di notevole importanza è il transetto verde nord che intende valorizzare l'esistente verde

pubblico presente lungo le mura medioevali, creando una sinergia ad ovest con il

corridoio ecologico sviluppato fra i centri di Paese e Castagnole in direzione Porcellengo,

ad est con il Parco Provinciale dello Storga.

Anche il transetto verde sud, considerato di altrettanta importanza, intende dare

continuità e concretezza al percorso del Parco Naturale Regionale del Fiume Sile che

attraversa con le sue acque il centro storico, al fine di valorizzare l'idrovia urbana sotto il

duplice aspetto ambientale, legato alle biodiversità, e turistico - commerciale.

L’obiettivo naturalistico dei corridoi ecologici -"greenways"- è dato dallo loro

inconfutabile funzione di recupero della biodiversità dei luoghi, della qualità ambientale e

della mitigazione degli ambienti antropizzati in degrado.

Altro tema di estrema importanza territoriale è quello delle relazioni “Socio-

economiche” tra gli attrattori presenti nel territorio comunale e il loro collegamento con

la maglia infrastrutturale di livello sovracomunale e locale (vedi Tav. 1.2).

Quanto proposto considera e valorizza la posizione dei principali attrattori rispetto alla

loro fruizione sia a livello veicolare che ciclopedonale e valutandone le caratteristiche,

differenti per importanza, funzione, utenza, modalità e orario di utilizzo, li suddivide in

infrastrutturali, istituzionali, sanitari, sportivi, scolastici e naturali.

È chiaro che il rapporto degli attrattori con le infrastrutture rimane di estremo interesse,

ed esso stesso si organizza in due sottosistemi – “sovra comunale” e “locale” - di

medesima importanza ma di differente portata. Si evidenzia la possibilità di un duplice

disegno progettuale: le relazioni-interazioni fra attrattori e centro storico da un lato e fra

gli attrattori stessi, di carattere uguale o complementare, dall’altro.

Il “sottosistema infrastrutturale sovra comunale” si sviluppa lungo direttrici a tutti note,

che lambiscono la fascia periferica prossima al centro storico; mentre il “sottosistema

infrastrutturale locale” si sviluppa in una rete di percorsi a raggiera aventi come

principale attrattore il cuore della città murata, organo pulsante degli scambi e delle

relazioni. I “rapporti testimoniali” emergono prepotentemente dalla relazione tra la città

medioevale e la costellazione delle realtà storico-culturali di pregio presenti nel territorio

comunale e nella prima cintura sovracomunale. Questo nesso (vedi Tav. 1.3) viene

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ulteriormente evidenziato dallo sviluppo della rete ciclabile che si sofferma e ne ridisegna

i possibili e frammentati itinerari.

Il primo obbiettivo è quello di connettere questi luoghi di valore riducendo la

frammentazione della rete ciclabile e pedonale le quali – nell’ottica della valorizzazione

dei corridoi ecologici - consentono di appropriarsi degli spazi della storia e della cultura.

La proposta intende inoltre rivalutare gli spazi vuoti ancora presenti all'interno del

costruito caratterizzanti la prima periferia del territorio comunale a ridosso del centro

storico, realizzando un anello-cerniera fra tessuto urbano d'espansione e seconda

periferia rurale: un luogo urbano-rurale di frontiera, facilmente accessibile, da valorizzare

ed arricchire con nuovi servizi di carattere ambientale, culturale e ricreativo.

Risulta indispensabile connettere la rete ciclabile esistente, con le previsioni di

ampliamento e completamento dell'attuale progetto Biciplan redatto

dall'Amministrazione Comunale, ridisegnando gli itinerari paesaggistico - monumentali.

Questa ipotesi porta alla composizione in un unico “brano” delle molteplici “note” del

paesaggio di pregio, delle Ville Venete, delle testimonianze storiche tutelate e della

ruralità locale. Si vuole in questo modo incentivare lo sviluppo di un turismo a carattere

paesaggistico, culturale ed enogastronomico.

4.2. Metamorfosi ambientale e rigenerazione del sistema urbano

L'analisi del tessuto urbano del centro storico ha fatto emergere la presenza di un

sistema di transetti che, nella loro disposizione a griglia piuttosto regolare, collega i

principali punti della città, così come evidenziato precedentemente e descritto nella

rappresentazione grafica del tema in argomento (vedi Tav. 2.1). Sostanzialmente le

caratteristiche che contraddistinguono questi sistemi aperti sono: la presenza del verde -

identificata in giardini, filari d'alberi, corsi d'acqua -, ed il fatto che questi vuoti lineari,

nel loro sviluppo, intercettino quelli che sono i transetti principali, ormai consolidati, del

tessuto storico, pur rimanendo comunque un sistema autonomo.

Ne consegue che per rigenerare l’intero sistema città si rende necessario valorizzare e

riqualificare proprio questi transetti che attualmente non vengono vissuti, restando così

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slegati dai percorsi quotidiani del cittadino. La diretta conseguenza di una vitalità

cittadina relegata a pulsare solamente nella parte centrale del suo cuore storico è la

formazione di spazi di spenta periferia interni alla cerchia muraria.

La parola chiave è “Rigenerare”, al fine di rivitalizzare ed unire gli spazi pubblici

all'intero del centro storico che, sebbene identificati comunemente con le principali

piazze e vie pedonali, in realtà consistono nella totalità dei vuoti interstiziali compresi

dalle mura cittadine. Lungo questo sistema di “vecchi” transetti - poiché già definiti nel

tessuto della città - e allo stesso tempo “nuovi” - poiché ora riscoperti - nasceranno

luoghi di sosta ed incontro, di informazione e socialità, di sport e cultura: luoghi da

attraversare, da vivere.

Questa sorta di “rinascimento” progettuale urbano vuole rispondere alle esigenze

espresse dai cittadini; la creazione di questi luoghi è basata su una logica modulare che

riesce a coniugare la disponibilità di spazi ed investimenti con la volontà popolare

raggiungendo elevati indici di soddisfazione globale.

La rappresentazione grafica di riferimento intende descrivere proprio il sistema

rigenerativo basato sui risultati del sondaggio sul centro storico: i loghi inseriti nel

sistema dei transetti indicano la specifica attività che prenderà vita in quel punto del

percorso verde.

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PARTE SECONDA

PSICOLOGIA SOCIALE DELLA VITA URBANA:

UNA RICERCA CON GLI ABITANTI DELLA CITTÀ DI

TREVISO

di Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto

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Capitolo quinto

La città come organismo

5.1. Dal caos al cosmo, la città

L’insediamento urbano rappresenta un legame, quello tra gli esseri umani e un sito.

L’atto di fondazione della città è, secondo molte tradizioni, un atto sacro che consiste

nell’individuazione del sito e nella sua successiva demarcazione. Prima, un territorio

sconosciuto, straniero, non abitato, e quindi parte del caos; poi, occupandolo, l’essere

umano lo trasforma simbolicamente in cosmo, mediante una ripetizione rituale della

cosmogonia: “Quando si prende possesso di un determinato territorio, cioè quando si

comincia ad esplorarlo, si compiono riti che ripetono simbolicamente l’atto della

creazione; la zona incolta è prima di tutto cosmizzata e poi abitata”1.

Nella tradizione etrusca e romana tutto ciò si concretizzava attraverso una complessa

ritualità che culminava nel tracciamento del solco con l’aratro, in latino urbum:

“Disegnare con l’aratro il confine significa suggellare il rapporto fra la terra e il cielo; il

sito non è scelto dagli uomini, ma è rivelato dagli dei e colui che traccia il solco è un

sacerdote più che un sovrano (…) Tracciare il confine vuol dire ridisegnare sulla terra

l’ordine cosmico. Per i romani il cardo ha la stessa direzione dell’asse celeste mentre il

decumano segue il corso del sole; entrambi, elementi di base dell’orientamento urbano

della città romana, si tracciavano come conseguenza del solco inciso nella terra

dall’aratro”2. Certamente, tali operazioni istituiscono un ordine spaziale ma pure

sanciscono una regola morale che deve essere seguita da coloro che intendono collocarsi

dentro il nuovo spazio, facendo parte della comunità. Tracciare un sito urbano è quindi

suggellare un patto tra terra e cielo; da qui si comprende come la figura del fondatore di

una città sfumi nella mitologia o nella leggenda.

1 M. Elide, Il mito dell’eterno ritorno, Borla, Roma 1999, p. 19. 2 P. Zanini, Significati del confine, Bruno Mondadori, Milano 1997, p. 6-7.

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Fu quando i primi gruppi umani caratterizzati da culture omogenee passarono dal

nomadismo allo stanziamento, tra il quarto e il secondo millennio a.C., che prese forma

il bisogno di protezione. Sicché si rinchiuse l’agglomerato dentro fortificazioni che,

lungo i secoli, mutarono sembianze ma non funzione. Un rifugio che, per il fatto stesso

di offrire protezione, determina la propria supremazia nei confronti del circostante: un

rapporto di scambio ma anche di sudditanza, di costrizione a fornire uomini e prodotti

ovvero militi e cibo. Il tema della protezione è strettamente connesso a quello del

controllo. Riguarda il contesto naturale e la sicurezza fisica degli abitanti, così come la

salvezza spirituale delle anime che vengono accolte entro le mura. Si instaura allora la

dialettica tra il dentro e il fuori le mura, tra città e campagna, tra di chi vi appartiene e chi

no. Nei pressi delle porte si sviluppano le attività economiche; la moneta battuta

all’interno le attraversa per circolare e determinare l’area di influenza economica della

città, da esse prendono avvio feste e processioni; la cultura le varca con la predicazione

degli ordini mendicanti che corrisponde un po’ alla funzione odierna della stampa locale.

Pur con accezioni diverse, urbs e polis definiscono la città, la prima per la cultura romana

e la seconda per quella greca. La polis, costruita nelle vicinanze di un tempio, evidenzia

una relazione diretta con il divino nei luoghi numinosi, assicurandosi così la protezione

della legge sacra. La città romana, fondata con il tracciamento del solco, rileva al suo

interno una sorta di conflitto, tra la volontà di stare, rappresentata dalle mura sacre della

città, e la volontà di trasgredire, di andare, simboleggiata dalla porta e dal dio della porta,

Giano.

Prevale nell’urbs romana la fisicità e la funzionalità dell’organismo urbano; prevale nella

polis greca il senso di comunità sovrana insediata nella città. Il termine “politica”, dal

greco polis, si intreccia con il corrispondente latino civitas (città). Ma vi è una differenza

fondamentale: per i greci è la polis che determina il polítes (cittadino); per i romani sono

i cives, i cittadini, a costruire la civitas.

Vi è una sottile discrepanza tra urbs, quale territorio delimitato da un solco, e civitas,

incentrato sui valori della cittadinanza; è il passaggio dal luogo alle persone che lo

abitano, da qui il ruolo civile della piazza, sinonimo stesso, in un certo senso, di civitas.

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L’immagine concettualmente così ricca della polis e della sua corrispondente urbs,

entrambe sedi di grandi esperienze civili, religiose, artistiche, hanno offerto l'esempio di

una comunità organizzata originale e più vitale di ogni altra. Una comunità distintasi non

tanto sulla consanguineità, né sulla coincidenza di interessi, quanto per la generosa

ospitalità.

La polis e l’urbs hanno fondato la propria unità su vincoli ideali, costituiti da una costante

solidarietà civile; su tutto sovrastava l'idea della patria comune in un tessuto di

consuetudini e di memorie domestiche e civili che alla città ha assicurato continuità più

di altre istituzioni.

Mentre la città greca è un universo aperto, “che include la popolazione dentro e fuori

dalle mura, in uno scenario fisico dominato dalle grandi architetture pubbliche

autosufficienti, la tradizione europea è diversa: le città europee nascono come entità

chiuse, ove l’esigenza dell’autonomia predomina su quelle dell’uguaglianza interna e della

disponibilità verso il mondo esterno, e trova riscontro in uno scenario composito,

imperfetto, formato dall’equilibrio di spinte antagoniste”3.

5.2. L’anima della città

Sebbene si diano ai nostri sensi immediati come tanti pallini immobili punteggianti

mappe cartacee e elettroniche, le città sono invece caratterizzate da un incessante

movimento. Una turbolenza vitale, capace di rinnovarle e trasformarle in realtà sempre

nuove4. Un mutamento che interessa ogni sua sfera, umana e non. Infatti, la città è

un’entità che trascende la sua dimensione fisica, la materia e la struttura degli edifici che

la costituiscono, andando a porsi quale realtà molto più ampia e articolata, persino

astratta, implicando così l’idea di comunità, cultura e relazioni.

“Prima della città c’era il gruppo di case, il santuario e il villaggio; prima del villaggio il

campo, il rifugio, la grotta e la cava di pietra, e prima di tutto questo una tendenza alla

3 L. Benevolo, La città nella storia d’Europa, Laterza, Roma-Bari 1993, p. 220. 4 F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, Einaudi, Torino 1986.

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vita sociale che l’uomo condivide palesemente con molte altre specie animali”5.

Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, il significato originario del termine

“città” non ha alcun riferimento territoriale. Piuttosto indicava la compagine di persone

che vi dimoravano. Come summenzionato, la parola latina civitas, da cui deriva città,

infatti, designava non tanto la città materiale, quanto la città relazionale, l’insieme dei

cittadini che l’abitavano. Essere cittadino significava essere parte della cittadinanza, ossia

di un nucleo di individui che, con il proprio fare, contribuivano al governo e all’esistenza

della città. La civitas è quindi l’anima della città. Solo successivamente il suo significato si

è fatto, per così dire, materico, assorbendo la fisicità dei luoghi dell’abitare. Benché sia

quest’ultima accezione a essere oggi prevalente, il concetto di città resta comunque legato

a una molteplicità di funzioni che coinvolge, oltre alla sfera territoriale, l’assetto sociale,

amministrativo e culturale.

La città è quindi un organismo. Dotata di un corpo, dato dal suo tessuto concreto, da ciò

che si offre ai sensi, sia visivamente sia a livello tattile. Un organismo con una vita

propria e con un volto che la rende riconoscibile. Ovvero con un’anima forgiata dal

carattere degli individui che vi abitano e la frequentano. Individui che si accostano e si

appropriano dello spazio e dei luoghi sulla base di un peculiare valore d’uso. Sicché il

percorso urbano di ciascuno è un modo personale di inserirsi nelle trame della sua storia;

per esempio, allorché si procede con l’incrociare gli itinerari degli abitanti della città e dei

suoi visitatori, questi ultimi sembrano porsi come dei ricordanti capaci di segnalare ai

primi che ciò che per gli uni è normale e abitudinario per altri può essere oggetto di

ammirazione o curiosità. “La città per chi passa senza entrarci è una, e un’altra per chi ne

è preso e non ne esce; una è la città in cui si arriva la prima volta, un’altra quella che si

lascia per non tornare; ognuna merita un nome diverso”6.

Quindi le città non sono mere stratificazioni di materia, non sono fatte unicamente da

edifici, vie, piazze, ma sono caratterizzate soprattutto da una rete di relazioni: fra il

proprio spazio e gli avvenimenti del loro passato. Un fitto intreccio che si coagula nel

presente, ove desiderio e legge si confrontano nell’incontro della contemporaneità.

5 L. Munford, La città nella storia, Bompiani, Milano 1981, p. 15. 6 I. Calvino, Le città invisibili, Mondadori, Milano 1994, p. 126.

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La città condensa il corpo vivo e pulsante di una società, con tutte le sue contraddizioni

e le sue aspirazioni. Come un Giano bifronte, guarda al suo futuro attraverso il proprio

passato. E la storia di ogni città è profondamente iscritta nella sua carne, nel dedalo delle

sue vie, negli edifici vecchi e nuovi, nel linguaggio silenzioso delle cose, dei materiali, dei

colori, dei profumi, dei suoni. Risultando altresì intrinsecamente concatenata con quella

dei suoi vissuti, delle sue relazioni, dei suoi modi di essere, delle sue tradizioni.

5.3. Dell’abitare

Abitare è sentire proprio un luogo, vuol dire saper orientarsi in un dato ambiente e

identificarsi con esso. “Vivere è spaziare: occorre annusare e assaporare lo spazio,

percorrerlo, farne il proprio luogo, iscrivendosi in esso per sottrarlo all’anonimato e

renderlo familiare al corpo, alla mente, al cuore. Così gli uomini (…) nominano gli spazi

e li trasformano in territori: dando loro i nomi, li iscrivono nell’ordine del simbolico”7.

Quindi, un luogo è uno spazio dotato di un carattere distintivo. Fin dall’antichità, il genius

loci, lo spirito del luogo, è stato considerato alla stregua di una realtà concreta che gli

esseri umani devono affrontare nell’esistenza quotidiana. Il genius loci è un’antica

concezione romana: la credenza mitologica attribuiva a ogni luogo il proprio genius, il

suo spirito guardiano. E lo spirito dà vita a popoli e luoghi, li accompagna dalla nascita

alla morte e determina la loro peculiare essenza.

Pertanto, la città è il precipitato dei caratteri socioculturali di una comunità e della

fisionomia del territorio. È sì il posto delle attività, del lavoro e del commercio, ma è

anche il luogo dove gli esseri umani rappresentano il proprio ruolo sociale e le loro

relazioni.

Nonostante i continui tentativi per uniformarlo, compiuti da monarchi, architetti e

urbanisti, lo spazio urbano ha sempre mostrato una sua irriducibile pluralità e

complessità. Perché la città è viva, cambia materialmente e nei significati che proietta,

dentro e fuori il perimetro dell’abitare. Sebbene in ogni epoca presenti una sua stabilità e

una sua leggibilità. Sicché, città e civiltà sono legate organicamente. Storia e civiltà si

7 E. Fiorani, I panorami del contemporaneo, Lupetti, Milano 2005, p. 9.

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fissano, per così dire, quasi pietrificandosi, nelle mura, nei templi, nei palazzi, nelle case,

nelle officine, nelle scuole, negli ospedali di cui la città si compone. Le quali si fanno libri

viventi della civiltà umana, designati alla formazione spirituale e materiale delle varie

generazioni. Restano, pur nel loro continuo mutare, come riserve mai esaurite di beni

umani essenziali: da quelli di vertice, religiosi e culturali, a quelli di base, tecnici ed

economici, di cui tutte le generazioni hanno imprescindibile bisogno.

5.4. Perdita del centro e perdita del significato

Sin dall’antichità la città suggerisce metafore antropologiche. La piazza è il cuore, le

strade sono le arterie, le mura la corazza, la fortezza il cervello del sistema difensivo e le

porte allegoria del libero arbitrio. Per Platone una comunità funzionante è come un

corpo sano. La piazza, simbolo dello spazio antropico, è testimonianza del momento in

cui gli uomini, da abitanti di uno spazio urbano, diventano una comunità, acquistando

una precisa identità sociale.

All’interno di questo continuo processo di stabilità e mutamento, la piazza ha

indubbiamente subito una profonda metamorfosi. Incarnazione di un’idea primigenia,

quasi forma archetipa del mistero vitale che è lo sviluppo della città, fulcro dello spazio

pubblico, la piazza è stata, dall’agorà in poi, il luogo degli scambi commerciali e culturali.

Alla piazza mercato si sono via via affiancate la piazza come scena degli edifici sacri, in

cui si esaltava la verticalità delle facciate delle chiese per trasmettere il senso di elevazione

verso il divino, e la piazza civica, in cui il palazzo comunale incarnava plasticamente il

potere con il suo complesso politico-amministrativo; ma la sua essenza continuava a

stare sempre nel suo valore di espressione di vita collettiva.

Però, almeno da un secolo a questa parte, il potere rappresentativo della piazza ha

iniziato a diminuire sempre più. Il centro della città viene spesso relegato a una funzione

puramente monumentale, di vetusta testimonianza di un passato ormai morto.

Parallelamente, in periferia le nuove piazze, anonime e omologate, sono diventate luoghi

di attraversamento, che solo in occasione dei pochi mercatini rionali sopravvissuti si

animano e si vivacizzano.

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Il centro commerciale ha preso il suo posto, diventando il suo simulacro, luogo di

attraversamento e intrattenimento, dove ci si diverte consumando, ma pure luogo di

“disgregazione dei gruppi a vantaggio della formazione di sciami e di solitudine”8.

Luoghi degli appuntamenti mancati, degli incontri episodici per un’umanità

continuamente espulsa dalla città che non si lascia più abitare, delle apparenze più che

delle essenze, dove i desideri sono scambiati per bisogni e la seduzione per decisione, il

cittadino contemporaneo si aggira sentendosi regista della propria vita, inconsapevole di

essere solo una comparsa governata da una regia.

Nell’800 la città crebbe e si sviluppò intorno al principio di utilità. L’immagine di

Coketown, con la fuliggine delle sue fabbriche, ci restituisce una realtà grigia e dura,

imposta dalle ferree leggi della produzione, che generavano nella popolazione una

crescente domanda di immaginazione. La durezza del quotidiano era accettata e

sopportata grazie alla possibilità di rifugiarsi nella fantasia. Nella città postmoderna

l’antinomia tra realtà e immaginazione si riduce e tende a dissolversi, superato attraverso

la produzione di fittizi e seduttivi scenari da sogno.

Nella città industriale tradizionale i principi organizzatori indiscussi erano efficienza,

funzionalità e monumentalità, oggi il principio del piacere vuole sostituire quello

ottocentesco dell’utilità e quello novecentesco della funzionalità. Se la sfida della

modernità era di realizzare un’identità solida e stabile che potesse ancorarsi nel mondo,

l’attuale scenario mutevole ed effimero richiede che le identità possano essere formate,

acquisite e abbandonate con la stessa rapidità con cui ci si cambia d’abito. La città riflette

sempre il carattere dei suoi abitanti: come la città moderna doveva essere efficiente

perché l’uomo moderno era sicuro di sé e disponibile anche al sacrificio pur di realizzare

il proprio progetto di vita, la città postmoderna deve essere incantata, perché l’uomo

postmoderno è edonista e superficiale. Egli non comprende più il senso dei luoghi, del

paesaggio, che invece possedevano le comunità tradizionali, e non riesce più a

individuare nei suoi spazi la ricchezza estetica e simbolica che li differenzia “come

insieme di luoghi e di storie che diventano metafore, su cui si può fare affidamento per

8 Z. Bauman, Homo consumes, Erickson, Trento 2007, p. 48.

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rinegoziare le relazioni umane”9. Le fisionomie territoriali, immagini di tradizioni e

identità culturali, sono state cancellate e si sono trasformate in estensioni periferiche

urbane, spazi inerti del transito, del sonno o della vacanza, aggregazioni di edifici

anonimi che ormai non potranno più costituire luogo di un abitare.

5.5. Funzioni vitali

Il mondo è in movimento e sono sempre le città a farlo girare: è da qui che dovranno

arrivare le idee e le risorse per rigenerarlo. Ritrovare lo spirito della città e reimparare a

fare società si può realizzare, infatti, solo aumentando la capacità di potere del soggetto

sul luogo in cui vive, potenziando cioè la sua possibilità di slegarsi e legarsi liberamente a

uno spazio dove ciascuno possa realizzare la sua dimensione intima e privata ma

contemporaneamente aperta all’esterno e al mutamento. Solo coinvolgendo la

popolazione e potenziando la loro capacità di gestione autonoma e di responsabilità per

quanto riguarda i loro quartieri, le loro città e soprattutto le loro vite, si potrà finalmente

attuare una seria operazione di riqualificazione e rilancio degli spazi urbani.

Sulla base di questa introduzione teorica, e si tratta solo di cenni di storia delle città,

appare subito evidente che tanti e infiniti sono i modi per rappresentare la città quale

organismo vivente. Per accentuare ancora di più la sua dimensione vitale, in questo

progetto-ricerca – che fa propria la sfida di cui sopra – la metafora utilizzata è stata

quella del corpo umano. E per muoverci all’interno di questo organismo si è scelto il

linguaggio delle funzioni vitali (vedi figura 5.1).

9 M. Khan, in La Cecla, Perdersi, Laterza, Roma-Bari 2000, p. 143.

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Figura 5.1 - Funzioni vitali o assiemi.

Basta sfogliare un qualsiasi manuale di pronto soccorso per leggere che davanti a una

persona infortunata, priva di conoscenza, bisogna immediatamente verificare la presenza

delle funzioni vitali: respirazione e polso. Per prima cosa va verificata la respirazione; se

questa è assente, bisogna verificare anche la presenza del polso. E così via.

La città è un organismo con funzioni vitali: comprometterle, tutte o in parte, vuol dire

mandare in sofferenza la città, persino prostrarla. Prendersi cura della città organismo

vuol dire allora prendersi cura delle sue funzioni vitali.

Sette sono state le funzioni individuate in questo progetto-ricerca, che andranno a

dischiudersi nel procedere dell’indagine:

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- La città che pensa e ricorda: cultura, arti;

- La città che si informa: Internet, stampa, oralità, sensorialità totale (visione, tatto,

udito, odorato);

- La città che respira: sottosuolo, acqua, suolo, aria, flora, fauna;

- La città che pulsa: relazioni, creatività, incontri, sostegno sociale;

- La città che filtra: mobilità totale mezzi pubblici, trasporto ecosostenibile,

collegamento tra “dentro-le-mura” e “fuori-le-mura”;

- La città che si rigenera: attività fisica, sport;

- La città che si muove: mobilità totale delle persone, architettura aperta e senza

barriere.

E per comprendere lo stato delle funzioni vitali della città organismo, con eventuali

proposte di cambiamento laddove veniva riscontrata sofferenza, abbiamo deciso di

interpellare il miglior medico possibile: l’anima della città, ossia i suoi cittadini e coloro

che, a titolo diverso, l’abitano.

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Capitolo sesto

La parola ai cittadini

6.1. Le fasi dell’indagine

Dare la parola ai cittadini, si diceva. Ma dare la parola ai cittadini richiede un metodo.

Pertanto, la presente indagine è stata organizzata per step consequenziali, dove la

conoscenza acquisita attraverso i dati raccolti con il primo step ha informato il modo di

procedere al secondo step, e così via (per una rappresentazione grafica della ricerca, si

veda la figura 6.1).

Figura 6.1 - Indagine partecipata con i cittadini di Treviso.

1 Step: Sondaggio

brainstorming

2 Step: Sondaggio a

risposte chiuse

3 Step: Interviste a

testimoni privilegiati

4 Step: Pubblica

presentazione

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Riassumendo brevemente, l’indagine è articolata in quattro step:

- 1 Step: La prima fase della ricerca è stata realizzata mediante un sondaggio a

risposte aperte, una sorta di brainstorming comunitario. Attraverso la libera

produzione di “parole chiave” si è venuta a costituire una “cassetta delle idee”

intorno ai temi più rilevanti per la città di Treviso secondo la prospettiva dei suoi

abitanti10.

- 2 Step: La seconda fase della ricerca è stata realizzata attraverso un sondaggio a

risposte chiuse, predisposte in funzione dei temi più salienti (secondo un criterio

di valutazione quantitativo) emersi durante il primo step (sondaggio

brainstorming).

- 3 Step: La terza fase della ricerca è stata realizzata attraverso interviste semi-

strutturate e focus group con testimoni privilegiati appartenenti alle diverse sfere

della società di Treviso. Dette interviste sono state elaborate sulla base dei risultati

ottenuti attraverso il primo e il secondo sondaggio summenzionati.

- 4 Step: Trattandosi di una ricerca orientata al coinvolgimento dei cittadini nelle

decisioni di interesse collettivo, il momento della ricerca non termina con il

classico rapporto di ricerca ma si estende alla restituzione dei risultati dell’indagine

ai cittadini, sotto forma di una pubblica presentazione.

6.2. I partecipanti all’indagine

I partecipanti all’indagine durante gli step 1 e 2 sono stati complessivamente n. 1.993. I

partecipanti hanno aderito all’indagine recandosi volontariamente presso gli stand

allestiti nella città di Treviso dall’associazione 3VISO3 e compilando i questionari ivi

disponibili. Di seguito sono riportate una serie di statistiche descrittive sotto forma di

10 Sulla base delle premesse teoriche precedentemente illustrate, per “abitanti” non si intendono solo i residenti ma anche tutti coloro che, a titolo diverso (es. studenti, turisti, eccetera), fanno esperienza dell’abitare lo spazio della città di Treviso.

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adeguate rappresentazioni grafiche atte a illustrare le principali variabili del campione di

partecipanti (figure 6.2-6.3-6.4-6.5-6.6)11.

Figura 6.2 - Partecipanti all’indagine distinti in base al genere.

Figura 6.3 - Partecipanti all’indagine distinti in base a fasce di età.

11 Le elaborazioni statistiche relative ai questionari degli step 1 e 2 sono state realizzate da Jacopo Buso mediante software BrainReverse.

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Come si può notare, i partecipanti presentano sostanzialmente un bilanciamento per

quanto riguarda la variabile genere (figura 6.2) e coprono quasi l’intero ciclo di vita,

distribuendosi dalla pre-adolescenza alla IVˆ età – oltre i 75 anni (figura 6.3). L’età

dell’infanzia non è ricompressa poiché la natura dei quesiti posti attraverso questionario

richiedeva un certo livello di maturazione cognitiva.

Figura 6.4 - Partecipanti all’indagine distinti in base alla residenza.

Figura 6.5 - Partecipanti all’indagine distinti in base al titolo di studio.

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Figura 6.6 - Partecipanti all’indagine distinti in base al profilo professionale.

Coerentemente con il principio dell’abitare che non esaurisce gli abitanti con i residenti, i

partecipanti possono essere distinti in residenti nel centro storico, residenti in altre zone

del comune di Treviso e residenti fuori Treviso, in provincia (figura 6.4).

Completano le statistiche descrittive i profili relativi al titolo di studio (figura 6.5) e alla

dimensione professionale (figura 6.6).

6.3. I risultati del sondaggio

L’elaborazione statistica dei dati quantitativi ottenuti con gli step 1 e 2 della ricerca ha

prodotto una mole considerevole di risultati, di cui qui, per motivi di spazio, non si può

dare conto12. Così come non è possibile entrare nel dettaglio di ogni risultato distinto

sulla base delle tante variabili prese in esame. Pertanto, si procederà con una

presentazione d’insieme dell’indagine, articolando i risultati ottenuti con le funzioni vitali

della città organismo.

12 Il report analitico e completo riportante tutti i dati statistici ottenuti attraverso la presente indagine è disponibile presso l’associazione 3VISO3.

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Nel primo step (sondaggio brainstorming) la produzione ideativa – “sognare” la Treviso

del futuro – ha prodotto “nuvole concettuali” – ossia aggregati di parole chiave – in

certa misura prevedibili: lo spazio urbano e in particolare il centro storico hanno elicitato

termini quali “pedonalizzazione”, “verde”, “cultura”, e altri sulla stessa falsariga. Ossia

temi che caratterizzano il modo generale – comune a tante altre realtà – di desiderare,

pensare e argomentare attorno alla città. Nel caso specifico di Treviso è emersa però una

particolare parola chiave: “vita”. I partecipanti al sondaggio attribuiscono a Treviso un

bilancio in rosso sul piano della vitalità cittadina. In particolare, il centro storico,

solitamente cuore pulsante di qualsiasi città, pare affaticato, incapace di irrorare energia.

Anzi, svuotato a sua volta di energia. Quasi che lo stesso sia stato “messo in cornice”

con piglio da “arte museale” – caratterizzata da passività e assenza d’interazione –,

piuttosto che seguendo un orientamento da “arte relazionale” – caratterizzata da attività

e presenza d’interazione. Quindi, a detta dei partecipanti all’indagine, Treviso è una città

da ri-vitalizzare.

Sempre in questo primo step d’indagine è emersa la dinamica tra due “centri”: il centro

storico e il centro commerciale. Da molti punti di vista, due strutture sicuramente

distanti e diverse, eppure oggi di fatto in competizione rispetto a quale sia veramente il

“centro” agli occhi dei cittadini.

La struttura tipica di un centro commerciale è generalmente costituita da una o più

gallerie contenenti un grande supermercato, cinto da negozi, ristoranti, bar e locali di

divertimento. Il suo modo di porsi spazialmente rende conto di un processo lineare e

automatizzato, che reca traccia delle modalità di funzionamento di una catena di

montaggio: il movimento delle persone è imprigionato da percorsi obbligati (si entra e si

esce da varchi prestabiliti), il momento dell’acquisto è sostanzialmente spersonalizzato,

poiché si esplica senza particolari mediazioni interpersonali. E lo sviluppo

contemporaneo di tali luoghi ha fatto parlare di “cattedrali del consumo”: assemblando

dentro un unico spazio forme diversificate di consumo, produzione di tempo libero,

scambi di comunicazione, diffusione di cultura e incorporazione di emozioni.

Non è certo un caso che, unitamente alla crisi economica del momento e al lievitare dei

costi (soprattutto per immobili e affitti), i centri commerciali siano percepiti quali

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principali responsabili delle difficoltà di molte attività artigianali e commerciali del centro

storico. Forti di una struttura costruita ad hoc per ospitare una moltitudine di persone

(per esempio, ampia disponibilità di parcheggi), tali realtà vedono proprio nell’ampiezza

e nella varietà dell’offerta quella marcia in più che permettere di erodere clienti al centro

storico. Infatti, in queste enclavi ambientali nulla è lasciato al caso e tutto è frutto di

un’organizzazione rigorosa.

Se però vediamo cosa manca nei centri commerciali, a detta dei partecipanti alla presente

indagine, possiamo notare l’assenza di relazioni umane (la vita) e la dimensione storico-

culturale del centro urbano (qualità, bellezza, storia, cultura). Emerge con una certa

chiarezza come i centri commerciali siano in grado di fornire solo un surrogato della vita.

Una sorta di “protesi identitarie” che vengono percepite come esterne alle persone.

Agiscono sì da grandi catalizzatori ma faticano ancora a farsi strada verso l’interiorità

delle persone. Mentre il centro storico non è solo memoria collettiva, è pure memoria

individuale; è già stato interiorizzato dai cittadini e da coloro che lo frequentano. Non è

certo un caso che i centri commerciali debbano continuamente rigenerarsi per poter

mantenere la capacità di attirare a sé le persone. Perpetuando un principio di simulazione

– vedasi il tentativo sempre più marcato di introdurre la cultura negli spazi di acquisto –

per cercare di avvicinarsi alla concreta vita umana. Riuscendo al massimo a far vivere a

chi vi accede una sorta di “zapping esperienziale”: un assaggio di tutto, senza però

saturare adeguatamente i bisogni dei singoli.

Quei bisogni – pronti a farsi diritti – che i partecipanti all’indagine hanno messo in

campo soprattutto quando si è trattato di interrogarsi sul che fare, ossia “come” ri-

vitalizzare Treviso. Problema che è stato indagato in modo particolare nel secondo step

dell’indagine, chiamando i partecipanti a pronunciarsi rispetto al proprio valore d’uso

degli spazi urbani e all’importanza attribuita a determinate modalità di operare sulla città.

Qui assumono peso le variabili socio-anagrafiche dei rispondenti. Non tutte ovviamente.

Per esempio, nell’insieme la variabile genere non incide in modo significativo sui risultati;

i risultati ottenuti da uomini e donne non si discostano particolarmente, se non su alcune

scontate dimensioni. Come la maggiore preferenza assegnata dai maschi a un vitalismo

sportivo – ruolo accentuato di centri sportivi e simili – e una maggiore preferenza

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assegnata dalle femmine a un vitalismo ecologico – ruolo accentuato dell’acqua (fontane,

eccetera).

Due invece sono le variabili che incidono sui risultati: la fase del ciclo di vita del

rispondente (età) e il luogo di provenienza. Pertanto saranno queste le due direttrici che

orienteranno la discussione dei risultati in relazione alle funzioni vitali della città.

6.3.1. La città che pensa e ricorda

Musei, opere di restauro, spazi espostivi, centri artistici e culturali sono progetti urbani

che permettono alla città di ricordare e pensare. Spazi che consentono al tempo

(tradizioni, costumi, innovazioni, eccetera) di passare di generazioni in generazione,

arricchendo l’esistenza quotidiani di qualsiasi persona. E su questo aspetto il campione

dei partecipanti è concorde nell’assegnare marcata importanza a queste strutture.

Un’importanza che cresce nel ciclo di vita, risultando più accentuata negli adulti e negli

anziani, rispetto ai giovani. Interessante notare come l’importanza attribuita sia maggiore

del valore d’uso. Detto altrimenti, pur assegnando centralità a queste strutture, vi si fa

ricorso in misura minore rispetto all’importanza ascritta. Una discrasia che trova la sua

regolarità maggiore in base al luogo di provenienza dei rispondenti. Man mano che ci si

allontana dal centro storico, per arrivare alla provincia, si nota come il divario tra

importanza e uso aumenti. Una tendenza che, almeno parzialmente, si articola con l’età:

giovani e adulti (più i secondi dei primi) paiono più coerenti tra ciò che affermano essere

importante e ciò che fanno. Una forbice che invece si allarga tra gli anziani.

Una possibile spiegazione a tale discrasia chiama in causa il fattore mobilità – un tema su

cui ritorneremo. Probabilmente è più difficile da “fuori-mura” entrare nel centro dove

prevalentemente si trova l’offerta culturale e artistica e, nello stesso tempo, il notorio

deficit di mobilità degli anziani intralcia questi ultimi nell’accesso a simili esperienze.

Tra le altre strutture deputate alla circolazione della cultura (sala lettura, centro convegni,

centro musicale, centri teatrali), è il teatro che sa unire maggiormente le generazioni.

Comunque, nell’insieme, tali strutture culturali sono attrattori d’importanza e di valore

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d’uso comuni a tutti i rispondenti della presente indagine. Semmai, teatro a parte, risulta

un minore uso rispetto all’importanza ascritta.

6.3.2. La città che si informa

Il flusso di informazioni che attraversa la città presenta almeno quattro dimensioni

salienti: la rete, il sistema di vigilanza, le informazioni dei servizi pubblici e le

informazioni per le funzioni commerciali.

Per quanto riguarda il tema del wi-fi gratuito l’elemento discriminante è il fattore età:

sono i giovani che assegnato l’importanza più ampia, seguiti dagli adulti e infine dagli

anziani. E la forbice tra importanza e valore d’uso segue lo stesso andamento, con i due

aspetti praticamente coincidenti per i giovani (ciò che è ritenuto molto importante viene

utilizzato molto spesso). Il tema del centro servizi di vigilanza non presenta particolari

aspetti, emergendo un sostanziale accordo di importanza tra le generazioni, a cui si

affianca il medesimo scostamento tra importanza e uso, a svantaggio di quest’ultimo.

Più interessanti i risultati che emergono in merito al sistema informativo inerente ai

servizi pubblici e quello relativo alle funzioni commerciali. Per quanto riguarda il primo

l’importanza ascritta va quasi di pari passo con il suo utilizzo; lo scostamento più

sensibile riguarda i giovani (l’importanza è maggiore dell’uso) e la provenienza dei

rispondenti, dove la medesima tendenza si riscontra in chi proviene dalla provincia di

Treviso. Il sistema informativo relativo alla funzioni commerciali presenta invece una

larga forbice tra importanza e utilizzo, a discapito di quest’ultimo. In sostanza, pur

dando grande importanza a questo sistema, i partecipanti rispondono di farne poco uso.

Discorso a parte riguarda la pubblicizzazione delle funzioni delle infrastrutture

informative, ossia il sapere come sapere. Qui netto è il divario tra importanza e utilizzo,

risultando penalizzato il secondo. In pratica, il sapere come sapere mostra una certa

sofferenza, meno accentuata nella fascia degli adulti e più marcata in giovani e anziani.

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6.3.3. La città che respira

Tra i tanti elementi che concorrono a far respirare una città, un posto di primo piano è

occupato dalla pulizia. Un aspetto su cui i partecipanti alla nostra indagine trovano

consenso quasi unanime (di importanza e utilizzo), sia per quanto riguarda la pulizia del

suolo che per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti. Soprattutto quest’ultima

supera il punto di “molto importante”, diventando quasi “indispensabile”, e ha il potere

di azzerare qualsiasi differenza tra le variabili considerate (età e provenienza), mettendo

d’accordo giovani, adulti, anziani e coloro che vivono nel centro storico, nel comune e in

provincia.

Più articolata la questione dei bagni pubblici. Pur riconoscendo che si tratta di un

servizio importante, si registra un trend sull’uso legato alla provenienza: il valore d’uso è

più basso per i residente del centro storico, aumenta per chi vive nel comune e aumenta

ancora per chi proviene dalla provincia. Detto altrimenti, più ci si allontana dalla propria

abitazione, maggiore è l’esigenza di far ricorso a bagni pubblici. Un legame con la

spazialità che dialoga con il movimento soggettivo: rispetto ai giovani e agli adulti, sono

gli anziani – generalmente la fascia di popolazione con minore tendenza allo

spostamento – a vedere un più basso valore d’uso.

Parchi, panchine, fontane costituiscono altri aspetti centrali per il respiro di una città,

della cui importanza e valore d’uso paiono sostanzialmente concordi i partecipanti

all’indagine. In particolare, sul verde pubblico il quadro è chiaramente tutto orientato alla

sua grande rilevanza, e da segnalare come importanza e uso, a braccetto, aumentino con

l’aumentare dell’età. I parchi giochi sono sì ritenuti importanti ma si registra, per così

dire, una sorta di “differenziazione anagrafica”: l’importanza dei parchi giochi per

bambini è molto più alta rispetto al suo valore d’uso per giovani, adulti e anziani. Stesso

discorso per i parchi giochi per giovani, il cui valore d’uso è inverso all’aumentare

dell’età. Comunque, a livello generale, si riscontra una certa distanza tra importanza e

uso, a discapito di quest’ultimo.

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6.3.4. La città che pulsa

La città pulsa di vita attraverso relazioni sociali e luoghi d’incontro e confronto.

Importanti e frequentati sono luoghi al coperto dove è possibile fare esperienza

dell’incontro e della sosta. Una tendenza – quello di stare fuori casa e in locali – che

ovviamente decresce con l’aumentare dell’età. Più omogeneo il desiderio di socialità

(centri per associazioni e aggregazione sociale) tra le diverse fasce d’età. Tra l’importanza

assegnata e il valore d’uso sono gli adulti che mostrano un maggior divario. Facilmente

spiegabile attraverso il fattore tempo: giovani e anziani dispongono di molto più tempo

per far parte di simili contesti esperienziali.

Quando si entra del dettaglio di servizi pensati per specifiche fasce d’età (centri per

giovani, centri per anziani, ludoteche per bambini) si riaffaccia la stessa tendenza emersa

per i parchi giochi: sostanziale concordanza sull’importanza, differenziazione per quanto

riguarda l’uso. Trattandosi di centri monofunzionali per età, evidentemente già a monte

viene operata una cernita anagrafica d’ingresso. Per cui appare evidente che se gli

anziani, per fare un solo esempio, attribuiscono molta importanza ai centri per giovani,

degli stessi ne fanno poco utilizzo. Sorte analoga si riscontra con le aule studio

(appannaggio degli studenti) e la mediateca (orientata ai giovani adulti). Del resto, per

rimandare alla sezione della città che pensa e ricorda, quando si è parlato di altri

“contenitori” (teatri, centri convegni e simili) a struttura anagraficamente polifunzionale,

questa marcata differenziazione per età circa il valore d’uso non è stata registrata. Pare

quindi quasi superfluo sottolineare che il tema locali notturni sia strettamente

determinato dal fattore età: importanza e uso massimi nei giovani, decrescono negli

adulti e si assottigliano negli anziani.

Una nota a parte merita il tema dei centri di partecipazione urbanistica e di confronto

sociale. Forse in controtendenza rispetto alle aspettative, tale luogo di discussione e

confronto, sia per l’importanza ascritta sia per il valore d’uso, unisce le generazioni e gli

abitanti di Treviso e della provincia. Un chiaro segnale del desiderio di partecipazione

alla cosa pubblica.

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6.3.5. La città che filtra

Il collegamento tra “dentro-le-mura” e “fuori-le-mura” rende conto di una “porosità”

della città che permette alla sua “pelle” di poter agevolmente praticare uno scambio tra

interno e esterno, e ovviamente tra le diverse parti che la compongono. Piste ciclabili e

mezzi pubblici ecologici rappresentano il versante della sostenibilità di questo filtraggio,

ritenuto praticamente indispensabile da tutti i rispondenti. Evidenziando una buona

approssimazione tra importanza e uso. Anche qui, con l’avanzare dell’età questa

tendenza si accentua.

Detto questo per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, diventa ora interessante

osservare più da vicino il collegamento tra “dentro” e “fuori”: parcheggi esterni alle

mura con servizi di collegamento veloce, frequenza degli autobus, trasporto serale e

notturno. A livello generale, il bisogno di mobilità è sicuramente più accentuato in

giovani e adulti, meno negli anziani. E infatti il tema della maggioranza frequenza di

autobus e della disponibilità di un trasporto serale e notturno è in funzione dell’età: per

importanza e uso, si va dai giovani agli anziani. Così come per chi proviene da “fuori-

mura”, tale argomento è ritenuto più salienti di chi vive nel centro storico.

Più articolato il tema dei parcheggi esterni alle mura con servizi di collegamento per il

centro. La possibilità di tenere le autovetture al di fuori delle mura trova pieno consenso,

rasentando il criterio dell’indispensabilità. Mentre il valore d’uso è coniugato dal fattore

età, vedendo in cima gli adulti, poi i giovani e infine gli anziani. L’utilizzo risente

ovviamente anche della provenienza: più alto per coloro che abitano nel comune e in

provincia, meno per vive nel centro storico.

Da segnalare una certa prudenza intorno al servizio “car sharing”, qui forse pesa l’indole

tipicamente italiana della macchina propria come prolungamento del sé e il ritardo

culturale accumulato su questo piano, mentre più consenso attira il servizio di “bike

sharing”.

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6.3.6. La città che si rigenera

Seguendo una tendenza generale, centri indoor e outdoor pensati per l’attività fisica e

sportiva incontrano il favore di tutti. Da notare tuttavia come vi sia una forbice tra

importanza e uso che si allarga con l’età: esigua nei giovani (danno importanza allo sport

e lo praticano), più accentuata negli adulti e ben marcata negli anziani.

6.3.7. La città che si muove

La città che si muove è quella città che cura le vie (pavimentazione), garantisce sicurezza

e libertà di movimento (illuminazione, aree pedonali, percorsi coperti), anche a chi è

diversamente abile (architettura aperta e senza barriere). Nella presente indagine, balza

subito all’occhio la centralità delle aree pedonali, a cui tutti – siano essi giovani, adulti o

anziani, che provengano dal centro storico, dalle altre zone del comune o dalla provincia

– attribuiscono estrema importanza, a cui consegue un equivalente valore d’uso.

Nell’insieme, a tutto ciò che favorisce il libero movimento viene attribuito importanza o

molta importanza, segnalando un bisogno/diritto di movimento per la persona cruciale.

È questa probabilmente la funzione vitale della città dove sfuma, quasi annullandosi, il

ruolo dei fattoti età e provenienza. Certo, permangono piccole differenze (per esempio,

per gli anziani l’illuminazione è più importante dei giovani, oppure l’assenza di barriere

architettoniche è più rilevante per chi abita nel centro storico rispetto a chi viene dalla

provincia), ma il quadro generale che ne discende colloca la città che si muove quale

funzione nevralgica per l’intero campione dei partecipanti alla presente indagine.

6.4. Conclusione

Dall’indagine condotta netto è il desiderio che il centro storico (e nell’insieme la città di

Treviso) ritorni o diventi sempre più luogo di “vita”. Spazio urbano dove poter muoversi

agevolmente, a misura d’uomo, per incontrarsi e per svolgere le proprie attività.

Sottotraccia emerge il desiderio che il centro storico possa farsi luogo di affermazione di

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diritti: diritto alla mobilità, diritto alla comunicazione, diritto alla cultura, diritto alla

vivibilità. Sebbene le dimensioni urbane di Treviso non sono certo paragonabili a quelle

delle grandi città, emerge con forza il tema della mobilità. Quel diritto che, se reso

possibile da adeguate e agili proposte (per esempio, nuove forme ecosostenibili di

trasporto, servizi frequenti e anche in ore serali), permetterebbe di mettere in

circolazione persone che altrimenti potrebbero recarsi altrove. Una mobilità che, come

emerge dall’indagine, non si traduce tanto in “velocità di spostamento”, quanto piuttosto

in “agio di spostamento”. Ovvero, l’accesso al centro storico mette sì a tema il problema

dei parcheggi e della viabilità ma altresì quello della pedonalizzazione. Nell’insieme,

discende un quadro generale in cui l’accesso al centro storico lo si vorrebbe agevolato

per starci, per poter svolgere tranquillamente le proprie attività, siano esse scandite dal

tempo libero o da esigenze d’acquisto. Da qui anche la grande importanza attribuita al

verde pubblico quale spazio di sosta.

Il centro storico come spazio di vita è reso ancora più evidente dalla presa di distanza

dall’idea di spazio vissuto quale zona di transito, come è tipico dei cosiddetti “non-

luoghi”. Se il luogo può essere definito come “identitario, relazionale, storico”, un non-

luogo sarà uno spazio che non può definirsi “né identitario, né relazionale, né storico”.

Essi vengono attraversati dalle persone senza che in esse si sviluppino sentimenti di

appartenenza, migliaia di individui si incrociano senza che le loro vite entrino in

relazione. Nelle città, un significativo esempio di non-luogo è la stazione, zona di

transito per eccellenza, e anche spazio percepito come non sicuro.

L’accentuata segnalazione di incrementare centri e servizi (informativi, culturali, sportivi,

aggregativi, eccetera) rivolti alla persona, sia essa bambino o anziano, segnala come il

centro storico continui a essere privilegiato quale perimetro identitario. E insieme a tanti

altri elementi emersi dall’indagine (richiesta di mercatini, ostello, eccetera) il centro

storico non solo appare ancora il luogo più rappresentativo del paesaggio urbano, ma lo

stesso non viene percepito meramente alla stregua di uno “spazio di offerta” (attività

professionali, servizi e prodotti). Piuttosto, si staglia l’immagine di uno “spazio

dell’ordine civico”, prospettando un ordine sociale che si materializza attraverso una

propria organizzazione spaziale, con le sue piazze, i suoi mercatini. Sembra che gli

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abitanti di Treviso vogliano riscrivere la narrazione della propria città, dotandola di

significati in grado di consentire l’esperienza e la comunicazione di determinati valori.

Dai dati sembra farsi strada una sorta di sodalizio tra centro storico e cultura degno

d’attenzione. Nelle città contemporanee è forte la tendenza alla “festivalizzazione” del

centro urbano; ossia la messa in scena di iniziative spettacolari (come le “notti bianche”)

capaci conferire alla città un’aura magica, luccicante, a volte trasgressiva. Però si tratta di

iniziative quasi sempre effimere, i cui effetti svaniscono al finire della manifestazione.

Invece dalle risposte fornite dagli abitanti di Treviso sembra prospettarsi un’idea di

cultura dentro il centro storico più orientata a unirsi al civico. Ossia capace di radicare

nel territorio esperienze durature e anagraficamente trasversali. Una cultura che così

sappia farsi esperienza quotidiana. E dove i cittadini non sono meri spettatori, quanto

piuttosto attori del processo culturale.

L’articolazione della dimensione strettamente urbana con l’immaterialità dei desideri è

servito per riscontrare il valore d’uso degli spazi, al fine di ottenere informazioni per

avanzare proposte progettuali. Infatti, per rendere il centro storico un centro di vita –

come desiderato dagli abitanti – serve articolare la materia di cui è fatta la città (arredo

urbano, illuminazione, infrastrutture, panchine, eccetera) con luoghi attrattori, ossia

luoghi capaci di attirare persone perché lì possono soddisfare le proprie esigenze. E non

si tratta di confezionare “luoghi da consumare” quanto “luoghi da abitare”.

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Capitolo settimo

City making e responsabilità:

sintonizzare il presente con il futuro.

Un’indagine con testimoni privilegiati di Treviso

7.1. Introduzione

Con il termine partecipazione civica e sociale si indica non solo un elemento facilitante

per lo sviluppo di una cittadinanza attiva ma si intende descrivere un processo aperto e

inclusivo per la soluzione dei problemi, di presa di decisione, di negoziazione delle

relazioni e di reperimento di risorse là dove si rilevano svantaggi e difficoltà (cfr. cap. 2).

Come sostiene Amerio, “La dimensione della partecipazione è quella che allarga il senso

della relazione all’intera comunità in quanto conduce gli individui alla discussione, al

dialogo come strumento che a vale a costruire mondi possibili e condivisi”13. Tali assunti

hanno costituito il presupposto teorico dello step 3 della presente indagine.

Rispondendo alla necessità di approfondire e ampliare i risultati emersi durante gli step 1

e 2, è stato predisposto un disegno di ricerca-azione partecipata. Le cui funzioni del

conoscere e del fare sono congiunte e inseparabili. Questo approccio va oltre il classico

modello del “fare diagnosi”, orientato a esplorare i sintomi e i disturbi dell’organismo al

fine di definire una “terapia”. Invece, nell’ottica della partecipazione, comunità e

ricercatori sono chiamati assieme a costruire un processo di conoscenza finalizzato alla

lettura e comprensione di una comunità attraverso il dialogo, il confronto, la messa in

comune dei diversi punti di vista. La conoscenza di una comunità è condizione

essenziale per governare il processo di cambiamento della stessa. E quindi, in questa

prospettiva, qualsiasi processo di city making deve muovere motivazioni e disponibilità a

fare attraverso l’incontro; in sostanza, mettendo in gioco la responsabilità di ciascuno.

13 P. Amerio, Psicologia di comunità, Il Mulino, Bologna 2000, p. 120.

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7.2. Obiettivi dell’indagine

Obiettivi e funzioni della ricerca-azione partecipata sono la conoscenza, l’apprendimento

e il cambiamento14. Fattori interdipendenti che mettono in sinergia i diversi attori sociali.

Lo scopo della presente indagine è stato quello di raccogliere, condividere, confrontare e

analizzare i contenuti espressi in seno al processo comunitario, al fine di elaborare una

mappa concettuale utile per sintonizzare il presente del city making al futuro. Attraverso

l’incontro-dialogo con i testimoni privilegiati si è voluto anche restituire la relazione

sociale a luoghi di Treviso un tempo pulsanti di vita, ora svuotati perché privati delle

loro anime trasferite in altri altrove. Le interviste sono così state condotte presso

“contenitori vuoti” di Treviso, qualificati dal suffisso “ex”. Per citarne qualcuno: ex-

Provincia, ex-Questura, ex-Agenzia delle Entrate, ex-Distretto, ex-Consorzio Agrario,

ex-Tribunale. Si è voluto così cercare di ri-creare una “spazio aperto” funzionale alla

raccolta di conoscenza sull’abitare là dove i luoghi sono stati svuotati dell’abitare.

7.3. I partecipanti all’indagine

I partecipanti all’indagine durante lo step 3 sono stati complessivamente n. 20.

Il processo di coinvolgimento è iniziato con un’intervista di gruppo (focus group), e

successivamente sono state realizzate interviste semi-strutturate. Entrambi i momenti

hanno coinvolto testimoni privilegiati appartenenti alle diverse sfere della società di

Treviso: artigianato, sociale, agricoltura, commercio, industria, sport, cultura, libere

professioni, sanità, turismo. Per ruolo e competenza tali interlocutori sono stati

individuati attraverso un criterio di inclusione riferito alla loro professionalità, essendo

esperti di settore. Essi hanno così costituito un pannel di saperi specifici provenienti

dalle diverse sfere dell’esperienza attraverso le quali la città vive.

14 E. R. Martini, A. Torti, Fare lavoro di comuntà, Carocci, Roma 2003.

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7.4. Materiale e strumento d’analisi

Le interviste raccolte sono state trascritte e analizzate mediante il software Atlas.ti. Nella

prima fase di analisi si sono rilevate e isolate le Quotations (altrimenti dette anche estratti

di intervista, e.i. - la cui frequenza è espressa in fr.) attraverso la codifica “open coding” o

“codifica aperta”. Tale fase è consistita nel selezionale porzioni di testo valutate dal

ricercatore come più salienti, significative e rappresentative degli obiettivi preposti. Le

quotations o e.i. emerse sono pari a n. 687, a cui sono stati assegnati dei codici (Codes),

etichette verbali che identificano i temi concettuali emergenti dal testo.

Complessivamente sono emersi n. 37 codici. In un momento successivo si è proceduto

con la “codifica assiale”, consistente nell’identificazione delle relazioni esistenti tra i vari

Codes ottenuti mediante la codifica aperta e delle categorie da essi emergenti. In una

seconda fase, i codici sono stati aggregati in dimensioni teoriche più ampie, dette

“famiglie di codici” (Code Families – CF), categorie sovra-ordinate che permettono di

connettere tra loro i codici stessi15 a un livello di estrazione più elevato. Si sono create

così n. 12 CF. Successivamente è stata applicata la specifica funzione Query tool con la

quale si sono incrociati alcune Code Families e Codes.

7.5. I risultati dell’indagine

7.5.1. Rappresentazioni della città di Treviso: città anestetizzata e chiusa versus

città dinamica e aperta

Benché il focus della ricerca fosse i processi sottostanti alle funzioni vitali della città

organismo, per un’adeguata e più completa comprensione delle dinamiche riscontrate è

risultato opportuno risalire ad alcuni dati di carattere generale o macro, tra i quali le

rappresentazioni della città. Poiché esse abbracciano credenze collettive e valori culturali,

appaiono come una forma di conoscenza socialmente elaborata e condivisa, avente il

15 C. Chiarolanza, E. De Gregorio, L’analisi dei processi psico-sociali, Carocci, Roma 2007.

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fine pratico di costruire una realtà comune a un insieme sociale16. In questo ambito è

emersa una rappresentazione egemone della città di Treviso, descritta come un

organismo anestetizzato e chiuso (fr. 32), rispetto a una città dinamica e aperta (fr. 8)

(vedi figura 7.1). Alcuni esempi di e.i. permettono di meglio comprendere il significato di

tale rappresentazione:

P: 13:2 – (7:7)

“Uno dei problemi ormai storici di questa città è che, al di là della bellezza del suo centro

storico, viene considerata oggi più come un’enclave chiuso che come un luogo aperto”.

P: 14:5 – (12:12)

“Treviso è quella che è e non vuol esser disturbata”.

P: 12:18 – (51:51)

“Non c’era nessuno (nel centro storico, n.d.r.). Sembrava un coprifuoco”.

Questa tendenza asfittica e respingente si impone su una rappresentazione minoritaria di

Treviso quale città dinamica e aperta. Le poche frequenze rilevate sono ancorate a un

ricordo del passato, in cui le tradizioni testimoniano ed evocano un vivere felice:

P: 13:24 – (24:24)

“Treviso era ricordata e conosciuta come il luogo dove si viveva meglio, il luogo

dell’accoglienza, era considerata la piccola Venezia”.

Oppure serbano la speranza per un futuro possibile:

P: 8:35 – (38:38)

“È una città piccola ma offre un sacco di cose e quindi ben promossa credo che possa

attirare veramente molte persone”.

16 S. Moscovici, Le rappresentazioni sociali, Il Mulino, Bologna 2005.

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Figura 7.1 - Rappresentazione egemone e rappresentazione minoritaria della città di Treviso.

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7.5.2. La città come organismo

Anche in questa fase sono emerse le funzioni vitali della città quale organismo delineate

come cornice concettuale di tutto il progetto di ricerca. Rispetto a quelle già individuate e

illustrate, dall’analisi delle interviste sono emerse 3 nuove funzioni, integrando perciò il

modello elaborato precedentemente (vedi figura 7.2).

Esse sono:

- La città che progetta (fr. 63): progetti, innovazione, investimenti;

- La città che produce (fr. 31): attività produttive, artigianato, commercio, economia;

- La città che apprende (fr. 27): la scuola quale contesto di crescita comunitaria.

Anche in questa analisi ogni singola area ha prodotto una mole considerevole di risultati,

di cui qui, per motivi di spazio, non si può che fornire una visione d’insieme. E dalla rete

concettuale ottenuta (vedi figura 7.3), emergono alcuni dati che completano e integrano i

risultati ottenuti negli step precedenti.

Due codici sono emersi con accentuate frequenze:

“Cittadinanza incontro/partecipazione: ripresa delle funzioni vitali” (fr. 45)

“Canali: Servizi int/est” (fr. 53)

La città che

si muove

(fr. 57)

La città che

si informa

(fr. 41)

La città che

produce

(fr. 31)

La città che

apprende

(fr. 27)

La città che

respira

(fr. 19)

La città che

filtra (fr. 128)

La città che

pensa e ricorda

(fr. 84)

La città che

pulsa

(fr. 79)

La città che

progetta

(fr. 63)

Fig. 7.2 – Funzioni vitali della città organismo in ordine per numero di frequenze.

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Il primo rileva l’importanza che riveste la cittadinanza per la città di Treviso in termini di

incontro, scambio, e partecipazione. Il codice afferisce alla funzione organica “La città

che pulsa” e pare assumere l’essere umano e le sue relazioni quale cuore pulsante della

città.

P: 1:7 – (8:8)

“Abbiamo anche fatto recitare i ragazzi all’interno delle piazze e la gente si fermava piena

di curiosità e di ammirazione”.

P: 4:2 – (9:9)

“Sarebbe opportuno recuperare degli spazi di aggregazione. Spazi di aggregazione anche

perché penso che uno degli aspetti importanti sia un recupero anche delle relazioni

umane e quindi creare questi spazi di incontro, di confronto di idee”.

Come risulta dalla figura 7.3, tale cuore si genera e continua a pulsare grazie alla

partecipazione di altri elementi che concorrono alla sua vitalità. Ben 9 sono i link di

causa e/o associazione: la cittadinanza che partecipa e si incontra avviene grazie

all’informazione istituzionale o via web, a pratiche urbane che consentono di abbattere

barriere architettoniche e favorire la mobilità, ma soprattutto è la funzione culturale della

città in “che pensa e ricorda” e “la città che apprende” che paiono costituire la linfa

vitale. La cultura dimostra di avere un canale privilegiato nella scuola, e la risorsa giovani

contribuisce a quella crescita personale determinante e fondamentale per l’organo cuore.

L’altro dato significativo che emerge in ordine di ricorrenza è “Canali: servizi int/est”.

Appartiene alla CF o funzione “La città che filtra” e fa riferimento sia a servizi alla

persona come asili, mense, sia a mezzi urbani (bus, navette, tram, metropolitana di

superficie) e infrastrutture (strade di collegamento, cavalcavia) che agevolano l’osmosi, lo

scambio tra “dentro-le-mura” e “fuori-le-mura”. Seguendo una strategia di accoglienza e

apertura:

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P: 12:33 – (102:102)

“Bisogna rendere accessibile la città. Altrimenti la gente non viene a vivere, la gente non

viene a popolarla, la gente non viene a comprare”.

P: 14:19 – (24:24)

“Treviso splende nella sua naturalezza, in quello che è, nella dimensione umana che ha e

nella dimensione umana degli stessi cittadini. Noi abbiamo all’interno, nel nostro io, una

naturale predisposizione all’accoglienza”.

Infine, particolare menzione meritano le funzioni La città che progetta (fr. 63), e La città che

produce (fr. 31). Progetti, innovazione, investimenti con le attività produttive, artigianato,

commercio, economia rappresentano il motore economico dell’organismo città. Attorno

a queste due funzioni si condensano alcuni aspetti importanti: la necessità di mettere in

rete (fare sistema) enti e attori sociali della città, e di puntare sulla qualità dei prodotti e

dei servizi come motivo di attrazione e attenzione:

P: 3:90 – (38:38)

“Città mercato che tiene presente alle nostre tradizioni, al nostro artigianato artistico, ai

nostri prodotti tipici, alla nostra volontà di essere radicati nel nostro territorio”.

P: 7:12 – (15:15)

“Promuovere anche la nostra eccellenza trevigiana, perché questo diventa un elemento

non solo di valore per il territorio ma diventa anche un elemento rafforzativo della

qualità, anche dell'efficacia, dei prodotti delle nostre imprese”.

P: 5:3 – (15:15)

“Valorizzare le conoscenze delle industrie dell’indotto in modo che ci sia voglia di venire

a Treviso anche per recuperare il valore della storia al fine di mettere in rete le risorse

attrattive, far conoscere lo sport, le attività, la moda. Bisogna inoltre interessare le

aziende oltre che l’amministrazione perché è nell’interesse generale”.

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Figura 7.3 - Rete concettuale della città organismo.

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7.5.3. Il diritto alla “vita”

Due codici si pongono a frame della rete concettuale costruita (vedi figura 7.4): “Vita”

(fr. 33) e “Diritto alla mobilità” (fr. 26). Il primo è una parola chiave emersa già durante

le fasi di ricerca precedenti, ora attraverso l’indagine qualitativa partecipata è stato

possibile ancorare tale etichetta a significati più esplicativi:

P: 3:1 – (8:8)

“Credo che il bisogno di vita sia proprio il bisogno di vivere la città, per cui più attività,

più coordinamento, più partecipazione e credo ci sia necessità anche di più cultura per i

centri storici”.

P: 4:1 – (9:9)

“Per vita intendiamo un centro storico più pulsante, più attivo non limitato soltanto,

diciamo, alle attività affaristiche, sarebbe opportuno recuperare degli spazi di

aggregazione. Spazi di aggregazione anche perché penso che uno degli aspetti importanti

sia un recupero anche delle relazioni umane e quindi creare questi spazi di incontro, di

confronto di idee”.

Per quanto riguardo il fattore mobilità, già analizzato nei precedenti capitoli (cfr. cap.6),

qui è interessante notare come per l’organismo città il “bisogno di mobilità”,

precedentemente (step 1 e 2 dell’indagine) saturato dal registro emozionale e solo

sottotraccia portatore di istanze proprie del registro dei diritti, ora si esprima nettamente

e inequivocabilmente secondo la logica del diritto. “Diritto di mobilità” che inerisce a

tutti gli abitanti, distribuito nei diversi strati e segmenti comunitari, nelle varie categorie

sociali (genitori, turisti, commercianti, diversamente abili, eccetera) e nell’intero ciclo di

vita (bambini, adolescenti, adulti e anziani).

Esigenze dell’abitare la città che si alleano e si concretizzano attraverso l’incontro umano

e la partecipazione pubblica (vedi figura 7.4, “Cittadinanza incontro/partecipazione:

ripresa delle funzioni vitali”).

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Figura 7.4 - Rete concettuale del diritto alla “Vita”.

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7.6. Conclusione

L’agglomerato urbano, grande o piccolo che sia, è ovunque e genera attorno a sé un

campo d’attrazione o di repulsione. Se l’alfabetismo urbanistico permette di

comprendere come le città operano attraverso l’applicazione dell’urbanistica,

l’alfabetismo culturale, per così dire, sta a un livello gerarchico più alto. E qui si

parla del modo con cui le singole persone e specifici gruppi sociali pensano e

operano dentro e sulla città.

Di questo si è parlato nel presentare i principali risultati dell’indagine con i

testimoni privilegiati della città di Treviso. E l’adozione di un linguaggio fortemente

iconico (per esempio, rappresentazione di città anestetizzata e chiusa versus città

dinamica e aperta) crediamo permetta una maggiore comprensione di come oggi

venga vissuta Treviso. Nello stesso tempo, gli argomenti dialogici fortemente

evocativi (città che pulsa, città che apprende, eccetera) hanno permesso di discutere

di città non in termini aridi, come se tutto fosse solo questione di parcheggi o

circonvallazioni, bensì in termini “caldi”. Facendo dell’abitare un’esperienza

sensoriale e emozionale. Da qui la centralità del termine “vita” che in tutti gli step

della ricerca, dal primo al terzo, ha continuato a riproporsi con forza. Lavorare

come progettualità urbanistica su queste rappresentazioni emozionali vuol dire

allora fare i conti con tali immagini, perché una città che descrive se stessa come

città chiusa induce nei suoi abitanti modelli d’azione e processi cognitivi ben diversi

da una città che si proietta quale città aperta.

Almeno dalla tendenza generale che emerge dall’indagine con i testimoni

privilegiati, Treviso sembra aver bisogno di essere ri-raccontata, ri-pensata, per

poter sospingere nel futuro la propria identità urbana e per ri-animare i propri

abitanti.

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PARTE TERZA

3VISO3 – LA CITTÁ VIVE CON ME:

FORME INEDITE DEL FARE URBANO

di Alberto Buso

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Capitolo ottavo

La città partecipata

8.1. Flussi telematici

Il flusso di informazione porta ad una consapevole “distrazione” nel vivere la città

contemporanea.

La presenza di un mondo in transito, porta ad essere supportato da continue

connessioni, vere “stanze dilatate e relazionali”.

La prima dilatazione è costruita dai confini del nostro corpo: i gesti e i movimenti

che portano alla definizione della dimensione e del valore di uso impresso, la nostra

quotidiana visione.

La seconda dilatazione è lo spazio che comprende il nostro rifugio, la casa.

L’accedere, nella sua concezione etimologica significa “andare verso”, rimane

intessuta da un senso operante che porta ad un luogo. Nel nostro caso diciamo che

accedere è la prima azione per partecipare a una vita della casa, il momento

infinitamente dilatato che segna il passaggio tra esterno e interno, tra pubblico e

privato. Dopo l’operazione dell'accedere vi è quella dell'addentrarsi, varcato il limite

di accesso, siamo consapevoli della materia di cui è fatto il nostro confine e della

transizione in atto. La soglia delinea un luogo, nella diffusione atopica

dell'insediamento contemporaneo connotato dalla frammentazione delle pratiche

sociali e dalla dispersione delle attività. Questo ambiguo luogo inesteso può essere

abitabile, può divenire padiglione per intercettare i flussi e i bisogni inesplicati della

città, divenendo casa sostenibile per le politiche urbane.

La terza dilatazione è a scala più grande, della città e del mondo, un ambito vasto

che si percepisce ma non si vede.

Tra le tre dilatazioni esiste uno strumento, un luogo liminare dell'ascolto che

troppo spesso corre il rischio di essere portato verso la dissoluzione del principio

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di soglia attraverso la rete telematica. I cittadini corrono il rischio di vivere un

ambito deterritorializzato, dislocato, senza coordinate di riferimento.

8.2. Rete degli Urban Center

La rete dell'ascolto forma un sistema di “Urban Center” punti di ascolto attivi

sul territorio italiano ed internazionale.

Ogni realtà presenta numerose differenze per quanto concerne la struttura,

gli obiettivi e le metodologie utilizzate per lo sviluppo del prodotto territorio.

L'esperienza anglossassone è informata da luoghi dell'ascolto organizzati come

associazioni non profit. Essi si compongono di volontari e vengono sostenuti

interamente da finanziamenti privati.

Il terzo caso è costituito da esperienze “europee”: le strutture sono inquadrate

all'interno degli enti pubblici che governano i territori di riferimento e finanziate da

investimenti pubblici o formule di co-finanziamenti pubblico-privati. Gli Urban

Center hanno diversi obbiettivi: possono essere “spazio di informazione, di dialogo e di

progettazione condivisa sulla città e sul territorio" o "organismi di presidio e supporto ai processi

di trasformazione”, organismi, quindi con una spiccata vocazione progettuale, e

concretizzano l'indagine partecipata sulla vocazionalità delle aree supportando

processi di trasformazione del territorio. Le Autorità pubbliche giocano un ruolo

fondamentale in quanto definiscono la programmazione e la gestione della

pianificazione territoriale, ed orientano le politiche delle attività produttive e quelle

ambientali.

Tuttavia anche altri attori del settore industriale, commerciale, agricolo, le scuole e il

mondo della ricerca, l'associazionismo e i giovani devono fare la loro parte nel

promuovere iniziative di sviluppo sostenibile.

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8.3. The public chance, strategie del nuovo sistema paesaggio

La partecipazione in genere, è ormai da considerarsi un diritto acquisito, sancito da

almeno dieci anni attraverso innumerevoli atti e Direttive della Commissione

Europea. La progettazione partecipata è una grande opportunità che sta cambiando

il modo di lavorare di architetti ed urbanisti in tutta Europa.

Si tratta di una conquista di civiltà, si tratta di lavorare “con le persone” e non “per

le persone”.

L'urbanistica partecipata implica che le istituzioni locali si orientino verso un nuovo

concetto di governo del territorio che tenda a coinvolgerne tutti gli attori

(governance) seguendo un modello di sistema:

- aperto;

- adattivo;

- reversibile;

- ecologico.

Alle sedi tradizionali degli eletti quali consigli comunali, regionali, circoscrizionali,

si possono affiancare sedi formali ed informali di confronto e orientamento come

tavoli sociali, laboratori di quartiere, cabine di regia, piani strategici, che hanno lo

scopo di mettere a confronto in forma diretta gli interessi territoriali in gioco,

delegando successivamente alla democrazia rappresentativa il compito di recepire o

respingere le indicazioni assunte (metodo bottom up).

L'associazione 3VISO3 La città vive con me, individua e propone nuove

metodologie di studio e di ricerca dei contesti urbani, tramite un approccio

sistemico e multidisciplinare; sollecitando le risorse del territorio oggetto di ricerca,

al fine di co-progettare con gli attori sociali presenti interventi concreti di sviluppo.

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Vi sono tre macro obbiettivi perseguibili:

1. Obbiettivi della collaborazione con i cittadini.

L’azione dell’Associazione favorisce l’appropriazione della dimensione temporale,

affinché gli abitanti del contesto urbano possano co-realizzare quella particolare

declinazione del tempo che è il kairòs. Tale concetto indicava infatti “il momento

propizio e opportuno”, l’attimo vitale da cogliere e valorizzare. Il tempo della

diffusione dei dati raccolti e dei concept progettuali sviluppati, avviene attraverso

un momento pubblico di sintesi ovvero la presentazione pubblica aperto alla

cittadinanza e alle principali cariche pubbliche al fine di valorizzare il progetto di

urbanistica partecipata in una ottica di condivisione dei saperi e della progettualità.

Si realizza il coinvolgimento diretto della popolazione ai processi di pianificazione e

si inaugura l'interazione collettiva con alcuni laboratori presso il padiglione

denominato Urban center.

2. Obbiettivi della collaborazione con le organizzazioni (enti, associazioni,

istituzioni).

L'associazione 3VISO3 vuole porsi come elemento soglia tra il cittadino che

partecipa alla ricerca della vocazionalità delle aree e le amministrazioni (processo

bottom-up). Promuovere la diffusione delle informazioni istituzionali attraverso

momenti di animazione sociale (processi top-down).

3. Obbiettivi della collaborazione con i progettisti: Architetti, pianificatori,

ingegneri, sociologi, psicologi, esperti di comunicazione.

Un piano urbano di successo non può richiamare la struttura top-down, ma più una

forma organica che coinvolge direttamente i cittadini. Ogni cittadino dal suo

particolare ruolo sociale esprime una lettura personale e diversificata al territorio.

È nella diversità che si può ritrovare la ricchezza e l'inaspettata, latente creatività.

Essa porta a nuovi modelli di sviluppo, nuove concezioni di spazio locale.

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L'associazione 3VISO3 vuole stimolare lo “sviluppo urbano in funzione

dell’uomo”, poiché la decisione finale può derivare da una soluzione comune data

da interazioni e interconnessioni provenienti dagli stessi cittadini. La

rappresentazione e la valutazione dello stato del territorio, porta alla formulazione

di un quadro conoscitivo della città e delle sue criticità mutevoli esigenze di un

organismo in continuo divenire.

Potenzialità dell’esportabilità del metodo.

La metodologia è applicabile a qualsiasi contesto urbano e socio-economico. Le

fondamenta degli step applicativi risiedono infatti nelle idee del cittadino e nelle

risorse economiche disponibili del territorio considerato.

8.4. Il progetto partecipato

L'associazione 3VISO3 – la città vive con me, auspica la creazione di uno istituto

della partecipazione, consultazione, attraverso la struttura di un forum e la regia

unica di un numero di incontri ciclici garantiti presso gli uffici comunali.

Inoltre 3VISO3 vuole introdurre nel progettare, una pratica della non chiusura in

una tipologia della chiusura e della cristallizzazione del tessuto urbano irrisolto

continuando ad interrogare associazioni economiche e sociali portatrici di rilevanti

interessi sul territorio e con i gestori di servizi pubblici (art. 5, comma 2, L.R. n.

11/04). L’approccio metodologico proposto porta ad uno sviluppo di percorsi

partecipati all’interno di processi di pianificazione urbana e territoriale.

Le nuove pratiche di pianificazione si sono evolute protando gli attori coinvolti

dall’azione pianificatoria a protagonisti di un processo di empowerment al fine di

appropiarsi dello strumento di piano.

L'azione educativa e l’apprendimento sono strumenti fondamentali per innalzare il

livello di coscienza attraverso la diffusione di tecniche e strumenti, anche il capitale

sociale delle comunità in cui interveniamo.

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Urban Center diviene simbolo è luogo potenziale per l’esplicitazione di forme

mature di democrazia partecipativa nei processi decisionali e la costruzione

interattiva di scenari di sviluppo e “visioni urbane”condivise.

Urban Center (UC) o “Case della Città”, quali strumenti per favorire la costruzione

di politiche urbane autenticamente condivise giocando sulla valorizzazione del

ruolo proattivo dei soggetti portatori di interessi diffusi.

Lo scopo di migliorare:

- il livello d’informazione;

- conoscenza;

- trasparenza;

- partecipazione;

- condivisione;

- effettività.

Dietro i “casi di successo” delle politiche urbane contemporanee si cela la capacità

di un lavoro di coagulazione del consenso.

L’identità del regista può variare nei diversi contesti culturali (associazioni non

profit, istituzioni universitarie negli USA, pubbliche amministrazioni locali o

soggetti misti in Europa e in Italia), la trasparenza della formazione del quadro

decisionale resta l’obiettivo comune e gli Urban Center dovrebbero rappresentare

in tal senso le autentiche “case di vetro” per la costruzione condivisa delle politiche

di trasformazione della città (urban-center.org).

La struttura organizzativa dell'Urban Center può essere composta da un comitato

direttivo, supportato da un comitato di consultazione e un team operativo. Il

comitato di consultazione si può riunire mensilmente ed è formato non solo da

esperti di pianificazione e problemi urbani ma anche da operatori della

comunicazione, costruttori, eccetera (multidiscipline).

È necessario attivare un confronto ciclico con soggetti portatori di interessi diversi.

Il team operativo sarà formato da un direttore, un vice direttore e da diverse stanze

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tematiche come l'Associazione 3VISO3 è già strutturata per affrontare i molteplici

temi di città.

L'Associazione “3VISO3 la città vive con me”, dai profili professionali eterogenei,

ha un obiettivo comune: lo sviluppo sostenibile e partecipato della città e del

territorio. La complessità dell' organismo città ha determinato quindi

un’organizzazione e strutturazione dell'Associazione specifica per ogni campo di

azione, creando così le specifiche aree tematiche di studio – “stanze” - arricchendo,

contestualmente, l'associazione stessa di nuove professionalità qualificate.

L’attività dell'Urban Center3 segue sei principali filoni:

1_AREA U

Urbanistica

Studio e applicazione, in chiave contemporanea, delle dinamiche dei sistemi urbani

e rurali relazionati territorialmente

2_AREA A+P

Architettura

Studio e applicazione, in chiave contemporanea, dello spazio urbano e rurale,

nell'ambito pubblico e privato, attraverso mezzi di modellazione tridimensionale.

Paesaggio

Verifica operativa delle principali linee di approccio e categorie di intervento basate

sul concetto di “territorio come palinsesto”.

3_AREA PS+O

Psicologia sociale, di comunità e Sociologia

Elaborazione e costruzione del progetto di analisi di comunità, organizzazione e

conduzione di focus group, analisi/stesura di profilo/relazione e analisi

organizzativa di istituzioni, gruppi, associazioni e comunità

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4_AREA I

Sviluppo e gestione mezzi informatici.

Elaborazione e gestione delle applicazioni web e creazione software per analisi e

gestione dati.

5_AREA C+M

Comunicazione etica.

Valorizzazione di comportamenti e comunicazioni socialmente responsabili con

ritorni positivi per l'organizzazione.

6_AREA ST+O

Gestione della qualità e sviluppo prodotto.

Creazione, somministrazione e analisi di sondaggi volti a gestire il prodotto città,

analisi statistiche e probabilistiche, metodologie e calcoli di ottimizzazione

Urban Center3 vuole essere integrato e sinergico con le attività della Pubblica

Amministrazione (PA).

La comunicazione della Pubblica Amministrazione si configura in primo luogo

come un impegno a condividere con i cittadini i contenuti dell’attività

amministrativa poiché influenzano la vita quotidiana di ogni cittadino. L'impegno

del PA informa azioni e strumenti per migliorare la condivisione.

La distanza viene superata attraverso l'abbattimento delle gerarchie e inaccessibilità

delle informazioni, ma anzi sulla vicinanza, sulla trasparenza, su una auspicata

reciprocità di diritti e doveri, in sostanza su una più reale democrazia fondata sulla

partecipazione di tutti alla gestione della cosa pubblica.

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8.5. Cronoprogramma del futuro partecipato

Fase 1: Progettare il linguaggio del cambiamento attraverso il “giornalismo

partecipato” coinvolgendo le maggiori testate giornalistiche al fine di

responsabilizzare le prime voci della città e la regia dell'informazione verso il

bisogno di un confronto condiviso e di risultati certi.

Interviste qualitative e focus group con i portatori di interesse e costruzione della

geografia dei portatori di interesse.

Fase 2: Regia di eventi strategici:Open Space Technology nelle circoscrizione e

formalizzazione del riverbero statistico desunto dalla momento partecipato

Fase 3: Ufficializzazione dello “Statuto del Territorio di Treviso” alla Giunta e al

Consiglio Comunale; Presentazione pubblica dei risultati del percorso partecipato,

apertura del nuovo ciclo di ascolto.

Durante il processo di verticalizzazione del risultato acquisito dalla cittadinanza si

opterà a questi possibili obbiettivi da attuare:

- più interviste all’Amministrazione (Assessori e tecnici competenti) per fornire

le criticità, individuare insieme i portatori di interesse da coinvolgere e cominciare a

sondare i luoghi che ciascuna circoscrizione può offrire per l’organizzazione degli

Open Space;

- ascoltare attraverso focus group e interviste tutti coloro (singoli o associazioni)

che l’Amministrazione ritiene rilevanti al fine di avanzare delle proposte per

definire le priorità, le eccellenze e le problematiche principali di Treviso al fine di

delineare gli incontri tematici territoriale gestiti con l’Open Space;

- invitare a esprimere le proprie idee (scriviamo insieme la città) tutti i trevigiani,

con particolare attenzione alle tre età, i tre visi giungendo a co-progettare con le

scuole e mettendo in rete le associazioni al fine di creare identità nuova e

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appartenenza al medesimo tessuto urbano e innalzi il senso di responsabilità al

cambiamento condiviso.

Ogni proposta sarà classificata e dovrà avere ampio spazio e una “vetrina”

attraverso il sito web del Comune.

8.6. Attivati in città: concorsi di idee

L'Associazione 3VISO3 può organizzare incontri, convegni, dibattiti, stampare,

distribuire e porre in vendita libri e pubblicazioni, produrre e distribuire filmati,

registrazioni e ogni altro tipo di riproduzione visiva e/o sonora che possa

contribuire alla co-costruzione delle nuove visioni del territorio.

Inoltre, può scrivere e organizzare concorsi nazionali e internazionali che mirino

alla definizione di nuove strategie per sostenere la qualità dell’ambiente e degli spazi

urbani e rurali.

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Gli Associati Ordinari dell'Associazione 3VISO3 La città vive con me

RINGRAZIANO Il dott. Riccardo Barbisan: la sua richiesta, nel settembre 2009, di elaborare un “sogno per la Treviso del futuro” ha posto la prima tessera di un mosaico sempre in espansione qual è la nostra Associazione. Le persone che in passato hanno collaborato attivamente nel “team 3VISO3” e nell'attuale Associazione: il loro contributo costituisce la base di un'Associazione che, per vivere e crescere in spirito di professionalità e passione, si rigenera con nuovi compagni di viaggio e continue scoperte. Gli Associati Sostenitori e le persone che ci sostengono: la loro presenza è e sarà sempre stimolo a dare il meglio di noi stessi per questa città. Lo Studio Legale Dal Poz & Partners, in particolare l'avv. Giovanni Dal Poz e la dott.ssa Cecilia Zoccolari per le consulenze ed il lavoro svolto, oltre che per la loro umanità. L'Associazione non potrà mai estinguere il suo debito. La Fondazione Benetton Studi e Ricerche per lo spazio a noi concesso nelle ex-scuderie, attuale sede operativa dell'Associazione Il Dipartimento di Psicologia Applicata dell'Università degli Studi di Padova, in particolare il prof. Adriano Zamperini e la dott.ssa Marialuisa Menegatto. La consulenza scientifica e la ricerca attuata sono stati contributi indispensabili ad affinare la nostra metodologia di studio, ricerca e sviluppo. I Collaboratori, i Partner e gli Sponsor Tecnici per aver permesso all'Associazione di dare vita a questo evento, in molti casi realizzando, con professionalità e passione, la notevole quantità di beni materiali e immateriali di cui è costituito. Desideriamo infine ringraziare tutti coloro che sono stati interlocutori importanti lungo tutte le diverse fasi di raccolta dei dati di ricerca. La scrittura di questo Quaderno Tecnico non sarebbe stata possibile senza una profonda immersione in quella “fabbrica di pensieri, desideri e opinioni” rappresentata dalla comunità dei cittadini che a titolo diverso abitano la città di Treviso. In particolare siamo lieti di ringraziare (inserire nomi in ordine alfabetico) e i membri del gruppo esercenti per averci fornito preziosa conoscenza.