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A.S. 2013/2014 3 A Esercitazione Laboratorio di biologia

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A.S. 2013/2014

3A Esercitazione

Laboratorio di biologia

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Laboratorio di biologia

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LE MACROMOLECOLE BIOLOGICHE

La complessità dei processi vitali esige che molte delle molecole che vi partecipano abbiano enormi

dimensioni. L’esempio più eclatante è il DNA (pensate che, il batterio unicellulare Escherichia coli contiene

una molecola di DNA con un peso molecolare di circa due miliardi!). Le molecole proteiche sono

generalmente di dimensioni molto inferiori, ma sono comunque grandi .

Queste molecole giganti, o macromolecole, costituiscono una grande frazione della massa di ogni cellula.

La sintesi di molecole così grosse, però, pone

un’interessante sfida alle cellule. Se questa dovesse

comportarsi come un chimico organico che svolge una

complessa sintesi di laboratorio passo per passo,

entrerebbero in gioco milioni di tipi differenti di reazioni

e si accumulerebbero migliaia di intermedi. Invece, le

cellule usano un approccio modulare per costruire le

macromolecole. Tutte queste sono polimeri, ottenuti

unendo insieme unità prefabbricate, o monomeri. I monomeri di un certo tipo di macromolecola

presentano una diversità limitata e sono uniti, o polimerizzati, con meccanismi identici. Un esempio è la

cellulosa, un carboidrato che è tra i principali costituenti della parete cellulare delle piante. La cellulosa è un

polimero ottenuto unendo migliaia di molecole di glucosio, uno zucchero semplice; in questo polimero tutti

legami chimici tra i monomeri sono identici. I legami

covalenti tra le unità di glucosio si formano a seguito

dell’eliminazione di una molecola d’acqua tra due

molecole adiacenti; la porzione della molecola di glucosio

che rimane nella catena viene detta residuo di glucosio.

Poiché la cellulosa è un polimero di uno zucchero

semplice, o saccaride, essa viene detta polisaccaride.

Questo particolare polimero è costituito da unità monomeriche identiche e viene quindi detto

omopolimero. Al contrario, molti polisaccaridi, gli acidi nucleici e le proteine sono eteropolimeri, in quanto

ciascuno di essi è costruito a partire da un certo numero di tipi diversi di unità monometriche. Le proteine,

infatti, vengono assemblate a partire da 20 diversi aminoacidi. Le catene proteiche sono quindi denominate

polipeptidi, un termine derivato dal legame peptidico che unisce due aminoacidi in successione. I polimeri

costituiscono gran parte dell’apparato strutturale e funzionale della cellula. I polisaccaridi servono sia come

componenti strutturali, come la cellulosa, sia come riserva di energia biologica, come l’amido, un altro tipo

di polimero del glucosio che si trova nelle piante. Le proteine, che

sono molto più diversificate da un punto di vista strutturale

rispetto ai polisaccaridi e agli acidi nucleici, sostengono molte più

funzioni biologiche di questi ultimi. Alcune rivestono ruoli

strutturali, come nel caso della cheratina dei capelli e della pelle e

del collagene del tessuto connettivo. Altre agiscono come

sostanze di trasporto; tra queste l’esempio più rappresentativo è

l’emoglobina, la proteina trasportatrice di ossigeno nel sangue. Le

proteine possono trasmettere informazioni tra parti distanti di un

organismo, come fanno gli ormoni proteici e i recettori alla

superficie cellulare che ricevono i segnali ormonali; oppure possono difendere l’organismo contro le

infezioni, come fanno gli anticorpi. Fatto importantissimo, le proteine possono avere le funzioni di enzimi,

catalizzando le migliaia di reazioni chimiche che hanno luogo all’interno di ogni singola cellula.

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GLI ENZIMI

Gli enzimi permettono di catalizzare specifiche reazioni importanti nella regolazione della chimica degli

organismi e delle cellule. Un catalizzatore nello specifico è una sostanza che aumenta la velocità di una

reazione chimica senza subirne trasformazioni durante l’intero processo. La sostanza su cui agisce il

catalizzatore biologico si chiama substrato. La catalisi, nella cellula, è necessaria per permettere a

numerose reazioni biochimiche essenziali di procedere ad una velocità conveniente in condizioni

fisiologiche ed incanalare così le sostanze in percorsi metabolici utili. Gli enzimi sono proteine quindi

composti da aminoacidi uniti in lunghe catene che si ripiegano in modi specifici adatti alle paricolari

funzioni da svolgere. La parte reattiva dell’enzima è detto sito attivo ed è in questo sito che avviene la

reazione. Il meccanismo generale con cui gli enzimi lavorano è quello di ridurre l’enegia richiesta per far

partire la reazione, conosciuta anche come energia di attivazione.

Proprietà degli enzimi:

1) Sono sensibili al calore (denaturazione); il sito attivo danneggiato non è in grado di formare il

complesso enzima-substrato.

2) Gli enzimi sono creati dalle cellule, ma sono in grado di funzionare anche al di fuori di queste.

3) Gli enzimi sono sensibili al pH. Un esempio è la pepsina che funziona in presenza di pH vicino a 2;

l’amilasi salivare (ptialina) raggiunge invece il massimo rendimento ad un pH neutro, cioè vicino a 7.

4) Dopo aver catalizzato la reazione un enzima si trova di nuovo esattamente nello stesso stato iniziale

pronto per un secondo ciclo (“riutilizzabili”).

5) Ogni enzima è specifico, per cui è in grado di catalizzare un solo tipo di reazione, e molto efficiente.

Inizialmente i nomi a queste proteine venivano assegnati arbitrariamente, ma una volta che il numero è

aumentato si è creata confuzione. L’ente preposto per la classificazione deli enzimi è l’Enzyme Commission

of the International Union of Biochemistry and Molecular Biology (IUBMB). La caratteristica che più conta

per la classificazione di un enzima è il suo potere catalitico, non la sua struttura. Infatti, proteine con

sequenza aminoacidica diversa possono catalizzare reazioni simili, per questo motivo verrano raggruppate

nella stessa classe (esistono sei classi diverse).

Classificazione degli enzimi:

1) Ossidoreduttasi (reazioni di ossidoriduzione = trasferimento di elettroni)

2) Transferasi (trasferimento di gruppi funzionali)

3) Idrolasi (reazioi di idrolisi = scissione di legami tramite l’acqua)

4) Liasi (catalizzano la formazione o scissione di un legame)

5) Isomerasi (reazioni di isomerizzazione =trasferimento di gruppi nelle molecole per formare isomeri)

6) Ligasi (formazione di legami con consumo di ATP e termodinamicamente irreversibili)

Queste sei classi in realtà sono suddivise a loro volta in sottoclassi che specificano uteriormente la reazione

indicando anche la natura chimica dei reagenti.

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L’AMIDO

L’amido è il più importante fattore nell’alimentazione umana, comunemente contenuto

in alimenti come pasta, riso e patate. Chimicamente è un carboidrato ed è un polimero fomato da

monomeri di glucosio uniti a catena. Gli organismi possono utilizzare l’amido previa demolizione in

frammenti sempre più piccoli sino a giungere a molecole di glucosio.

L'amido è composto da due polimeri: l’ amilosio (che ne costituisce circa il 20%) e l’ amilopectina (circa

l'80%). In entrambi i casi si tratta di polimeri del glucosio, che si differenziano l'uno dall'altro per la

struttura. L'amilosio è un polimero lineare che può contenere sino a 1000 residui di glucosio; l'amilopectina

è ,invece, un polimero ramificato che presenta catene di base di struttura simile all'amilosio che si

dispongono a formare una struttura ramificata.

Anticamente, l'amido si otteneva in genere dalla macerazione del frumento avanzato e non macinato

al mulino, motivo per cui si chiama così (gr. a-mylos,a-mylon, lat. amydos = senza mulino). Ne veniva fuori

un residuo, sul fondo, chiamata fecola, dalla quale si ricavava una polvere granulosa bianca. Oggi, si usa

ancora, come sinonimo di amido, il nome "fecola", ma per indicare solo quella derivata dalle patate, poiché

usata soprattutto come addensante in gastronomia.

Insieme a glicogeno e cellulosa è uno dei più noti polisaccaridi presenti nei vegetali, che lo sintetizzano

naturalmente a partire dal glucosio.

E’ possibile verificare la presenza di amido negli alimenti utlizzando la tintura di iodio.

Materiali:

Patata Mollica di pane Mela Tintura di iodio

Procedimento:

1. Prendere una fettina di patata, della mollica di pane, una fettina di mela.

2. Versare per ogni alimento 1-2 gocce di tintura di iodio

3. Annotare

AMIDO SI NO

Patata

Mollica di pane

Mela

Domande: Cosa si osserva?Quali alimenti contengono amido?

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LE PROTEINE

Sappiamo che gli acidi nucleici immagazzinano e trasmettono l’informazione genetica della cellula, ma gran

parte di questa informazione viene espressa (traduzione) in un’altra classe di bioplomeri, le proteine.

Le proteine costituiscono in media il 21% della carne degli animali a sangue caldo. Altre fonti sono le uova

ed il latte con i suoi derivati, come yogurt e formaggio. Se queste molecole organiche entrano a contatto

con opportune sostanze possono precipitare o denaturarsi.

Materiali:

1 becker da 50 mL Piastra riscaldante Uovo Idrossido di sodio (NaOH) Solfato di rame (CuSO4)

Procedimento:

1. Preparare un becker, riempito fino a metà con acqua, su piastra riscaldata.

2. Mettere 5 mL di albume d’uovo in una provetta.

3. Aggiungere alcune gocce di NaOH ed un ugual numero di gocce di CuSO4 in soluzione acquosa

(colore azzurro)

4. Scaldare a bagnobamaria (vedi punto 1)la provetta, fino quasi all’ebollizione.

Domande:

Di che colore è inizialmente la soluzione?Che cosa accade dopo qualche minuto?Perché?

L’ALBUMINA

Esistono proteine nel latte? Come verificare questa affermazione?

Materiali:

100 mL di latte intero Vetrino da orologio NaOH CuSO4

Procedimento:

1. Far bollire 100 mL di latte.

2. Prelevare la pellicina che compare in superficie e fare una pallina.

3. Introdurre la pallina in una soluzione di solfato di rame per 2 minuti.

4. Togliere la pallina ed adagiarla in un vetrino da orologio.

5. Versare qualche goccia di NaOH

Domanda: Di che colore diventa la pallina? Dal risultato puoi dedurre se nel latte ci sono proteine?

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LA PTIALINA

La digestione dell’amido ha inizio nella bocca ad opera di un enzima presente nella saliva: l’amilasi salivare

o ptialina. L’amido deve rimanere a contatto con l’enzima almeno 20 minuti, che corrisponde al tempo

necessario all’enzima per rompere i legami che tengono assieme le diverse unità di glucosio.

Inoltre, l’amido ha la proprietà di colorarsi di un intenso blu-violetto se viene a contatto con soluzioni

contenenti iodio.

Materiali:

Amido 2 provette 1 becker da 50 mL 1 becker da 20 mL 1 becker da 100 mL 1 spatola 1 pipetta da 1 mL 2 contagocce 1 termometro 1 bacchetta di vetro 1 bilancia analitica Procedimento:

1. Sciogliere 0,5 g d’amido in 100 mL di acqua tiepida (usare il becker da 100 mL) ed aspettare che la

soluzione si schiarisca.

2. Peparare 2 provette contrassegnate, in modo da non confonderle, in ciascuna di esse versare 4 mL

di soluzione d’amido.

3. In una delle due provette, che costituirà il “bianco”, cioè la soluzione nella quale non avverrà la

reazione, si aggiungano 2 mL di acqua.

4. Prendere un piccolo sorso d’acqua e, dopo averlo fatto muovere nella bocca, sputarlo in un becker

da 20 mL.

5. Prelevare 2 mL del liquido raccolto ed aggiungerlo alla seconda provetta che costituirà il “test”, cioè

la provetta in cui avverrà la reazione.

6. Dopo aver brevemente agitato le provette, lasciare a riposo per 20-25 minuti; operare a 37 °C per

cui inserire le provette in un becker da 50 mL contenente acqua calda.

7. Trascorso il tempo aggiungere a ciascuna provetta 3-4 gocce di tintura di iodio, agitare lievemente

ed osservare.

Domande:

Cosa è accaduto nella seconda provetta? Di che colore è diventata dopo l’aggiunta di tintura di

iodio?Perchè la reazione è stata mantenuta a 37 °C?Perchè abbiamo douto aspettare 20 minuti prima di

aggiungere la tintura di iodio?

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LA BROMELINA

L’ananas, a differenza di altri frutti, contiene un enzima chiamato bromelina la cui azione proteolitica

impedisce la solidificazione delle gelatine di origine animale. Tale azione è paragonabile a quanto avviene

nello stomaco ad opera della pepsina, enzima responsabile della digestione delle proteine. Per questo

motivo l’ananas è consigliata come frutta per concludere un abbondante pasto.

Materiali:

1 arancia 1 fetta d’ananas naturale 1 fetta d’ananas in scatola 1 busta di fogli di colla di pesce 4 capsule Petri (o ciotoline piatte di vetro pirex) 1 becker da 1L 1 becker da 50 mL 1 bacchetta di vetro 1 mestolo 3 coltelli 1 pennarello Fornello elettrico Forbici Frigorifero Nastro adesivo di carta Procedimento:

1. Prendere la gelatina ed immergerla per 10 minuti in un becker da 50 mL con acqua fredda.

2. Tagliare l’arancia, l’ananas cruda e l’ananas in scatola in cubetti e metterli in tre capsule Petri

diverse (attenzione: non usare sempre lo stesso coltello!).

3. Preparare con il nastro di carta 4 etichette con le scritte: “Ananas cruda”, “Ananas in scatola”,

“Arancia” e “Colla di pesce” da applicare rispettivamente ad ogni capsula.

4. Trascorsi i 10 minuti, prendere i fogli di gelatina, strizzarli e trasferirli in un becker contenente 200

mL di acqua bollente.

5. Mescolare fino a completa solubilizzazione della gelatina, versarla nella 4 Petri fino a rempirle.

6. Appoggiare le tre capsule sul bancone ed attendere 5 minuti poi metterle in frigo per accelerare il

raffreddamento.

7. Lasciar riposare per 40 minuti ed osservare il risultato.

Domanda:

In quali Petri la gelatina è riuscita a solidificare?Perchè?Quale non ha solidificato?Perché?

GELATINA Arancia Ananas al naturale Ananas in scatola Controllo

SI

NO

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LA CATALASI

Vivere con l'ossigeno è pericoloso. Noi lo utilizziamo per produrre energia nelle nostre

cellule, ma l'ossigeno è una molecola molto reattiva che può provocare problemi seri se non

viene tenuta strettamente sotto controllo. Uno dei pericoli maggiori nasce dal fatto che

l'ossigeno può essere convcrtito facilmente in altri composti molto reattivi. Tutte le cellule viventi

producono, durante i loro processi metabolici, tracce di acqua ossigenata. Questa, però, è una sostanza

tossica pertanto viene prontamente trasformata e neutralizzata da reazioni chimiche che avvengono nelle

cellule stesse. L’enzima catalasi o perossidasi accelera la reazione di decomposizione dell’acqua ossigenata

(H2O2) in acqua (H2O) e ossigeno (O2) che si libera sottoforma di bolle.

Quando versiamo alcune gocce di acqua ossigenata su cellule lacerate, ad esempio una ferita, le molecole

di catalasi intervengono in massa a scomporre l’H2O2. Così si libera molto ossigeno allo stato nascente,

ossigeno attivissimo nell’ossidare le sostanze organice con cui entra in contatto. Nel caso di una ferita

l’ossigeno che si svolge ossida, uccidendoli, i batteri introdotti insieme allo sporco. Da qui viene la sua

azione antisettica (disinfettante).

Materiali:

Fegato crudo e cotto Mela cruda Patata cruda Acqua ossigenata Ammoniaca (NH3) Acido cloridrico (HCl) 6 provette Pipette pasteur Coltello spatola

Procedimento:

1. Introdurre 2-3 cm di fegato crudo, fegato cotto, mela, patata in 4 provette.

2. In altre due provette: fegato crudo+ NaOH e nell’altra fegato crudo + HCl

3. Aggiungere a tutte le provette 2-3 mL di acqua ossigenata

4. Osservare le reazioni.

Domande:

In quali alimenti è contenuto l’enzima catalasi?Perchè?Come hai fatto a capirlo?L’ambiente basico e quello

acido favoriscono o inibiscono l’eventuale presenza di enzima?

CATALASI Fegato

crudo

Fegato

cotto Mela Patata

Fegato crudo

+ NaOH + HCl

SI

NO

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LA CATALASI 2

Il test che andiamo ad eseguire, scoperto nel 1863, è molto sensibile e permette di scoprire tracce

dell’enzima catalasi presenti nel sangue, anche dopo che la stoffa è stata lavata. Pertanto, è stato usato per

decenni in medicina legale nella ricostruzione della dinamica dei delitti. Tuttavia non è un test specifico

perché, come già detto, la catalasi si trova in tutte le cellule, e non solo in quelle del sangue. Pertanto la

dimostrazione offerta dal test non è assoluta, ma di tipo presuntivo. Oggi si usano test molto più sofisticati

alcuni dei quali permettono di risalire all’impronta genetica dell’individuo da cui il sangue proviene.

Materiali:

Sangue Fazzoletto o straccio colorato Acqua ossigenata

Procedimento:

1. Prendere un fazzoletto pulito colorato e marcare un angolo di riferimento con un nodo e

sperimentare quanto segue sull’angolo opposto.

2. Sporcare l’angolo di prova del fazzoletto con del sangue e lasciare che la stoffa si impregni per

almeno 15 minuti.

3. Lavare le macchie di sangue con acqua corrente, per alcuni secondi, fino a che diventano

praticamente invisibili.

4. Lasciar asciugare completamente sopra un termosifone.

5. Versare alcune gocce di acqua ossigenata sull’angolo del fazzoletto annodato.

6. Versare alcune gocce di acqua ossigenata sull’angolo che era stato insanguinato

Domanda:

Cosa accade vicino al nodo?

E sulle macchie “scoparse”?

SANGUE Nodo Macchie

SI

NO