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DALLA FINE DELLA GUERRA AL ‘68: RICOSTRUZIONE E “BOOM ECONOMICO” CAPITOLO DUE

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DALLA FINE DELLA GUERRA AL ‘68:RICOSTRUZIONE E “BOOM ECONOMICO”

CAPITOLODUE

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L’Italia dal fascismo ad oggi: Dalla fine della guerra al ‘68: ricostruzione e “boom economico”

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L’Italia dell’immediato dopoguerra doveva affrontare tre questioni fondamentali:

- il problema della ricostruzioni economica;- il problema della ricostruzione di una società civile basata sulla partecipazione dei cittadini

alla vita democratica, dopo piú di 20 anni di dittatura;- il problema dell’assetto politico (l’Italia sarebbe rimasta una monarchia o sarebbe diventata

una repubblica con una nuova costituzione?)La guerra aveva avuto effetti devastanti su tutta la penisola. I bombardamenti avevano

distrutto abitazioni, industrie e infrastrutture, specialmente nel centro-nord; la lentissimaavanzata degli alleati e la conseguente ritirata dei tedeschi (durate quasi due anni) avevanoprovocato danni irreparabili su tutto il territorio nazionale. Gli effetti della guerra sullapopolazione civile furono altrettanto gravi. Tutti, senza eccezione, furono toccati dalla guerra1:la maggior parte delle famiglie erano state divise (gli uomini al fronte o deportati in Germaniao prigionieri o dispersi o in montagna con i partigiani), il cibo e altri beni di immediatanecessità scarseggiavano ovunque, con un conseguente fiorire del mercato nero. Alla fine dellaguerra, con il ritorno dei prigionieri e reduci di guerra, il numero dei disoccupati raggiunse

A GUERRA FINITA, QUALE FUTURO PER LA NAZIONE?

13 maggio 1945,Vercelli. Un gruppo dipartigiani riconsegna le armi dopo lasmobilitazione. (Museo Storico Italianodella Guerra, Rovereto).

1 Vedi letture Smania di raccontare e neorealisimo, p. 87 Nonguariremo più, p. 94 e Le scarpe rotte, p. 91.

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quasi i due milioni. Nonostante possasembrare secondario in questo contesto dimiseria e disperazione, non bisognadimenticare il danno subito dal patrimonioartistico nazionale. In conclusione, gliobiettivi concreti e immediati del do-poguerra erano il ricongiungimento dellefamiglie, la ricostruzione di abitazioni,strade, ponti, ferrovie, la ripresa produttivanelle fabbriche e nell’agricoltura, ilripristino del commercio e delle co-municazioni, e infine la creazione di posti dilavoro.2

Esisteva però anche il problema dellacostruzione di una coscienza civile, baseinsostituibile di una società democratica:molti erano cresciuti ed erano stati educatisotto una dittatura che scoraggiava lapartecipazione ed esaltava l’obbedienzacieca ad un capo. Altri avevano la re-sponsabilità morale di aver appoggiatoquello stesso regime che li aveva portati allosfacelo della guerra. Il movimento diresistenza partigiana nel centro e nel nord,come movimento di liberazione nazionale eideologicamente antifascista, avevaindubbiamente contribuito a riscattarel’Italia dalla ‘vergogna’ del suo recentepassato, creando nei territori liberati, ancorprima dell’arrivo degli alleati, dei modelli digoverni democratici a partecipazionediretta. Ma molto restava da fare. Gli italiani dovevano dimostrare a se stessi e al mondo disaper ricostruire una società su basi totalmente nuove.

Purtroppo al sud il coinvolgimento diretto della popolazione alla liberazione nazionalee alla lotta antifascista era stato limitato, a causa dell’occupazione veloce dei territori da partedegli alleati. Questo determinò anche un diverso livello di partecipazione politica e unsentimento inferiore di ‘appartenenza’ alla nazione, fattori che contribuirono ad allontanarepoliticamente il nord dal sud, continuando una frattura esistente già dai tempi dell’unificazionenazionale.

La fine del regime fascista significò anche il risorgere di un vivacissimo dibattito politicoe ideologico, accompagnato da un vero ‘rinascimento’ in campo letterario e artistico. C’era unanuova nazione da costruire sulle rovine della guerra, e tutti si sentivano protagonisti di unostraordinario momento storico.3 L’Italia del dopoguerra sarebbe stata del tutto rinnovata,costruita dopo un’operazione di taglio netto con il passato, oppure si sarebbe semplicementetornati a uno stato pre-fascista e conservatore, senza nessun reale processo innovatore? Piùconcretamente: l’Italia sarebbe rimasta una Monarchia, sotto la Casa Reale dei Savoia comedai tempi dell’unificazione, oppure sarebbe diventata una Repubblica con una nuovaCostituzione?

Nuovi e vecchi caseggiati si confrontanoalle Rampe Brancaccio, Napoli, anni '50.

2 Vedi film Ladri di biciclette, p. 101. 3 Vedi lettura Smania di raccontare e neorealismo. p. 87 e Lavendemmia di parole. p. 89.

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PARTITI POLITICI AL MOMENTO DELLA LIBERAZIONE

La Democrazia Cristiana (DC) e il Partito Comunista Italiano (PCI) si presentarono dasubito come i più importanti partiti politici; la loro contrapposizione rifletteva in parte ladivisione fra i due grandi blocchi (la NATO e il Patto di Varsavia) che cominciava a delinearsia livello internazionale con l’inizio della ‘guerra fredda’.

La DC era l’erede del vecchio Partito Popolare di ispirazione cattolica, ed aveva avutoun ruolo marginale durante la lotta antifascista, ma la direzione politica di Alcide De Gasperi4seppe trasformarla in un vero partito centrista e di massa appoggiato dal grande capitale e dallapiccola-media borghesia, oltre che dalla maggioranza del mondo contadino.i La DC compresele profonde esigenze di sicurezza e stabilità sentite dalla maggioranza della popolazione che nonvoleva una rivoluzione sociale; si presentó come ultimo baluardo contro il pericolo del

Manifestazione del Primo Maggio 1949 a Firenze.

4 Vedi ‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (1.), (2.), p. 83.

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5 Vedi ‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (3.) p. 84. 6 Vedi lettura Un intellettuale a Auschwitz (conversazione conl’operaio francese) p. 48.

L’E.R.P. (European ResconstructionProgram) spedí una “Lettera alle DonneItaliane”, per illustrare gli aiuti finanziaridegli USA per la ricostruzione europea.

comunismo, opponendosi a qualsiasi cambiamento nei rapporti di produzione, ed in questoottenne il pieno appoggio del grande capitale. La DC, però, si presentò all’elettorato anchecome garante di quei valori cristiani nei quali la maggior parte degli italiani si riconosceva;questi comprendevano un certo livello di uguaglianza sociale accompagnata da un forteintervento dello stato nei campi della sanità, dei trasporti, della pubblica istruzione, dei servizialle famiglie, delle pensioni, ecc.. Sapendo quindi combinare, senza forti contraddizioni, unapolitica a sostegno del sistema capitalistico con una politica di rafforzamento dello stato socialeispirata a concetti cristiani di solidarietà e uguaglianza, la DC si assicurò l’appoggio degli StatiUniti, del grande capitale e anche della Chiesa cattolica con tutte le sue organizzazioni di base.La Dc diventò così un vero partito di massa che seppe mantenere la maggioranza relativa alleelezioni e il controllo sul governo durante tutti i primi 45 anni del dopoguerra, fino alla grandecrisi dei partiti politici agli inizi degli anni ’90 (vedi cap.4).

L’altra grande forza politica presente in Italia era il Partito Comunista Italiano (Pci) che,sotto la direzione di Palmiro Togliatti5, godeva dell’appoggio attivo delle classi operaie,specialmente nelle grandi città del nord. Il PCI era anche il partito con la più forteorganizzazione, grazie alla quale era riuscito a sopravvivere durante gli anni più bui dellarepressione fascista, ed a ricostituirsi negli ultimi anni di guerra, in parte all’estero, in parte sulterritorio nazionale. Essendo stato il principale artefice della resistenza armata contro i nazisti,il PCI godeva di un grande prestigio. L’aspetto più problematico della politica del PCI derivavadai forti legami con l’Unione Sovietica, che molti suoi militanti idealizzavano allora come la‘patria del socialismo’, la roccaforte della resistenza contro l’avanzata del nazismo in Europa6.Questa posizione di dipendenza verso l’URSS durò a fasi alterne fino alla caduta del muro diBerlino e determinò, in parte, il ruolo sostanzialmente marginale che il PCI ebbe nei primidecenni del dopoguerra; nonostante fosse il secondo partito in Italia dopo la DC, il PCI rimasesempre all’opposizione (fino al 1996: vedi cap.4).

Il Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP), successivamente ricostituito comePartito Socialista Italiano (PSI)ii aveva un ruolo subalterno rispetto al PCI; il Partito

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d’Azione, un altro partito progressista, ma non comunista, che aveva avuto un ruolo di primopiano durante la Resistenza, si sciolse nel 1946.

Altri partiti presenti, ma con ruoli secondari, sulla scena politica italiana erano ilPartito Monarchico, che voleva semplicemente un ritorno alla situazione precedentel’avvento del fascismo, senza alcun cambiamento sociale o istituzionale, e il Partito LiberaleItaliano (PLI), che si presentava come garante degli interessi del grande capitale, ma che nonriuscì mai ad avere quel ruolo di grande partito di centro, che fu invece occupato dalla DC. Ilfattore più preoccupante dell’immediato dopoguerra fu l’emergenza sulla scena politica di unpartito neofascista, il Movimento Sociale Italiano (MSI) che ottenne il 5,8% dei voti alleelezioni del giugno 1946. Ciò costituì per molti la conferma tangibile che la fine della guerranon aveva significato la morte definitiva del vecchio regime.

LA POSIZIONE DELL’ITALIA NEL QUADRO INTERNAZIONALE:ERA POSSIBILE UNA RIVOLUZIONE SOCIALE?

Nel periodo dell’immediato dopoguerra larghi settori delle classi lavoratrici, specialmente nellegrandi città industriali del nord e nel centro dove il movimento partigiano era stato più forte,

volevano una rivoluzione di tipo socialista, come continuazione dellalotta antifascista di liberazione nazionale. Molti dei giovani partigianiche avevano messo a repentaglio la propria vita sopportandosofferenze e privazioni, volevano costruire una nazione pro-fondamente rinnovata, politicamente e socialmente; non accettavanoun ritorno inalterato dei vecchi rapporti di classe. Dopotutto erastato il grande capitale che aveva voluto il fascismo e lo avevamantenuto al potere: la fine del regime doveva significare anche lafine dei privilegi di questa classe sociale.7 Non ci fu però nessunarivoluzione, grazie anche al ruolo di freno della dirigenza del PCI, edin particolare del suo leader, Palmiro Togliatti. Egli capì che unproseguimento della lotta armata avrebbe provocato una reazioneimmediata da parte degli Stati Uniti, le cui forze militari eranopresenti su tutto il territorio nazionale. Togliatti, inoltre, avevaricevuto direttive precise da parte dell’URSS: l’Italia doveva rimanerenella sfera di influenza occidentale. Questo avrebbe permesso all’Unione Societica di rafforzare ilproprio controllo sui paesi dell’Europa dell’Est che era riuscita aconquistare durante l’ultima fase della guerra.iii Seguendo questapolitica, il PCI e il PSI accettarono di far parte con la DC dei primiquattro governi di unità nazionale del dopoguerra (dal giugno1946 al maggio 1947), anche se ciò significò spesso scendere a grossicompromessi con la DC.

La situazione italiana dell’immediato dopoguerra era quindi,da una parte, estremamente fluida - c’era la sensazione di vivereun’occasione unica per operare un vero cambiamento della società -

7 Vedi ‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (3. i., ii.) p. 84.

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mentre, dall’altra, il ‘destino’ della nazione era già segnato dalla divisione di influenze in campointernazionale con l’inizio della guerra fredda. Ma non furono solo pressioni politiche interneed internazionali a frenare una possibile rivoluzione sociale. L’Italia era semplicemente unpaese stanco che accolse a braccia aperte gli aiuti economici dagli Stati Uniti, anche se questierano accompagnati da un certo livello di influenza politica. Questo estremo bisogno di ritornoalla normalità è espresso liricamente dai versi del poeta Salvatore Quasimodo:

[...]E orache avete nascosto i cannoni fra le magnolie,lasciateci un giorno senz’armi sopra l’erbaal rumore dell’acqua in movimento,delle foglie di canna fresche fra i capelli,mentre abbracciamo la donna che ci ama.iv[...]

RIFORME MANCATE

Nonostante questi freni interni ed internazionali ad un cambiamento totale, la situazionepoteva essere sfruttata per operare riforme sostanziali, ad esempio in campo agrario: icontadini, specialmente al sud, premevano per una assegnazione delle terre dei grandi latifondie organizzarono occupazioni simboliche delle terre un po’ ovunque, represse spesso anche inmodo brutale dalle forze dell’ordine. La riforma agraria, approvata in seguito a questeproteste venne applicata poco e male, con assegnazioni di terre poco redditizie, causando unnuovo sentimento di speranze deluse nei contadini poveri meridionali.

C’era un forte bisogno anche di una verariforma istituzionale che avrebbe eliminato leistituzioni fasciste e sostituito quei funzionari digrado superiore che avevano fatto carrieradurante il fascismo, specialmente nella polizia enella magistratura. Ma nessun partito si fecepromotore di grandi riforme di struttura.Persino il codice penale rimase lo stesso deitempi del fascismo, e solo nel 1956 la CorteCostituzionale di recente istituzione ne abolìalcune normev.

Temendo l’avvento di una guerra civile, ilprimo governo di unità nazionale - compren-dente tutti i partiti antifascisti - decise chel’obiettivo prioritario doveva essere l’unitàpolitica e l’organizzazione del referendum cheavrebbe deciso l’assetto costituzionale(monarchia o repubblica), e delle elezioni per laformazione dell’Assemblea Costituente il cui compito sarebbe stato la stesura di una nuovacostituzione. “O la Costituente o il caos” disse Pietro Nenni, leader dei socialisti,interpretando così un sentimento condiviso da tutti i partiti politici.vi

I risultati del referendum Monarchia -Repubblica sulla prima pagina del“Corriere della Sera”, 6 giugno 1946.

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ADDIO ALLA MONARCHIA E UNA NUOVA COSTITUZIONE

Le prime elezioni libere dopo il ventennio di dittatura fascista avvennero il 6 giugno 19468.Con l’istituzione del suffragio universale, le donne poterono votare per la prima volta. LaRepubblica vinse con il 54% dei voti (e il Re Umberto II partì da Roma pochi giorni dopoper l’esilio in Portogallo). Fu deludente vedere i contrasti fra nord e sud nei risultati elettorali:a Napoli, ad esempio, i voti a favore della monarchia furono l’80%, mentre in alcune zone delcentro-nord le percentuali erano esattamente invertite.vii Le differenze nel voto fra il nord e ilsud furono l’amara conferma dell’esistenza di ‘due Italie’ separate da un grande divarioeconomico, culturale e di orientamento politico, quest’ultimo in parte determinato dal fattoche il Sud aveva avuto un ruolo più passivo durante l’ultima fase delle guerra, come discussopiù sopra.

I risultati delle elezioni della Costituente confermarono la tendenza alla polarizzazionefra centro e sinistra: la DC ottenne il 35% dei voti, mentre le sinistre (PCI e PSIUP, cioè ilPartito socialista italiano di unità proletaria) ottennero il 39% dei voti; il resto dei voti sidisperse fra partiti minori.

L’Assemblea Costituente così formata aveva quindi una componente progressista (PCIe socialisti) e una moderata, ma comunque ispirata da un sentimento cattolico di responsabilitàverso i deboli (DC). La Costituzione che risultò dai lavori dell’Assemblea Costituente riflettequesta ambivalenza. Molti articoli sono veramente innovativi: il ‘lavoro’ ad esempio è definitocome un diritto, così come l’assistenza medica gratuita e l’istruzione fino ai gradi più alti per imeritevoli. Nel campo dei diritti civili, invece, molti articoli riflettono l’influenza della culturacattolica: il Concordato fra Stato e Chiesa (detto anche ‘Patti Lateranensi’) è confermato,garantendo quindi alla religione cattolica particolari privilegi; inoltre, la famiglia e ilmatrimonio sono presentati come fondamenti della società civile. Molti articoli dellaCostituzione, specialmente i più progressisti, rimasero purtroppo lettera morta per molti anni;uno dei più importanti - quello che istituisce l’autonomia regionale - fu attuato solo nel 1970.

8 Vedi film Una vita difficile p. 104 e ‘Le parole dei protagonistia confronto’ (2. i) p. 83.

Tessera della CGIL, 1956-1957,sindacato di ispirazione comunista.

Sopra: Manifesto del FronteDemocratico Popolare rivolto alledonne contadine, elezioni del 18 aprile1948.

Destra: Ragazze dell'ARI, l'AssociazioneRagazze Italiane, impegnate nellacampagna elettorale per il FronteDemocratico Popolare, marzo 1948.

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9 Vedi film Una vita difficile, p. 104. 10 Vedi ‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (4.), (5.), (6.), pp.84-85.

GUERRA FREDDA ANCHE IN ITALIA

La guerra fredda continuò a far sentire i suoi effetti sull’assetto politico italiano: gli Stati Unitinon vedevano di buon occhio la presenza di un forte partito comunista al governo perchèpensavano potesse minacciare l’adesione dell’Italia al blocco occidentale. Fecero quindipressione sulla DC, il partito che vedevano come il loro più fidato alleato, perchè escludesse ipartiti di sinistra dal governo. Gli aiuti economici per la ricostruzione furono in parte legati alsuccesso di questa operazione. Fu così che la DC, il 31 maggio 1947, mise in crisi la coalizionegovernativa che comprendeva anche comunisti e socialisti. Questa operazione segnò anche lafine dello spirito di unità nazionale formatosi durante la resistenza e l’inizio dellacontrapposizione fra la DC (che rimase al governo per i successivi 45 anni) e il Pci che restòsempre all’opposizione.

La campagna e lettorale in occasione delle elezioni politiche del 18 aprile 19489 rimasememorabile nella storia italiana del dopoguerra per i suoi toni aggressivi. La Dc strumentalizzòla fede cattolica di molti italiani nella sua bellicosa campagna contro il Fronte DemocraticoPopolare, la coalizione dei comunisti e socialisti che si era presentata alle elezioni usandol’effige di Garibaldi. In questo ebbe al suo fianco la Chiesa che dipingeva i comunisti comesanguinari senza-Dio, una specie quasi sub-umana10. Alcuni slogan sono rappresentativi diquesta campagna. ‘Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no!’ ammonisce unmanifesto; in un altro, uno scheletro vestito da soldato italiano addita il simbolo delle sinistree incita: ‘Mamma, votagli contro anche per me!’, Il messaggio è reso più esplicito dallascritta:‘100.000 prigionieri italiani non sono tornati dalla Russia’.

Il Fronte Democratico Popolare subì una pesante sconfitta durante queste elezioni:l’opportunità di un vero rinnovamento sociale era sfuggita, si entrava ora in una fase di riflusso,dopo l’eccezionale partecipazione al dibattito politico che aveva caratterizzato queste elezionie le precedenti. Nel luglio 1949, il Vaticano dichiarò scomunicati tutti coloro che sidichiarassero comunisti.

Se il dibattito politico si raffreddava, lo stesso non poteva dirsi per la spinta produttiva:la stagione che seguì fu marcata da una eccezionale crescita dell’economia, senza precedentinella storia italiana.

Comizio del sindacalista Di Vittorio inPiazza Signoria, Firenze, anni '50.

Manifesto politico di GiovanninoGuareschi (elezioni del 18 aprile 1948).

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11 Triangolo immaginario formato dalle città di Milano,Torino eGenova.

12 Vedi Lettura Stranieri in patria: “terroni” o “polentoni” p. 99 e‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (7.), (8.), (9.), (10.),(11.), p. 85.

13 Vedi film Il sorpasso, p. 102.

BOOM ECONOMICO, MIGRAZIONE, SQUILIBRI NORD-SUD

La forte domanda di prodotti d’esportazione, i bassi costi della mano d’opera italiana e gli aiutiprovenienti dagli Stati Uniti, furono alcuni dei fattori che contribuirono all’eccezionaleincremento nella produzione industriale che caratterizzò la fine degli anni ’50 e l’inizio deglianni ’60.

Il ‘boom economico’ avvenne principalmente al nord dove portò con sè nuovaoccupazione, ed un miglioramento generale degli standard di vita, anche se i salari noncrebbero proporzionalmente all’incremento dei profitti e della produzione. Nel sud, invece, lariforma agraria era fallita e con essa qualsiasi speranza di sviluppare una redditizia economiaagricola; i giovani che volevano un lavoro o anche solo migliorare le proprie condizioni di vitadovevano migrare al nord, dove c’era una forte domanda di operai non qualificati nelle grandiindustrie del triangolo industriale.11 Qui gli immigrati meridionali trovavano, oltre aoccupazioni spesso massacranti alla catena di montaggio e mal pagate, anche una societàdiversa, nella lingua, nei costumi, nel clima, nella cucina, molto spesso poco disposta adaccoglierli. ‘Non si affitta ai meridionali’ era una scritta piuttosto comune nella riservatissimaTorino, ma non mancavano reazioni analoghe nelle altre grandi città industriali del nord.12

Si migrava non solo dal sud al nord, ma anche dalle campagne alle città; questispostamenti di popolazione assunsero quasi i caratteri di un esodo. Il boom economico cambiòanche la struttura sociale della società italiana, mettendo in crisi i legami tradizionali su cui sibasava il mondo contadino: man mano che l’agricoltura diventava secondaria rispettoall’industria e le campagne si spopolavano, decadeva anche il modello di famiglia patriarcalecontadina con diverse generazioni che vivevano sotto lo stesso tetto e diventava sempre piùdiffusa la famiglia nucleare urbana (formata da sole due generazioni), che viveva inappartamenti alla periferia della città, in condizioni di relativo isolamento. Si crearono cosìnuove forme di aggregazione e solidarietà, non più radicate unicamente nella famigliatradizionale e nella chiesa cattolica, ma anche nelle organizzazioni sindacali in fabbrica: nellelotte politiche e durante gli scioperi per migliorare salari e condizioni di lavoro, i nuovi operaitrovarono un riparo dall’anonimato delle grandi città in cui vivevano. Il boom economico peròportò con sè anche valori opposti, quali materialismo, consumismo e individualismo13, i tre‘ismi’ del periodo ‘post-modermo’ dai quali l’Italia era ancora immune e che non poterononon scontrarsi con la cultura cattolica tradizionale e i suoi valori di solidarietà e promozionedella vita semplice.

Anche la condizione della donna cambiò radicalmente in questo periodo: la giovanesposa contadina lavorava duramente nei campi ed in casa, soggetta alla volontà del marito e deisuoceri, ma anche protetta dalla fitta rete dei rapporti della famiglia allargata. La giovanemoglie dell’operaio milanese, torinese o genovese, invece, cominciò a lavorare in fabbricafianco a fianco con gli uomini, e diventò presto parte di una complessa realtà economica e

La Fiat 600, simbolo del nuovo boomeconomico.

Sopra sinistra: negozio di abbigliamento,Reggio Emilia 1955.

Sopra destra: cartello di unamanifestazione operaia, anni '50.

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14 Tipi di scooter, o motocicletta per due persone.15 Vedi film Il sorpasso, p. 102 e ‘Quadretto culturale’: “Io sto qui

e aspetto Bartali...”: ciclismo e dopoguerra, p. 81.

16 Vedi Quadretto culturale: Carosello: consumismo e televisione,p. 79.

17 Vedi lettura Il bosco sull’autostrada, p. 9618 Vedi ‘Le parole dei protagonisti a confronto’ (12.) p. 86.

Sinistra: vita contadina,Toscana, anni '50:una bambina riempie un secchio a unafontana pubblica.

Centro:“Lambretta 125F: il piacere diviaggiare”, 1954.

Destra: Le prime annunciatrici dellatelevisione di stato RAI, 1954.

sociale. Non c’è da stupirsi se prestorivendicherà la parità di diritti e ditrattamento con il compagno dilavoro maschio. La mogliedell’impiegato, invece, più spessodiventò ‘casalinga’, una categoriasociale già presente ma in fortecrescita nel dopoguerra. A metàdegli anni ’60 le casalinghe erano 14

milioni, il triplo delle donne che lavoravano fuori casa viii. Per la casalinga, la cui cura principaleera la casa e i bambini, si prospettava una vita povera socialmente, ma ricca di nuovi desideriche il mercato non esitava a promuovere e soddisfare.

La ‘vespa’ e la ‘lambretta’14 diventarono, agli inizi degli anni ’50, il simbolodell’indipendenza e del nuovo benessere raggiunti, seguiti immediatamente dalla FIAT 600, laprima vera auto disegnata per le famiglie, il cui possesso apriva l’accesso agli svaghi della classemedia: la gita domenicale e la villeggiatura estiva15. I primi elettrodomestici cominciarono apopolare gli appartamenti anche degli operai del nord: la cucina a gas o ‘all’americana’, poi ilfrigorifero, il telefono e più tardi addirittura la lavatrice. Ma l’emblema del nuovo stile di vita,che nelle parole dell’attuale Presidente della Repubblica Azelio Ciampi ‘prese il posto delfocolare domestico,’ fu il televisore che entrò alla grande ad occupare un posto centrale eprivilegiato nelle cucine e nei soggiorni delle case italiane; nel gennaio 1954 iniziarono i primiprogrammi della RAI di Stato16. In occasione del cinquantesimo anniversario della RAI,Guido Vergani in un articolo sul Corriere della Sera, così descrisse la trasformazione operatadallo ‘scatolone’ nelle case italiane:

“In quel primo embrionale benessere, la televisione determinò un radicalecambiamento del costume, delle abitudini. Cominciarono a restarsene a casa davanti alloschermo i maschi italiani che avevano sempre passato la sera all’osteria [...] Si disse che il 21pollici restituiva alle famiglie l’unione attorno a un virtuale caminetto. Non ci volle molto ascoprire che era un’unione silenzionsa, senza colloquio, immusonita e inebetita.” ix

Il nuovo benessere portò con sè una dolorosa contropartita: un danno all’ambiente chedivenne irreparabile17. La costruzione di case per accogliere i nuovi lavoratori dell’industria fuspesso ‘selvaggia’, stimolata da desideri di facili guadagni. Le periferie delle città si popolaronodi nuove costruzioni, ‘mostri’ che sorsero qua e là, senza ordine e senza un Piano Regolatoreche prevedesse servizi pubblici essenziali18. Il facile accesso a beni di consumo individuali, qualielettrodomestici e automobili, perse qualsiasi attrattiva quando mancavano trasporti, scuole,ospedali, biblioteche, uffici postali. La crescita incontrollata delle grandi città negli anni delboom è all’origine del traffico che opprime oggi tutte le città italiane, e del profondo disagiodi chi vive in quartieri periferici grandi come città, ma privi di qualsiasi identità collettiva.

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CONCLUSIONE DEL BOOM ECONOMICO: CENTRO SINISTRA E ‘RIFORME’

L’Italia a vent’anni dalla fine della guerra era un paese profondamente trasformato, non solodal punto di vista fisico (esplosione delle città, presenza diffusa di autostrade e auto,abbandono delle campagne), ma anche dal punto di vista culturale: la nuova era cominciavaall’insegna della devozione alla modernità e alla industrializzazione, a qualsiasi costo. Era comese gli italiani volessero dimostrare a se stessi e al mondo che il passato di guerra, di vergogna edi povertà era del tutto sepolto.

La cultura contadina cattolica lasciava spazio ad una cultura laica e più dinamica, cheaveva le sue basi nella classe operaia delle grandi città e in nuove categorie - casalinghe e cetoimpiegatiziox. La Dc si rese conto che doveva adeguarsi ai tempi: non poteva più rappresentaresolo gli agricoltori e il mondo rurale, doveva anche farsi portavoce dei problemi delle nuoveclassi sociali. La formazione dei governi di centro-sinistra - negli anni ’60 - va vista in questaluce. Questi governi furono fondati sull’alleanza fra Dc, Psi e altri piccoli partiti di centro-sinistra; anche se la presidenza del consiglio rimase sempre in mano democristiana, i socialistiebbero ministeri importanti. Furono fatte grandi promesse di riforme di struttura: riformeistituzionali, quali il decentramento amministrativo e la formazione delle regioni, comeprevisto dalla Costituzione, leggi per regolare il disordinato sviluppo edilizio urbano, leggi diprogrammazione economica per promuovere lo sviluppo delle regioni meridionali. Dal ’63 al’68 - anno di inizio di una nuova fase nella nostra storia, vedi cap. 3 - si può dire che le unichevere riforme attuate furono la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la riforma dellascuola media che estese l’obbligo scolastico (dagli 11 anni fino ai 14) e istituì la cosiddettascuola media unificata: prima della riforma, i bambini alla fine delle elementari dovevanodecidere se frequentare una scuola media di indirizzo accademico (che li avrebbe poi preparatiper il liceo e l’università), oppure una scuola definita ‘di avviamento al lavoro’ che li avrebbepreparati ad una professione, chiudendo però qualsiasi possibilità di accesso all’università; lariforma eliminò questa distinzione e creò un unico programma di scuola media. Il sistema diaccesso all’istruzione superiore diventò quindi più democratico ed egualitario. I risultati diquesta ‘scolarizzazione di massa’ si fecero ben presto sentire: nel 1951 la percentuale di

Grandi Magazzini Vampa, Reggio Emilia,1953 - Agli albori del boom-economiconasce una nuova categoria diconsumatori: l’infanzia.

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Daniela Bartalesi-Graf

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analfabeti al sud era del 24,8%, ma nel 1981 era scesa al 6.4%,anche se rimaneva più di sei volte superiore a quella delleregioni nord occidentali (0,8%).xi

Se la riforma facilitò a tutti l’accesso ai livelli più alti diistruzione, i programmi di studio superiore però non furonorinnovati e le strutture universitarie rimasero totalmenteinadeguate per ricevere nuove masse di iscritti. Questacontraddizione fu una delle cause del grande movimento diprotesta studentesca che esamineremo nel prossimo capitolo.

i Paul Ginsborg, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Einaudi,Torino 1989, p. 206.

ii Il PSI subì, nei primi decenni della storia della Repubblica,un’alternanza di scissioni da destra e da sinistra: nel 1947 sicostituì il PSDI (Partito socialista democratico italiano), ditendenze socialdemocratiche moderate, e nel 1964 l’ala piùradicale del partito ricostituì il PSIUP (Partito socialistaitaliano di unità proletaria). Nel frattempo il Psi,specialmente durante gli anni ’60 quando partecipò acoalizioni governative con la Dc (il cosiddetto ‘centro-sinistra’) divenne sempre più apertamente un partito digoverno che aveva abbandonato ogni programma diriforma radicale del sistema capitalistico.

iii Vedi, a questo proposito, la Conferenza di Jalta e laspartizione del mondo in zone di influenza.

iv Poesia Anno Domini MCMXLVII dalla collezione La vita non èsogno, Mondadori, Milano 1949, p. 18.

v Paul Ginsborg, cit., p. 198.vi Citato in Giuseppe Mammarella, L’Italia contemporanea

1943-1998, Il Mulino, Bologna 1974, p. 59.vii Paul Ginsborg, cit. p. 129.viii M. Boneschi, Santa pazienza. La storia delle donne italiane dal

dopoguerra a oggi, Mondadori, Milano 1998, p. 180.ix Guido Vergani, “Noi, pionieri dello ’scatolone’ rapiti da Mike

e Padre Mariano”, Corriere della Sera, 4.1.2004.x In Emilia-Romagna, ad esempio, nel ’51 i lavoratori agricoli

erano il 51,7% del totale, mentre nel 1971 erano scesi al20%, con un corrispondente aumento della classe operaia edei ceti impiegatizi urbani (P. Ginsborg, Storia dell’Italia daldopoguerrra a oggi, cit., p. 399).

xi Dati da P. Ginsborg, op. cit., p. 593.

Sopra sinistra: I primi programmitelevisivi per tutta la famiglia al bar delpaese, anni ‘50.

Sopra destra: Roma anni ‘50, La “valledell’inferno”.

Fiat 500c Topolino in uscita da Mirafioritrasportate sulle bisarche, fine anni ‘50.