3.1 Introduzione alla comunicazione e mediazione ... · Più di una decina di anni fa,...

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3.1 Introduzione alla comunicazione e mediazione interculturale _ video Questo video fornisce una panoramica del materiale previsto dalla terza Semana del corso. Jamie Ciao a tu. Speriamo che le avità della scorsa semana vi siano piaciute. Grazie per tu i commen e le domande inserite nei forum. È stato fantasco poter senre i pun di vista di tu. Marta Questa semana ci soffermeremo sull’impao della diversità culturale sul nostro modo di comunicare con gli altri. Il nostro background culturale ha un effeo importante sul significato che aribuiamo ai comportamen degli altri e su come gesamo i dannosi effe provoca dagli stereopi e dai pregiudizi. Giovanna Discuteremo inoltre di alcune delle complessità relave all’ulizzo degli interpre. Avere qualcuno che assista nel comunicare con un rifugiato che non parla la tua lingua è un grande aiuto, e spesso una necessità assoluta. Ma non è un elemento privo di problemache. Analizzeremo il ruolo dell’interprete ed il punto in cui termina la sua responsabilità. Parleremo anche di cosa possiamo fare per sfruare al massimo la figura dell’interprete ed assicurarci che tu si capiscano reciprocamente. Marta Il conceo di “mediazione culturale” rappresenterà il fulcro della seconda metà della semana. La locuzione ha significa molto diversi per le persone, perciò discuteremo dei suoi vari usi prima di esaminare qualche buona praca per i mediatori culturali. Jamie Nelle ulme sezioni, rifleeremo su quanto abbiamo appreso nell’ambito dell’intero corso, e prenderemo in esame alcuni dei modi in cui possiamo sostenere ancor di più i rifugia all’interno dei nostri Paesi. Chiuderemo il corso con un altro breve video. Ci vediamo dopo! © EKKE CC BY-NC-SA 4.0

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3.1 Introduzione alla comunicazione e mediazione interculturale _ video

Questo video fornisce una panoramica del materiale previsto dalla terza Settimana delcorso.

JamieCiao a tutti. Speriamo che le attività della scorsa settimana vi siano piaciute. Grazie per tutti icommenti e le domande inserite nei forum. È stato fantastico poter sentire i punti di vista ditutti.

MartaQuesta settimana ci soffermeremo sull’impatto della diversità culturale sul nostro modo di

comunicare con gli altri. Il nostro background culturale ha un effetto importante sul

significato che attribuiamo ai comportamenti degli altri e su come gestiamo i dannosi effetti

provocati dagli stereotipi e dai pregiudizi.

GiovannaDiscuteremo inoltre di alcune delle complessità relative all’utilizzo degli interpreti. Averequalcuno che ti assista nel comunicare con un rifugiato che non parla la tua lingua è ungrande aiuto, e spesso una necessità assoluta. Ma non è un elemento privo diproblematiche. Analizzeremo il ruolo dell’interprete ed il punto in cui termina la suaresponsabilità. Parleremo anche di cosa possiamo fare per sfruttare al massimo la figuradell’interprete ed assicurarci che tutti si capiscano reciprocamente.

MartaIl concetto di “mediazione culturale” rappresenterà il fulcro della seconda metà dellasettimana. La locuzione ha significati molto diversi per le persone, perciò discuteremo deisuoi vari usi prima di esaminare qualche buona pratica per i mediatori culturali.

JamieNelle ultime sezioni, rifletteremo su quanto abbiamo appreso nell’ambito dell’intero corso, eprenderemo in esame alcuni dei modi in cui possiamo sostenere ancor di più i rifugiatiall’interno dei nostri Paesi. Chiuderemo il corso con un altro breve video. Ci vediamo dopo!

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Sezione 3.2: Cosa è la cultura?

Dare una definizione di “cultura” è molto importante quando si parla di “comunicazioneinterculturale”. Qual è la cultura con cui ci si aspetta di entrare in contatto e di comunicarenell’ambito degli incontri interculturali? A prima vista, la parola “cultura” sembrapresentarsi come un termine semplice, il cui significato è ampiamente condiviso. Allora,cosa è la cultura? Nel testo a seguire abbiamo raccolto alcuni dei principali spuntaccademici sulla cultura e la comunicazione interculturale.

Prima di procedere con la lettura, prova a dare la tua risposta alla domanda: cosa è la“cultura”?

Nella vita di tutti i giorni, le persone parlano spesso di “cultura”: “la nostra cultura”, “la lorocultura”, “la cultura araba”, “la cultura britannica”, e via dicendo. A volte con il termine“cultura” le persone si riferiscono all’“alta cultura”, ossia ai prodotti (come le arti figurative,la musica, la letteratura) ai quali viene riconosciuto ufficialmente un valore estetico per unaspecifica società. A volte si riferiscono alla “cultura popolare”: i prodotti in voga spessoinfluenzati dai media, come gli show televisivi, la musica pop o lo sport. Altre volte ancora iltermine “cultura” viene usato per indicare le abitudini, i valori o i comportamenti generalicondivisi da un gruppo e/o i simboli e la lingua nazionale. Qualunque uso venga fatto deltermine, una particolare “cultura” è quasi sempre identificata in corrispondenza ad unanazione (ossia una comunità di persone) che, a sua volta, viene accomunata ad un Paese.

Tuttavia, come fa notare Levison (1983, citato in Piller, 2011), parlare di “cultura cinese”,“cultura brasiliana” o “cultura italiana” implica una presupposizione di esistenza. Si tratta diun’affermazione che rimane costante anche in caso di negazione, come la frase “Il re diFrancia è calvo”. Anche qualora negassimo l'affermazione, asserendo che “il re di Francia nonè calvo”, la frase continuerebbe a presupporre l'esistenza di un’entità, ovvero “il re diFrancia”. Allo stesso modo, come sostiene Piller, “anche se qualcuno nega che la culturacinese comprenda siti storici, l’entità “cultura cinese” rimane indiscussa”. (Piller, 2011: 14).

Allora, la “cultura” è qualcosa di oggettivo, che esiste e che possiamo - seppur vagamente -identificare con una nazione e uno Stato, e che di norma è collegata ad una specifica lingua?Più di una decina di anni fa, l’antropologo Brian Street (2003), già affermava che non hamolto senso provare a dire cosa è la “cultura”. Ciò che possiamo dire, secondo lui, è cosa fala cultura. Invece di intendere la cultura come un sostantivo, egli la propone come un verbo.Secondo il punto di vista di Street: “la cultura è un processo attivo di creazione del significatoe di messa in dubbio della definizione, compresa la sua stessa definizione. È questo quelloche intendo quando affermo che la Cultura è un verbo (Street, 2003: 25, virgolettenell’originale)

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Se pensiamo la cultura come un verbo - ossia non come un’entità, ma come qualcosa cheviene costantemente creata, messa alla prova, affermata da una comunità di persone -giungeremo ad una comprensione diversa dello status di “cultura”. Piuttosto di parlare dicosa costituisce la “cultura spagnola”, la “cultura indiana” o la “cultura giapponese”, è piùutile parlare di cosa significa fare la cultura spagnola/indiana/giapponese. Se “la cultura è unverbo”, essa si trasforma da entità a processo. Come afferma Piller (2011): “intendere lacultura come un’entità è essenzialismo: la cultura viene trattata come qualcosa che lepersone possiedono o a cui appartengono. Intendere la cultura come un processo ècostruzionismo: la cultura viene trattata come qualcosa che le persone fanno o compiono”(p. 15, grassetto nel testo originale).

Pensare alla cultura come qualcosa che le persone fanno o compiono, mette in evidenzaanche la natura molto composita e discussa della cultura. Tendiamo a pensare ad “unacultura” come ad un tratto omogeneo e condiviso di una nazione. Tuttavia, è solamente unarappresentazione accettata incondizionatamente da tutti coloro che hanno uno scarsocontatto con la realtà. Come affermano Nakayama e Halualani (2010), la “cultura” è luogo diuna battaglia ideologica tra interessi in competizione. Non è un luogo neutrale e puro: tuttociò che viene inteso come “cultura” è sempre oggetto di dispute, e quella che vieneconsiderata come la cultura di una nazione è il risultato di una lotta di potere per il dominioe il controllo. Non è un’entità omogenea, ma è influenzata da una vasta gamma di variabili:legate alla classe sociale, al genere, alla razza, all’età. Inoltre, le dimensioni storiche, sociali epolitiche modellano le relazioni all’interno delle culture e tra le culture. Il colonialismo, adesempio, ha modellato le culture dei Paesi, nonché le relazioni di potere tra loro. Comefanno notare Nakayama e Halualani, queste relazioni di potere influiscono ancora oggi sullalotta ideologica finalizzata all’imposizione di specifici modi “di essere e di fare” come piùaccettabili, più adeguati o più desiderabili di altri.

Adesso riprendi la tua risposta: le idee sulla “cultura” esposte nella lettura hanno influenzato la tua risposta iniziale in qualche modo?

Riferimenti:

Nakayama, T.K. e Halualani, R.A. (2010) (Eds.)Il Manuale della Comunicazione Interculturale Critica. Oxford: Blackwell Publishing.

Piller, I. (2011) Comunicazione Interculturale. Un’Introduzione Critica. Edimburgo: Edinburgh University Press.

Street, B. (2003) “La cultura è un verbo”. In: Graddol, D., Thompson, L. e Byram, M. (Eds) Language and Culture. Clevedon: Associazione Britannica della Linguistica Applicata in collaborazione con Multilingual Matters Ltd.

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Sezione 3.3: Raffigurare la cultura

Abbiamo scelto questa immagine come possibile raffigurazione della “cultura” e della“diversità culturale”. Perché pensi che abbiamo scelto questa particolare immagine? Dì latua e controlla se la nostra spiegazione corrisponde a quello che hai pensato.

© CC BY-SA 2.5

Abbiamo scelto questa fotografia per rappresentare che la “cultura” è un disegno fatto dicomportamenti, norme, credenze, prodotti, ecc. che appaiono prominenti all’interno di unaspecifica comunità. Così come questa fotografia è un mosaico di varie immagini, ogni culturaè molto diversa al suo interno, poiché è composta da persone che differiscono per: genere,età, etnia, livello socio-economico, istruzione, orientamento politico e tanto altro. Ciònonostante, il disegno davanti ai nostri occhi ci dà l’illusione di qualcosa che èconcretamente e indiscutibilmente “lì”. In questa fotografia vediamo un gabbiano, e quindisiamo portati a credere che essa ritragga un gabbiano. Tuttavia, guardando piùattentamente, realizziamo che in questa fotografia non c’è alcun gabbiano. Piuttosto, è ilmodo in cui tutte le varie immagini sono unite a creare il gabbiano che vediamo.

Allo stesso modo, parliamo della “cultura” di uno specifico Paese - o di uno specifico gruppo- come di una cosa indiscutibilmente reale e chiaramente definita (o definibile), invece diintenderla semplicemente come lo schema generale di una popolazione molto variegata.Inoltre, se provassimo a modificare la posizione delle immagini del mosaico - od arimuovere/aggiungere nuove immagini - probabilmente non vedremo più un gabbiano. Èpossibile che, riorganizzando e modificando i vari componenti, emerga un nuovo disegno.Allo stesso modo, le culture non sono mai statiche, ma cambiano nel tempo e sono diverseal loro interno.

• Se dovessi descrivere il concetto di “cultura”, cosa sceglieresti? Sentiti libero/a discegliere un’immagine, un brano musicale, una storia, o qualsiasi altra cosa che possatrasmettere la tua idea di ciò che è la cultura. Incolla il link all’immagine/branomusicale/storia nella sezione commenti, assieme ad una breve descrizione del perché haiscelto questa particolare raffigurazione.

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3.4 Stereotipi e pregiudizi

Questo articolo analizza i concetti e la natura degli stereotipi e dei pregiudizi, nonché leloro implicazioni. Discute di come questi termini influiscono sul modo in cui le personevedono loro stesse ed i loro atteggiamenti, comportamenti e interazioni con gli altri. Visono vari approcci ai concetti di stereotipo, pregiudizio e discriminazione. La formaspecifica che ciascuno di essi assume in una società viene costruita a livello sociale.

Guarda il video Che tipo di asiatico sei? e rifletti sulle seguenti domande: • Quali particolari problemi vengono posti all’attenzione in questo video?• Hai mai avuto (o conosci qualcuno che ha mai avuto) un’esperienza simile? Cosa hai provato? Come hai reagito?• Come adatteresti questa conversazione per rendere l’interazione più adeguata?• Quali supposizioni fai su una persona al primo incontro?• Da dove provengono queste supposizioni? E cosa c’è di problematico in esse?

Nella seguente sezione analizzeremo: Cosa sono lo stereotipo e il pregiudizio? Come siformano? Perché si formano?

Lo stereotipo è l’attribuzione di determinate caratteristiche ad una persona sulla base dellasua appartenenza ad un gruppo sociale e la supposizione che tutti i membri di tale gruppoabbiano le stesse caratteristiche. Secondo O’Sullivan, Hartley, Saunders, Montgomery e Fiske(1994: 299) lo stereotipo è “la classificazione sociale di particolari gruppi e persone comesimboli semplici e generalizzati, che rappresenta implicitamente o esplicitamente un insiemedi valori, giudizi e supposizioni sul loro comportamento, le loro caratteristiche o la lorostoria.”

Lo stereotipo rappresenta un modo cognitivo di vedere e classificare:Affermazioni Singolari: Il ristorante cinese è buono ed economico.Il canadese Jim Thibault è ospitale.Affermazioni Particolari/specifiche : Alcuni ristoranti cinesi sono buoni ed economici.Molti canadesi sono ospitali.Affermazioni Universali : Tutti i ristoranti cinesi sono buoni ed economici.Tutti i canadesi sono ospitali.

È possibile fare solo le affermazioni particolari e singolari sui gruppi sociali. Ad esempio ogni singola persona scozzese potrebbe essere un gran bevitore. Analogamente,

potrebbe essere veritiero affermare che “alcuni scozzesi sono dei grandi bevitori”. Ma direche “tutti gli scozzesi sono dei grandi bevitori” è falso ed è un esempio di stereotipo.

Gli stereotipi rivelano come l’osservatore classifica o cosa pensa del mondo:“Tutti gli italiani parlano ad alta voce, sono emotivi, ....“

Il pregiudizio rappresenta un modo affettivo di vedere e classificare:Il pregiudizio è “una sensazione, positiva o negativa, nei confronti di una persona o cosa,precedente, o comunque non basata su, alcuna esperienza effettiva.” (Allport, 1954: 6). Ilpregiudizio è un atteggiamento negativo nei confronti di un gruppo culturale sulla base dipoca o nessuna conoscenza. Un tipo di giudizio preventivo basato sulla presuntaappartenenza di una persona ad un gruppo. L'eccesso di generalizzazione è una rispostacomune alle nuove esperienze - uso di schemi/categorizzazioni per gestire l’esperienza.L’eccesso di generalizzazione prima di aver vissuto l’esperienza rappresenta un giudiziopreventivo.

Il giudizio preventivo si trasforma in pregiudizio se non è modificabile al momento in cui siconosce qualcosa di nuovo. Se una persona è capace di cambiare le sue errate valutazionialla luce delle nuove prove, essa non è condizionata. I giudizi preventivi si trasformano inpregiudizi solo se non sono modificabili al momento in cui si conosce qualcosa di nuovo. Unpregiudizio, a differenza di una semplice convinzione errata, è immune a qualsiasi tipo diprova che lo sconfessi. Tendiamo ad animarci quando un pregiudizio viene contraddetto.Dunque, la differenza tra i normali giudizi preventivi e i pregiudizi è che un giudiziopreventivo può essere discusso e modificato senza resistenza emotiva. (Allport, 1954: 9)

Tipi di pregiudizio ed esempi:Utilitarista – è più facile mantenere gli stessi valori delle altre persone del proprio gruppo, piuttosto che rifiutarli, anche qualora siano sbagliati, es. condividere i pregiudizi che ha la propria famiglia sugli altri.Funzione auto-difensiva – avere un pregiudizio perché non si vuole credere a cose spiacevoli sul proprio conto, es. non si vuole accettare la propria inadeguatezza (sul posto di lavoro), e si tenta di incolpare i colleghi immigrati di non essere all’altezza del lavoro.Valenza espressiva – i pregiudizi rinforzano aspetti molto importanti della vita di una persona, es., i fondamentalisti cristiani credono in un solo vero Dio, e quindi, le persone che adorano altri dii sbagliano. O la pulizia etnica (serbi contro musulmani o nazisti tedeschi) per mantenere una stirpe razziale.Conoscenza – avere certi pregiudizi consente alle persone di organizzare il mondo in un modo che abbia senso per loro - così come gli stereotipi ci consentono di organizzare il nostro mondo. Perciò, se pensate che un particolare gruppo etnico sia pigro sul lavoro, potreste attribuire tale caratteristica ad alte persone appartenenti al gruppo con cui avete a che fare.

Come possiamo eliminare i pregiudizi?

L’ipotesi di contatto di Allport prevede che se le persone vengono messe a contatto con coloro verso cui hanno dei pregiudizi, questi ultimi verranno ridotti, ma è stato dimostrato

che il semplice contatto non è abbastanza. In che modo una persona potrebbe sbarazzarsi dei pregiudizi?

Riferimenti:- Allport, G.W. (1954) ‘Qual è il problema?’, in La natura del pregiudizio. Addison-Wesley Pub.Co, p. 3-16.- Allport, G.W. (1954) ‘La normalità del giudizio preventivo’, in La natura del pregiudizio. Addison-Wesley Pub. Co, p. 17-28.- Holliday, A. (2011) ‘Discussioni importanti’, in Comunicazione interculturale e ideologia. LosAngeles, CA: SAGE, p. 97-122.- O’Sullivan, T., Hartley, J., Saunders, D., Montgomery, M., Fiske, J., (1994) Principali concetti della comunicazione e degli studi culturali. 2a ed. Londra: Routledge.

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Sezione 3.5

Caso di studio: Pregiudizio

Leggi la seguente relazione di un’intervista ad un formatore di mediatori interculturali che lavorano a sostegno dei rifugiati in Spagna, dopodiché dai una breve risposta alle seguenti domande:

• Secondo te, quale dovrebbe essere il ruolo dei professionisti nella gestione dei conflitti della comunità e delle differenze culturali? • Hai mai provato una sensazione simile in ambito lavorativo? Se sì, come hai reagito a tale situazione?

Scrivi le tue considerazioni, ma assicurati di leggere e discutere quanto formulato da almeno altri due studenti.

Estratto:

Devi essere in grado di conoscere situazioni che non vorresti mai affrontare nella vitaquotidiana. Ad esempio, una volta abbiamo avuto questo caso: io e due tecnici, nell’ambitodei Servizi Sociali, stavamo tentando di avvicinare la comunità musulmana al vicinato. A talfine, siamo dovuti entrare nella moschea, e le donne del vicinato sono state invitate adindossare il velo, cosa che forse non avrebbero fatto volentieri. Io e i tecnici abbiamo dovutolavorare separatamente: loro parlavano alle donne ed io agli uomini. Devi essere moltobravo per gestire questa situazione, guadagnando la fiducia della comunità, ma apportandoal contempo dei cambiamenti. Ad esempio, quando si organizzano degli eventi all’aperto,devi assicurarti che le donne non vengano accolte separatamente dagli uomini, perché ivicini potrebbero reagire negativamente, senza capire, e potrebbero essere ostili verso lasituazione, creando dei pregiudizi e degli stereotipi, che è appunto quello che stavamocercando di evitare.

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Sezione 3.6 Mediazione linguistica e culturale

L’uso della traduzione ha inizio agli albori della civilizzazione. In un’epoca in cui le societàerano caratterizzate da una grande diversità culturale, i problemi comunicativi eranodovuti a modi diversi di interagire. Alcune delle cause delle difficoltà o della mancanza dicomunicazione sono:

• Differenze linguistiche tra le persone che parlano.• Modelli comunicativi utilizzati.• Modelli culturali.• I fattori della reciproca ignoranza e l’adozione delle prospettive etnocentriche.

L’interpretariato risponde alla necessità intrinseca alla società di comunicare nell’ambito diun’interazione tra culture e lingue diverse. In tal senso, l’interpretariato soddisfa il bisognodi comunicare dell’uomo.

Il ruolo dell’interprete è quello di trasformare il messaggio originale prodotto da unapersona nella lingua del destinatario. Questa azione di traduzione non implica solo un merotrasferimento del messaggio orale, ma deve comprendere l’influenza dei significati culturaliconsci ed inconsci. Per far fronte alle difficoltà comunicative descritte, i Paesi che accolgonoampi flussi migratori hanno adottato vari modelli di gestione della diversità culturale. Questimodelli determinano in via definitiva il responso del tentativo di superare le barrierelinguistiche durante l’interazione tra i professionisti del servizio pubblico e gli utenti. Perquanto riguarda il modo di comprendere e progettare la professione, vi sono anche delledifferenze nei modi in cui le varie nazioni riconoscono la figuradell’interprete: “interpretariato del servizio pubblico”, “interpretariatocomunitario” o “interpretariato sociale”, interpreti sociali , etc. Queste categorie (connumerose variazioni e sfumature) si riferiscono all'attività di interpretariato che avvienenell’ambito dei servizi pubblici, come i servizi sociali, i servizi sanitari o i tribunali; settori incui c’è una relazione asimmetrica tra le persone che interagiscono.

Per ulteriori informazioni sul profilo dell’interprete (conoscenze, abilità e competenza) èpossibile consultare il Sito Web di Time Project.

Il mediatore linguistico e culturale non funge solo da traduttore, poiché latraduzione/interpretariato rappresenta solo uno degli aspetti della mediazione, che èdefinita come una modalità di intervento sociale.L’interprete lavora in qualità di specialista di un contesto ben definito all’interno del quale haluogo la situazione comunicativa; non si tratta solo di tradurre il messaggio, ma c’è bisognoanche di un interpretariato culturale di quello che il professionista sta esprimendo e diquello che l’immigrato sta dicendo.

Il mediatore culturale tenta di risolvere conflitti culturali e si occupa di strategiecomunicative, fornendo delle chiavi sociali e culturali, interpretando norme, valori o visionidel mondo, e costruendo un linguaggio comune tra le parti.

Perciò, in linea di massima, si potrebbe dire che i mediatori linguistici e culturaliinterpretano e comunicano dei background socioculturali in modo da assicurare lacomunicazione tra gli utenti che parlano una lingua straniera e le istituzioni che prestano iservizi di base nell’ambito sanitario, dei servizi sociali o dell’istruzione.

Perché vengono utilizzati i mediatori linguistici e culturali? Nel loro studio canadese, Smedley, Stith e Nelson (2003) dimostrarono che le minoranzeetniche ricevono sistematicamente delle cure sanitarie di qualità inferiore rispetto allamaggioranza della società. La ragione di questa disuguaglianza risiede negli stereotipi, neipregiudizi e nelle incertezze da parte degli erogatori di servizi sanitari: un quadrocondizionato e caratterizzato dal risparmio, che non bada alle esigenze dei pazienti delleminoranze etniche, né alle differenze linguistiche e culturali che provocano incomprensioninel corso delle cure. Perciò, la comunicazione nella vita quotidiana tra gli immigrati e lepersone del Paese ospitante dovrebbe essere coadiuvata dai mediatori linguistici e culturali.I “clienti” dei mediatori linguistici e culturali sono spesso minoranze del Paese ospitante(immigrati, richiedenti asilo e rifugiati) e la rispettiva controparte interessata, ad esempiorappresentanti delle agenzie governative e delle istituzioni del Paese ospitante che devonocomunicare con i clienti parlando un’altra lingua. Oltre a migliori capacità linguistiche, irappresentanti del Paese ospitante spesso hanno anche un diverso spettro di conoscenze edesperienze rispetto ai membri della minoranza linguistica. Spesso non si tratta solo didifferenze tra le parti in termini di livello di istruzione, ma anche di sistemi di valorieterogenei e di modelli di pensiero, convenzioni e norme socioculturali diversi. Perciò, gliinterpreti rappresentano un collegamento tra le due parti, che ha l’obiettivo di compensarel’asimmetria di potere tra di esse e di eliminare le barriere linguistiche e culturali.

Per quanto riguarda lo status migratorio nei rispettivi Paesi, il concetto di mediazionelinguistica e culturale è stato messo al centro dell’attenzione negli ultimi anni, dapprima inCanada e negli Stati Uniti, per poi estendersi anche in Europa. I Paesi dell'UE stannodivenendo sempre più consapevoli del loro ruolo di Paesi di immigrazione, che danno vita aduna diversità sociale e culturale ed a nuove sfide. È pertanto necessario che i nuovi approccie le strategie di problem solving in materia di immigrazione vadano in una direzionecostruttiva.

Per ulteriori dettagli sullo sviluppo e le pratiche in materia di mediazione linguistica eculturale nei vari Paesi europei, è possibile consultare il seguente report online:Studio Comparativo della Mediazione Linguistica e Culturale nei Vari Paesi Europei.

Riferimenti:Rudvin, M.e Tomassini, E. (2011). L’Interpretariato all’interno della comunità e sul luogo di lavoro. Una Guida Pratica per l’Insegnamento, Basingstoke: Palgrave Macmillan.

Shuttleworth , M., e Cowie , M. (1997). Dizionario degli Studi sulla Traduzione. New York: St. Jerome Publishing.

Smedley, B. D., Stith, A. Y., & Nelson, A. dei (Ed.). (2003). Disparità di trattamento: Combattere le disparità razziali ed etniche in ambito sanitario. Washington, DC, US: National Academies Press.

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3.7 Comunicazione mediata dall’interprete in ambito sanitario

Riconoscimenti:

Il video sull’interpretariato è estratto dal progetto:"Verso un modello formativo per un interpretariato efficace nelle strutture sanitarie”Ricercatore Principale: Prof. Alison PhippsFinanziato da: Comitato di Ricerca per le Arti e gli Studi Umanistici e dallo Scottish Funding CouncilNumero rif.: HR09032-227214323

Ecco il link al progetto https://www. gla.ac.uk/research/az/gramnet/research/trainingmodel/

Il filmato che vedrete fa parte di una serie di video realizzati nell’ambito del progetto“L’interpretariato nelle strutture sanitarie”. Il progetto è stato frutto di una collaborazionetra l’Istituto Pedagogico e l’Università di Medicina, Veterinaria & Scienze Biologiche(Università di Glasgow), l’Istituto di Scienze Sanitarie dell’Università Caledonian diGlasgow e il BEMIS, un’associazione che ingloba le organizzazioni del terzo settore chemirano a dare più potere alle Comunità delle Minoranze Etniche e Culturali della Scozia.

Sulla base di uno studio approfondito delle esigenze dei professionisti sanitari che lavoranoassieme agli interpreti, i video realizzati nell’ambito del progetto rappresentano unostrumento per analizzare i problemi etici e pratici relativi all’interpretariato. Sebbene nontrattino, in senso stretto, di mediazione interculturale, le situazioni prese in esame nei filmatihanno molti punti in comune con essa.

Il video che abbiamo scelto per voi, esplora la tensione esistente al confine tra l’ambitopersonale e professionale. Guarda il video ed esprimi le tue considerazioni. Per orientare laconversazione, vorremmo che analizzassi, in particolare, i seguenti punti:

Pensi che mantenere separati l’ambito personale e professionale sia una buona cosa? Perché?

Come fa l’interprete a trasmettere questi confini? Guarda nuovamente il video, senecessario, e presta attenzione agli indizi verbali e non verbali.

Pensi che i mediatori culturali e/o gli interpreti debbano mantenere dei confini ben definitianche quando hanno a che fare con rifugiati appena arrivati? Perché?

Link al video: https://www. youtube. com/watch?v=74kKWrhTKbI oppure https://vimeo. com/98016515

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Sezione 3.8 Definizione dei ruoli e delle responsabilità dei Mediatori Culturali

Il concetto di “mediazione culturale” è ampiamente utilizzato nel mondo accademico, nelcampo della comunicazione interculturale ed in quello dell’insegnamento della linguastraniera. In tutti questi ambiti, la mediazione culturale può avere due ruoli molto diversi.Il primo è quello di una “[...] attività di problem solving che si occupa dei problemi dicomunicazione dovuti alle differenze culturali” (Liddicoat, 2016:355). Questa visioneconsidera i “problemi” come il risultato inevitabile degli incontri interculturali, e lacomunicazione errata come una “prassi” dell’interazione non mediata. Essa si basa su unconcetto statico delle culture come realtà oggettive che esistono “lì fuori” (come giàdiscusso nella Sezione 3. 2 ), e su una visione della mediazione culturale come connettore diqueste realtà da parte degli individui che hanno accesso a entrambi i “pacchetti” culturali.

L’altro modo di intendere la mediazione interculturale è quello che enfatizza la naturanegoziata della mediazione, e le sue caratteristiche relazionali e interpretative. Secondoquesta visione, “la mediazione interculturale non rappresenta solo la risoluzione deiproblemi di comunicazione, ma anche lo sviluppo di idee condivise tra coloro checomunicano” (Liddicoat, 2016: 355). In altre parole, i mediatori (inter)culturali non silimitano a traslare il significato da una struttura culturale ad un’altra, ma sono “coinvolti neiprocessi di comprensione, spiegazione, commento, interpretazione e negoziazione deifenomeni” (ibid.)

Assenza di standard e norme

Nonostante si tratti di figure che hanno una posizione sempre più centrale nel garantire airifugiati l’accesso al supporto nelle società ospitanti, il ruolo dei Mediatori Culturali èsorprendentemente vago. Nei quattro Paesi che fanno parte del Progetto ReCulm (da cuitrae ispirazione questo corso), il ruolo professionale del Mediatore Culturale non èufficialmente riconosciuto, regolato o standardizzato, anche se il loro lavoro non risultaimportante solo per i rifugiati stessi, ma anche per varie organizzazioni del settore pubblico edel terzo settore e per i gruppi di volontariato che lavorano a sostegno dei rifugiati. Laseguente tabella presenta un riepilogo del ruolo e della formazione disponibile per iMediatori Culturali nei Paesi dei partner del progetto:

Il ruolo del Mediatore Culturale è regolato?Regno Unito - NoSpagna - NoGrecia - NoItalia - No

Vi sono dei programmi formativi standardizzati per i Mediatori Culturali?Regno Unito - NoSpagna - NoGrecia - NoItalia - No

L’assenza di standard e norme per definire le competenze, le responsabilità e la formazionerichiesta per questa figura professionale è probabilmente dovuta al fatto che si tratta di unruolo emerso in tempi relativamente recenti e all’improvviso. Inoltre, l’assenza di unadefinizione chiara potrebbe essere collegata al discorso pubblico e politico che ritraeinsistentemente la “crisi” dei rifugiati come una situazione temporanea e straordinaria(come abbiamo già detto nella settimana 1), che necessita di risposte a breve termine e nondi una pianificazione che miri ad una sostenibilità e un consolidamento delle capacità chedurino nel tempo. Di conseguenza, la figura professionale del Mediatore Culturale ècresciuta in modo organico e disordinato, con una scarsa regolamentazione,standardizzazione e pianificazione.

Sebbene a livello europeo vi siano alcuni programmi di studio recentemente sviluppati che siincentrano sulla formazione dei Mediatori Culturali, non esistono dei percorsi standard inquesta professione: i requisiti di ammissione variano in maniera considerevole; molti dicoloro che ricoprono questo ruolo, vi arrivano attraverso percorsi informali; c’è pocapossibilità di accedere a corsi di formazione per chi pratica già questa professione. Un esempio delle diverse prospettive di questa figura professionale è fornito dalla Grecia,dove la mediazione culturale per i rifugiati viene svolta da interpreti linguistici, i quali, oltre asvolgere un servizio di traduzione tra lingue diverse, devono occuparsi anche di dare“informazione culturale”, di chiarire e spiegare i malintesi che possano sorgere a causa delladistanza culturale. In Spagna, Italia e Regno Unito, invece, le competenze ed i compiti delMediatore Culturale sono spesso associati a quelli degli operatori sociali e delle comunità,con una maggiore enfasi posta sui processi di integrazione, che li porta a svolgere un ruolocomplementare a quello dell’interprete linguistico. Nonostante queste differenze, dueelementi sono comuni a tutte le visioni del ruolo della mediazione interculturale: la praticadell’“interpretazione” - come confermato dalla frequenza di utilizzo del termine “interprete”all’interno del settore; e l’importanza attribuita al “contesto culturale” - come indicato datermini come “comunitario”, “interculturale”, “socioculturale”, ecc. che sono ampiamenteutilizzati in relazione alla mediazione interculturale.

Il Mediatore (Inter)Culturale: un elenco delle competenze auspicabili

I partner del progetto ReCulm hanno stilato il seguente elenco delle competenze e deirequisiti dei Mediatori Interculturali rintracciati all’interno della letteratura disponibile.Secondo questo riassunto, i Mediatori Interculturali dovrebbero:

A) padroneggiare competenze come:

Memorizzazione, prendere appunti, documentazione linguistico-culturale (PonceMàrquez, 2011), dominare le tecniche di interpretariato (consecutivo e/osimultaneo), usando le parole chiave come dei “punti di riferimento”.

La capacità di sviluppare empatia senza venir meno alla neutralità (Giménez, 2010).

Atteggiamento comunicativo, aperto, imparziale, cordiale e flessibile.

Abilità di ricapitolare le proposte tra le varie parti coinvolte nella contesa.

Capacità di negoziare e conciliare.

B) riconoscere l’importanza di:

Riservatezza

Imparzialità

C) fare un passo indietro se:

vengono a conoscenza di reati, nel cui caso devono riferire il tutto e demandarloall’ambito dei procedimenti legali.

una delle parti non accetta il mediatore, nel cui caso il processo di negoziazione nondeve essere avviato.

il mediatore si trova di fronte a una evidente ingiustizia che lo/la faccia propendereper una delle parti, perdendo così la propria imparzialità.

quando una delle parti non può partecipare al processo.

Guardando alle competenze sopra indicate, c’è qualche competenza/requisito che tiaspetteresti da un Mediatore Culturale e che non è presente nell’elenco, o ci sono dellecompetenze/requisiti presenti nella lista che ti hanno sorpreso/a? Discutine con gli altristudenti e vedi cosa ne pensano.

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3.9 Casi di studio: interpretazione e mediazione culturale

Leggi i seguenti estratti delle interviste fatte dagli erogatori di servizi che lavorano con irifugiati e i richiedenti asilo nei vari Paesi dell’UE e scrivi una breve risposta alle domande:

Noti qualche somiglianza o differenza tra questi modi di intendere il ruolodell’interprete?

Credi che il ruolo dell’interprete sia solo quello di tradurre da una lingua ad un’altra,o credi che debba trasmettere anche informazioni e riferimenti culturali? Potrestispiegare il perché?

Scrivi le tue considerazioni, ma assicurati di leggere e discutere quanto formulato daalmeno altri due studenti.

Estratti:

“Un’interprete stava traducendo dall’inglese all’italiano per conto di una donna assieme asuo marito. La moglie ha iniziato a piangere, dicendo che il marito la picchiava. Non appenaha iniziato a piangere, la mediatrice si è commossa e la ha abbracciata. Secondo me, questasituazione era completamente sbagliata: l’uomo si è arrabbiato, perché ha visto che lamediatrice stava dalla parte della moglie. Aveva paura di essere considerato un bugiardo eduna persona che non meritava di essere aiutata. Non puoi supportare una delle due parti: seiil mediatore è devi rimanere nel mezzo”. (Dipendente, Servizi per rifugiati e richiedenti asilo - Italia)

“Recentemente, c’è stato un corso di formazione con la Croce Rossa a cui ho preso parte, incui ho dovuto bloccare uno degli interpreti che stava avviando un dibattito con me su questotema. Non stava più fungendo da interprete per il giovane che doveva aiutare durante ilcorso, ma voleva discutere di altre questioni con me e ho dovuto dirgli ‘Ascolta, smettila diessere te stesso, qui devi essere l’interprete’. In ogni caso, credo sia positivo che fosseinteressato al tema”.(Formatore, Servizi per rifugiati e richiedenti asilo - Regno Unito)

“Il mediatore è come la “porta” del Paese in cui arrivi, perché quando giungi in un postonuovo, incontrare qualcuno che parla la tua lingua è di grande aiuto. Sei come una “fogliobianco”: non sai nulla. Puoi chiedere al mediatore: dove vivrai, cosa ti accadrà, come èquesto Paese, dove devo andare per chiedere questa o quella informazione. Il mediatorevive già nel Paese da tanto tempo e conosce questo tipo di informazioni. Non si tratta solo dilingua, ma di mediazione. Quando sono arrivato in Svezia, i primi giorni sono stati molto

pesanti. Abbiamo incontrato un mediatore che ci ha aiutato molto. Era molto bravo egentile. E ho pensato che forse era questo il lavoro che avrei voluto fare”. (Dipendente, Servizi di mediazione - Svezia)

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3.10 Discussione di gruppo sulla mediazione culturale

In questo forum di discussione, fornisci la tua risposta alle seguenti domande:

Tenendo conto di quanto detto finora sui mediatori culturali, come definiresti il ruolo di unmediatore culturale nel tuo contesto nazionale?

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Sezione 3.11 Migliori pratiche di interpretariato

Quando si lavora con rifugiati che vengono da diversi Paesi, è spesso fondamentalecomunicare attraverso un interprete linguistico. In questa sezione, esamineremocosa possiamo fare per garantire che la comunicazione attraverso gli interpreti sia ilpiù chiara possibile e che vengano tenuti in considerazione una serie di importantifattori. I suggerimenti si riferiscono a pratiche comuni in Scozia - alcuni elementipotrebbero variare negli altri Paesi.

Il ruolo dell’interprete è quello di trasmettere, da una lingua ad un’altra, il verosignificato di tutto quanto viene detto dal lavoratore e dal rifugiato. In altre parole,l’interprete non deve essere visto come una persona che ha il compito di dare aiutoemotivo al rifugiato, né quello di fornire consulenza o orientamento, poiché non è unrequisito di questa figura aver ricevuto una formazione in questi settori. Questavisione può essere dannosa e creare disinformazione.

Se possibile, è sempre meglio avvalersi di un interprete professionista e non di unamico o un membro della famiglia. Chi non ha una formazione nel campodell’interpretariato tenderà unicamente a comunicare un riassunto di quanto vienedetto da ciascuna persona. Vi sono altresì delle implicazioni etiche da considerare: unamico o un familiare potrebbero sfruttare o abusare della persona per cui stannosvolgendo l’interpretariato. Essere la voce di una persona ti mette in una posizione dipotere. Non bisogna avvalersi di bambini come interpreti, poiché potrebbero nonavere la maturità emotiva per svolgere questo ruolo.

Interpretariato via telefono e di persona

Alcune organizzazioni hanno la possibilità di avvalersi di interpreti utilizzando unalinea telefonica, o prenotandone uno che si rechi in sede. Molti lavoratoripreferiscono che l’interprete sia presente assieme a loro nella stanza. Gli interpreti,dal canto loro, affermano che il loro lavoro risulta più semplice quando sono in gradodi carpire tutti gli elementi non verbali della comunicazione. Inoltre, dato che vivonoin zona, gli interpreti che presenziano fisicamente hanno più familiarità con lestrutture e le procedure locali e saranno maggiormente in grado di dare informazioniche richiedono la conoscenza di un contesto specifico.

Un possibile vantaggio dell’utilizzo degli interpreti per via telefonica è che danno unmaggior senso di riservatezza. Poiché gli interpreti che lavorano di personaprovengono spesso dalle stesse comunità dei rifugiati, dovremmo tener conto delfatto che i rifugiati potrebbero essere in qualche modo angosciati dall’idea di

condividere le proprie informazioni. Un interprete via telefono può trovarsi in unacittà diversa, o persino in un altro Paese, creando così un maggior senso dianonimato per il rifugiato.

Prenotare un interprete

Quando si prenota un interprete, vi sono vari fattori da tenere in considerazione.Molti rifugiati potrebbero saper parlare più lingue, ma averne una che preferisconoutilizzare. È altresì importante essere consapevoli dei problemi legati al dialetto. Adesempio, sebbene l’arabo sia parlato in numerosi Paesi, il dialetto viaria in manieraconsiderevole. In linea di massima, è meglio avvalersi di interpreti provenienti dallastessa zona del rifugiato.

È altresì importante tener conto del sesso. Ad esempio, una rifugiata potrebbeprediligere un’interprete donna, poiché potrebbe dover spiegare delle cose di cui sivergognerebbe a parlare ad un uomo. In quanto assistenti, dobbiamo renderci contoche i rifugiati non sempre conoscono o si sentono liberi di chiedere questo tipo ditrattamento.

In alcuni casi potrebbe essere importante tener conto di altri aspetti legati all’identitàdell’interprete, come la sua nazionalità, etnia o religione. Considerando che moltirifugiati sono scappati dai propri Paesi a causa di conflitti tra gruppi, vi possonoessere occasioni in cui la sensibilità provocata da un determinato conflitto può averedelle conseguenze.

Durante la sessione di interpretariato

All’inizio della sessione di interpretariato, è bene fare quanto segue: presentarel’interprete e fargli specificare che il proprio ruolo è quello di interpretare ciò cheentrambe le parti diranno nel corso della sessione. Dopodiché, ecco una lista dellepratiche raccomandate:

• Verificare che l’interprete e il rifugiato siano in grado di comprendersireciprocamente. Qualora non siano in grado di farlo, deve essere organizzata un’altrasessione con un altro interprete.• Se si tratta della prima sessione con questo rifugiato, è bene fornire spiegazioni inmerito alla riservatezza, nonché rassicurazioni sull’obbligo di confidenzialità da partedell’interprete. • Le parti devono evitare discorsi lunghi. Di solito si consiglia di formulare massimotre frasi brevi alla volta.• L’assistente deve rivolgersi al rifugiato, non all’interprete. Ad esempio, deve dire“come ti chiami?”, invece di “puoi chiedergli come si chiama?”.• L’assistente deve evitare di usare il gergo locale, espressioni idiomatiche o terminitecnici. Qualora vengano usati questi termini, l’assistente deve spiegarli a parole sue.• Una volta terminata la sessione, l’assistente non deve chiedere all’interprete cosane pensa del rifugiato, né deve fare altre domande sul tema del colloquio.

• Qualora l’assistente sospetti che il rifugiato abbia avuto problemi o preoccupazioni,deve considerare la possibilità di chiedere al rifugiato se intende cambiarel’interprete o meno. Questo può avvenire mediante un collega bilingue, un interpretevia telefono o un questionario.

Per chi intendesse riflettere su alcune delle sfide in tema di interpretariato etraduzione, suggeriamo di ascoltare il podcast al link presente nella sezionesottostante.

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Sezione 3.12 Casi di studio

Leggi i seguenti estratti dei colloqui fatti dagli erogatori di servizi che lavorano con irifugiati e i richiedenti asilo nei vari Paesi dell’UE e scrivi una breve risposta alle domande:

• Pensi che i mediatori abbiano bisogno di una formazione e di un supporto specifici perlavorare con i richiedenti asilo e i rifugiati? O credi che non vi sia alcuna differenza rispetto alavorare con il resto degli immigrati?• Quali sarebbero i tre principali consigli che ti sentiresti di dare ad una persona che stainiziando la propria esperienza professionale da mediatore?• Secondo te, quali sono le condizioni che rendono appagante il lavoro dei volontari e deiprofessionisti nel settore dell’aiuto ai rifugiati? La supervisione da parte di un collega puòrappresentare una di queste condizioni?

Scrivi le tue considerazioni, ma assicurati di leggere e discutere quanto formulato daalmeno altri due studenti.

Estratti:

“In Niger, le compagnie petrolifere hanno corrotto l'esercito affinché costringesse le personea lasciare il Paese. Non appena i rifugiati sono arrivati qui, ci siamo presi cura di loro edabbiamo condotto una ricerca presso le organizzazioni dei loro Paesi, affinché ci spiegasseroil conflitto. Abbiamo presentato i risultati all’UNHCR, che ci ha detto di essere già al correntedi questa situazione, ma che essa non era riconosciuta come conflitto a livellointernazionale. Perciò non potevano concedere ai profughi lo status di rifugiati. Al massimo,per ragioni umanitarie, era possibile concedere dei permessi di soggiorno speciali. Abbiamoproposto ai migranti questa soluzione, ma loro volevano che la situazione fosse riconosciutaper la loro gente. Perciò, abbiamo condotto un altro studio assieme a delle associazioni delNiger. Ci siamo documentati meglio e alla fine siamo riusciti a fargli ottenere lo status dirifugiati”. (Dipendente, Servizi per rifugiati e richiedenti asilo - Spagna).

“Quando ho iniziato ero molto giovane. Provavo a non rinnegare la mia cultura e questo nonmi consentiva di comprendere come svolgere bene il mio lavoro, perché quello che michiedevano era di non identificarmi con le persone con cui lavoravo, ma di aiutarle a capireun nuovo modo di essere e di comunicare. Perciò, ho gradualmente smesso di ascoltare mestesso nelle parole dei destinatari e ho iniziato a concentrarmi maggiormente sul trasferire leinformazioni esatte senza alcuna “interferenza” dovuta alla mia cultura... Non sono la voce diuna cultura o dell’altra... Il mio lavoro consiste nell’offrire un passaggio di informazionisensibile e neutrale per risolvere dei problemi pratici. L’emozione è tanta, ma adesso so

come gestirla per essere efficiente. Loro non hanno bisogno che io sia troppo emotivo, mache faciliti la comunicazione”.(Dipendente ONG - Grecia).

“Era previsto un supporto mensile e delle sessioni di supervisione [tra colleghi]. Era moltobello. Si tenevano al mattino, dalle 10:00 alle 14:00, dopodiché mangiavamo qualcosa. Eracosì bello che saremmo potuti rimanere lì tutto il giorno. Prima di tutto, cominciavamo conl’introduzione Eravamo in 15, o forse 16. Veniva fatta un’introduzione alla riunione, siparlava di quello che le persone stavano facendo, dopodiché passavamo alla parte pratica ead analizzare quello che stava venendo fuori, individuando le esigenze formative esviluppando idee in merito alla prosecuzione del progetto”.(Dipendente della comunità, Regno Unito).

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Sezione 3.13 Punti fondamentali per supportare i rifugiati

Rispondi alle seguenti domande.

Tenendo a mente quanto detto nel corso delle tre settimane, quali pensi che siano glielementi più importanti a supporto delle esigenze dei rifugiati:

• Al momento del loro primo arrivo nel Paese d’accoglienza e nelle prime otto settimane. • Nelle settimane e mesi successivi al momento in cui si insediano nel Paese d’accoglienza.

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Sezione 3.14 Sei un mediatore culturale completo?

In questo video abbiamo riassunto i principali punti del corso. Poiché si tratta di un corsobreve destinato ad un pubblico ampio e che affronta vari temi, siamo dovuti essereabbastanza selettivi per quanto riguarda i contenuti. Ovviamente, si tratta di un settoremolto complesso, ma speriamo che quanto abbiamo scelto sia esplicativo e stimolante.

Dicci se siamo riusciti ad offrirti qualche spunto di riflessione rispondendo alle seguentidomande:

A) Questo corso ti ha fatto riflettere e/o hai appreso qualcosa di nuovo?

B) C’è qualcosa che è stato trattato nel corso su cui vorresti sapere di più?

C) Cosa puoi fare per aiutare i rifugiati? Guarda il file in pdf in fondo alla pagina (integrazionealla sezione 3.14) per ulteriore materiale didattico e suggerimenti.

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Video conclusivo_trascrizione

GiovannaCiao a tutti!

Speriamo davvero che il tempo passato ad imparare, riflettere e discutere insieme a noi si siarivelato utile e che abbiate gradito il materiale messo a vostra disposizione, nonché lapossibilità di apprendere qualcosa dagli altri studenti. È stato molto interessante leggere ivostri commenti, suggerimenti e riflessioni.

MartaNella prima settimana del corso, abbiamo visto chi sono i rifugiati e le sfide che affrontanodurante il loro viaggio verso la salvezza. Abbiamo parlato delle esigenze presentate dairifugiati dopo essersi insediati in un nuovo Paese, ed abbiamo analizzato le barriere culturalie i pregiudizi a cui possono andare incontro quando arrivano in Europa.

GiovannaNella seconda settimana abbiamo esplorato il significato della parola “integrazione” e leconseguenze sulla salute mentale dei rifugiati provocate dal dover affrontare le sfide dellaprocedura di asilo, che vanno ad aggiungersi al dolore e ai traumi del passato. Abbiamo datouno sguardo anche alle sfide che i professionisti che lavorano a supporto dei richiedenti asilo

e dei rifugiati possono affrontare quotidianamente nel relazionarsi con persone chepatiscono sofferenza, rabbia, preoccupazione e frustrazione, nonché i modi per gestire lostress e migliorare il benessere.

JamieNella terza settimana abbiamo esaminato cosa intendiamo con la locuzione “comunicazioneinterculturale”, e abbiamo affermato che la cultura non è un sostantivo ma un “verbo”:qualcosa che una società costruisce e ricostruisce di continuo, non qualcosa di definitivo.Osservare la cultura da questo punto di vista, ci consente di evitare di cadere nei tranellidello stereotipo e del pregiudizio, ed abbiamo suggerito di utilizzare la riflessività comepunto di partenza per comprendere dei modi di essere e di fare che non ci sono familiari.Abbiamo anche discusso di come la figura del “mediatore interculturale” non sia ancora deltutto chiara; di come abbia significati diversi per le persone; e dei vari modi in cui vieneintesa all’interno dei vari Paesi.

MartaDunque, durante questo corso abbiamo provato a dare una panoramica generale di quelloche è un tema estremamente complesso e poliedrico. Abbiamo iniziato a pensare ai modi incui è possibile lavorare a supporto dei rifugiati ed a quali competenze e principi sono allabase di questo lavoro.

JamieNon stiamo dicendo che questo corso, di per sé, sia sufficiente per affrontare le numerose - emolto complesse - esigenze delle persone che lavorano con i rifugiati - o di coloro cheintendono farlo. In ogni caso, speriamo che abbiate terminato il corso sentendo di averappreso qualcosa di nuovo e con il desiderio di imparare tanto altro.

Grazie per essere stati con noi.

Cosa puoi fare per aiutare i rifugiati?

Durante il corso abbiamo parlato dei vari problemi affrontati dai rifugiati, spessoascritti alla mancanza di adeguati servizi di supporto. Una domanda generale cheabbiamo fatto è “Cosa posso fare per aiutarli? Cosa posso fare per migliorare l’aiutoai rifugiati?” Le risposte a tali quesiti sono numerose, ma vi sono alcune categorie diazione principali. Ovviamente esistono numerose organizzazioni che lavorano asupporto dei rifugiati, dalle grandi multinazionali, come l’UNHCR, ai piccoli entibenefici gestiti da volontari. È’ chiaro che non intendiamo elencare tutte leorganizzazioni che operano all’interno del Regno Unito, o in uno dei Paesi diprovenienza dei nostri partecipanti.Vi preghiamo di fornire delle idee e dei suggerimenti nella sezione commenti.

Volontario/ lavora per un ente benefico o un’altra organizzazione che supporta irifugiati o mira a migliorarne le condizioni.Questo sito web contiene dei link ad organizzazioni situate in Scozia e nel RegnoUnito.http://www.scottishrefugeecouncil.org.uk/get help/useful websitesil link di questo sito collega i volontari a progetti in Europa e in Medio Oriente.https://helprefugees.org/projects/

hanno potere sulle vite dei rifugiati. In molti Paesi è possibile contattare irappresentanti politici per richiedere che agiscano a supporto dei rifugiati, anchevotando su specifiche tematiche o avviando una discussione o un dibattito inparlamento (o in altre sedi equivalenti). Alcuni cercano anche di influenzareorganizzazioni come quelle che gestiscono i centri di detenzione o che fornisconoalloggi ai rifugiati ed ai richiedenti asilo. Telefonate, e-mail, lettere e messaggi sutwitter rappresentano i metodi più comuni. L'azione collettiva è spesso piùpersuasiva, perciò associarsi ai gruppi di attivisti è una cosa consigliabile. Èpossibile supportare campagne specifiche, come “Still Human Still Here” che sioccupa dell’indigenza dei richiedenti asilo respinti nel Regno Unito, o la campagnainternazionale “I Welcome Refugees". www.amnesty.org/en/get-involved/i- welcome/

Protesta - Anche in questo caso vi sono molti modi per protestare contro itrattamenti disumani a cui vengono sottoposti i rifugiati a livello locale. In molti Paesie regioni vi sono alcuni gruppi di protesta che organizzano marce e dimostrazioni -spesso sotto la bandiera più ampia dell’antirazzismo o dell’anti-fascismo. Alcuneproteste comprendono azioni che possono avere conseguenze legali per ipartecipanti, come l’incatenamento dei volontari ai cancelli dei centri di detenzione odegli uffici governativi interessati. In molti Paesi i dimostranti sono stati fondamentaliper fermare l’indigenza dei rifugiati a cui era stato negato l’asilo.di sedersi quando l’aereo era pronto a decollare. Sebbene tali gesti abbiano un granpotere, i dimostranti devono essere consapevoli che questo tipo di azioni possonoavere delle gravi conseguenze legali. http://time.com/5348120/swedish-woman-afghan-man-deportation-protest/

Partecipare ad eventi artistici e culturali che facciano sentire la voce dei rifugiati e/oaumentino la consapevolezza riguardo alle esperienze dei rifugiati. In Scozia esiste un festival annuale, che si tiene a giugno e festeggia i rifugiati www.refugeefestivalscotland.co.uk/ , nel Regno Unito l'equivalente è rappresentato da www.refugeeweek.org.uk/ .Leggere e guardare i media in maniera critica - denunciare che le storie suirifugiati, o che coinvolgono rifugiati, sono spesso errate e fuorvianti. Anche gli organidi stampa, che dovremmo ritenere affidabili, possono fare degli errori nelle loroinchieste o dare una versione distorta degli eventi. Mettere a confronto il racconto diuna stessa storia da parte di più giornali può essere eloquente in tal senso.Purtroppo, i rifugiati vengono utilizzati molte volte come capri espiatori per altriproblemi che affliggono la società. Sarebbe utile farsi le seguenti domande:

• Chi viene citato e qual è il suo grado di competenza?• Quanto sono affidabili i dati riportati? Sono assenti altri dati rilevanti? Ad

esempio, regolarmente gli articoli riguardanti il numero di rifugiati in Europaignorano del tutto i numeri di rifugiati che scappano in Turchia, Libano, Iran,ecc.

• Le conclusioni seguono quanto affermato inizialmente? Molti articoli fanno dei salti logici per mettere in relazione idee molto eterogenee.

Twitter - Seguire gli hashtag più rilevanti, gli esperti e le fonti più credibili di informazione. Tra quelli suggeriti vi sono: #refugees and #refugeesarewelcome @ alison phipps , @heavencrawley , @JFCrisp , @freemovementlaw e ovviamente @GioFassetta e@JamieSpurway.

Fare donazioni- tutte le organizzazioni benefiche che lavorano in questo ambitoriceveranno volentieri delle donazioni in denaro. Sono particolarmente utili anche ledonazioni mensili, poiché consentono alle associazioni di pianificare il proprio lavoroin maniera più efficace. Oltre alle donazioni in denaro, molte organizzazioni ricevonoanche donazioni di vestiti, cibo in barattolo, prodotti sanitari e altri beni di primanecessità. È anche importante consultare l’organizzazione prima di eseguire unadonazione, poiché esse spesso hanno delle richieste e delle istruzioni specifiche.

Voto - Al momento delle elezioni, assicurati di votare per un partito che non creiallarmismo sui rifugiati e sul loro impatto sulla società, o che usi i rifugiati come caproespiatorio per altri problemi. Assicuratevi che i politici rendano conto della lororetorica sui rifugiati e che specifichino le differenze tra i rifugiati e gli altri migranti. Ipolitici, in particolare i leader di partito, dovrebbero proclamare l’obbligo morale elegale del Paese di proteggere i rifugiati, nonché elencare i contributi positivi che irifugiati possono dare al Paese d’asilo.

3.15 QUIZ FINALE

Questo quiz intende verificare il vostro grado di comprensione del materiale trattato nelcorso delle tre settimane. Hai a disposizione un numero illimitato di tentativi, ma tenta didare più risposte esatte possibili al primo tentativo. Buona fortuna!

REGOLE DEL QUIZ

I quiz non influiscono sul punteggio del corso, hanno il solo scopo di favorire l’apprendimento.

Avete a disposizione tentativi illimitati per rispondere a ciascuna domanda.

Potete saltare le domande e ritornarci successivamente, qualora lo desideriate.

1. Il documento giuridico principale che fissa i criteri per il riconoscimento dello status

di rifugiato e stabilisce i diritti dei rifugiati è:

La Dichiarazione dell’Assemblea Generale dell’ONU del 1967 sull’Asilo Territoriale.

Il Regolamento di Dublino.

La Convenzione delle Nazioni Unite del 1951 sullo Status di Rifugiati.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

2. L’attuale “crisi” è dovuta a:

Numero senza precedenti di rifugiati che arrivano in Europa

Mancanza di controlli stringenti alle frontiere

Numero senza precedenti di migranti clandestini a livello internazionale

Mancanza di procedure di accoglienza adeguate e di finanziamenti sufficienti per far fronte

agli arrivi

3. La maggior parte dei rifugiati... (scegli la risposta che NON è corretta)

Si spostano verso Paesi vicini

Si trovano in Paesi a basso reddito

Hanno in mente una destinazione ben precisa al momento della partenza

Fuggono dalla persecuzione o dalla guerra

Sono persone normali in circostanze straordinarie

4. L’“integrazione” dei rifugiati significa che:

I rifugiati devono adottare la cultura e le abitudini del Paese ospitante

Sia i rifugiati, sia il Paese ospitante devono adattarsi per abituarsi a costumi sconosciuti

I rifugiati devono imparare la lingua del Paese ospitante e smettere di usare la loro lingua

materna con i figli per evitare confusione

Il Paese ospitante deve assicurare che siano consentite tutte le pratiche culturali dei Paesi

dei rifugiati

5. Quali delle seguenti affermazioni è giusta?

Tutti i rifugiati sono traumatizzati e devono ricevere supporto psicologico non appena

arrivano

I mediatori non dovrebbero mai consentire ai rifugiati di parlare delle loro esperienze

traumatiche, poiché potrebbero avere conseguenze sulla loro salute mentale

I mediatori dovrebbero esortare i rifugiati a parlare delle loro esperienze, poiché questo

migliorerebbe il loro benessere

Se un rifugiato confessa di avere problemi di salute mentale, un mediatore deve sapere a chi

rivolgersi, affinché il rifugiato possa ricevere l’aiuto di un esperto

6. I mediatori e tutti coloro che lavorano a sostegno dei rifugiati, come volontari o

professionisti, devono (scegli la risposta che NON è corretta)

Ricevere formazione, per imparare come gestire le situazioni con persone bisognose e

prendersi cura di sé stessi

Mantenere sempre un distacco emotivo rispetto alle storie che ascoltano

Prendersi cura del proprio benessere

Provare a mantenere un equilibrio tra l'essere d’aiuto e il rimanere distaccato

Assicurarsi di ritagliarsi dello spazio fisico e mentale per rilassarsi e parlare delle proprie

emozioni

Parlare di tutti i problemi incontrati al proprio responsabile o ai colleghi

Cercare l’aiuto di un professionista se si sentono sopraffatti

7. Quando hanno a che fare con persone che vengono da altri Paesi, è importante che i

mediatori

Sappiano tutte le cose che si possono e non si possono fare nella cultura d’origine di una

persona, in modo da adattarsi e non recare eventuali offese

Trattare un rifugiato che proviene da una cultura diversa allo stesso modo di tutti gli altri

Raccontare ai rifugiati come dovrebbero comportarsi per essere accettati nel Paese d’arrivo

Mostrare rispetto per i costumi delle altre persone (a meno che non siano illegali o

pericolosi) e chiedere loro se una cosa sia appropriata o meno, in caso di dubbio

8. Per supportare in maniera adeguata i rifugiati appena arrivati, è importante che i

mediatori culturali (scegli la risposta che NON è corretta)

Provengano dalla stessa cultura del rifugiato e parlino la sua stessa lingua

Si assicurino che i rifugiati siano sempre in grado di capire cosa gli viene detto, avvalendosi di

interpreti ove necessario

Controllino sempre che ai rifugiati vada bene quanto predisposto, compreso il sesso degli

assistenti, degli interpreti, ecc.

Non insistano per conoscere il background o le storie dei rifugiati, a meno che il rifugiato

non decida di raccontarle

Non faccia supposizioni sulla salute mentale dei rifugiati

9. Quando si comunica mediante un interprete quale delle seguenti è la pratica

raccomandata? (Scegli tutte le risposte che NON sono corrette)

Il mediatore deve rivolgersi sempre all’interprete, chiedendo ad esempio “puoi dirmi come si

chiama?”

Il mediatore deve presentare l’interprete all’inizio della sessione e specificare che esso

tradurrà tutto quanto verrà detto dalle parti

Il mediatore dovrebbe evitare di formulare più di tre brevi frasi per volta

Il mediatore dovrebbe chiedere all’interprete la sua opinione sul rifugiato e sulle sue

esigenze dopo ogni sessione

Il mediatore deve limitare l’utilizzo del gergo locale, di espressioni idiomatiche e termini

tecnici, o dovrebbe spiegare l’utilizzo di tali termini.

Sezione 3.16 Grazie

Ciao a tutti,

Grazie per essere stati con noi. Speriamo che il corso sia stato di vostro gradimento.Vogliamo nuovamente ringraziare il Programma Erasmus+ dell’Unione Europea per ilsupporto che ci ha dato e per aver sviluppato il materiale didattico. Vorremmo anchesottolineare il contributo del team internazionale composto da: Centro Nazionale per laRicerca Sociale (Grecia) - Università di Modena e Reggio Emilia (Italia) - Università di Almeria(Spagna), che hanno collaborato con l’Università di Glasgow nell’ambito del ProgettoReCULM .

Ottieni dei vantaggi extra, aggiorna il tuo corso.

Adesso puoi ottenere dei vantaggi extra aggiornando questo corso, come ad esempio:Accesso illimitato al corso: Gestisci i tuoi tempi grazie all'accesso illimitato al corso, finquando sarà disponibile sulla piattaforma FutureLearn. Un Attestato di Partecipazione Acomprova del tuo apprendimento, ti invieremo un Attestato di Partecipazione quando sarairitenuto idoneo.

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