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31° Convegno Nazionale di Idraulica e Costruzioni Idrauliche Perugia, 9-12 settembre 2008 EFFETTI DELLA DISTRIBUZIONE SPAZIALE DELLA PIOGGIA E DELL’USO DEL SUOLO SULLA RISPOSTA IDROLOGICA A DIFFERENTE SCALA NELL’ALTA VALLE DEL FIUME TEVERE N. Berni 1 , A. Viterbo 1 , C. Pandolfo 1 , M. Stelluti 1 , S. Barbetta 2 & L. Brocca 2 (1) Centro Funzionale Decentrato - Regione Umbria, Via Romana Vecchia, 06034 Foligno (Pg), Italia - e-mail: [email protected] (2) Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Via Madonna Alta 126, 06128 Perugia, Italia SOMMARIO Nel presente lavoro viene analizzata l’influenza della variabilità spaziale delle precipitazioni e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica di un bacino in modo tale da definire la discretizzazione spaziale ottimale da utilizzare nell’implementazione di un modello idrologico afflussi-deflussi. In particolare, sono stati confrontati gli effetti dovuti a distribuzioni spaziali del campo di precipitazione e delle caratteristiche del suolo uniformi e distribuite mediante un modello idrologico semi-distribuito. Tali effetti sono stati valutati confrontando gli idrogrammi di portata osservati e simulati dal modello per diversi sottobacini del bacino dell’Alto Tevere alla sezione di Ponte Felcino (~1800 km 2 ). Sulla base dei risultati ottenuti, è stata definita la dimensione ottimale degli elementi omogenei (sottobacini) di un modello idrologico afflussi-deflussi sviluppato per scopi di previsione delle piene e attività di allertamento. 1 INTRODUZIONE Diversi autori hanno evidenziato il ruolo fondamentale della distribuzione spaziale delle precipitazioni nella stima della portata al colmo e della forma dell’idrogramma di piena (Julien & Moglen, 1990; Beven & Hornberg, 1982; Syed et al., 2003). In particolare, Michaud & Sorooshian (1994) hanno mostrato come sia possibile, considerando dati pluviometrici provenienti da un’inadeguata rete di monitoraggio, commettere errori significativi nella stima della portata al colmo. Ogden et al. (1995) e Singh (1998) hanno invece indagato gli effetti della direzione e della velocità di propagazione della perturbazione sul valore della portata di picco e sulla forma dell’idrogramma. Syed et al. (2003) hanno inoltre mostrato che l’interazione tra la dimensione e la forma del bacino idrografico con la struttura spaziale della perturbazione influenza il processo di generazione del deflusso superficiale. La forma dell’idrogramma di piena può essere inoltre influenzata dalla distribuzione spaziale delle caratteristiche del suolo e del suo uso (Merz & Plate, 1997; Merz & Bardossy, 1998; Singh & Woolhiser 2002). Tale aspetto è stato analizzato valutando le perdite per infiltrazione mediante la formulazione proposta dal Soil Conservation Service, in cui le caratteristiche del suolo vengono rappresentate da un unico parametro 1

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31° Convegno Nazionale di Idraulica e Costruzioni Idrauliche Perugia, 9-12 settembre 2008

EFFETTI DELLA DISTRIBUZIONE SPAZIALE DELLA PIOGGIA E DELL’USO DEL SUOLO SULLA RISPOSTA IDROLOGICA A

DIFFERENTE SCALA NELL’ALTA VALLE DEL FIUME TEVERE

N. Berni1, A. Viterbo1, C. Pandolfo1, M. Stelluti1, S. Barbetta2 & L. Brocca2

(1) Centro Funzionale Decentrato - Regione Umbria, Via Romana Vecchia, 06034 Foligno (Pg), Italia - e-mail: [email protected]

(2) Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Via Madonna Alta 126, 06128 Perugia, Italia

SOMMARIO

Nel presente lavoro viene analizzata l’influenza della variabilità spaziale delle precipitazioni e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica di un bacino in modo tale da definire la discretizzazione spaziale ottimale da utilizzare nell’implementazione di un modello idrologico afflussi-deflussi. In particolare, sono stati confrontati gli effetti dovuti a distribuzioni spaziali del campo di precipitazione e delle caratteristiche del suolo uniformi e distribuite mediante un modello idrologico semi-distribuito. Tali effetti sono stati valutati confrontando gli idrogrammi di portata osservati e simulati dal modello per diversi sottobacini del bacino dell’Alto Tevere alla sezione di Ponte Felcino (~1800 km2). Sulla base dei risultati ottenuti, è stata definita la dimensione ottimale degli elementi omogenei (sottobacini) di un modello idrologico afflussi-deflussi sviluppato per scopi di previsione delle piene e attività di allertamento.

1 INTRODUZIONE

Diversi autori hanno evidenziato il ruolo fondamentale della distribuzione spaziale delle precipitazioni nella stima della portata al colmo e della forma dell’idrogramma di piena (Julien & Moglen, 1990; Beven & Hornberg, 1982; Syed et al., 2003). In particolare, Michaud & Sorooshian (1994) hanno mostrato come sia possibile, considerando dati pluviometrici provenienti da un’inadeguata rete di monitoraggio, commettere errori significativi nella stima della portata al colmo. Ogden et al. (1995) e Singh (1998) hanno invece indagato gli effetti della direzione e della velocità di propagazione della perturbazione sul valore della portata di picco e sulla forma dell’idrogramma. Syed et al. (2003) hanno inoltre mostrato che l’interazione tra la dimensione e la forma del bacino idrografico con la struttura spaziale della perturbazione influenza il processo di generazione del deflusso superficiale.

La forma dell’idrogramma di piena può essere inoltre influenzata dalla distribuzione spaziale delle caratteristiche del suolo e del suo uso (Merz & Plate, 1997; Merz & Bardossy, 1998; Singh & Woolhiser 2002). Tale aspetto è stato analizzato valutando le perdite per infiltrazione mediante la formulazione proposta dal Soil Conservation Service, in cui le caratteristiche del suolo vengono rappresentate da un unico parametro

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N. Berni et al.

adimensionale, il Curve Number (CN). Grove et al. (1998) hanno mostrato come la valutazione dell’eccesso di pioggia mediante una rappresentazione distribuita del CN possa portare a una stima fino al 100% superiore a quella effettuata considerando una distribuzione uniforme di tale parametro. Tale fenomeno è tanto più accentuato quanto maggiore è il range di variabilità del CN, quanto più bassi sono i valori del CN e gli spessori di precipitazione. In particolare, Hope & Schulze (1982), in uno studio condotto su due bacini idrografici sudafricani, hanno mostrato che una rappresentazione distribuita del CN fornisce una stima più accurata del volume di run-off rispetto ad una di tipo uniforme.

E’ evidente, quindi, che la determinazione della discretizzazione spaziale ottimale della precipitazione e delle caratteristiche del suolo rappresenta un fattore chiave nello sviluppo di modelli idrologici afflussi-deflussi affidabili (Hellenbrand & van den Bos, 2007). Tale aspetto diventa fondamentale quando tali modelli vengono applicati all’interno di un sistema di previsione e allertamento in tempo reale, come quello costituito dalla rete nazionale dei Centri Funzionali regionali coordinati dal Dipartimento di Protezione Civile (Roma), ed è quindi necessario che forniscano previsioni dei fenomeni di piena il più possibile accurate in modo tale da minimizzare l’emissione di falsi/mancati allarmi (Ravazzani et al., 2007).

In base alle considerazioni precedenti, l’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare l’influenza della discretizzazione spaziale della precipitazione e delle caratteristiche di uso del suolo sulla risposta idrologica per alcuni bacini dell’Alta Valle del Fiume Tevere, che ricadono nel territorio di competenza del Centro Funzionale regionale della Regione Umbria, in modo tale da determinarne la discretizzazione spaziale ottimale per scopi di allertamento. In particolare, per quattro eventi di piena occorsi negli ultimi quindici anni sono stati confrontati in corrispondenza di alcune sezioni idrometriche significative gli idrogrammi di portata simulati per diverse configurazioni di tali parametri. Per questo scopo, è stato utilizzato un software libero che permette di implementare modelli idrologici ‘ad evento’ semi-distribuiti (Hydrologic Engineering Center - Hydrologic Modeling System, HEC-HMS).

2 MODELLO SEMI-DISTRIBUITO AFFLUSSI-DEFLUSSI

Per l’analisi è stato sviluppato un modello idrologico avvalendosi del software libero HEC-HMS accoppiato con il software Geo-HMS. Geo-HMS è un’estensione libera di ArcMap GIS che permette di effettuare il pre-processamento del modello digitale del terreno (Digital Terrain Model - DTM), al fine di individuare i sottobacini e i corsi d’acqua, di calcolare i parametri idrologici e, infine, definire direttamente il modello di HEC-HMS. HEC-HMS è frutto dello sviluppo del modello afflussi-deflussi HEC-1 dell’United State Army Corps of Engineering (USACE) ed è stato scelto per la sua flessibilità. Infatti, al suo interno sono implementate le principali formulazioni utilizzate nella pratica idrologica per il calcolo delle perdite per infiltrazione e, quindi, del volume di run-off, per la trasformazione afflussi-deflussi con possibilità di considerare anche il contributo del deflusso di base, per la propagazione dell’onda di piena nei canali, per la descrizione di invasi naturali o artificiali,… (USACE, 2000). La schematizzazione del bacino di studio è stata effettuata utilizzando i principali elementi disponibili in HEC-HMS: sottobacini (subbasin), corsi (reach), giunzioni (junction) e sorgenti (source). Di seguito, verranno brevemente descritte le caratteristiche principali del modello

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Effetti della distribuzione spaziale della pioggia e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica …

implementato. Le perdite per infiltrazione sono state valutate mediante la formulazione del Soil

Conservation Service – Curve Number (SCS-CN) secondo cui l'altezza totale di pioggia effettiva, Pe, per un intero evento può essere espresso come:

( )( )SIP

IPP

a

ae +−

−=

2

aIP ≥ (1)

dove P rappresenta l'altezza totale di pioggia per l'intero evento, S la massima ritenzione potenziale del suolo e Ia il volume di assorbimento iniziale. Sulla base dei risultati ottenuti per diversi bacini idrografici il SCS definisce Ia pari a 0.2S (Ponce & Hawkins, 1996) mentre il valore di S è funzione del parametro adimensionale Curve Number (CN), che è a sua volte funzione dell’uso del suolo, del tipo di suolo (in forma tabulare) nonché delle condizioni di umidità antecedenti (Antecedent Moisture Conditions, AMC).

Il processo di trasformazione afflussi-deflussi è stato rappresentato mediante il metodo del Soil Conservation Service-Unit Hydrograph (SCS-UH) la cui applicazione richiede la stima di un solo parametro, il Lag-time, che rappresenta il tempo di risposta medio del bacino definito come lo sfasamento tra il centroide dello ietogramma di pioggia effettiva e quello dell'idrogramma di deflusso diretto (Singh, 1975; 1988). Per la stima di tale parametro per ciascun sottobacino è stata utilizzata la formula empirica proposta da Melone et al. (2002):

330191 .A.L η= (2)

dove L è il Lag-time (in ore), A l’area del bacino (in km2) e η un parametro da calibrare. La relazione (2) con η=1 è stata ottenuta analizzando i tempi di risposta di 26 bacini dell'Alto-Medio Tevere con estensione compresa tra 12 km2 e 4147 km2. Tuttavia, questi risultati si riferiscono alla stima delle perdite per infiltrazione mediante la formula di Philip estesa (Corradini et al., 1986) e alla rappresentazione del processo di trasformazione afflussi-deflussi mediante l’idrogramma unitario istantaneo geomorfologico (GIUH). Quindi, il parametro di calibrazione η ha lo scopo di tenere in considerazione le differenze dovute all’uso del metodo SCS-CN e del SCS-UH.

Infine, il processo di routing lungo i canali è stato rappresentato con una semplice traslazione dell’onda di piena attraverso il metodo del Lag trascurando i fenomeni di attenuazione e diffusione. L’applicazione di tale metodo richiede la stima di un solo parametro per ogni canale, il Lag-time, Lc, che può essere determinato come funzione della lunghezza del canale, della pendenza del canale e della velocità media nel canale, vm.

3 CASO DI STUDIO E DATI

Il modello sviluppato è stato applicato all’Alto Bacino del Fiume Tevere, individuato dalle sezioni idrometriche di Gorgabuia e di Ponte Felcino, avente area pari a ~1800 km2 (v. Figura 1), quota media pari a 521 m s.l.m. e un dislivello di 1225 m rispetto alla sezione di chiusura. Il bacino selezionato è caratterizzato da una topografia complessa che può influenzare in modo significativo la formazione di sistemi frontali che possono causare fenomeni di piena consistenti. Per l’area di studio è disponibile una

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N. Berni et al.

carta geolitologica (scala 1:100.000) e la carta di uso del suolo sviluppata nell’ambito del progetto europeo CORINE – LAND COVER (scala 1:100.000). Il bacino di interesse è caratterizzato da facies terrigene e depositi flyschoidi che consistono essenzialmente di argilloscisti e sedimenti marnoso-argillosi; la maggior parte della superficie del bacino è costituita da aree boschive (57%), la restante parte da aree ad uso agricolo (37%) e da pascolo (6%). La zona presenta un clima mediterraneo con una precipitazione media annua di circa 900 mm e una temperatura media annua di 11 °C.

Nell’Alta Valle del Fiume Tevere è funzionante da oltre venti anni una fitta rete di monitoraggio idrometeorologico (1 stazione ogni 150 km2) caratterizzata da un intervallo di registrazione dei dati pari a 30 minuti. All’interno del bacino sono state selezionate, sia lungo il reticolo principale che lungo il reticolo secondario, alcune sezioni idrometriche di interesse (v. Figura 1), per la maggior parte delle quali è disponibile una scala di deflusso sottoposta periodicamente a verifica in modo tale da fornire un’accurata stima delle portate. Per il presente studio, sono stati considerati i dati idropluviometrici registrati durante il periodo Dicembre 1998 – Dicembre 2003 da 13 pluviometri e da 10 idrometri e all’interno di questo periodo sono stati individuati i quattro eventi di piena maggiormente significativi; le principali caratteristiche di tali eventi sono sintetizzate in Tabella 1.

Figura 1. Area di studio: caratteristiche geomorfologiche e rete di monitoraggio idrometeorologico. Le sezioni che identificano gli otto sottobacini analizzati sono evidenziate con

un cerchio bianco.

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Effetti della distribuzione spaziale della pioggia e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica …

Data Evento Pmed

(mm) Qb

(m3 s-1) Qdir,p

(m3 s-1) 14 Dicembre 1996 31.4 26 315 01 Giugno 1997 98.2 10 399

04 Dicembre 1998 33.9 43 254 27 Dicembre 2000 53.8 148 365

Tabella 1. Caratteristiche principali degli eventi di piena selezionati: data, altezza media di precipitazione (Pmed), deflusso di base all’inizio dell’evento (Qb) e valore al picco del deflusso

diretto osservato alla sezione idrometrica di Ponte Felcino (Qdir,p).

4 METODOLOGIA

Al fine di definire la discretizzazione spaziale ottimale della precipitazione e delle caratteristiche di uso del suolo, sono state considerate due possibili distribuzioni, sia per il campo di pioggia che per il CN (distribuita e uniforme), per cui il modello idrologico è stato implementato per quattro differenti configurazioni, sintetizzati in Tabella 2. In particolare, nel caso di configurazione distribuita, la precipitazione e/o i valori del CN sono stati assunti variabili da un sottobacino all’altro in accordo con la struttura del campo di pioggia e/o le caratteristiche di uso del suolo. Per il Caso 4, invece, il modello sviluppato e di tipo lumped.

Va sottolineato che il confronto tra il Caso 1 e 2 (pioggia distribuita versus uniforme), e il Caso 1 e 3 (CN distribuito versus uniforme) permette di analizzare in modo indipendente l’effetto dovuto a una rappresentazione spaziale distribuita, rispettivamente, della pioggia e del CN. D’altra parte, il confronto tra il Caso 1 e il Caso 4 permette di definire la discretizzazione spaziale ottimale di tali parametri.

Pioggia

Distribuita Uniforme

Distribuito Caso 1 Caso 2 Curve Number

Uniforme Caso 3 Caso 4

Tabella 2. Configurazioni della distribuzione spaziale della precipitazione e del Curve Number considerate nell’analisi.

Per l’implementazione del modello, il bacino di studio è stato suddiviso in 70 elementi omogenei (sottobacini) di dimensione variabile da pochi chilometri quadrati a 120 km2 caratterizzati da una pendenza media variabile tra il 4% e il 28%. Nella parte alta del bacino è presente l’invaso artificiale creato dalla diga di Montedoglio (v. Figura 1); l’area drenante a monte dello sbarramento è stata simulata all’interno dei modelli sviluppati con HEC-HMS come elemento ‘sorgente’ rappresentato dall’idrogramma di portata osservato alla sezione idrometrica di Gorgabuia.

Per l’analisi, sono state selezionate otto sezioni, la cui ubicazione è illustrata in Figura 1, lungo il reticolo principale e il reticolo secondario; in Tabella 3 sono sintetizzate le principali caratteristiche dei sottobacini individuati da queste sezioni quali l’area e la pendenza media del bacino, la lunghezza dei corsi d’acqua e il valore del Curve Number determinato per condizioni antecedenti di umidità del suolo intermedie (CNII).

I quattro eventi di piena selezionati sono stati simulati mediante il modello

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N. Berni et al.

sviluppato con HEC-HMS considerando le quattro combinazioni sintetizzate in Tabella 2. I risultati così ottenuti, in termini di idrogrammi di portata, sono stati confrontati in corrispondenza delle sezioni di interesse. Per ciascun evento, le condizioni antecedenti di umidità del suolo sono state determinate scalando i valori del CNII mediante un fattore di correzione, Cf, calibrato in modo tale da riprodurre il volume di deflusso diretto alla sezione idrometrica di Ponte Felcino. In questo modo i valori dei CN sono stati modificati pur conservandone la variabilità spaziale legata alla variabilità di uso del suolo (Frances et al, 2007).

ID Sezione di chiusura Ab (km2) Smed (%) L (km) CNII

1 F. Tevere alla sezione di Ponte Felcino 1791 1.00 107 70.6 2 F. Tevere alla sezione di Pierantonio 1511 1.19 93 71.4 3 F. Tevere alla confluenza con il T. Niccone 1280 1.34 83 71.6 4 F. Tevere alla confluenza con il T. Néstore 948 1.50 71 71.7 5 F. Tevere alla sezione di S. Lucia 652 1.83 63 72.0 6 T. Cerfone alla confluenza con il F. Tevere 301 3.13 34 72.0 7 T. Niccone alla sezione di Migianella 134 2.35 16 70.5 8 T. Assino alla sezione di Mocaiana 99 0.83 15 71.0

Tabella 3. Caratteristiche principali degli otto sottobacini selezionati: sezione di chiusura, area drenante (Ab), pendenza media del sottobacino (Smed), lunghezza del corsi d’acqua (L) e valore del

Curve Number per condizioni antecedenti di umidità del suolo intermedie (CNII).

5 RISULTATI

La calibrazione del modello è stata effettuata per il Caso 1 (precipitazione e CN distribuiti) e gli idrogrammi osservati alla sezione di Ponte Felcino per i primi due eventi sono stati utilizzati per la stima dei parametri. In particolare, per ciascun evento il fattore di correzione, Cf, dei valori dei CN è stato determinato in modo tale da riprodurre il volume di deflusso diretto; i valori di Cf così ottenuti sono pari a 1.23 per l’evento di Dicembre 1996, 0.55 per Giugno 1997, 1.11 per Dicembre 1998 e 1.12 per Dicembre 2000. Quindi, i parametri del modello, η per quanto riguarda la trasformazione afflussi-deflussi e vm per il routing nei canali, sono stati calibrati in modo tale da riprodurre nel modo più accurato possibile gli idrogrammi osservati in termini di deflusso diretto, stimato secondo le usuali tecniche di separazione dell’idrogramma di piena (Chow et al., 1988). In Figura 2 è mostrato il confronto tra gli idrogrammi osservati e simulati alla sezione di Ponte Felcino e a quella di Santa Lucia situata più a monte.

Poiché i parametri del modello sono stati stimati sulla base degli idrogrammi osservati in uscita dal bacino, i risultati ottenuti alla sezione idrometrica di Santa Lucia sono stati utilizzati per la validazione del modello. Com’è possibile osservare in Figura 2, il modello fornisce alla sezione di Ponte Felcino un idrogramma più stretto di quello osservato, sia per gli eventi di calibrazione che per quelli di validazione. Tale aspetto è probabilmente dovuto al fatto che il modello non considera i fenomeni di esondazione, occorsi per gli eventi di Dicembre 1996 e 2000, e i processi di diffusione durante il trasferimento dell’onda di piena lungo i canali. Tuttavia, il modello è in grado di riprodurre con buona accuratezza la forma e i tempi al picco degli idrogrammi di piena sia alla sezione di Ponte di Felcino che a quella di Santa Lucia. Risultati analoghi, non

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Effetti della distribuzione spaziale della pioggia e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica …

riportati per brevità, sono stati ottenuti per le altre sezioni analizzate.

0

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27/12/00 06.00 28/12/00 00.00 28/12/00 18.000

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04/12/98 00.00 04/12/98 18.00 05/12/98 12.00

Port

ata

(m3 s-1

)

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02/06/97 00.00 02/06/97 18.00 03/06/97 12.000

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14/12/96 00.00 14/12/96 18.00 15/12/96 12.00

Port

ata

(m3 s-1

)

P.Felcino osservato P.Felcino simulato S.Lucia osservato S.Lucia simulato

14 Dicembre 1996

04 Dicembre 1998

01 Giugno 1997

27 Dicembre 2000

Figura 2. Confronto tra gli idrogrammi di piena osservati e simulati (Caso 1) alle sezioni di Santa Lucia e Ponte Felcino.

Per studiare l’influenza della variabilità spaziale della precipitazione e del CN sulla risposta idrologica di un bacino, il modello è stato applicato considerando le quattro diverse configurazioni sintetizzate in Tabella 2. In Figura 3 sono riportati i risultati ottenuti in termini di idrogrammi simulati per l’evento del Giugno 1997 e per le otto sezioni analizzate e, dove disponibile, è anche riportato l’idrogramma osservato.

Come è possibile osservare, i Casi 1 e 3 forniscono risultati molto simili tra loro per tutte le sezioni analizzate, evidenziando come il tipo di distribuzione spaziale del CN non influenzi in modo significativo la risposta del bacino. Questo risultato è in accordo con Grove et al. (1998). Infatti, per l’area in esame i valori del CN variano in un intervallo limitato (v. Tabella 3) e gli eventi sono caratterizzati da spessori di precipitazione elevati.

Inoltre, per le sezioni strumentate, i Casi 1 e 3 riproducono in modo più accurato rispetto al Caso 2 gli idrogrammi di piena osservati, in particolare per le sezioni localizzate lungo l’asta del Fiume Tevere. E’ possibile quindi dedurre che, per l’area di studio analizzata, la conoscenza della struttura spaziale del campo di pioggia è più importante di quella della distribuzione spaziale delle caratteristiche di uso del suolo. Inoltre, gli idrogrammi simulati mediante l’approccio ‘lumped’ (Caso 4) si differenziano in modo significativo da quelli ottenuti per gli alti Casi e tendono a sottostimare il valore della portata al colmo.

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N. Berni et al.

Sezione 1

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0 10 20 30 40 50 60

Port

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(m3 s-1

)

Sezione 2

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Sezione 3

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0 10 20 30 40 50 60

Port

ata

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) Sezione 4

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Sezione 5

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Port

ata

(m3 s-1

)

Sezione 6

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Sezione 7

0

5

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0 10 20 30 40 50 60

tempo (h)

Port

ata

(m3 s-1

)

Sezione 8

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0 10 20 30 40 50 60

tempo (h)

Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 osservato

Figura 3. Evento del Giugno 1997: confronto tra gli idrogrammi di portata simulati per differenti configurazioni spaziali della precipitazione e del CN (Casi 1÷4 di Tabella 2). Dove disponibile, è

riportato anche l’idrogramma osservato.

Per definire la discretizzazione spaziale ottimale della precipitazione e delle caratteristiche di uso del suolo, sono stati calcolati i valori dell’errore quadratico medio (Root Mean Square Error – RMSE) tra gli idrogrammi di portata ‘simulati’ e ‘osservati’. In particolare, gli idrogrammi ‘osservati’ si riferiscono a quelli calcolati dal modello idrologico sotto l’ipotesi di eterogeneità spaziale della precipitazione e dei valori del CN (Caso 1), mentre gli idrogrammi ‘simulati’ si riferiscono ai Casi 2÷4.

Per i quattro eventi di piena considerati, la Figura 4 mostra il valore assunto dall’ RMSE in funzione dell’area drenante. Come è possibile osservare, il Caso 3 ha fornito idrogrammi ‘simulati’ molto simili a quelli ‘osservati’ per qualunque dimensione del bacino. Al contrario, il Caso 2 e soprattutto il Caso 4 hanno fornito risultati che si differenziano maggiormente da quelli del Caso 1 con errori che incrementano notevolmente all’aumentare dell’area drenante. Analizzando la pendenza della curva

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Effetti della distribuzione spaziale della pioggia e dell’uso del suolo sulla risposta idrologica …

che rappresenta l’andamento dell’RMSE per il Caso 4 è possibile osservare che, per la maggior parte degli eventi analizzati, il valore dell’errore incomincia a crescere rapidamente per valori dell’area drenante superiori ai ~300 km2.

100 200 300 400 500 1000 20000

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RM

SE

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Area (km2)

RM

SE (m

3 s-1)

100 200 300 400 500 1000 20000

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Area (km2)

14 Dicembre 1996

04 Dicembre 1998

01 Giugno 1997

27 Dicembre 2000

Figura 4. Errore quadratico medio (Root Mean Square Error - RMSE) calcolato tra gli idrogrammi di piena dei Casi 2÷4 e quelli del Caso 1 per i quattro eventi di piena selezionati in

funzione dell’area drenante.

6 CONCLUSIONI

Nel presente studio un modello idrologico semi-distribuito ‘ad evento’ è stato sviluppato ed applicato a quattro eventi di piena occorsi nell’Alta Valle del Fiume Tevere. Il modello è risultato sufficientemente accurato nel riprodurre la forma e il valore di picco dell’idrogramma sia alla sezione di chiusura del bacino che per sezioni idrometriche intermedie.

E’ stato effettuato il confronto tra gli idrogrammi di portata ottenuti per differenti configurazioni della distribuzione spaziale della precipitazione e dell’uso del suolo al fine di analizzare gli effetti della variabilità spaziale di queste quantità sulla risposta idrologica di un bacino al variare della scala. In particolare, sono state confrontate le configurazioni distribuite e uniformi di queste quantità. I risultati ottenuti hanno evidenziato, per l’area in esame, l’influenza della variabilità spaziale della precipitazione sulla risposta del bacino, mentre ha scarsa influenza la variabilità dell’uso del suolo. Inoltre, è stato individuato un valore soglia per l’estensione dei sottobacini pari a 300 km2 da utilizzare come discretizzazione spaziale ottimale all’interno di un modello di trasformazione afflussi-deflussi per scopi di allertamento. Tuttavia, l’analisi svolta dovrebbe essere ampliata considerando altri bacini con differente estensione areale e diverse caratteristiche fisiografiche in modo tale da verificare la validità dei risultati ottenuti.

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N. Berni et al.

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